Roma, 6 febbraio 2022
Il Male serve il Bene. Ma il Nulla distrugge entrambi. Guardatevi dal Nulla, quindi.
Dapprima il PIL, quindi lo spread, ora l’inflazione. La scienza statistica, usata contro il popolo, è una contraddizione in termini. Anzi, comincio a pensare che il gergo tecnico sotteso equivalga a quello della malavita: “buiosa” (la galera), “la birra” (partita di droga), “paranza” (clan) sono in corrispondenza d’amabili sensi con “capital asset”, “future Clearing House” e “margine operativo netto”. Alludono, insomma, a truffe e raggiri a livello planetario; trovarvi una causalità interna, e persino una debole plausibilità logica, risulta impossibile. Se un presidente occidentale, democraticamente eletto, cicala in Parlamento di “commodity futures” o “development capital” egli, in realtà, lancia messaggi e segni immediatamente riconoscibili dai compari: come il palo a chi tenta la rapa all’arrivo della madama. Che questi termini (“commodity futures” e “development capital”) abbiano un senso proprio e che tale senso si intersechi logicamente con quello di ulteriori altri sino a formare una “scienza” è fatto non perspicuo; assai poco intuitivo; difficilmente accettabile, quindi, se non campato in aria. Di cosa sia composto un libro postmoderno di economia politica non saprei dire.
Il Festival di Sanremo, da quando fu istituito l’Auditel (7 dicembre 1986), è in costante miglioramento d’ascolti. Da tale banale constatazione, e dalle relative, catastrofiche, inferenze, dovremmo tutti venire in sospetto delle scienze statistiche propinate (= usate contro) al popolo.
Patrick Zaki, colonna patriottica della Repubblica Italiana, assediato da supplichevoli microfoni d’ogni parte e colore, insiste a vociferare in inglese. Pacioso, insulso, e apparentemente inoffensivo, quasi quanto la larga padella facciale di Romano Prodi, fintamente ebefrenica.
Per un paio d'anni siamo a posto, scrissi nel 2019. Ora s’impone il cambio d’abito per i traditori sul palco, un po’ usurati nelle movenze e nelle giustificazioni senza giustificazione. Si ordisce, quindi, il marxista “cambiare la dama” onde convincere gli ottusi con la matita copiativa a votare, ancora un poco. Giorgia Meloni ricoprirà il ruolo di Garrincha di destra: la tecnica è la stessa seppur opposta a quella sempre adottata con successo dai compagni del PD (leggi: compagni della Meloni). Fingere di andare al centro, raccattare il pattume deluso in libera uscita, e poi filare a sinistra come se niente fosse. Avrà successo? È inevitabile: anche se la ragione griderà “no” (lo stesso “no” che s’imponevano i terzini contro Garrincha), le coratelle di destra, sensibili al mito della matita copiativa e di una vaga regione dell’essere chiamata stancamente “destra”, alla fine cederanno marchiando con la X degli analfabeti la cosiddetta scheda elettorale. Saremo così a posto per altri due anni. Almeno. (Marxista = afferente alle pantomime di Groucho Marx)
Si dice che Roma nacque da un fratricidio. Non è così. Romolo disegnò confini santi per delimitare un’area sacra: Roma. Remo li varcò: in quel momento rinunciò al ruolo di consanguineo per addivenire a quello di nemico. Romolo, con atto ineccepibile, lo giustiziò, poiché, in quel momento di fondazione, egli rilevava quale Santo ovvero custode del Sacro. Roma avrebbe costituito una comunità entro cui il sangue d’ogni gens avrebbe dovuto diluirsi; da qui l’inevitabile sacrificio del fratello. La fede in una comunità questo è. Quando Roma, come scrisse Giacomo Leopardi, si aprì al mondo, all’universale amore per il mondo, rinnegò il sacro e sé stessa: s’avviò quindi la decadenza, e la devastante implosione.
