09 aprile 2018

Dresda brucia ancora a Damasco [Il Poliscriba]


Il Poliscriba

La civiltà meccanica e concentrazionaria produce merci e divora gli uomini. Non si possono fissare limiti alla produzione delle merci. La civiltà meccanica non si fermerà nella produzione delle merci se non quando avrà divorato gli uomini. E li divorerà nelle guerre, a masse enormi e a pezzi, ma li divorerà anche uno per uno, li svuoterà, uno per uno, del loro midollo, della loro anima, della sostanza spirituale che li faceva uomini. E sarebbe follia crederla capace di rendere un giorno felici, in un mondo fatto per essi, questi uomini disumani. Li distruggerà morendo essa stessa; essi periranno con lei, se simili uomini possono ancora pretendere il diritto e l’onore di morire. 

Georges Bernanos da La liberté, pour quoi faire?

Io non posso assolvermi, non posso farlo perché credo fermamente nelle mie responsabilità di fronte a questa civiltà che Bernanos denunciava e che nemmeno due guerre mondiali e due orribili totalitarismi, sono riusciti a cambiare.
Io sono responsabile, come ogni più minuscolo uomo, del mio essere di fronte all’uomo, a me stesso e prima dell’esercizio smisurato della critica sociale, o di qualunque critica di ciò che è altro da me, dovrei profondamente, indefessamente, senza sconti, mettere a nudo la mia carne e il mio spirito.
La menzogna, la maschera tragica o comica, quanto mi sono d’aiuto nell’arginare il nulla proteiforme che incessantemente tenta di forzare i miei spazi, i luoghi della decadenza civile dove non vivo ma sono vissuto, dove non parlo ma sono chiacchierato, dovo non penso ma sono progettato?
Uso la tecnica per espandermi o la sfrutto per nascondermi?
Uso la tecnica per interesse egoistico, narcisistico o inconsapevolmente mi faccio usare da essa scivolando tiepido, senza sussulti di coscienza, nel fiume di pixels che ci omologa di più e meglio di quanto non facessero i campi di lavoro e sterminio?
Io odio me stesso perché odio l’uomo.

07 aprile 2018

Beauty, Destiny, Israel: continuano a prenderci per i fondelli


Ostia Antica, 7 aprile 2018

Una migrante, Beauty, incinta e ammalata di tumore, viene respinta alla frontiera.
Muore poco dopo, dando alla luce il figlioletto: Israel.
Il marito, Destiny, commuove le platee d'Italia a babbei unificati.
Beauty, ovvero Bellezza: perché tutte le donne che servono alla propaganda dell'Occidente sono belle, umane, vittimisticamente graziose. Necessario sia così, Essi lo vogliono. Mi effusi su tale trucco in un post: Son tutte belle le signore dell'Occidente.
Il figlio è Israel; la Terra Promessa dopo la lunga traversata nel deserto; nei deserti dell'acqua o del Sinai poco importa. Israel, ovvero: "Possa Dio avere il governo di questo mondo".
Il marito è Destiny, il Destino: irremovibile come la pietra. Siamo pre-destinati a questo, inutile illudersi.
Monsignor Nosiglia, tra una cenetta e l'altra, ha officiato la cerimonia funebre di Beauty.
Con lui c'era Destiny, il marito di Beauty e padre di Israel. O meglio: quello che a noi raccontano essere quel tizio lì.
Se un genio maligno mi venisse a dire che tutta la storia è inventata non farei fatica a crederlo.
Anzi: è inventata. La presa per i fondelli, diciamo così, pare all'ordine del giorno. Quando si carica di tali simbologie da tre palle un soldo poi ... la consueta arlecchinata dove le pezze, abbaglianti e multicolori, sono, assieme, vere e false.

Un giornale femminile si titilla il clitoride della bontà: "Beauty, Destiny, Israel. Tre nomi incredibilmente simbolici che raccontano una storia terribile d’emigrazione,  ma contemporaneamente un racconto di umanità, solidarietà, amore e speranza (presumibilmente come tanti altri di cui non sappiamo nulla) che compongono le tessere del mosaico del mondo dell’emigrazione".

