[Il Poliscriba]
La fisica insegna che la gravità, l’attrazione di due oggetti materiali, risponde alla legge di Newton la cui forza è proporzionale al prodotto delle due masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza.
Negli anni ’50 questa teoria è stata applicata allo studio dell’internazionalizzazione delle imprese, il cosiddetto commercio bilaterale tra due paesi; in particolare lo studio riguardava, negli USA, l’analisi anticipata di quelli che sarebbero dovuti essere i successivi rapporti economici con il Messico, primo vero esperimento di delocalizzazione massiccia di know-how tecnico-produttivo nella storia della globalizzazione contemporanea.
Perché Newton?
Perché si è scelto quali paesi, con quale massa di popolazione e distanza in chilometri dall’Italia erano i più indicati per l’allargamento a Est della Comunità Economica Europea negli anni ’80, qualche anno prima della fine della Terza Guerra Mondiale, popolarmente definita Guerra Fredda.
Per questi motivi di fisica analitica semplice, la scelta dei distretti produttivi italiani da delocalizzare non poteva che ricadere su quelli veneti che, per popolazione, distanza, lingua, usi e costumi, corrispondevano a un valore matematico di efficienza dei flussi di capitali relativi all’accesso al mercato dell’Est.Gli IDE, Investimenti Diretti Esteri della prima fase di esportazione dei distretti veneti in Polonia, Bulgaria, Rep. Ceca e Romania, soprattutto a Timisoara, chiamata da quel momento in poi, parliamo del 1986, “l’ottava provincia veneta”, avrebbero cambiato radicalmente la storia occupazionale italiana, iniziando un processo di balcanizzazione dei nostri salari che, per giustificare l’allargamento e gli IDE a fondo perduto, dovevano essere parificati a quelli dei paesi PECO, paesi dell’Europa Centro Orientale, 10/12 volte inferiori alla media dell’ovest europeo.
E se all’inizio l’effetto discesa non è stato così sentito, fu dovuto al fatto che la prima manodopera richiesta per i nuovi insediamenti distrettuali era, in neolingua, unskilled, di bassa specializzazione e la compensazione degli investimenti per la produzione del made in italy nelle nostre regioni meridionali, era ancora ancorata a sistemi di incentivi statali riferiti alla Cassa del Mezzogiorno che sarebbero stati destituiti dopo il 1992.
1992, anno fatidico che pochi ricordano essere quello della fondazione del MICEX, Moscow Interbank Currency Exchange, la prima forma di borsa valori Russa che portò al tasso di cambio rublo-dollaro e che decretò il vero inizio della spinta neoliberista nei PECO.
Ma non fu soltanto il differenziale salariale ciò che spinse le nostre imprese a delocalizzare.
Fu l’affidabilità dei paesi in transizione dal socialismo al liberismo che imboccavano con veemenza la strada della più sfrenata privatizzazione che, in termini sociali ed economici, sembravano promettere alle popolazioni locali e agli investitori esteri, l’inizio di una fase di ricchezza per tutti.
Questo perché, come citano diversi studi: “Una volta che sia stata presa l’intenzione di internazionalizzare in un’area geografica in cui il costo del lavoro è sufficientemente più basso di quello a cui si è abituati, non è necessario scegliere il paese all’interno dell’area, con il costo minore. Ciò perché si va alla ricerca di altre vantaggiose componenti: incentivi statali, burocrazia non corrotta, vicinanza geografica e culturale, potenziale di crescita del mercato di sbocco e risorse umane” (Resmini 2000)
In pratica, si scelgono quelle caratteristiche sociali e territoriali che permettano il più alto grado di sfruttamento e profitto e, contrariamente a quanto cita la teoria, il più alto livello di corruzione burocratica che, nei primi anni ’90, era rappresentata dagli esponenti di quella nomenklatura spoliticizzata detentrice ancora di un enorme potere economico in rubli, in ogni stato dell’ex URSS.
Concludendo.
Quando sentiamo gli sfoghi degli imprenditori veneti che oggi sostengono che i distretti se ne stanno andando a est, a causa della crisi, non dimentichiamo che il fenomeno nacque e si sviluppò ben prima del 2008.
Semmai, la crisi degli ultimi 12 anni, crisi, ricordiamolo, dovuta all’infezione immobiliare-speculativa USA iniziata nel 2006, ha soltanto confermato la bontà, per gli imprenditori in anticipo sulla storia, della migrazione dei distretti già avviata negli anni ’80.
Esternalizzazione di cicli produttivi e know-how che, all’epoca dei misfatti neoliberisti, era subordinata a una falsa ideologia politica di allargamento socio-economico della CEE oggi UE.
