Solo la comunità ricorda; solo un insieme di individui legati a filo doppio dal sangue e dalla conoscenza condivisa che si fa vita, ogni giorno, può battersi in vostra vece. Le abbiamo donato vari nomi: gineceo, confraternita, civitas, collegio, caserma, corporazione. Ecco una storia. La traggo da un libro di Giorgio Bocca sulla Repubblica del dopoguerra:
“Alle 11.30 [del 14 luglio 1948] Togliatti e la Nilde Jotti, che è la sua nuova compagna, escono da Montecitorio in via della Missione: li attende un giovane siciliano, Antonio Pallante; spara su Togliatti tre colpi con una rivoltella calibro 38,8 acquistata il giorno prima da un armaiolo romano che resterà ignoto. Un proiettile sfiora il capo e si schiaccia contro un cartellone pubblicitario, il secondo colpisce la nuca, il terzo la schiena. Togliatti cade sulle ginocchia, scivola sul selciato, la Jotti si lancia a coprirlo. Pallante spara ancora un colpo che va a vuoto e fugge … Alla notizia che hanno sparato a Togliatti l’Italia operaia e comunista insorge … Togliatti raccomanda … ‘Non facciamo sciocchezze, non perdete la testa’ … Ma l’onda di piena dello sdegno popolare sale per conto suo incontenibile … A Genova si è in piena rivolta, la prefettura subito isolata, i telefoni interrotti, bloccate le strade di Levante verso Chiavari e di ponente verso Sestri. Gli operai calderai dell’Ansaldo escono con i loro attrezzi e saldano i tram alle rotaie; altri blindano dei camion su cui prendono posto dei compagni armati, nel centro di Genova compaiono mitra e mitragliatrici, si va all’assalto della casermetta della polizia a Bolzaneto … ripiegano sotto il fuoco reparti di polizia e una compagnia di carabinieri, ci sono tre feriti fra le forze dell’ordine, quaranta tra i manifestanti …“.
53 anni dopo, a luglio, il 19, a realizzare una quasi piena consonanza storica, s’inizia la devastazione di Genova; il 20 muore Carlo Giuliani; il 21 ecco il contrappasso: la retata alla scuola Armando Diaz; i rivoltosi, simboliche reviviscenze dei compagni del 1948, sono recati alla caserma Bolzaneto e croccati a sangue. Così va il mondo. Una communitas è sciolta dalla storia, ma l’altra persiste, ricorda e, a modo suo, si vendica.
Vado in parrocchia per chiedere lumi su una chiesina sconsacrata, che si trova poco distante. Diroccata, ma di buona fattura e con un affresco a tema francescano dipinto da un pittore religioso di vaglia negli anni Quaranta. Già so cosa aspettarmi e, come spesso accade, gli eventi non mi stupiscono felicemente. Il capintesta, anzi: il caporione in tonaca, nella cui giurisdizione dovrebbe rientrare l'edifizio, mi liquida, al solito, con vago menefreghismo. Come a dire: una chiesa? E cosa c'entro io? E poi: non vedete che ho a che fare con battesimi e comunioni agostane causa Covid? Non avete nient'altro da fare? Qui mando avanti una parrocchia, non ho tempo per minuzie come la storia del cristianesimo novecentesco! Naturalmente il dialogo avviene senza punti esclamativi. Questo è un altro segno peculiare dei tempi: l'assenza di passione. Il diniego non è mai diretto. Vive di afasie, stanche ipotiposi di mani e braccia, sospiri, sguardi distolti, sbuffi, mugugni prolungati, borbottii, mezze parole inaudibili. Si prova vergogna, in effetti, a mostrare la propria accidia. Una vergogna che coesiste con atti di arroganza liquidatoria che, più che all'interlocutore, sono rivolti all'interiorità. Il disprezzo e il me ne frego, insomma, non sono che disprezzo di sé stessi: a rendere plastica l'evidenza: "Non vedete che è tutto finito? Il mio mondo non esiste più! Sono il passacarte anonimo d'una civiltà ormai a tranci nel discount cosmopolita! Non ho nulla da fare e mi tocca ricorrere a questi trucchetti! Toglietevi di mezzo! Lasciatemi rivoltare nel tiepido brago!". Le cure burocratiche ... il quotidiano ... l'ex prete, stremato, guarda di fuori. Se non fosse per la pagnotta garantita si spoglierebbe di tutto per ritirarsi in un loculo condominiale dei tanti. Presso un'uscita secondaria, infatti, si sta formando una fila lunga un centinaio di metri. Filippini, slavi, sudamericani; e un paio di famiglie italiane (le si riconosce subito poiché subiscono il disagio: gli altri, invece, compresi i neonati, sembrano a una festa) stan lì a elemosinare un posto per un evento, una volta, gioiosamente italiano: la Comunione, il Battesimo; il matrimonio addirittura! Il pretonzolo si libera definitivamente della mia importuna curiosità inviandomi presso un famiglio laico che bivacca nella stanza accanto. Eseguo. Sorprendo il giovincello intento a smanettare sul cellulare, la rada barbetta hipster china sul visore, la borsetta a tracolla come una cartuccera guevarista, gli occhi che seguono il filo d'una logica web in grado d'assorbire totalmente l'attenzione. Più che il rumore dell'entrata, avverte la mia presenza, grave e ostile. Alza lo sguardo, spaesato. Non saluta, ovviamente. Io sì, declino per la seconda volta le mie generalità, la