Monsignor Nosiglia, appena finite di nettare le labbra (come disse Nietzsche: "Il prete è un gran divoratore di bistecche"), tuona con fare felpato: "Occorre una politica europea comune".

Domando in giro di questa storia della migrante respinta. Tutti sanno e non sanno. Sanno della storia, ma non sanno chi sia, poi, questa migrante; che faccia abbia, di che nazionalità sia. Vapori che fluttuano nell'aria, miasmi ecumenici entro cui ogni parola contraria, pur razionale, assume la valenza dell'odio. 
La vergogna si insinua in ogni giro logico. Si è costretti a mentire: l'atmosfera dei tempi, innaturale, si oppone alla natura, in attesa di divenire natura essa stessa.
Ciò che va detto è, ormai, vergogna e rimane come un rospo in gola, a generare fiele e tumori morali.
Prima o poi dovrò dire di me stesso: "Io ero il carnefice, ora sono leggenda".

Frattanto, su una rete nazionale pubblica, pagata con l'interruttore della luce, una nobile italiana (Marchesa Daniela Del Secco d'Aragona) spiega che, per un matrimonio felice, ai coniugi occorrono stanze e letti separati. 
La conduttrice approva.
La bionda aristocratica, sicuramente bella, nonostante l'età non fiorita, di certo rilassata e simpaticamente ennui, addirittura rilancia: "Anzi ... dirò di più, adorata mia ... non solo camere separate ... ma piani, palazzi separati!".

05 aprile 2018

L'unico nemico, l'Arcinemico



Roma, 5 aprile 2018

Ho sempre apprezzato la concisione.
Qui di seguito il Liber Oz: libro di una sola pagina dell'occultista Aleister Crowley.


La traduzione:

03 aprile 2018

Le colpe dell'uomo bianco incarnate nell'utero sempre gravido delle donne africane [Il Poliscriba]



Il Poliscriba

Me ne infischio della ragione che mi da il cavadenti incaricato dell’estrazione della mia anima. Vedo che non ho più il diritto di essere me stesso, ecco tutto.

Maurice Bardéche da Fascismo ‘70 (Sparta e i Sudisti)

Non abbiamo il diritto di essere bianchi, perché siamo additati come suprematisti.
Non abbiamo il diritto di essere virili, perché siamo offesi con l’appellativo di maschilisti.
Se le nostre budella si contorcono davanti agli indegni spettacolini improntati per farci accettare la pansessualità come un dato di fatto, dobbiamo farcene una ragione, sono soltanto i sintomi nauseabondi della nostra ri-educazione.
Così come la nausea che ci assale a forza di vedere i bimbi neri malati, i migranti stipati sui barconi, il degrado delle nostre città prodotto dal mutliculturalismo, è l’effetto della cura democratica postbellica e postcoloniale alla quale i sacerdoti ecclesiastici e quelli officianti il culto indiscusso e indiscutibile della correttezza politica e di pensiero, degli atti e delle intenzioni, ci hanno sottoposto da oltre 70 anni.


02 aprile 2018

Il ripetente Bergoglio


Roma, 2 aprile 2018

La recente, sciocca, querelle Scalfari-Bergoglio, in cui i due fuori corso del pensiero debole tentano di affossare uno dei pilastri dell'Occidente mi ha fatto tornare in mente il romanzo Roma senza papa del compianto Guido Morselli.
Una delle opere capitali del Novecento. Inavvertita.
Ne scrissi (indegnamente: da allora sembrano passati millenni) in Pasolini, Morselli e la Roma senza papa.
Vi si descrive la fine del Cristianesimo. Morselli ne azzecca parecchie, soprattutto il tono disilluso e crepuscolare: la resa ameboide della tradizione a Qualcosa d'Altro che di volta in volta egli identifica con lo scetticismo, la psicoanalisi, lo storicismo, lo spiritualismo new age. E così via. In verità, da non credente, ho ravvisato nel suo resoconto dei bagliori infernali: di quell'inferno in terra che mi trovo a evocare sempre più frequentemente: l'inferno della mediocrità, stazionario, di massima entropia. La bandiera bianca dell'umanesimo.
Il romanzetto, breve e scorrevole, va letto tutto. Eccone un estratto in tema:

