Roma, 12 luglio 2019
Ho
recentemente letto, nel breve spiraglio di luce della follia digitale che, ogni
tanto, mi concedo, lasciando filtrare la parte d’irrealtà che mi circonda,
dell’introduzione di una nuova pillola della “buona morte”, riservata agli over
seventies, sani o insani che siano: in Olanda.
In Olanda, par di capire, un settantenne, o su di lì, nel pieno possesso delle sue facoltà mentali, pur non affetto da particolari infermità, e nemmeno agonizzante quindi, anzi, forse anche in buona salute, se non arzillo, vanta ora la piena capacità giuridica di recare a sé stesso la morte: previo, languido, accertamento (par sempre di capire) dello Stato (olandese, in tal caso).
In Olanda, par di capire, un settantenne, o su di lì, nel pieno possesso delle sue facoltà mentali, pur non affetto da particolari infermità, e nemmeno agonizzante quindi, anzi, forse anche in buona salute, se non arzillo, vanta ora la piena capacità giuridica di recare a sé stesso la morte: previo, languido, accertamento (par sempre di capire) dello Stato (olandese, in tal caso).
Tali
notizie non le approfondisco mai. Leggo due o tre righe, velocemente. Mi ci
soffermo un poco, poi le elimino dal cerchio della coscienza per non rimanere
invischiato da tale brago di meschinità, dal pantano asettico a cui hanno
ridotto una civiltà.
La
prima domanda che l’ingenuo si pone a fronte di tanta devastazione è quella più
inutile: “Questa notizia è vera o è
falsa? È una suggestione spettacolare, una provocazione o davvero l’ennesima
catabasi nella piena Libertà Nichilista, paludata da riforma
liberaldemocratica?”.
Chi
ha ben compreso l’essenza dell’informe, del pensiero debole e dell’aleatorio
che dominano incontrastati i cieli dell’Occidente e, quindi, del mondo tutto,
sa, con indefettibile certezza, che il vero e il falso sono ormai categorie
inservibili per giudicare il Potere.
Il
Potere, la Cultura Dominante intendo, ha confuso deliberatamente da tempo, i
concetti base del vivere ordinario. Il suo campo d’azione è il pantano, la
pozza protozoica; in essa non v’è alto e basso, male o bene, bensì la libertà,
infinita, di disciogliersi. In tale pozza, volenti o nolenti, nuotano già tutti.
Gli avannotti hanno un bel guizzare qua e là alla ricerca della verità: in
queste acque sterili e apparentemente limpide, senza vita, fitodepurate, è
impossibile trovare un verso, una direzione.
Questa notizia può essere vera. Bene. Ma può essere falsa: in tal caso servirà per inverare meglio il fenomeno più tardi. Il Potere, disponendo di un’utopia, non ha fretta: ha già deciso il suo porto. La Kill Pill può essere anche una provocazione, un ballon d’essai per saggiare le ultime resistenze. Nessuno può saperlo con certezza. L’unica cosa certa è che si nuota costantemente in uno stato di disperazione quieta e senza scampo: il suicidio, quindi, verrà legalizzato, prima o poi, dapprima con cautela, poi, officianti i sacerdoti del bene, sancito dal crisma della libertà assoluta e progressiva, l’unica rimasta. È indifferente, perciò, conoscere il vero o il falso. La catastrofe, solo quella importa: e la catastrofe, ultimo atto della farsa, è una sola: la dissoluzione.
Tale ultima dissacrazione, la dissacrazione della vita stessa, ormai ridotta a uno sbuffo d’aria, deprivata com’è da qualsiasi profondità e coloritura, dalle ombre di proiezione dei sentimenti più vivi, dalle circonvoluzioni della complessità, dagli anfratti e dai rifugi della coscienza - una vita incapace di organizzare anche il più debole idolo a protezione di sé stessa - tale dissacrazione introduce alla fasi ultime del vassallaggio universale.
Essere uno schiavo, un vero schiavo, perso nelle campagne romane dell’Impero o nelle piantagioni della Virginia, nelle fabbriche inglesi del primo Ottocento o nel folto dell’Africa, where is the blank, tra i cafoni o nelle terre della Malora, diverrà ben presto uno stato invidiabile della coscienza. La fatica, il dolore, le percosse, l’odio e la vera speranza saranno considerate vette irraggiungibili di pienezza per chi giace inanimato, svuotato, eviscerato della propria umanità o si aggira, come uno spettro disincarnato, nelle città irreali assieme a Stetson o Fleba il Fenicio. Agognare l’anima dolente di uno schiavo! Tanto detestabile apparirà l’esistenza a ognuno, simile a uno stato soporoso, drogato, privo di gioia e di dolore, che, pur di liberarsi dal fagotto di carne (tale è l’intrico di budella a cui si è ridotto l’omiciattolo postmoderno), si preferirà lo stato affine a questa catalessi: la nuova morte.
La Morte, la santa Morte, sorella Morte, che donava senso alla Vita, coi suoi spifferi freddi, ma, in fondo, benigni, la Morte che frugava con occhiaie buie il nostro cuore, più non esiste. Annullare la Vita equivale ad annullare la Morte e determinare due stati che si differenziano solo per qualche fioritura biochimica. Vivo in morte o morto in vita. Con-fusione. In-differenza.
Ho diciassette anni. Voglio morire. No, tu non vuoi morire. Chi odia e ama può voler morire in nome di una bella menzogna o di una santa utopia. Tu, cara Noa, sei niente. Aneli quindi il Nulla.
Credere a qualcosa tiene in vita. Non credere a niente dilava le interiora spirituali come acido. La strage delle illusioni. Si dice: noi cerchiamo la verità! Ma i postmoderni cercatori della verità, sedicenti scienziati dell’anima, irrisori e scettici da supermercato, non hanno compreso un briciolo di verità. Ciò che chiamano menzogna è l’uomo stesso. L’uomo è una menzogna, splendida e rilucente, ricca di sfumature e saliscendi corruschi: negare questo è negare l’umanità stessa. La verità, cos’è la verità? In interiore homine habitat veritas. Giusto. La si è costruita la verità, dentro di noi, da sempre, dalla condanna della coscienza in poi: e la verità è solo una: siamo circondati dal buio e dal nulla. Per sfuggire al buio e dal nulla, e dalla cruda verità delle nostre origini, la pozza protozoica, “l’uomo nella notte accende una luce a sé stesso” e questa luce è verità e menzogna allo stesso tempo: la civiltà che ci ha permesso di permanere in vita. Abolire in nome della Bontà tale costruzione, quale grottesca barzelletta! Sbriciolare il monumentum aere perennius che ci faceva dimenticare l’origine fangosa dei nostri giorni, questo il peccato, ecco perché Noa vuole morire.
La bella verità consiste nella dimenticanza: una bella menzogna, in ultima analisi.
Unreal city. Completiamo la citazione di Eraclito: “L’uomo nella notte accende una luce a sé stesso, spento nello sguardo, e vivente è a contatto con il morto, e desto è a contatto con il dormiente”. Ecco come la Classicità abbelliva la Vita con la Morte, e viceversa. Qui i due concetti sono cristallini, di egual misura e luce. Solo in tali contesti si può parlare di “bella morte” o pienezza di vita.
Questa notizia può essere vera. Bene. Ma può essere falsa: in tal caso servirà per inverare meglio il fenomeno più tardi. Il Potere, disponendo di un’utopia, non ha fretta: ha già deciso il suo porto. La Kill Pill può essere anche una provocazione, un ballon d’essai per saggiare le ultime resistenze. Nessuno può saperlo con certezza. L’unica cosa certa è che si nuota costantemente in uno stato di disperazione quieta e senza scampo: il suicidio, quindi, verrà legalizzato, prima o poi, dapprima con cautela, poi, officianti i sacerdoti del bene, sancito dal crisma della libertà assoluta e progressiva, l’unica rimasta. È indifferente, perciò, conoscere il vero o il falso. La catastrofe, solo quella importa: e la catastrofe, ultimo atto della farsa, è una sola: la dissoluzione.
