30 agosto 2018

È il libro di Qoelet la summa teologica che oggi domina i soccombenti [Il Poliscriba]


Il Poliscriba

Nelle dissertazioni inutili e sovraccariche di non-penso, i nostri monitor, variabili pixels, hanno funzione di spettroscopio, di scanner e ci obbligano a una disattenzione per il dettaglio, riducendoci a sintetiche sintassi telegrafiche, esplorabili soltanto con la vista, amputandoci il resto dei sensi.
Pensavamo che fossero le macchine a non avere coscienza o, al limite, fantasticavamo di un sé immaginifico che, le memorie estese al silicio, avrebbero potuto agganciare in una confusione di stringhe informatiche.
Si è rovesciato il nesso: ora noi non abbiamo sesso, senso, nessun denso pensiero, soltanto dita strumenti di follia edonistica, narcisismo touch-screen, e per sentirci reali ci occupiamo e preoccupiamo in una serie infinita di selfie, che autoscatti non fa neolingua chiamarli.
Intorno, il sisma sociale, l’involuzione economica che smaterializza i nostri corpi, ci rende inservibili, invendibili, non negoziabili, solo macellabili, per un’eventuale riserva energetica o un pasto nudo di future generazioni affamate, come quelle che ci precedono oggi sulla scala della povertà assoluta.
La rivoluzione è un trafiletto su libri di storia completamente revisionati.
Le slide e i quiz, forgiano l’ignoranza monolitica dei nostri figli smemorati, assenti all’essere e all’essente, al punto che anche la psicoanalisi non ha più presa su involucri biomeccanici privati di raziocinio, senza scomodare la logica aristotelica.
La gaia scienza, forse, resterà in piedi, incastrata in un solitario tomo, come un vecchio monolite traslucido che tenterà di assimilarci, per cablature genitico-organiche, a mammiferi in via d’estinzione ammalati di inciviltà altamente trasmissibile e letale.
È probabile che ci vorranno secoli per ristabilire la gerarchia ontologica.
Il futurismo letterario di Wells è ancora fortemente plausibile, sorpassa il Mondo Nuovo huxleyano sottolineato dalla traccia dello Zarathustra di Richard Strauss, ma resta eterno secondo dietro a qualunque odissea post-omerica.

Non è l’ottimismo che ci occorre, ma l’interventismo.
E non diamo la colpa al nichilismo nicciano/heidegerriano etc
E’ il libro di Qoelet la summa teologica che oggi domina i soccombenti.

26 agosto 2018

La bellezza come argomento


Roma, 26 agosto 2018

Un profluvio di interpretazioni ha allagato il meschino mondo dell’informazione italiana a proposito del crollo del ponte Morandi.
Tecniche. Economiche. Complottistiche.
Retroscena, fatti, invenzioni, dati di ogni risma, spesso incongrui.
Il Poliscriba ne ha parlato in un post agostano, con una sensatezza a cui va la mia riconoscenza di lettore.
Non ambisco a portare al dibattito, ormai permanente, l'ennesima interpretazione, incapace come sono di elevarmi a certe altezze, ingegnosamente ingegneristiche, fra stralli, piloni e trazioni; né di tuffarmi nel pelago delle supposizioni geopolitiche, che amo scansare come la peste; né, al contempo, di schierarmi politicamente come se il cemento precompresso fosse occasione di sfida tra fazioni (per tacere dei ciangottamenti su "Gronda sì e no").

17 agosto 2018

Crolla il Ponte Morandi sotto il peso delle statistiche [Il Poliscriba]


Il Poliscriba

Il Pontifex era l’artefice di ponti, colui che sa costruire ponti, per cui i costruttori di ponti, presso Etruschi e Romani, furono riveriti e collegati con il divino.

