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03 febbraio 2020

XanaX (orazione del mattino)


Roma, 3 febbraio 2020

Sono, da sempre, sin dalla più tenera età, un cultore dei giochi di parole. Cambi di vocale, sciarade, anagrammi; e il palindromo: il palindromo semplice (“ottetto”), a frase (eccone uno grazioso di Marco Buratti: “E poi Martina affoga la goffa anitra miope”), sillabico (“Ne-ro-ne”).
Il palindromo non va confuso coll’antipodo per cui è lo spostamento della lettera iniziale al fondo della novella parola mutila a generare sé stessa au contraire (“m-ottetto”; “ottetto-m”) e nemmeno col bifronte laddove l’inversione genera un vocabolo ulteriore (“edile”; “elide”). Il palindromo, insomma, è del tutto sterile. Suo corrispettivo è lo specchio. L’ora di mezzanotte (00.00) gli si avvicina di molto. In uno specchio, a mezzanotte, può scorgersi il diavolo, l’entità sterile per eccellenza (il suo sperma è ghiacciato). La nostra epoca sterile si nutre di specchi e palindromi, tautologie e circoli viziosi.
A essere abolita è la creatività. Creare qualcosa di differente, pur da elementi preesistenti, vien visto quale atto eretico, da prontamente boicottare.
Il circolo vizioso determina la nostra vita civile e filosofica. Il palindromo XanaX cura, fallacemente, le ansie del circolo vizioso della waste land.

27 settembre 2019

San Marco Cappato (Porro, Quirites, libertatem perdimus)


Roma, 27 settembre 2019

Perdere la libertà in nome della libertà: lo trovo logico. Il Demonio o il Diavolo o Lucifero, ne abbiamo accennato molte volte. L’Arcinemico. L’equivoco, per chi, in luogo del bisturi e del martelletto dei filologi, usa la clava, è sempre dietro l’angolo. Alceste mi sta diventando beghino! Il Diavolo! 

Il potere, invece, usa le lame più raffinate e gli uomini migliori. Uomini che non vantano una morale, ma sicuramente un istinto nichilista per la distruzione: d’altissimo profilo. Individui ormai perduti, avidi di dissoluzione, ma decisi, in nome dell’Ultima Utopia. Esseri che hanno una meta, che inquadrano prede nel mirino telescopico di un algido e spietato fanatismo; vaste opere di deforestazione spirituale son da loro condensate in poche pagine sprezzanti, di lucidissima ansia nullificatrice. Quasi tutti angloamericani, poiché quelle terre sono il distillato di una separazione progressiva dalla tradizione e, perciò, dall’umano. Shakespeare fu veronese, normanno, danese e, sicuramente europeo; la lingua inglese venne forgiata in quei tempi come l’Italiano nel Duecento, per magici influssi coavvinti; un secolo dopo, però, si era già indurita in una comunicazione definita e funzionale, perfetta per i tempi rivoluzionari; il distacco temporale e spirituale da Roma, l’esilio in una terra vergine, il ricominciare, di fatto, una nuova stirpe, confortata dalle interpretazioni messianiche d’un vecchio libro di aneddoti storici compilato dagli Ebrei, l’utilitarismo, poi, al servizio della strage (estirpare il passato!) e, quindi, di una umanità novella: America. Il mondo convenne a Nuova York dove una statua francese accoglieva la fanga del mondo e la ribattezzava sotto nuovi soli. Addio Europa, addio Macbeth.

Il ciarpame italiano (giornali, sindacati, confindustrie, intellettuali all you can eat) non è che l’esecutore stolido, rigonfio di basse prebende, di tali psicopatie di massa.