Roma, 18 settembre 2024
Per comprendere il futuro ho sostituito la palla di vetro con la pubblicità delle multinazionali. Si tratta di confessioni più che di propaganda. Al sacrificando, id est: noi tutti, si mostrano gli strumenti della tortura e dell’annientamento cioè la verità. La vittima, svuotata d’ogni anelito di sopravvivenza, il volto che s’apre alla riconoscenza, approva. Approva il proprio sacrificio. Quindi il Phersu scioglie le fiere della damnatio ad bestias del condannato oppure cala il coltello di ossidiana spaccandogli il cuore. Qualcuno provvederà a sbarazzarsi dei corpi. Tutto qua.
L’ultimo consiglio per gli acquisti di Amazon Prime (Concrete jungle ovvero Giungla di cemento) dura circa un minuto, trenta secondi in Italia. Esso mostra, appunto, una prigioniera, condannata all’esecuzione capitale e però felice di esserlo.
Il video è virato su toni freddi, grigio-azzurri, depressivo-scandinavi: beninteso, di quel nord liofilizzato, anemico e anomico che oggi impone il galateo del Nulla a tutta Europa. La protagonista è una ragazzetta di circa trent’anni, viso regolare dai tratti esotici, graziosa seppur non bella, di quella leggiadria esangue che si è fatta seriale in Occidente. Ella arriva in metropolitana, sola; e sola rimarrà; è nuova alla città tentacolare, dagli opprimenti skyscrapers, straniera in una terra ostile come l’agrimensore K. ne Il castello. Entra nel cubicolo, disadorno e abbuiato; il sole pare non esistere; l’unica fonte di luce è il visore che trasmette una serie americana del 2019, Good omens, in cui un angelo e un demone di nome Crowley stringono alleanza per scongiurare l’Apocalisse e la Fine dei Tempi, e imporre, forse, una Pace Eterna; ella mangia velocemente del cibo da asporto, scongiurate formalità come tovaglie, posate e bicchieri; disfa il letto, un giaciglio mascherato da divanetto; poi le dita scivolano sul visore i-phone: ordina dei vasi, del terriccio, delle piante, a comporre una minuscola serra. La condannata, infatti, crede che le piantine, simulacro della vita che non le sarà mai concessa, allevieranno l’ansia da cubicolo in cui l’oscurità s’annida negli angoli, minacciosa, come una bestia pronta ad aggredire; poi, sollevata più che lieta, si sporge dal balconcino micragnoso: la camera allarga l’inquadratura a mostrarci i parallelepipedi grigi, consunti dal kipple metropolitano, rigati dalle colature acide di un cielo irredimibile.
Cosa notiamo qui? La pace, anzitutto, la pace eterna, entropica, le nozze fra cielo e inferno come buona novella, anzi come novella definitiva, una pietra tombale sulla vita. E poi la solitudine, inevitabile, ineliminabile, agognata, ma ritenuta, nel segreto del cuore, fonte dei più indicibili tormenti, orrenda. Il volto non tradisce questo conflitto interiore che la consuma, lento; anzi appare piacevole; ci accorgiamo, però, che solo la totale deresponsabilizzazione (lei avrà un lavoricchio nichilista e nessuna preoccupazione civile o politica) e l’assenza di retroterra storico e di gravidanze ne hanno preservato i lineamenti: che restano anonimi, seriali, come d'una neobambola Mattel.
Quale sottofondo musicale riconosceremo il Canone di Johann Pachelbel rimodulato, però, dalla scartina pansessuale Héloïse Adélaïde Letissier (Christine and the Queens). La trascinante melodia, quasi trionfale, simula un risarcimento fittizio: sì, ti do un cubicolo tetro e deprimente, ma questo in cambio di una completa de-responsabilizzazione epocale; in fondo ti ho liberata, come chiedevi!, dall’insostenibile peso d’una tradizione opprimente! Sotto un lirismo pop-barocco, quindi, si celano le sirene del disimpegno; ad accettare lo squallore, la meschinità monocolore, il nulla che risale gli eoni a nuovamente reificare l’uomo, a ridurlo a insetto d’alveare, a pietra, a microbo, a niente.
Quella ragazza avrà il coraggio di lanciarsi dall’alto per farla finita? Perché, noi pochi lo sappiamo, lei è già morta. “Uomini fummo, e or siam fatti sterpi”.
Non ha che da comprenderlo.
Prima o poi accadrà.
Una delusione, benché minuscola, magari una pianticella che muore, uno scippo sotto il palazzone in cui vegeta, l’hamburger di traverso che agevola una digestione depressiva … ai morti-in-vita basta una spintarella qualsivoglia … sono come foglie secche in autunno. Avrà il fegato di farlo? Oppure si rivolgerà alla Harpies Inc. per scivolare con dolcezza verso il nulla da cui ormai è invasa come da un cancro irrefrenabile? Sopprimere sé stessi, sì, questo sembrerà inevitabile, quotidiano, logico. Negare Dio equivale a negare la permanenza di sé stessi nel Creato; e negare, conseguentemente, il Creato stesso ci foggia quali individui fungibili, o cose, nello sterpaio infernale di un’esistenza insopportabile. Creare il Nulla da cui essere finalmente risucchiati: il capolavoro del progresso. E pensare che potrebbe essere stata felice, povera ranocchietta. Quanto amore avrebbe trovato appena più in là, dove i sortilegi e i malefici del Potere non hanno campo. Un luogo sublime e variopinto. E duro, certamente, violento, aspro, ingiusto eppure, proprio per questo, aperto alla vita, all’inesauribilità d’essa.
Se ci pensate bene è la soluzione finale. Quella vera, intendo. Persuadere al Nulla. Nessun vento di conquista, nessun conducator, niente sbraiti dal palco, nemmeno una goccia di sangue. Ci si estingue, accettandolo con una naturalezza spaventosa. Come altre volte ho affermato, il suicidio avviene sotto varie forme. La più diffusa è il vivacchiare. Si dorme, ci si sveglia, si mangia, si urina, si deiettano rifiuti solidi. Cosa residua? Ricerca di coiti e di di-vertimenti, soprattutto. I primi sono l’effetto della cancellazione della civiltà. Quando una cattedrale viene spogliata di guglie, rosoni, strombature, archi, pilastrini, volte, marcapiani, affreschi, mosaici, marmi, dipinti e stucchi cosa rimane? La brutale parodia di un edificio qualunque. Se all’amore, finemente codificato, gratti via la civiltà ti ritrovi l’accoppiamento, men che giudizioso. Che delude. E allora ci si illude di trovarne subito un altro. E poi di variarne la perversione. Sino a cadere nell’imbuto della progressione aritmetica che reca al polimorfo; alla cui sommità è il Nulla. E poi i divertimenti, per dimenticare. Il nepente dei viaggi, delle vacanze, dell’esotico, della meta inarrivabile: ghiacciai, isole, strapiombi. Per tacere dei paradisi artificiali. Il divertimento reclama il divertimento, l’importante è obliare la propria insulsaggine. Sino allo sfinimento. Si torna dai Caraibi stralunati. “Mi devo pigliare le vacanze per riposarmi dalle vacanze” è più d’una confessione. Il postmoderno è l’abiura della civiltà, il ritrovarsi nudi e meschini senza uno scopo. Si gioca online per ore, si chatta per ore, si rubano le ore alla notte per seguire un incontro di tennis e poi sonnecchiare a mezzogiorno: una delle massime perversioni al contrario che costituivano, infatti, il vanto della Milano da bere o dei vacanzieri di Ibiza, su cui Eliot vanamente ci ammonì (“Io leggo gran parte della notte/e d’inverno vado nel Sud”). E allora cosa più ragionevole di un suicidio? A meno che non arrivi un turbocancro, un proliferare incontrollato delle cellule di quel corpo che i coglioni avevano eretto a unico tempio. Un tempio brutalista, a dir la verità. Sfatto come cera al fuoco, inabile a qualsiasi sforzo, fisico e mentale. Un pezzo di carne qualsiasi che ci si illude di definire correndo insensatamente per i parchi o sollevando a ripetizione dischi da venti chilogrammi.
Persino Shylock ha rinunciato alla libbra di carne. Troppo sangue, troppa ostentazione. Si è limitato allo Spirito. Annichilito quello, Antonio gli si consegnerà mani e piedi, tutto intero, senza troppi strepiti. Felice quasi, se non che tale aggettivo sempre maschera la disperazione nel regno delle ombre del mondo al contrario.
Predire il futuro può essere suggestivo e arduo, al pari della comprensione del presente. Il passato, però, non è meno indecifrabile e ama svelarsi solo quando cambiamo il punto di prospettiva, a volte del tutto involontariamente. Solo allora una matassa inestricabile di eventi (un gomitolo di concause, direbbe Gadda) finalmente si dipana, a mostrarci senza impacci la brevilinea verità, banale.
Questa estate, doveva probabilmente essere il 13 agosto, mi son guardato - un poco distrattamente - la commemorazione televisiva di Emilio Sereni (13 agosto 1907 - 20 marzo 1977) in onda su RAI Storia.
Partigiano, scrittore, storico dell’agricoltura (a lui è dedicato un istituto tecnico su via Prenestina a Roma), dottissimo nelle lingue, anche preterite, ebreo (era fratello del sionista Enzo), comunista integrale e integerrimo.
Di Sereni poco deve importare. A rilevare sono alcuni punti della sua esistenza che, dettati con la massima innocenza nella commemorazione anzidetta, molto ci sussurrano su alcuni attuali fatterelli.
Li enumero, ognuno li legherà col filo di sutura che preferisce.
- Quale comunista e antifascista ebbe quale teatro della sua azione Parigi e Milano.
- La militanza del togliattiano Sereni fu d’acciaio; tanto che, nel 1956, si schiererà decisamente a favore della repressione sovietica dei moti d’Ungheria.
- Ricoprì il ruolo di ministro dell’Assistenza Postbellica sotto il democristiano Alcide De Gasperi; forse sarà in tale ruolo che favorirà, su suggerimento americano, il passaggio dall’assistenza ospedaliera cattolica a una laica, civile, statale.
- Quando, al principiare degli anni Cinquanta, l’amata moglie Xenia Silberberg si ammalerà gravemente egli la recherà in un’esclusiva clinica privata di Losanna, Svizzera. Vanamente.
Riassumendo:
Parigi, Milano, Losanna
De Gasperi-Togliatti
URSS-USA
Piano quinquennale socialista-clinica privata
Contradditorie frantumaglie di un disegno unico che, riassemblate col senno dell’attualità odierna, compongono sotto i nostri occhi increduli (gli “ochi nostri tenebrosi”) lo specchio delle allodole di ieri.
La Mostra del Cinema di Venezia, o meglio: La Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica è sempre meno interessata al cinema e all’arte. Non le rimane che mostrare qualche divo bietolone o un’attricetta sventrata dalla chirurgia plastica o in fase di decolorazione a opera del politicamente corretto. Anche il divismo si fa nichilista, oltreumano. Oppure? Oppure mostrare le nuove pietanze ché i soldi, a livello infimo, muovono ancora gli scantinati italiani: le cucine della dissoluzione sono in azione a tutto fornello.
Ecco, quindi, lo sformato The brutalist, a magnificare l’architetto László Tóth, altro ebreo al contrario che abbindolò il solito goy persuadendolo a finanziare edifici suicidari. Oh, che genio! Oh, che storia! Ah, che interpretazione! I micchi e i critici di regime applaudono il film, poi, durante i TG, inorridiscono di fronte alle gesta della delinquenza minorile annidata nelle periferie metropolitane: che si forma, lo sappiamo, all’ombra del cemento povero (concrete jungle) e delle forme brutaliste dei palazzi della cintura. Ah, Scampia! Ah, Bastogi! Ah, Corviale!
Prima architettano orrori, poi si lamentano se nelle crepe d’essi strisciano fuori creature orrende.