E non era nemmeno il prodromo alla creazione di una moneta unica, ma nascondeva la programmazione di investimenti a costo irrisorio in quei paesi che si sarebbero liberati dal gioco socialista, per piegare il collo alla mannaia dell’avidità capitalistico-finanziaria interna ed estera che oggi domina incontrastata in maniera geograficamente retroattiva, la nostra esistenza e la loro popolazione.
E quando parliamo di Made in Italy, dovremmo dire, più correttamente, made in PECO, soprattutto da quando la manodopera highskilled, ad alta specializzazione, ha sostituito la nostra, quella dei cervelli in fuga che, non volendo essere allineati salariarmente ai vicini balcanici, preferiscono tentare la fortuna a ovest, scontrandosi con una competizione selettiva, aggressiva e ormai sempre più nazionalista.
Si poteva evitare la delocalizzazione dei distretti veneti?
Certo che si poteva evitare, ma la scusa “plausibile” è stata l’invasione del made in china, invasione voluta, mai arginata seriamente, perché non si può essere contemporaneamente membri del WTO e allo stesso tempo protettori del nostro sapere artigianale, industriale che, dopo oltre mezzo secolo di affermazione mondiale, sarà trasferito integralmente, assorbito e liquefatto, in altri stati, nella creazione di prodotti che non avranno più un’origine italiana.
Negli anni ’50 questa teoria è stata applicata allo studio dell’internazionalizzazione delle imprese, il cosiddetto commercio bilaterale tra due paesi; in particolare lo studio riguardava, negli USA, l’analisi anticipata di quelli che sarebbero dovuti essere i successivi rapporti economici con il Messico, primo vero esperimento di delocalizzazione massiccia di know-how tecnico-produttivo nella storia della globalizzazione contemporanea.
Perché Newton?
Perché si è scelto quali paesi, con quale massa di popolazione e distanza in chilometri dall’Italia erano i più indicati per l’allargamento a Est della Comunità Economica Europea negli anni ’80, qualche anno prima della fine della Terza Guerra Mondiale, popolarmente definita Guerra Fredda.
Per questi motivi di fisica analitica semplice, la scelta dei distretti produttivi italiani da delocalizzare non poteva che ricadere su quelli veneti che, per popolazione, distanza, lingua, usi e costumi, corrispondevano a un valore matematico di efficienza dei flussi di capitali relativi all’accesso al mercato dell’Est.Gli IDE, Investimenti Diretti Esteri della prima fase di esportazione dei distretti veneti in Polonia, Bulgaria, Rep. Ceca e Romania, soprattutto a Timisoara, chiamata da quel momento in poi, parliamo del 1986, “l’ottava provincia veneta”, avrebbero cambiato radicalmente la storia occupazionale italiana, iniziando un processo di balcanizzazione dei nostri salari che, per giustificare l’allargamento e gli IDE a fondo perduto, dovevano essere parificati a quelli dei paesi PECO, paesi dell’Europa Centro Orientale, 10/12 volte inferiori alla media dell’ovest europeo.
E se all’inizio l’effetto discesa non è stato così sentito, fu dovuto al fatto che la prima manodopera richiesta per i nuovi insediamenti distrettuali era, in neolingua, unskilled, di bassa specializzazione e la compensazione degli investimenti per la produzione del made in italy nelle nostre regioni meridionali, era ancora ancorata a sistemi di incentivi statali riferiti alla Cassa del Mezzogiorno che sarebbero stati destituiti dopo il 1992.
1992, anno fatidico che pochi ricordano essere quello della fondazione del MICEX, Moscow Interbank Currency Exchange, la prima forma di borsa valori Russa che portò al tasso di cambio rublo-dollaro e che decretò il vero inizio della spinta neoliberista nei PECO.
Ma non fu soltanto il differenziale salariale ciò che spinse le nostre imprese a delocalizzare.
Fu l’affidabilità dei paesi in transizione dal socialismo al liberismo che imboccavano con veemenza la strada della più sfrenata privatizzazione che, in termini sociali ed economici, sembravano promettere alle popolazioni locali e agli investitori esteri, l’inizio di una fase di ricchezza per tutti.
