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30 marzo 2021

Reset ‘666

Unreal City, 30 marzo 2021

1666. Al languire dell'estate, Londra brucia; per quattro giorni. La condotta delle autorità di governo appare contraddittoria, forse inficiata da interessi di parte. Il rogo è dapprima sottovalutato, poi contrastato mollemente, quindi addirittura assecondato, tanto che un tal Malcolm, lodatore di tanta decimazione, suppone che il comportamento tenuto sia doloso: onde spianare la città e riedificarla ex novo.
I tre quarti dell'antica Londinium, forse più, sono ridotti a cenere.
A fronte di un’ecpirosi senza precedenti, le vittime ammonteranno a poche decine, uno scherzetto trascurabile. Altre fonti parlano di qualche centinaio (anche se nessuno le pianse: per tale motivo non vanno nemmeno conteggiate).
Londra brucia. Avvampano, al pari di Notre-Dame, le cattedrali; e poi chiese, biblioteche e porte daziarie. Fioriscono, ovviamente, i complotti, a satollare il popolicchio. La causa? I tizzoni in un forno, i tetti di paglia, un untore fuor di senno ... chi può dirlo? Quasi subito ci si rende conto che i benefici superano gli svantaggi, così come i vaccinati sopravanzano, con una pernacchia sordiana, i cadaveri dei tromboici. Il rogo, infatti, distruggendo gran parte delle fognature, stermina i ratti apportatori della peste. La catastrofe diviene, perciò, benefica azzerando assieme Londra e la pandemia; s'avvia, festosa, l'Epoca della Ricostruzione. La città è reinventata su basi più efficienti quale metropoli igienico-illuminista (metropoli=città presa a modello) finalmente lontana dagli afrori medioevali e dall'aleggiante puzza d'umanità.
I Costruttori, per nulla intimiditi dall'entità della devastazione (12 milioni di sterline del tempo), procedono con attitudine burbanzosa.
La Londra di Guglielmo Scespir (m. 1616) non esiste più.
Si preparano, proprio in quegli anni, le spolette volanti e le innovazioni di Michael Cole, illuminista globulare.
I migranti interni, scacciati come cani in chiesa dalle campagne, forniranno la carne necessaria ai Burke and Hare massonici per depezzare le disponibili orde d'Oliver Twist.

Un antico conoscente m'invia un tweet di Barbara "Lameduck" Tampieri, una delle ultime sentinelle.
In esso è riportato un articolo del Daily Express: Teenager quits college to become self-employed chimney sweep.
Ti ricordi ... ti ricordi ... ti ricordi ..?, mi fa. Ti ricordi The chimney sweeper? ... frigna ulteriormente il mio interlocutore digitale, già Italiano, oggi pensionato; esule ad Alessio, serena città illirica ove trovò la morte uno degli ultimi europei, Giorgio Castriota Scanderbeg, terrore degli Ottomani.
Sì, ricordo.
La poesia di William Blake, The chimney sleeper da Songs of innocence:

When my mother died I was very young,
and my Father sold me while yet my tongue
could scarcely cry ‘weep! weep! weep! weep!’
so your chimneys I sweep, & in soot I sleep
.

I bambini inglesi, reclutati dalla strada e rapiti dai brefotrofi, sono utilizzati come strumenti per la pulizia delle canne fumarie, ristrette per le norme di sicurezza post 1666.
Ossa spezzate, polmoni consunti, abusi. Il socialismo comincia a rampollare dall'Inghilterra moderna grazie anche alla stilla poetica di Blake, all'insaputa di William Blake, cultore, poi deluso, di rivoluzioni a lui contemporanee.
Fra i protestanti crucchi dilagherà il più severo e anempatico Marx in una frattura epocale che si ripropose, a scorno dei socialisti novecenteschi, nella diatriba fra il nazionalista inglese Mazzini e il Carletto comunardo-globalista.
Weep weep weep weep, piangevano gli spazzacamini: fateci studiare, mangiare, riposare in un letto! Oppure lasciateci, nudi e bianchi, montare su una nuvola per giocare col vento assieme a un angelo!
Il progresso progredisce, compagni? Diciamo che gira in tondo, avanzando rapido verso l'autodistruzione: un moto spiraliforme che ripropone reset, carnefici e vittime; la novità è che queste ultime si scoprono il petto da sole.

