Roma, 21 maggio 2019
Più
si avvicinano le elezioni più ci si rifugia nell’afrore delle vecchie tane.
Privi
di un empito morale alto e imparziale, e d’una riflessione risolutamente
filosofica, quella che scruta, onnicomprensiva, dall’alto, sempre, tutti i
fenomeni, estraendone un comune senso denominatore, un evidente nesso logico e
metafisico, i controinformatori annusano stancamente le solite vecchie chiappe.
Ogni
loro argomentazione, ogni diagramma, qualunque deduzione viene improvvisamente
obliterata dal richiamo verso la boscaglia del conformismo. Un istinto ferino e
ingannevole che li riporta all’origine della depravazione postmoderna: la
democrazia liberale. Gilet gialli, secessione catalana, Trump, Donbass, Greta,
centri sociali e Casapound, Marx e Junger, signoraggio e MMT, Houllebecq e
Saviano residuano come vignette sbiadite; non significano più nulla questi
avvenimenti a fronte del ciangottare tribunizio, dell’appartenenza da cani
rognosi: ecco, allora, la dea ex machina, la matita copiativa. Comprendere che
tale istinto - l’ansia della croce di Bertoldo - fu instillato sapientemente,
nei decenni, proprio per formare ciò che loro son oggi, marionette da urna -
comprendere tutto questo è impossibile. Impossibile elevarsi, dimenticare goffi
rancori; la campanella suona e tutti accorrono alla lotteria.