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21 novembre 2021

Siamo tutti in pericolo


Roma, 21 novembre 32 p.B.
 
Solo la comunità ricorda; solo un insieme di individui legati a filo doppio dal sangue e dalla conoscenza condivisa che si fa vita, ogni giorno, può battersi in vostra vece. Le abbiamo donato vari nomi: gineceo, confraternita, civitas, collegio, caserma, corporazione.
Ecco una storia.
La traggo da un libro di Giorgio Bocca sulla Repubblica del dopoguerra:

Alle 11.30 [del 14 luglio 1948] Togliatti e la Nilde Jotti, che è la sua nuova compagna, escono da Montecitorio in via della Missione: li attende un giovane siciliano, Antonio Pallante; spara su Togliatti tre colpi con una rivoltella calibro 38,8 acquistata il giorno prima da un armaiolo romano che resterà ignoto. Un proiettile sfiora il capo e si schiaccia contro un cartellone pubblicitario, il secondo colpisce la nuca, il terzo la schiena. Togliatti cade sulle ginocchia, scivola sul selciato, la Jotti si lancia a coprirlo. Pallante spara ancora un colpo che va a vuoto e fugge … Alla notizia che hanno sparato a Togliatti l’Italia operaia e comunista insorge … Togliatti raccomanda … ‘Non facciamo sciocchezze, non perdete la testa’ … Ma l’onda di piena dello sdegno popolare sale per conto suo incontenibile … A Genova si è in piena rivolta, la prefettura subito isolata, i telefoni interrotti, bloccate le strade di Levante verso Chiavari e di ponente verso Sestri. Gli operai calderai dell’Ansaldo escono con i loro attrezzi e saldano i tram alle rotaie; altri blindano dei camion su cui prendono posto dei compagni armati, nel centro di Genova compaiono mitra e mitragliatrici, si va all’assalto della casermetta della polizia a Bolzaneto  … ripiegano sotto il fuoco reparti di polizia e una compagnia di carabinieri, ci sono tre feriti fra le forze dell’ordine, quaranta tra i manifestanti …“.

53 anni dopo, a luglio, il 19, a realizzare una quasi piena consonanza storica, s’inizia la devastazione di Genova; il 20 muore Carlo Giuliani; il 21 ecco il contrappasso: la retata alla scuola Armando Diaz; i rivoltosi, simboliche reviviscenze dei compagni del 1948, sono recati alla caserma Bolzaneto e croccati a sangue.
Così va il mondo.
Una communitas è sciolta dalla storia, ma l’altra persiste, ricorda e, a modo suo, si vendica.

11 ottobre 2019

Me ne frego


Roma, 11 ottobre 2019

Lo ammetto, tendo all’autodistruzione.
Un tratto del carattere che può chiamarsi nobilmente caparbietà, fede, resilienza, ostinazione, purezza.
Ah, quante volte avrei potuto approfittare delle mollezze del presente!
Molte volte.
La vita si schiudeva piana; bastava dire “sì” e avrei ereditato la carriera facile, il posto immacolato e, soprattutto, il dolce sopore del conformismo - quel conformismo che, ricordiamolo, è una droga. Il conformismo rilascia nel corpo, lentamente, sostanze moralmente emollienti; si insinua nelle fibre migliori; scava negli anfratti più riposti.
Il conformista passeggia sicuro, il disprezzo già pronto sullo scaffale dell’ovvio, i giudizi che scivolano sulla vaselina della maggioranza; i conformisti entrano nella vita, come direbbe Gadda, a culo indietro, sempre sul velluto. La mediocrità gli si confà mirabilmente.


Sì, i conformisti sono mediocri. Non di quella mediocrità aurea formata dalla tradizione; no, è una mediocrità che riposa su poche parole d’ordine forgiate dal potere. L’Italia è stata distrutta da tale mediocrità; persino in ambiti in cui deve naturalmente rifuggire, essa impera. Il mediocre lo si riconosce subito: spesso è un tecnico. Il tecnico cerca di stupire o, addirittura, di umiliare l’interlocutore grattando il barattolo della competenza; poi, adescato verso pur minuscoli settori della vera conoscenza, crolla miseramente: preti che ignorano la resurrezione della carne, avvocati edaci che spalancano gli occhi di fronte a una citazione di Ulpiano, architetti e geometri all’oscuro di Arnolfo di Cambio, studenti liceali, benché cresciutelli, con una contezza assai stenta del concetto di sillogismo (“Il sillogismo è quando le cose si scambiano fra di loro”).