E poi la tortina di zucca del vittorioso The room next door, di Pedrito Almodovar, abile a piagnucolare su una poveretta in agonia da cancro: un tumore alla cervice uterina, stavolta. L’attrice PolCor Tilda Swinton, già ricompensata con un Oscar per un filmucolo di second’ordine, sta crepando (tumore all’utero: simbolo, forse, di una auspicata sterilità della natura femminile?); Julianne Moore, altra pedina della correttezza apocalittica, si assumerà il ruolo di accabbadora, assistendola al suicidio. Lacrime. Tante lacrime autoriali. Brave! Che bel film! Un capolavoro, glielo dico io! È giusto, perdio, è giusto! Si ponga fine alle sofferenze! Ma no, è che noi in Italia siamo governati dal Vaticano! Basta, serve una legge! Tale il tenore delle notazioni a margine; cui posso aggiungerne una personale, onde rassicurare: non preoccupatevi! Se lo mostrano, alla Mostra, è proprio ciò che hanno in animo di fare! Suicidio, eutanasia, e di massa! Un massacro di massa! Ci sarà la fila ai sarcofagi del dottor Nitschke! Non spingete, una boccata d’azoto non si nega a nessuno!
I sarcofagi suicidari del dottor Philip Nitschke … non si dica che l’Avversario è privo di umorismo macabro.
Va di moda, pare, accapigliarsi per Matteo Salvini, uno dei tanti attori della inesistente politica italiana, oggi sotto processo a Palermo per sequestro di persona. Per citare il capitano Benjamin L. Willard, accusare qualcuno di sequestro di persona (sequestro di persona! In Italia, nel 2024!) è come fare contravvenzioni per eccesso di velocità alla 500 Miglia di Indianapolis. E qui termina la mia esigua difesa del grasso Salvini. Il quale, a sua onta, ha pure registrato un video in cui, emergendo da un fondale abbuiato e vittimista, si erge a paladino della Patria (io difesi i confini della Patria …). Il tizio che ha venduto gli Italiani con tutte le scarpe stava difendendo l’Italia ... a suo dire … quando, invece, ben conscio che mai gli accadrà qualcosa di spiacevole, anzi: nulla che lo distragga di un micolo dagli agi sardanapaleschi di un’esistenza alla Nutella, non fa nient’altro che cercare di eccitare il tifo onde raccattare un pugno di voti. Voti liberaldemocratici, voti di poveri mentecatti. I quali ultimi, i mentecatti, intendo, pare che ci cadano con gusto; al pari degli antisalviniani, i più stupidi allocchi totius orbis. Insomma qui ci si divide ancora fra destra e sinistra, come se tali categorie fossero provviste di un grado ontologico effettivo e non siano dolose mascherature di naturali impulsi umani. Ognuno di noi nasce con precise complessioni fisiche e spirituali che si affinano nella comunità istituzionale di riferimento, familiare, religiosa, corporativa. Credere che le due accozzaglie di tangheri (centro destra-centrosinistra, liberali-dirigisti, progressisti-conservatori) che affollano i Parlamenti siano l’epitome di tali delicatissime inclinazioni, raffinate nei millenni, equivale a credere nei talismani antimalocchio di Màrio Pacheco do Nascimiento.
I documentari sugli animali. Più si vedono tigri in TV, meno tigri vi sono al mondo. Così per monumenti e beni storici. Sino alla fine dell’Ottocento Roma e le immediate sue campagne si costituivano quale museo e pinacoteca. Il Grand Tour di Byron, Goethe e Andersen, lasciata la Città entro le mura, godeva di un vagabondaggio estatico nei luoghi più romiti dell’agro ove riposavano resti possenti, casali riedificati su villae romane, torri medioevali, arcuazioni d’acquedotto, osterie, castelli nobiliari, mundus catacombali. Un secolo e mezzo di progresso massonico ha dilapidato un’opulenza magnifica ereditata dai millenni. Di ciò nulla resta se non qualche rudere isolato che nessuno, neanche i passacarte delle Soprintendenze, riesce più a connettere alla pristina forma urbis.
Roma da acquasantiera è divenuta portacenere, sentenziò Luigi Pirandello.
La Bellezza, perciò, si è ritirata nelle riserve, come i Dakotas o gli Shoshoni dello Utah. Ridotta alle angustie di una teca o messa sottovuoto in qualche scantinato presidiato da igrometri, delimitata da sensori di movimento. Si paga un balzello, si entra nelle rotabili obbligate ribattezzate “percorsi museali tematici”, si adocchia, si esce. Il popolicchio midcult, quello che scambia la musica per la devozione ideologica a qualche strimpellatore di RAI3, ne parlerà soddisfatto a qualche cena etnica; gli studenti non ne parleranno affatto, incapaci persino alla comprensione dei testi declinati nella lingua materna. Le Guide Ufficiali della Grande Cultura Italiana, sempre premiata dalle Cariatidi Massime della sedicente Repubblica Liberaldemocratica, si aggirano onuste di talleri e privilegi fra queste testimonianze di una civiltà che più non è. Michelangelo, Pompei, Populonia, Palazzo Farnese: non ne sanno nulla, ma chiacchierano, a colpi di ovvietà, strabuzzando gli occhi rivolti al pubblico: guardate qua! Com’è bravo là! Che magnificenza di sotto, che splendore di sopra! E il pubblico: minchia, è vero, che bello! Ma è tutto un teatrino che dura lo spazio d’un attimo. Assolto l’obbligo della meraviglia, la Grande Guida Culturale a Gettone, così come l’italianuzzo, si disinteressano a ogni cosa, volando alle Seychelles (il primo) o riprendendo ad accanirsi sui visori, a tifare, a litigare, a dissipare l’esistenza questionando su sciocchezze o masturbandosi grazie alle innumeri perversioni digitali (i secondi).
La Bellezza, nelle città, costituiva non solo l’arredo complementare al moderno, diffuso per decine di chilometri, ma sussurrava ancora all’orecchio degli abitanti di un passato che proseguiva entro le loro vene: i gesti degli Albo, dei Tarquini, delle Lucrezia e degli Acuzio si ripetevano all’ombra delle antiche città scomparse che col loro ossame sostenevano il presente.
Presto monumenti, lingue e retaggi che si credevano eterni svaniranno lentamente. Lo ius scholae, da approvare a breve nonostante le false e temporanee opposizioni, picconerà gli ultimi calcinacci, ché negri e bengalesi col Palazzo Farnese ci fanno la calce.
Lo stesso per la cucina italiana. The fork, wiki wiki eat, quattro ristoranti, bake off, dinner club, fatto in casa, cucine da incubo, be our chef, cooker girl; e poi l’insopportabile teoria di puristi, dal cacio di malga della Carnia al salume con tartufo di Norcia sin all’acciulleddi di Gallura, tutti infiocchettati e messi sotto vetro, a prezzi esorbitanti. Una farsa buona per il patriziato a venire dato che le legioni frequentano, in luogo dei quattro ristoranti, i quattro salti in padella mentre i teen non sanno friggere un uovo al tegamino. Per tacere della progressiva perdita di sapori: chi mangia più abitualmente fichi mandorle ciliegie cachi e castagne quale frutta di stagione? Meno parole, meno sapori, minore comprensione del reale. Anche questo è genocidio.
L’unico pregio di questo blog è che non invecchia troppo. L’attualità vi entra solo per confermare qualche ragionamento sub specie aeternitatis, maleche vada. O per qualche goliardata. Mai ci si impastoiò nelle guerricciole partitiche, o nella geopolitica che spiega al massimo sé stessa, o in alcuni pettegolezzi che tanto appassionano il miccame digitale. Perché qui domina il tifo, e il tifo è tutto tranne ragionamento. Scoraggiai, perciò, i partiti presi cercando di mostrare l’ineluttabilità del decorso delle democrazie rappresentative liberali, questi larghi imbuti che ogni passione e anelito accolgono per svuotarlo nella cisterna del pensiero unico. A volte m’infangai rimestando in qualche trogolo ove galleggiavano figuranti minori come gli attori parlamentari. E sapete perché? Perché la cinghia di trasmissione del potere ha comunque bisogno di queste scartine. Se un latifondista desidera alcune terre, briga per farle amministrare da rubagalline prezzolati che presto le recheranno alla rovina abbassando il prezzo e favorendo una compravendita senza sforzi. Se Amazon (per riprendere l’esempio) vuole investire nell’umanità da cubicolo prossimo venturo, il rubagalline di turno dovrà favorire questo decorso: magari con un leggina ad hoc sull’abitabilità locali da gnomi spacciata per astuta liberalizzazione e concessione ai padroncini. Il micco mangia l’esca, l’amo e il galleggiante aprendo le porte Scee al nemico, more solito. I rubagalline servono, come la serva di Totò. Anche qui fallì il vate Alberto Bagnai quando sentenziò: a cosa serve parlare di piccola politica, dell’onestà politica addirittura! Qui occorre rimuginare sugli squilibri macroeconomici! Sull’Europa! Sulla Germania che ci schiaccia! E invece tutti servono, anche gli gnomi del Senato e della Camera, il piccolo patriziato dei Comuni, delle Provincie e delle Regioni, tutti, poiché tutti al servizio dello stesso padrone. “Ci vuole un governo mondiale”, cicala uno; e un altro: “Nessuno può vincere questa guerra [russo-ucraina]” oppure “Nessuno ha mai detto che l’Ucraina potesse vincere questa guerra”. Tre dichiarazioni, tutte vere, da figurine di quinta fila dell’Ordine Unico Mondiale. E però son utili per avverare l’Ordine Unico Mondiale. E più stupidi, avidi, ottusi, inetti, marci sono, meglio è per l’Ordine Unico Mondiale.
Può darsi che i rubagalline neanche si accorgano di dirla, la verità. A esempio, che il conflitto russo-ucraino ha il compito di distruggere la Russia, di cui fa parte l’Ucraina, e di uccidere quanto più russi possibili. Una bazza per la Monarchia Universale poiché i massacri insensati, aizzati e inscenati contro la natura stessa dei popoli, sfiancano i popoli stessi. Dopo il milione di morti della Prima Guerra, dopo i cento tradimenti, l’Italia non è stata più la stessa. Si acconciò, quindi, a essere qualsiasi cosa, agita come un pupazzo da teatrino. Il 1940-43, infarcito anch’esso di tradimenti, fu un colpo di grazia più che una reazione. Il sangue versato contro natura si paga. E così accadrà per i residui fortilizi spirituali: Gerusalemme e la Persia, ormai istradati alla vicendevole devastazione. Anche loro per mezzo di statisti? Macché, di rubagalline. Venduti, fanatici, citrulli, laidi: perfetti, quindi, un po’ come la carta di identità di Mohamed Atta rinvenuta sotto le migliaia di tonnellate dei fumanti detriti delle Twin Towers. Dopo non rimarrà nulla.
La civiltà umana procede dappertutto allo stesso modo. Si forma preservando l’istituzione, qualunque essa sia. L’istituzione, a sua volta, preserva chi vi si affida poiché ne fa parte ab immemorabili. Improvvisamente un’impurità o uno scarto o un ribelle mettono a rischio tale costruzione; che reagisce, duramente, e prende a occultare ferita e cicatrice con una forma più bella. Tale l’azione dell’ostrica: una scoria imprevista, o un parassita o addirittura un malfunzionamento che mettono a rischio la vita del mollusco; la reazione al pericolo o alla malattia consiste nell’avvolgere continuamente l’intruso in una serie di sfoglie di madreperla; sanare l’imprevisto equivale a renderlo più bello, accettabile. Questa la civiltà. Quando il moto di sopravvivenza è stato sconfitto, dalla perfezione sferica della perla si è andati a ritroso, sino al pericolo e alla malattia; e alla scoria, dilavando quella pellicola mirabile che la occultava alla nostra vista. La moderna psicologia, la critica, l’erosione costante della pellicola sovrannaturale ci hanno resi, perciò, in-civili. Ci dibattiamo nella spazzatura morale e interiore, nelle scorie, cancerosi, privi di vitalità, disseccati. Ciò che si riteneva un “di più” era, in realtà, l’essenza madreperlacea che ci teneva in vita poiché la giustificava. La Bellezza, al solito, era indizio di Verità. Fermati, sei bello!, il grido di Faust, si rivela qui intimamente. Bello, giusto e, quindi, vero, di una verità che poteva fare a meno delle disquisizioni su sé stessa. E però … come arginare le rivendicazioni degli omiciattoli? Il crollo delle aristocrazie ha consegnato democraticamente intere plaghe dello Spirito a perfetti degenerati. Oggi si assiste al loro trionfo. Essi irrompono a legiferare sul Nulla, richiedendo incessantemente il Nulla, spacciato per eguaglianza e progresso. Il mondo al contrario dilaga sino a coincidere coll’intera realtà oggettiva e psicologica. Sbriciolate le mura, profanati i templi e i calici della vita, i colori più vivi sbiadiscono, sino alla scialbatura più estreme, al suicidio.
