Mi
trattengo a parlare con M. al bar sotto casa gestito dal signor Wong;
sono le 8 e 30 di una calda mattina d’estate e il termometro sullo
smartphone segna già 29 gradi. M. è un buon marito, un ottimo padre, un instancabile lavoratore, un artigiano onesto, lo conosco da quindici anni. Si
è ingrigito nel tempo, come me del resto, i nostri frammenti di dialogo
front-coffee negli anni si sono imbalsamati in grugniti, espressioni
linguistiche più contadine che urbane, ma non è la crudezza dei discorsi
che ci manca. Abbiamo entrambi il dono della
sintesi e della verità: non ci vergogniamo delle nostre condizioni di
maschi flagellati da questo postmoderno che cerca in ogni istante di
annullarci, di renderci un postpensiero, vecchi arnesi arrugginiti da
riporre in bui scantinati. Oggi è il suo turno,
vuole sfogarsi; i suoi cinquant’anni di rughe e lavoro di idraulico si
aggrumano in un ghigno a me rivolto senza nessuna affettazione… Dopo
l’ultimo sorso di nero bollente, mi fa: “Devo accettarlo, mi capisci? Lo
faccio per tenere in piedi il matrimonio … ma io e mia moglie eravamo
più felici quando non avevamo figli”.
Alle estreme periferie della società, silenziati e pressoché invisibili, ci sono bensì dei Dissidenti del Politicamente Corretto, puniti con l’irrilevanza pubblica, ma essi non sono organizzati in tendenza culturale omogenea, e ci sono poche speranze che una simile organizzazione possa avvenire presto. È anche normale che sia così. Un giovane che volesse prendere parte a questa organizzazione verrebbe immediatamente colpito con l’interdetto all’accesso al ceto politico, al circo mediatico ed al clero universitario.
Costanzo Preve
La citazione in testa a questa mia disamina, assolutamente incompleta rispetto all’argomento che mi accingo a eviscerare nelle sue linee generali, è tratta da un saggio breve sul Politicamente Corretto (PC) del compianto filosofo Costanzo Preve. In realtà, come l’autore sosteneva, si trattava di un’ introduzione a una vera analisi che poi egli non riuscì a sviluppare, anche se le sue intuizioni sono poi risultate profetiche. Mi soffermerò sulla questione non secondaria della produzione cinematografica americana che ha fatto del PC la sua tendenza culturale omogenea, imponendola e spalmandola in tutto il mondo. Preve asserisce, non a torto, che il PC nasce in USA, ed è evidente che la sua propaganda doveva passare e continua a passare attraverso il circo mediatico del quale Hollywood è la chiave di volta per potenza economica e capillarità socio-territoriale. Il PC descritto sommariamente da Preve, a mio modesto avviso, nasce subito dopo il maccartismo, movimento conservatore, anti-comunista, anti-sindacale, anti-ebraico che si proponeva di stanare ogni tipo di associativismo o cooperativismo di stampo socialista, all’interno della produzione filmica degli anni ’50 (e non solo), considerato sovversivo e antiamericano.
Traini 1. Non so nulla della vita di Luca Traini né
voglio conoscere nulla. Sull'uomo Traini, come individuo, maschera o
personaggio della cronaca nera, ognuno dovrebbe tacere. Sulla profonda
significazione che Traini, quale simbolo d'un epoca infernale, apporta
alla discussione è utile, invece, discorrere.
Traini 2. Luca
Traini non esiste. È solo un uomo perduto, senza identità, agito da
procellose forze sovra individuali; le stesse che spazzano senza requie
le terre desolate dell'Italia, dell'Europa e del mondo. Un italiano
dilaniato da ciò che, nell'essenza vera, più non comprende: un geroglifico dei tempi a venire.
Se si vuole analizzare la merda non occorre entrare in un laboratorio bensì scendere nelle fogne. Basta coi libri di testo seriosi, i trattatelli sulla moneta, le elucubrazioni noiosissime sulla Catalogna, gli andirivieni concettuali sull'Euro ... andiamo a spalare la merda. Mi hanno insegnato più Laura Boldrini e Capezzone sullo stato delle cose che viviamo che non il gradasso zerohedge.com. E così non mi sono lasciato sfuggire il saggetto di Michela Marzano: Papà, mamma e Gender. Michela Marzano, giornalista di Repubblica e Vanity Fair, filosofessa, professora ordinaria all'Université Paris Descartes (la Francia è sempre la ridotta preferita dai sessantottini di risulta), curatrice di una collana di saggi per la PUF e deputata (non da me) presso il sedicente Parlamento della sedicente Repubblica Italiana. Spala, vecchio Alceste, spala ... E io l'ho letto. Se, per un incantamento, Michela Marzano mi sedesse accanto direbbe subito: non hai capito niente!