04 maggio 2019

Repetita iuvant (astenersi perditempo)


Castellaccio dei Monteroni, 4 maggio 2019

Cosa vantano in comune Emma Bonino e Michel Onfray?
Tutto.
Eppure sembrano militare su fronti opposti, inconciliabili.
Coincidentia oppositorum.
L’uno è divenuto, chissà perché, il cantore dei cosiddetti Gilets Jaunes, apparentemente sovranisti e nazionalisti, almeno nel loro corpus istintivo. Il Nostro, che si occupa di filosofia gaudente, parla un po’ qui e un po’ lì, di sotto e di sopra, ma, a ben guardare, se si possiedono bisturi taglienti e lenti d’ottima gradazione, egli si occupa solo d’un evento agognato: la dissoluzione dell’Occidente. Dissoluzione in cosa? In Qualcosa d’Altro.
L’altra Tizia o Pizia è, da quarant’anni almeno, una dichiarata nemica dell’Italia, cui mai ha tributato onori, ma esclusivamente disonori; europeista, cosmopolita, aperta a ogni refolo universalista, globalista, irenista in casa sua, massacratrice in casa d’altri; il suo unico scopo, ereditato dall’ormai Salmone Ottimo Massimo, Marco Pannella, è quello di dissolvere: Italia, Europa, Occidente; dissolverli in Qualcosa d’Altro.
Dissoluzione, infatti, è termine tecnico preciso (“dis-solvere”, da cui “dis-soluto”, “dis-soluzione” o “di-sciogliere”, disfare un tutto, frantumare un’unità, scompigliare ciò che è ordinato).
In realtà, la realtà sotto i vostri piedi, i vostri occhi e la vostra labile immaginazione, Michel Onfray ed Emma Bonino sono perfettamente consonanti.
La strategia funziona, ha sempre funzionato e sempre funzionerà, almeno contro le società deboli, confuse e prive di sentieri e cippi miliari a indicare la retta via.

16 dicembre 2018

Einstein on the beach


Roma, 16 dicembre 2018

Ho recentemente riletto, per merito di Massimo Fini, che l’ha riproposta, la famigerata “Lettera su Dio” di Albert Einstein.
Non intendo certo parlare della multiforme grandezza di Einstein come fisico né inoltrarmi nell’attento soppesamento delle benemerenze (gli apporti della moglie e dei predecessori) bensì esaminare un limitatissimo campo della sua azione di pensiero.
Come “politico” e “uomo dell’ordine civile”, a esempio, Einstein è, concettualmente, un mio nemico.
Egli, infatti, è un pacifista; un pacifista che vuole assicurare la pace tramite un governo mondiale:
L'unica speranza di protezione sta nell'assicurare la pace mediante organi sovranazionali … Occorre creare un governo mondiale che sia in grado di risolvere i contrasti fra le nazioni con decisioni vincolanti: un governo fondato su una costituzione non ambigua che sia approvata da tutti gli Stati e che conferisca solo ad esso la disponibilità di armi d'offesa. Si è davvero amanti della pace solo se si è disposti a cedere la propria forza militare alle autorità internazionali e a rinunciare ad ogni tentativo o addirittura ai mezzi per far valere i propri interessi con la forza”.

25 aprile 2018

Umanità al guinzaglio (Natalie Portman for President)


Roma, 25 aprile 2018

Elezioni e governo. Mai vista tanta esagitazione fra i commentatori. Ipotesi, insulti, giustificazioni, retroscena, dietrologie. Io mi limito a citare Luigi Pulci, ovvero quel famoso dialoghetto fra il gigante Morgante e lo sgraziatissimo mezzo gigante Margutte (colui che ambiva a farsi gigante intero poi, pentitosi, s’arrestò a uno stadio né carne né pesce):

Morgante:
Dimmi più oltre: io non t’ho domandato
se se’ cristiano o se se’ saracino,
o se tu credi in Cristo o in Apollino.