causa di tanta impertinenza e reitero la supplica: "Non avete, per caso .... vostri archivi ... foto ... dal 1968 ... documenti ...". Lo sguardo si fa ancora più smarrito; tocca una penna sulla scrivania, poi gira all'intorno gli occhi acquosi, indecisi, a ricercare chissà quale novità in quel bugigattolo polveroso, a giustificare un diversivo minimo che lo sollevi dalla pressione d'una situazione inaspettata e intollerabile. Poi l'atto di coraggio, comune a tutti i burocrati nullafacenti; la voglia di liberarsi dell'intruso stimola le scuse più banali sino alla recisione del rifiuto campato sulle menzogne pù puerili. "Di che anno è la chiesa?", mi domanda. "1945, all'incirca ...". "Ah, va beh ... no, no ... no, non c'è niente ...". "Ma non avete un archivio?". "No". "E dove mettete i documenti?". "Non ci sono più ... lo sapeva padre Isaia, ma è morto da tanto tempo ...". "Qualche foto della fondazione delle parrocchie le avrete?". "No, non le abbiamo, forse il Vicariato ... non conosco nessuno ... mail, non saprei ...". Quindi aggiunge, a seppellire la pretesa: "Non so ... siamo piccoli ... e poi ... non so ... io sono del '96 ...". "Io sono del '96". Capisco, signori, che voi non mi crediate. È giusto. Così come non avrete creduto a quel dialogo in cui una giovinetta dichiarava che la capitale dell'Inghilterra era la Germania. Eppure è così, siamo entrati nell'incubo, senza accorgercene, e questo incubo non contempla più l'Italia e gli Italiani. Una civiltà annientata in quarant'anni nemmeno. "Io sono del '96 ... " mi cicala l'esserino e mai dichiarazione fu più chiarificatrice. Ne comprendete la portata? Perché il citrullino, qui, cosa vuol dirvi? Questo, semplicemente: che l'interesse suo personale e la storia stessa coincidono col breve cono di luce della propria grama esistenza; ciò che ricade sotto l'imperio degli anni precedenti il 1996 non è degno di menzione, né decisivo; forse non esiste, addirittura. Siamo alla patologia, al solipsismo autistico, all'abolizione di ogni terreno comune, quello che ci fa dialogare e vivere tramite idee senza parole. Lì per lì ho avuto voglia di insultarlo, mi capita spesso, non so tenermi. Avevo voglia di tirargli uno schiaffo o mandarlo al diavolo davanti a qualche battezzando. E però ... a che servirebbe? Tutta questa gente, esserini, girini umani, lamprede fini a sé stesse, snervati abitatori degli abissi ... Tutta questa gente non dovrebbe mai esser nata. Sono di troppo, carne marcia. Morti in vita, certo, ma pur senzienti che intasano scuole, istituzioni, meriti. Sciaurati che mai fur vivi eppure fanno numero, paccottiglia, ciuffi di pelo nel lavandino. Non servono a niente se non a impedire la vita. A che pro? Ecco il disagio prodotto dalla democrazia. Ecco, finalmente, rilucente in tutta la verità, l'espressione dannunziana sul diluvio grigio della democrazia e dei lumi progressivi. La regressione civile e la mancanza di libertà vengono instaurate non solo dalla distruzione delle gerarchie e dei centri della sapienza (che sussistono proprio in virtù di tali gerarchie), ma anche dal numero. La voce dei migliori, degli individui razionali, in un ambiente privo di loro pari, viene sommersa dal cicaleccio; e quando, per miracolo, un dei Diecimila riesce a farsi udire traverso la coltre della stupidità, ecco che il Potere eccita il perbenismo sciocco della moltitudine: a deviare, sopire, di nuovo sommergere.
Dall'Enciclopedia Treccani: "fròttola s. f. [prob. der. di frotta]. - 1. Componimento letterario di origine popolaresca (detto anche motto confetto) costituito da un affastellamento di pensieri e di fatti bizzarri e strani, senza nesso o quasi tra loro, in versi di varia misura (settenarî, quinarî, endecasillabi) e senza ordine fisso di rime".
Frottola Prima. La magia dei numeri
Se sommate il vostro anno di nascita alla vostra età otterrete come risultato 2020. Succede una volta ogni 1000 anni! Provate! Su circa 40 romani, di media età e intelligenza, quasi uno su due è rimasto interdetto. Per qualche secondo di troppo; alcuni sino a sfiorare il minuto. The dog's master si farà quattro risate. Gli statistici pure. Ho detto "uno su due"? Chiedo venia. Volevo dire: il 46,34%.
Frottola Seconda. Untori I Silvio Brusaferro, Istituto Superiore di Sanità, qualche giorno fa: "Ci sono state scene di persone al mare, a sciare o a mega-aperitivi: sono luoghi in cui il virus potrebbe essere circolato ... [fortunatamente] gli Italiani hanno colto come comportamenti sbagliati finiscano per ritorcersi contro e vadano evitati". Il diavolo si nasconde nelle locuzioni. Mega-aperitivi. La Milano da bere? Scurdammoce 'o passato. Aperitivi, piscine, viaggetti. Cambiamo abitudini. Il disprezzo in quel termine rivela l'ansia di liberarsi da alcuni comportamenti onde piombare nell'asocialità da afefobia. L'odio del contatto, della convivialità, anche cialtrona, della comunità ... la sepsi morale deve entrargli in testa a questi cultori dello spritz!