Questo perché, come citano diversi studi: “Una volta che sia stata presa l’intenzione di internazionalizzare in un’area geografica in cui il costo del lavoro è sufficientemente più basso di quello a cui si è abituati, non è necessario scegliere il paese all’interno dell’area, con il costo minore. Ciò perché si va alla ricerca di altre vantaggiose componenti: incentivi statali, burocrazia non corrotta, vicinanza geografica e culturale, potenziale di crescita del mercato di sbocco e risorse umane” (Resmini 2000)
In pratica, si scelgono quelle caratteristiche sociali e territoriali che permettano il più alto grado di sfruttamento e profitto e, contrariamente a quanto cita la teoria, il più alto livello di corruzione burocratica che, nei primi anni ’90, era rappresentata dagli esponenti di quella nomenklatura spoliticizzata detentrice ancora di un enorme potere economico in rubli, in ogni stato dell’ex URSS.
Concludendo.
Quando sentiamo gli sfoghi degli imprenditori veneti che oggi sostengono che i distretti se ne stanno andando a est, a causa della crisi, non dimentichiamo che il fenomeno nacque e si sviluppò ben prima del 2008.
Semmai, la crisi degli ultimi 12 anni, crisi, ricordiamolo, dovuta all’infezione immobiliare-speculativa USA iniziata nel 2006, ha soltanto confermato la bontà, per gli imprenditori in anticipo sulla storia, della migrazione dei distretti già avviata negli anni ’80.
Esternalizzazione di cicli produttivi e know-how che, all’epoca dei misfatti neoliberisti, era subordinata a una falsa ideologia politica di allargamento socio-economico della CEE oggi UE.
E non era nemmeno il prodromo alla creazione di una moneta unica, ma nascondeva la programmazione di investimenti a costo irrisorio in quei paesi che si sarebbero liberati dal gioco socialista, per piegare il collo alla mannaia dell’avidità capitalistico-finanziaria interna ed estera che oggi domina incontrastata in maniera geograficamente retroattiva, la nostra esistenza e la loro popolazione.
E quando parliamo di Made in Italy, dovremmo dire, più correttamente, made in PECO, soprattutto da quando la manodopera highskilled, ad alta specializzazione, ha sostituito la nostra, quella dei cervelli in fuga che, non volendo essere allineati salariarmente ai vicini balcanici, preferiscono tentare la fortuna a ovest, scontrandosi con una competizione selettiva, aggressiva e ormai sempre più nazionalista.
Si poteva evitare la delocalizzazione dei distretti veneti?
Certo che si poteva evitare, ma la scusa “plausibile” è stata l’invasione del made in china, invasione voluta, mai arginata seriamente, perché non si può essere contemporaneamente membri del WTO e allo stesso tempo protettori del nostro sapere artigianale, industriale che, dopo oltre mezzo secolo di affermazione mondiale, sarà trasferito integralmente, assorbito e liquefatto, in altri stati, nella creazione di prodotti che non avranno più un’origine italiana.
E c'è gente che ancora rimpiange facce da culo come De Michelis, l'altra volta ho visto in TV l'ex ministro (liberale) della sanità De Lorenzo che è diventato presidente di non so che cosa, cosa hanno in comune questi due? O meglio avevano, dato che il primo è trapassato e il secondo è con un piede nella fossa e l'altro su una buccia di banana, cosa hanno in comune? l'aver frequentato determinati circoli, quindi tutto scientemente pianificato e attuato.
RispondiEliminaPino
Caro Poliscriba,
RispondiEliminapremesso che la lettura dei tuoi pezzi mi ha sempre e non poco gratificato, per forma ovviamente, ma spesso per contenuto, questa volta debbo dirmi completamente basito, sconcertato, profondamente deluso.
Ho quasi dovuto fare violenza a me stesso per decidermi a commentare e solo la serata piovosa e inutile mi ha risolto all'impresa; perché non è altrimenti definibile il tentativo di commentare un articolo, ottimamente scritto, ma senza capo né coda.
Ci provo comunque.
Già l'uso di espressioni come "sfrenata privatizzazione", "mannaia dell'avidità capitalistico-finanziaria", "competizione selettiva, aggressiva" fanno sospettare da che pulpito arriva la predica: quello della completa ignoranza economica di stampo o derivazione, il che è anche peggio, marxista-keinesiana. E' tipica degli "intelletuali" adusi a campare a spese dello stato, vale a dire a carico di coloro che lavorano nel mondo reale esposti proprio alla competizione e alle regole del mercato libero. Spero che non ti si possa annoverare entro tale genia…
Inoltre, noto un uso strumentale di affermazioni veritiere e di altrettanto veraci notizie, frammiste a ipotesi spacciate per reali e conclusioni cervellotiche, verità parziali che sono la peggiore menzogna. Così come il complottismo.
Ma vengo al nocciolo con linguaggio comprensibile.