27 settembre 2020

Regressione universale

Amos Nattini, Lucifero tricipite nel Cocito

Roma, Unreal City, 27 settembre 2020

Ormai ci è talmente appiccicata addosso questa ideuzza criminale da non potercela più toglier via, come una macchia di crassume dal vestito buono. I discorsi e i sillogismi, persino i più aperti e imparziali, danno per scontato il postulato, inutile girare in tondo, in senso orario e antiorario, in alto o basso; e il postulato è questo: l'umanità che oggi, settembre 2020, respira su questa terra è la migliore possibile. Certo, ha i suoi difetti, però, a ben vedere, lo si ammetta: un qualsiasi belinone del 2020, con tutte le dovute cautele, risulta in media assai più desiderabile d'un abitante della Cappadocia del 1374, delle coste africane del 322 d.C. oppure, cito a caso, dell'Iberia precristiana nel 971 a.C.; per tacere di neolitici, palafitticoli, neandertaliani: chi vorrebbe tornare indietro? Per carità! Sì, ci riteniamo migliori, i migliori. E migliori in che senso? In questo unico miserabile senso: che l'uomo del domani sarà migliore di quello dell'oggi e questi, cioè noi, assai migliori di quelli di ieri; per tacere dell'uomo dell'altroieri, un vero barbaro; un medioevale, addirittura, come se nella Svevia o nella Padania del Mille non fossero vissuti individui sani, pieni, felici. Anche tale aggettivo, medioevale, è infatti ben presente nella zucche postmoderne col suo carico di indesiderabilità.

Sarebbe bene dimenticarlo, l'uomo dello ieri e dell'altroieri, da sostituire con l'utopia del dopodomani: il dopodomani, infatti, sarà ancor migliore, il migliore di sempre, luminoso e ampio, dolce e ultimativo.

Il progresso lavora a fianco dei migliori, con i migliori, alimentato dai migliori. Ogni giorno che passa ci avviciniamo alla civiltà, perfettibile e, fra qualche decennio, assolutamente perfetta.

Mi permetto, però, dopo qualche decennio di frequentazione con i peggiori ceffi letterari e filosofici, di amaramente dissentire da tale più o meno conscia convinzione. La visione giusta, infatti, mi pare l'opposta: l'uomo decade, da sempre.

04 settembre 2019

Il sacrificio della patria nostra è consumato ...


Roma, 4 settembre 2019

La provincia, che innervò l’Enciclopedia del bello italiano, la Commedia dantesca, è in via di disfacimento. La colpa, ammesso che sia onorevole trovare colpe nella Caporetto più rovinosa dell’Italia, risiede nella democrazia. La democrazia liberale, con l’illusione del controllo sulla res publica, ha dissolto i fondamenti di Siena, Arezzo, Perugia, Viterbo; e di quei centri minori, sconosciuti ai più, che conservano, nel proprio seno, ricchezze naturali e artistiche oggi incredibili, almeno agli occhi di chi, come me, le aveva temporaneamente dimenticate poiché troppo avvezzo a esse. Delegare a un geometra o a un architetto à la carte le chiavi per amministrare tali sedimenti, di millenni, equivale a rinunciare alla lotta. Solo un’aristocrazia potrebbe salvare ciò che resta. Ma viviamo ormai nel miraggio dell’uno vale uno; un’utopia auspicabile, persino: se fosse vera. In realtà - la sola realtà - un gregge ottuso e immusonito vota; il voto elegge alcuni figuri che, nelle more del loro mandato (democratico), lasciano cadere favori e minuscoli privilegi; il gran corpo tecnico-amministrativo, complice dei figuri anzidetti, si acconcia, quale complice, alla devastazione. Conventi secenteschi risolti in bed and breakfast (previa scialbatura degli affreschi), centrali biogas nel cuore di boschi sacri, macchie secolari riorganizzate per parchi a tema naturalistico-fantasy: onde soddisfare le voglie d’evasione dei micchi internazionali (svizzeri, svedesi e crucchi hanno da sculettare lungo i diverticoli della Francigena), larghe pianure, prossime a fonti sacre etrusche, predisposte per l’accoglienza della merda: ché l’ominicchio del futuro meno pensa più merda produce.