Frottola Terza. Untori II De Luca, governatore della Campania, chiude quattro comuni. Perché? “Causa del picco di contagi è un rito mistico. Hanno bevuto tutti dallo stesso bicchiere”. E chi sono tali irresponsabili? Seguaci del sabba? Sbevazzatori da osteria? Massoni napoletani? Macché, catecumenali. De Luca ha richiesto la denuncia penale. Rimane il mistero sul "rito mistico". Che abbiano bevuto il sangue di Cristo senza permesso?
Frottola Quarta. Homo digitalis (dalla lettrice ISE) Tra le cose che si digitalizzano [ecco] l'uomo cablato del sogno transumano. In questi giorni pensavo: prima o poi usciranno con la proposta di un chip che traccia tutti gli spostamenti e magari rileva se il virus è presente nel tuo corpo, nelle vicinanze o addosso a una persona piuttosto che un'altra.
Oggi apro "Il Corriere della Sera" (dopo secoli, giusto perche' so che anticipa sempre quel che "potrebbe" accadere), e trovo la notizia che sottolinea la necessita' di tracciare tutti con la tecnologia per prevenire la diffusione del virus:
"Un gruppo di economisti e scienziati dei dati, capeggiati dal professore Carlo Alberto Carnevale Maffè, docente di strategia alla Sda Bocconi e Alfonso Fuggetta, docente del Politecnico a capo del consorzio Cefriel che lavora proprio sui Big Data, hanno inviato alla regione Lombardia e al governo una proposta estremamente dettagliata al momento ignorata. Che consentirebbe di riaprire davvero scongiurando il vero rischio che può verificarsi il 3 aprile. Perché basta un altro piccolo focolaio di 4-5 infetti a bloccare di nuovo il Paese provocando un double dip, un rimbalzo difficilmente sostenibile per qualunque economia matura che vive di scambi, relazioni e consumi. A supporto della tesi i due docenti prendono in prestito le parole dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che proprio tre giorni fa ha dichiarato che la parola d’ordine è quella di 'tracciare i contatti'. Secondo un modello delle tre T: testare, tracciare e poi trattare. In Corea del Sud lo schema ha funzionato e la curva dei contagi è crollata senza un 'lock down', un blocco totale come ora sta sperimentando l’Italia e ora l’Europa. Il Korean Center for Disease Control, KCDC, ha organizzato uno straordinario sistema di raccolta di informazioni geolocalizzate per il tracciamento dei contatti dei contagiati. I potenziali contagiati e i viaggiatori che arrivano nel Paese hanno dovuto scaricare una app in cui volontariamente hanno descritto giorno per giorno la propria posizione, eventuali sintomi e i contatti tenuti. Sarebbe possibile tecnologicamente farlo anche da noi".
Sarà più facile di quanto si pensi. Abituarsi alla monarchia degli sfaccendati e dei pezzenti che si credono benestanti. Sarà ancor più facile che fare il callo papillare al gusto degli insetti tostati e delle alghe liofilizzate.
Voglia di lavorare saltami addosso. Sì, vi è la costante, pervicace, inaffondabile, idea che il lavoro più non renda. A che pro lavorare? E allora, pian piano, ci si sprofonda nel miele accumulato da madri padri e nonni, quegli orsi selvatici; e si succhia, lentamente, con un occhio, atterrito, a imposte e balzelli e cedole condominiali, e l’altro, speranzoso, alle mirabilie della tecnica finanziaria che promette, caschi il mondo, cospicui interessi; sotto forma di paghetta digitale; ogni tre mesi, direttamente sul conto in banca: ventotto euri, quattordici euri, ventisette euri: a rimpinguare le scorte dei sommenzionati orsi.
No, non si ha più voglia di lavorare. È un complotto? In effetti, a compulsare le orge statistiche, pare proprio un complotto più che un trend. Lavorare equivale innanzitutto a essere qualcosa. Il lavoro identifica. Il lavoro, poi, specie quello artigianale o altamente professionistico, immette in una considerazione di sé stessi più alta: il restauratore, il geometra, il falegname, l’avvocato, il ragioniere: ecco le corporazioni. La corporazione è, come la si consideri, un’entità sovraindividuale, appena al di sopra della famiglia; e al di sotto della Patria: entità che spiacciono ai dissolutori.
La
castrazione chimico-digitale ha ottenuto effetti di sorprendente efficacia.
Non
se ne trova uno.
Conculcare
la “mano morta” ha prodotto un doppio effetto: creare esserini asessuati o
degli squallidi libidinosi.
I
primi sono quello che sono: li riconosci dal ciuffo ingelatinato; i secondi
sono sprofondati in una sorta di cupio dissovi bestiale, buono per essere
stigmatizzato dal MeToo.