Negli anni "80 succede effettivamente qualcosa in Occidente: qualcuno (di quelli che contano, non siamo tutti uguali, mi dispiace) capisce la lezione del decennio di inflazione monetaria che sta mettendo al tappeto l'economia americana (inflazione causata dal folle stampaggio di dollari seguito al ripudio degli accordi di Bretton Wood e alla parità aurea) e capisce altresì che se non si riesce a produrre beni a costi minori, la cosiddetta "Società Opulenta" occidentale, della quale tutti abbiamo goduto e godiamo, è definitivamente spacciata.
In pratica, serviva un elemento deflattivo esterno. Lo si sperimentò nel Messico esternalizzando la produzione statunitense, come tu dici, ma l'esperimento fallì miseramente. I messicani non sono cinesi, infatti; non sono adatti al capitalismo. Ecco perché allora decisero di ricorrere ai compagni della Dinastia di Mao; firmati gli accordi del WTO, la Cina comunista entra dalla porta principale. Naturalmente la cosiddetta Europa si allinea subito alle decisioni prese dal padrone d'oltreoceano e individua nei vicini sfigati, ex satelliti sovietici, il partner giusto.
Ed eccoci al nostro sciagurato Paese: industriali e industrialotti veneti capiscono l'opportunità e la colgono al balzo: delocalizzano, e fanno bene. All'imprenditore vero i conti devono tornare pena il fallimento che è certo se si continua a produrre in un paese dove tassazione (oltre "70%, ma voi non ci volete credere), burocrazia e parassitismi vari, legislazione borbonica, corruzione politica fanno da esoso padrone.
Il Sud delocalizza invece le sue eccellenze: mafia, camorra e compagnia cantante.
La delocalizzazione e la deflazione così importata provoca scompensi sociali interni oltre che vantaggi per l'imprenditore, ma serve a tenere costante il livello dei consumi, a far crescere il famigerato PIL, a sostenere lo schema Ponzi del walfare. Insomma, prendere tempo, calciare il barattolo. Come la successiva demenziale stampa di denaro fiat. Nessuno vuole il crollo del sistema, neanche i poveri.
Non sostengo sia stato un bene far entrare la Cina nel WTO: le decisioni importanti si prendono altrove, non siamo alleati, al più àscari dello zio Sam.
Ma quale colpa vogliamo addossare a quelli del Nordest? Solo quella di continuare a mantenere coll'export una nazione di zecche per di più fallite in una landa desolata dove lavorano REALMENTE tre (dico 3) persone su dieci e tutti gli altri succhiano più o meno felici.
Caro Loris, bisogna vedere cosa contrapponi alle zecche fallite...se contrapponi la retrica del più bravo che ha messo in ginocchio prima il sud del mondo poi il sud Italia e ora il nord est non vai lontano...nessuno incolpa quelli del nord-est, però il ragionamento è semplice: o credi che il sistema capitalistico-liberista sia sbagliato o te lo bevi tutto, fino all'ultima goccia, la retorica del "più bravo" non regge, semmai abbia mai retto, perchè semplicemente non è vera. Ci sono delle inclinazioni naturali che mi fanno financo simpatizzare con le tue affermazioni, ovvero: quelli del nord-est hanno una certa etica del lavoro, è una realtà, e dico "certa" perchè i santi stanno in paradiso e non su questa terra...come è una realtà che delocalizzando abbiano accettato e approfittato (loro malgrado o vostro, se sei di quelle parti) di un sistema che alla lunga gli si sta ritorcendo contro.
EliminaCaro Loris,
Eliminati ringrazio sia per gli apprezzamenti che per la tua disapprovazione. Il Poliscriba
Piuttosto, sarebbe interessante domandarsi come mai un paese ancora strenuamente comunista come la Cina abbia potuto assurgere in pochi anni a campione globale del capitalismo.
RispondiEliminaChe Comunismo e Capitalismo (finanziario) siano in fondo meno dissimili di quanto pensi la signora Rosa? Addirittura che siano contigui e l'uno all'altro funzionali?
Ma sono risposte che richiederebbero pagine e pagine (anche di storia) e una cultura finanziaria impensabile…
Cordialità.
Senza emozione ne' giudizio personale: e' inutile. Questo e' un articolo scritto da uno che "non ha il culo" in Veneto. Soprattutto da uno che non sa cosa sia mandare avanti un'impresa nonostante l'Italia e gli italiani, anzi, rettifico: nonostante gli italiani nemici dell'Italia e degli italiani.
RispondiEliminaLo spostamento ad est di una parte del distretto produttivo Veneto e' un fenomeno nato e morto. Chi non e' fallito e' rientrato. Poi ci sono aziende con le palle in wolframio che, nonostante l'idiozia italica e mantenendo il cuore, il cervello e gran parte della produzione in Italia, con le loro forze e coraggio conquistano l'estero.