Leggo dal quarto volume della Storia confidenziale della letteratura italiana, di Giampaolo Dossena: “Dicendo poi concordanze si indica il repertorio alfabetico delle parole di un'opera, o di più opere di un autore, con indicazione dei luoghi relativi (per il Canzoniere di Francesco Petrarca, il numero della poesia e del verso) ... Oggi è meno difficile di una volta trovare concordanze ... Se, anziché una vecchia macchina da scrivere, usate un computer con un programma di scrittura decente, avete in casa le concordanze di quanto venite scrivendo. Io non ho ancora fatto il salto, ma ho visto amici miei che scrivono romanzi gialli schiacciare un tasto, e salta fuori l'elenco delle volte in cui è stato scritto per esempio 'Eugenio'; schiacciando un altro tasto tutti gli 'Eugenio' possono diventare 'Eduardo', se così si è deciso.
Queste diavolerie progrediscono con una velocità alla quale alcuni non credono. Da quando abbiamo a disposizione il CD ROM intitolato ‘La letteratura italiana’ ... si possono fare più cose di quante uno sinora abbia potuto immaginare. Se ne scopriranno delle belle, se non arriva la fine del mondo”.
Dossena scrive queste cose nel 1994, o poco prima. Apprezzerete la naiveté con cui vengono accolte le prime commistioni fra studi umanistici e personal computer: le “diavolerie” che promettono chissà quali progressi, ancora una volta …
Cominciamo subito col dire che questa operina divulgativa è stata la miglior cosa mai scritta da decenni sulla oramai dimenticata letteratura italiana. Dossena ama sovvertire qualche gerarchia acquisita nelle scuole, mal sopporta le triadi che fanno di erbe di diversa qualità un unico fascio (Dante-Petrarca-Boccaccio, a esempio), va a pescare nelle province, gode dell’espressività dei dialetti, della cosiddetta letteratura minore, si appassiona alla antica topografia delle città. Distingue, scruta, giudica, valorizza, depreca.
Il computer applicato alle concordanze gli sembra buona cosa: “Se ne scopriranno delle belle”, egli dice; pur se aggiunge, col sesto senso della diffidenza che non l’abbandona: “Se non arriva la fine del mondo”.
Ma la fine del mondo è arrivata, pur diversa da quella che supponeva.
E come sempre, assai differente da quella hollywoodiana, assordante di esplosioni. Un a-sofa-lipse now. Un lento impigrirsi, un disfacimento casual; sino al crollo verticale nell’inazione. Un impudente chissenefrega. Sguaiato, compiaciuto.
No, il computer non c’ha fatto compiere progressi, il digitale, invece, ci ha liquidati del tutto.
Per un motivo assai semplice: quando allontani la materia dalla mano e dalla mente delegandola a Qualcosa d’Altro, quell’oggetto di studio che tanto amavi si allontana lentamente e irreversibilmente da te sino a costituirsi quale estraneo. Le concordanze con l’ausilio del PC potevano forse interessare i primi studiosi, ancora imbevuti di fuoco sacro; per quelli della Generation Z saranno un compitino come un altro, ammesso che ne ve siano di studenti e ricercatori in un prossimo futuro. Già oggi gliene frega poco e nulla poiché si è vaporizzata la passione che sempre si nutre dei cinque sensi: la familiarità fisica con il libro, la ricerca nelle biblioteche e negli archivi, i rapporti personali con gli insegnanti, la lezione, l’appunto scritto e rielaborato. Di tale mondo non rimangono, oggi, che alcuni monconi utili solo per la residua autoreferenzialità accademica e la forsennata ansia di pubblicazioni: monografie, saggetti, tesine. L’università s’è tramutata in una organizzazione a disinteressare irta di pdf, mail, curricula e powerpoint riuscendo a far odiare la materia stessa che si è scelta per inclinazione e affinità. Un poveretto esce quasi sempre stremato dal ciclo di studi; e se, per avventura, vuole perseverare, traverso master e dottorati, maturerà un vero e proprio disgusto verso ciò che amava e ch’egli ha visto scomparire gradualmente lasciando luogo a un doppelganger burocratico-digitale: incorporeo, respingente, alieno; da sfruttare per salire i gradi del cursus disonorum, ma di cui, smiagolata la pristina devozione, non importa più nulla.
A proposito della “fine del mondo” (leggi: finis Italiae), ancora Dossena, poche pagine più in là, basandosi su una ricerca dello statistico Antonio Golini, afferma: “Se la implosione demografica dovesse proseguire, prima del 2150 non ci saranno più Italiani, il che forse potrebbe essere un bene. Per quello che riguarda autore e lettori della presente storia, sempre che non arrivi la fine del mondo, l’Italiano sarà una lingua morta … le lingue e le culture muoiono, è una lingua morta il latino, sarà lingua morta anche l’Italiano”. Poi cita un “grande italianista”, il quale afferma: “Ormai ci si accosta a Petrarca e all’Ariosto come a Platone o a Menandro … Per un giovane d’oggi [1994] è altrettanto difficile leggere un Cavalcanti quanto un Bacchelli”.
Sono parole con cui potrei essere anche d’accordo se non per due punti. Il primo: non dovremo aspettare il 2150 e nemmeno il 2050; anzi, nel 1994, anno in cui vengono pubblicate tali parole, gli Italiani già non esistevano più, almeno quali punti di riferimento di una koiné culturale di livello europeo. La finis Italiae era fra noi. Il secondo: l’equivoco fra numero e aristocrazia intellettuale. L’Italiano, chiamiamolo così, per poter produrre opere degne dell’eternità dovette costituirsi in aristocrazia; e l’aristocrazia, per tramandarsi o essere compresa, ebbe sempre bisogno di educatori e alunni, maestri di bottega e allievi. Non è, quindi, un fenomeno inevitabile la decadenza e la scomparsa di una lingua e di un gusto, ma un sentiero che si è decisi a imboccare. Quando si abolisce la terza pagina, o vengono chiamati alle armi critiche un gruppo di sbandati casual, quando la scuola e le università statuiscono di "non" selezionare, quando cinema, teatro, ricerca storica e archeologica, sono finanziati direttamente dallo Stato (leggi: dai partiti) al fine di creare una cricca di obbedienti parassiti senz’arte né parte - allora siamo di fronte alla resa indecorosa allo Spirito dei Tempi.
“Non ci saranno più Italiani, il che forse potrebbe essere un bene”. Tale affermazione una volta mi avrebbe scandalizzato. Una volta.
Così Ernst Jünger nell’incipit di Oltre la linea: “Nei passaggi iniziali della Volontà di potenza Nietzsche definisce se stesso come ‘il primo perfetto nichilista d’Europa, che però ha già vissuto in sé fino in fondo il nichilismo stesso — che lo ha dietro di sé, sotto di sé, fuori di sé’. Subito dopo egli osserva che nella sua opera si annuncerebbe già un contromovimento che ‘in un qualche futuro’ prenderà il posto di quel perfetto nichilismo, benché lo presupponga come sua necessaria premessa. Anche se dal loro concepimento sono passati più di sessant’anni, questi pensieri continuano ad agire su di noi come uno stimolo, come proposizioni che hanno a che fare con il nostro destino. Nel frattempo si sono riempiti di sostanza, di vita vissuta, di azioni e di dolori. L’avventura intellettuale ha trovato conferma e si è replicata nella realtà.
Se rivolgiamo lo sguardo a quella dichiarazione dal punto di vista a cui ci siamo innalzati, sembra che in essa si esprima un ottimismo sconosciuto ad osservatori successivi. Il nichilismo non è visto come conclusione, ma piuttosto come fase di un processo spirituale che lo comprende in sé; una fase che non solo la civiltà nel suo corso storico, ma anche l’individuo nella sua esistenza personale può superare ed esaurire in sé medesimo, o magari coprire di nuova pelle come una cicatrice”.
Nietzsche, ovviamente, sbagliava. Assieme a chiunque avesse tale speranza. Il nichilismo non è un momento dello Spirito, è necessariamente la fine della pista, la putrefazione o corificazione irreversibile dello Spirito e della civiltà. Per tale banale considerazione: non ho mai visto la viltà risalire la corrente dei secoli e ridivenire la “gran bontà de’ cavallieri antiqui”; o le sciroppose scolature dell’action painting risolversi nella grazia definitiva del Parmigianino; e nemmeno le frittate ricomporsi nelle uova.
Accade l’esatto contrario.
Solo a confrontare un Italiano di mezzo secolo fa siamo presi dalle vertigini. Sebbene fosse già coniato in una materia vile, quest’uomo osava addirittura opporsi! Riparava automobili e biciclette, si sposava, aveva figli, sapeva coltivare persino le zucchine. In pieno 2024 si espellono dagli uteri sempre più stanchi delle Italiane dei poveri esserini ben presto fiaccati e castrati dai norcini del bene … si cammina, si parla e, soprattutto, si scrive con circospezione, per timore di offendere qualcuno o qualcosa. Un cane, un uranista, un congolese o una delle innumeri entità teriomorfe prodotte dal diritto universale usurario … Che il dibattito politico supremo della presunta e sedicente maggior democrazia liberale del mondo verta su gatti, cani e haitiani la dice lunga sulle preoccupazioni etiche dell’omarino attuale … d’altra parte fu addomesticato per questo, sin dalle fasce … in luogo della carità e dell’agape abbiamo le lacrime per Fido, Rover e Miomiao, incolpevoli oggetti delle attenzioni morbose dell’umanità più randagia e rognosa. Gli omettini postmoderni rimangono sempre perplessi di fronte all’esiguo spazio dedicato dalle maggiori civiltà che formarono l’Italia verso gli animali domestici … per quanto compulsino buccheri, pitture murali e bassorilievi non si rinvengono raffigurazioni significative dei tesorucci … ben altro occupava la mente dei ragazzoni italici, greci o etruschi. La guerra, la celebrazione del valore e del sacrificio, la musica e la danza, la magnificenza come testimonianza della grandezza della gens, soprattutto la memoria … che nulla del passato andasse perduto.
Narra Plinio (Nat. Hist. XXXV, 2): “I ritratti che si potevano vedere negli atrii degli antenati … erano volti modellati in cera che venivano disposti in ordine in singole nicchie per avere immagini che accompagnassero i funerali gentilizi e a ogni nuovo morto era sempre presente la folla dei familiari vissuti in ogni tempo prima di lui … gli alberi genealogici si allargavano con le loro linee ramificate conducenti ai singoli ritratti dipinti … neanche al compratore era consentito staccarle, cosicché le case continuavano eternamente a trionfare anche mutando i padroni”. Aggiunge Polibio (Storie, VI, 53): “Dopo la sepoltura e le cerimonie di rito, l'immagine del morto viene posta nel luogo più in vista della casa, in un sacrario di legno. L'immagine è una maschera di cera molto somigliante al defunto nelle sembianze e nel colorito. In occasione dei sacrifici pubblici i Romani espongono queste immagini e le onorano solennemente; quando muore qualche altro personaggio illustre della famiglia, le fanno partecipare alle esequie ricoprendone persone simili al morto nella statura e in tutta la taglia del corpo … Non è possibile per un giovane dabbene e amante della fama assistere a uno spettacolo più nobile e splendido di questo; quale infatti potrebbe essere più bello del vedere tutte insieme, quasi vive e spiranti, le immagini degli uomini che hanno ottenuto fama col loro valore? Quale visione potrebbe essere più alta?”.
Fingiamo nella mente queste scene, assolutamente grandiose. Intere mura occupate dai volti di cera degli antenati collegati a formare una genealogia impressionante; oppure processioni funebri in cui i morti più insigni ritornavano in vita im-personati dagli elementi delle generazioni più giovani: a formare, plasticamente, di fronte alla Città, l’evidenza assoluta e orgogliosa della stirpe.