I
controinformatori e i controinformati continuano a tifare Putin contro Nato, ma
la realtà, micidiale, è che il tifo cela la totale, irrevocabile, mancanza di
materiale umano adatto a una rivoluzione. Macché: pure a un tafferuglio. Senza
maschi non c'è rivolta, questa una verità umana, troppo umana; talmente
semplice da sfiorare il becero e il crasso (maschilismo).
Dire:
la situazione nelle periferie è esplosiva, significa nulla. Il potere, nella
esplosiva situazione delle periferie, nei ceffoni tra Singh, De Rossi e
Seferovic ci sguazza alla grande; come nelle vetrine sfondate, nei bancomat
schiantati, nei supermercati svuotati. Un’ondata di risse e mischie, con
sottofondo razziale, è, anzi, auspicabile per chi voglia celare la questione
primaria: Usura e Identità.
Eviscerare
testicoli e ovaie culturali ai giovani italiani ha prodotto dei cretini. Ne
abbiamo già parlato, anzi: ne parlo da sempre. Castrare i maschi, grazie al
possente chiacchiericcio politicamente corretto, senza soste, ha immesso sul
mercato della resistenza controculturale dei goffi nerdacchioni. Castrati di
tutto, ovviamente. Le automobili le sanno più riparare? La caccia? La zappa
sanno cos'è? Le armi, in generale? Coltelli, spade, fionde, balestre, una volta
sogni dei ragazzini? Conoscono il funzionamento d'un generatore? Sanno quando
maturano certi frutti? E le patate? Si piantano? Crescono sugli alberi o
sottoterra? A lacci per cinghiali come stiamo? Arti marziali? Lotta? Orientamento
nei boschi? Marce, gerarchia? Come si cucinano i gamberi di fiume? Vendemmia,
seminagione, castagne, olive? Il nodo alla cravatta? A sport di squadra come
stiamo? La pallavolo ... la pallavolo ... la pallavolo ... ma che pallavolo! A
pallone si gioca! E i fucili? Sanno di cosa si parla? Le molotov? E pisciare?
Il getto è dritto o moscetto, da prostata malinconica pure a vent'anni? Si
fanno più le gare a chi piscia o sputa più lontano? Bullismo? Come stiamo con
gli scherzi feroci nelle camerate? Capisco ... non ci sono più le camerate ...
a pugni, allora, si fa più a pugni? Si gioca per la strada? Si spaccano crani?
Okkio ... si palpano, in corsa, le chiappe delle sconosciute?
C'è
ancora chi crede che il gender sia stato introdotto per rispettare le donne?
Siamo
diventati più rispettabili, più azzimati, amanti del galateo. Anzi, nemmeno di
quello, più asettici e neutri. In trent'anni. Trent'anni ... allora è vero che
il comunismo serviva a qualcosa, mi ha recentemente detto un vecchio
fascistone. Sì, a tenere alto il conflitto. Almeno c'era un po' d'azione, ha
concluso con un sorriso da pugile suonato. Il comunismo era ciò che tratteneva,
ora nulla trattiene, siamo entrati nel Mondo Nuovo, Unico. Poca violenza, molta
repressione interiore, monodimensionalità ... in nome della Bontà, ovvio.
In
Italia non potremmo fare la rivoluzione manco se risorgessero Che Guevara, Caio
Mario, Garibaldi e Spartaco mettendosi al nostro servizio. Non esiste più il
maschio. E nemmeno la femmina, peraltro, almeno a guardare il trio di punta del
MeToo: Asia Argento, su cui taccio; Rose McGowan, una lesbica fidanzata con Rain
Dove, una modella (di largo successo) che è una donna che è convinta di essere un uomo che è convinto di essere
una donna e, forse, è davvero così.
Dopo
aver visto Rain (al nome credevo fosse una pornostar: l'avevo scambiat* per
Misty Rain) sono corso a prendere il DVD di Roma
ore 11: solo la contemporanea presenza di Carla Del Poggio, Lucia Bosé,
Elena Varzi, Lea Padovani e Delia Scala ha fornito il litio necessario a
superare la depressione.
No,
non c'è speranza, non venitemi a commentare sotto casa o a ciarlare di speranza
che vi cancello ... bestemmiate, magari ... è più costruttivo.
Pure
Luca Traini, l'estraneo, legge un pappone in aula per scusarsi di ciò che ha
fatto, come un Homer Simpson che abbia preso gusto alla ciambella
dell'ecumenismo. Anche i razzisti e gli stragisti qui sono mansuefatti,
addomesticati: hanno sbagliato, ma non sbaglieranno più! Giusto! Questa è l'età
della scusa. Non si può prendere a sberle la moglie fedifraga, o il figlio
somaro, o il rivale in amore o quello che ti riga la macchina al parcheggio ...
si debbono intavolare trattative democratiche ... la moglie è a letto con
un*altr*? Si porga il biglietto da visita. Il figlio è uno scemo con l'occhio
languido? Lo si impasticca o lo si manda dallo psicologo infantile ... i
ceffoni sono fascisti ... il padre legittimo divorzia? Esca a fare bisboccia col
cazzon successore.