Siamo stati poveri, pezzenti e luridi, ma siamo rimasti noi stessi.
I soldi non sono il problema, l'economia non è il problema. È l’acculturazione coatta il problema, l'indottrinamento. I soldi neanche esistono; se esistono, son solo il mezzo per distorcere l'umanità, sradicarla da ciò che è sempre stata e volgerla in barzelletta.
L’usura è usata per ridurre il vecchio ordine a un balocco in disuso, altro che ricchezza.
Dominare culturalmente reca il vero potere, e il potere, eventualmente, i soldi, la parte più evidente e meno importante tanto che i veri potenti i soldi manco se li portano appresso.
Gianni Agnelli girava (giustamente) senza portafoglio.
L’economia è il sicario della nuova etica al contrario.
Non è questione di bene o di male, bensì di sopravvivenza. La morale e l'etica nacquero per conservare, non per giudicare. Essere razzisti, avere costumi razzisti, misogini, antisemiti, omofobi significa essere sopravvissuti come italiani ai millenni. Solo un imbecille può credere che i comportamenti di un popolo obbediscano a moti reazionari o progressisti. Un popolo non è mai crudele invano, o spietato o dolce o babbeo perché, come credono su commissione i Saviano, i Mentana, i Lerner, le Gruber, vi è una sorgente favolosa di retrogradi e sciovinisti in grado di far sgorgare italiani retrogradi e sciovinisti.
Un italiano odiava certi individui o etnie o comportamenti per istinto; e quell’istinto era istinto di sopravvivenza, consolidato nel tempo.
Se obbediamo alla nostra natura conserviamo noi stessi; se la rinneghiamo in nome di una nuova etica imposta con l’inganno saremo perduti.
Si legge nel De esu carnium (Del mangiare carne) di Plutarco:
Plut I: "Io mi domando con stupore in quale circostanza e con quale disposizione spirituale l'uomo toccò per la prima volta con la bocca il sangue e sfiorò con le labbra la carne di un animale morto; e imbandendo mense di corpi morti e corrotti, diede altresì il nome di manicaretti e di delicatezze a quelle membra che poco prima muggivano e gridavano, si muovevano e vivevano. Come poté la vista tollerare il sangue di creature sgozzate, scorticate, smembrate, come riuscì l'olfatto a sopportarne il fetore? Come mai quella lordura non stornò il senso del gusto, che veniva a contatto con le piaghe di altre creature e che sorbiva umori e sieri essudati da ferite mortali?".
E quindi, poco più avanti:
Plut II: "Tuttavia, sebbene sia ormai impossibile mantenerci immuni dall'errore per la consuetudine che ci lega a esso, provando vergogna agiremo male secondo ragione. Mangeremo sì la carne, ma spinti dalla fame e non per ingordigia. Uccideremo sì un animale, ma provando per esso pietà e dolore, non usando la violenza né torturandolo".
Abbiamo qui un bell'esempio di come si esercitasse la ragione e il discorso nel vecchio ordine morale.
Nulla di troppo.
Ecco, in Plut I, il filosofo di Cheronea, erede di Empedocle e Pitagora, descrivere con orrore l'uomo che mangia carne macchiandosi di un peccato contro la natura e la vita. Il tono è alto, di quella forza assieme trattenuta e intensa che caratterizza i trattati etici dell'età classica. Solenne e perentorio, eppur sorvegliato: l'eccesso e la foga, pur se fanno il gioco di ciò in cui si crede, sono peccati anch'essi.
In PL2 lo scrittore offre apparentemente una scappatoia alle sue ferme convinzioni: l'uomo è debole, infatti, e per ciò stesso gli è difficile liberarsi dall'errore (mangiare carne impura); se cadrà in tale colpa dovrà farlo con vergogna, senza arrecare ulteriore dolore, e solo per soddisfare l'impulso della fame e non quello dell'ingordigia.
In entrambi i passi c'è tutta la razionalità e la compostezza logica del mondo classico e cristiano come l'abbiamo conosciuto sin in epoche recenti.
Poi vi fu la deformazione.
Entrambi i corni del discorso appena accennato, e che non significano semplici trincee concettuali, bensì poli dell'animo e regioni della sensibilità, subirono una dolosa forzatura, sin al grottesco.
