Roma, 26 novembre 2018
Leggo,
con un breve moto di sconcerto, un articolo di Maurizio Blondet
sulla vicenda di Abdul El Sahid, il quindicenne di origine marocchina
travolto (per una sfida fra amici) da un treno nella stazione di
Parabiago.
La
natura di tale sfida è ancora in discussione; le indagini,
lentissime e menefreghiste, prenderanno corpo, fra un cappuccino e
l’altro, nei prossimi mesi. Onde “appurare la verità”. La
verità o la dinamica dei fatti o il bilancino della colpa, tuttavia,
come nel caso di Desirée, qui non interessano.
Qui
importa solo la densità sociale e storica dell’episodio.
Blondet
la riconduce, minimizzando il tutto a livelli da commedia italiana
grottesca, all’italianizzazione cialtrone del ragazzo. Blondet,
infatti, è ossessionato dal cialtronismo italico e dalla italica
cialtroneria. Cialtroneria: “Il
vizio di esser trasandato o di comportarsi in modo privo di serietà
e correttezza nei rapporti umani”.
Credersi furbi, svicolare dalle regole, mancare alla parola data.
“La
perfetta integrazione di Abdul è dimostrata dal carattere
specificamente italiano che abbiamo cercato di lumeggiare in
precedenti e recenti articoli: che siamo furbi, più furbi di tutti
gli stranieri, che a noi le leggi della fisica ci fanno un baffo, i
divieti legali … sono cose ridicole che valgono per i fessi …
Bisogna riconoscere il carattere bonario, italianissimo anche questo,
di tale integrazione”,
scrive il Nostro.