A
leggere i commenti online sulla resipiscenza di Traini che legge le sue scuse
alla nazione, ai nigeriani, al mondo corretto e al cielo dei migranti ci si
accorge di cosa è successo ... la svirilizzazione del maschio è totale ... in
nome della legge e della correttezza, beninteso ... aveva ragione, ancora unavolta, Jean Raspail ... presto entreranno in casa un paio di belinoni
nigeriani, attaccheranno un pistolotto boldriniano sull'ingiustizia dei bianchi
contro i neri e i bianchi lasceranno le stanze di loro spontanea volontà,
felici di aver ottemperato alla bellezza del Nuovo Mondo imparziale ... le
donne, pure loro, senza ovaie ... sono state svuotate della femminilità e
infarcite di bei diritti ... e ora possono godersi l'indipendenza ...
isteriche, istruite, civilizzate dal progresso e col lamento incorporato ...
come le vecchie bambole col disco nel dorso ... emancipate, emancipatissime, a
sei euro l'ora, in carriera nei supermercati, nel terziario avanzato, nelle
pulizie, nei CAF sindacali ... a riempire moduli a cottimo per far ottenere a
Chin Chan Pai la pensione, l'indennizzo, la 104 ... sfinite già a trent'anni
... coi mariti gonfi di popcorn e depressione post partum ... se sono fortunate
... altrimenti c'è il simulatore fallico sul comodino.
Le
femministe al corteo dell'UDI: col dito! col dito! Ma il progresso, in tale
campo, avanza.
Traini,
cattivissimo, quello che svuotò un caricatore senza prenderci mai ... anzi, no,
qualcuno lo prese ... per fortuna della vittima: così il vulnus può risanarsi
con qualche centinaio di migliaia di talleri ... tutti i cattivi debbono andare
in galera ... i cattivi in quanto cattivi e, perciò, poiché cattivi, in quanto
fascisti. Dal primo all'ultimo, sono d'accordo. Il mondo non dovrà avere più
cattivi: e non li avrà, ve lo prometto! D'altra parte, ragionate: come si fa a
essere cattivi col ciuffo ingelatinato sulla fronte? La barba scolpita? Quando,
la sera, si programmano - fra maschi! - nottate davanti al videogame? Come si
chiamava, Fortnite? Proprio ieri ho sorpreso dei venticinquenni a litigare
(litigare!) perché uno di loro, nel gioco, era troppo veloce ... e lasciava i
compagni indietro ... e, quindi, i compagni digitali eran caduti in un agguato
... agguato digitale ... e uccisi ... roba da chiodi ... roba da depressione
caspica.
Quell'altro
tizio di Riace, faccia dai tratti rilasciati e indistinti, sta in galera, pure
lui. Ma é un gioco di specchi. Traduco: voi lo vedete in galera, ma, in realtà,
è sugli allori. Presto arriverà la consacrazione. Aspettate, con calma, in
poltrona. Se c'è una cosa che sa fare l'Italiano senza coglioni è cambiare
rotta con cautela ... all'inizio si tratta di millesimi di centimetro ... poi,
col tempo, il divario fra ciò che dovrebbe essere e ciò che effettivamente è,
si allarga ... e alla fine chi è al gabbio si ritroverà, dopo tante scuse, in
Parlamento.
I cattivi, i maschi ... dove saranno andati a finire? Residuano nella bassa
criminalità. Quello che ha dato una capocciata al free lance a Ostia ... Spada
... un diecimila di quei tipi sotto casa di Moscovici e le cose prenderebbero
una diversa piega ... c'è poco da cianciare ... le rivoluzioni nascono nel
sangue ... Robespierre era un avvocato, cioè un criminale del linguaggio, e agiva fomentando
gaglioffi e tricoteuses. Ammetto che non è più tempo di sangue e cordite, è
tempo di ragionevolezza ... di veri e propri déjeuner sur l'herbe ... a
ingoiare crostini da concertazione dei sensi ... ci siamo fatti più scettici,
disillusi, distaccati ... e non perché lo siamo davvero: scettici, disillusi,
distaccati ... ma solo perché non siamo capaci di fare nulla ... la correttezza,
il volemose bene alla John Lennon, la tolleranza, l'accoglienza non derivano da
una riflessione profonda sulle istanze metafisiche dell'animo, ma da un crollo
antropologico e fisico ... lungamente perseguito da chi sa ... e sa molto più
di noi, per istinto ... quando tutto ciò che definisce un essere umano viene
incasellato nel "male" non ci resta che divenire ragionevoli, di venire a patti, chini sotto le forche caudine ... ragionevoli, non
razionali ... che la razionalità è da uomini ... ragionevoli e impotenti,
vestiti dell'organza della sottomissione a un corollario di valori anemici,
eterocliti, stranieri alla nostra vera essenza.
A Caudio, oggi provincia di Benevento, il sannita Gaio Ponzio fa erigere gioghi sotto cui si umiliano i comandanti romani. Alcuni di loro vengono sodomizzati. L'orrore per l'ignominia propagherà le sue onde psicologiche per secoli.
L'ultimo
uomo e la trasvalutazione di tutti i valori sono davvero realtà!
Appunti
per letture a venire: razze di cani create tramite mansuefazione. Manualetto.
Si
reprime un istinto, tramite uno spietato e accorto gioco di premi e castighi, e
si crea una seconda natura. Le femmine, intanto, vengono accoppiate con altre
razze, scelte per la bisogna, più adatte ai fini dei domatori. La risultante:
cani da compagnia, da caccia ai fagiani, da tartufi. Eugenetica e nuova etica:
altri cani. Più utili, più buoni.