Tale ultima dissacrazione, la dissacrazione della vita stessa, ormai ridotta a uno sbuffo d’aria, deprivata com’è da qualsiasi profondità e coloritura, dalle ombre di proiezione dei sentimenti più vivi, dalle circonvoluzioni della complessità, dagli anfratti e dai rifugi della coscienza - una vita incapace di organizzare anche il più debole idolo a protezione di sé stessa - tale dissacrazione introduce alla fasi ultime del vassallaggio universale.
Essere uno schiavo, un vero schiavo, perso nelle campagne romane dell’Impero o nelle piantagioni della Virginia, nelle fabbriche inglesi del primo Ottocento o nel folto dell’Africa, where is the blank, tra i cafoni o nelle terre della Malora, diverrà ben presto uno stato invidiabile della coscienza. La fatica, il dolore, le percosse, l’odio e la vera speranza saranno considerate vette irraggiungibili di pienezza per chi giace inanimato, svuotato, eviscerato della propria umanità o si aggira, come uno spettro disincarnato, nelle città irreali assieme a Stetson o Fleba il Fenicio. Agognare l’anima dolente di uno schiavo! Tanto detestabile apparirà l’esistenza a ognuno, simile a uno stato soporoso, drogato, privo di gioia e di dolore, che, pur di liberarsi dal fagotto di carne (tale è l’intrico di budella a cui si è ridotto l’omiciattolo postmoderno), si preferirà lo stato affine a questa catalessi: la nuova morte.
La Morte, la santa Morte, sorella Morte, che donava senso alla Vita, coi suoi spifferi freddi, ma, in fondo, benigni, la Morte che frugava con occhiaie buie il nostro cuore, più non esiste. Annullare la Vita equivale ad annullare la Morte e determinare due stati che si differenziano solo per qualche fioritura biochimica. Vivo in morte o morto in vita. Con-fusione. In-differenza.
Ho diciassette anni. Voglio morire. No, tu non vuoi morire. Chi odia e ama può voler morire in nome di una bella menzogna o di una santa utopia. Tu, cara Noa, sei niente. Aneli quindi il Nulla.
Credere a qualcosa tiene in vita. Non credere a niente dilava le interiora spirituali come acido. La strage delle illusioni. Si dice: noi cerchiamo la verità! Ma i postmoderni cercatori della verità, sedicenti scienziati dell’anima, irrisori e scettici da supermercato, non hanno compreso un briciolo di verità. Ciò che chiamano menzogna è l’uomo stesso. L’uomo è una menzogna, splendida e rilucente, ricca di sfumature e saliscendi corruschi: negare questo è negare l’umanità stessa. La verità, cos’è la verità? In interiore homine habitat veritas. Giusto. La si è costruita la verità, dentro di noi, da sempre, dalla condanna della coscienza in poi: e la verità è solo una: siamo circondati dal buio e dal nulla. Per sfuggire al buio e dal nulla, e dalla cruda verità delle nostre origini, la pozza protozoica, “l’uomo nella notte accende una luce a sé stesso” e questa luce è verità e menzogna allo stesso tempo: la civiltà che ci ha permesso di permanere in vita. Abolire in nome della Bontà tale costruzione, quale grottesca barzelletta! Sbriciolare il monumentum aere perennius che ci faceva dimenticare l’origine fangosa dei nostri giorni, questo il peccato, ecco perché Noa vuole morire.
La bella verità consiste nella dimenticanza: una bella menzogna, in ultima analisi.
Unreal city. Completiamo la citazione di Eraclito: “L’uomo nella notte accende una luce a sé stesso, spento nello sguardo, e vivente è a contatto con il morto, e desto è a contatto con il dormiente”. Ecco come la Classicità abbelliva la Vita con la Morte, e viceversa. Qui i due concetti sono cristallini, di egual misura e luce. Solo in tali contesti si può parlare di “bella morte” o pienezza di vita.
In
altro luogo Egli afferma: “Immortali
mortali, mortali immortali, vivendo la morte di questi, morendo la vita di
quelli”. Ancora i due poli sorpresi nell’eterna dialettica. E come sorge la
voglia di vivere da qui! Qualcuno, un ottimo conoscitore della vita e della
morte suppongo, adombra, in tale passo, una metafora: il sacrificio
dell’oplita. Ecco avanzare la muraglia compatta dell’esercito, le file serrate di
cuoio, legno e bronzo, irte di lance, uomini uniti gli uni agli altri in un
destino comune; qui non hanno campo gli eroi bensì la comunità. Si avanza con
la consapevolezza che i profumi del campo mattutino potranno essere gli ultimi
a inebriare le coscienze; si presagisce l’urto, la crudeltà, le grida bestiali,
il sangue e il sudore di sangue; non abbiamo Aiace o Patroclo a inseguire
nemici sulle rive dello Scamandro, né interventi divini a rabberciare le sorti.
A destra e a sinistra c’è chi veglia su di me, i compagni, nelle loro mani si ripongono
le volontà. Il clangore delle armi sovrasta la piana; a un oplita, uno
qualunque, senza nome, nel folto della battaglia, ecco, sfugge il respiro dal
petto, cade, muore; la fila è scompaginata per un attimo; all’istante, però,
subentra il compagno, da dietro, senza nome anch’egli, a vivere la morte di
quello che, col suo sacrificio, ha reso possibile tale nuova vita in prima fila.
Impossibile, per noi, ricreare il sentimento di quegli attimi, la violenta,
febbrile, esaltante creazione d’una ricchezza interiore che donava senso al
futuro: un vento di libertà così puro e debordante da ricolmare arte spiriti e
preghiere per secoli, con vigore inesausto.
La
preghiera, il dolore, l’ansia di sacrificio, l’altruismo, il pianto.
L’uomo era così ricco, in eccesso, di fantasia, esaltazione, odio e amore da dover sacrificare questi doni, le meravigliose sintesi del divino; l’eccesso di senso si scaricava, santificandosi, in forme e simboli amorevoli e paurosi che, appena creati, entravano a loro volta in una dialettica continua con i creatori e i loro posteri secondo un gioco di rimandi e apparenze vertiginoso e apparentemente inesauribile. La polisemia, l’equivoco, l’innocente fede o il fanatismo moltiplicavano questi grumi di bassa entropia, scambiati per superstizione dai meschini, in altri affini, simili o addirittura eguali, a ogni latitudine, ancora e ancora: una civiltà, nei secoli, veniva ad assomigliare a una lorica catafratta, ricca di inganni e di conforto.
Solo nella Prima Guerra si ebbe una pallida eco di questo universo multiforme e fantasmagorico. Ungaretti li concentrò in memorie funebri di composta classicità; la sua lirica più famosa, alberi e foglie, procede da Mimnermo.
Il capitano Gadda, invece, li fissa in immagini umane oggi impensabili e impossibili da traslitterare in parole acconce. Questo misantropo, dalle accensioni atrabiliari, capace di scherzare sulla guerra nelle lettere al fratello Enrico, aviatore e medaglia d’argento, caduto nel 1918, rilascerà versi in prosa di forza tacitiana al ricordo del tenente Calvi (Imagine di Calvi):
“A Celle, nell’Hannover … conobbi, venuto fuori dai regni baraondeschi della pluralità e della miseria, un tenente del genio: portava gli occhiali, altissimo della persona e curvo, con il polmone trapassato da una pallottola e appena rimarginato, non guarito. Era studente di matematica, e divenimmo amici: un’amicizia fragile e secca, nel gelo morale della disperazione, come quei fiori … vitrea piuma, che un soffio dissolve ... Egli, pallidissimo e scarno, con esangui occhiaie dietro le lenti, con tumefatte labbra sulla magrezza scheletrita del viso, per brevi commenti della sua voce (che pareva insorgere da una caverna disperata, profonda), egli con la povera e tremante mano rapidamente dedusse eguale da eguale, un lapis sopra lo strapazzato foglietto che avevo potuto trovare ... Non aveva soccorso da casa.