29 marzo 2018

Elementi di critica protozoica


Roma, 29 marzo 2018

Mario Mieli, Elementi di critica omosessuale, Einaudi, 1977.
Dalla premessa a una edizione digitale del libro estraggo:
Apro una pagina a caso - davvero lo faccio in questo momento - e casco sul capitolo quinto ‘Mens sana in corpore perverso’; il paragrafo 1 si intitola Il ‘non-desiderio’ e la negazione. I desideri coati; basta, è un esempio di un linguaggio che nel far reagire saperi disparati, nel piacere dell’ 'inversione', del calambour, crea, e crea contestazione. Come se quel gusto tipico della checca di tutti i tempi di rovesciare il linguaggio, di appropriarsi di un mondo fantastico (divenendone la regina, insieme a tutte le altre), di inventare un mondo diverso, di vivere finalmente, fosse giunto a un grado di consapevolezza, RIVOLUZIONARIA questa volta”.

Giusto per annusare alcuni afrori.
Ed ecco Mieli:

Ho messo a confronto col mio punto di vista, maturato e ringiovanito nell’ambito del movimento gay, molti dei luoghi comuni antiomosessuali diffusissimi e alcune delle più note teorie psicoanalitiche inerenti all’omosessualità. L’ho fatto perché ritengo ancora opportuno contrapporre, anche in 'sede teorica', i pareri di noi gay a quelli tradizionali degli etero, i quali di solito condividono - più o meno volentieri o più o meno consapevolmente - i (pre)giudizi di certa canaglia reazionaria, di tutti quei medici, psicologi, sociologi, magistrati, politici, preti ecc. che spacciano per verità sulla questione omosessuale le più grossolane - o, rarissimamente, sottili - menzogne. Noi, che non ci identifichiamo con la loro ‘Scienza’, facciamo riferimento a una gaia scienza”.

26 marzo 2018

Origini del politicamente corretto antirivoluzionario hollywoodiano (1933-1970) [Il Poliscriba]


 Il Poliscriba

Alle estreme periferie della società, silenziati e pressoché invisibili, ci sono bensì dei Dissidenti del Politicamente Corretto, puniti con l’irrilevanza pubblica, ma essi non sono organizzati in tendenza culturale omogenea, e ci sono poche speranze che una simile organizzazione possa avvenire presto. È anche normale che sia così. Un giovane che volesse prendere parte a questa organizzazione verrebbe immediatamente colpito con l’interdetto all’accesso al ceto politico, al circo mediatico ed al clero universitario.
Costanzo Preve

La citazione in testa a questa mia disamina, assolutamente incompleta rispetto all’argomento che mi accingo a eviscerare nelle sue linee generali, è tratta da un saggio breve sul Politicamente Corretto (PC) del compianto filosofo Costanzo Preve.
In realtà, come l’autore sosteneva, si trattava di un’ introduzione a una vera analisi che poi egli non riuscì  a sviluppare, anche se le  sue intuizioni   sono poi risultate profetiche.
Mi soffermerò sulla questione non secondaria della produzione cinematografica americana che ha fatto del PC la sua tendenza culturale omogenea, imponendola e spalmandola in tutto il mondo.
Preve asserisce, non a torto, che il PC nasce in USA, ed è evidente che la sua propaganda doveva passare e continua a passare attraverso il circo mediatico del quale Hollywood è la chiave di volta per potenza economica e capillarità socio-territoriale.
Il PC descritto sommariamente da Preve, a mio modesto avviso, nasce subito dopo il maccartismo, movimento conservatore,  anti-comunista, anti-sindacale, anti-ebraico che si proponeva di stanare ogni tipo di associativismo o cooperativismo di stampo socialista, all’interno della produzione filmica degli anni ’50 (e non solo), considerato sovversivo e antiamericano.

