Roma, 5 luglio 2018
Cosa
nasconde quest’ansia da finis terrae, tale cupio dissolvi, lo
slancio forsennato verso l’informe scambiato come libertà somma,
una corsa disperata, piangente, maledetta, eppure, nell’intimo,
anelata in uno spasimo doloroso e abietto? Tale rivolgimento lo si
nota negli ambiti più disparati: un pervertito, vestito da
Carnevale, istoria le chiappe con l’augurio: “Confini
aperti per tutti i migranti come i nostri culi”:
una summa grottesca, e difficilmente eguagliabile per chiarezza.
La
voglia di farla finita. Un suicidio, nient’altro. Il suicidio
del’umano. Essere altra cosa, un oggetto, forse. L’insoddisfazione
della propria carne, dei propri pensieri. Divenire altro:
Beanotherone, non a caso, è uno dei giochi di ruolo che appare nel
famigerato depliant della mostra “Post Human Plus”. Per ora è
presentato quale gioco, un di-vertimento, appunto; presto sarà la
norma. Cosa si prova a essere …? L’importante è rinunciare a ciò
che si è: anoressia, botulino e plastica hard, mutilazioni, tatuaggi
invasivi sono la risposta disperata, occultata quale moda, a tale
compulsione. L’attrazione per il perverso polimorfo e l’androgino,
l’astrattismo decorativo, persino la voglia di vacanze (l’homo
turisticus) appare fenomeno di un’insoddisfazione ormai strutturale
della nuova psicologia umana.
A
questo ha portato il potere.
L’uomo
non sopporta più sé stesso, la sua parte umana, ciò che essa ha
prodotto nei millenni. È incapace di comprenderla poiché gli
strumenti per farlo non sono più nelle sue mani. La preterizione
della cultura classica (perseguita con la tenacia degli psicopatici:
via latino, greco, arte, storia, filosofia) ha irreggimentato
eserciti di coglioni.
L’essere
umano freme nello stracciarsi le antiche vesti che l’hanno reso
tale. Basta, non ne può più di arte, filosofia, letteratura,
scuola, etica e scienza. Tutto ciò che definisce e accresce lo
spirito gli è di troppo.
Chi
sa più capire alcune parole, certe sfumature verbali che fanno
sostanza? Chi è in grado di sottilizzare,
oramai? Dove sono gli umanisti, color che tutto stringono in un
cerchio di coscienza vasto e crepuscolare? Come possiamo pretendere
di sapere cos’è il mondo se le parole svaniscono e, con esse, il
pensiero che sottintendono? Più parole più pensiero, meno parole
meno pensiero. La civiltà verbale edifica, la povertà verbale
distrugge. Un contadino del Trecento custodiva nell’animo molte più
sfumature concettuali di Bill Gates, ma questo è un dato
irricevibile per l’homo levis. Quando Bertoldo insaporisce un tozzo
di pane al fumo dell’arrosto d’un bettoliere e, richiesto d’un
compenso, lo paga col suono della moneta, quel Bertoldo applica
proporzioni logico-verbali proibite al citrullo medio italiano.
Bertoldo, poi, sapeva rubare, ingannare, plagiare, pietire, ungere;
conosceva i fossi, gli animali, la fica, i frutti e i fioretti; era
parte del paesaggio, consisteva in una tradizione.
Giro
continuamente e vedo coglioni, non mi vengono in mente altre parole.
Leggo e trovo coglioni ancora più coglioni. Grandi firme della
rivoluzione digitale o della controinformazione: perfetti coglioni.
Bitcoin, AI, blockchain, guerricciole: ma di cosa parlano? Non vedono
l’Utopia che li sovrasta? La pace perpetua. L’uomo liofilizzato.
Il classismo diluito nell’avanspettacolo. La violenza scende, si
compiono meno reati. L’umanità è quieta come un paziente sotto
sedazione. Gli scoppi di violenza son appannaggio di non-democrazie o
di individui che sentono immediata la fine di un’epoca.
Omicidi-suicidi, suicidi, malattie mentali fuori controllo. Ma si
tratta di piccinerie. Presto, come nel romanzo di Philip Dick, la
Terra consisterà in una placida legione di malati mentali con la
camicia di forza.
Pornografia,
droghe legalizzate, credito facile, amoralità ridanciana, vacanze,
sport: ecco la camicia di forza.
Null’altro
chiede il coglione alla vita. Settant’anni? Ottanta? Novanta? Da
vivere così, un giorno dopo l’altro, sminuzzato fra centinaia di
irrilevanze, in attesa di non si sa cosa: minuscoli atti di edonismo,
reiterazioni di narcisismi, stupidaggini. Ditemi: cos’è la vita?
Occorre
sempre imparare. Leggo il post di un europeista d’acciaio: “Oggi
i diciottenni si stanno preparando per gli esami delle medie
superiori. Cent’anni fa andavano in trincea a farsi massacrare.
L’Europa è necessaria”.
È un argomento convincente, difficile da controbattere. Aggiungerei,
da avvocato del diavolo: “Cent’anni
fa c’erano ancora i servi della gleba, oggi no. Viva il progresso”.
A tale obiezione cosa opporre? Questo: la pace e i diritti civili,
assieme al credito facile, sono l’humus di una degenerazione
spaventosa che ha, di fatto, cancellato l’Occidente in mezzo
secolo. Ancora l’advocatus diaboli: “Se
questo era il prezzo da pagare, è giusto averlo pagato. La morte non
è il peggio, infatti? Vi abbiamo dato una casa, un auto e una
sciabordio tranquillo sulle rive di un lago immobile. Cosa volete di
più?”.
A questo punto non so ribattere poiché non ho argomenti, solo
sensazioni, o predilezioni. Non mi piace vivere come si vive oggi, lo
trovo non-umano, umiliante, un respirare senza vivere. Tanto che,
alla fine, mi manca pure il respiro.
Camere
di eutanasia, Euthanasia Rooms, Dignity Rooms. Ecco il prezzo da
pagare.