L’uomo era così ricco, in eccesso, di fantasia, esaltazione, odio e amore da dover sacrificare questi doni, le meravigliose sintesi del divino; l’eccesso di senso si scaricava, santificandosi, in forme e simboli amorevoli e paurosi che, appena creati, entravano a loro volta in una dialettica continua con i creatori e i loro posteri secondo un gioco di rimandi e apparenze vertiginoso e apparentemente inesauribile. La polisemia, l’equivoco, l’innocente fede o il fanatismo moltiplicavano questi grumi di bassa entropia, scambiati per superstizione dai meschini, in altri affini, simili o addirittura eguali, a ogni latitudine, ancora e ancora: una civiltà, nei secoli, veniva ad assomigliare a una lorica catafratta, ricca di inganni e di conforto.
Solo nella Prima Guerra si ebbe una pallida eco di questo universo multiforme e fantasmagorico. Ungaretti li concentrò in memorie funebri di composta classicità; la sua lirica più famosa, alberi e foglie, procede da Mimnermo.
Il capitano Gadda, invece, li fissa in immagini umane oggi impensabili e impossibili da traslitterare in parole acconce. Questo misantropo, dalle accensioni atrabiliari, capace di scherzare sulla guerra nelle lettere al fratello Enrico, aviatore e medaglia d’argento, caduto nel 1918, rilascerà versi in prosa di forza tacitiana al ricordo del tenente Calvi (Imagine di Calvi):
“A Celle, nell’Hannover … conobbi, venuto fuori dai regni baraondeschi della pluralità e della miseria, un tenente del genio: portava gli occhiali, altissimo della persona e curvo, con il polmone trapassato da una pallottola e appena rimarginato, non guarito. Era studente di matematica, e divenimmo amici: un’amicizia fragile e secca, nel gelo morale della disperazione, come quei fiori … vitrea piuma, che un soffio dissolve ... Egli, pallidissimo e scarno, con esangui occhiaie dietro le lenti, con tumefatte labbra sulla magrezza scheletrita del viso, per brevi commenti della sua voce (che pareva insorgere da una caverna disperata, profonda), egli con la povera e tremante mano rapidamente dedusse eguale da eguale, un lapis sopra lo strapazzato foglietto che avevo potuto trovare ... Non aveva soccorso da casa.
Non la sua tunica
logora, né la sua voce distrutta, non il pallore alto sopra la statura comune
degli uomini, né il chiaro commento circa l'eleganza rapida delle cose
deducibili, né la curva sua schiena di malato e di ferito, né la sua dignità d’uomo
intatta e ferma alle soglie della sua notte, nulla mi mosse a regalargli
neppure un pezzo di pane.
Egli non mi chiese mai
nulla, non mi parlò più mai del suo polmone trafitto, mi continuò a visitare
amichevolmente, altissimo, curvo; malato dalla voce di tomba, talora con un
sorriso nel volto e dentro le occhiaie pallide, esangui, al di là delle lenti
... Dopo un mese seppi, non vedendolo, ch'era entrato di nuovo alla
baracca-infermeria; poi, non ricordo bene, poi discese sotto la coltre della
terra tedesca, nel cimitero che l'abetaia contornava.
Qualche soldato della
stazione radio, sotto il cielo germanico, forse usciva la domenica verso le
croci solitarie: dalla brughiera il tratturo accedeva alla selva; forse, presso
il giardino della morte, la ragazza, con un fiore, aspettava. Al di là d'ogni
sentiero, al di là d'ogni male, nella opaca sua luce riposa, e non è coronata
di cipressi, la immutabile morte”.
Nemmeno qui è l’eroismo, solo il fondo umano. La malattia, l’amicizia fuggente, la cultura (Calvi era studente di matematica); il rifiuto del pane, troppo importante durante la prigionia, il pentimento, la celebrazione funebre. Dirà Goethe: “Oh, uomo!”, accennando a quella fiamma che, se non ravvivata dalle vestali millenarie, può venir “coperta dalle ceneri della necessità e dell’indifferenza quotidiana”.
Chiedersi quanta vita occorre per vergare questa sentenza di Tirteo: “Giacere morto è bello quando un prode lotta per la sua patria e muore in prima fila”. Chiedersi, al contempo, perché il Potere ha ossessivamente deriso queste parole.
Silvana De Mari afferma: “Questa è una cultura di morte!”. Ma non è vero. La Morte è ancella della Vita, o dell’Amore, come intuì uno degli ultimi esponenti integrali della Classicità. Questa, invece, è negazione sia della Morte che della Vita. È un brodo asettico.
Non senza un brivido osserviamo la tomba degli Àuguri di Monterozzi: esauriti gli stupori per gli affreschi ionici alle pareti, dobbiamo arrestarci a quella porta chiusa, sul fondo. Ciò che fummo non è più; domina la Morte, ora padrona. Rasenna, Francisco de Quevedo, Marco Aurelio, Beowulf convergono, qui, tasselli policromi d’una concezione davvero tragica.
La tragedia, come intuizione, immediata e lancinante, del rapporto tra l’infinito volversi del tempo universale e la particola umana. Un lampo; la porta, quindi, si richiude. Nel breve aprirsi del miracolo sta ciò che fa gioire o grondare mestizia: “Life’s but a walking shadow”.
Perché fu abbandonata dapprima la poesia e poi la tragedia, considerati vertici sommi dell’arte? Perché vennero rese impossibili dalla preterizione della dialettica estrema, Amore e Morte. L’amor che move, la porta che si richiude. Nella Tomba dei Giocolieri, avverte Giuseppe Semerano, “il defunto si attarda sul limitare a godersi l’ultimo tripudio dei giochi funebri”: stinge la Vita, in un tripudio, però. Ciò che si rinviene in queste notazioni è sempre la dicotomia, il limite, la definizione dei ruoli. La definizione, apollinea, rende auspicabile l’indefinita morte, e viceversa. Uccidere Apollo equivale a distruggere la radice attiva dell’esistenza, la Morte. I due poli collassano l’uno nell’altro, subentra l’Indifferenza, il suicidio, l’anomia. Cede la poesia, poi la tragedia per far posto alla cronaca nera, al romanzo; il diporto squallido, il ghiribizzo, il bozzetto la goliardata e la freddura idiota allagano il gazzettame.
Nemmeno qui è l’eroismo, solo il fondo umano. La malattia, l’amicizia fuggente, la cultura (Calvi era studente di matematica); il rifiuto del pane, troppo importante durante la prigionia, il pentimento, la celebrazione funebre. Dirà Goethe: “Oh, uomo!”, accennando a quella fiamma che, se non ravvivata dalle vestali millenarie, può venir “coperta dalle ceneri della necessità e dell’indifferenza quotidiana”.
Chiedersi quanta vita occorre per vergare questa sentenza di Tirteo: “Giacere morto è bello quando un prode lotta per la sua patria e muore in prima fila”. Chiedersi, al contempo, perché il Potere ha ossessivamente deriso queste parole.
Silvana De Mari afferma: “Questa è una cultura di morte!”. Ma non è vero. La Morte è ancella della Vita, o dell’Amore, come intuì uno degli ultimi esponenti integrali della Classicità. Questa, invece, è negazione sia della Morte che della Vita. È un brodo asettico.
Non senza un brivido osserviamo la tomba degli Àuguri di Monterozzi: esauriti gli stupori per gli affreschi ionici alle pareti, dobbiamo arrestarci a quella porta chiusa, sul fondo. Ciò che fummo non è più; domina la Morte, ora padrona. Rasenna, Francisco de Quevedo, Marco Aurelio, Beowulf convergono, qui, tasselli policromi d’una concezione davvero tragica.
La tragedia, come intuizione, immediata e lancinante, del rapporto tra l’infinito volversi del tempo universale e la particola umana. Un lampo; la porta, quindi, si richiude. Nel breve aprirsi del miracolo sta ciò che fa gioire o grondare mestizia: “Life’s but a walking shadow”.
