Unreal City, 4 luglio 2021
Guardo alcuni spezzoni
dei sedicenti Europei di calcio con un misto di noia e ineluttabilità. Un tempo
questi appuntamenti, lungamente anelati per quattro anni, mobilitavano i
precordi popolari dei milioni: ora son giochini a margine dell’immaginario,
quasi inessenziali.
I mass media, dal canto
loro, legati a filo doppio a tali esibizioni sempre più anonime, son costretti
a pompare nelle stanchissime arterie dell’emozionalità italiana ogni sorta di
eccitante: magniloquenze, iperboli, patriottismi ipocriti – facendoli recitare da
guitti che tengono la scena da decenni e che, a ben vedere, nel vivere quotidiano
sono i più cinici detrattori dell’Italia e i primi menefreghisti delle
progressive sorti del Paese. Parassiti, amebe, tenie.
La comparsa della
Madonna di Fatima, Paola Ferrari in De Benedetti, internamente luminescente, non
so in virtù di quale metabolismo televisivo, come il bicchiere di latte recato
da Cary Grant ne Il sospetto, annuncia
il Verbo dell’orgoglio nazionale, falso come una moneta da tre euro, in un
tripudio di banalità spicciole, per cui alcuni giocatori di medio cabotaggio
vengono elevati a guerrieri delle Termopili.
In realtà, lo si
avverte a pelle, è una manfrina in cui i primi a non credere sono proprio i
trombettieri; i loro epinici risultano assai interessati ché alle sorti del
calcio vengono legate prebende e grassi posti di lavoro. Dagli statali della
RAI, pagati con la bolletta della luce, sin al più infimo blogger che lucra disperato
su tale nazionalismo stitico.
Le ciance girano a
vuoto, si sprecano eufemismi, accrescitivi, esagerazioni, fanfaronate. Sugli
schermi italiani questa giostrina risulta quasi dimessa; sulle piattaforme
internazionali vibra di altra spettacolarità, ma non fatevi ingannare: è solo
vernice d’oro sulla stessa patacca.