Per
animali, per uomini allo stremo, malati o moribondi, ma anche per chi
non vuole più vivere, per cui il fardello della vita pesa troppo: la
fine è di là da venire eppure … quanto peso sulle spalle! Di
fronte un rettilineo inanimato: è troppo! Nessuna curva, nessun
insulto della fortuna! Non placido o tranquillo: inanimato! Anche
batteri e parassiti hanno abbandonato le acque del futuro: l’asepsi
dell’umano va avanti, va oltre, supera l’inimmaginabile! A che
pro quindi l’esistenza! L’eterno riposo dona a noi, Signore, Tu,
Alto Latore della Luce!
Quando
una civiltà muore i poeti cantano la tragedia mentre la realtà si
acconcia alla barzelletta. Francisco Pizarro, a capo di
centosessantotto spagnoli, fronteggia i cinquemila Incas di
Atahuallpa. L’Inca, assiso su un trono d’oro a baldacchino recato
a braccio dai nobili del regno, non si capacita dell’arroganza di
quei barbari. Li scruta dall’alto, i visi truci e butterati,
barbuti e luridi; Atahuallpa ha parole di sprezzo, rifiuta la Bibbia,
getta la parola sacra, quel sordo accumulo di segni, lontano da sé.
In quel rifiuto si decide il destino di milioni. Il Libro Sacro,
onusto di parole incomprensibili, assomiglia alla lancia dei feziali
romani: Pizarro, infatti, a quel diniego, si sente investito di una
giustificazione mistica; ordina, perciò, il giusto massacro: gli
spagnoli spazzano via, da subito, centinaia di uomini: gli
aristocratici Inca, orrendamente mutilati dalle spade toledane, non
reagiscono: la loro unica preoccupazione consiste nel sorreggere quel
trono d’oro; che il sovrano non tocchi terra! Sarebbe
inammissibile! Chi cade sotto il baldacchino, perciò, è subito
rimpiazzato, in una processione terribile, eroica e farsesca;
nonostante le mani mozze qualcuno tenta di reggere il peso con le
spalle, con la testa, disperatamente; il cumulo di cadaveri è
gigantesco e insensato. La battaglia che segue un massacro senza
resistenze. Migliaia cadono senza capacitarsi di ciò che accade. Lo
scontro di civiltà è sproporzionato. Induriti da febbri e
pestilenze e arricchiti dalle astuzie tattiche dispiegate nei secoli,
da Annibale Barca ai proconsoli romani sin ai Goti, che Borges
credeva antenati degli argentini, abili nella manovra e nel
tradimento, gli Spagnoli vantano una logica di sterminio libera dal
dato posticcio del cerimoniale e dell’onore. Atahuallpa è fatto
prigioniero nel proprio stesso palazzo. Non comprende, ancora.
Pizarro lo condanna a morte. Il “più
grande di tutti i principi della terra”
passa dall’incredulità allo stupore all’accettazione di un
destino ignobile. Ora, solo ora, capisce la distruzione improvvisa:
implora pietà, piange, bacia la croce, grida di accettare il
battesimo e implora persino un nuovo nome, il nome di chi lo ha
vinto: Francisco. Tutto inutile.
Pochi
anni completano la rovina.
Il
figlio di Atahuallpa, Francisco, diviene il manutengolo degli
invasori: egli stesso si occupa di soffocare nel sangue una rivolta
capeggiata dai vecchi sacerdoti ordinandone il depezzamento in
pubblico, a futura memoria. A Cajamarca, Quito e Cuzco, annerite
dagli incendi, i vecchi e i malati, distesi nelle strade deserte,
aspettano un futuro che mai arriverà. Il declino, rapido e
allucinato, ha bloccato la storia Inca in un presente senza sbocchi e
spiegazioni ove le nuove coordinate di senso sono riposte in idoli
incomprensibili (un uomo crocefisso! una Vergine madre!) e in un
linguaggio infernale, distillato da centinaia di guerre e suburre e
dialetti: da Romolo, colui iniziò lento la disfatta degli Etruschi,
a Scipione che vinse i Punici, dai biondi Goti sin agli Arabi che
introdussero bagni e biblioteche e quei centri di traduzione (a
Siviglia, Ishbilīyya) in cui l’Occidente e la Castiglia
recuperarono le sottigliezze della scienza classica e la propria
identità.
Ma
la storia non si sazia mai abbastanza di umiliazioni. Pizarro stupra
una sacerdotessa cugina di Atahuallpa, Chimpu Ocllo, poi la regala a
un suo capitano. Chimpu è battezzata Isabel Suárez. Dall’unione
nasce Garcilaso de la Vega. Garcilaso “è
uomo di prosa minuziosa e garbata. Elogia l’invasore nella lingua
dell’invasore, che ha fatto sua. Con una mano saluta la conquista
come opera della Divina Provvidenza: i conquistatori, braccia di Dio,
hanno evangelizzato il nuovo mondo e la tragedia ha pagato il prezzo
della salvezza. Con l’altra mano dice addio al regno degli Incas,
prima distrutto che conosciuto, e lo evoca con nostalgie da
paradiso”.
E
di tutto questo cosa rimane se non cenere? Cenere, dimenticanza o, se
il destino ha deciso di vestire la tunica del carnefice, una finzione
hollywoodiana. Chimpu Ocllo come Pocahontas, la bimba di Powhotan:
altri invasori, altra lingua, altre distruzioni. Non c’è solo
Hollywood, però.
Terrence
Malick trarrà dalla storia di Pocahontas un grande film: The
new world;
Giovanni Luigi Bonelli uno degli snodi narrativi più memorabili di
Tex; Neil Young la canzone eponima di Rust
never sleeps:
accanto all’altra, My
my hey hey,
altrettanto bella, dove allude a un tal Johnny Rotten, alias John
Lydon, voce dei Sex Pistols.
Il
nuovo mondo: e quale? Qual è il nuovo mondo? A quale prezzo si paga?
Strappare
la vita da sé stessi: ci avete pensato? Il bene inestimabile, dolce:
indegno d’esser vissuto! Ecco la poesia più celebre di Catullo,
sopravvissuta al fango didascalico degli anni liceali. Semplice, e
profonda d’echi lucreziani. In essa ci si ferma spesso al dato
amoroso, evidente e solare, ignorando il recesso oscuro che vi
alberga - uno sfondo cosmico che esalta, per contrasto, i “basia
mille”,
i mille baci, come in certi quadri barocchi ove i tre quarti di
atramento rendono abbagliante il superstite quarto di visi, oggetti e
movenze.