Sottolineo: "con le loro forze e coraggio".
Auspico che tutti gli imprenditori italiani schiodino il culo da questo paese lasciandolo in mano,finalmente, a:
1) politici
2) sindacalisti
3) organi istituzionali
4) pubblica amministrazione
5) sinistri e grillini
6) marxisti, filosofi, giornalisti, scientologisti, vaccinisti, globalisti, vaticanisti, sinagoghisti ecc...
Mi sembra di aver rispettato la parcondicio, vero?
Requiem.
Anonimo R
...mancava il 7:
RispondiElimina7) negre e mussulmane risorse.
Anonimo R dopo essersi consultato con Erasmo Uguccione da Birmingham detto il Sanguinario, Antoine Deborde e Diogene delle Botte e Odio. Forza Greta!!!
Poliscriba: "quei paesi che si sarebbero liberati dal gioco socialista, per piegare il collo alla mannaia dell’avidità capitalistico-finanziaria interna ed estera che oggi domina incontrastata in maniera geograficamente retroattiva, la nostra esistenza e la loro popolazione."
RispondiEliminaMa forse il gioco socialista (o intendevi il giogo?), e' proprio quello che ha permesso a quel che e' venuto dopo di dominare incontrastato. Il giogo socialista ed anche quello comunista (e va beh, so che vi piace distinguerli, ma ogno tanto semplifico...) sono quelli che hanno creato il Vuoto, perche' il Nulla della finanza potesse dominare incontrastato... No more boundaries di cultura, tradizione, fede, rispetto per il passato, gli antenati, la famiglia, i valori forti, gli affetti veri... tutto sacrificato in nome di un'eguaglianza dittatoriale e di un materialismo esclusivamente terreni, effimeri ed ipocriti, vuoti a perdere.
Poliscriba: "Certo che si poteva evitare, ma la scusa “plausibile” è stata l’invasione del made in china, invasione voluta, mai arginata seriamente..."
Ahhh ma vi lamentate sempre, vallo a raccontare ai nuovi intellettuali social-menefreghisti, che non han idea dell'invasione che ci aspetta a breve. Ultimamente non fan altro che dire che la via della seta, lastricata di belle illusioni, e' l'ultima speranza per il Made in Italy. In effetti la speranza e' l'ultima a morire, noi e il made in Italy invece spireremo e spariremo prima di sicuro di questo passo.
Ise
"No more boundaries di cultura, tradizione, fede, rispetto per il passato, gli antenati, la famiglia, i valori forti, gli affetti veri... tutto sacrificato in nome di un'eguaglianza dittatoriale e di un materialismo esclusivamente terreni, effimeri ed ipocriti, vuoti a perdere"
EliminaFu proprio così, Ise.
Anche senza scendere in particolari che fanno tanto "gomblottista", l'annichilimento dell'Europa che vide, ormai ottant'anni or sono, saldamente alleati l'URSS di Stalin e l'Anglosfera liberale ne è la prova inscalfibile.
La "reazione" alle due facce della stessa medaglia che tu descrivi, reazione che si concertò nell'epoca dei fascismi, doveva essere cancellata materialmente e moralmente, senza possiilità di appello.
E non sto parlando dei Franco, degli Hitler, dei Petain, dei Mussolini, dei Mannerheim, dei Degrelle.
Sto parlando di tutti coloro - "Unsere Mütter, unsere Väter" - i quali affrontarono i sacrifici che innervare, sostenere e alimentare tale reazione costò loro. Quegli ultimi che, a milioni e milioni, si riconoscevano - spesso inconsapevolmente - nell'ordine antico cui talora accenna Alceste; e che non volevano saperne del nuovo, di ordine, tanto da sopportare obtorto collo i personaggi che citavo sopra.
Ogni due di maggio il mio personalissimo ricordo va agli ultimi Trecento che, fra le rovine di Berlino e Hitler già suicida, si sacrificarono nell'ultimo fuoco non per il nazismo, tanto meno per il III Reich, ma per quell'Europa "eterna" che lo stemma sulla loro uniforme, metà aquila di Svevia metà gigli di Francia, rammentava.
Eterogenesi dei fini, oserei dire :-)
Caro Luigi,
Eliminami sa che ho imparato alcune cose nuove dal tuo bel commento. Sono d'accordo con quel che dici. Credo anche che tale reazione continui ad esistere in molti in modo spontaneo, anche se non si manifesta troppo.