Margutte:
… a dirtel tosto,
io non credo più al nero ch’a l’azzurro,
ma nel cappone, o lesso o vuogli arrosto;
e credo alcuna volta anco nel burro,
nella cervogia, e quando io n’ho, nel mosto,
e molto più nell’aspro che il mangurro;
ma sopra tutto nel buon vino ho fede,
e credo che sia salvo chi gli crede …


Non luoghi e luoghi. Proprio venerdì scorso ha aperto i battenti un centro commerciale dalle mie parti. Fermata della metropolitana Valle Aurelia. Nome: Centro Commerciale Aura. L’afflusso di persone è stato travolgente: “58 negozi e un ipermercato PAM, Palestra Virgin, Mondadori Bookstore - Libreria, 13 ristoranti e bar”. L’ultimo piano è esclusivo per la gozzoviglia: piadinerie, Old Wild West, delicatessen giapponesi, botteghe del caffè, pizzerie, McDonalds’, squisitezze olandesi, rivendite internazionali di pollo fritto. La metà dei divoratori al tavolo era di origine orientale: cinesi, filippini. Nei piani sotterranei, di fronte alla libreria (bookstore!), il consueto supermercato, gigantesco. Passare lungo le sue navate, da antropologo, mi ha recato un brivido: qui non siamo in presenza di cibo: siamo in un delicato salotto dove tutto è igienicamente sublimato in porzioni simboliche. Due cingalesi sovrappeso si fanno un selfie con le confezioni di latte a lunga scadenza. I pensionati vagano assieme stupefatti e atterriti: nonostante l'abitudine, quell’epitome dell’abbondanza e della vittoria li ha storditi. Lo stile è anonimo, globalista, così come sono anonimi, nel loro generico fascino cosmopolita, i cibi, le marche, le luci, le prospettive. Ogni tanto, per ricordare che siamo in Italia, si ricorre al trucco della nostalgia: un locale si chiama “Il Pane d’una Volta”. Al netto della clientela, potremmo essere nella periferia di Parigi o Melbourne. Gli Italiani credono d’essere i protagonisti di un evento; invece rilevano esclusivamente come la molle cera d’un ennesimo esperimento.
Sono i luoghi, infatti, a determinare comportamenti e appetiti degli uomini quando essi cessano d’essere creatori; non viceversa. Gli Italiani, ormai una sterile accozzaglia di individui senza alcuna peculiarità, vengono qui plasmati quale innocua legione del futuro.

10 marzo 2018

Fascismo eterno, Democrazia eterna


Roma, 10 marzo 2018

Il fascismo eterno è un breve saggio di Umberto Eco. Come avverte la presentazione (in Cinque saggi morali), esso fu originariamente un discorso pronunciato in versione inglese a un simposio organizzato dai dipartimenti d'italiano e francese della Columbia University, il 25 aprile 1995, per celebrare la liberazione dell'Europa ... poi apparso come Eternal Fascism su The New York Review of Books (22 giugno 1995) … ed è [poi] stato tradotto su La Rivista dei Libri di luglio-agosto 1995 come Totalitarismo fuzzy e Ur-Fascismo”.
Tale breve incursione di Eco nella delicata tessitura dell’universo morale si divide, approssimativamente, in due parti. La prima consta dei suoi ricordi d’infanzia. La seconda è quella prettamente più filosofica. La prima è interessante per il giudizio psicologico su Umberto Eco; la seconda importante per comprendere il fenomeno PolCor UDW.
Riporterò alcuni passi del saggio (in corsivo) apponendo dei commenti [fra parentesi quadre].

23 settembre 2017

L'età della scimmia

San Martino al Cimino, 23 settembre 2017

Se ci fosse una immagine icastica dei nuovi tempi sarebbe la scimmia. Un dio-scimmia che si beffa del passato, parodiandolo orribilmente; un dio che fa boccacce, mostra il culo, si porta al muso sbavato un tesoro, lo deride, e se ne libera entusiasmandosi per un putipù da quattro soldi, una divinità che stupisce a fronte d'uno specchietto, mostrando le sanne alla propria effigie che non riconosce, che si lava nel brago dei propri escrementi e colleziona festoni colorati, salta e si masturba e s'eccita per un nonnulla; che imita goffamente ciò che ignora: ecco, quindi, la scimmia con le scarpe, la scimmia che balla, cilindro e bastone, la scimmia che si rade: i cachinni d'una platea stolida e schizoide la spronano a nuove imprese.

Ecco il dio a cui si tributano sacrifici oggi. E che sacrifici!

Mai strategia fu più semplice: rovesciare ruoli e gerarchie in ogni campo, tramite mezzi apparentemente innocenti: l'empatia, il progresso, l’accoglienza, l’ecumenismo. Tutti falsi.
Mai strategia fu più sottile, mascherata com'è dai buoni sentimenti e dalla propaganda più melliflua: qui sotto rileva un lavorìo di secoli, da talpe o da tarli, per liquefare le fondamenta di ciò che è più eminente.