"Persona" (lat.) dall'etrusco "Phersu", maschera. Personaggio (dal volto travisato) col ruolo di carnefice nei ludi gladiatori funebri. In evidenza soprattutto nella Tomba degli Àuguri, presso la necropoli di Tarquinia.
Nella fase ascendente d’una civiltà un essere umano non è mai solo. Egli rileva quale particola di un qualcosa di eternamente vivo, in cui i morti sono venerati nella loro grandezza e quali ombre ammonitrici. Siamo con voi, essi sussurrano; siate degni di noi, intimano; solo a tal prezzo potrete ambire all’eternità.
Da ciò seguivano l’eroismo, l’onta e la passione civile.
L’attacco alle formalità funebri da parte del Nuovo Potere vuole, perciò, ridurre ad unum. La cremazione casual, l’abolizione del compianto cimiteriale e persino della comune commemorazione, sostituita gradatamente da Halloween, hanno quale mira l’abolizione della memoria delle gentes; oltre alla meschina esaltazione del corpo quale unico patrimonio: fardello da cui liberarsi, quindi, allorché risulti meno efficiente o più non serva all’edonismo spicciolo. Una reductio all’hic et nunc che fa pendant con tutte le pagliacciate americane (leggi: universali) sull’adolescente che se ne va al campus e, quindi, si rende “indipendente” dalla famiglia; sul lavoro zingaresco e mai stanziale (devi essere pronto a sfruttare ogni occasione, ne lasci uno a Firenze e ne trovi un altro a Palermo!); sulla svalutazione della proprietà e dell’istituzione; sulla flessibilità continua come unica e auspicabile forma di esistenza. Truffe su cui hanno battuto per decenni giornali, TV e opinionisti prezzolati.
Sorella Morte, rettamente intesa, è, invece, fonte di vita. Per questo tale immane regione psicologica infonde ancora paura al Potere che briga per espellerla definitivamente dal Nuovo Spirito dei Tempi.
Il compianto dei vivi è il risarcimento dalla morte.
Scrive Emily Dickinson:
Questa polvere quieta fu signori e fu dame,
e giovani e fanciulle
fu riso, arte e sospiro
e bei vestiti e riccioli
E questo inerte luogo fu la dimora estiva
dove api e fiori
il loro ciclo orientale compirono,
poi anch'essi ebbero fine.
Un ciclo ne apre un altro, con fare inesausto, perché inesauribile è la Vita; Essa crea e rinnova non solo i corpi, bensì gli entusiasmi, il valore, la forza. Reprimere tale impeto, a rinchiuderlo in un bozzolo disseccato, questo ciò che si trama.
Inutile cercare dirette cause del disastro. Circoscrivibili. Il Potere si è affinato, non agisce in tal modo. Esso si limita a cambiare i fondali dell’esistenza. Laddove lo sguardo e la mente può arrivare - lì è immancabilmente presente l’innaturale. Il progetto è totalitario, non si sfugge. Serie TV, dichiarazioni giornalistiche, social, recensioni. Anche le apparenti oasi sono sature di parodie della normalità. Il presunto ribelle si specchia nel conformista. La costruzione di un nuovo e onnipresente ordine innaturale (fisico, tangibile) induce lentamente alla trasformazione degli impulsi atavici, dell’immaginario umano. Senza prediche, persecuzioni, vere e proprie pressioni. Come in Deserto d'acqua di Ballard l'ambiente induce alla mutazione dell'interiorità: "Si crede di agire; in realtà si è agiti dai fondali psicostorici dipinti dal sabba dei persuasori occulti". La continua deformazione del reale costringe l'anima a torsioni mostruose.
I recenti e cruenti avvenimenti di cronaca nera (Moussa Sangare, Paderno Dugnano) correvano il rischio di recare qualche com-mozione al popolicchio residuo, oramai mummificato psicologicamente in una sorta di afefobia cui ripugna l’analisi veridica del reale. Per tamponare, quindi, l’eventuale ondata di indignazione (che non ci sarebbe comunque stata, ci tengo a dirlo) sono state mobilitate alcune ragazze coccodé, sedicenti criminologhe, a ricondurre sotto l’ombrello politicamente corretto tali malinconici eventi. Ben tre (3) diverse in due serate di telegiornale, addirittura. Un pastone da assistenti sociali da discount con tocchi di femminismo generico-piagnone e languida nostalgia dei valori (vaga e lacrimosa anch’essa). Un temino da liceali anni Ottanta, non troppo svegli, buttato giù furbescamente giusto per scantonare un benevolo 6; peraltro ipocrita perché i cosiddetti valori li hanno azzerati proprio loro. Non è mancato, poi, il presbitero da cerimonia. A proposito del triplice omicida: “Ho trovato un ragazzo fragile … con un dolore profondo dentro di sé”.
E pensare che l’Italia aveva i migliori psicologi del mondo. I Padri della Chiesa, memori della Classicità, avevano definito la psyché con lucidità impressionante e, soprattutto, prescritto i rimedi alle sue eventuali malattie. Quei rimedi che, oggi, sono derisi quale eredità patriarcale. E così ci ritroviamo gli sradicati, i déracinées, gli smagnetizzati, senza Patria e verso, senza passato e direzione. E questi impazziscono, improvvisamente, come in uno shooter da PC. Sono atti di sangue vissuti senza emozione, privi di passione. Ci si aziona come sotto ipnosi, a uno schiocco di dita fatali, inudibili a chiunque, a cercare di possedere vanamente ciò che non è più possibile rinvenire in sé stessi.
Titolo d’una gazzetta sedicente alternativa: “Tony Effe vince in amore con Giulia De Lellis e tra i tormentoni con 'Sesso e Samba'. Le radio sposano Annalisa e Tananai, ma la guastafeste è Anna”.
Incredibile come si voglia ancora fare affidamento sui social per l’azione. Cosa si spera, di com-muovere il popolo? Ma il popolo non intende com-muoversi, gli piace stare sul divano a mangiare e bere merda. Si sottovaluta pericolosamente il consenso all’inazione. E un punto fondamentale: il panino del fast food, appiccicoso di neoformaggi squagliaticci e senapi purulente, spancottato, laido di umori irriferibili, di cui si rintracciano avidamente le briciole macchiate nei piatti di plastica, il boccone migliore!, a ingoiarle sino all’ultima mica, proprio quello è l’oggetto del desiderio. Non comprendere l’apostasia verso il peggio equivale a ignorare come funziona la macchina psicologica della dissoluzione.
Perch’ì’ no spero di tornar giammai
ballatetta, in Toscana …
tu senti, ballatetta, che la morte
mi stringe sì, che vita m’abbandona
Si tratta di una delle liriche più note del Duecento italiano e, perciò, dell’intera nostra letteratura. Guido Cavalcanti è fuori della sua patria, Firenze, e dispera di tornarvi. Per tale motivo, di lontano, manda alla donna amata questa sua piccola ballata avvertendola di non mischiarsi alle maldicenze dei nemici che potrebbero travisarla. Dove si trovava Cavalcanti in quel momento? Alcuni dicono in Francia, altri a Santiago di Compostela, in pellegrinaggio, talaltri a Sarzana, in esilio, luogo ove trovò la morte il 29 agosto del 1300. Gianfranco Contini esclude tale ultima ipotesi; le notazioni sulla propria imminente fine, infatti, le riconduce alla personale poetica d’amore. Per Guido, infatti, l’amore non corrisposto reifica l’uomo annientandone l’anima sensitiva e vegetativa: in quel momento egli è un morto-in-vita, uno zombi:
Tu m’hai sì piena di dolor la mente,
che l’anima si briga di partire …
I’ vo come colui ch’è fuor di vita,
che pare, a chi lo sguarda, ch’omo sia
fatto di rame o di pietra o di legno
Un automa, insomma, cui non soccorre l’intelletto che può solo assistere a tale accesso di nerissima malinconia.
Più di seicento anni dopo Thomas Eliot, però, compone Ash Wednesday (Mercoledì delle Ceneri) in cui il verso iniziale (Because I do not hope to turn again) intesse simbolicamente l’intero poemetto.
Eliot l’intende nella forma espressiva più immediata e naturale: il testamento d’un uomo in fin di vita, scosso dalle febbri malariche, lontano dal luogo natale e dall’amata.
No, Guido più non rivedrà Firenze, né la sua donna.
Come lui anche noi stiamo morendo nei pressi di Sarzana.
Perché davvero in esilio, che lo si voglia o no, con la sensazione che mai potremo riguadagnare la Patria, la libertà e l’amore.
Siamo cenere, ciò che resta di un vasto rogo d’epoche, l’impalpabile cenere su cui avanzano gli invasori. La cenere è simbolo della caduta e della sconfitta, ma ci ricorda umilmente la sabbia, la polvere, la materia povera e indeterminata da cui prese forma questo mondo.
Perché il nostro compito non consiste nel salvare ciò che non può essere più salvato bensì di ricordare, e pensare oltre.
Ma chi, fra noi, avrà il genio e la forza di scrivere una poesia che tramandi il nostro ricordo, il calco di cera di ciò che siamo stati?
La pubblicità dell' America's cup si apre con una bella ragazza che, seduta sul davanzale di una finestra sul mare, le gambe serrate - stupore ! - senza un tatuaggio - stupore ! - legge un libro - stupore ! -
RispondiEliminaSpes contra dissolutionem
Sandro, Ingenuus
Sarà la nipote dello skipper cui arriderà a better tomorrow ...
EliminaSai chi erano i peggiori (per i prigionieri) Kapò dei campi di concentramento? Donne ebree.
RispondiEliminaL’imperatore Claudio, con rigore giuridico, li chiamò “Inimici Generis Humani” quando li cacciò da Roma. A Firenze i compagni ne hanno eletta una come sindaca.
Quasi tutti i partiti, per quanto corrotti, talvolta per sbaglio fanno una cosa giusta (anche un orologio rotto, in fondo, due volte al giorno segna l'ora corretta). Eppure c'è un partito che riesce sistematicamente a fare la cosa sbagliata. C'è un partito che più di tutti è asservito ai "nasoni". Quel partito è il PD. Perchè loro riescono ad eccellere in questa competizione luciferina verso il degrado più totale? Da cosa dipende?
Perché provengono dall'obbedienza sovietica. Ora, senza sovietici, gli è rimasta l'obbedienza. Guareschi li prese in giro ferocemente per questo loro minuscolo fanatismo.
EliminaIo ci sto morendo davvero; la sarzanese ha smesso di volermi baciare.
RispondiEliminaQuindi siamo siamo in due della zona a leggere questo blog, ottimo.
EliminaGrazie Alceste, credo sia uno dei pezzi più belli che hai scritto! Ormai il mondo è dominato dalla tecnica, la tecnologia ci soffoca, abbiamo completamento perso la bussola dell'esistenza. Sto leggendo "L'uomo contro l'umano" di Gabriel Marcel, già nel dopoguerra aveva previsto tutto, la perdita di spiritualità e d'identità in nome di unità e uguaglianza. Come hai scritto qui, non siamo più in grado di avvitare una vite o di coltivare una zucchina ma ci sarà un tutorial video di 4 ore che correrà in nostro aiuto! Poi arrivano altri video consigliati, tecniche speciali, errori da non fare, etc; quando hai tirato le fila è già passato il momento di piantare e ti tocca aspettare l'anno dopo. Ovviamente nessuno più di persona riesce a consigliarti perchè nessuno più sa da dove magicamente vengono le verdure che mangiamo. Mi ricorderò sempre un aneddoto successo alle scuole elementari, ormai 35 anni fa, il maestro ci chiese di disegnare un pollo e più della metà degli alunni non disegnarono l'animale vivo ma il pollo spennato del supermercato! A posteriori è stato un segnale allarmante dei tempi che viviamo.
RispondiEliminaPer non parlare dei podcast, ormai miniere della Verità, basta il primo imbecille che prende in mano un microfono per sparare sentenze su ogni cosa. I libri? A cosa servono? Sono ormai preistoria, si ignora totalmente che qualcuno prima di noi, secoli fa, aveva capito e previsto tutto, sollevando problemi e stimolando il pensiero individuale ma ovviamente in pochi hanno colto il messaggio e ne vediamo le conseguenze.