21 maggio 2019

Fratelli a un tempo stesso, Amore e Morte ...


Roma, 21 maggio 2019

Più si avvicinano le elezioni più ci si rifugia nell’afrore delle vecchie tane.
Privi di un empito morale alto e imparziale, e d’una riflessione risolutamente filosofica, quella che scruta, onnicomprensiva, dall’alto, sempre, tutti i fenomeni, estraendone un comune senso denominatore, un evidente nesso logico e metafisico, i controinformatori annusano stancamente le solite vecchie chiappe.
Ogni loro argomentazione, ogni diagramma, qualunque deduzione viene improvvisamente obliterata dal richiamo verso la boscaglia del conformismo. Un istinto ferino e ingannevole che li riporta all’origine della depravazione postmoderna: la democrazia liberale. Gilet gialli, secessione catalana, Trump, Donbass, Greta, centri sociali e Casapound, Marx e Junger, signoraggio e MMT, Houllebecq e Saviano residuano come vignette sbiadite; non significano più nulla questi avvenimenti a fronte del ciangottare tribunizio, dell’appartenenza da cani rognosi: ecco, allora, la dea ex machina, la matita copiativa. Comprendere che tale istinto - l’ansia della croce di Bertoldo - fu instillato sapientemente, nei decenni, proprio per formare ciò che loro son oggi, marionette da urna - comprendere tutto questo è impossibile. Impossibile elevarsi, dimenticare goffi rancori; la campanella suona e tutti accorrono alla lotteria.

04 maggio 2019

Repetita iuvant (astenersi perditempo)


Castellaccio dei Monteroni, 4 maggio 2019

Cosa vantano in comune Emma Bonino e Michel Onfray?
Tutto.
Eppure sembrano militare su fronti opposti, inconciliabili.
Coincidentia oppositorum.
L’uno è divenuto, chissà perché, il cantore dei cosiddetti Gilets Jaunes, apparentemente sovranisti e nazionalisti, almeno nel loro corpus istintivo. Il Nostro, che si occupa di filosofia gaudente, parla un po’ qui e un po’ lì, di sotto e di sopra, ma, a ben guardare, se si possiedono bisturi taglienti e lenti d’ottima gradazione, egli si occupa solo d’un evento agognato: la dissoluzione dell’Occidente. Dissoluzione in cosa? In Qualcosa d’Altro.
L’altra Tizia o Pizia è, da quarant’anni almeno, una dichiarata nemica dell’Italia, cui mai ha tributato onori, ma esclusivamente disonori; europeista, cosmopolita, aperta a ogni refolo universalista, globalista, irenista in casa sua, massacratrice in casa d’altri; il suo unico scopo, ereditato dall’ormai Salmone Ottimo Massimo, Marco Pannella, è quello di dissolvere: Italia, Europa, Occidente; dissolverli in Qualcosa d’Altro.
Dissoluzione, infatti, è termine tecnico preciso (“dis-solvere”, da cui “dis-soluto”, “dis-soluzione” o “di-sciogliere”, disfare un tutto, frantumare un’unità, scompigliare ciò che è ordinato).
In realtà, la realtà sotto i vostri piedi, i vostri occhi e la vostra labile immaginazione, Michel Onfray ed Emma Bonino sono perfettamente consonanti.
La strategia funziona, ha sempre funzionato e sempre funzionerà, almeno contro le società deboli, confuse e prive di sentieri e cippi miliari a indicare la retta via.

