Nella distopia di Philip Dick, Radio Free Albemuth, il
protagonista è Nicholas Brady, un esponente della controcultura di Berkeley (e
il suo migliore amico è uno scrittore di fantascienza chiamato Philip Dick).
Il romanzo fu scritto nel 1975 e pubblicato postumo, nel
1985. Qui da noi arrivò nel 1996, per merito delle edizioni Fanucci, che lo
hanno regolarmente ristampato. Una (mediocre) versione cinematografica vide la
luce nel 2010. Radio Free Albemuth vegeta a latere della grande produzione
dickiana, ormai sdoganata: sostanzialmente non se lo impipa nessuno.
L’opera è, infatti, molto complessa: potrebbe definirsi una
volgarizzazione fantascientifica del pensiero cristiano-gnostico dei primi
secoli dell’era volgare.
In luogo di Dio è una navicella spaziale che parla
telepaticamente ai propri adepti, invitandoli alla redenzione spirituale; al
posto dei cristiani gnostici perseguitati ci sono hippie e libertari di
sinistra; invece di legionari e pretoriani romani gli agenti della FAP (Friends
of American People), un gruppo di delatori a mezzo fra la CIA e il KGB; e,
invece dell’imperatore persecutore, un Tito Vespasiano Augusto a esempio, trova
posto un volgare Presidente degli Stati Uniti, Ferris F. Fremont, una miscela
di Nixon e McCarthy, populista, destrorso e reazionario.