Quando in Matteo (10, 35-37) il Rompitasche Ebreo dice: “Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell'uomo saranno quelli della sua casa. Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me”, Egli si comporta come Romolo ponendosi quale Fondatore; ciò che vi è di estraneo alla Nuova Fondazione va eliminato poiché inevitabilmente nemico. Il sangue non conta a fronte di una costruzione onnicomprensiva, ideata per l’eternità. Questo ci parla anche d’altra fondazione, quella di cui siamo vittime oggi. Ecco il motivo dei costanti riferimenti alla costruzione, ai ponti, al cambiamento, all'edificazione; che sarà a fundamentis extructa. Chi non aderisce al nuovo sacro (green, PolCor, pattume civile) violandone i confini, verrà sacrificato agli dei inferi: chiunque potrà, quindi, impunemente ucciderlo: sia civilmente che fisicamente. Impunemente, cioè al di fuori di leggi e costituzioni. Come nelle XII Tavole romane: egli sarà dichiarato “sacer esto”, un maledetto. Ne parlai in Sacer esto qui PolCor violavit, ma in pochi compresero … ai micchi piace immensamente crogiolarsi nei grafici, nelle statistiche, nella goliardia social: i sommovimenti strutturali apocalittici ben poco gl’interessano, troppo lambiccati a parer loro… il frutto di elucubrazioni eteree … cosa contano tali minuzie quando ci si affida agli eroi: Puzzer, Borgonovo, Cacciari … a sostituire Bagnai, Salvini e Saviano ... Non c’è niente da fare, gli piace tifare ... e, dalle trincee del tifo, votare magari … perpetuando il servaggio democratico.
La nuova applicazione universale si appella IO. Lo trovo logico. IO é l’Altro, cioè una copia di noi stessi in versione digitale. Tale versione digitale ci soppianterà gradatamente. A tale deriva metafisica alludevano le numerose distopie fantascientifiche nate in terra angloamericana, dal Finney de L’invasione degli ultracorpi al Dick di Blade runner e de I simulacri. Avanti di quarant’anni nella psicopatia, essi, più che prevedere, descrivevano un processo in via di consolidamento.
L’alter ego, IO, presto unico riferimento dello Stato, si incaricherà di pagare imposte e tasse, di accedere alla sanità e alla previdenza, ai database di fornitori e somministratori di energia e comunicazioni; e, poi, col beneplacito d’ognuno, servirà anche ad amoreggiare, a divertirsi: in vece nostra. E quale la catastrofe ovvero lo scioglimento della tragedia? Questa: l’alter ego digitale, acquisito pieno possesso della nostra identità, potrà finalmente liberarsi di noi.
La metafora del massone toscano Carlo Collodi in coda al più noto romanzo per fanciulli: il burattino che pende disarticolato da una sedia, in un groviglio di fili, il bambino, partorito ex novo (senza ombelico, ovviamente), dopo il rito lustrale iniziatico consumato nel ventre d’un pesce, che lo riguarda con fare tra nostalgico e patetico. Il burattino siamo noi; dei Nuovi Bambini senza Ombelico, invece, illustrati chiaramente dal pedofilo Arthur Clarke nei romanzi capitali A space odissey (Odissea nello spazio, 1968) e Childhood’s end (Le guide del tramonto, 1953) posso dire questo: non saremo noi.
Qualcuno
ha mai compreso Il nome della rosa?
Il
sinistro Umberto Eco organizzò, dal nulla della propria albagia, uno dei casi
editoriali del dopoguerra ricorrendo a elementi inusitati: il Medioevo, le
scritture cifrate, il fascino del proibito, gli eresiarchi e, non ultimo, il
giallo - genere eminentemente piccolo borghese - la cui vitalità riposa sulla
curiosità spicciola: “who done it” (“chi è stato?”). Da allora il diluvio di
detective stories ambientate nei più diversi recessi della storia; fino
all’orgia di Dan Brown e degli innumerevoli epigoni.
Sinossi:
un francescano inglese, Guglielmo da Baskerville, sorta di Sherlock da Occam
(uno che riassume in sé Enrico VIII, la Rivoluzione Tecnica - porta gli
occhiali! - e il Reset ‘666) assieme al giovane Adso Watson da Melk (un luterano
ante litteram: avrà pure a concupire una villica) muovono verso un’abbazia
benedettina in terra pisana.
La
corazzata antipapalina (e, perciò, antiromana) scoprirà, con crescente
partecipazione del lettore micco, che la Chiesa (cattolica) si compone di
sodomiti (Malachia), mezzi pederasti (Ubertino da Casale), vili affaristi (l’abate),
millenaristi fuori di cucuzza (Salvatore e Remigio da Varagine), tripponi magna
a ufo (il cellario); per tacere del ragno nel centro della tela, il
bibliotecario cieco Jorge da Burgos, che uccide per veneficio chiunque osi
metter le mani sul blasfemo secondo volume della Poetica di Aristotele dedicato alla commedia (una brillante
invenzione dello stesso Eco).