Perché fu abbandonata dapprima la poesia e poi la tragedia, considerati vertici sommi dell’arte? Perché vennero rese impossibili dalla preterizione della dialettica estrema, Amore e Morte. L’amor che move, la porta che si richiude. Nella Tomba dei Giocolieri, avverte Giuseppe Semerano, “il defunto si attarda sul limitare a godersi l’ultimo tripudio dei giochi funebri”: stinge la Vita, in un tripudio, però. Ciò che si rinviene in queste notazioni è sempre la dicotomia, il limite, la definizione dei ruoli. La definizione, apollinea, rende auspicabile l’indefinita morte, e viceversa. Uccidere Apollo equivale a distruggere la radice attiva dell’esistenza, la Morte. I due poli collassano l’uno nell’altro, subentra l’Indifferenza, il suicidio, l’anomia. Cede la poesia, poi la tragedia per far posto alla cronaca nera, al romanzo; il diporto squallido, il ghiribizzo, il bozzetto la goliardata e la freddura idiota allagano il gazzettame.
Perché il romanzo sorge col capitalismo? Il candidato esamini questo minuscolo busillis.
Amore e Morte. Male e Bene. Si est Deus unde malum? Domanda oziosa. È Dio, inevitabilmente, a permettere il male. Il demonio opera su licenza di Dio. Dio sa che l’anima umana non può che essere raffinata nel fuoco delle passioni dirompenti, nell’odio, nel sangue, per divenire aurea. La guerra serve all’uomo? Inevitabilmente. La pace perpetua è l’invenzione di un simpatico mattacchione le cui fisime ci sono servite su un piatto (di rame) dal servitore Lampe. La guerra illumina la pace, la pace rende gradevole la guerra. Tali considerazioni sono vere, al di là del giudizio contingente e isterico.
Solo chi ha vissuto davvero anela la pace. Chiunque abbia assistito da vicino all’agonia d’una persona cara (una donna o un uomo dell’Antico Ordine) presagisce tale verità. I padri sapevano ancora come ricusare la feccia del calice: basta. Si moriva senza rimpianti. Una morale più alta, definita, pensava in vece loro consentendogli la vita. Ho fatto tutto quello che era in mio potere: ho camminato secondo i comandamenti: Father, in Thy hands commend my spirit. Le eredità si componevano nobilmente in umili item.
Padre, apeiron, Madre: ognuno scelga la Patria acconcia.
La s-pensieratezza che emerge dalle fotografie in bianco e nero: Qualcosa pensava in vece loro. Permettendo la libertà.
I saliscendi della vita, le vette e le cadute: solo qui i sentimenti possono vantare una loro pregnanza semantica: tristezza, malinconia, crudeltà, gioia, speranza, sublimazione, ascesa, forza, cupezza, rassegnazione.
Chi,
oggi, in tempi di pace forzata, può dirsi felice?
Si
è depressi, euforici. Forzatamente. Sono parodie, tuttavia, di moti dell’animo
una volta spontanei. L’assenza di un vuoto e di un pieno, di una responsabilità
in ultima analisi, annienta la voglia di vivere. L’encefalogramma piatto
dell’esistenza ne reclama uno simile: la linea di Noa.
Tempi di povertà, li chiama Friedrich Hölderlin. La convivenza fra uomini e dei. Irriducibili gli uni agli altri. Presenze. Hölderlin, che si appellerà scheidender, colui che dice addio. A Diotima dirà addio: “Chi passa sulla sua disperazione, sta più in alto. Ed è stupendo come noi solo nel dolore dell’anima sentiamo libertà. Libertà! Chi intende questa parola? È una parola profonda, Diotima …”.
Tempi di povertà, li chiama Friedrich Hölderlin. La convivenza fra uomini e dei. Irriducibili gli uni agli altri. Presenze. Hölderlin, che si appellerà scheidender, colui che dice addio. A Diotima dirà addio: “Chi passa sulla sua disperazione, sta più in alto. Ed è stupendo come noi solo nel dolore dell’anima sentiamo libertà. Libertà! Chi intende questa parola? È una parola profonda, Diotima …”.
Il
dolore genuino entusiasma.
L’elevazione
si compone di questi dislivelli, non della linea di Noa.
Si avverano le profezie involontarie della fantascienza americana degli anni Cinquanta e Sessanta: Il villaggio dei dannati, L’invasione degli ultracorpi dove entità disincarnate e psicopatiche guardano all’umano con ribrezzo. Body snatchers, altro che comunisti!
E poi distopie sistematiche come Soylent Green. “Guarda a cosa abbiamo rinunciato!”, dice, con un vezzo cinematografico hollywoodiano - il patetico piace molto - Edward G. Robinson disteso sul lettino dell’eutanasia. Il suo giovane interlocutore, Heston, nemmeno più capisce a cosa ha rinunciato. Nemmeno sa cos’è un pomodoro o un filetto di carne o un libro. Piange. Per il suo amico. Ma le sue sono lacrime di chi non ha più memoria, quelle di un Nexus 6 postmoderno, immemore e pronto per le catene di montaggio cannibaliche.
Ogni tanto, senza alzare gli occhi, mi tocca fare questi annunci: “Oggi mi faccio un giretto da solo. Tre ore. Torno per le cinque”. Dalle bocche aperte di qualche anno fa, si è passati alla rassegnazione. Ma sì, devo abbandonare la baracca; per respirare.
Si avverano le profezie involontarie della fantascienza americana degli anni Cinquanta e Sessanta: Il villaggio dei dannati, L’invasione degli ultracorpi dove entità disincarnate e psicopatiche guardano all’umano con ribrezzo. Body snatchers, altro che comunisti!
E poi distopie sistematiche come Soylent Green. “Guarda a cosa abbiamo rinunciato!”, dice, con un vezzo cinematografico hollywoodiano - il patetico piace molto - Edward G. Robinson disteso sul lettino dell’eutanasia. Il suo giovane interlocutore, Heston, nemmeno più capisce a cosa ha rinunciato. Nemmeno sa cos’è un pomodoro o un filetto di carne o un libro. Piange. Per il suo amico. Ma le sue sono lacrime di chi non ha più memoria, quelle di un Nexus 6 postmoderno, immemore e pronto per le catene di montaggio cannibaliche.
Ogni tanto, senza alzare gli occhi, mi tocca fare questi annunci: “Oggi mi faccio un giretto da solo. Tre ore. Torno per le cinque”. Dalle bocche aperte di qualche anno fa, si è passati alla rassegnazione. Ma sì, devo abbandonare la baracca; per respirare.
In
alcuni luoghi respiro a pieni polmoni. Un respiro che quasi tutti voi avete
disimparato. Chi respira più come i bambini? In tali rifugi l’aria d’intorno
entra naturalmente nel petto. Si è s-pensierati. I pensieri, infatti, qui non
hanno campo. I pensieri inutili, intendo: le sterili fantasticherie, i dubbi
stolidi, le persecuzioni quotidiane della minima burocrazia, il clamore minuto
e continuo del digitale.
Nel
suburbio di Roma, fra rivi millenari (l’Arrone, toponimo etrusco, il Galeria,
che diede nome a una tribù rustica romana), si elevano dozzine di poggetti, poche
decine di metri, dai nomi fantastici. Dopo la stagione del fieno, essi appaiono
per quel che sembrano, monterozzi spelacchiati e stopposi, eguali gli uni agli
altri.
Sterrate
disagevoli li uniscono; qualche casale qua e là, un agriturismo, un laghetto
artificiale. Campagna romana pura. Anche i proprietari hanno nomi desueti:
Eustachio, Alburno. Su alcuni, che ne sanno più di certi giovani archeologi, tanto
da fargli da guida, ci si potrebbe scrivere un libro. Uno d’essi, con mani larghe
come pale, una volta si mise a tessere le lodi del suo conterraneo, Dionisio di
Siracusa, intimo di Platone. Gli Etruschi? Globalisti mollaccioni. Romani? Una masnada
di burini. I Punici, bottegai organizzati. I Siciliani, invece, quelli sì …
Alle
due del pomeriggio ci si cuoce con gradevolezza.
Passato
un ponticello provvisorio della Seconda Guerra, ci si inerpica, a piedi, per
una salita lastricata da basoli moderni, incassata fra due spallette; a
sinistra s’intravedono, nel folto, le cavità d’alcune tombe; a destra, uno
sfiatatoio. Gallerie ipogee e cunicoli abbondano in tale zona: Veio è a un
passo.