Su una cosa Nietzsche ha ragione da vendere: la maleducazione, il rilievo urtante della personalità, la vitalità volgare, hanno, quasi sempre, i tratti genuini della forza, di ciò che ascende.
Leggo
che un capostipite dei Casamonica era sposato a una Spada, Teresa.
I
Casamonica, gente d'Abruzzo, di origine sinti, come il calciatore Andrea Pirlo,
l'ultimo vero fuoriclasse, avevano in mano il territorio del Mandrione, una
borgata romana estrema e poverissima.
Uno
dei pezzi più significativi di Carlo Emilio Gadda in Le meraviglie d'Italia:
Genti d'Abruzzo. La canzone più bella scritta da Pasolini: Cristo al Mandrione.
Ne esiste una bella versione di Gabriella Ferri.
Sia
Pasolini che Gadda vantano un fratello morto, un fantasma nell'ombra. Come
Catullo.
Solitari,
misantropi: in grado diverso. Rifiutati dall'Italia. Fecero una brutta fine,
infatti.
Di gente in gente, di mare in mare ho viaggiato, o fratello, e giungo a questa mesta cerimonia per consegnarti il funereo dono supremo e per parlare invano con le tue ceneri mute, poiché la sorte mi ha rapito te, proprio te, o infelice fratello precocemente strappato al mio affetto. Ora queste offerte, che io porgo, come comanda l'antico rito degli avi, dono dolente per la cerimonia, gradisci; sono madide di molto pianto fraterno; ti saluto per sempre, o fratello, addio.
Caro
Lei ... anzi, caro Voi (mi rivolgo, infatti, al fascistone anzidetto) ... qui
ci vuole una guerra ... stragi, morti, ustioni, cancrene, case che crollano ...
non siete d'accordo, caro il mio Farinacci degli stivali?
Certo!
Sono con Voi, tovarisch ... mi risponde quello. E obietta, giustamente: e però,
... Vos quoque ... cadete nella sindrome del Grande Botto ... siccome siete
sempre lì a digitare e a masturbarVi, caro Voi, sulla tastiera del nulla ... vi
siete ridotto a tifare la catastrofe! Un comportamento che prima addebitavate
ai coglioni ... e ora ... non sarà che vi state rammollendo?
Colpito,
affondato! ... Touché! Ma cosa volete che faccia ... che mi metta a gridare
"Vogliamo i colonnelli" dal balcone? I colonnelli, ormai, rubano
nelle furerie ...
Allora
non fate niente, amico mio, e scusatevi. Avete pargoli? Meglio non mischiarsi alle retroguardie ...
Giusto!
Non resta che scusarsi, allora ... non del nostro comportamento, ma della nostra stessa
esistenza! Annusare gli angoli, prepararsi alla successione ... con un bel testamento ... lascio ... a chi se la prende ... una casa A2, media periferia, garage, termoautonoma item magione rustica in piena Tuscia ... item terreni con seminativo e frutteto e servitù prediale annessa ... item casaletto magazzino ... item un gallo ad Asclepio ...
Un profluvio di interpretazioni ha allagato il meschino mondo dell’informazione italiana a proposito del crollo del ponte Morandi. Tecniche. Economiche. Complottistiche. Retroscena, fatti, invenzioni, dati di ogni risma, spesso incongrui. Il Poliscriba ne ha parlato in un post agostano, con una sensatezza a cui va la mia riconoscenza di lettore. Non ambisco a portare al dibattito, ormai permanente, l'ennesima interpretazione, incapace come sono di elevarmi a certe altezze, ingegnosamente ingegneristiche, fra stralli, piloni e trazioni; né di tuffarmi nel pelago delle supposizioni geopolitiche, che amo scansare come la peste; né, al contempo, di schierarmi politicamente come se il cemento precompresso fosse occasione di sfida tra fazioni (per tacere dei ciangottamenti su "Gronda sì e no").
Meglio e peggio. Si stava meglio quando si stava peggio? Ecco l'ordine di premiazione del concorso Miss Italia 1947:
1. Lucia Borloni alias Lucia Bosè 2. Gianna Maria Canale 3. Luigia "Gina" Lollobrigida 4. Eleonora Rossi Drago
Nelle posizioni di rincalzo, tra il pulviscolo delle belle concorrenti, Silvana Mangano. La fine della guerra, l'attesa per il nuovo: l'olivo italiano, reso stento dal buio delle privazioni, riceve nuova luce; le fronde si moltiplicano, vecchie foglie, ingiallite, si staccano, le radici affondano nell'humus ingrassato dalla speranza. Signori compunti, pantaloni con la riga perfetta, cravatte e giacche in buon ordine, si acconciano a tale festa della rinascita: le ragazze italiane, la cui pudicizia tiene a freno la pur timida esuberanza, dagli occhi limpidi, un po' spaesate, son certe di un avvenire che, inevitabilmente, prima o poi, arriverà: come potrebbe essere altrimenti, dopo i morti, le distruzioni, le umiliazioni? La vita, interrotta, riprende; ciò che venne represso e costretto ritrova la via sua naturale. "The force that through the green fuse drives the flower/drives my green age", canta Dylan Thomas.