Avete
compreso la contrapposizione interna a tale abile costruzione?
Un
Nuovo Mondo, prefigurato con qualche secolo d’anticipo, quello liberale,
protestante, angloamericano, produttivo, efficiente, avanzato, tecnico, preme
alle porte della Storia per soppiantare l’antica costruzione classica e
cristiana: meditativa, lenta, razionale, spirituale, metafisica, concettuale.
Nelle
postille l’Eco Umberto sommessamente ricorda, contornando il tutto di delicati
aneddoti popolari, che il titolo gli è cicciato in mente leggendo la frase di
Bernardo di Cluny: “Stat rosa pristina
nomine, nomina nuda tenemus”. Possiamo tradurre così: “la” rosa, cioè la
Rosa, il suo concetto eterno, non esiste; ne riteniamo solo il nudo nome.
Esistono
i cavalli, ma non la cavallinità, per riesumare un esempio da liceali bolsi;
tale fede nelle rose, a disvalore della Rosa, identifica sommariamente la
dottrina nominalista, contrapposta al concettualismo. Nominalista, a esempio,
fu Guglielmo da Ockam, inglese nato nel Surrey e morto a Monaco di Baviera,
dove, ancor oggi, si tiene un rumoroso festival di alcolizzati.
Le
sette parole di Bernardo da Cluny sono centrali per comprendere la decadenza
dell’Europa e l’insorgere lento della Bestia; da esse originarono l’empirismo,
la scienza-tecnica, Bentham e Hume, Arthur Clarke, Umberto Eco, la Borsa,
l’usura, Adam Smith, l’aspirapolvere e Sherlock Holmes, il più efficiente dei
cretini, colui che ignorava l’eliocentrismo, ma era versatissimo nel
riconoscere le varie specie di cenere di tabacco.
La
guerra nata in quelle sette parole è oggi vinta.
Sappiamo
da chi.
Per
me, l’ho persa.
Onde
comprendere la mia disfatta, e quella di noi tutti, basta scorrere il blog. Tutto vi allude.
I grandi reset della Storia sono corollario delle parole di Bernardo. Le tre Roma, epicentri della sapienza classica, Roma Bisanzio Mosca, vennero attaccate alla radice. Le capitali spirituali d’Europa rase al suolo, fisicamente, e ricostruite. I vincitori, però, ancora agognano la vittoria totale e totalizzante. Per questo premono sul reset universale. La riedificazione è sotto gli occhi di tutti, schiavo per schiavo, parola per parola, menzogna per menzogna.
Lo Scisma operato dalle innocenti parole di Bernardo da Cluny lo si vive tutti, da sempre. Ora viviamo nell’ecpirosi finale.
Certo, la tecnica ci ha reso alcune comodità. Ma, come sempre, occorre chiedersi: cosa abbiamo dato in cambio di questa minuzia? La risposta è quella: l’anima. Non sono a rischio d’essere uno spiritualista; di fatto, purtroppo, non sono nemmeno un credente: amo solo l’estetica del mondo che abbiamo perduto. Ché nella bellezza ravviso la salvezza; e la speranza, pur tenue, di una fede. E però: l’anima! Questa la risposta. Numerosi critici letterari si sono interrogati sulla relazione fra insorgere del romanzo gotico e del perturbante in parallelo al nuovo assetto tecnico-economico; il gotico, coi suoi oscuri recessi, insorge proprio in Inghilterra e Germania, terre di Guglielmo e Adso; poi, nella versione putrescente, allaga la Francia. La psicologia, versione scientifica del romanzo dell’orrore, attecchisce, invece, a Vienna (un tiro di schioppo da Melk) per magia d’una ristretta congrega di millenaristi amanti dell’inversione; anche l’estetismo decadente, diabolica coda ennui, pone radici in territori sconsacrati al Cristianesimo e al mondo classico. Terrore, ansia … il Doppelgänger, l’Altro, il Diverso da Sé, l'Intruso, il nicciano dividuum … i mostri che risalgono le budella dell’evoluzione, le insidie di Nyarlathotep … nel mondo classico la letteratura gotica o quella compiaciuta della putrefazione decadente non esiste; nemmeno il tormento dell’anima, la depressione, la goffa introspezione del sé intesa come autoflagellazione … se lacerazione esiste essa viene ricomposta in unità crescenti: la comunità, l’ecclesia, Dio. Il fantastico, anche il più terribile, ha la chiarezza e la definizione solare di una pietra incisa in belle lettere capitali romane. Il Satiro, a esempio, declama la sorte senza rimedio dell’uomo: eppure egli ride! E con lui sorride la vittima! Ecco la differenza! L’uomo classico combatteva, amava e moriva conoscendo la verità dell’annientamento; traeva forza dalla morte poiché intravedeva Qualcosa d’Altro. Nessun peso su di lui, nessun estraneo, nessun mostro. Gli amici, la gens, la città, la comunità, la confraternita, il divino assicuravano il ricordo, la salvezza, il compianto: l’eternità.