L’astensione dalle carni sconfinò nei capricci del politicamente corretto ed ebbe a degenerare nel veganesimo a oltranza, nell’antispecismo e nel feticismo animalista; la colpa del mangiar carne si corruppe in senso opposto: caduta la vergogna (anche per la lontananza fra carnefice e vittima), residuò la gozzoviglia da supermercato, il junk food, la foia da ingurgitazione e la proliferazione chic dei programmi culinari.
Entrambi, il politicamente corretto e la crapula consumista Cracco/McDonald's, sono i nuovi corni degenerati del dilemma; o meglio, le due nuove facce malsane di un unica putrefazione: quella del capitalismo senza più lacci morali (e vergogne) che genera sia mostri capaci di ingoiare l'universo, sorta di lamprede esistenziali, sia i loro apparenti oppositori (emunti vegani, cenobiti del cavolfiore, feticisti del guinzaglio).
Se il PolCor è il braccio ideologico del capitalismo terminale, l'eccesso ne è la concrezione economica. Ambedue i fanatismi, per quanto contradditori sembrino a un primo esame, rampollano da tale unica pozza malarica. Fuor di metafora: tra le proliferanti legioni di obesi che si ingozzano di hamburger puzzolenti pur di soddisfare la coazione a ripetere d'una ingordigia malsana e fine a sé stessa, e il loro contraltare (i nuovi stiliti dei germogli di soia o gli antispecisti isterici, per cui un agnellino è pari a un neonato umano) non vi è che un saltello.
Entrambe le posizioni sono, come detto, degenerazioni dell'antico sentire, estremizzazioni, devastazioni della logica e di ciò che potremmo definire “sorgiva ragionevolezza”.
Un vegano radicale e un sacco di lardo americano sono affratellati nella parodia che scaturisce dal "troppo": ambedue sono gl’inconsapevoli araldi di una visione postmoderna nettamente antiumana, e in loro instillata.
Ci sono voluti millenni di metafisica per ammazzare Dio; poche centinaia d'anni per sfregiare l'uomo di Vitruvio leonardesco e liquidare la prudenza e la nobiltà dell'etica classica e cristiana.
Siamo divenuti talmente frettolosi, nella nostra ansia di depotenziare l'uomo, e di criminalizzare il suo passato, che non ci accorgiamo di venerare un altare vuoto: il nulla e la dissoluzione.
Qualche tempo fa vidi un cortometraggio di George Franju, Le sang des bêtes (Il sangue delle bestie, 1949). In esso il grande regista francese documenta una sua visita ai mattatoi di Parigi.
La compassione verso gli animali qui si effonde in un più vasto sentimento di pietà che deriva dalla nostra comune appartenenza all'ordine naturale; l'uomo e l'animale convivono sotto lo stesso cielo e sono parte di una creazione inscindibile: nel film ecco perciò apparire i simboli del miracolo della vita: un albero, le rondini che, libere, inseguono le segrete vie dei cieli, alcuni bambini che inscenano un girotondo, due innamorati che si baciano. È la vita che avanza, inarrestabile e caduca, con le sue repentine esplosioni di terrore e felicità. Un placido bue, un ariete o un cavallo - tutti partecipano a tale immane flusso: ed è quindi un'ingiustizia privarli sia pure di un micolo di tale gioia: Eppure occorre essere realisti; l'uomo è ciò che è, imperfetto; la sua vicenda terrena, breve e intensa, non può che errare: egli può uccidere e recare la morte: sarà la ragione a gettare la luce della verità su tali atti e imporre la vergogna e l'espiazione.
Sì, gli animali sono esseri senzienti e che patiscono. La loro morte, però, non è presa alla leggera dagli uomini che sanno. Il dolore degli innocenti avrà il risarcimento del nostro stesso dolore: dolci nell'aria, ecco i rintocchi lenti di una campana: uno due sei otto dodici: un compianto funebre che si dilata lento nel cielo parigino. Al bisogno umano di sopprimere i viventi corrisponde il lutto: "agire male secondo ragione", ma comprendere, perdonare, lenire gli eccessi della parola e dei gesti.
Franju e Plutarco si abbeverano allo stesso filo di pietà.
Sono europei dell'antico ordine: in loro mi riconosco.