Lascio,
sulla destra, una chiesina secentesca, compresa in una tenuta nobiliare; il capofamiglia
ha recentemente legato il nome di famiglia a quello d’un altissimo dignitario
FIAT: accortezza dei matrimoni patrizi.
Oltre,
le piagge assolate. Un crocicchio è dominato da un’ara funeraria, anonima.
Ecco
il poggio, rasato e sconvolto dalle mietiture.
Salgo
ancora. Sosto all’ombra di un ulivo la cui fioritura è stata bruciata dalla
stagione inclemente: troppa umidità, troppo sole.
Già
al limitare dello sterrato intravedo i primi tasselli policromi. Qui era una
villa suburbana, sicuramente; mosaici sbriciolati giacciono sotto, ridonati al
caso e all’indeterminatezza, come una vena aurifera che, da millenni, fa
affiorare le sue pepite più umili. A volte, se si è fortunati, si rinvengono
pezzi di marmo: fior di pesco, serpentino, porfido, giallo antico, porta santa.
Centinaia di qualità, estratte da cave forse oggi estinte, convennero in tali
luoghi da ogni parte dell’Europa, dell’Africa, dell’Asia: solo per comporre
unità di senso a bassa entropia: un delfino, un’anatra, una circonvoluzione vegetale,
tigri e antilopi; e poi erme, colonnette, bassorilievi.
Nonostante la devastazione, nella frantumaglia, s’intuisce una resistenza.
Nonostante la devastazione, nella frantumaglia, s’intuisce una resistenza.
Il male qui non ha campo. Si respira.
Menzogna, verità e bellezza formano una lorica inscalfibile. Suonano - per lo spirito - arie senza suono.
Menzogna, verità e bellezza formano una lorica inscalfibile. Suonano - per lo spirito - arie senza suono.
Grazie Alceste la tua lucidità
RispondiEliminaè incredibile. ...poi l'argomento è delicatissimo.
Inarrivabile la scelta dell'immagine tratta dal film "soylent green" in italiano " 2022:i sopravvissuti " del 1973 capolavoro assoluto pensando che è stato ideato quasi mezzo secolo fa...
Film da consigliare a tutti sempre!
( lo renderei obbligatorio come materia d'esame alla maturità )
Alfio
Grande Alceste: articolo dal tema spinoso, difficile, complicatissimo ma da te affrontato con grande chiarezza! ( rendendolo più comprensibile grazie al tuo
RispondiEliminapunto di vista, “Altissimo”!).
Complimenti per l’uso dell’immagine di testa ( dal film “Soylent green” 1973
in italia con il titolo“2022: I sopravvissuti”)visto l’argomento la più indicata …….
Ps: consiglio la visione del film un capolavoro assoluto di mezzo secolo fà ,
oggi ancora più attuale :
contrapposizione elite / popolo , risorse scarse , inquinamento , distopia sociale indotta , un deep state, profondo, profondissimo ……. praticamente una foto dell’occidente ultraliberista tra qualche anno ,Profetico !
Sì, è un bel film che acquista valore anno dopo anno. Notevole anche il romanzo ispiratore, "Make room, make room!" di Harry Harrison. Tanti anni fa circolava una bella edizione Nord (tradotta come "Largo, largo!").
EliminaSoylent Green non e' piu' solo fantasia, su di un cartellone publicitario attaccato a lato di un edificio nel centro di Seattle si legge: "Soylent is Fuel Good Food". Non e' una provocazione, ma la pubblicita' di in beverone che teoricamente contiene tutti i nutrienti di una dieta perfetta.
RispondiEliminaun caro saluto
il fu rabal
Ho visto ... chissà cosa ci metteranno dentro fra vent'anni. Cadaveri di suicidi, forse.
EliminaL'approccio qui e' asettico, l'ideatore del nuovo Soylent Green appartiene alla nuova razza, e' un "techie", la cui idea di cibo e' la denaturalizzazione delle sostanze e il conseguente assemblaggio degli estratti in liquame nutritivo... questo non toglie che l'estrazione di tali nutrienti sia effettuata su resti umani: una risorsa come un'altra. Anzi, l'indefferenza circa l'orgine degli ingredenti del beverone apre le porte a qualsiasi scenario... Del resto in America, e credo anche in Inghilterra, e' in vendita concime estratto dalle feci umane, presumibilmente selezionate tra preziosi e "immacolati" spurghi fognari delle grandi citta'. Lo chiamano Biosludge, ma di bio credo abbia ben poco. Ci stiamo avvicinando alla piena "sostenibilita" della catena alimentare.
Eliminail fu rabal
Soylent green Diretto da ... Prodotto da ...Notare l'uomo libro il commovente l'integerrimo il vero protagonista buono che strappa LA lacrima anche al piu tardo bipede dal cuore piu coriaceo , che bello vedere che ho ragione , e lei alceste non sa far altro che snobbarmi ,mai che mi dia uno zuccherino come si suol fare con gli equini fare contente le persons e' sempre un opera meritoria eppure e' sotto gli occhi di tutti che ho ragione
RispondiElimina
RispondiEliminahttps://youtu.be/CENki6gDD5c
Laura
Caro Misantropo
RispondiEliminaLa De Mari afferma che oggi impera la cultura della morte. concordo con te, è un'affermazione falsa o perlomeno scorretta. Oggi la cultura esalta la "Non vita" e la "Non morte", uno stato quantistico di sovrapposizione tra due stati complementari. Vivo, morto o X cantava Ligabue qualche anno fa, giustissima definizione: l'unico stato ammesso per i processi biologici chiamati "uomini" è X.
Le giornate trascorrono come le avemarie di un interminabile rosario, declamate senza coscienza e senza pathos; e fu sera e fu mattina... è trascorso un'altro giorno, uguale al precedente, non dissimile dal seguente, un sonno senza sogni.
Non si cerca più la morte né si anela più alla vita, si cerca un non stato, un nirvana nel quale annullarsi, un nulla eterno di foscoliana memoria. ecco perché oggi va tanto di moda il buddhismo, si cerca la vacuità, il vuoto ultimo ma quello stato di quiete suprema della mente cui aspira il bikku è la meta mentre per il moderno buddista bianco occidentale il vuoto è il punto di partenza... non si può cominciare dalla fine!
La Vita, quella vera, ha fame di vivere, è figlia della necessità e grazia alla sua voracità si adatta a tutto; si può vivere nella sofferenza fisica e psichica, nella malattia, in qualsiasi circostanza fuorché nel vuoto.
con profonda stima
Alessandro70
Sono d'accordo.
EliminaE però c'è il sole.
Col sole si dimentica tutto. C'è il sole, il mare, le ferie. Le magnate durante le ferie. Per l'angoscia e i dubbi ci si rivede a settembre, almeno.
O' sole, o' mare, a' pizz c'a pummarola ngoppa... e perché no, l'ammore. Ma questa è... l'Italia! L'Italia come la vedrebbe un tedesco ottocentesco come il wanderer che usi come avatar, il viaggiatore che dalle brume ed i grigiori transalpini s'affaccia sulla dolce terra dove crescono i limoni.
EliminaQuesta potrebbe essere un'ottima proposta programmatica per esorcizzare lo spettro della vacuità mitteleuropea; un'italianità sanguigna, mangereccia dai sapori decisi tipo salsiccia piccante e vino rosso, antidoto contro le insipide insalatine e pappine bio vegan preludio al soylent green istituzionale prossimo venturo, un'italianità sensuale e sessuata nella quale le donne siano femmine e gli uomini maschi contro la genderizzazione asessualizzante. Eros e Thanatos sono cose da popoli latini, da gente a sangue caldo.
L'europide mitteleuropeo è un soggetto grigio e triste perché il sole non lo vede se non di rado, non gode del cibo, si ingozza; non s'inebria col vino, inebetito si gonfia di birra attorniato da "culone inchiavabili". é in questi contesti che matura la cultura della non vita. Chi non vive non può neanche morire, quindi non resta che il vuoto.
Difendiamoci dalle brume transalpine e d'oltremanica prima che oscurino il sole di Napoli.