Soles
occidere et redire possunt:
nobis
cum semel occidit brevi lux
nox
est perpetua una dormienda
Il
sole può tramontare e sorgere,
ma
noi, tramontata la nostra breve luce,
dormiremo
una sola notte eterna
La
“nox perpetua”, “una dormienda”, la certezza della fine, la
fine della nostra felice individuazione, un colpo di fortuna
inspiegabile, folle e irripetibile, come ben considerava il genio
Maupassant ne La
tomba*;
solo questo taglio implacabile a cui nessuno può sottrarsi, freddo e
imperituro, la Morte, può dare valore all’incipit celeberrimo:
“Vivemus”;
e al suo dolce corollario: “atque
amemus”.
Ignorare
la psicologia sottesa all’adagio di Eraclito: “La
malattia rende la salute piacevole e buona, la fame la sazietà la
fatica il riposo”,
questo ci fa rinunciare alla vera felicità e rende inutile l’umano
e, quindi, la vita.
Il
laido parvenue Trimalcione fa gettare un piccolo scheletro d’argento
snodabile sul desco dei commensali. L’oggettino assume pose
grottesche, da contorsionista. Quindi il padrone di casa sentenzia:
“Poveri
noi, a cosa si riduce quella povera cosa che è l’uomo! Così
diverremo una volta che l’Orco ci avrà rapito! Dunque viviamo, e
bene, finché siamo in tempo”.
“Ergo
vivamus”:
egli parla con estrema saggezza: da schiavo divenne libero, da povero
ricco, da affamato crapulone: conosce, perciò, schiavitù e libertà,
fame e sazietà, povertà e ricchezza.
E
quando la vivremo mai, noi, la vita? Impossibile! Senza terrore e
disperazione non v’è la felicità. Lo so, è un pensiero cinico.
Spietato. Irricevibile. Cento partivano per il Carso o Gallipoli,
rientravano, forse, in trenta. La metà erano feriti nell’animo e
nel corpo, eppure il seme della vera speranza ritornava tra i
sopravvissuti, potente, epidemico: le donne sorridevano tra le
bandiere, era la pace, la pace vera, la pace dopo la guerra e i
carnai, c’era una volontà, vasta e implacabile, di vivere!
Un
tizio, inebriato dalla tecnologia, trova un nuovo balocco. Stavolta
cade in estasi davanti a un grafico. E cosa rappresenta quel grafico?
La svolta epocale rappresentata dall’introduzione della macchina a
vapore: James Watt, 1775
La
svolta, secondo il grafico, e l’adoratore d’esso, illustra “il
grado di sviluppo sociale e umano, che significa benessere e quindi
possibilità democratiche. Per 9700 anni filati le condizioni di vita
del popolo comune rimasero sostanzialmente identiche, a un livello
abominevole, spesso peggio degli animali selvatici … la disruption
di allora si portò dietro una buona dose di lacrime e sangue prima
di darci la modernità del benessere, che tuttavia furono nulla
confronto a 9700 anni di vita abietti oltre l’immaginabile”.
Seguono lodi sperticate: alla nuova disruption e alle incipienti AI;
e consigli: alle famiglie che si devono acconciare al progresso; e
fulmini: contro l’arretratezza italiana. Che l’Italia sia
arretrata in questo campo non deve stupire: è il Paese con più
storia e più lignaggio: in realtà resiste inconsciamente al
nichilismo, per inerzia quasi metafisica. Che una civiltà sia
arretrata significa poco: una civiltà, degna di tale nome, vive
secondo equilibri che si è creata nei millenni. Spezzare quegli
equilibri in nome di un progresso provoca, sempre (e dico: sempre),
l’estinzione morale e materiale dei supposti beneficiati.
Riconoscere
a ogni civiltà il proprio senso. Ogni minuscola concrezione umana,
la più bislacca o folle, nasconde profondissime ragioni. Esige
rispetto, non alterigia parademocratica. Se un tale, dal basso
dell’insipienza, gonfia il petto cicalando di abiezione, ha capito
nulla dell’umanità e della vita in generale. Egli dà corda solo
al dissolvimento dell’umano, altro che progresso. Non è dissimile
dagli Inglesi, questi utilitaristi del Nulla, che vollero insegnare a
vivere agli Azande. Massimo Fini relaziona tale empito di bontà
fanatica alla voce “Azande” nel suo Il
ribelle dalla A alla Z:
i subdoli effetti comici che il lettore ravviserà non dovranno,
però, inficiare una lettura profonda e tragica della vicenda.
Bertoldo,
il furbo e irsuto Bertoldo, diviene dignitario alla corte del re
Alboino. Dame profumate, arazzi, argenti e morbide stoffe ora lo
circondano; cibi raffinati allietano il desco. Eppure egli è
infelice, talmente infelice che una bile nera gli allaga il cuore: si
lascia morire. Perché, perché, gli chiedono. Perché, Bertoldo,
perché, proprio ora che hai tutto! E lui: “Sì,
ho tutto, tutto ciò che non avevo prima, ma non posso mangiare rape
e fagioli”.
Rispettare
ogni cultura non significa sentirsi di eguale dignità a quella
cultura. Io, personalmente, rispetto i finlandesi. Mai, tuttavia,
vivrei come loro. Che dire? Mi sembrano degli scemotti. Soprattutto
quando pretendono, col loro naso da ubriaconi, mercé una minuta e
ottusa legislazione europea, di insegnarmi a potare gli olivi.
E
però, la tecnologia ... il ben-essere …
In
effetti avere una lavatrice equivale a essere bene-stanti. Un tale
Johnny Rotten, alias John Lydon, voce dei Sex Pistols, intuì che il
punk era finito quando Siouxsie Sioux, frontwoman dei Banshees, si
comprò una lavatrice. Benessere e creatività, benessere e
rivoluzione, a volte, non vanno a braccetto.