Migranti visigoti. Leggo da un libro di storia delle medie, a caratteri cubitali: “LE MIGRAZIONI BARBARICHE”. E sotto: “Fra il IV e il V secolo numerose popolazioni barbariche varcano, a ondate successive, i confini dell’impero romano. Persino Roma, l’antica capitale, viene attaccata e saccheggiata due volte. L’impero d’occidente, più debole ed esposto di quello d’oriente, si avvia verso il declino”.
Faccio notare, oltre al vezzeggiativo ‘migrazioni barbariche’ in luogo del vetusto ‘invasioni barbariche’, l’uso del minuscolo per le parole ‘impero’, ‘occidente’, ‘oriente’. Ma il bello arriva ora. In verde, poco sotto: “L’idea chiave”. Ancor più sotto, in neretto: “Integrazione”. E quindi il testo: “Fra i regni nati dalla divisione dell’impero d’occidente, durano di più quelli in cui Romani e barbari si integrano fondendo le rispettive culture e vivendo pacificamente. Un esempio positivo è il regno dei Franchi”. A latere la rubrichetta “Ciak, si impara”: probabilmente i pargoli dovranno connettersi a internet e assistere a un videospettacolino PolCor: il testo, poco sotto, recita infatti: “Le migrazioni, ovvero gli spostamenti di popoli, sono un fenomeno antichissimo …”. Siamo in piena zona Boldrini.
Par di capire, insomma, che Alani, Visigoti, Alemanni, Pitti, Sassoni, Burgundi non fossero che Risorse (in maiuscolo) dell’impero (in minuscolo) invitate a una bella cooperazione culturale (un immane déjeuner) foriera di altissimi Esiti Culturali, Artistici, Urbanistici e Umani (in maiuscolo), e che la fine della latinità (in minuscolo) rilevi quale inevitabile e auspicabile evento lungo le Strade del Progresso e della Libertà della Storia (in maiuscolo, stavolta). Che l’occidente (in minuscolo) abbia cominciato a riallacciare lentamente le proprie fila culturali solo sei secoli più tardi (grazie ai testi greci e latini ritradotti dall’arabo) è una cosa che non tange gli estensori del sussidiarietto MinCulPolCor.
Vengo a sapere, peraltro (poiché sono ignorante come una zucca) che il concetto “migrazioni barbariche” riscuote già da anni un certo successo, tanto che i crucchi, sempre loro, hanno già coniato un bel termine: Völkerwanderung, ovvero “migrazioni di popoli”. Noi, certo, ancora applichiamo l’odioso sostantivo “barbari”, ma date tempo al tempo … Anche quel testo “Roma … viene attaccata e saccheggiata due volte” lo trovo sovraccarico di acrimonia, ma, anche qui, lasciamo scorrere lento il miele sotto i ponti dell’ecumenismo e della filantropia … Per l’intanto propongo, dal basso della mia modestia, un più conciliante: “Le carestie e la crescente sovrappopolazione dell’Europa del Nord e dell’Est crearono, in modo perfettamente naturale, il fenomeno dei migranti visigoti e longobardi che si riversarono pacificamente (spinti dai migranti Unni) per le strade dell’impero apportando la ricchezza della varietà culturale ai brutale retaggio imperiale romano e fondendosi irresistibilmente in una miscela di più larga e comprensiva umanità”.
De Maistre? “Dateceli dai cinque ai dieci anni: saranno nostri per sempre”.
Raspail. Sulle recenti elezioni presidenziali francesi non si può che citare, a spanne, Jean Raspail: "I Francesi di fegato? Gli ultimi sono morti in Algeria". L’eventuale vittoria della Le Pen, pur benvenuta, è solo un sassetto in una macina da mulino.
Barbie. C'è poco da dire o fare. Il primo turno l'ha vinto la Barbie del potere, l'asessuato Macron. Anch'egli un vizioso, ne sono certo. Il potere seleziona con cura i suoi pupazzi: li vuole fotogenici e ricattabili. E loro si prestano, ovviamente, sempre meglio che lavorare. Il numero di pervertiti in politica è ormai una solida maggioranza.
Sorprende, a riguardare le statuine politiche al soldo delle oligarchie, l'insulsaggine di tali figure. Personaggi che sembravano imprescindibili, buoni a riempire le prime pagine per anni, lontani dai riflettori sembrano inghiottiti dal nulla, come certe meteore pop che vissero brevi attimi di gloria e oggi svernano come casalinghe o prostituti o drogati cronici. Blair, Schroeder, Bush, lo Smutandato Clinton, Sarkozy, Zapatero. Che fine ha fatto Zapatero, l'uomo eletto col Partito Operaista Spagnolo, alfiere dei diritti dei gay e delle scimmie antropomorfe, e nuovo araldo della nuova sinistra?