Con i più deferenti ossequi
Alessandro70
Ciao Alceste.
EliminaIntendi forse lamentarti per gli esigui commenti? L'avevo notato anch'io ma non credo sia il sole. Mi sembra che quando elevi ulteriormente l'asticella ed esasperi la profondità delle argomentazioni molti facciano fatica a seguirti oppure si limitino a leggerti, speriamo con qualche costrutto.
Invece quando i temi sono più terra terra (ovvio che i tuoi non lo sono mai) i commenti si sprecano perché tutti si considerano all'altezza.
Ma forse c'entra pure il sole e in questo caso bisognerebbe ringraziarlo; dicono che diminuisce la percentuale dei suicidi. Degli omicidi, no.
Buone ferie a te. E capitassi casomai nell'appennino tosco-romagnolo, fammi un fischio, potrei farti visitare le faggete alte e vedere gli alberi che sono nostri fratelli. Altro modo, non meno degno, per respirare ancora un po'...
Per Alessandro 70:
EliminaLe salsicce piccanti come setaccio per dividere l'umano latino e il transumano nordico? Un'idea ... se non fosse che il transumano nordico sta vincendo a mani basse.
Per Loris:
No, per carità, quali commenti ... mi danno fastidio le ferie, ecco la verità. Come le feste. Per i motivi esposti nell'articolo. Tutti sono stanchi tutti vogliono andare in ferie ... tutti vogliono festeggiare ... ma di cosa debbono essere stanchi? Una ventiduenne universitaria è stanca ... e di cosa, le chiedo? Sono stressata! E poi le feste ... Se lo stress fosse un bastone te lo spaccherei sulla schiena, cara figlia ... Riguardo il sole e i suicidi posso dire: i suicidi più incredibili sono quelli in cui la vittima è ancora viva. Scrutare le spiagge per credere ...
Morire ..dormire ..dall'Olanda Alceste, suo malgrado, mi ha portato in Danimarca con questo suo scritto che, come sempre, porta in alto, oltre, quindi ( e non è una antitesi ) nel profondo ( intimamente ). Il Principe di Danimarca e il suo più incantevole aedo, William Shakespeare. Grazie per questo stimolo alla nausea rabbiosa di chi ama non per superficialità riflessa: il dilagante pensiero assassino dell'annientamento dell'essere che disturba, che ostacola, che si frappone, che incarna memoria e frustrazione è sempre più alla luce del sole . Questo fatto angoscia assai di più di una domenica sulle spiagge della riviera romagnola ( che comunque appesantisce non poco ) Cosa ci può rasserenare in un contorno di morte piombata dall'inutilità presunta della vita? Se esiste ancora, da qualche parte, quel fanciullino la cui innocenza è gioia di paradiso DEVE essere protetto, per tornare a far sorridere alla luce del sole. .. chiedo scusa, pensieri in libertà per ringraziare Alceste e salutare tutti
RispondiElimina"Credere a qualcosa tiene in vita. Non credere a niente dilava le interiora spirituali come acido".
RispondiEliminaImmagino che dichiararsi ateo, come Alceste si è sempre dichiarato, riducendo all'umano rilucere ogni eternità, sia di per sè un'adorazione o accettazione integrale di un vuoto algido e cosmico che dilava come acido ogni speme illusoria. Credere a qualcosa? Orbene, può bastare un'ossessione, un hobby, un destinare ogni sforzo per vivere nell'agio e finire i propri giorni nel più lussuoso ozio, anche credere di non credere a nulla. Quel qualcosa in cui riporre fede potrebbe benissimo manifestarsi espressione di una piccineria che bene si coniuga con la menzogna, perché solo nell'essere menzogna si riesce a sopportare il peso della morte che non conduce a nulla, se questo è il qualcosa in cui si crede. Se invece il dubbio logora l'anima, e se di quell'anima non si può dire con certezza se sia transitoria creazione della materia e non creatrice ella stessa della materia di polvere costituita, forse sarebbe meglio accettare con coraggio estremo, valido quanto un arruolamento bellico, una morte che conduca a Qualcosa.
Un Qualcosa che non può essere soltanto una Grande Menzogna al di fuori dell’essere menzogna, altrimenti la pillola del buon morire non è che la migliore consolazione, e quindi inattaccabile più che inaccettabile, per chi dopo un’esistenza di inutile bipede, di immenso scienziato, di onorato guerriero, di artista, di numero tra numeri o di spregevole schiavo in questa valle di lacrime, sente, suo malgrado, di appartenere al nulla eterno che di consolatorio non ha che tenebra assoluta.
Anche il suicidio deve avere un carattere meritorio?
Poichè non scegliamo di venire al mondo, forse il Potere che il mondo rende invivibile ci elargisce l’illusione di disporre come meglio vogliamo della nostra dipartita?
La Chiesa ancora aborre il suicidio e non permette a certi cadaveri (non tutti) di essere incensati e ricevere i sacramenti viatici per l’eternità. È il Diavolo che tenta e solletica l’uomo invitandolo a sostituirsi a Colui che la vita da e toglie secondo il suo capriccio, furtivamente, come un ladro nella notte? Può essere una spiegazione.
In fondo un misantropo con la pancia piena nel suo ruolo ben definito di piccolo borghese che attende di dedicarsi da pensionato alla ricerca delle cose che lo rendono umano soltanto ai suoi occhi, mi ricorda la passione per l’egittologia di Frédéric che cerca di infondere ad Alain quella voglia di vivere che non ha più, nel film Le feu follet tratto dal romanzo di Pierre Drieu La Rochelle. Egli, l’uomo ordinario che ha vissuto una vita ordinaria, una volta liberatosi delle pastoie delle relazioni famigliari e pubbliche, è già un suicida, e la misantropia che prova o di cui si paluda è una forma di vigliaccheria sociale... Oppure, il detestare il consorzio umano è da considerarsi un eroico atto; il rifuggire l’umanità tutta, le sue sconcerie, le sue debolezze, le sue frivolezze, le sue tragedie è una disperazione condotta fino ai limiti della follia nel rovesciare il conosci te stesso in conosci così bene l’altro da evitarlo… Io stesso mi colloco in questa schiera di sfiduciati nei confronti del genere umano e il verace missionario ne è la più detestabile o desiderabile antitesi.
Contraltare del suicidio assistito è l’accanimento terapeutico che ci fa rabbrividire all’idea di finire i nostri giorni come vegetali allo scopo di tenere in vita cronicari e la filiera dell’industria del farmaco. Si apprezza la vita solo se ogni giorno si rischia seriamente di morire, non per mano nostra, ma per fato cinico e baro o per volontà di chi ci tiene saldamente per le palle.
MI commuovo per i marmi romani o i volti di fanciulle corrose dal tempo (non mi ricordo il tipo di marmo, però). Ci credo. Non credo a Giove o Diana, ma credo in chi li ha scolpiti e amati e ha osato ricomporre il caos in queste grumi di bassa entropia.
EliminaLo stesso per il Cristianesimo. Si può essere atei o negare l'Incarnazione. Ciò che ha prodotto tale illusione, tuttavia, mi commuove, è Vita davvero; mi piace studiarla; mi piacciono le miniature, le leggende cristiane, le agiografie.
Le si legge credendole menzogne? E cosa cambia?
Queste cose mi fanno felice.
Riguardo il sole e i suicidi posso dire: i suicidi più incredibili sono quelli in cui la vittima è ancora viva. Scrutare le spiagge per credere ...
RispondiEliminaPorca miseria Alceste...che bello sarebbe un libricino di aforismi.
Piccolino...formato 10x14, che sta in tasca, un balsamo portatile :)
Prima o poi lo faremo uscire ...
EliminaLa Morte mi è abbastanza indifferente; al funerale di mio padre, sono
RispondiEliminasceso nella cripta di famiglia; essendo quasi finiti i posti liberi
per le bare, si sono messi a spostarle per fare spazio; ad un certo punto
ho pensato "Chi sa dove mi metteranno dopo morto" e un attimo di sgomento l'ho provato, ma è passato subito: qualcuno troverà la soluzione, mio fratello, mio figlio, mia moglie. Qualcuno.