Il
libro è finito, come oggetto culturale, con gli smartphone. Un altro
progresso: l’ortografia, la grammatica e la logica sentitamente
ringraziano. I Masai vivevano in modo abietto? I Pigmei? Gli
Aborigeni del Lazio? I Macedoni? Gli Incas? I Navajos? Gli Italiani?
La disruption li ha annientati, evidentemente: saranno ora più
felici? Sono domande precise, non allusioni da fricchettone. Mia
nonna si recava al lavatoio, come le sue antenate cinquecentesche:
viveva in modo abietto? La plebe sotto Ottaviano Augusto viveva in
modo abietto? E chi lo sa. A leggere Petronio, no. C’erano gli
schiavi, però! Dubito che gli schiavi dell’età imperiale, ricchi
di vitto e alloggio, se la passassero peggio di un contrattista a
progetto d’una compagnia telefonica in attesa d’essere licenziato
dalle AI. Trimalcione era un liberto, d’altronde. Il suo piccolo
podere confinava a nord con Terracina, a sud con Taranto.
Vi
sono pure libri, ben scritti da qualche disfattista, secondo cui le
comunità neolitiche era prospere, stabili e tranquille: tutto, men
che abiette. E come se la passava il popolicchio sotto Anassimandro,
primo metafisico dell’Occidente e sommo ecista? A mio avviso non
troppo male. E i cinesi sotto il Khan? I Babilonesi sotto Hammurabi?
Il
soldo creato dal nulla crea la tecnologia che crea la democrazia
moderna, ovvero un’accozzaglia di matite copiative al servizio del
neofeudalesimo nichilista. Il Rinascimento nacque grazie a un
usuraio, ma i fiorini che andavano a sovvenzionare Botticelli e
Ghiberti erano d’oro, sonanti, come la moneta di Bertoldo, sporchi
di sangue e sudore, mai gratuiti o impalpabili.
La
tecnologia è scienza? A me Elon Musk sembra un perfetto coglione che
ne sa meno, in fatto di vita e felicità, della servetta che derise
Talete, primo scienziato, quand’egli cadde in un fosso. O del
Sileno: “Meglio
per te, uomo, non essere mai nato!”.
O del prelato di Fellini che ammonisce: “La
vita non fu creata, uomini, per la vostra felicità”.
O di Marco Aurelio che paragonava l’esistenza a un breve viaggio
per mare: “T’imbarcasti.
Hai navigato. Sei giunto. Ora scendi”.
La
Sorella Morte dimorava fra gli uomini, benigna, poiché attizzava la
vita.
Per
questo Musk non sa, è insipiente, ovvero: sprovvisto di sapienza.
La
sapienza, cos’è? Spesso si arriva a essa in quello stato
indefinibile a mezzo tra la veglia e il sonno, tramite accecanti
brandelli di ricordo. L’estate, nel primo pomeriggio, i sistri
delle cicale a fare da bordone, è una perfetta stasi dell’esistenza.
Il senso temporale si prosciuga permettendo il riaffiorare di relitti
sacri del nostro passato: ogni cosa, creduta morta, è presente con
pari dignità: un gesto scomparso, un paesaggio, una parola, persino
i profumi sono lì con noi, veri, attuali, la volgare coscienza
annientata: allora, con sicurezza, possiamo affermare: questa è la
verità. E siamo noi, solo noi! Se potessimo estendere tale verità a
un popolo, a una tradizione: questa la sapienza. E di cosa avremmo
bisogno allora?
La
maggior parte di noi vive, riconosciamolo, suvvia!, come Elon Musk,
in modo abietto, avendo rinunciato alla parte di umanità migliore,
quella che promana dal passato. Il mondo attende una folla di
potenziali suicidi a cui la tecnologia risponderà in modo
tecnologico: implementando l’eutanasia di massa.
Un
australiano, dall’ominoso nome di Nitschke, Philip Nitschke, ha
ideato la capsula Sarco (è l’abbreviazione di sarcofago) buona
“per
darsi la morte riempiendola con azoto. Per realizzarla basta una
stampante 3D”.
Nitschke è presidente dell’associazione “Exit” che cura il
suicidio assistito. La propaganda opera sempre allo stesso modo:
prima ammanta il tutto nella carta stagnola del pietismo e della
bontà, quindi passa all’incasso. “Exit” per moribondi,
comabondi o sofferenti estremi. Chi non è d’accordo? Poi,
impercettibilmente, lo scivolamento: sì, va bene, ma anche pazzi,
depressi, infelici, malati hanno il diritto, il diritto!, a togliersi
dalle scatole quel fardello che è divenuta la propria vita. Non è
l’uomo, ormai non più abietto, bensì libero dalle pastoie della
morale vetusta, un essere totalmente liberato? Nel futuro, allora,
tutti avranno diritto a una euthanasia machine, a una Sarco: “la
capsula monoposto ha un comodo lettino al suo interno … dopo esser
stata chiusa ermeticamente e reclinata, viene riempita con azoto
causando la morte per asfissia”.
“L’abilità
di determinare il momento e la maniera della propria morte è un
diritto umano fondamentale e dovrebbe essere rispettato da tutti”.
“Beyond
the terminally ill who are seeking options for a dignified way to end
their life, the Sarco is also intended to open up the conversation
about death and euthanasia without the underlying connotations of
fear and shock”.
Questi
pensieri, che qualcuno definirà estetizzanti, da esteta della
poltrona, aspettano però una confutazione. Konrad Lorenz, da etologo
insigne, uno che i parademocratici si affrettarono a definire
paranazista, allude con chiarezza allo spegnimento progressivo
dell’umano. Strappare l’umano da sé stessi e rendersi la vita
indegna d’esser vissuta in nome del progresso tecnologico. Questo
non è nemmeno un piano: pare, meschinamente, l’evoluzione
psicologica di una specie che escogita, inconsapevole, la propria
fine. Non ravvedo dolo in tale suicidio di massa, solo la stupidità
che deriva dalla cesura irrevocabile con l’Antico Ordine.