Chiudo con una citazione di Gomez Davila (che so che apprezzi):
"L’enciclopedia scientifica crescerà all’infinito, ma sulla natura stessa dell’universo non insegnerà mai nulla di differente da ciò che insegnano i suoi postulati epistemologici".
C'è anche da dire che il "Sistema" aiuta parecchio a rendersi inetti. Prova ad aprire il cofano d'un auto qualsiasi e dimmi cosa puoi fare ... Sui libri ho combattuto battaglie feroci e però c'è poco da fare, stanno lentamente scomparendo. Assieme a loro svanisce anche l'istruzione, però. SI esce diplomati e semianalfabeti. In tal senso: si ignorano completamente intere regioni dello Spirito, della Storia, della Vita ... e pure il 98% del vocabolario, a parte la gergalità tecnica.
EliminaVerissimo, c'è un che di funereo in quella pubblicità. Ed è incredibile il finale, con la ragazza che si affaccia da quella specie di alveare di cemento e noi, per dirla con Camus, "dobbiamo pensarla felice". Dove il "dobbiamo" qui è particolarmente prescrittivo, è quasi un comandamento. Anzi lo è. Inoltre riguardo al pluriomicidio di Paderno Dugnano, il modo in cui i media lo stanno trattando è... oserei dire... particolare. Mentre per Turetta è scattata la damnatio eterna, tanto che se anche lo condannassero alla ghigliottina, mezza Italia salterebbe su a dire che è ancora troppo poco, per il ragazzo di Paderno c'è una specie di tacito laissez faire, come se i malthusiani che stanno nelle vere stanze dei bottoni volessero far passare l'idea che pur di creare l'Uomo Nuovo del futuro, completamente sradicato da qualsiasi retaggio di famiglia, tradizione, cultura, alla fine il patricidio e matricidio è quasi qualcosa che ci si aspetta.
RispondiEliminaAntigone
Anche la tizia che ha pugnalato a morte il compagno pare che se la passi benino. Si chiama creazione fattuale del diritto ... una volta prerogativa degli antichi re. Se la cantano e se la suonano a modo loro, assecondando lo Spirito dei Tempi. Lo Spirito della Legge, invece, lo pongono nell'umido, i traditori della Patria.
EliminaMa credete veramente che questi fatti di cronaca nera siano accaduti realmente?
EliminaPerché dovrebbero inventarli? Troppo scomodo. La tecnica è sempre quella: ingigantire fatti ed eventi altrimenti trascurabili. Il COVID, storia recente, ammaestra in questo: l'influenza stagionale, debitamente amplificata, con qualche protocollo mortifero, è bastata a montare l'isteria generale. I decenni addietro nemmeno ce ne siamo accorti.
EliminaL'ammaraggio, le torri,Charlie Hebdo, bataclan, nizza, berlino le stragi famigliari gli omicidi di cui sopra; tutto falso. Tutto per annientare la mente. Certo che negli anni addietro non ce ne siamo nemmeno accorti, ma ciò non toglie che erano falsi pure allora...
EliminaHannah Arendt l'aveva intuito e diceva, vado a memoria, che ciò che accomuna i popoli che stanno per scivolare nel totalitarismo è la solitudine. E che dire dei sionisti che fanno saltare in aria all'unisono i possessori di robe elettroniche, simili alla fine ai nostri cellulari? un assaggio delle possibilità del dominio prossimo venturo. Io non so cosa fare. Per rimanere ancorata all'alto e al basso affondo le mani sui tasti di un pianoforte e nella terra. Tuttavia la sua ultima frase "Perché il nostro compito non consiste nel salvare ciò che non può essere più salvato bensì di ricordare, e pensare oltre" è incredibilmente ottimista, se si può pensare un oltre forse esso c'è. Io confido nel classico granello di sabbia che farà inceppare questo perfetto meccanismo (di autodistruzione), che ne so, magari il Cristo, o chi per esso, tornerà sul serio a regalarci qualche altro anno di civiltà....
RispondiEliminaUn saluto a lei e ai lettori di questo blog, come sale sulle ferite.
gioia
Ormai come si può pensare di salvare qualcosa? Almeno salviamo il ricordo di questo "qualcosa". Magari si potrà, in futuro, cercare di riavvicinarsi alle antiche forme.
EliminaCapolavoro.
RispondiEliminaDritto come una pallottola di cristallo in testa, come direbbe il colonnello Kurtz
Ho scritto un commento su Come Don Chisciotte che riporto qui perché non sapevo dell’esistenza di questo blog purtroppo…
RispondiEliminaAmmetto di non aver compreso tutti i passaggi, affatto.
Tre quarti delle citazioni mi sfuggono, molti concetti mi sono oscuri…
Dovrò rileggere questo…questo cosa? Articolo? Saggio? Ignoro addirittura il termine corretto…
Lo chiamerò “scritto” e dicevo, dovrò rileggerlo molte volte per capirne anche solo la struttura…
Ma nel finale ho trovato tradotta in parole una sensazione, anzi un malessere che ho da tanto tempo:
“Perché davvero in esilio, che lo si voglia o no, con la sensazione che mai potremo riguadagnare la Patria, la libertà e l’amore.”
È stato singolare leggere queste parole e capirle istantaneamente.
Ho provato un certo sollievo…
Malgrado il senso stesso della frase e il percorso fatto per formularla, oltre all’incolmabile abisso di sapere che mi separa dall’autore, stranamente mi sento meglio.
Il blog, chiamiamolo così, è esso stesso un articolo. Tutti i pezzi, o gli scritti, formano una visione d'insieme abbastanza logica e articolata ... e comunque non bisogna capire tutto. La frase sull'esilio, a esempio, torna quasi sempre. Sono convinto che gli Italiani siano esiliati in Patria, stranieri nella propria stessa terra, e che non si possa più tornare indietro da questa sciagura immane.
EliminaE cosi ci siamo giocati anche lo IoT
RispondiEliminahanno iniziato trattando una barca di 57 metri con una botta di energia scalare accompagnato un pizzico di cambiamento climatico; il megayacht è affondato come un barcone qualsiasi di profughi: l'energia scalare ha messo fuori uso le chiusure stagne automatiche dei boccaporti, una tempestiva tromba d'aria ha imbarcato acqua
e il gioco è fatto. Pochi giorni prima erano successi fatti analoghi nelle acque di Cefalonia ed Olbia.
Ma si sa che ad Agosto gli yachtonni affondano senza troppi problemi: sono affaticati, sfiniti dal caldo pure loro.
Poi è toccato ai cercapersone: si erano disfatti dei telefoni intelligenti, che ricevono e trasmettono, anche quello che non dovrebbero trasmettere, per es. la posizione (con 15 cm di precisione) del loro possessore, e si erano muniti di cerca persone che, più tontoloni, ricevono solo. Dormivano sonni tranquilli, loro; ma l'AI, che non dorme mai, si è messa di traverso: ha suggerito che i possessori di cercapersone potessero essere
rintracciati facilmente quando fossero andati a casa a trovare mogli, figli, genitori (da qui l'eccessiva - qualche centinaio è comprensibile, accettabile forse auspicabile, ma migliaia, e che cazzo ! - strage di civili e soprattutto bambini).
E cosi è partita un'altra botta di energia scalare, modulata sui cerca persone, poi sui walkie talkie, anche loro non molto intelligenti, e finalmente sulle automobili, sui pannelli solari. Insomma qualsiasi circuito elettrico (ricordate nel 2024
gli esperimenti a Caronia) può essere incendiato.
Anche lo IoT-frigorifero che mi avvertirà quando avrò finito il burro,
o lo IoT-scaldabagno che, sono certo, me lo sento, salterà mentre, insaponato, mi faccio la doccia.
Insomma niente più IoT. Come farò a sapere quando devo rifare il letto ? Come ?
Sandro, Ingenuus
Basta tornare ai pizzini. Quelli non esplodono. Dubito che ci torneremo: non si possono mettere like.
EliminaSi, niente like ma sono divertenti da scrivere: ho iniziato a scrivere con penne con pennini ad immersione, poi sono passato al rapidograph (mio padre ogni volta che mi vedeva scrivere mi domandava "ma come fai a scrivere con quel chiodo ?" ), alla stilografica, ad una penna giapponese, studiata appositamente per scrivere i caratteri giapponesi; da ultimo sono approdato alle penne di vetro: sono stupende ! non c'è editor che tenga, che scoppi o no: scrivere a mano è un piacere sottile, unico.
EliminaAnonimo 15.13: Inoltre scrivendo a mano riesci a organizzare meglio il pensiero.
Elimina"Non solo la tradizione ed i costumi, ma ogni tipo di cultura raffinata, bellezza, grazia, il gusto del vestirsi, la certezza delle forme nelle relazioni sociali, il linguaggio scelto, il portamento signorile, l'educazione e l'autodisciplina, eccitano il sentimento volgare fino al sangue.
RispondiEliminaUn volto distintamente plasmato, un piede sottile che si solleva leggero e grazioso dal lastrico, contraddicono ogni democrazia. L'otium cum dignitate invece di uno spettacolo di boxe e della corsa dei sei giorni, la conoscenza dell'arte e della antica poesia, perfino la gioia di un giardino coltivato con bei fiori e rare specie di alberi da frutto, invitano all'incendio, alla distruzione, allo scempio."
Così Oswald Spengler in "Anni della decisione".
E poche righe prima, lapidario: "... senza presentire che qui si tratta di esistere o non esistere."
Si è d'accordo con Spengler. Il problema è che coloro che avrebbero dovuto tramandare quel "gusto" sono stati assassinati, in un modo o nell'altro. TUtto il progresso è, in realtà, un attacco feroce a tali centri di trasmissione. Si è perciò diluita un'aristocrazia (che apparteneva anche alle corporazioni d'artigiani, beninteso: la bottega del Verrocchio, a esempio) in una plebaglia a cui si è dato il nome di elettorato attivo. L'odio per il bello è conseguente.
EliminaInfatti il Tedesco, nelle stesse righe, sentenzia che il contrario di "aristocratico" non è "povero" od "umile", ma "volgare".
EliminaDel resto ci fu pure un'aristocrazia operaia... in Germania e non solo.
Oggi invece gli "eredi" sentenziano che si deve mettere il fondoschiena su un'auto a pile da 3 tonnellate per "l'atransizione egologica" e non li vanno a prendere con la camicia di forza...
Mi perdonerai, spero, una domanda: ho visto che segnali il testo di Compagnon sugli antimoderni.
È degno di lettura? (Sempre nell'ottica del Gran Colombiano, per cui "cultura è tutto quello che non si può insegnare all'università")
Gli antimoderni è da usare come guida, poi è saggio leggerli direttamente gli antimoderni, come tutto, al solito. L'antimoderno che rileggo sempre è Leopardi.
EliminaLe parole di Alceste sono quelle che stanno dentro le nostre anime nei nostri cuori nelle menti e che finalmente riescono a uscire farsi dire farsi leggere...
RispondiEliminaCompimenti, per la forma, per il prezioso contenuto e per la fruibilità, letto tutto di un fiato. Buona giornata
RispondiEliminaGrazie.
Elimina"- Ricoprì il ruolo di ministro dell’Assistenza Postbellica sotto il democristiano Alcide De Gasperi; forse sarà in tale ruolo che favorirà, su suggerimento americano, il passaggio dall’assistenza ospedaliera cattolica a una laica, civile, statale."
RispondiEliminaSu suggerimento americano, molto interessante. Da qualche tempo ho cominciato a sostenere che l'aggiornamento conciliare degli anni Sessanta fu la sintonizzazione della dottrina della Chiesa sull'ideologia liberale che ispira l'agire della potenza egemone, che domina sopra l'Europa occidentale dal 1945, e da minor tempo sopra una buona porzione di quella orientale (la... versione teologica di tale ideologia liberale è l'americanismo, che era già stato condannato da Leone XIII verso la fine dell'Ottocento).