18 febbraio 2019

La paranza dei bambini


Roma, 18 febbraio 2019

Alle tre, mentre il cielo grava soffocante come una lastra infuocata di rame, il Sofferente invoca a gran voce il Padre. Tradito dai compagni e dal proprio stesso popolo, dal potere che vuole la continuazione di sé stesso nell’intrigo, il Re dei Giudei sfoga il disinganno verso un cielo muto. Ai piedi della croce un gruppo tremolante, nerovestito, soffocato dalle lacrime: Maria, la madre, Maria di Magdala, la moglie; la zia, Maria di Cleofa. Un Giovanni quasi imberbe è nei pressi, a capo chino: il Maestro muore.
Le derisioni, gli sberleffi, l’avidità della bassa spoliazione, i carnefici, l’efficienza burocratica dei funzionari: l'andirivieni prosaico della giustizia.
Ma chi legge dell’Agonia non può che rimanere sconcertato davanti alla fisicità evidente e cruenta della morte. Questo Uomo sfuggente, che parlava in parabole, che nulla scrisse e mai sorrise ("Flevisse lego risisse numquam"); irascibile, sdegnoso, duro, misantropo, ha riservato la sincerità della disperazione negli attimi fatali. Parla al proprio Padre, ad alta voce, finché, lanciando un grido straziante, per noi spaventoso, si congiunge all'eternità.

03 gennaio 2019

Terre piatte e alieni di Capodanno


Roma, 3 gennaio 2019

Ho sentito sfiorarmi un vento: l’ala dell’imbecillità
Charles Baudelaire
 
Il buon Massimo Mazzucco, da cui mi separa, oltre a una larga popolarità e all’empatia, che mai ho posseduto, la fegatosa disistima del mondo e degli uomini presenti (egli, al contrario di me, ha ancora qualche razionale speranza), pubblica uno scherzoso post natalizio; su cosa? Sulle convinzioni, granitiche, dei terrapiattari, ovvero di coloro per cui la Terra, la nostra amabile Terra, ha forma, appunto, d’un piatto: è una piattaforma.

https://www.luogocomune.net/LC/20-varie/5115-battuto-il-record-storico-di-velocit%C3%A0-a-piedi

Il succo dello scritto anzidetto: un tal Colin O’ Brady, americano dell’Oregon, “è riuscito ad attraversare l’Antartico”, “da costa a costa”, in solitaria, senza aiuti e rifornimenti esterni se non quelli stipati in una slitta.
54 giorni di marcia e circa 1500 chilometri nelle nevi perenni.
Questo nella realtà. Nelle fantasie dei terrapiattari, però, l’Antartico è il bordo della terra: in tal caso (cioè se le loro fantasie fossero realtà) il Buon O’Brady, avrebbe percorso, sempre in 54 giorni, 20.000 chilometri.
Mazzucco, onde satireggiare la loro teoria, ha finto di aderirvi: di qui il titolo Battuto il record storico di velocità a piedi:
 


28 dicembre 2018

I Gilet Gialli, questa lieve increspatura dell’Inevitabile


Roma, 28 dicembre 2018

La stampa nazionale scorreggia a indignazione unificata: maledetta violenza negli stadi! Chiede punizioni esemplari contro la bestialità dei tifosi, delle bande, dei supporter! Maledetti hooligans che insidiano la santità del calcio benevolo! Il signor Questore di Milano (“Il signori e quistori”, direbbe Catarella) batte i pugni sul tavolo: “Basta!”; è arrabbiato, non ne può più, vuole vietare tutto, chiudere tutto ciò che si può chiudere (“Maria, che scanto che mi piglia ogni volta ca parla!”): la goccia ha fatto traboccare il vasino della pazienza.

E poi i fischi a Koulibaly, questo milionario intristito dal razzismo. Concetto Lo Bello, Chinaglia, Causio e Falcão (quello del 1982) venivano insultati sanguinosamente ogni domenica, ma non c’era nessuno a porgergli fazzolettini ecumenici per tergere le salse lacrime: che nemmeno spandevano. I giocatori erano personaggi comuni, allenati con regolarità, certo, ma le insinuazioni sulla paternità dei figli o sulla fedeltà di madri, mogli e fidanzate o, in generale, sulla virilità, li facevano ridere assai. Cosa fregava dei cori a tipi come Bellugi, Calloni o Cuccureddu? O a Pruzzo, che scompariva dallo sguardo placido di Nils Liedholm per farsi una fumatina in pace, magari assieme a Nela o Bruno Conti da Nettuno, al secolo MaraZico? Calciatori di colore, di ogni razza e risma, sono divenuti idoli: qualcuno, col ciglio umido, ricorda ancora Socrates e Cerezo, persino qualche scarpone come Barbadillo o lo sfortunato Eneas, oppure Juary, Juary Jorges do Santos Filho, simpatico circumnavigatore di bandierine, uno che, dopo 13 gol per l’Avellino e altri spiccioli per Inter, Ascoli e Cremonese, andò a vincere, segnando, una rocambolesca finale di Coppa dei Campioni contro i crucchi del Bayern Monaco.