Miss 2019. Ora leggo che una delle partecipanti alla prossima edizione di Miss Italia sarà una disabile: sfilerà con un arto finto. Ancora la propaganda, invasiva, totalizzante. Il trionfo del disabile, il piagnisteo, noi siamo i buoni, viva i diversi. Mai si era assistito a una così ripugnante opera di depistaggio morale. Il potere usa stavolta il pietismo e le minoranze per annientare la morale della normalità. Il normale è il diverso, il diverso è la normalità da premiare. Annichilire ciò che è sempre stato giusto, corretto, abituale tramite l’empatia indotta per ciò che è altro, capriccioso, informe, eccentrico, contro il buon senso e la tradizione. In tale vicenda vi sono tre vittime: l’antico ordine estetico e morale; chi viene usato per imporre la trasgressione e l’inversione (la disabile) e, per ultimo, la sincera pietà per i più sfortunati che, presa in giro in maniera così sfacciata, rischia di mutarsi nel suo opposto. Va detto, infatti, ancora e ancora, con rinnovata forza: il potere se ne frega dei disabili e dei diversi: la vita quotidiana urla questo tutti i giorni. E però gli torna utile usare la lacrima per distruggere ogni ordine pregresso. La sinistra diffusa, un allucinante cretinismo di massa, sono lì a fare da fiancheggiatori a tale manovra disgustosa.
Chupa Chups. Una nota attrice spedisce un proprio famiglio ad acquistare Chupa Chups alla marijuana per i nipoti: "Così si abituano al gusto", commenta, rivolta agli increduli.
Les décombres. Devo riconoscere ai nostri attuali governanti un talento straordinario: la capacità di desertificare l’Italia. Nella provincia alcuni paesi già non esistono più. Residuano come ammasso di seconde case, in vendita o in locazione, o come ospizî a cielo aperto. Alcune abitazioni, a volte di gran pregio, risalenti agli anni Venti, sono state sequestrate per debiti. Ogni tanto vengono spedite all'incanto, sonnacchiosamente, ma le aste vanno deserte: chi vuole accollarsi un simile peso? Interi paesetti, poi, sono presi d’assalto da truffatori: comprano tre o quattro case fatiscenti, le salvano dal crollo, quindi pietiscono un prestito in banca (complice il banchiere) per ripristinare l’antico splendore: segue la fuga. Centomila, duecentomila. Si hanno così ircocervi sbalorditivi: magioni col tetto nuovo di zecca, ma sostanzialmente in rovina. Il più, tuttavia, è in stato di pietoso abbandono. Anno dopo anno i fregi cedono, le persiane perdono i listelli, l'umidità risale dagli inferi infradiciando i portoni, i tetti s'incurvano come se non potessero sostenere il peso di tanta negligenza, grate e inferriate vengono saccheggiate dai cercatori di metalli, à la Blade runner, le erbe e le edere assaltano quiete gli intonaci o iniziano la lenta opera di disgregazione delle pietre. Accanto a tali esausti giganti in pietra sorgono, a volte, orrendi villini dallo stile composito e abominevole, in cui alluminio e cemento la fanno da padrone. Oppure appaiono nuove case popolari, a cinque o sei piani, tirate su al risparmio, con prati rachitici e rifiniture da pochi euri: balconi come stie, recintati da graticci metallici, aiole senza fiori, mura perimetrali composti da blocchi grigiastri. Si ha, in tal modo, la contraddizione massima: edificazione con l’80% di case sfitte o abbandonate. La distruzione del paesaggio è conseguente. O logica, almeno in un mondo al contrario.
Oh, ci si intenda subito:
magari qualcuno troverà la letteratura italiana, nel suo complesso,
di buona fattura. Magari vi troverà opere completamente
fallimentari; o negative; ma anche picchi positivi; eccezioni
lodevoli; non di rado, ben ruspando, tale lettore (oso dirlo)
rinverrà addirittura capolavori. Chi sono io per giudicare un tale
giudizio? Nessuno.
Dipende a quali altezze
ci si è inerpicati nella vita. Da certe vette (se si ha avuta la
pazienza di scalare certe vette) la letteratura italiana fa,
inevitabilmente, schifo.
È un ribrezzo non solo
estetico (passi!), ma anche umano: come a toccare il ventre d’un
rospo demoniaco. Persino le librerie suscitano ormai orrore;
passeggiare nei dintorni d’una di esse (una a caso), subire lo
squallore delle sue vetrine riesce insopportabile … e poi quelle
brossuracce, impilate a spina di pesce, decine di pile, e l’odore
della carta appena stampata (carta d’accatto, che, appena letta,
s’arrufferà malinconica) … e poi le classifiche, con altre pile
accanto, classifiche che confermano la pubblicità a tamburo battente
in cui un meschinello presentava il suo libercolo, la consueta
brossura dozzinale in ultima analisi … lordata da concetti da
dozzina … tutto questo spettacolo necrofilo dà già il
voltastomaco … un disgusto fisico che solo un feroce Ramadan
estetico può guarire.
È vero che ogni sistema di potere, storicamente, si è guastato ed è morto, quindi probabilmente anche quello in via di consolidamento oggi è destinato a finire un domani; ma è anche vero che i sistemi di potere possono durare decenni e secoli, occupando e degradando la vita di intere generazioni; quindi è opportuno prepararsi una via di fuga, non escluso il suicidio.