Di solito cerco di parlare di quel che vedo o sento in prima persona; se poi alcune conclusioni coincidono con tesi o descrizioni di gomplottisti, non posso che rallegrarmene, non perche' cerchi conferme, ma perche' almeno posso evitare di definirmi solipsista, per usare un termine appreso tra queste pagine.
Sempre gloria a tutti i caduti in alto!
Ise
Loris da Faenza: "La delocalizzazione e la deflazione così importata provoca scompensi sociali interni oltre che vantaggi per l'imprenditore, ma serve a tenere costante il livello dei consumi, a far crescere il famigerato PIL, a sostenere lo schema Ponzi del walfare."
RispondiEliminaHai appena descritto lo schema della nuova delocalizzazione, quella delle risorse straniere in Italia, a disposizione della nuova classe imprenditoriale locale, e delle risorse italiane all'estero che pagheranno la pensione delle risorse in Italia.
Loris da Faenza: "Piuttosto, sarebbe interessante domandarsi come mai un paese ancora strenuamente comunista come la Cina abbia potuto assurgere in pochi anni a campione globale del capitalismo."
Caro Loris, molto bello il tuo commento ed anche istruttivo per chi come me capisce ben poco di finanza ed economia.
Questa tua pero' per me e' una domanda da mille...e una notte, la cui risposta si perde nella notte dei tempi, ed anche nelle favole e nelle leggende, che preferisco al calcolo economico.
Per quanto ho visto, semplificando al massimo:
1997 Hong Kong torna alla Cina.
1999 Macau torna alla Cina.
Gli inglesi vincono le guerre dell'Oppio, si prendono un porto, ci investono ingenti capitali per trasformarlo nel piu' competitivo al mondo, ma promettono di restituirlo entro una certa data, idem i portoghesi. E va beh...).
La propaganda del tempo faceva apparire Hong Kong e Macau come povere vittime sacrificali, innocenti ricche signore destinate al giogo comunista, spaventate all'idea di entrare a far parte della terribile e stracciona Cina. In realta' era la Cina, dalla ricca tradizione e dalla magnifica storia appena azzerate e rese innocue e straccione grazie al brain washing comunista (esperimento sociale) che stava entrando a far parte di Hong Kong e Macau (altri esperimenti sociali eterodiretti), splendidi e simbolici hub del materialismo e nichilismo capitalista, in cui le vite umane erano state totalmente sacrificate al dio denaro.
Infatti poco dopo arriva il bingo...
2001 la Cina entra nel Wto, senza avere ancora alcun mezzo economico, politico, culturale, psico-logico per farne parte.
Messi pure peggio di noi quando siamo entrati nell'Ueuro, ritenuti dichiaratamente non adatti pero', tanto che ci hanno prelevato dai conti correnti per farci essere adeguati e al pari degli altri (sempre e solo una questione di soldi davvero?). Ma la Cina no, essa pote' vagare liberamente per i mercati wto senza alcuna pena ne' ammenda, nessun controllo o restrizioni.
Una palese economia di stato contro economie di mercato. Nessun rispetto delle regole altrui, concorrenza sleale selvaggia, ma ben protetta, come un' oasi del WWf. Psicologicamente inadeguati a diventare potenza mondiale, basta pensare a cosa puo' essere, fisicamente e mentalmente, passare dal cannibalismo delle carestie comuniste all'obesita' pompata del capitalismo nel giro di pochissimi anni, senza alcuna elaborazione, intermediazione ne' digestione dei ripetuti traumi. Basti pensare che sulla proprieta' intellettuale, ad esempio, ancora ci sono cosi' tanti e tali issues che ci hanno tirato su facolta' universitarie in tutto il mondo solo per venirne a capo...Mai riusciti naturalmente, guarda non caso.
Che dire, evidentemente c'e' chi puote e chi non puote, guarda Non caso!
Ise
Cara Ise, bella questa corrispondenza con l'altra parte del Mondo!
EliminaMa voglio chiarirti, scanso equivoci, che non hai a che fare con un esperto di calcolo economico; tutt'altro.
Sono un povero pedemontano appenninico, amante di escursioni boschive, pesca alla trota nei torrenti, ricerca di porcini (finché il fisico consente) che si diletta di letteratura e di storia nei lunghi mesi invernali, prepensionato con mezzi propri.
Proprio interessandomi di Storia (visto che conoscere il futuro è difficile, l'unica conoscenza possibile è il passato) mi sono accorto di quanto l'ambiente culturale ufficiale trascuri l'aspetto economico nell'analisi della materia e quanto invece esso sia, in realtà, essenziale alla corretta comprensione delle vicende e dei nessi che le legano. Tutto qui.