Cosa
faranno nel 2100?, mi chiedo. Senza lavoro, senza scuola, senza
amore. Avranno ancora voglia di respirare? Le ore peseranno come
piombo. Difficile vivere per l’uomo totalmente liberato; libero da
ogni costrizione, soprattutto quelle del dovere e della carne. E i
nuovi signori? Si annoieranno pure loro; qualcuno diverrà pazzo,
altri si stancheranno presto del nuovo balocco; il sadismo sfogherà
questa mancanza di mete, tale orizzonte monocromo; si tornerà a
uccidere: del tutto legalmente, ovvio. Di cosa si avrà paura? Forse
di nulla, nemmeno della Morte, che sarà sconfitta.
Quando
nessuna luce animerà gli occhi ci sarà qualcuno a ricordarsi della
Sibilla, l’eterna Sibilla, prigioniera a Cuma in un’ampollina,
cui chiesero, indiscreti: “Sibilla,
Sibilla, cosa vuoi?”.
E lei: “Voglio
morire”.
A proposito di coglioni caro Alceste me ne viene in mente uno che sta in Vaticano. Ti racconto questa. Mentre tornavo a casa da lavoro noto uno zingaro che occupa mezzo marciapiede chiedendo il pedaggio ai passanti. Una suora si affretta in direzione dello zingaro, questo chiede l'obolo come di consueto, lei non lo degna neanche di uno sguardo, anzi forse cela sul suo volto un velo di disprezzo, e se ne va oltre con passo veloce.
RispondiEliminaTe che stai a Roma se vedi Francesco mandalo un po' a fanculo e digli pure di abbozzarla di fare il finocchio col culo degli altri, perché pure i suoi ne hanno le palle piene delle sue stronzate.
Un caro saluto come sempre.
Non credo sia un pezzo rivolto contro gli zingari che seppur disprezzabili a ragione da molti nella mia vita hanno influito rubandomi qualche catenina d'oro mentre la borghesizzazione polcor del proletariato e dei medi/piccoli borghesi mi ha rubato la vita stessa.
RispondiElimina"La fase Nigredo del processo alchemico di trasformazione dell'umanita'", cosi' Michael Hoffman o il suo mentore Joh Shelby Downard definirebbero quello che tu descrivi quando parli dei nostri tempi oscuri: un'umanita' cadaverica in adorazione della putrefazione. E' ironico che tale putrefazione spirituale e morale sia in gran parte convogliata lungo i canali asettici di ragnatele cibernetiche. Una putrefazione quindi sterile, fine a se stessa, autofaga che non produce nuovi germogli e neanche piu' larve di mosche... solo i circuiti resteranno, con le loro lucide spirali morte.
RispondiEliminaMio nonno, nato nel 1877 in una Roma che immagino decadente e bellissima, che lascio' a vent'anni con un diploma di VI elementare per andare a fare il cacciatore nelle paludi pontine, usava dire: "Capire e' Patire." Seguendo i tuo discorso si potrebbe aggiungere :"Patire e' Vivere."
Ben scritto! Bene! Poche cose, magari anche sconnesse! Il "Tizio" della "disruption" ho sempre saputo (intuito da predatore) che e' un venduto! Elon Fuck? Un attore kosher di bassa lega: vende ai coglioni coglionate galattiche kosher! Il coglione italico? Togli i tatuaggi e cosa rimane? Gestisco un'azienda metalmeccanica. Circa cento lavoratori! 50% italiani e poi un bel po di razze. Lavoro duro, ci vogliono le palle: capire i metalli, saldare, plasmare, muovere tonnellate senza fare stragi... Ma il coglione italico tatuato vuole imparare un mestiere? Tra quelli che lavorano da me, solo gli italiani sono tatuati. No. Il temibile tatuato italico vuole andare a fare il cameriere a Londra. Prima, ovvio, una laurea in "Scienze dell'accoglienza" o "Storia dell'omosessualita'"! E' gia' tanto se il coglione italico legge la "disruption" del "Falso tizio". Ma entriamo sempre piu' nella tana del biancoglione (coniglietto da copertina)... Come dicevo, 100 persone lavorano sotto la geniale, feroce ed amata/odiata mia dittatura: premio quelli con le palle e "fotto" i coglioni! Come tradizione esige. Bene. Sempre piu' nel profondo della tana di Satana... In ufficio lavorano sei donzelle: cinque italiane e una russa. Tutte piacenti, qualcuna anche "gnocca". Delle sei, cinque sono ancora in eta' di avere figli. Bene. In sei hanno fatto... 4 figli. Mia madre in cofronto ha fatto 6 figli, iniziando con me 53 anni fa. Piu' di qualcuna di queste 6 "campionesse" ha pero' il tatuaggio. Oggi ho avuto l'illuminazione: e l'ho anche detta "sta illuminazione" alle mie coglionesse contabili! Mi cito, piu' o meno testualmente: "...Il tatuaggio vi e' stato dato con uno scopo supremo e preciso, e voi come galline (e polli, par condicio) ve lo siete fatto. Cosi' vi hanno abituato alla pelle bianca mischiata al nero o al colorato... Vi hanno cioe' programmato la pelle e cosi' anche il cervello. Vi hanno programmato cioe' a farvi scopare dal negro! Dico a loro, continuando: si chiama "programmazione mentale"... Adesso infatti che vi hanno ammorbidito il cervello col tatuaggio, e vi hanno fatto accettare il nero sulla vostra pelle, il negro in carne e ossa ve lo danno a dosi massicce e forzate: il negro da qui in avanti vi ammorbidira' le chiappe finemente tatuate, che lo vogliate o no! Meta' lavoro, d'altra parte, lo avete gia' fatto voi... Ci e' rimasta male la "quota rosa"! Cosi' buttava oggi nel mio regno! Torniamo a noi! Alla fine della storia (e del buco), razze forti, spietate, negroidi e prolifiche soppianteranno i coglioni e le coglionesse tatuati/e, e, con l'ibridazione, distruggeranno la storia e la razza bianca! Elon Musk (e la sua accolita satanica) hanno le idee ben chiare su come fottere "il coglione/ssa europeo"... Alien e' nel perimetro, e ad affrontare il drago solo debosciati, sterili, vecchi e tatuati... Sono necessarie idee, e forze giovani e spietate! Necessitano padri, madri e figli! Io faccio quel che posso, ma e' durissima! Nonostante cio', non mi perdo d'animo, e come Brancaleone da Norcia, mi sveglio al mattino pugnando, e pugnando m'addormento. Con una sola idea in testa: il gene italico non puo' morire cosi' miserabilmente. Un caro saluto da Anonimo di nome R
RispondiEliminaTatuaggi, piercing, tam tam ... la russa ce li ha i tatuaggi?