Jorge da Burgos, il Santo, impedisce a chiunque di avvicinarsi al libro proibito. L’intera biblioteca, di cui è Custode, si trasforma in una trappola mortale per gli avversari. La biblioteca è la Biblioteca ovvero lo scibile classico i cui confini (finis Africae, nel romanzo) sono sacri. Alla fine Essa, dis-sacrata dagli Avversari, un inglese e un luterano, brucia. Assieme al libro della Commedia su cui Jorge da Burgos (o Jorge Luis Borges), dirà: “Il riso è la debolezza, la corruzione, l'insipidità della nostra carne. È il sollazzo per il contadino, la licenza per l'avvinazzato, anche la chiesa nella sua saggezza ha concesso il momento della festa, del carnevale, della fiera ... Ma ... qui si ribalta la funzione del riso, la si eleva ad arte, le si aprono le porte del mondo dei dotti, se ne fa oggetto di filosofia, e di perfida teologia ... se qualcuno un giorno, agitando le parole del Filosofo, e quindi parlando da filosofo, portasse l'arte del riso a condizione di arma sottile ... se alla topica della paziente e salvifica costruzione delle immagini della redenzione si sostituisse la topica dell'impaziente decostruzione e dello stravolgimento di tutte le immagini più sante e venerabili - oh quel giorno anche tu e tutta la tua sapienza, Guglielmo, ne sareste travolti!”. Ovviamente Jorge ha ragione: il riso popolare, l’inversione dei ruoli, la derisione sono alla base della festa, che è un’eccezione, debitamente e cautelosamente regolata, della vita civile; se i filosofi, però, e le classi dirigenti la eleveranno a norma, decostruendo, con esso, ogni metafisica, si verrà travolti dalla Bestia. Ciò vuole significare Jorge, il Ragno della Classicità. Eco, l’Inglese e il piccolo luterano sono dalla parte opposta, quella storicamente vincente; Jorge avvamperà, nei corridoi infocati e labirintici, assieme al passato di cui era epitome. Ecpirosi finale. Caduti i santi custodi, la porta è ormai aperta per le scorrerie barbare. I filosofi si faranno derisori dell’Antico: da Voltaire in poi, infatti, sarà tutta una risata. La gravitas, la plumbea e persino lugubre battaglia della civiltà contro la dissoluzione è perduta. Per tale battaglia alcuni di noi hanno sacrificato, spesso senza avvedersene, l'intera esistenza. In loro agiva, infatti, un istinto … solo un istinto!
Leggo, in esergo a un breve saggio sul matrimonio antico romano, alcuni commenti online. Il delirio della correttezza si abbatte sui mores romani. Il centro delle polemiche: la donna. I Romani sposavano bambine! La donna era una schiava! Anche nel Medioevo, però, si uccidevano le donne, sistematicamente, indiscriminatamente! Lo ius primae noctis! Solo durante l’Impero ci fu illuminismo! Perché le matrone potevano finalmente truccarsi e metter le corna al marito! Libere finalmente! Solo un pocolino, però, ché il patriarcato romano ha le mani sporche di sangue! Lo sappiamo tuttə!