Mi sono invece preoccupato delle vesti, quelle si: mi sono fatto fare un saio
con un gran cappuccio, la cuffia con i laccetti, il mantello, tutti bianchi;
il saio ha sul petto una gran croce patente rossa; le cinture sono tre: un cingolo, un cintura con appese la scarsella, il cucchiaio e la ciotola
di legno, il coltello per cucinare; una per la spada: nel fodero, sarà appoggiata sul petto, trattenuta dalle mani; le gambe: una deve essere flessa, l'altra no come fossi in ginocchio; nessuna scarpa, niente mutande tanto non devo salire a cavallo.
Se aggiungi che ho una splendida barba bianca, sarai d'accordo che farò la mia figura di fronte a San Michele.
La cripta si trova a Tarquinia, proprio sopra il dirupo che limita a Nord il cimitero, di fronte l'Ara della Regina; sotto, nelle crepe del dirupo, i nidi dei falchetti, di lato l'acquedotto pontificio delle Arcatelle. Un incanto.
Lungo la strada dei montarozzi, dove si trova la tomba degli Auguri, si trovava la casa di campagna dei miei nonni; ora è tutto sparito; aveva un bel viale con cipressi alternati a sarcofaghi etruschi; e vigne. I sarcofaghi credo che papà li abbia portati in salvo a palazzo Vitelleschi (Annibale Vitelleschi e papà erano amici d'infanzia e di studi); le vigne sono state tagliate dai riformatori agrari nel dopo guerra e sostituite con colture di grano; poi dai girasoli, poi dalle celle solari; ora tutto è incolto; assieme alle vigne sono sparite le vespe che facevano il nido nei montarozzi e le farfalle gialle e nere,
grandi quanto la mia mano di bambino; sono tornate le serpi.
Anche a fare le leggi.
Una via crucis che riconosco.
EliminaOrmai riconosco, in luogo di a. C. e d. C., un a. G. e un d. G.; nel dopoguerra italiano, in pochi decenni, sono state ordite distruzioni mai viste nemmeno durante la peste nera o il sacco dei barbari.
Ho deciso di farmi seppellire all'ebrea per decompormi alla svelta ... fra le mani: Dante e Guido ... e buonanotte ai sonatori.
Quando di morte mi convien trar vita
Eliminae di pesanza gioia,
come di tanta noia
lo spirito d'amor d'amar m'invita ?
...
Gli occhi di quella gentil foresetta
hanno distretta s' la mente mia,
ch'altro non chiama che le', né disia.
Ella mi fere s', quando la sguardo,
ch'ì' sento lo sospir tremar nel core:
esce degli occhi suoi, che me ardo,
un gentiletto spirito d'amore,
....
Caro Alceste,
RispondiEliminaHai detto tutto nella lunga descrizione della falange: "…A destra e a sinistra c’è chi veglia su di me, i compagni..."
Chi non e' nato ieri ha capito che il bene piu' prezioso che abbiamo perso nell'era della macchina (la vera sostituzione in atto, seppure silenziata da quella etnica-mediata dai media inter-nos italians post-umani) e' la comunita'. L'unica cosa davvero in grado di proteggere e rispettare l'individualita', che per affermarsi ha bisogno di un'appartenenza eclettica ma regolata, in delicato equilibrio con il diverso, dove anche il cretino o il folle hanno un loro ruolo e un loro perche'; a differenza del gruppo, della squadra del (senza) cuore, o del branco che si fondano su logiche omologanti, replicanti e intolleranti...meccaniche.
Piu' la comunita' ti protegge (te e la tua prole) e piu' sei disposto a difenderla, a rinunciare pure a qualche capriccio personale se ne minaccia la soprvvivenza, e persino a qualche vilta' e pusillanimita'. Al contrario...quel che abbiamo oggi.
E' chiaro da tempo che siamo schiavi, e che lo siamo perche' il 90% (o piu'?) delle persone chiede di esserlo, vuoi perche' ingannate, vuoi perche' impaurite, o senza immaginazione-visione di alternative...mille le ragioni, il risultato finale e' sempre questo.
Date tali premesse si dovrebbe dedurre che non se ne esce (usciva?) se non collettivamente, o almeno con un peso maggioritario nella concezione del mondo, della vita e della morte. Singolarmente, puoi anche dedicare tutta la vita alla ricerca o alla trovata della verita' concludendo...il nulla auto-implosivo. La puoi trovare dentro di te, oppure in Occidente, in Oriente, nel Passato, nei Classici, nel Futuro, nelle Profezie, nella Fantascienza, nella Fede...presto anche sulla Luna!
La verita' e' che singolarmente non te ne fai nulla, non sapendola poi trasmettere, comunicare, condividere, introiettare e quindi realizzare, cioe' far si' che abbia impatto sulla vita propria e poi di riflesso quella della comunita'; prima sulla propria, che dovrebbe fungere da esempio e modello per altri...e invece...vedi qualcuno esserlo?!
E come potrebbe se si e' isolati (ormai anche dai sentimenti, che non sono altro che le scintille di attrito dell'anima con la realta' materiale), diffidenti, narcisisti egolatrici, di vedute a corto, sempre piu' corto raggio (massimo la distanza da uno schermo).
La verita', come la descrivi nella bella immagine del sacrificio dell'oplita, si potrebbe definire una staffetta inter-generazionale. Come possiamo illuderci di liberarci singolarmente e in una vita da qualcosa che dura sotto incanto-incatenante collettivo da secoli o piu'?
Non e' un caso secondo me che la poesia e la tragedia siano scomparse. Sono i linguaggi che meglio riescono a trasmettere frammenti di verita', parlano direttamente al cuore, ai sentimenti verso la vita e la morte, e infine all'inconscio attraverso il loro simbolismo archetipico per via evocativa e intuitiva, senza il filtro dell'appagamento intellettuale che blocca l'azione. Sono memorizzabili, senza bisogno di altri supporti. Ben diversi dal linguaggio dei romanzi.
Buone ferie dai!
Ise
Ma sì, buone ferie, non angustiamoci ...
EliminaQui da noi le ferie non esistono, ci siamo abituati, l'estate e' una stagione come le altre.
EliminaPoi comincio a sospettare che quasi facciano piu' male dei lavori forzati.
Ho di nuovo aperto il sito del mio giornale locale italiano: in meno di due settimane tre persone, di 20, 40 e 50 anni si sono buttate dal cavalcavia. Un uomo di mezza eta' invece si e' accasciato in acqua (variante estiva dell'accasciamento a terra).
Probabilmente, se domani mi dessero le ferie, dopodomani mi troverebbero accasciata sul tonno del sushi bar.
Ise
Suicidi economici?
EliminaNon viene specificato nulla Alceste.
EliminaSolo del ventenne si dice che ha ceduto alla difficolta' del vivere (!). Degli altri solo che si sono lanciati nel vuoto e ormai non c'era piu' nulla da fare.
E' la cronaca moderna: una ripetizione di gesti all'apparenza uguali e anonimi per farli sembrare sempre piu'normali.
Ise
Caro Alceste,
RispondiEliminariguardo all'eutanasia mi ero gia' espressa.
La kill pill (anche kill bill non scherza, il bill, il conto da pagare, e' ugualmente letale) non e' nulla rispetto a cio' che esiste gia'.
Se penso a quanti hanno pronosticato probabile tumore, grazie a quegli screening (che obbrobrio solo la parola) preventivi tanto di moda.
Come accadde a qualcuno a me vicino, ma non si capiva se benigno o maligno, disse il luminare, quindi per sicurezza operare e bombardare con chemio! E tutti d'accordo col lumerdare. Eppure la diretta interessata mi disse che in cuor suo non voleva, sentiva che non c'era nulla! Ma fu costretta dalle circostanze, dalla famiglia (non me). 10 anni dopo venne il tumore proprio dove avevano bombardato con la chemio. E lo stesso luminare si meravigliava che ci erano voluti 10 anni, di solito si risolve tutto molto prima! Quindi, per non far passare troppo tempo ancora, data la resistenza di un corpo fin troppo sano per i suoi gusti, prescrisse medicinale chemio sperimentale da poter somministrare solo dopo 2 sedute letali di radio e chemio...Costui ebbe mai una qualche breve alleanza con la verita'? Eppure tutti pendevano dalle sue labbra.