05 novembre 2018

Scusa Ameri, scusa Ciotti …


Roma, 4 novembre 2018

È sempre spassoso leggere alcuni controinformatori che ti dicono: “Stiamo vincendo!”, mentre il mondo che conta, a bordo piscina, col daiquiri in mano, continua a progettare, con rilassata noncuranza, viaggi culturali e plutocratici esattamente opposti.
Sarà il caso, forse, che qualcuno legga alcuni sunti dei cosiddetti Football Leaks sul destino del calcio, ovvero dello sport che tiene insieme, appassionatamente, miliardi di tifosi sul globo terracqueo (il numero è in aumento costante - numero proporzionale all’avanzare della democrazia e dei McDonald’s).
Cito “L’Espresso”, per comodità:
Un unico campionato su scala europea, alternativo ai tornei nazionali e alla Champions. Ecco il progetto segreto sponsorizzato dai club più ricchi d’Europa, tra cui Juventus, Real Madrid e Barcellona. Alla fine, per convincerle a restare, l’UEFA ha aumentato i premi per le società maggiori, penalizzando tutte le altre. Risalirebbe al 22 ottobre scorso una lettera della società di consulenza Key Capital Partners al presidente del Real Madrid, Florentino Perez, in cui si descrive la creazione di una società che avrebbe come azionisti 11 grandi squadre. E cioè le italiane Juventus e Milan, insieme a PSG e Bayern Monaco … Real Madrid e Barcellona … Arsenal, Chelsea, Liverpool, le due di Manchester … Il documento appare come una prima bozza di accordo destinato con ogni probabilità a essere integrato nei prossimi mesi. Di certo però la Lega dei big del pallone sembra determinata a prendere il posto della UEFA … La nuova società, di cui il Real Madrid sarebbe il maggior azionista con il 18% … del capitale, avrebbe il compito di fissare i criteri per la distribuzione dei proventi televisivi, oltre a decidere e applicare le norme che regolano il nuovo campionato su scala continentale, un torneo che lascerebbe ai singoli campionati nazionali, riservati alle squadre di media grandezza, soltanto le briciole della torta miliardaria del calcio …. La futura Superlega potrebbe contare anche sulla partecipazione di  … Inter e Roma, Atletico Madrid, Olympique Marsiglia e Borussia Dortmund”.
In special modo il Bayern Monaco “avrebbe studiato i modi per uscire dalla Bundesliga e per non concedere più i propri giocatori alla Nazionale tedesca”.

13 aprile 2018

Per un nuovo patriottismo


Roma, 13 aprile 2018

Non temo l’Africa e l’Islam, ma i déracinées dell’Islam e dell’Africa.
Se c’è una nota stonata nelle Fallaci e compagnia neocon è l’ingigantimento del pericolo “Islam”. I minareti in luogo delle chiese, la polemica sul velo islamico, la contrapposizione fra il “nulla” della cultura islamica (al massimo Omar Khayyam, concede la signora fiorentina) e Michelangelo, Della Robbia, Leonardo, Raffaello.
Qui opera, al solito, l’equivoco. Anzitutto compulsiamo questi elenchi di genî italici: sono gli elenchi che gli interrogati, i meno svegli, snocciolavano alla scuola media. Sono listarelle di comodo, scolastiche, mnemoniche, buttate lì per fare effetto su un pubblico altrettanto incolto dei loro estensori. La felicità della sapienza, composta da letture assidue e dure, insolite e vaste, è, infatti, estranea a tale inverecondo generone. Questa gente non ha la più pallida idea di cosa sia l’Italia e il genio italiano.