22 marzo 2018

Un tenero esserino del futuro


San Martino al Cimino, 22 marzo 2018

Certo, il mondo quotidiano è avvilente.
La consapevolezza che anche gli uomini più avvertiti non possiedono la minima contezza della vera posta in gioco induce alla depressione.
In assenza di uomini d’azione (e sia!) avanza il dotto alternativo in grado di resecare crini di cavallo in sezioni di minuscolo e fantastico spessore.
Con tale nuova figura di rivoluzionario e combattente il dialogo è impossibile.
O meglio: una qualsiasi base di dialogo pare inesistente o fragile sino alla catastrofe.
Il dotto alternativo o sapiente rivoluzionario conosce ogni branca del sapere tecnico e tecnologico, in modo così profondo rispetto al volgo comune, da riuscire a sbagliare ogni previsione sulla sostanza delle cose o da azzeccarla a babbo morto erigendosi a profeta postumo.

19 marzo 2018

Stiamo tutti cercando qualcosa di reale [Il Poliscriba]


Il Poliscriba

"C’è sempre un momento nella storia degli uomini in cui la difesa della propria tradizione culturale vuol significare che tutto ciò che è accaduto non è stato vano, che il tormento, la gioia, l’odio, l’amore folle e smisurato per affermare la realtà di una passione, continua a vivere e ad avere un senso. Ma quando, guardando indietro, si pensa di appartenere ad una tradizione non più recuperabile, ci si persuade che il destino non dà nessuna spiegazione e nemmeno l’ombra di una motivazione su ciò che è stato, allora la ricostruzione di un’identità perduta e dimenticata diventa impossibile e rimane soltanto l’angoscia dello sradicamento, la desolazione e la solitudine vissute come incubo quotidiano".

Stefano Zecchi (dalla prefazione a Il tramonto dell’Occidente di Oswald Spengler)

Nel Carmelo si entrava nella cella e un teschio appoggiato sul piccolo scrittoio, accanto al rigido giaciglio, ricordava l’estrema debolezza della carne, il martirio dei sensi, il Golgota, la rudezza della vita di un soldato che conosce il breve sonno, mai ristoratore, di una notte  corona di poche ore, prima del mattutino.

L’eroe, il santo e il mediocre soli possono morire pacificamente, affermava Bernanos.
In questa ribalta da piccola bottega degli orrori che ci si è apprestati a definire società dello spettacolo (bizzarre-freak), il mercante, il cliente e il politico sono la manifestazione infida del sublime giullare, dell’atletico saltimbanco, dell’illusionista, del ciarlatano da fiera che annusano la credulità del volgo, il senso innato della fede, l’atavico desiderio di spostare ogni centimetro del proprio fragile essere in un’incarnazione, nelle radici occulte di un oggetto di culto supremo che, dopo la morte di Dio, ai bordi della strada, è destinato ad essere un’intercambiabile ridda di metempsichici frammenti di un’ Atlantide Iperborea.

La vita è così tremendamente straordinaria a causa dell’ordinarietà della morte.
La paura è talmente ovvia, salutare e diffusa da rendere il coraggio molto poco desiderabile.
La quotidianità è un elenco di azioni sconclusionate, una serqua di aforismi estrapolati da un inedito di Cioran riscritto dal suo eteronimo, Fernando Pessoa.

14 marzo 2018

Aspettando il 6 di ogni mese


Roma, 14 marzo 2018

Un giorno, il millennio scorso (si era nel 1999 o giù di lì) incontrai un futurologo.
Bazzicava una delle numerose biblioteche patrizie di Roma.
Avrà avuto settant'anni.
Studiava. E attaccava bottone con tutti. Molto intelligente, segaligno, vecchio stampo, col sigaro di traverso.
Uno di quei personaggi indefinibili che, per mia stortura mentale, associavo alla militanza nei servizi segreti.
Il futurologo mi puntò, negligentemente. Non so quale fu l’argomento di approccio. Un momento prima parlava fittamente con un tizio presso l’entrata e un momento dopo con me. L’Italia, l’Italia allo sbando. L’argomento principe di ogni rivoluzionario in fila negli uffici pubblici. Ogni sua affermazione era sarcasticamente perentoria; le mie, rapsodiche, erano accolte da un gentile, inespresso e inevitabile: “Certo ... certo ... ognuno ha le proprie opinioni, ma insomma …”. Un alone di sorridente mistero, peraltro, lo circonfondeva attribuendo una naturale autorità ai suoi pensieri.
Cicalammo sul declino della nazione, poi egli si dilungò su un aneddoto che riguardava Benito Mussolini e Albert Einstein.