Va da se' che quando sempre piu' persone vedranno il travaglio del percorso medico mortale, le statistiche scoraggianti, gli scandali ecc., al risultato del primo screening negativo chiederanno la kill pill! Sara' solo come un dessert al posto dell'amaro.
Ma quelle che esistono gia', le kill pill date a chi non le vorrebbe, sono armi di distruzione e morte.
Ricordo parecchi anni fa ebbi la balorda idea di rivolgermi a una ginecologa. Ero all'estero. Costei era belga se non sbaglio. O forse olandese haha! Mi prescrisse la solita paccottaglia di pasticchette che gettai nel wc e poi mi disse: perche' non ti fai il pappon test? Ed io: e che d'e'? Il pappon test e' di vitale importanza per la tua salute bla bla bla. E io: no grazie, non gradisco. Ma come! E' gratis! E io: embeh?! No grazie. Non gradisco. Ma come! E' indolore! Te lo faccio io! E io: embeh?! No grazie, non gradisco. Ma come! Non caspisco proprio perche' non vuoi farlo! Si fa subito, e' importante per prevenire, bla bla bla. Non capisco di cosa hai paura...
Figliola, pensai in cuor mio, invece di medicina potevi studiare psicologia di massa delle pecore che vuoi tosare...ma poi per togliermela di torno, dato che stava diventando alquanto aggressiva (si, alla fine sono stata aggredita), le dissi che stavo per tornare al mio paese e che lo avrei fatto li', non aveva senso farlo all'estero. Ha insistito lo stesso, era una replicante venuta pure un po' male. Difettosa. Spero l'abbiano ritirata dal mercato.
Ise
In un paese normale questa legge verrebbe accolta con un'alzata di spalle, ma da noi c'è da aver paura con il sistema giudiziario che ci ritroviamo. Di questo passo tanti temeranno di sposarsi, fidanzarsi o solo avere una relazione. Avanti così! verso una società dove uomo e donna sono sempre più lontani, ma alla fine niente è perduto,
RispondiEliminale nuove risorse ci penseranno loro ad accoppiarsi con le nostre femmine, non sapendo a cosa vanno incontro, non sanno i tapini che la legge non ammette ignoranza, anche se si è analfabeti o non si conosce l'italiano.
Benvenuti in Italia!!!
https://www.google.com/amp/s/amp.tgcom24.mediaset.it/articolo/677/3220677.html
Pino
Mi par di capire che non c'è stato un solo voto contrario.
EliminaLa profezia di Jünger eccola qui: 99-100% di assensi ...
Anche Mara Carfagna si è data da fare. Mara, l'esponente del partito che una volta dicevano essere reazionario e fascista, Mara, che, una volta, adornava le cabine dei camion dei camionisti maschilisti. Era lei o sbaglio?
Non sbagli purtroppo, i desiderata dei nemici occulti del mondo devono essere esauditi, qualque siano i suonatori la musica per noi non cambia, ed è quella di Guantanamo sparata 24h a palla.
RispondiEliminaSulla Carfagna non mi esprimo
non voglio essere maleducato,
ricordo con piacere le sue cosce quando sgambetava da Magalli.
Grazie per rendere partecipe il pubblico dei tuoi pensieri, idem per gli avventori del blog che trovo molto interessanti.
Nessuno si illuda, non cambia niente, cambiano solo i pupazzi che votiamo, che chi comanda dietro le quinte muove e butta giù come in una scacchiera.
RispondiEliminahttps://it.insideover.com/reportage/migrazioni/il-war-game-dei-migranti-verso-litalia/farsa-confini-migranti-italia.html?utm_source=ilGiornale&utm_medium=article&utm_campaign=article_redirect
Pino
Ma sì, è così, sono tutte manfrine per dare l'illusione del movimento, della varietà ... eppure ci credono.
EliminaI 5S circa due anni fa li trovavi all'uscita della metro a raccogliere firme per l'uscita dall'Europa: ora votano l'ultraeuropeista.
Salvini con tutti i corpi militari d'Italia non riescono a fermare Barbie-Rackete con il naviglio ... suvvia ...
E' proprio un varieta':
EliminaI 5s li trovavi anche a criticare i vaccini obbligatori, ora ne hanno obbligati di piu'.
Affascinante spettacolo di face-changing, The King of Masks, col pubblico applaudente, che si congratula, guarda incantato, e alla fine e' sempre contento delle emozioni provate.
https://youtu.be/PgIyPDSxa3c
Alla Rackete e' seguito un missile vero stanato dalla polizia. Se non c'era lei che sfondava impunemente i confini, chi ci avrebbe mai pensato a mettersi un rackete nel ripostiglio. Siamo nell'era di chi le spara piu' grosse.
Ise
Perdonate il clic compulsivo,
RispondiEliminama oggi sono di pessimo umore e mi devo sfogare...
A proposito dei fatti di Bibbiano:
https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=2752847854726868&id=100000050420495&refsrc=https%3A%2F%2Fm.facebook.com%2Fbollinoleonardo%2Fvideos%2F2752847854726868%2F&_rdr
Come dovrebbe reagire un genitore in questi frangenti?
Afferrare un coltello e mirare deciso ai punti virali
(gola,tronco,arterie radiali o femorali) non concludendo nulla perché poi il bimbo non lo vedrà mai più.
Prendere in ostaggio bambini e cosa infame che nemmeno i malavitosi più incalliti osano fare pur trovandosi senza via d'uscita. Quelli che non pagheranno mai sono i giudici che emisero i provvedimenti di allontanamento.
Pino
Abbi pazienza
Maledetta piattaforma che non consenti la correzione degli errori e che quando scrivo da cellulare fai sembrare che ho l'alzheimer, volevo scrivere "punti vitali" e non "virali" come il baco nel cervello dell' informatico che ti ha creato.
EliminaPino
Pino
interessante il suo blog il mio è questo https://diari.altervista.org/
RispondiEliminaAlceste d’accorso su tutto, va bene. Però, dato che sono un bastian contrario a rompicoglioni, devo fare un appunto importante, per me fondamentale. Quando dici “Sacra Menzogna”, sbagli di grosso poiché la menzogna non è MAI sacra. Gli antichi hanno edificato grandi civiltà poiché credevano nel Sacro, lo avvertivano. Ne intuivano e codificavano la presenza, oltre l’esperibile comune. Noi oggi non ne siamo più assolutamente in grado ma ciò non significa che il sentire degli antichi fosse menzognero. E però chi proviene, comunque, dalla sinistra, non vuole e non è in grado di mettersi in discussione così a fondo da poter andar oltre un materiale umanesimo. L’ateismo è il paravento dei sinistri pentiti. Crumbo
RispondiEliminaMolti di loro già sapevano. Eppure questo non gli impediva di vivere, aveer figli, amori, talenti. E così è per me. Anzi, a dirla tutta, leopardianamente, più è la consapevolezza maggiore è lo sguardo e, quindi, la Gioia.
EliminaE poi, a dirla tutta (ho messo il filmino di "Cabiria" in tuo onore) non è detto che un angelo non mi dica "buonasera", una volta o l'altra.
Ma se la Verità è davvero il brodo protozoico, dal quale siamo usciti e nel quale torneremo... allora non sono più onesti (insonsapevolmente onesti) gli adoratori del Nulla? Perchè costruirci dei magnifici inganni? Religioni, ideologie... sacrificare tutto a delle bugie? La patria, il popolo, Dio, Marx... insomma, se son tutte cazzate, si può davvero condannare chi si accontenta delle latte di birra sul divano, mentre si abbruttisce di champions e formula 1? Non è che alla fine ha ragione lui?
RispondiEliminaNo, perché la sapienza occidentale ha sempre dimostrato, alla sua radice, di riuscire a far convivere la schiacciante consapevolezza con l'azione. E perché l'azione? Perché è "bella", rende felici, è grandiosa.
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