Questi yahoos, che rimestano la merda, sporcandosi la faccia di merda, tutti allegri per il maquillage, sono e saranno i nostri carnefici. Non ho dubbi su dove essə abbiano tratto queste fanfaluche: nelle scuole, nei licei, nelle università da tre palle un soldo ... compulsano la storia della propria Patria con le lenti colorate di un’ideologia sorta da nemmeno vent’anni, a loro straniera, e concepita proprio per distruggerlə. Eppure vi credono. È la medesima antropologia culturale di nuovo conio di cui giornalini come “Corriere della Sera” e “Repubblica” saturano i loro inserti effeminati: mascolinità tossica, egalitarismo, falsi storici, melasse saggistiche senza capo né coda. Come se la salute, la forza, l’equilibrio e la razionalità di una civiltà dipendessero dagli apprezzamenti di Michela Murgia e Betty Goldstein. Ma lo stesso vale per i Kula Kula, gli Aztechi o gli Aborigeni australiani. Ogni civiltà è ciò che è: l’opinione conta nulla rispetto alla pienezza e all’ascesa. La civiltà, se in salute, filtra gli umori più estremi, li decanta, si riorganizza: mai nella rivoluzione, però, ma sempre per sommovimenti interni debitamente meditati o repressi. Se un console romano ha deciso di far sposare la figlia a tredici anni ciò è sintomo di una felicità e non di una mancanza, come il dysangelium approntato in qualche ateneo corrotto dalla finanza internazionale vorrebbe sostenere.
Il Festival di Sanremo sembra la festicciola del Rocky Horror Picture Show, anche se, ammettiamolo, il protagonista Frank-N-Furter, scienziato bisessuale travestito del pianeta Transexual, si consegna alla storia del cinema con accenti assai più morigerati. Grande risalto l’ha avuto un travestito: id est: un maschio travestito da femmina. Il solito ballon d’essai; uno sconosciuto che assurge improvvisamente, illogicamente, insensatamente, alla notorietà. Questa insistenza verso la fluida ambiguità, declinata in Italia con accenti di rara pochezza, su di un palcoscenico riservato a una platea d’ottuso conformismo, mira solo a creare l’ennesimo simbolo della liquefazione. Qui siamo dalle parti dell’androgino primordiale in cui ogni perversione trova requie poiché le soddisfa tutte, naturalmente. Che tale figura sia assai importante nelle cabale, oltre che nella comprensione di alcune parafilie, è materia per La Palice. Il poverino usato per l’occasione è, ovviamente, innocente, e ha tutta la mia comprensione.
Una delle protagoniste del Festival una volta fu ricoverata d’urgenza a causa d'una bottiglietta in vetro infilata nel retto. L’estrazione ebbe a occupare la prestidigitazione d’un paio di volenterosi. La notizia me la diede l’infermiere di servizio, un invertito senza scampo, che riaffermò la verità del fatto giurandola sulla testa della madre; il che lo gratificò, ai miei occhi, del green pass della credibilità.
In Family guy (La famiglia Griffin), un falso cartone animato, i componenti della famiglia (genitori, tre figli, cane, e frattaglie varie di parentame e amici) si accoppiano ogni puntata fra di loro dando libero sfogo a pulsioni incestuose, omosessuali, zoofile praticando giocosi assassinii e vorticosi cambi di genere. Nessuno si sogna di alzar motto … si ha timore, forse, di essere additati come … già come? I nostri carnefici, teen e dintorni, si cibano di questa sbobba quotidianamente; poi, cresciutə di qualche anno, munitə di laurea triennale in Femminismo Comparato, andranno a indignarsi sui social perché nel 103 d.C. Flavia Pannichide si sposava a tredici anni o perché i Bunga Bunga d’Islam praticano ancora l’escissione del clitoride.
Lo scisma provocato da quella minuscola frattura (“Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus”) si allargherà rovinosamente sino a sancire una faglia oggi irreparabile e che minaccia l’estinzione della Cristianità, di noi e dell'impalcatura classica e razionale che sorregge l’Europa da più di tremila anni. Jorge Luis Borges, forse discendente di Jorge da Burgos, ne sottolineerà la portata in un minuscolo saggio-divertimento, L’usignolo di Keats:
Non sei stato creato
per la morte, uccello immortale!
Nessuna generazione
affamata ti calpesta;
la voce che ascolto in
questa notte fuggitiva
fu ascoltata
anticamente da imperatori e contadini:
forse la stessa canzone
che si fece avanti
nel triste cuore di
Ruth, quando presa dalla nostalgia
della sua casa,
piangeva in mezzo al grano straniero;
la stessa che molte
volte incantò,
aprendo magiche
finestre sopra la spuma
di mari pericolosi,
nelle fantastiche terre delle Fate.