A guerra persa (era già persa nel 1940) si sono scatenate le due ganasce. Comunismo e capitalismo, al di là delle belle intenzioni, tendevano alla medesima secolarizzazione stracciona. La parabola di Sereni è un esempio di questa tendenza fondamentale dei nostri ultimi tempi.
Elimina''Comunismo e capitalismo, al di là delle belle intenzioni, tendevano alla medesima secolarizzazione stracciona.''
EliminaDue (false) alternative, lo stesso scopo: uccidere Dio. Più subdolo ed efficace il sistema anticristico americano, che infatti ha stravinto, e l'ha fatto promettendo il ritorno nel paradiso terrestre (perduto) attraverso il successo economico e la realizzazione individuale (opportunity). Tanti paradisi individuali e personali...
Chiedo scusa, ovviamente l’alternativa tra il comunismo e il capitalismo è una solamente. Tra l'altro il Puoti, bontà sua, scrive che è un gallicismo nel senso di scelta, possibilità (grazie, Google Libri). Meglio così.
EliminaUno degli aspetti più spaventosi della digitalizzazione è sicuramente quello di lasciarti isolato quando le cose non vanno per il verso giusto. Pratica digitale Inps per visita invalidità, presentata con largo anticipo per evitare interruzione del rapporto, dopo un anno, nessuna risposta. Partono le visite e le telefonate al patronato, i solleciti, addirittura la diffida tramite studio legale, dallo Stato , silenzio di tomba. Alla fine come unica soluzione viene consigliato di recarsi personalmente all' ufficio di competenza per le visite d' invalidità, posto in un ex manicomio. Senza appuntamento, insieme a centinaia di plebei questuanti, a prezzo di ore di attesa, si riesce a trovare un funzionario, figura di complemento del basso patriziato, barricato in un ufficio con macchinetta Nespresso incorporata. Il quale presa visione dagli schermi del pc sentenzia che la domanda è andata persa per un capriccio del sistema e per beghe politiche di deleghe tra assessori. La realtà è che mai come oggi lo Stato occupato è il vero nemico del popolo sempre più pezzente. Una macchina oliata per sopprimere i più deboli fisicamente ed economimante al servizio degli ascari definiti in maniera magistrale da Alceste " patriziato". A ciò la " digitalizzazione" non darà alcuna salvezza, anzi verrà usata come un maglio per spezzare le ultime resistenze dei " cafoni" cioè di coloro che da analfabeti hanno contribuito a costruire la ricchezza del fu belpaese . Come ancora ci sia qualcuno che non vede l' abisso nel quale simo diretti per me rimane un mistero. Nemmeno se gli articoli del blog venissero letti a reti unificate il giorno di capodanno.
RispondiEliminaAntonio
Lo Stato "silente" è una trovata post-lockdown. Anzi, una trovata congegnata e affinata nel lockdown. Semplicemente lo Stato, l'amministrazione e la legge scompaiono. SI rimane in un limbo dove è "impossibile" avere ragione o far valere u diritto. Lo Stato non esiste più, se si attiva è solo contro i propri cittadini (gendarmi e tasse).
Eliminahttps://youtu.be/qxzsE_b7Xec?si=U5YAm-KT_pvUw6TJ
RispondiEliminaViva Stalin!!
Mi accodo anche io ai complimenti. Ci sono vari passaggi che mi hanno invitato a delle connessioni. Ad esempio la sottolineata separazione tra l'uomo del presente ed i propri avi mi ha ricordato il Dei sepolcri di Foscolo (che per motivi diversi stava, però, forse già annusando i futuri sviluppi).
RispondiEliminaIl passaggio in cui si parla della ricerca del (finto) divertimento e del puro e povero piacere carnale mi rimanda alla funzione dei cenobiti nella saga di Hellraiser.
Ma il meglio arriva alla fine con Cavalcanti. Ebbene sì, sono sarzanese :) e non posso che andare oltre quello che hai scritto. Parliamo di una città che non è Liguria nè Toscana, che non sente niente in comune con le vicine Spezia e Carrara. Parliamo di una città ricordata per l'eccezionale e rara resistenza opposta al fascismo (21 Luglio 1921). Parliamo di una città che è a tutti gli effetti la capitale degli esiliati della non patria (su quest'ultimo passaggio so che probabilmente dissentirai).
Basta andare in qualsiasi cimitero e confrontare le tombe e i loculi sin agli anni Sessanta e quelle venute dopo. Si assiste a una volgarizzazione kitsch della morte, derivata dalle scemenze televisive. Anche le immagini cambiano, dalla netta severità del B/N si passa a colori sbiaditi o alterati. Le nuove generazioni neanche si faranno seppellire, e nemmeno porre in urne cinerarie acconce. Probabilmente verranno dispersi o se ne faranno biscotti da discount. Non capisco Sarzana capitale degli esiliati dalla non patria.
EliminaIl concetto della "non Patria" è tutto mio, niente di oggettivo, però occorre ragionarci su.
EliminaPartiamo col dire che quando si parla di un Paese, solitamente si parla di Nazione, Patria e Stato a secondo di quale inclinazione si voglia dare al contenuto. Con Nazione, quindi nazionalismo, si tende a determinare un paragone tra due Stati, con una posta in posizione superiore rispetto all'altra (spesso infatti il nazionalismo porta al razzismo).
Con Patria, lo vediamo/leggiamo tutti i giorni in questa particolare fase politica, si va oltre al nazionalismo, esaltando la Patria a tal punto da sentirla superiore a tutte le altre (quindi non ad un'altra sola) in senso assoluto.
Con Stato invece si intende il solo apparato amministrativo che governa la vita di tutti coloro che vivano all'interno di un perimetro stabilito dai Trattati internazionali.
Detto ciò, perchè "non Patria"? Qui occorre comprendere che il popolo di uno Stato può essere omogeneo o eterogeneo (a seconda che vi siano, o meno, dei ceppi etnici a caratterizzarlo). Ad esempio l'Iran è composto dal ceppo dei persiani, dei baluci, degli arabi, dei curdi e degli azeri; gli iraniani sono, dunque, un popolo eterogeneo.
Per l'Italia invece c'è chi pensa ci sia omogeneità (mancando i ceppi etnici) oppure eterogeneità (basterebbe sottolineare le differenze fisiche, lo stile di vita diverso, i dialetti e le tradizioni che ad esempio dividono un veneto da un siciliano).
Io propendo per l'eterogeneità, ma non per il motivo sopra descritto (troppo poco aggrapparsi ai campanilismi ed alle divisioni in guelfi e ghibellini per sostenere l'eterogeneità degli italiani), quanto perchè l'italiano altro non è che un foglio bianco sul quale altrui popolazioni hanno scarabocchiato i loro tratti distintivi. L'italiano è un mix di francesi, spagnoli, normanni, arabi e chissà quanti altri ne sto dimenticando.
Trattandosi di un foglio bianco è quasi impossibile parlare di identità italiana, dunque di patria italiana, visto che quest'ultima normalmente viene identificata in base a consuetudini, lingua e religione comuni. Tolto il periodo della Roma antica (troppo indietro nel tempo, esiste un solco incolmabile tra quel periodo e ciò che oggi definiamo Italia), solo il Rinascimento ci potrebbe identificare, tuttavia la breve finestra temporale (e se vogliamo anche territoriale) che lo ha contraddistinto è troppo poco secondo me per consolidare una identità tutta nostra.
Quando si disse "fatta l'Italia, bisogna fare gli italiani" (tentativo non riuscito) proprio questo si sottolineava e cioè l'assenza di una identità specifica che oggi invece scambiamo con il cosiddetto "made in Italy" che invece altro non è che puro marketing.
Sul perchè Sarzana sia la capitale degli esiliati invece è più semplice: vivendoci ho sempre avuto questa sensazione (orgogliosa), quella di essere se stessi senza appartenere o affiliarsi a qualcosa di più grande. Come dicevo non è una città ligure nè toscana (nè morfologicamente nè culturalmente) ed è stata merce rara nel non aderire per nulla alla moda fascista del momento un secolo fa. Ho quindi trovato poetico l'esilio di Cavalcanti proprio qui. Chi si manda in eslio? Chi non si piega, meglio, chi non si assimila al canone culturale del momento.
Uno dei popoli più omogenei d’Europa (almeno fino all’applicazione della *legge Martelli del 1990, ovviamente) e, forse, del mondo, il quale ama raccontarsi come eterogeneo per la gioia dei suoi avversari e dei suoi occupanti, quelli sì, disomogenei. Ma è normale che sia così: è un popolo sconfitto, quello italiano, e sotto il tallone di una potenza straniera, la quale, come prezzo della sconfitta, tra l’altre cose gli impone di professare ufficialmente un’ideologia (l’americanismo/liberalismo) che mette al bando non tanto che il nazionalismo, il revanscismo, ma perfino un realistico amor di patria. Ci tengono sotto, (parlo de) gli Americani, caro Alceste, sottooooo!!!
RispondiElimina*“Gli immigrati residenti erano allora seicentomila in tutto, oggi sono sei milioni”, ha ricordato il ministro [Martelli] firmatario del disegno di legge, quasi trent'anni dopo… (da Wikipedia). Alceste, secondo te anche dietro l’apertura delle frontiere, avvenuta verso la fine della Guerra fredda, ci sono gli Americani? In effetti, se fossi l’egemone globale bisognoso di continuare a tenere sotto gli Stati europei, farei di tutto per fiaccarne gli spiriti, raccogliendo in essi masse di 'citoyens' multicolori, ma uguali di fronte alla legge...
Dietro ci sono coloro che hanno distrutto "anche" l'America, una fogna a cielo aperto. Credi che le strade delle maggiori città americane siano migliori? Quel numero, poi, sei milioni pare un richiamo simbolico agli amici ... E le guerre mondiali, combattute in Europa, a danno dell'Europa, da chi sono state volute? L'America è solo l'ultima maschera di chi vuole dissolvere. Però chiediamoci: perché in pochi decenni ci hanno distrutto? Evidentemente non avevamo nulla da opporre, la nostra italianità, per così dire, l'orgoglio, la tradizione, la forza interiore, erano già ridotti a poco.
EliminaDietro ci sono coloro che hanno distrutto "anche" l'America, una fogna a cielo aperto. Credi che le strade delle maggiori città americane siano migliori? Quel numero, poi, sei milioni pare un richiamo simbolico agli amici ... E le guerre mondiali, combattute in Europa, a danno dell'Europa, da chi sono state volute? L'America è solo l'ultima maschera di chi vuole dissolvere. Però chiediamoci: perché in pochi decenni ci hanno distrutto? Evidentemente non avevamo nulla da opporre, la nostra italianità, per così dire, l'orgoglio, la tradizione, la forza interiore, erano già ridotti a poco.
Elimina''Però chiediamoci: perché in pochi decenni ci hanno distrutto? Evidentemente non avevamo nulla da opporre [...]''
EliminaNon siamo un Paese sovrano, Alceste, più o meno dal 1945. In questo senso gli Americani sono stati e sono tuttora molto bravi a dissimulare la stessa esistenza del loro impero, addirittura chiamando le proprie province in Europa “i nostri alleati”. Sarà la ben nota ipocrisia puritana che, opportunamente immanentizzata, informa ancora di sé la società statunitense (ci definiscono alleati, capito?: che facce da c… ehm, che spudorati!).
Dal 1870 almeno non siamo un paese pienamente sovrano. La differenza è che prima si era dei servi italiani, ora servi e basta.
EliminaNon sarei così drastico, Alceste: siamo un protettorato di fatto degli U.S.A., da quando, avendo notoriamente perso la Seconda guerra mondiale, siamo entrati a far parte della loro sfera di influenza (all’incontro, l’Italia pre-1870 gravitava quasi tutta verso quella delle aquile asburgiche [‘quasi’, però ch’è cosa nota ‘l fatto che il Papa fosse invece protetto dal massone Napoleone il Piccolo: strane alleanze]). Il realismo ti permette di chiamare le cose col loro nome.
EliminaLa guerra si può perdere in tanti modi: 2 a 1 a esempio; i nostri hanno scelto di perderla 5 a 0 in casa. Un dolo che viene da lontano.