Eliminax anonimo di nome R:
RispondiEliminaIl 50% di negri nella tua azienda chi l'ha assunto? Tu no?
E allora perche' ti lamenti, se sei parte del problema?
I negri se ne andrebbero altrove se non avessero di che sostentarsi; viceversa piu' italiani accetterebbero di fare gli operai metalmeccanici, se non ci fossero piu' crumiri extracomunitari a tenere bassi i salari, e quindi li dovresti pagare il giusto.
Mi pare ovvio che se non si viene pagati abbastanza da poter risparmiare e quindi essere in grado di imbastire progetti, e' piu' allettante l'idea di andare all'avventura all'estero; perso per perso, ovunque si sarebbe costretti a vivere alla giornata.
La russa non li ha i tatuaggi. Personalmente in russia ho (biblicamente conosciuto) diverse russe, sempre di buona famiglia ed una moscovita anche: la moscovita (psicologa) con tette rifatte e labbra al botulino. Inoltre anche la mia seconda (ex ormai) moglie e' russa: per un periodo della mia vita mi sono fatto prendere dalla fascinazione per quel paese meraviglioso. Oggi il matrimonio e' saltato, ma almeno rimane una figlia fantastica. Gran topa e gran cervello la mia seconda ex: donna strepitosa... Almeno finche' le cose andavano bene. Da quando lei decise che la storia doveva finire, si e' trasformata nella piu' spietata delle "ex", agendo come agiscono le ex mogli italiane. Anche peggio! Ho quindi capito (sulla mia pelle) una cosa riguardo all'est Europa e alla Russia in particolare: i russi di oggi sono per il 20% russi e per l'80% sovietici. Il bolscevismo giudaico ne ha distrutto il retaggio. Certo, rimane per loro un sentimento profondo di appartenenza alla madre Russia, ma la faccenda va presa con le pinze: 70 anni di comunismo hanno fatto danni incalcolabili. 20 anni di Putin hanno ridato dignita' a questo popolo, attraverso anche la riscoperta dei "valori cristiani russi", che sicuramente ancora, come le braci, covavano sotto la cenere, ma il tutto va preso con le pinze. Di sicuro i russi (e le russe) quando decidono non vanno molto per il sottile, e se ne fottono del Vangelo. La chiave di volta per capire cosa sta succedendo in Europa sta nello studio della rivoluzione bolscevica e del comunismo sovietico. Riguardo a Mosca, per molti aspetti i moscoviti non sono tanto diversi dai londinesi o newyorkesi. La prima cosa che Lenin fece, preso il potere, fu di istituire il divorzio e l'aborto libero, dando il potere alla donna di dichiarare, con valore di "verita'", chi fosse il padre di un eventuale figlio. Risultato? La tradizionale famiglia russa (e la figura del padre) fu spazzata via peggio che dai mattatoi comunisti. L'aborto satanico una pratica normalissima! LA Russia di sicuro non verra' a salvare la nostra anima, oggi profondamente guasta (ebraicizzata): anche la loro lo e'! Rimane nel russo solo una chiara idea di chi sia davvero l'ebreo, cioe' colui che ha conquistato e distrutto il popolo e la cultura russi nei modi piu' feroci ed inimmaginabili. Hitler non e' nessuno se paragonato ai giudei Trotzky, Lenin, Yagoda, Kaganovich, Beria, Stalin... Pochissimi conoscono la storia della Russia: per i programmi scolastici italiani la Russia non esiste: perche'? La risposta e' ovvia! Un caro saluto. Anonimo di nome R.
RispondiEliminaRispondo a Barabba. Le emigrazioni controllate, e quindi il fatto che le razze si mischino naturalmente, questo e' sempre esistito e non e' mai stato un problema. L'invasione forzata e organizzata come atto di guerra, siano negri o francesi, questa e' un'altra cosa! Secondo punto: da me guadagnano bene tutti, e i piu' bravi benissimo, qualcuno anche piu' di me. Si tratta di un mestiere che richiede anni di "universita'" in officina (che ho fatto anch'io, partendo dai 13 anni durante le vacanze estive, quando l'operaio comunista italiano mi angariava in quanto "figlio del padrone")... ti sto parlando di una tipica azienda familiare veneta, tirata su da zero a lacrime, sudore e genio. Poi la scelta 20 anni fa: rimanere quello che si era e quindi morire o ingrandirsi. Scelsi la seconda opzione, indebitandomi per tre volte il valore della baracca, case di famiglia comprese. Quindi ho iniziato a muovermi all'estero: anche 1500 km al giorno in auto o 24 ore di aereo. Quando porti a casa una commessa, un progetto, magari per la Francia o la Russia o il Messico o l'Australia (portando via la commessa ai francesi o ai tedeschi), poi la devi fare. E assumi chi chiede lavoro! Per anni non s'e' presentato a chiedere lavoro uno stronzo di italiano!!! Nonostante una disoccupazione dichiarata fosse del 15%! Quindi? Cosa stai blaterando? Da come parli non sai un cazzo della realta' delle aziende sane che ancora tengono in piedi questo fottuto paese!!! E' chiaro che do priorita' nelle assunzioni agli italiani, che, oggi, cominciano a presentarsi a chiedere lavoro: provengono quasi tutti da aziende spianate, prima ancora che dalla crisi, dal fatto che la generazione che le aveva fatte nascere dal niente, per motivi di eta' si e' ritirata. Sono subentrati o "managers" del cazzo, o figli idioti! Io continuo a combattere, con l'esercito che ho e non con quello "immaginario"! Le italiane poi non fanno figli e rompono solo i coglioni. Quindi? Io porto avanti il "ideato e progettato in Italia da italiani" e fatto in Italia da un 60% di italiani (ho detto 50 ma in realta' la maggioranza e' italiana) e resto di varie nazionalita' (anche 4 negri, in Italia da piu' di 10 anni). E ogni giorno devo far fronte a richieste di problemi dei miei dipendenti sempre piu' grandi: quello a cui la figlia appena vaccinata diventa autistica, quello che si separa e non ha una casa dove