Pubblicato il 20 giugno 2015
Più di quarant’anni fa il destino dell'Europa era già segnato. Tutto scritto. Nero su bianco. Globalizzazione, annientamento della politica, della tradizione e del ruolo delle nazioni.
E condensato in poche pagine, come ama fare il potere.
Il potere, infatti, non ama le chiacchiere; stila scarne direttive da perseguire con tenacia, per decenni, a qualsiasi prezzo (a prezzo della vita di interi popoli).
A volte tali direttive affiorano in superficie; nel 1972 il destino dell’Europa (e di noi tutti) fu delineato, con chiarezza e rigore, in un discorso pubblico tenuto da Eugenio Cefis ai cadetti dell'Accademia Militare di Modena il 23 febbraio 1972 (di cui egli fece parte). È il discorso di un maestro rivolto ai propri allievi; parole di chi sa, precise e inappellabili. Un affioramento del vero potere.
Ricordiamo chi fu Eugenio Cefis: già partigiano, dopo la guerra divenne dapprima vicepresidente dell'ENI, e poi, nel 1967, presidente a pieno titolo, sostituendo Marcello Boldrini (che si era insediato nel 1962, alla morte di Enrico Mattei).
Eugenio Cefis fu molte cose: piduista della primissima ora (tanto che qualcuno lo ritiene il vero fondatore della loggia massonica), equanime finanziatore dei partiti di governo e del PCI, manipolatore dei giornali quali balocchi della propaganda, e supremo trasformatore dell'ENI da società nazionale a multinazionale attenta alle nuove esigenze filo-atlantiche.