Roma, 18 febbraio 2019
Alle tre, mentre il cielo grava soffocante come una lastra infuocata di rame, il Sofferente invoca a gran voce il Padre. Tradito dai compagni e dal proprio stesso popolo, dal potere che vuole la continuazione di sé stesso nell’intrigo, il Re dei Giudei sfoga il disinganno verso un cielo muto. Ai piedi della croce un gruppo tremolante, nerovestito, soffocato dalle lacrime: Maria, la madre, Maria di Magdala, la moglie; la zia, Maria di Cleofa. Un Giovanni quasi imberbe è nei pressi, a capo chino: il Maestro muore.
Le
derisioni, gli sberleffi, l’avidità della bassa spoliazione, i carnefici,
l’efficienza burocratica dei funzionari: l'andirivieni prosaico della giustizia.
Ma
chi legge dell’Agonia non può che rimanere sconcertato davanti alla fisicità evidente
e cruenta della morte. Questo Uomo sfuggente, che parlava in parabole, che
nulla scrisse e mai sorrise ("Flevisse lego risisse numquam"); irascibile,
sdegnoso, duro, misantropo, ha riservato la sincerità della disperazione negli attimi
fatali. Parla al proprio Padre, ad alta voce, finché, lanciando un grido straziante, per noi spaventoso, si congiunge all'eternità.