Ti rammento che il dio denaro o sterco del diavolo che dir si voglia, io preferisco, da buon libertario anarcoide, definirlo con Dostojevskij "libertà coniata", sì, perché a quei tempi la moneta ancora si coniava ma non era un Dio.
Tornando ai nostri amati orientali ti dico ciò che penso: Il capitalismo moderno ( che nulla ha a che vedere col vecchio liberalismo) ha reperito nel tipo umano orientale, ancestralmente omologato, impermanente, dotato di scarsa o nulla individualità, il fenotipo perfetto per i suoi fini.
Mentre negli occidentali è ancora presente un "Io", una residuale libera esistenza, nonostante livellamento e omologazione progressiva, il cinese è già pronto nella sua naturale stoffa antropologica, abituato al dispotismo da secoli.
Ma allora: o il capitalismo non è per sua natura liberista, o il liberalismo dell'Occidente era una finzione.
Il sommo teologo e scienziato Teilhard de Chardin peraltro scriveva, politicamente scorrettissimo: "Bisognerebbe trovare per i cinesi, come per i negri (sic!), una funzione speciale che forse non è, per impossibilità biologica, quella dei bianchi".
Saluti!
Caro Loris, non ci metterei la mano sul fuoco sull'analisi da parte di un occidentale dell'individualità di un cinese...non per altro, non parla come me, non pensa come me, non mangia come me. E poi perdonami, se mi difendi il nord-est, o meglio difendi il suo adattamento, restando in argomento di scalate sociali e adattamento all'ambiente (quello che si perdona alle delocalizzazioni venete) ti informo che fra i "coolie" cinesi di fine 800 c'era gente che lasciava a bocca aperta gli schiavisti yankee approdati nelle Hawaii in quel periodo (leggere Jack London). Questi arrivavano come schiavi morti di fame o mezzi morti per davvero a causa delle frustate che ricevevano nei campi di canna da zucchero e una volta usciti da quella condizione, piano piano, risparmiando, sacrificio su sacrificio, stolidamente, diventavano dei veri boss in grado di fare concorrenza ai padroni, (che non erano loro), mai mescolandosi però. Tutto questo partendo da una condizione poco dissimile dai neo "liberti" dell'impero romano, anzi per certi versi assai peggiore. Capito perchè Mao diceva "il comunismo è un'arma per schiacciare i nostri nemici"? Non la facciamo troppo facile...cosa sappiamo della Cina? Ma financo della Russia? Si fa presto a dire comunismo, parliamo di continenti...i continenti li abitano persone...Alla luce di questo occorre capire di cosa stiamo parlando, non è forse simile l'adattamento messo in atto (senz'altro con meno sacrifici, concedimelo) da quelli del nord est?
EliminaCiao Sitka, guarda che io concordo pienamente con quanto tu esponi.
EliminaPurtroppo la concisione cui siamo costretti su un blog impedisce la chiara espressione di un pensiero complesso ed espone, inevitabilmente, a incomprensioni.
Inoltre, nessuno possiede la verità né, possedendola, riuscirebbe a comunicarla neppure in un libro di mille pagine.
Si possono solo cercare di spunti di riflessione al di là delle tifoserie e del conformismo che appestano la nostra epoca.
Non confondo certo il cinesino laborioso e rampante con l'africano ciabattante in attitudine digestiva. Né mi incarico di tessere l'elogio del padroncino italico se non per differenziarlo dal parassita nostrano, capace solo di invidia sociale e collettiva.
Quello su cui cercavo di ragionare è il fatto, ormai acclarato, dell'omologazione, del livellamento degli individui che sta dilagando nei paesi occidentali capitalistici che fa il pari con quella congenita dell'impermanenza e della quietistica che è l'evoluzione della condizione di sudditi ritmati dal dispotismo storico orientale.
La libertà individuale, la desta morale del singolo, non è solo la possibilità di fare impresa ma di sfuggire alla potente perversione, avversa all'Io, di uno Stato in intrusione continua che amministra gli uomini in forma di statistiche.
Insomma, capitalismo e comunismo, stesso risultato.
La Cina squilibrerà il mondo quando non saprà più celare le sue menzogne, ma ancora di più se avrà successo a insistervi.
Mi taccio.
Ciao Loris,
EliminaCapisco l'importanza del denaro, anche se preferisco indagare altre dimensioni.
Tra parentesi, beato te che hai ancora a disposizione delle trote di fiume, non le ho piu' viste da tempo, neanche al mercato del pesce!
