Visualizzazione post con etichetta M5S. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta M5S. Mostra tutti i post

10 ottobre 2020

Il vestaglione di Bagnai


Unreal City, 10 ottobre 2020

Alberto Bagnai si sta accorgendo, pian piano, della realtà.
Non di quella oggettiva, gnoseologicamente rilevante, netta e filosofica, bensì di quella vischiosa, meschina, mediocre, luciferina; che induce allo sbalordimento, indi alla rassegnazione disperante, le anime migliori.

Un blog è uno dei modi per esternare (o espettorare, secondo le multiformi varietà dello spirito) il proprio sé, l’inconscio (più o meno in-conscio) sentimento o di superiorità o di inadeguatezza o di fallimento nella vita quotidiana.

Bagnai, attraverso il blog, con un misto di albagia, lepidezza e arroganza, ha costruito un affascinante Golem del suo pensiero; mentre, probabilmente, tentava vago i tasti del clavicembalo: un pizzico di ennui a colare sulla plebaglia in ascolto; d’altra parte è giusto così: i migliori danno il tempo, o i tempi; gli altri remano.

Purtroppo il digitale ha questo difetto: i capi, o coloro che raggiungono la visibilità, o la popolarità apparente (oh, quanto apparente!) non provengono, per merito (un qualsiasi tipo di merito: virilità, bellezza, forza, astuzia), dalla plebaglia, da cui si distinguono, o dal fiore dell’aristocrazia (che una volta era plebaglia, ovviamente); i migliori del digitale sono figurine imposte dal digitale stesso, che interagiscono con i trucchi del digitale, sfruttandolo vogliosamente (facebook, twitter ...): per questo vengono riconosciuti esclusivamente dal web e da simili ectoplasmi del web; finché, ahiloro, la turba lurca e stracciona li accerchia e allora si rendono conto dell'impossibilità d'ogni agire.

Io stesso, come accennai in non so più quale post, faccio parte di tale consesso. Mi considero, inoltre, un traditore; così come l'Inca Garcilaso de la Vega scrisse in spagnolo (la lingua dei dominatori) la storia del proprio popolo trucidato, così Alceste si serve della lingua dei dominatori (google) per tradurre in versi prosaici il massacro di ciò che amava. E, tuttavia, a differenza dei molti, ho almeno contezza di tale inganno, e lo soffro; perseguo in esso solo per voglia di cronaca: per l’ansia di documentare, più a me stesso che ad altri, lo sfacelo; si può morire in un ansimo di fierezza.

18 settembre 2019

Il governo è caduto perché era nei patti


Roma, 18 settembre 2019

L’isteria della Lega poco prima del Ferragosto. Rilanci, dichiarazioni sanguinose, protervie assortite, pretese maramaldesche. Alle soglie del Ferragosto: quasi a materiare la crisi d’una assurdità metafisico-balneare. Certe rodomontate le si apprezzava da lontano; psicologicamente, remoti dal fervore della cure quotidiane, attutite: veniva voglia di dire: e fatela ‘sta crisi, ci rivediamo a settembre! Mentre si ingollava una bibita fresca, le piante dei piedi sprofondate nelle frescure dell’umida battigia. Un atto gravissimo, onusto di responsabilità epocali (aveva a liberare definitivamente il campo alle incursioni degli usurai europeisti), vissuto come uno scherzo: rammentava certa paccottiglia che i giornali, una volta, quando ancora sussistevano come giornali, inserivano nelle pagine scarnificate della cronaca, a mo’ di curiosità: pioggia di rane in Quebec, ritrovata una seconda tomba di Nefertiti in Tunisia, cane uggiola al padrone che l’aveva abbandonato dieci anni fa (o viceversa), “Farò l’avvocato! dice Miss Torvaianica”, il sigillo del Papa ha l’emblema di Atlantide; e così via.