Borges enumera, a proposito della lirica di Keats, alcuni luoghi della critica di madrelingua inglese. Ne trae la certezza che gl'Inglesi (e le loro derivazioni) sono a stento capaci di intendere l’usignolo nella sua evidenza simbolica: “Il reale, per quella mente [la inglese], non sono i concetti astratti, ma gli individui; non l’usignuolo generico, ma gli usignuoli concreti. È naturale, forse inevitabile, che in Inghilterra non sia compresa rettamente l’Ode a un usignuolo … L’Inglese rifiuta il generico perché sente che l’individuale è irriducibile, inassimilabile e senza eguale”. La mente (di Guglielmo da Baskerville, di Ockam, di George Bush) rifiuta la metafisica, gli è impossibile assimilarla. Ciò lo predispone naturalmente alla tecnica; ma la tecnica, oggi degenerata, lo getta in un solipsismo barbaro. Giudicare uomini e cose entro il cono di tale luce ristretta può facilitare l’efficacia delle proprie azioni, sgombre come sono dalla coltre di scrupoli etici, ma apre la via alla povertà intellettuale, alla disfatta d’ogni nobiltà e bellezza. Il rigetto della metafisica, di ciò che sempre è, si traduce nel rifiuto dell’astrazione. Per questo nel racconto perturbante di ascendenza inglese è il bianco, colore generalissimo, a generare la paura: le montagne innevate di Lovecraft, la finis terrae di Gordon Pym, il pallore di Dracula, le nevi de L’uomo invisibile; anche il bianco, accecante, il vuoto, delle carte geografiche di Marlow, protagonista di Cuore di tenebra ... E ciò che attrae, come una musica nostalgica, e al contempo atterrisce, dev'essere esorcizzato nella distruzione. Di tale ansia vi sono numerosi esempi: il dileggio (l'astrattismo lato sensu che annienta il senso oltremondano nell'arte) o il disprezzo (la foto del marine vittorioso a Baghdad, assiso in poltrona da trionfatore, sigaro in bocca, al centro d’un palazzo schiantato dai proiettili) o l'incontrollato amor vacui, una libidine di eccesso annichilente (l'Enola Gay).
Ho una bella bambina.
La sua figura è come i fiori
d'oro: è l'amo remio, si chiama
Clèide.
Se mi date la Lidia intera io non la do,
se mi date l'amabile ... io non la do.
Sono versi di Saffo dedicati alla figlioletta (frammento 152, da Ernst Diehl, Anthologia lyrica graeca). Clèide era anche il nome della madre di Saffo. Amo leggerli in questa versione di Filippo Maria Pontani, ogni tanto. Non so di una cosa più semplice e immediata di questa. Più bella. Eppure, tale istinto elementare cela una profondità oggi insondabile ai più. Se qualcuno di noi vergasse linee simili a queste scadrebbe nella puerile faciloneria, o addirittura nel grottesco.
Le parole di Saffo, invece, non sono esaurite dal loro significato perché immerse in una fede che le vivifica.
La loro radice è altrove.
In quale luogo, quale scrigno?
Dove troveremo il veleno per i nostri nemici, rispondo.
Alceste, tu quoque! C’est Lapalisse…
RispondiEliminaVan bene tutte e due, credimi.
EliminaNon controllo nemmeno, avrai ovviamente ragione tu, mi sembrava impossibile infatti
EliminaCredo di conoscere il sito di storia romana a cui ti riferisci (romanoimpero.com). L’ho bazzicato anch’io per un po’ di tempo: da un punto di vista storico è interessante, ma ha una radicale impronta ideologica femminista (da notare che fra i siti preferiti vi è uno dedicato al matriarcato, che è quanto dire), da erinni isteriche perennemente mestruate. Spesso in tale ritrovo ideologico i romani antichi vengono paragonati agli islamici, ai talebani ed a ben guardare hanno ragione, erano uomini tetragoni fortemente legati alla propria identità storica, religiosa e sociale. Perché fra l’Orazio superstite che uccide la sorella che ha osato piangere la morte del Curiazio, suo promesso sposo, e Drusilla Foer, c’è di mezzo la democrazia. Drusilla: il nome della moglie di Augusto, prototipo della matrona romana assieme a Cornelia ed Ottavia. Non è perfetto? Lo svilimento, l’infangamento, la scimmiottatura volgare e disgustosa di tutto ciò che c’è di alto, di sublime, di ammirevole.