Inutile sperare nella democrazia degli idioti, inutile sperare che le elezioni cambino il corso degli eventi.
La mattina ci si sveglia, sempre più estenuati e senza scopo. Si dà un'occhiata di fuori, ci si rallegra se, tra la caligine urbana, possiamo intravedere un sole malato, pallidissimo. Dopo le consuete abluzioni, il rito del caffè: non vi è più un giornale davanti alla tazzina, bensì un Ipad azzurrino: si apre qualche sito controinformativo, con scarsa voglia a dir la verità, e lo si compulsa come la casalinga di Voghera o la manager in carriera fanno con l'oroscopo. L'oroscopo favorevole, lo sanno tutti i giornalai, predispone al buonumore (e all'acquisto di altra carta); la notizia controinformativa che stuzzica le nostre velleità da rivoluzionari in poltrona stimola likes, commenti e flames. Gli altri oroscopi, quelli che predicono sventura o non sono in linea con i fucili a schioppo digitali, li si sommerge di contumelie (di solito si accusa l’autore di alcolismo o di indulgere nell’uso di droghe o di somma ignoranza su alcuni concetti che il commentatore, invece, padroneggia come un domatore di leoni avendo conseguito, vent'anni prima, una laurea specialistica proprio in quella materia lì).
I gestori dei siti di controinformazione dovrebbero allinearsi alla tendenza dei giornali femminili e far sì che ogni notizia lisci il pelo al controinformato. Zerohedge come Branko. In tal modo ognuno potrebbe così alzarsi dal tavolo del caffè mattutino convinto di aver vinto la guerra (o di essere sul punto di vincerla) contro il nemico giurato (le banche, i Rothschild, l’Euro). Tutto questo senza aver versato una sola goccia di sangue, e senza aver elargito nemmeno una botta sulla zucca a qualche cellerino. Un bel sollievo. Ci pensate?
“Gli Ebrei sono il popolo più considerevole della storia mondiale perché essi, posti davanti alla questione se essere o non essere, hanno scelto … l’essere a ogni costo: questo costo fu la falsificazione di ogni natura, di ogni naturalezza, di ogni realtà, dell’intero mondo interiore non meno che dell’esteriore. Essi si trincerano contro tutte le condizioni alle quali, fino a quel momento, a un popolo era possibile vivere, era consentito vivere: crearono, estraendola da sé stessi, un’antitesi concettuale alle condizioni naturali, – in maniera irreversibile essi hanno, nell’ordine, rovesciato la religione, il culto, la morale, la storia, la psicologia nella contraddizione ai loro valori naturali“.
Sono alcune considerazioni di Friedrich Nietzsche tratte da L’Anticristo. Il filosofo va alle radici della décadence cristiana e le ritrova nello snaturamento di valori operato dalla teologia ebraica: “Il prete svaluta, dissacra la natura …“, si inventa cioè un mondo al contrario dove l’antico ordine (di cui l’istinto vitale, la bellezza e la morale erano i fondamenti) viene sovvertito e sostituito da un nuovo ordine assolutamente irreale, antinaturale, piccino, risentito, compassionevole sino all’idiozia.
Tale décadence, inoltre è solo una recita, avverte Nietzsche, “solo un mezzo: questa specie d’uomini ha un interesse vitale nel rendere malato il genere umano e nel capovolgere in un significato esiziale per la vita e denigratorio per il mondo i concetti di ‘buono’ e ‘cattivo’, di ‘vero’ e ‘falso’ …“.
Invertire le coordinate vitali dell’esistenza: questo l’assalto al cielo tentato dalla Globalizzazione.
È l'italiano, ovviamente. In pochi decenni l'italiano, questa complessa costruzione di tre millenni, contraddittoria e feconda, multiforme e geniale, è stata vilipesa, mediocrizzata, evirata, prevaricata da una cultura non sua, stupida e vociferante.
I pochi sopravvissuti, coloro che, intimamente, si sentono ancora italiani, sono avviati, dalla consueta spietatezza dell’assolutismo PolCor, a sempre più ristrette riserve antropologiche.
Tutti sottostimano l'accelerazione di questi tempi.