È crollato un ponte!
È crollata la fiducia.
Il cittadino, il pagatore di tasse, l’utente finale … noi … piange, non crede all’impossibile, all’inesattezza della scienza che sbuca proprio quando la vittoria sul Fato e il Caos sembra a un passo.
Noi ci fidiamo che la cosa pubblica funzioni.
Non possiamo farne a meno ... della fiducia quanto della Res Publica.
Convinti di sentirci immuni dalla fede, miscredenti teologici, conduciamo o meglio siamo condotti in una vita di sonnambulismo, e ci offriamo nudi, senza difesa,  alla tecnica, esaltando la scienza in mancanza di dei, la frenesia in mancanza di pace, l’obbrobrio in vece della bellezza, la stupidità in assenza di intelligenza, le vuote parole incapaci di ascoltare in silenzio e provare vera angoscia per il vuoto dentro e fuori di noi.
Come esseri totalmente irrazionali, paludati dalle pieghe dei nostri vestiti carnali, ci picchiamo di essere gli uomini nuovi, gli androidi pronti per innesti high-tech e godiamo all’idea di un’immediata integrazione che supererà l’estensione tra corpo e macchina.

07 agosto 2018

Monarchia Universalis



Roma, 7 agosto 2018

Certe questioni andrebbero adagiate sul lettino dell'anatomista; spesso, però, si preferisce un coltello da squartatore.

La questione della globalizzazione, a esempio. Sarebbe bene eliminare questo termine, ormai usurato da vani e opposti estremismi.
Le parole vanno e vengono.
Sostituirei globalizzazione con Monarchia. Universale.
Monarchia è ciò che ci attende, al di là degli strepiti decennali che ci hanno ingannato.

Ricordo, in una tramissione di RAI3 del 1992, Milano, Italia, un neroricciuto Gad Lerner esibire sul palco, come fa l'imbonitore coi propri mostriciattoli, Maurizio Boccacci, allora guida spirituale del movimento Meridiano Zero, di matrice filofascista o parafascista (o consonante a quel che rimaneva del fascismo).
Nel 1992 si stava cucinando, almeno per l'Italia, provincia ancora opulenta, ma arretrata ideologicamente, il Mondo Nuovo a venire.
Lerner aveva il compito di introdurre, al pubblico esterreffatto dal crollo del regime post ’45, un nuovissimo dramatis personae (ovvero i soggetti che avrebbero dominato la scena sino a oggi) apprestando, al contempo, con finta premura, l'exeunt omnes di ciò che più non sarebbe servito alla Monarchia incipiente.

03 agosto 2018

Generazioni scomparse (vanishing Italians)


Roma, 3 agosto 2018 

L'opulenza digitale reca l'estinzione.
Il digitale è un progresso o no?
A tirar le somme pare un netto regresso.
Serve il digitale? Certo, a dominare meglio le pecore.

Le fotografie di famiglia. Nonni, mamma, papà, figli, nipoti, amici. In bianco e nero oppure esornate dai primi timidi colori.
Le foto di famiglia costituivano una bella responsabilità.
Anzitutto c’era l’apparecchio vero e proprio, che aveva un costo suo, e occorreva custodire con cautela, in appositi foderi di pelle o similpelle. E poi c'era il rullino, costoso anch'esso. Si scattava quindi, ma con parsimonia, poiché ogni clic aveva un prezzo: la posa doveva essere studiata, avere significato, o assommare più gente possibile: non si poteva immortalare un albero un fiore una casa un cane: che spreco era quello? Tutte le vecchie foto eran cariche d'un compito preciso: tramandare a chi di dovere momenti salienti della storia di famiglia. Ogni immagine vantava sul retro una dedica oppure la data, scritta, con cura, a penna, assieme alla località ove era stata presa; a volte si indicavano nomi e nomignoli degli attori coinvolti. “Luigi e Ines”, “Zio Valerio e la sua chitarra”, “Giampi a Milano Marittima 1961”, “Mamma e Papà, Ladispoli 1967”, “Giovanni al giuramento, Taranto 1972”. Per tacere dei sacramenti: battesimi, comunioni, cresime, matrimoni; persino funerali.

26 luglio 2018

L’Olocausto in soffitta (segnali dal Mondo Nuovo)


Roma, 26 luglio 2018

Mark Zuckerberg: “Sono ebreo, e c’è un gruppo di persone che nega sia avvenuto l’Olocausto … lo trovo profondamente offensivo. Non penso, però, che la nostra piattaforma debba eliminarle. Penso ci siano cose su cui molte persone hanno opinioni non corrette, non credo che sbaglino intenzionalmente”. 