RispondiElimina“cosa abbiamo dato in cambio di questa minuzia? La risposta è quella: l’anima”; Hai mai letto il frammento sul suicidio di Leopardi? Il poeta mette in diretta relazione il suicidio e la ragione, la meditazione “scientifica”, arida. Ed è emblematico come Leopardi faccia proprio riferimento all’Inghilterra, come epicentro di una vera e propria ideologia mortifera. La ragione, la conoscenza in senso illuministico, svuota e rende impossibile la vita, anche la semplice esistenza e la religione. Solo il ritorno all’antica “ignoranza” può ridare senso alla vita: “O sieno cose antiche o non antiche, il fatto sta che quelle convenivano all’uomo e queste no, e che allora si viveva anche morendo, e ora si muore vivendo, e che non ci sono altri mezzi che quegli antichi per tornare ad amare e a sentir la vita”. Un concetto che esprime anche nel passo 626 dello zibaldone. Cordiali saluti!
Può darsi che il sito fosse quello, ma il sito c'entrava poco. Ma è sempre così: a scorrere i commenti c'è da togliersi dal mondo, davvero. La democrazia e la scienza? Basta intendersi su quale democrazia e scienza. I comizi curiati erano assai più democratici del pellegrinaggio alla cabina elettorale, anche il centralismo comunista era meglio ... la scienza non è più tale, ma solo tecnica ... un saper fare qualcosa, conoscere un determinato campo, matematizzare in base a quella minuscola sapienza. E soprattutto è assenza di logica e di filosofia. Su Leopardi sono d'accordo, sul nomignolo Drusilla anche ... è stato scelto ad hoc.
EliminaEgregio,
Eliminaho letto questo articolo e mi è venuto in mente il suo blog. Non vorrei che le sfuggisse l'ultima moda...
https://www.breitbart.com/europe/2022/02/07/male-castration-cult-headed-by-eunuch-maker-raided-by-uk-police/
RispondiEliminaIl nome della rosa - gia' ma quale rosa?
C'e' quella rossa, eco sinistro, oppure quella rosa, come le quote.
Il matriarcato non e' forse una necessita' per quei femministaioli che possono dar per certo uno solo dei due genitori?
A proposito di cattiverie gratuite, di cui sono in vena, e suicidi, di cui si e' accennato, mi viene in mente Otto Weininger, questo piccolo gigante quasi dimenticato, le cui intuizioni e i cui errori furono grandiosi in egual misura.
Non e' vero - diceva - che la donna non ha una propria vita interiore: e' che questa dura al massimo nove mesi.
...Esiste, tornando a Romolo, anche una terza Rosa, in cui un inno natalizio inglese del secolo XV, anonimo, riferito alla Vergine Maria, afferma essere contenuti "Cielo e Terra in poco spazio".
Maria come Sophia, quindi. La Donna universale - Beatrice secondo una commedia - come mezzo per accedere ai livelli superiori. Di fronte a questa rosa converrebbe inchinarsi per - essendone degni - baciarla.
Qui il doppio senso sessuale viene meno dal momento che il senso e' solo uno, il sesso stesso essendo solo un simbolo di Altro.
Dopo tanto peregrinare posso finalmente dare ragione a De Maistre:
"La donna non puo' essere superiore che come donna, ma dal momento in cui vuole emulare l'uomo, non e' che una scimmia."
P.S. A proposito di scienza, Google (non direi tra i primi) ha recentemente violato la famosa seconda legge della termodinamica*. Ma non e' nemmeno di questo che volevo parlare.
La cosa interessante e' il modo in cui ne parla un Istituto che usurpa il nome di Dante Alighieri
https://www.istituto-dantealighieri.it/ultime-notizie/cosa-sono-i-cristalli-temporali-appena-ottenuti-con-il-computer-quantistico-di-google
Cito testualmente, maiuscolo mio:
"I cristalli temporali possono sempre ruotare tra due stati senza perdere energia, quindi hanno evitato con successo uno dei più importanti definizioni di fisica – la seconda legge della termodinamica. La legge stabilisce che il disordine del sistema isolato (cioè “entropia”) deve essere sempre crescente. E questo MAGICO cristallo temporale sarà sempre stabile."
Poco dopo ancora:
"DAL PUNTO DI VISTA DEI FISICI, i cristalli temporali sono un oggetto MOLTO MAGICO perché non sono governati dalla seconda legge della termodinamica, una delle leggi più infrangibili della fisica."
Dal punto di vista dei fisici sono un oggetto molto magico?! Ma sono fisici o sciamani?
*Devo dire per correttezza che Wikipedia EN nicchia un po' a riguardo.