È davvero sbagliato confrontare le mutazioni storiche del passato con la velocità del presente. È come vivere in un razzo sparato a velocità della luce che annienta ciò che si è stati e divora un futuro inesistente. Solo ciò che accade nel breve attimo che preserva la nostra esistenza ha valore: l'hic et nunc verrebbe da dire, ma liofilizzato, reso meschino, utilizzabile. Il cono di luce della sapienza si restringe sempre più; la memoria del pesce rosso, evocata satiricamente per significare la dimenticanza dell'uomo postmoderno è realtà: l'homo novus: un deraciné, soprattutto, slegato da affetti di sangue, da ciò che fu la sua civiltà e felice d'essere gettato nel circo godereccio dell'indifferenza.
Viviamo una rivoluzione digitale e tecnica inarrestabile. Non vi è progressione, solo uno scarto epocale. Un cambiamento di stato effettivo, dallo stato liquido a quello aereo. Dopo decenni di bollitura edonista l'Italia e gli Italiani sono pronti per l'evaporazione totale.
Mi son da poco rivisto uno degli ultimi rantoli della commediaccia all'italiana: Fracchia, la belva umana (regia di Neri Parenti, 1981).
Riassumo la trama per i quattro o cinque che non l'hanno visto: la vita del goffo impiegato Giandomenico Fracchia (Paolo Villaggio) è stravolta da un imprevisto; egli rassomiglia, come una goccia d'acqua, a un criminale folle e sanguinario soprannominato la Belva Umana (ancora Paolo Villaggio). Sulle tracce dello spietato psicopatico (con qualche problema edipico; la madre, oppressiva, è interpretata da Gigi Reder) son tutte le polizie della Repubblica: i Carabinieri, la Digos e, ovviamente, la Polizia di Stato guidata nella caccia dal Commissario Auricchio (Lino Banfi).
Le tre polizie, felicemente disorganizzate, l'una all'oscuro di ciò che fa l'altra, arrestano l'uomo sbagliato, ovvero il povero Fracchia; e lo arrestano per tre volte, sottoponendolo a perquisizioni e sevizie sempre più brutali (alla fine dovranno rilasciargli un documento per distinguerlo dalla Belva, ma servirà a poco ...).
Sento che la vita, quel trito susseguirsi di fatti a cui mi costringe la società attuale, il Conglomerato Plutocratico della Bontà e del Progresso, ha poco significato.
Riecheggio Montale: "La vita è questo scialo/di triti fatti, vano/più che crudele".
Non mi riferisco al suicidio, in tal caso, ma al tramonto di un mondo che non è più (il mio) e al sorgere di un’esistenza nuova e diversa, che mi rifiuto di godere e vivere, e da cui voglio sempre più rendermi straniero, in una sorta di romitaggio intellettuale, morale e fisico.
Ogni uomo che, in cuor suo, combatte non solo contro un nemico che odia, ma che sente quale assolutamente altro, un nemico che intende sradicare e soppiantare ex novo il suo mondo, quel mondo che donava barlumi di senso all'agire e al persistere su questa terra - questo tipo di uomo sa quando occorre appartarsi.
Egli presagisce sicuro la sconfitta, e quella sconfitta, che sa già rovinosa, non sarà una resa a chi è superiore, o un banale cedimento di territorio, e nemmeno un'onta possibile a riparare con una vendetta in un futuro più o meno prossimo.
Vi ricordate Luigi Lusi, l’ex tesoriere della Margherita?
Il birichino, dopo aver sottratto decine di milioni alle casse del partito, li aveva fatti rientrare (previo giretto in Canada) dalla finestra spalancata dello scudo fiscale, investendo, quindi, in Italia, su varî immobili. Eventuali spiccioli ebbero, invece, a confluire su un suo conto personale.
Dopo lunghe e minuziose indagini – talmente minuziose e occhiute che alcuni magistrati avranno di certo acquistato un paio d’occhiali da riposo – Lusi fu rinviato a giudizio per appropriazione indebita e condannato in primo grado a otto anni.
Dopo una meditazione claustrale presso il Santuario della Madonna dei Bisognosi (eletto a sede degli arresti domiciliari), Lusi, con la coscienza resa adamantina da tale lavacro di spiritualità, emise un proprio personale controcazzo: “Non erano nella mia disponibilità quelle somme, giammai! Ero solo una rotella nell’ingranaggio! Eseguivo gli ordini di Rutelli, Franceschini, Bianco, Letta! Sono loro le anime nere! Sono una vittima!“.
Rutelli, Franceschini, Bianco, Letta e compagnia reagirono come leoni feriti. Vergognati ladro! gli urlarono dietro.