EliminaNon sarà “il genio e la forza di scrivere una poesia che tramandi il nostro ricordo, il calco di cera di ciò che siamo stati”, ma quanto scrivi ne sarà il seme: “Quanto amore avrebbe trovato appena più in là, dove i sortilegi e i malefici del Potere non hanno campo. Un luogo sublime e variopinto. E duro, certamente, violento, aspro, ingiusto eppure, proprio per questo, aperto alla vita, all’inesauribilità d’essa.”
RispondiEliminaE più ancora in uno scritto precedente: “La tenebra più cupa, quando lo sguardo è spento, è sempre rischiarata da una luce, pur flebile, e tutta personale.”
Grazie
Grazie a te.
EliminaGrazie Alceste per i tuoi pensieri.
RispondiEliminaUn mio ragionamento sui cimiteri, ultimo baluardo della nostra civiltà (avete mai visto un cimitero musulmano, africano o asiatico ?? Ecco...).
Ma questo, ancora per poco.
"Loro" stanno per cancellare anche quest'ultimo "filo diretto" che ci unisce con i nostri avi e quindi con la nostra civiltà.
Con le cremazioni e con la distruzione delle tombe degli ultimi 20/30 anni, con la risibile scusa della mancanza di spazi, "loro" stanno recidendo volutamente questo "collegamento", storico, civile e di memoria, con il nostro passato e la nostra anima più ancestrale.
Su "loro", superfluo spiegare esplicitamente chi siano.
Se no ti fanno saltare il blog.
Però è facilissimo, dài...!
Sono i figli del demonio.
Gli alfieri, in suo nome, della dissoluzione.
Dici che mi fanno saltare lo smartphone? Esorto sempre, tutti, ad affermare sé stessi e ciò che si è stati invece di reagire a qualcuno o qualcosa. Io personalmente disprezzo ogni singolo politico italiano degli ultimi cinquant'anni per il semplice fatto che mai li ho sentiti dire qualcosa in favore dell'Italia o essere orgogliosi della propria terra. E per politico intendo tutte le istituzioni, comprese la magistratura gli eserciti i gendarmi le soprintendenze e le varie disgraziate presidenze.
EliminaSe vi capita di viaggiare in automobile da Kamjanec-Podilskyj a Ternopil, a circa meta’ strada passerete per un paesino di duemila anime chiamato Sataniv. Il nome e’ suggestivo, sembra quasi il genitivo plurale di Satana in ucraino, come anche in polacco (Satanów) e in russo (Satanov). Le declinazioni non sono il mio forte, per l’ucraino ci metterei quasi la mano sul fuoco che sia corretto, il polacco credo sia sbagliato perche’ Satana si dice Szatan (presumo che il genitivo plurale faccia Szatanów), mentre il russo forse varia leggermente. Ad ogni modo mi ero incuriosito e da Wikipedia ho trovato questo.
Eliminahttps://it.wikipedia.org/wiki/Sataniv
Lo stemma e’ suggestivo ma soprattutto mi ha „sorpreso” la storia.
„Una comunità ebraica sorse nella seconda metà del XVI secolo, quando Satanów faceva parte della Confederazione polacco-lituana. Gli ebrei di Sataniv erano coinvolti nell'importazione di merci dall'est, nell'affitto di proprietà, nella gestione delle tasse doganali, nella distillazione di bevande alcoliche e nell'oreficeria.
Nel 1641, fu concessa per la seconda volta la legge di Magdeburgo. Nel 1651 Satanów fu devastato dalle truppe cosacche durante la rivolta di Bohdan Chmel'nyc'kyj. Una distruzione peggiore si ebbe Durante l'invasione ottomana del 1676 la città fu cinta d'assedio.”
[…]
„Nel XVIII secolo Sataniv era la principale comunità ebraica della Podolia. Nel 1756 i suoi dayanim (giudici religiosi) tennero un processo ai Frankisti. Nel 1765 c'erano 1.369 ebrei che pagavano il testatico a Satanów. Gli ebrei locali erano coinvolti nel commercio internazionale, viaggiando alle fiere di Lipsia, Breslavia e Francoforte sul Meno, fino alla seconda spartizione della Polonia del 1793, quando la località fu annessa all'Impero russo e ribattezzata Satanov.
Dalla fine del XVIII secolo e durante il XIX, Sataniv fu un importante centro del chassidismo.”
Buonasera Alceste e lettori tutti & tutte, la mia sentita riconoscenza per gli infiniti mondi, anche ohibò sublimi e dismessi, che disvelate. Cari saluti m.
RispondiEliminaGrazie.
Elimina"Però chiediamoci: perché in pochi decenni ci hanno distrutto? Evidentemente non avevamo nulla da opporre, la nostra italianità, per così dire, l'orgoglio, la tradizione, la forza interiore, erano già ridotti a poco".
RispondiEliminaCredo anch'io. Mi piacerebbe sapere da te, però, se hai un'idea circa il come ed il perché (i perché) si sia arrivati al punto d'esser così poca cosa da farsi spazzare via in questo modo. Intendiamoci: il fuoco di fila è stato poderoso ed incessante per decenni (oggi si spara sulla crocerossa, forsa con ancora più ferocia, con sadismo, direi, o per rendersi sicuri che il lavoro sia pienamente compiuto), ma ad un certo punto abbiamo proprio cominciato a sbragare. Verso la dissoluzione col sorriso ebete in faccia (gli uni) e la sicumera del dotto coglione (gli altri).
Se passiamo in rassegna gli ultimi cinquant'anni ci accorgiamo che il fuoco di fila ha riguardato ogni entità che potesse trasmettere qualcosa nel tempo o che permettesse alle persone di associarsi.
EliminaNel primo caso si è bloccata la trasmissibilità del sapere (scuole, università, mestieri, professioni, tradizioni agricole e artigianali diffuse) sostituendo, spesso, alla ragionevolezza consueta qualcosa di apparentemente rivoluzionario, ma inessenziale e irragionevole; il risultato è un crollo verticale della preparazione e la progressiva tecnicizzazione che si accompagna alla mancanza di logica (i concetti vengono usati a caso, i discorsi non tengono, l'uomo-medio è incapace di comprendere intimamente i fenomeni).
Nel secondo caso si sono attaccati con forza quei luoghi in cui più individui erano in grado di elaborare analisi del reale e prepararsi all'azione (oltre a maturare uno spirito di corpo): ambienti militari, politici, religiosi o di comunità in senso lato (anche la repressione del tifo organizzato, a fronte di pochi episodi di violenza estrema, va in tale direzione). L'avvento del digitale ha velocizzato la tendenza mentre il lockdown l'ha cronicizzata. Ormai l'autismo regna sovrano.
Parliamoci chiaro: manca il materiale umano per affrontare il futuro. Delle migliaia di persone che incontro oppure ho incontrato solo una o due si sono rivelate degne di reale fiducia. il 99,9% o se ne frega o non capisce o ti venderebbe al primo gendarme.
La repressione del tifo organizzato, forse l'unico vero fenomeno di aggregazione giovanile dall' "unità d'Italia" in poi (non esagero) è stato preso come modello da "loro" per poi applicarlo al popolaccio in generale.
EliminaSpirito di campanile, stretta gerarchia, politicamente scorretti, organizzatissimi, "nessuno si lascia indietro", amore per la propria città, il calcio spesso era solo un simulacro di questo...
Si capisce che chi scrive questo commento era, negli anni '80, nelle Brigate Gialloblù ???...
Queste sciolte a causa della persecuzione politico/giudiziaria, in quanto definite "associazione a delinquere".
Qualche anno dopo, circa
vent'anni fa o più, mi sembra, ai tifosi, in quanto categoria considerata "spendibile" e demonizzata (come i fumatori), è stata applicata l'aberrazione della "tessera del tifoso ", prova generale del grin kazz.
Il "piano" viene da lontano...
Anche la leva militare, gli oratori, le sezioni di partito, i dopolavoro, il sindacato, il doposcuola, pure i boy-scout e le Giovani Marmotte ... tutto andato in pochi anni. Ora persino un assembramento fuori dell'osteria per parlare di "politica" è ritenuto sospetto. Una vittoria ottenuta senza nessuno sforzo per abbandono del ring ... come scusante: i secondi complottavano con arbitro e avversario ...
Elimina"Intendiamoci: il fuoco di fila è stato poderoso ed incessante per decenni (oggi si spara sulla crocerossa, forsa con ancora più ferocia, con sadismo, direi, o per rendersi sicuri che il lavoro sia pienamente compiuto), ma ad un certo punto abbiamo proprio cominciato a sbragare"
RispondiEliminaDirei dall'anno fatidico, il 1960.
Sarà stato solo un caso che coincida - tra le altre cose - con l'inizio del benessere diffuso? Non voglio minimamente difendere la poetica della miseria, però è un fatto che doversi scontrare con le dure necessità della sopravvivenza libera la mente da molte ragnatele... ora si ritorna ad ampi passi alla miseria, però con le intelligenze completamente bacate.
Sull'ambito militare, di cui la leva era solo un aspetto: non posso che confermare lo svilimento sistematico, costante, scientifico, di ogni pur minima marzialità residua.
L'apertura al reclutamente femminile è stata la pietra tombale, come del resto in qualsiasi fratellanza in cui si insinuino non invitate le donne.
A margine, sulla coscrizione obbligatoria: metteva nella stessa camerata l'operaio e il futuro professionista, l'agricoltore e il commerciante. Creava, nel suo non tanto piccolo ambito, una trama nazionale nemmeno troppo debole.
Anathema sit.
Per fortuna in Italia, in campo economico, va per la maggiore il liberismo. Nonostante la Repubblica sia davvero fondata sul lavoro (ce lo ricordano sempre con gusto sadico), possiamo dire che c’è il libero mercato. La benzina, per esempio, potete scegliere se comprarla o non comprarla.
RispondiEliminaPoi ora che governa la destra non c’è proprio il rischio di ritrovarsi con i piani quinquennali, lasciate perdere quelli che vedono bolscevichi dappertutto. L’Agenda 2030 si chiama Agenda, quindi non è un piano (o no? Poi fu sottoscritta nel 2015 quindi non è quinquennale). Fa bene Bibi a chiamare terrapiattisti quelli delle Nazioni Unite. Con quello stemma, a chi la vogliono dare a bere. Modestamente, li definii terrapiattisti già anni or sono. (Sia detto en passant: in una nota pubblicità di inizio millennio la Nestle’ mostrava come sconfiggere il riscaldamento globale senza troppe menate).
Mi hanno parlato, dicevo, di questo ‘Concordato Preventivo Biennale’. Come si capisce subito dal nome, è biennale, e non quinquennale, quindi ai soliti in malafede dico di stare sereni… non si tratta di esproprio, né di pizzo o di qualsiasi altra forma di ricatto.
Anche perché è concordato, ché siamo contro le imposizioni… solo “è prevista un’intensificazione dei controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza nei confronti di coloro che decidono di non aderire, o che decadono, dal Concordato Preventivo Biennale”.
Ma l’aspetto più interessante è quel “preventivo”. Non nel senso di “quanto mi costa”, ché è giusto dare a Sion quello che un giorno forse magari avrebbe potuto esser di Sion, e dargli anche di più ché in generale è meglio abbondare (il chassid, come individuo, possiede pietà al di là dei limiti richiesti dalla legge). Così insegna anche la New Age. Cesare qui c’entra come i cavoli a merenda, invece.
Preventivo in quanto stabilito prima. E da chi? Beh, essendo concordato: dall’Agenzia delle Entrate. Questo spero che sia ovvio.
In soldoni? Voi oggi pagate le tasse per il 2024 e, visto che all’Agenzia dell’Entrate lavorano dei profeti, anche per il 2025, che sarà un anno in crescita rispetto al 2024. Se poi fate meno, o magari andate in perdita, beh ormai le tasse sono pagate (non so con quali soldi).
Chi ha dato ha dato, e scurdammoce 'o passato. Correggetemi se sbaglio…
Naturalmente non tutto il male viene per nuocere; questa, si sa, è una regola aurea. Anche i maggiori redditi diventano irrilevanti ai fini fiscali.
Perché a chi ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti.
