Roma, 30 dicembre 2017
In una breve nota al suo divertimento, Lo specchio
degli enigmi, contenuto nella raccolta Altre inquisizioni, J.L. Borges scrive:
“Che cos’è un’intelligenza infinita? domanderà forse il lettore. Non c’è
teologo che non la definisca; io preferisco un esempio. I passi che muove ogni
uomo, dal giorno della sua nascita a quello della sua morte, disegnano nel
tempo un’inconcepibile figura. L’Intelligenza Divina intuisce tale figura immediatamente,
come quella degli uomini un triangolo. Quella figura (forse) ha la sua
determinata funzione nell’economia dell’universo”.
Nel Poema
congetturale si legge:
"A questo fatale pomeriggio mi ha
condotto
il labirinto molteplice di passi
che i miei giorni hanno
architettato fin da un giorno
dell'infanzia. Alla fine ho scoperto
la recondita chiave dei miei anni,
la sorte di Francisco de Laprida,
la lettera mancante, la perfetta
forma che seppe Dio fin dal
principio.
Spogliamo della teleologia i due passi. Ne consegue che solo Dio può avere contezza immediata e
luminosa del ghirigoro immane che i passi che un uomo tratteggiano lungo l’intero
corso della sua esistenza.
Dio oppure uno smartphone.