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18 giugno 2017

Ma chi è il Marcuse dei nuovi tempi?


Pubblicato su Pauperclass il 31 marzo 2016

Una volta la rivoluzione aveva un senso.
Gli operai, gli studenti, i salariati erano rivoluzionari.
E il padronato reazionario. Con tutti suoi lacchè: preti, militari, piccoli burocrati.
A ripensare a quei tempi (che ho vissuto di sfuggita, come calore di fiamma lontana) mi si stringe il cuore.
Ah, le belle barricate!
Una volta la rivoluzione aveva un senso!
Il padrone cattivo teneva sprezzante il sigaro fra i denti; i preti proibivano la carne; i militari spedivano al macello intere generazioni; l'ipocrita perbenismo permeava la scuola.
Bei tempi, ve lo confermo!
I pilastri della società (1), la celebre tela di Georg Grosz, riassumeva icasticamente tale plastica contrapposizione.
E poesie come queste dicevano tutto (2):

"Nelle città venni al tempo del disordine,
quando la fame regnava.
Tra gli uomini venni al tempo delle rivolte,
e mi ribellai insieme a loro ...
Andammo noi, più spesso cambiando paese che scarpe,
attraverso le guerre di classe, disperati
quando solo ingiustizia c'era, e nessuna rivolta ..."

Il sol dell'avvenire! Abbiamo mai fatto mente locale a queste parole? C'era un avvenire! Un futuro!
E le lotte corrodevano il potere.

[Il taglio dell'articolo è "da sinistra", poiché provengo da quel mondo. Sono sicuro, però, che alcuni "da destra" - maledette, inadeguate, parole! - troveranno delle consonanze con quanto andrò a scrivere]

Ma il colpo del genio era dietro l'angolo.

14 maggio 2017

Il destino dell'Europa era già segnato. Quarant'anni fa


Pubblicato il 20 giugno 2015

Più di quarant’anni fa il destino dell'Europa era già segnato. Tutto scritto. Nero su bianco. Globalizzazione, annientamento della politica, della tradizione e del ruolo delle nazioni.
E condensato in poche pagine, come ama fare il potere.
Il potere, infatti, non ama le chiacchiere; stila scarne direttive da perseguire con tenacia, per decenni, a qualsiasi prezzo (a prezzo della vita di interi popoli).
A volte tali direttive affiorano in superficie; nel 1972 il destino dell’Europa (e di noi tutti) fu delineato, con chiarezza e rigore, in un discorso pubblico tenuto da Eugenio Cefis ai cadetti dell'Accademia Militare di Modena il 23 febbraio 1972 (di cui egli fece parte). È il discorso di un maestro rivolto ai propri allievi; parole di chi sa, precise e inappellabili. Un affioramento del vero potere.
Ricordiamo chi fu Eugenio Cefis: già partigiano, dopo la guerra divenne dapprima vicepresidente dell'ENI, e poi, nel 1967, presidente a pieno titolo, sostituendo Marcello Boldrini (che si era insediato nel 1962, alla morte di Enrico Mattei). 
Eugenio Cefis fu molte cose: piduista della primissima ora (tanto che qualcuno lo ritiene il vero fondatore della loggia massonica), equanime finanziatore dei partiti di governo e del PCI, manipolatore dei giornali quali balocchi della propaganda, e supremo trasformatore dell'ENI da società nazionale a multinazionale attenta alle nuove esigenze filo-atlantiche.

12 dicembre 2016

Annegare nella libertà


Pubblicato su Pauperclass l'11 marzo 2016

Quasi tutti hanno sentito parlare del delitto del Collatino (un quartiere di Roma).
Due pervertiti hanno irretito, seviziato e assassinato un ventitreenne, Luca Varani.
Il loro gesto era premeditato. “Volevamo provare l’effetto che fa“, ha dichiarato uno di loro, in una grottesca parodia del classico di Jannacci. Premeditato, benché attuato sotto il pesante effetto delle droghe.
Alcuni opinionisti (fra questi Maurizio Blondet) hanno evocato le categorie di Bene e Male.
È logico che Blondet lo faccia: è cristiano e cattolico; giudica secondo la morale cristiana e cattolica.
Credo, tuttavia, ch’egli sia fuori strada.
Fare appello a un sistema di valori (qualsiasi esso sia) rende necessariamente incapaci alla comprensione della vicenda. Parimenti inadeguato è riferirsi agli autori dell’omicidio quali “annoiati figli di papà”: il censo, o la noia, qui, entrano poco o nulla.
Meno fuorviante è il richiamo alla pazzia; a patto che con tale termine s’intenda un tipo di pazzia del tutto inedito: una affezione nichilista dell’animo.
Ritengo, infatti, che l’assassinio di Varani sia avvenuto in una zona al di là del Bene e del Male.
Stragi, torture e delitti son sempre avvenuti. Tutti, però, originavano o da una morale o da una visione dell’esistenza o quale reazione all’infrazione delle stesse (erano, quindi, accettati o riprovati in nome di un codice superiore).
Persino l’act gratuit di Gide ne I sotterranei del Vaticano ricade in tale categoria: nel romanzo vi è sì un gesto omicida insensato (poiché senza movente), ma questo è pur sempre la negazione di un’etica dominante ancora valida e riconoscibile da tutti.
L’assassinio del festino omicida del Collatino, però, si invera nella più totale assenza d’una morale. Interna ed esterna. In esso non rinveniamo, come vuole Blondet, il Male, come antitesi al Bene, ma nel vuoto: esso ha la propria radice nel Nulla (degli animi e della società).
Qui hanno patria i nudi fatti: abbiamo agito così.
Questo è accaduto. E basta.