vivere, perche' la ex lo ha sbattuto fuori e si e' insediata con il nuovo "amore", quello che si becca un cancro, quello che si becca dalla ex una denuncia di "abuso nei confronti della figlia di 3 anni", accusa ovviamente falsa ma intanto sto poveraccio deve affrontare un processo penale e non ha i soldi per un buon avvocato... Secondo te chi gli ha procurato l'avvocato e gli paga le spese legali? Questo, per esempio, e' un italiano e molto bravo. La sua ex e' andata con un altro e poi gli ha appioppato questa calunnia! E a fine processo, quando la faccenda si rivelera' per quel che e', ovvero una infame manovra per togliere al padre anche la possibilita' di vedere i figli, alla puttana non potra' essere fatto nulla: sono donne e mamme in fondo... Per quanto mi attiene sei totalmente fuori strada Barabba. Anche mio padre ha fatto l'emigrante: Svizzera e Francia. Era un tecnico specializzato, ma per entrare in un altro paese doveva dimostrare quanto valeva e, ovviamente, essere autorizzato ad entrare. Il problema dell'Italia non sono i neri o gli albanesi: sono i traditori in primis, e gli italiani e le italiane subito dopo! Con sempre meno palle e... Figli! Vuoi riconquistarti la nazione Barabba? Datti da fare allora! Come faccio io! Nell'esercito romano di duemila anni fa, erano presenti tutte le razze conquistate. Ma erano tutti considerati romani! Ed erano romani (ma non sempre) i comandanti! Un caro saluto a tutti. Anonimo di nome R.
RispondiEliminaAnonimo di nome R,
RispondiEliminahai ragione, la realta' produttiva della Nazione mi e' in effetti estranea, sono un carrierista accademico giramondo, figlio di statali. Invidio chi come te e' agente economico indipendente; per quanti rischi finanziari tu debba accollarti, il libero agire e' sempre alla base di un'esistenza degna. L'operaio anche ti invidia, del resto: ma queste sono cose che si sanno, da quando il tarlo dell'uguaglianza tra gli uomini si e' insediato nelle menti due e piu' secoli fa, la stratificazione sociale e' ormai intesa come un'ingiustizia.
Ti devo pero' appuntare che i legionari romani 2000 anni fa dovevano essere cittadini, quindi nati in Italia o nelle colonie di popolamento fondate per militari in pensione nelle province. I provinciali potevano arruolarsi come ausiliari.
Solo con Caracalla o Settimio Severo, si ebbe l'estensione della cittadinanza romana a chiunque fosse nato all'interno dell'impero, per motivi di cupidigia peraltro, allargamento della base fiscale. Si era a 1800 anni fa, non 2000, circa 200 d.C.
Di li a poco sarebbe scoppiata la crisi del III secolo, al termine della quale con Diocleziano il mondo si scoprirebbe completamente cambiato, vedendosi passato dall'antichita' classica alle cupe atmosfere del Dominato e del protocristianesimo, dell'arte provinciale pesante e ieratica che brutalizza lo splendore dell'arte romano-ellenistica, dei soldati con i pantaloni al posto della tunica, lo scudo tondo e la spatha lunga in vece del gladio, sempre meno, con il tempo, legionari e sempre piu' limitanei, ovvero guardie di confine (il compito di riserva mobile di contrattacco a qualche distanza dal confine, che era delle legioni, sara' d'ora in poi tenuto dai cavalieri catafratti, i comitati palatini), sempre meno addestrati, sempre meno qualita', sempre piu' barbari. Ed e' finita male.
Quindi no, direi che per l'impero romano l'allargamento indiscriminato della cittadinanza non e' stata una buona cosa, se vogliamo correlare la crisi del III secolo (in cui qualsiasi prefetto o legato che avesse un sufficiente numero di legioni sotto di se' muoveva contro l'imperatore per usurpare il trono) alle nuove prospettive che furono date ai provinciali con la cittadinanza elargita a tutti.
I tuoi sforzi per aiutare i dipendenti sono benemeriti, io sono tuttora in una nazione polcor, avvolto nel multi-culti, il mio municipio d'origine e' uno dei pochi in cui il pd ha avuto una maggioranza alle ultime elezioni, gli amici (?) - termine abusato e foriero di menzogna come scrive Alceste - sono tutti sinistri, io ero sinistro fino al 2011, e tutti gli italiani che mi capita di incrociare qui sguazzano e si sollazzano nelle loro amicizie con papua, iacuti, boscimani ed est-coreani che si trovano qui.
C'e' poco che possa fare, purtroppo, mi concentro egoisticamente su me stesso, devo collaborare a denti stretti col sistema, un accenno di ribellione sarebbe una pietra tombale alla carriera, vanificherebbe anni spesi ad arrivare qui.
Piuttosto agisco come consiglia Ernst Junger nel Trattato del ribelle: al cospetto di forze impari del totalitarismo invertito progressista, limito il mio resistere a un netto dissenso interiore; il solo disprezzo per essi fa la sua piccola parte a destabilizzarli.
Ernst Junger... cito a memoria un suo scritto "...terribile fu sempre per l'uomo antico l'incontro con una belva. Ma l'avversario piu' temibile di qualsiasi belva e' sempre stato l'uomo, nascosto nell'ombra...". Per Barabba: capisco le tue posizioni. Ti stai risvegliando. Anche per me il risveglio non fu indolore, e non fu neanche un processo rapido. Per il resto va tutto bene: importante e' rinascere a vera vita. Posso solo dirti che, nel processo di risveglio, ti attendono scoperte incredibili: nulla e' come ci e' stato insegnato! L'inganno governa questo mondo! Solo un appunto, il nome: la tribu' di Barabba e' il vero flagello... Un fraterno saluto e grazie per le interessanti delucidazioni. Anonimo di nome R
RispondiEliminaAlceste, puoi spiegare la foto? Grazie
RispondiEliminaSitka:
RispondiEliminaÈ l'attrice che interpreta Pocahontas ne "Il mondo nuovo" di Terrence Malick.