Personalmente ho vissuto la disfatta come se fosse stata inscenata nei bagni misteriosi ricreati da Giorgio De Chirico. Con onde simboliche, cabine metafisiche, piscine eterne. Nulla sembrava vero: possibile che …? Ma sì, lo era, tutto come previsto, in verità: non immaginavo, però, che l’epilogo assumesse tali pose stralunate e sfacciatissime. A Ferragosto! O forse sì: solo a Ferragosto poteva riaprire il teatro dei pupi della democrazia liberale: così evidente da non farsi accorgere di tanta enormità.

05 febbraio 2019

Mamma, li Bianchi!


Roma, 5 febbraio 2019

L’ultimo gradino … quel gradino finale, decisivo, che porta alla soglia dell’irreparabile, spalanca l’abisso, divide per sempre dal dopo … viene avanti una figura inedita che si affaccia all’orizzonte del nostro Paese … silenziosa, qualcuno che nelle mille convulsioni dell’Italia ancora non conoscevamo, e che sembra spuntare di colpo dalle pagine di un romanzo di Harper Lee sull’America più profonda: è il fantasma dell’uomo bianco”.
Queste parole sono scandite dalla prosa, nobile e piagnucolosa, di Ezio Mauro, ex direttore de “La Stampa” e di “Repubblica”.
Il libro da cui sono estratte si titola: L’uomo bianco. Per la comprensione immediata del brogliaccio ecco il breve sunto: “Siamo noi che, lasciandoci via via rinchiudere nella corteccia delle paure nostre e altrui, ci trasformiamo come dei mutanti, fino a voler tornare a distinguerci in base alla pelle e al sangue. È l’ultimo spettro italiano: quello dell’uomo bianco”.

22 aprile 2018

Lebbra sulle labbra [Il Poliscriba]


Il Poliscriba

A forza di scrivere il dai e dai della vita, si diventa dei forzati del blabla e si pretende, impunemente, di essere liberati dai lettori.
Che narcisismo mal simulato il pontificare su questo e quello.
Poi ti viene in soccorso l’intimismo, la diaristica agostiniana o ti dai al confessionale laico: puro distillato d’arte linguistica.
Ci sei tu, il monitor, le tue stracche considerazioni sulla vita, sul trememondo, sul florilegio di sessi che si accoppano preterintenzionalmente.
Ergo, ti ergi ad accusatore, difensore, giudice di stramaledette intonazioni dies irae: scorregge intellettuali da una testa borlotto immersa in una zuppa demografica indigesta.
Fuori dal proprio pandemonio, incastrato tra le orecchie e il collo, esiste un circondario infestato da bipedi a te estranei, una sorta di centro smistamento frutta e ortaggi, ma tu credi di essere la bilancia, il sacchettino bio da 0.02 cent che abbatte il massacro ecologico o il guanto trasparente non riciclabile che riporta la plastica in auge sui profili social.
Tasto numero 9 … scontrino.
Siete stati pesati e siete stati trovati insufficienti.
Altro che spade di Damocle!


08 marzo 2018

Cosa c’è dopo Renzi? [di Eugenio Orso]


Renzi a sciare, Renzi che dà e non dà veramente le dimissioni, la sua appendice “garbata” Gentiloni che resta in carica sine die, tutto “nelle mani” del grigiore fatto persona, Sergio Mattarella, resa dei conti nel piddì, eccetera, eccetera. Questo riportano i media omologati, altrimenti detti presstitute, in relazione alla tormentata vicenda politica italiana.
Giunti a questo punto, propongo di andar oltre la squallida figura sub-politica del treccartaro/ex enfant prodige fiorentino, emerso con la Ruota della Fortuna di Mike Bongiorno. Il neo-mostro di Scandicci e Rignano non sarà più determinante negli assetti politici come in passato, nonostante le dimissioni “a scoppio ritardato” dalla segreteria.
Archiviato Renzi, in prospettiva futura e nel medio periodo, vorrei sollevare un paio di questioni e fare un paio di ipotesi, a seguire.

06 marzo 2018

Matteo Renzi si è già suicidato?