Egregio,
RispondiEliminaho letto questo articolo e mi è venuto in mente il suo blog.
Lo segnalo tanto per non farci mancare nulla...
https://www.breitbart.com/europe/2022/02/07/male-castration-cult-headed-by-eunuch-maker-raided-by-uk-police/
Se non ne ha abbastanza, può spulciare anche l'articolo originale del Sun, ha delle curiosità gastronomiche dal sol levante...
SOLO SE RISPETTERANNO I TEMPLI E GLI DEI DEI VINTI, I VINCITORI SI SALVERAANO...
RispondiEliminaIl riso è la debolezza, la corruzione, l'insipidità della nostra carne. È il sollazzo per il contadino, la licenza per l'avvinazzato, anche la chiesa nella sua saggezza ha concesso il momento della festa, del carnevale, della fiera ... Ma ... qui si ribalta la funzione del riso, la si eleva ad arte, le si aprono le porte del mondo dei dotti, se ne fa oggetto di filosofia, e di perfida teologia ... se qualcuno un giorno, agitando le parole del Filosofo, e quindi parlando da filosofo, portasse l'arte del riso a condizione di arma sottile ... se alla topica della paziente e salvifica costruzione delle immagini della redenzione si sostituisse la topica dell'impaziente decostruzione e dello stravolgimento di tutte le immagini più sante e venerabili - oh quel giorno anche tu e tutta la tua sapienza, Guglielmo, ne sareste travolti!”.
RispondiEliminaIl "venerabile ragno" ha torto marcio... ogni metafisica, ogni mito, ogni tradizione che non sappia resistere alla propria decostruzione, merita di cadere e scomparire.
La Verità infatti non può essere intaccata dal riso nè da nessun altra speculazione umana. E se niente sa resistere ai dissolutori, allora non c'è alcuna Verità.
Delle piccole verità possiamo fare a meno, sono solo invenzioni umane per abbellire e renderci un po' più confortevole il breve trascorrere in questo pazzo caravanserraglio in cui siamo stati arruolati.
Spero che esista la tua intaccabile Verità. Anche una piccola verità, tuttavia, creata per addolcire il mondo, ha una propria rilevanza.
EliminaLo spero anch'io, caro Alceste. Mi difetta la fede in Essa, e non ne ho purtroppo certezza, solo speranza. Le piccole verità dolcificanti però le trovo troppo solubili, appena le verso nella tazzina delle realtà si sciolgono subito. Ad ogni modo, quel che non può resistere al riso, merita di cadere. Di questo son convinto.
Eliminale verso nella tazzina delle realtà, si sciolgono velocemente .
Alceste! 1666: ho approfondito il tuo discorso.
RispondiEliminaNella mia ignoranza non conoscevo la data e per cui non avevo fatto il collegamento immediatamente.
Newton ha potuto osservare la mela cadere perche' sul finire dell'estate del 1666 la mela era matura.
La caduta della mela "cosmica" segnava l'inizio della stagione autunnale.
Grazie mille per i preziosi spunti di riflessione.
Sto esaminando, a proposito di tale data, anche il grande incendio di Bisanzio-Costantinopoli (1660). Della mela non sospettavo: la tua rivelazione mi induce a credere che l'episodio possa persino essere una invenzione retrospettiva (dato che c'è Voltaire di mezzo): quindi ancor più significativa.
EliminaQuando ci sono mele di mezzo in genere ci sono anche serpenti, per cui certo.
EliminaBene, attendo di leggere allora qualcosa su Costantinopoli e nel frattempo vedro' di approfondire anche io: 3 indizi, comunque, fanno gia' una prova.
Del resto nei "Protocolli" e' tutto dichiarato candidamente.
Lo so, sono un falso... nessuno metterebbe per iscritto un piano del genere commentandolo proprio come se volesse farlo conoscere alla parte avversa, rendendolo pienamente comprensibile.
Il fatto e' che vero o falso e' irrilevante. Il documento e' veridico, sia pure un'invenzione dell'Okhrana parla di qualcosa di reale. Gli stessi Savi possono essere poi solo un parafulmine.
Rileggerli, con gli occhi di oggi, fa un certo effetto.
Il PIL, lo Spread, l’inflazione, Al Quaida, Allah akbar, il buco dell’ozono, il virus, Putin. Le pecore vengono educate ad aver paura del lupo, poi vengono mangiate dal pastore.
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