13 gennaio 2018

Perché l’1% ci tiene in vita?


Roma, 12 gennaio 2018

Invecchiando non solo si diventa esperti e, perciò, restii alla logica (Russell: "L'esperienza è l'intelligenza degli stupidi"), ma si tende a divagare. Per tali motivi, non chiedetevi se tali notazioni sono tecnicamente esatte (non lo sono, anche se, forse, per pura combinazione, qualche frase può centrare il bersaglio) ... e nemmeno chiedetevi, al contempo, se valga la pena di leggere gli incisi (li ho messi fra parentesi quadra così potete saltarli; nulla osta a saltare la lettura di tutto il pezzo, ovviamente).

Lo ammetto: sono ignorante in economia, sociologia e psicologia di massa. Posso affermare, con umiliante sincerità, che tali materie, ormai, mi spaventano. Per la vastità di opere e pubblicazioni; e per il labirintico viluppo delle correnti e delle diatribe in cui autori, discepoli, apologeti e apostati si scannano con sanguinosa regolarità. Ho maturato, perciò, una rassegnata ignoranza, non disgiunta, tuttavia, da un divertito distacco; tale pathos della distanza è dovuto a una ben nota dannazione (ben nota a me stesso, ovviamente).
Questa si abbatté sul sottoscritto in giovane età; si compone di due shock culturali, sorta di illuminazioni da scena primaria (e no, non riuscirò mai a liberarmene). Tali shock consistono in due brevi e apparentemente innocenti notazioni: la prima è di A. N. Whitehead (suona pressappoco: “L’intera filosofia occidentale è una serie di glosse a Platone”); la seconda è un estratto dal primo frammento di Parmenide (“Il solido cuore della ben rotonda Verità”).

28 novembre 2017

L'estinzione dell'Italia. Una cronaca


Pubblicato il 13 settembre 2014 

Estinzione del passato, dell’Italia.
Una chiesa medioevale del centro Italia. 1200 circa.
Affreschi più tardi, di scuola umbra, fra Quattrocento e Cinquecento.
Nella figura in alto una foto degli anni Ottanta.
Cristo al Sepolcro fra S. Antonio, S. Leonardo e S. Benedetto da Norcia.
Dopo mezzo millennio, nonostante le incurie e il menefreghismo, erano ancora visibili.


Ecco gli stessi affreschi oggi.
Trafugati, svaniti, annientati.
Il tetto della chiesa ha ceduto, l'altare è in macerie, l'acquasantiera è stata estirpata dalla parete, i fregi rubati; l'entrata è ostacolata da un enorme fico selvatico, l'intero vano è invaso da cespi d’erba vetriola.
Il passato svanisce, svanisce il popolo che il passato teneva unito e in vita.


19 giugno 2017

"Il campo dei santi", libro profetico


Pubblicato l'11 aprile 2016

A trentatré anni dalla pubblicazione francese (1973), e a diciotto dalla prima e unica traduzione italiana (1998), torna nelle librerie il romanzo fantasociologico di Jean Raspail, Il campo dei santi.
Torna nelle librerie” è un mio blando eufemismo; sarebbe più esatto dire : “viene clandestinamente ripubblicato in Italia”.
È inevitabile che un’opera del genere (preveggente a tal punto da farsi, oggi, cronaca) venga sistematicamente ignorata. Sistematicamente, poiché l’industria culturale è oggi sistema, un blocco unico che non tollera spifferi.
Il pretesto per ignorare il libro è, peraltro, su un piatto d’argento: chi lo pubblica è, infatti, un fascista, Franco Freda (edizioni di AR; collana Il Cavallo Alato; euri 20); lo stesso Franco Freda che lo pubblicò, in solitaria, nel 1998.
Potreste mai immaginare un recensore de La Repubblica o de Il Corriere prendere sul serio il libro di un editore che, sui propri scaffali, esibisce La Rochelle, Evola e Hitler?
Bravi, avete dato la risposta giusta: è impossibile.