Roma, 6 marzo 2018 

Fra la caduta del Fascismo e l’avvento della sedicente Democrazia, inaugurata da un atto antidemocratico nel 1946, vi fu, se ricordo bene, un suicidio (1) nelle alte sfere.
Nel biennio di Tangentopoli, secondo uno studio di Nando dalla Chiesa, trentuno (31).
Guarda chi si ammazza e ti dirò dove vivi …
Matteo Renzi, invece, lo vedo bello arzillo.
Cosa gli frulla per la testa?
Ieri si è presentato in conferenza stampa, dopo la supposta disfatta, ricco della consueta vantardigia da gradasso. Su di lui un paio di responsabilità. La prima, in solido con altri carnefici: la consegna di un’Italia economicamente depezzata (e aperta ai pervertimenti del futuro) a chi governa davvero. Alla doppia ganascia della tenaglia che ci stritola: Usura ed Edonismo UDW. La seconda: aver reso talmente odioso l’idioma toscano da annientare intere sezioni della letteratura italiana.

09 agosto 2017

Il grasso da tagliare


Pubblicato su Pauperclass il 22 settembre 2016

Dopo la morte di Carlo Azeglio Ciampi, l’unico politico che abbia pronunciato una frase degna di una mia (modesta) approvazione è Matteo Salvini: “Al di là del cordoglio … è stato uno dei traditori dell’Italia e degli Italiani … al pari di Napolitano e Prodi come gli altri si porta sulla coscienza il disastro … sulle spalle di 50 milioni italiani … Politicamente parlando, è stato uno dei complici della svendita dell’Italia ai poteri forti, ai massoni, ai banchieri e ai vecchi finanzieri … quindi … lontanissimo da quello era l’interesse dei cittadini”.
Ineccepibile.
Tanto ineccepibile che la dichiarazione ha subito fatto insorgere i pasciuti difensori dello status quo, da Grasso (nomen omen) a Letta, da Fiano a Zanda sino a Maurizio Lupi e al seduttore Casini. Lo sdegno di disapprovazione sincrona ca-cantato da questi satolli eunuchi dell’harem italico (che fanno volentieri entrare cani e porci per fottere le ultime nostre bellezze) ha raggiunto vertici di compiacimento mistico.
Il M5S non ha partecipato. Se queste cose le pensa (come la maggior parte del loro elettorato), però non le dice. E perché? Per il solito motivo: la paura. Sì, il potere fa paura e allora è meglio non prenderlo per le corna. Ragionano gli stellati: i tempi non sono maturi, meglio aspettare, far decantare e usare altri toni. È così, non c’è niente da fare. È già tanto che abbiano trovato il coraggio di gettare nel ventilatore la merda del “no” alle Olimpiadi, anche se l’hanno dichiarato dopo mille cautele e tentennamenti. Sì, il potere fa paura, i linciaggi ti rovinano la vita e aspettare il cadavere del nemico sul fiume è la scusa buona per chi il coraggio politico non ce l’ha. Peccato che nella realtà il cadavere del nemico non arrivi mai; più probabile che il detto nemico sia dietro di te, con un randello in mano.
Ma torniamo a Salvini, unico spetezzo dissonante nel coro angelicato di elogi al Salmone Ottimo Massimo.