Sbalestrati da tali rivelazioni i magistrati si chiusero in un pensoso riserbo.
Pubblicato su Pauperclass il 31 marzo 2016 Una volta la rivoluzione aveva un senso.
Gli operai, gli studenti, i salariati erano rivoluzionari.
E il padronato reazionario. Con tutti suoi lacchè: preti, militari, piccoli burocrati.
A ripensare a quei tempi (che ho vissuto di sfuggita, come calore di fiamma lontana) mi si stringe il cuore.
Ah, le belle barricate!
Una volta la rivoluzione aveva un senso!
Il padrone cattivo teneva sprezzante il sigaro fra i denti; i preti proibivano la carne; i militari spedivano al macello intere generazioni; l'ipocrita perbenismo permeava la scuola.
Bei tempi, ve lo confermo!
I pilastri della società (1), la celebre tela di Georg Grosz, riassumeva icasticamente tale plastica contrapposizione.
E poesie come queste dicevano tutto (2):
"Nelle città venni al tempo del disordine,
quando la fame regnava.
Tra gli uomini venni al tempo delle rivolte,
e mi ribellai insieme a loro ...
Andammo noi, più spesso cambiando paese che scarpe,
attraverso le guerre di classe, disperati
quando solo ingiustizia c'era, e nessuna rivolta ..."
Il sol dell'avvenire! Abbiamo mai fatto mente locale a queste parole? C'era un avvenire! Un futuro!
E le lotte corrodevano il potere.
[Il taglio dell'articolo è "da sinistra", poiché provengo da quel mondo. Sono sicuro, però, che alcuni "da destra" - maledette, inadeguate, parole! - troveranno delle consonanze con quanto andrò a scrivere]
Ci aspettano feste e Lupercali nei tempi a venire.
Le feste per i più ricchi; e i Lupercali per gli schiavi.
Per tutti si prospetta un'esistenza senza più freni.
S'infrangano gli ultimi tabù. La vita è bella.
Ci si apra a una Woodstock universale.
Maestri di cerimonia: Lady Gaga, Angelina Jolie e Hugo Boss.
L'amore sopra tutto. Se c'è amore cosa importa il resto, quell'insieme di fredde norme barbariche chiamate morale?
E la pederastia? La si sdoganerà; con cautela; e tanto amore.
D'altra parte quanti anni aveva la protagonista della storia d'amore più celebre, Giulietta? Poco più di tredici.
Scena terza dell'atto primo: Giulietta, la madre (Donna Capuleti) e la nutrice.
Tra le facezie lubriche della popolana e il contegno della madre (vuol darla in isposa al conte Paride) Shakespeare è molto esplicito.
La nutrice ricorda un episodio di undici anni prima: Giulietta era caduta e s'era fatta un bernoccolo sulla fronte. Il marito della nutrice ("era un tipo allegro, lui!"), la risolleva dicendole:
"... ehi, Giulietta, cadi sulla pancia?
Quando sarai più furba cadrai sulla schiena, eh Giulietta?"
Il potere (uso ancora tale inadeguata parola per pura convenienza letteraria) aveva un bel problema con l’Occidente. Come disinnescare un’etica e una morale millenari? Come fiaccare il senso del sacro? E codici di comportamento che vantavano le sembianze dell’eternità?
La risposta fu la stessa di sempre. Esaltare la debolezza, la minorità, la perversione; i lati repressi e laidi d’ogni essere umano; financo le sue attitudini al bislacco, al barocco, all’insano; la voglia dell’outré, del sudiciume, della sporcizia; della singolarità, dell’eccezione.
La pulsione per la malattia e l’assurdo è sempre in alternativa alla normalità, alla tradizione; e soprattutto contrasta in ogni modo l’azione, ricacciando nel solipsismo e nella rinuncia.
La bizzarria, già minoranza, è ora buona; la normalità, invece, è stupida e rappresenta il male.
L’outrè è buono, ciò che vi si oppone è malignità, cattiveria, scorrettezza.
Se prima tale esaltazione aveva bisogno di decenni e secoli per avere effetto (un lavoro da sorci), ora, con un immane apparato tecnologico a disposizione, è questione di pochi decenni.
Dobbiamo, però, puntualizzare alcuni punti; a scanso di equivoci.
Breviario del cretino ovvero: perché non ci si ribella?
Stiamo diventando un popolo di cretini?
Ne ho il sospetto.
Solo una popolazione europea di cretini può accettare lo stato attuale delle cose senza provare la voglia di menar le mani.