Tali parole non giungono inaspettate.
L’umanità sta lentamente, un po’ dolorosamente, mutando le prospettive morali più profonde: dall’Antico Ordine al Nuovo. Non si tratta di togliere o censurare, però, ma di osservare diversamente. Mutano gli sguardi, non le cose. Lo stesso oggetto di prima, ma visto con altre gradazioni, colori, prospettive. Anamorfosi. Un guazzabuglio di forme incomprensibili, tramite un medium (una superficie riflettente, di solito), assume un senso completamente nuovo. E viceversa: ciò che costituiva un senso ultimo, definitivo, antico, perde il proprio status di comprensione per perdersi nell’indifferenziato.

L'informe si definisce, ciò che è sempre stato definito diviene indifferenziato.
Tale evoluzione non è, tuttavia, naturale, bensì voluta dal Potere tramite un progressivo slittamento dello sguardo interiore. Talvolta ho parlato di precessione morale. Il nostro panorama etico cambia impercettibilmente, un giorno dopo l’altro, una disfatta dopo l’altra, sino a situarci, senza che ce se ne renda conto, in un mondo assolutamente alieno. Guardate cosa è accaduto in soli trent’anni …

23 luglio 2018

92 centesimi (due giorni da Accattone)


Roma, 23 luglio 2018

Meglio e peggio. Si stava meglio quando si stava peggio? Ecco l'ordine di premiazione del concorso Miss Italia 1947:

1. Lucia Borloni alias Lucia Bosè
2. Gianna Maria Canale
3. Luigia "Gina" Lollobrigida
4. Eleonora Rossi Drago

Nelle posizioni di rincalzo, tra il pulviscolo delle belle concorrenti, Silvana Mangano.
La fine della guerra, l'attesa per il nuovo: l'olivo italiano, reso stento dal buio delle privazioni, riceve nuova luce; le fronde si moltiplicano, vecchie foglie, ingiallite, si staccano, le radici affondano nell'humus ingrassato dalla speranza. Signori compunti, pantaloni con la riga perfetta, cravatte e giacche in buon ordine, si acconciano a tale festa della rinascita: le ragazze italiane, la cui pudicizia tiene a freno la pur timida esuberanza, dagli occhi limpidi, un po' spaesate, son certe di un avvenire che, inevitabilmente, prima o poi, arriverà: come potrebbe essere altrimenti, dopo i morti, le distruzioni, le umiliazioni? La vita, interrotta, riprende; ciò che venne represso e costretto ritrova la via sua naturale. "The force that through the green fuse drives the flower/drives my green age", canta Dylan Thomas.

Miss 2019. Ora leggo che una delle partecipanti alla prossima edizione di Miss Italia sarà una disabile: sfilerà con un arto finto. Ancora la propaganda, invasiva, totalizzante. Il trionfo del disabile, il piagnisteo, noi siamo i buoni, viva i diversi. Mai si era assistito a una così ripugnante opera di depistaggio morale. Il potere usa stavolta il pietismo e le minoranze per annientare la morale della normalità. Il normale è il diverso, il diverso è la normalità da premiare. Annichilire ciò che è sempre stato giusto, corretto, abituale tramite l’empatia indotta per ciò che è altro, capriccioso, informe, eccentrico, contro il buon senso e la tradizione.
In tale vicenda vi sono tre vittime: l’antico ordine estetico e morale; chi viene usato per imporre la trasgressione e l’inversione (la disabile) e, per ultimo, la sincera pietà per i più sfortunati che, presa in giro in maniera così sfacciata, rischia di mutarsi nel suo opposto.
Va detto, infatti, ancora e ancora, con rinnovata forza: il potere se ne frega dei disabili e dei diversi: la vita quotidiana urla questo tutti i giorni. E però gli torna utile usare la lacrima per distruggere ogni ordine pregresso. La sinistra diffusa, un allucinante cretinismo di massa, sono lì a fare da fiancheggiatori a tale manovra disgustosa.

Chupa Chups. Una nota attrice spedisce un proprio famiglio ad acquistare Chupa Chups alla marijuana per i nipoti: "Così si abituano al gusto", commenta, rivolta agli increduli.