11 giugno 2017

La sceneggiata di Roma

 
Pubblicato su Pauperclass il 18 marzo 2016
 
Berlusconi vuole perdere le elezioni di Roma?
Da uomo intelligente, e fedele ai patti, ce la sta mettendo tutta.
Il problema è uno solo: il PD deve assolutamente arrivare al ballottaggio.
Un centrodestra unito arriverebbe, invece, al ballottaggio col M5S, ridimensionando, in modo clamoroso, numeri e influenze dei democratici: questo avrebbe ripercussioni tali da far saltare patti nazionali.
E perciò non va bene. Pacta sunt servanda.
L’Italia, dopo l’implosione della Prima Repubblica, e le stragi di assestamento del 1992, è, da almeno vent’anni, divisa in zone d’influenza fra due cosche principali.
Una sorta di tacita Jalta. O di Chicago anni Venti.
La destra ha le proprie zone, i sinistri le loro.
A volte capita un imprevisto: un colonnello avido, un’inchiesta troppo scrupolosa, una elezione che va storta. Fra buoni amici, però, tutto s’aggiusta. La sinistra, a sorpresa, perde Roma; subito la destra perde Milano. La sinistra perde le politiche, ma subito la destra tracolla alle amministrative. La RAI vince in prima serata, ma il grosso dei ricavi pubblicitari va a Mediaset. Mediaset blocca i programmi più concorrenziali sotto Sanremo e la RAI si accolla gli onerosi bolliti di Canale 5. Berlusconi si pappa la Rizzoli e la sinistra zitta. La sinistra irrompe col monopolio Espresso, La Stampa, Repubblica, Secolo XIX e la destra zitta.
Una danza di miliardi, con le rispettive cordate (che include gli elementi più eminenti del salotto buono, sempre lì a fare i maestrini liberali di giorno e incassare, da buoni papponi, di notte).

14 maggio 2017

Qualche considerazione sulle elezioni regionali (2015)


Pubblicato su Pauperclass il 2 giugno 2015
 
Poco si muove sul fronte meridionale dell’Impero, la trincea più bersagliata. Le vettovaglie latitano, il morale è basso, i comandanti palesemente inetti, e persi in un corrotto sadismo, eppure la truppa ancora dà pochi segni di vero malcontento. Si limita a borbottare. Le linee, apparentemente, tengono.
Le ultime elezioni regionali consegnano questo quadro.
Proverò a esporre al garbo delle vostre critiche alcune personali considerazioni
Una di queste, però, l’ultima che vi dirò, mi piacerebbe vederla approfondita in sede di controinformazione.

La torta della democrazia
 
Questa è quasi una legge. Statistica storica sociale o psicologica non so.
Al decrescere dell'affluenza i rapporti fra le varie componenti dell'elettorato rimangono sostanzialmente stabili. Voto libero, clientelare, e fideistico (tradizionale o di appartenenza) tendono a rimanere in rapporti costanti fra di loro.
Che la torta democratica sia di venti fette, o dieci, o quattro, o composta da poche briciole, le dosi degli ingredienti di tali fette o briciole saranno in rapporto costante fra loro.
Una volta si credeva che una bassa percentuale di votanti favorisse il voto dei clientes a danno di quello libero. Forse lo credono anche nelle secrete stanze: infatti hanno piazzato le votazioni durante un ponte vacanziero sterminato. Ma gli elettori italiani si son portati avanti, evidentemente.
Una maggiore affluenza, insomma, avrebbe portato a percentuali non dissimili da queste.
 
Voto clientelare. I partiti maggiori (tra cui, in parte, la Lega) hanno cannibalizzato le riserve di caccia democristiane e del pentapartito. Il PD può, inoltre, contare sui residui clientelari dell'apparato comunista (sindacati, soprattutto). 30% circa dei votanti.
 
Voto fideistico. Il voto fideistico, tradizionale è ancora forte, specie nelle fasce anziane. I media lo preservano quale reliquia preziosissima: chi vota a destra lo fa per dar contro alla sinistra e viceversa. Ogni depositario di tale sentimento è adeguatamente aizzato dai media di competenza. A destra esiste uno spauracchio guareschiano dei comunisti; a sinistra si teme la destra razzista e fascista. Un votante fideistico (un piddino, ad esempio) si vanta del fatto che su venti regioni quindici siano ‘rosse’: e si rallegra della cartina italica imbellettata di tale colore; un votante fideistico di destra gode nel vedere ‘asfaltata’ la Ladyfake veneta, Alessandra Moretti. E così via. 40% circa dei votanti.
 
Il voto libero. Riguarda al massimo un 30% di votanti. È intercettato da Lega, 5S e formazioni pulviscolari dell’estrema destra e sinistra.