E cosa è accaduto di così profondo tanto da rimbambirci in tal modo?
Una immane mutazione antropologica, una frattura continentale, uno iato spaventoso; si è insinuato nel sangue un virus zombificante, favorito dal parallelo e debordante progresso tecnologico. A forza d'incoraggiare l'elemento immaginifico dell'uomo, il suo lato emozionale, uterino, isterico, vegetativo, siamo giunti al punto di rottura epocale, alla devoluzione della ragione.
Punto di rottura. 100 gradi celsius. Un attimo primo c'è l'acqua, l'attimo dopo il vapore. È ancora acqua, ma solo chimicamente.
Ed esattamente cosa si è rotto?
Rispondo: il principio di non contraddizione.
Il principio dei principî. L'architrave dell'homo occidentalis: “Non può essere che una cosa sia e non sia una certa cosa allo stesso tempo e nel medesimo rispetto”.
Esempio: Io sono più alto di Mario, qui e ora. Non posso essere più alto e più basso, allo stesso tempo, ora, nei confronti di Mario.
O sono più alto o sono più basso.
Facile, no?
Da ciò deriva il principio di identità (Io = Io; Mario = Mario) nonché l'amabile principio del terzo escluso: ogni proposizione dotata di senso può essere o vera o falsa. Ch'io sia più alto di Mario può essere o vero o falso.
Se non è zuppa è pan bagnato, e viceversa. Non ci sono ulteriori alternative: tertium non datur.
Leggi d’iniziativa popolare? Se ne strafottono (parlo del potere).
Referendum? Idem come sopra (qui a strafottersene sono pure gli italioti, ormai, stremati da decenni di prese in giro e scemenze pannelliane).
Elezioni? Lo ammetto, le elezioni potrebbero cambiar qualcosa. Se non fossero truccate, aggiungo. Truccate a rigorosa norma di legge.
Basti l’esempio delle elezioni francesi. Col maggioritario non si passa (tralascio qui, per semplicità, altri due fattori potentemente inquinanti: brogli e informazione manipolata).
E non passerà mai nessuno. Col proporzionale corretto (in senso maggioritario, ovviamente) non si passa lo stesso. Strade bloccate. Destra e sinistra, avvinghiate nel nome della NATO, escogiteranno sempre una conventio ad escludendum delle forze realmente alternative.
Il maggioritario è il simbolo dello strapotere ideologico angloamericano, e infatti …
Infatti, una volta crollata l’Unione Sovietica, il vero katechon che si opponeva allo scatenamento neocapitalista, cosa si è andati subito a escogitare? Il maggioritario, ça va sans dire, ovvero il maggioritario scaturito dal referendum che aboliva, per 3/4, il proporzionale della Guerra Fredda, quello che aveva garantito, pur fra alti e bassi, la rappresentanza di Don Camillo, Peppone, fascisti, populisti, monarchici e gauche caviar.
La propaganda occidentale e filo-Nato è potente e pervasiva, ma alquanto riconoscibile (ognuno la appelli come vuole: massonica, illuminata, postmoderna).
Quando trovate una bella signora o una ragazza carina (piacenti, empatiche) che rivendicano i diritti civili; o che denunciano l'impossibilità del godimento dei diritti civili (poiché non ancora in essere); o a cui è momentaneamente o in parte impedito il libero, liberissimo, fruire dei diritti civili (a causa di paesi canaglia o gruppi ideologici retrogradi), allora lì vi è propaganda.
Aritmetico.
Fotogenia + diritto civile impedito o negato vs stato canaglia o gruppo retrogrado = propaganda Nato (occidentale, massonica, illuminata et cetera).
La bellezza e la fotogenia sono condizioni necessarie.
Facciamola breve, a costo di sacrificare qualche dettaglio teorico.
Se c'è una bella signora a cui negano o impediscono: il divorzio, il libero concubinato, il libero amore, il libero aborto, la libera sessualità, la libertà di studio, la libertà di stampa e associazione, la libertà di emigrare dove le piace, la libertà di mettersi le calze a rete e la minigonna in chiesa, la libertà dalla famiglia tradizionale, dalla pena di morte, dalla religione, allora, siatene certi, li rivendicherà, nell'ordine, contro:
1. paesi canaglia (Iran, Russia Corea, Sudamerica …)
2. la malvagia e criminogena società patriarcale premoderna
3. società strutturate secondo un'etica forte, positiva, tradizionale (residui di cattolicesimo, Islam non connivente et cetera).