Riguardo gli orientali cinesi, il mio pensiero e' semplice: il comunismo (insieme ad altro prima, step by step) ha creato la tabula rasa finale per il reset, il sacrificio di massa al turbocapitalismo, la ipertecnologia...i nuovi dei e padroni. Poi se cio' lo si vuol chiamare miracolo cinese, prima potenza mondiale, ecc. va bene, dipende dalla prospettiva. Dal mio punto di vista, da tempo hanno perso quel che li caratterizzava in termini di bellezza e intelligenza, inclusa l'anima, e stanno gradualmente portando tutta l'Asia e non solo verso il baratro.
Non penso sia dovuto tanto alla maggiore o minore presenza di individualita', sebbene c'erano (!) differenze rispetto all'Occidente, quanto piuttosto di coscienza. Anche un corpo collettivo puo' avere una coscienza molto sviluppata e i singoli membri percepire chiaramente il loro compito individuale in sintonia con l'insieme. Quel che e' accaduto in Cina a mio parere non e' tanto il risultato della predisposizione al dispotismo, quanto un progressivo logoramento e annichilimento della loro coscienza-anima storica (non saprei come definirla). Osservandoli ora, a volte sembrano elefanti nel tipico negozio di cristalli, senza minima consapevolezza dell'ambiente che li circonda ne' di loro stessi...va beh, non riesco a spiegarmi meglio per oggi. Forse osservando i nostri piddini si capisce un po'.
Se da noi c'e' stato il '68 a fare danni, loro negli stessi anni si sono preoccupati di distruggere il 90% del loro patrimonio storico e fare milioni di morti; in famiglia, anche se non si auspicava ancora l'aborto (diamo tempo al tempo), si passava il tempo a denunciare i familiari come reazionari che cosi' il regime li eliminava; solo perche' era divenuto l'unico modo per non essere denunciati a propria volta. Mors tua vita mea, figlio contro padre, moglie contro marito, fratello contro fratello...tutto testimoniato.
Non ho mai conosciuto un cinese anziano che visse quegli anni che parlasse bene di Mao o di quei tempi: o glissavano sull'argomento, o quelli piu' giovani (che saltarono tutte le scuole dell'obbligo, avendo smesso di esistere date le botte da orbi che gli studenti rifilavano agli insegnanti reazionari=tutti, perche' insegnanti, la cultura e' sempre reazionaria molto piu' che rivoluzionaria) bestemmiavano in sordina al ricordo. Questo mentre da noi ciecamente certi inneggiavano ancora al libretto rosso. Miracoli dell'ipnosi di massa.
In generale, credo di non discostarmi molto dal tuo pensiero.
Saluti,
Ise
Sto leggendo un manuale di "filosofia" cinese (Anne Cheng - Storia del pensiero cinese) e mi ha colpito la differenza abissale, a livello direi antropologico, fra Cina e occidente, sin dalle origini. Differenza nel rapporto col sacro, quasi inesistente se non in chiave strettamente rituale e sociale, ma soprattutto con le grandi domande che l'uomo occidentale si è sempre posto, quasi totale assenza di astrazione in filosofia (inesistente il rovello sugli universali fra realisti e nominalisti), assenza di Dio come entità e come istanza filosofica, impostazione del pensiero filosofico quasi solo come etica e attività pragmatica, eccetera.
EliminaQuesto per dire che in genere in occidente sappiamo ben poco di come sia la Cina realmente, di cos'è la cultura cinese, di come un cinese pensa, di quanto i cinesi siano sempre stati improntati a uno spiccato realismo e materialismo. C'è davvero un abisso.
Voi occidentali pensale troppo pallare tanto ma fale mai niente!
EliminaIo avele gia' detto voi, ma voi non cledere mai, pensale troppo, pallare tanto...
Ise
Oggi mi stavo recando al supermercato israelo-tedesco Lidl per vedere se fosse arrivato qualcosa di nuovo in particolare attrezzi da lavoro che in genere qui hanno un buon rapporto qualità-prezzo, al che' mi soffermo davanti alla vetrina di un concessionario BMW e noto all'interno tre cinesi maschi sulla trentina belli paffuti intenti ad acquistare un fuoristrada che sembrava un'astronave, subito mi è venuta in mente quella bimbetta che i pedofili del nuovo ordine mondiale mandano i giro a sparar cazzate, ho immaginato Greta nel concessionario intenta a convincere i cinesi a non acquistare il
RispondiEliminaveicolo perché inquinante e loro a controbattere che "essele iblido inquinale poco, cosa fale tu di mattina in gilo? pelché non andale a scuola?... Sono scoppiato a ridere e non ho corso nemmeno il rischio di passare per scemo, ormai chi fa caso ad uno che parla o ride da solo?
Pino