16 luglio 2018

Young Signorino


Roma, 16 luglio 2018

Anni Settanta. Squilla il telefono nell’elegante casa di Renato e Cini Boeri.
Il domestico solleva la cornetta, la pone con calma all’orecchio; sente gracchiare una voce: dall’altro capo del filo qualcuno reclama il giovane Tito. Il sottoposto di classe non si scompone; ne ha viste tante; solo dichiara: “Il signorino Tito non c’è, è fuori a fare la rivoluzione”.
Formidabili quegli anni!, sentenziò, in un suo goffo libro, Mario Capanna, già coordinatore di Democrazia Proletaria. Capanna fu uno dei volti belli della sinistra d’antan, assieme all’indimenticabile Lucio Magri, co-fondatore de “Il Manifesto”, atletico e abbronzato, amante di Marta Marzotto, conosciuta in casa di Eugenio Scalfari - la bella Marta, a sua volta amante di Renato Guttuso che la immortalò, gnuda, in numerosi, orridi, teloni a olio. Magri, intelligente e rigoroso, completamente disinteressato alla classe proletaria, di cui ignorava tutto, ma assai esigente in alcuni ambiti extraparlamentari: “Guai se per il gigot d’agneau non c’erano il purè di mele e la salsa di menta: non ci si poteva sedere a tavola. O se i chicchi di caviale non erano g-g-g … grossi grani grigi”.

13 luglio 2018

Padella, pappagallo e catetere … un bagno di realtà in ospedale [Il Poliscriba]



Il Poliscriba

 Poiché tanto del savio quanto dello stolto non rimane
ricordo eterno; giacché, nei giorni a venire, tutto sarà da
tempo dimenticato

Qoelet

In una città del Nord, 8 luglio 2018

Odore di merda, non della propria merda che si sente ogni giorno nel proprio cesso, l’odore di quella degli altri, il fetore di quella dei tuoi vecchi, dei vecchi altrui … flebo, cerotti arrotolati su farfalline idrauliche, tubicini, sponde di letti dove si aggrappano abbandonate braccia d’ossa e pelle smorta.
Guardo mio padre e i padri d’altri, quel che resta di lui, di noi, di questa società.
È domenica.
Fuori è estate, un’estate rovente che asfalta il cielo di luce; dentro... un inverno senza fine.
È qui che l’Occidente muore giorno per giorno …  radiografato, sottoposto a TAC, RMN, ecografie, chemioterapia, trapianti d’organo, ablazioni cardiache, bypass arteriosi… finché la privatizzazione del sistema non fagociterà tutto, scagliandoci in un incubo assicurativo all’americana.
È  qui che i figli della mia generazione non conoscono il vero amore, la vera pietà, pensando di esser vicini a chi li ha generati o adottati, vomitando audiomessaggi whatsapp in sorde orecchie, con bocche da ventriloqui vacanzieri, mentre le labbra grinzose che non sono in grado di rispondere, vomitano umori giallastri, espulsi da fegati marci, sui touchscreen.

10 luglio 2018

L’apocalisse in poltrona


Roma, 10 luglio 2018

Dicono che l’Italiano è scontento. A me non sembra. L’Italia brulica, certo, di uomini livorosi, che sentono l’ingiustizia sulla loro pelle, ogni giorno, e, perciò, odiano. Eppure, a parte qualche filippica e qualche travaso di bile, spesso espettorato in situazioni al limite dell’esasperazione (file negli uffici pubblici deserti di personale, mezzi pubblici soffocanti e rigurgitanti di abusivi del mezzo pubblico, traffico incandescente su raccordi e consolari), non si notano empiti di rivolta autentica. Le parole, anche le più virulente, cadono nel vuoto; e per vuoto si intende la qualità dell’incorporeo: non c’è nulla, dico: nulla, che filtri questi umori e li materializzi in un gesto assieme materiale e simbolico in grado di mettere a disagio il potere.

Drumont, un vecchio matto, diceva: “Soltanto pochi anni fa c’erano dei realisti, dei bonapartisti, dei repubblicani, dei radicali; c’era un partito socialista che aveva a capo uomini di valore. Tutto ciò si è volatilizzato, polverizzato, atomizzato. Noi assistiamo a questo strano spettacolo: un paese in cui tutti i cittadini sono divisi e dove non si vedono più né partiti, né capi di partito. Abbiamo la discordia dell’impotenza e l’odio nel vuoto”.