Marco Della Luna
Parlerò chiaro, anzi piatto. Nel parlare a volte si dissimula involontariamente; nello scrivere ancor di più. E - a volte - si legge ciò che uno scrive con una certa fretta. Con la fretta che impongono le proprie convinzioni. E si viene equivocati. Non del tutto, ma di quel filo che fa sostanza.
Posso dire, in primis, che ogni mia parola, la più sciocca o la più pomposa, quella goffamente ricercata e quella quotidiana, persino le male parole e gli insulti atrabiliari, sono intrisi di un'angoscia senza redenzione. Rivendico tale disperata sincerità; e spero che me la riconosciate tutti.
E poi, come diceva Totò, in secundis: siete morti e non lo sapete. Tutti. Ciò che affermo a favore della tradizione e del sangue e dell'Italia e della bellezza non lo dico solo a esclusivo beneficio dell'Italia. Ma a beneficio di islamici, calmucchi, indios, negri, ebrei e citrulli nordici. Ho passato una vita a scrivere dei "vanishing peoples": Aztechi, Patagonici. Amazzonici. E ora sarei diventato razzista?
Pasolini comincia
leggero: “Ho visto ieri sera (Venerdì Santo?) un mucchietto di gente
davanti al Colosseo … ho creduto in un primo momento che si trattasse
del gesto di qualche disoccupato arrampicato in cima al Colosseo. No.
Era una funzione religiosa a cui doveva intervenire Paolo VI. C’erano
quattro gatti … Credo che non ci fosse nessun romano. Un insuccesso più
completo era impossibile immaginarlo”(1). Tale spettacolo però lo
raggelò nel profondo. Una nuova bestia dagli occhi verdi emergeva dalle
acque ribollenti della postmodernità - una bestia suasiva, democratica,
permissiva, tecnica: il Nuovo Potere, il materialismo consumista, il
fascismo pubblicitario etc etc. Assieme alla Chiesa spariva
improvvisamente dall’orizzonte storico quella tradizione agreste,
familista, cautelosamente paleoindustriale, cattolica, che aveva
costituito il midollo italiano per millenni e raccolto l’eredità immane
della koiné greco-romana - un tronco gigantesco e immutabile da cui
rampollavano le varietà straordinarie dei popoli italiani, dei
linguaggi, delle arti, delle stratificazioni urbanistiche, degli incroci
culturali e di sangue, delle forme, dei paesaggi, dei volti. Lo stesso
fascismo storico (quello del ventennio mussoliniano), nonostante i
tentativi disperati (linguistici, architettonici …), fu impotente di
fronte a tale fioritura eterna. Di qui i fraintendimenti: Pasolini
cattolico, Pasolini non antifascista coi fascisti. Vero: Pasolini
rimpiangeva quella tradizione contadina, semplice e distillata nei
tempi: in tal senso fu un vero cristiano, un dolciniano furente, debole
coi semplici ed avverso al mondo clericale e piccolo borghese,
crassamente pragmatico e prevaricante. Vero: egli liquidò brutalmente il
fascismo storico come "banda di criminali" e "pietoso rudere", come
breve accidente storico: per gli antifascisti, perciò, non fu abbastanza
antifascista, poiché il suo antifascismo fu sempre diretto contro il
nuovo totalitarismo dello sfrenamento edonista, dei falsi diritti
civili, della falsa democrazia. Si doveva, forse, perdere ancora tempo
con Almirante quando il nuovo Moloch avanzava come il Colosso del quadro
di Goya?
“Gli Ebrei sono il popolo più considerevole della storia mondiale perché essi, posti davanti alla questione se essere o non essere, hanno scelto … l’essere a ogni costo: questo costo fu la falsificazione di ogni natura, di ogni naturalezza, di ogni realtà, dell’intero mondo interiore non meno che dell’esteriore. Essi si trincerano contro tutte le condizioni alle quali, fino a quel momento, a un popolo era possibile vivere, era consentito vivere: crearono, estraendola da sé stessi, un’antitesi concettuale alle condizioni naturali, – in maniera irreversibile essi hanno, nell’ordine, rovesciato la religione, il culto, la morale, la storia, la psicologia nella contraddizione ai loro valori naturali“.
Sono alcune considerazioni di Friedrich Nietzsche tratte da L’Anticristo. Il filosofo va alle radici della décadence cristiana e le ritrova nello snaturamento di valori operato dalla teologia ebraica: “Il prete svaluta, dissacra la natura …“, si inventa cioè un mondo al contrario dove l’antico ordine (di cui l’istinto vitale, la bellezza e la morale erano i fondamenti) viene sovvertito e sostituito da un nuovo ordine assolutamente irreale, antinaturale, piccino, risentito, compassionevole sino all’idiozia.
Tale décadence, inoltre è solo una recita, avverte Nietzsche, “solo un mezzo: questa specie d’uomini ha un interesse vitale nel rendere malato il genere umano e nel capovolgere in un significato esiziale per la vita e denigratorio per il mondo i concetti di ‘buono’ e ‘cattivo’, di ‘vero’ e ‘falso’ …“.
Invertire le coordinate vitali dell’esistenza: questo l’assalto al cielo tentato dalla Globalizzazione.