A parte, una piccola parentesi su quelli che la propaganda polacca e quella russa concordano nel definire “banderisti”. Essi ovviamente non esistono, come la Patria che si immaginano o raccontano – i presunti banderisti - di difendere. Io, credetemi, li ho cercati a lungo, perché non mi rassegnavo a questa evidenza. Eppure è così. Sì, a Leopoli qualcuno potrebbe provare a vendervi un santino con la foto di Stepan Bandera, qualcun altro con tatuata sul cuore una stella di Davide potrà cantarvi, un po’ alticcio, “Batko nash - Bandera”, a molti poi piace menar le mani, ma ciò non ha nulla a che fare con Stepan Bandera.
EliminaSe egli fossi vivo penso che darebbe all’ebreo Maglioncino tante di quelle mazzate che l’autopsia potrebbe identificarlo forse solo dalla scritta I AM UKRAINIAN sulla felpa (scritta che da sola, fra l’altro, giustificherebbe le mazzate).
C’è gente poi dall’altra parte che stravede per Trans, sono tornati a fumarsi i qanon che si fumavano ai tempi del kavod, mentre il loro idolo li aveva messi ai domiciliari: questi sono più allucinati dei banderisti. Fa bene Putin a preferire la Kabala.
Vittoria secondo i banderisti = Morte di tanti slavi cristiani bianchi maschi in età riproduttiva, demolizione controllata dell’Ucraina e sostituzione razziale. Con amici del genere, chi ha bisogno di nemici?
Sempre grato di poter pubblicare su questo blog.
Demolizione controllata della Russia-Ucraina, poi di Gerusalemme-Persia. Gli Africani inutile demolirli.
EliminaImmaginavo che avresti dedicato qualche riga alla pubblicità pro-cubicolo...sempre più spudorati, con tanto di Canone dissacrato dall'immancabile saltimbanco fluid, sempre più viscidi nella loro doppiezza.
RispondiEliminaA proposito di città cubicolari leggevo che il nuovo film di Coppola, "Megalopolis", sta andando piuttosto male ai botteghini e la stampa specializzata mi è parsa soddisfatta del flop. Ciò mi ha stupito poiché la figura del protagonista, l'architetto progressista-utopista-ecc ecc interpretato dall'ormai onnipresente Adam Driver, è ispirata a Robert Moses, mi aspettavo quindi altra accoglienza e pompaggio mediatico. Ti è capitato di vedere il film o di leggere qualcosa in proposito? Non l'ho ancora visto e volevo sapere che idea ti sei fatto, se si tratta dell'ennesimo polpettone propagandistico o se qualcosa si salva...grazie per i consueti numerosi spunti di riflessione, alla prossima.
Citai Robert Moses in "Canicola" ... come esempio del postmoderno, ovviamente. Coppola non l'ho ancora visto, può essere un capolavoro nascosto o una sciocchezza kitsch. Ti farò sapere.
EliminaSi, ricordo quell'ottimo pezzo, raro veder citato Moses. Rimanendo sul cinema se non l'hai visto ti consiglio "Motherless Brooklyn", qui è il personaggio di Alec Baldwin a esser ispirato all'urbanista ebreo...film non trascendentale nell'insieme ma con alcune buone sequenze (il confronto tra Edward Norton e lo stesso Baldwin) e il merito di trattare la vicenda della gentrificazione di New York.
EliminaMi auguro che Coppola non si sia prostituito alla soglia dei 90, dopo aver firmato almeno 2/3 pietre miliari della storia del cinema.
Doveroso plauso per aver ricordato l'opera-gioiellino di Giampaolo Dossena, libri scritti tra gli 80 e i 90, ultima epoca in cui si potè parlare di arte, letteratura, cinema, musica senza curarsi della fetida inquisizione polcor.
Leggerò senz'altro le tue prossime considerazioni su Megalopolis e tutto il resto, a presto
https://youtu.be/oanX_xhuv68?si=XQ9Af6kDGEO9kBrO
RispondiEliminaViva Stalin!!
Covid, la variante Xec è 'si diffonde in fretta' secondo Pregliasco [...]
RispondiEliminaIl Diavolo, si sa, non esiste, ma il kovid (la corona) si'.
The number of the beast (Koinē Greek: Ἀριθμὸς τοῦ θηρίου, Arithmós toû thēríou) is associated with the Beast of Revelation in chapter 13, verse 18 of the Book of Revelation. In most manuscripts of the New Testament and in English translations of the Bible, the number of the beast is six hundred sixty-six or χξϛ (in Greek numerals, χ represents 600, ξ represents 60 and ϛ represents 6)
Ringrazio SpadaccinoNero per la segnalazione
Anche quei pompi...eri degli iraniani reclamano il loro ruolo nella sceneggiata con l'ipervaccinista Pezeshkian (a proposito: se volete la pace e gia' non avete il condizionatore, basta far vaccinare la popolazione, vedasi Hamas). Si attende solo bandiera rossa a cinque stelle.
RispondiElimina"Ma, quando Gog giungerà nel paese d'Israele - parola del Signore Dio - divamperà la mia collera."
Tutte le sceneggiate servono a ritagliarsi un posto a tavola più comodo. Altrimenti non si spiega questo accavallarsi di tragedie dove crepano solo i poveracci. Con l'opinione pubblica ridotta a una poltiglia potrebbero proclamare il governo universale in mondovisione e tutti farebbero a gara a trovarci il lato positivo. Taylor Swift comporrebbe la canzoncina adatta.
EliminaI famosi poeti autorizzati che liricizzano i valori civili e cantano la religione del servigio sociale...
EliminaHo appena letto del comune di Canino nella tuscia viterbese, che vogliono far diventare un deposito di scorie nucleari. Ne sapevi niente Alceste? Lo faranno per dare quel pizzicorino in più all'olio d'oliva?
RispondiEliminaSin a poco tempo fa era certo che tre siti di stoccaggio delle scorie sarebbero sorti nel comune di Vignanello ... pare che anche la linea ferroviaria fosse stata predisposta all'uopo. Delle due l'una: o hanno deciso la riapertura delle centrali nucleari a breve o di condannare definitivamente la Tuscia. Oppure entrambe.
EliminaPremesso che non credo che - tranne pochi, forse più esaltati che sinceri - si voglia o possa opporre al declino ormai totalmente compiuto, devo dirti, Alceste, mai ringraziato abbastanza per la tua resistenza spirituale, che mi hanno regalato il libro del noto Generale. Vi trovo - mutatis mutandis - molto di tuo. Lo sapevi? Eppure mi hai risposto che non speri neanche in lui. Cosmico, leopardiano. E allora, che si fa? Ciao, grazie grande Alceste. E non far passare i soliti due mesi. Sei una droga, molto benefica. Walter
RispondiEliminaE se fossi l'ispirazione del Generale? La gente ormai ramazza il web alla ricerca di creatività ... non credo in lui in primis perché è un membro preclare del patriziato deviante che ha in mano l'Italia da almeno trent'anni: coi risultati che ammiriamo. E poi perché ha commesso l'Errore ovvero quello di farsi eleggere. Nel 2024 crediamo ancora che si possa eleggere qualcuno? Per cambiare? Spiegatemi: un normale cittadino votante non riesce a decidere le sorti di un incrocio stradale e, invece, vorrebbe mutare le sorti di una nazione con una X da analfabeta su un pezzo di carta che nemmeno si sa quale fine farà? Occorre una aristocrazia che prenda in mano l'Italia ... voi vedete qualcuno? Io no.
Elimina... fortunati furono gli investigatori che indagarono sull’11 settembre: il bagaglio di Mohamed Atta, mente dell’attacco, non fu trasbordato dal suo volo poi dirottato. In quella valigia furono ritrovati documenti che rivelarono l’identità di tutti i 19 dirottatori e altri importanti indizi sui loro piani, sulle loro intenzioni e sui loro precedenti. Inoltre, il passaporto del 25enne saudita Satam Al Suqami, uno dei dirottatori del volo 11 di American Airlines (quello che colpì la Torre Nord) fu trovato da un passante nelle immediate vicinanze del WTC, fu consegnato ad un detective della polizia di New York che poi lo passò all’FBI.
RispondiEliminaKINO - Spokoynaya Noch' (Calm Night) Спокойная ночь
RispondiEliminaAlceste, per caso hai visto la serie tv "Black mirror,,? Nell'episodio 2 della 1^stagione "Quindici milioni di celebrità,, c'è la materializzazione del futuro che prevedi (ed io con te): gli ometti e donnette in cubicoli claustrofobici dominati ed instupiditi 24
RispondiElimina“Palestina ue ue” si legge nei commenti di noti siti di contro informatori…
RispondiEliminaGli stessi che vaneggiano un giorno sì e l’altro pure di aglieni che controllano i destini dell’umanità, e del karma - queste fantasie teosofiste, ottocentesche e molto „occidentali” nella loro accezione komune - ora si indignano perché la propaganda ha deciso che è il momento di frignare in coro per i palestinesi. La propaganda, non se ne sono ancora accorti, è infatti dalla loro parte, com’era dalla parte del M5S fin dagli inizi.
Persino Cosetto avrebbe tirato fuori le palle*, a dare retta a certi deliri. Siamo tornati ai bei tempi dell’aggressore e dell’aggredito. Israele cattivo e il resto del mondo buono, così, per esclusione.
Epperò sono tutte lacrime di coccodrillo, anzi di rettiliani, considerato il pubblico.
Ma non sarà il karma che agisce per mano di Israele, in questo uni-verso (è un monoteismo anche questo) olografico (???) dove tutto è Amore (!)? Non si saranno - i palestinesi - macchiati di gravissime colpe in vite passate? O perché no, in questa stessa vita?
Oppure qui il karma non vale più?
Forse esiste un karma on demand? Ecco l’ossessione per l’uguaglianza a che assurdità conduce.
Presunti aglieni bloccherebbero il lancio di presunte testate nucleari… l’ha detto tizio che l’ha sentito da caio e c’è anche una foto in cui si vede un pixel di un cosetto. Questo il livello. I vertici militari ci nascondono le cose… ma ce le ri-velano anche. Ci salverà il capo di stato maggiore del COMFOTER, che fra l’altro di Israele è stato/è un ottimo servitore, siamo in buone mani.
Se voi – voi personalmente come italiani – avete dei problemi, non gliene frega niente a nessuno, anzi magari vi dicono pure che è colpa vostra, ed eventualmente possono pure aggravarveli. Però se succede qualcosa a migliaia di chilometri o meglio ancora se la televisione punta i riflettori… provatevi a dire che non ve ne frega un cazzo.
“Sparategli addosso” … titola uno. Addosso agli israeliani, intende. Voi - soggetto sottinteso. Io resterò a casa sul divano. Anche questo sottinteso.
L’internazionale galattica... antisistema.
Preferiamo l’internazionale galattica del sistema, grazie.
Ad ogni modo sistema ed antisistema sono d’accordo nel disaccordo: bisogna fare la guerra.
E allora guerra sia, speriamo però non con il culo degli altri.
* Per evitare che i ‘tajani all’estero possano farsi male, si potrebbe cominciare col… non inviarli all’estero? Se proprio non è possibile, almeno si eviti di lagnarsi ogni volta. Oppure l’Italia può fare missioni di pace e Israele non può? Il mandato dell’ONU non vale più di quello di Dio. Vero o finto che sia il secondo, con il primo ci si può sicuramente pulire il culo.
"Ci chiediamo con quale leggerezza e con quale incoscienza – o con quale cattiva o deviata volontà - i papi in visita all’ONU (Montini, Wojtyła – 2 volte –, Ratzinger e Bergoglio), abbiano potuto fermarsi a “pregare” in questo locale… Chi avranno pregato?"
Eliminahttp://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV2661_Belvecchio_Meditation_room_all-ONU.html
La risposta è nella foto. C'è un bel parallelepipedo nero in quella stanza
EliminaIl nord magnetico al centro dello stemma ONU intendi?
EliminaSara' un caso allora... Saturno etc.
https://comedonchisciotte.org/il-piano-del-demonio-secondo-chatgpt-le-strategie-per-la-conquista-del-mondo/
RispondiEliminaSandro, Ingenuus
Saluti, e come sempre grazie per quello che scrivi, da un esiliato in Patria.
RispondiEliminaSitka
Chi vive sperando muore cacando.
RispondiElimina(Proverbio carcerario)