E a proposito di "coglioni"...
RispondiElimina...
Non mi piace nessuna ideologia
non faccio neanche il tifo per la democrazia
di gente che ha da dire ce n'è tanta
la qualità non è richiesta
è il numero che conta.
E anche il mio paese mi piace sempre meno
non credo più all'ingegno del popolo italiano
dove ogni intellettuale fa opinione
ma se lo guardi bene
è il solito coglione...
Che forse non e' un'attrice ma... un'attricio, come costuma da sempre a Hollywood. Si chiama "programmazione mentale", una delle tante strategie che gli "amiconi" usano per fotterci... Studiare per credere! Un caro saluto a tutti. Anonimo di nome R
RispondiEliminaPer Giuseppe: gli intellettuali da tv o rotocalco sono pagati per rassicurare il gregge. Da loro solo inganni. I veri intellettuali esistono, ma a loro non e' permesso avere visibilita'! Ma ne abbiamo di fini pensatori. Magari anche vicino a casa di ciascuno di noi. Basta cercare. Chi cerca trova. Per il resto sono tentato di darti ragione, comunque sia resisto.
RispondiEliminaUn caro saluto a tutti. Anonimo di nome R
una notazione per anonimo r e barabba.Riguardo le migrazioni che stanno sommergendo l'Italia e l'europa.Di quaeti afri.arabi. orientali presto se ne farà a meno percè non non serviranno.Robot per raccogliere frutta e ortaggi per fare da badanti sono presto in arrivo (cercate un po di notizie online).In attesa che arrivi una super intelligenza aritficiale che ci distrugga tutti.Parlatene perchè a breve la cosa esploderà.Un saluto.
RispondiEliminaE.Pound
Caro R, i versi sono di luporini0/gaber...che, nonostante tutto, non dovrebbero essere ricordati come semplici intellettuali da rotocalco; anche se, usciti da teatro, si raggiungeva lo stesso stato di appagamento feroce che provano gli ascoltatori di Report dopo una puntata della Gabanelli:
RispondiEliminaForse qualche differenza c'era, ma ormai non ne sono certo; sicuramente, Gaber è stato consapevole della tragedia umana italiana con un certo anticipo; qualche volta Alceste ha fatto riferimento ai cantautori italiani e mi piacerebbe molto che scrivesse qualcosa sull'ipocrisia e la falsità di tanta musica italiana come mi piacerebbe molto che scrivesse del cinema italiano, di Sordi, di Totò, di Verdone, che pure ha nominato.
Ovviamente, anche dopo Gaber, tutti al ristorante, la sera, a guerreggiare
Parlerò di Totò e Tino Scotti.
EliminaLe invasioni sono fatte per distruggerci come razza bianca, italica ed europea in genere, ibridandoci col nero. E se non riesce l'ibridazione, tireranno fuori i machetes. Vedetevi cosa sta succedendo in Sud Africa, dove i leader del partito negro-comunista parlano gia' apertamente di pulizia etnica (dei bianchi). Da noi gia' vedo tantissime giovinette accompagnarsi al black. Queste invasioni sono state programmate come atto di guerra da parte della "razza eletta" che, a fine processo, rimarra' l'unica pura a governare il mondo. Si veda, ad esempio, come in Israele trattano gli immigrati, anche se ebrei ma neri. Si veda cosa hanno fatto agli stessi bambini ebrei sefarditi. Studiate il "piano Kallergi" o leggetevi il libro "Practsce idealismus" dell'omonimo conte austro-giapponese, sposato ad un'attrice ebrea ed ideatore dell'Unione Europe per conto dei soliti... E guardate chi ha vinto in questi ultimi anni il premio "Carlo Magno", alias premio "Kallergi"... Le invasioni oggi come un tempo sono un atto di guerra: per questo servono uomini e donne italiani con le palle e stabili, che facciano figli, e famiglie stabili, oppure tutto e' perduto. L'Intelligenza Artificiale sara' un altro mezzo per controllarci e ridurre le masse a... perfetti zombies. D'altronde Hollywood quanti zombie film ha fatto in questi ultimi anni? Si chiama "programnazione mentale". Gli zombie siamo noi, per "loro"! Ad AI consiglio di contrapporre la "vecchia sana intelligenza umana", logica ed intuitiva, che e' imbattibile! E studiare l'arte della guerra. Non fatevi illusioni: non ci saranno sconti, e, comunque sia, anche questo canale e' attentamente monitorato. Il fatto che oggi la "soft power" venga applicata piu' che la sola "power", non significa che il nemico sia meno feroce. Anzi! Un caro saluto a tutti. Anonimo di nome R
RispondiEliminaA Giuseppe. Onore a Gaber, ma chi lo ascolta piu'? Quale radio trasmette piu' le sue canzoni? Quale TV trasmette piu' i meravigliosi films, anche quelli maledetti, fatti dai registi italiani degli anni 50, 60, 70? De Sica, Pasolini, Germi, Visconti, Fellini, Scola, Monicelli, solo per citarne alcuni. Oggi solo films e serie satanici made in Hollywood, e musica idiota sempre made in USA, scimmiottata dai nostri "artisti", ovviamente o tatuati o omo. Anche i cartoni animati per bambini non sfuggono alla distruzione della memoria e all'impianto di una "nuova intelligenza/deficenza sintetica"... Piu' cha AI io la chiamerei AS (stupidita' artificiale) quella che ci attende. Non trasmettono piu' le canzoni di Gaber o De Andre' o i films di De Sica, perche' quelle opere raccontano il popolo italiano vero, e la sua lingua, dialetti compresi, e ne rappresentano la memoria, che va scientificamente distrutta. Resistere e' d'obbligo. Ricordare e' d'obbligo. Registrare i films del passato, e mostrarli ai nostri figli, e' d'obbligo. Mia figlia di 5 anni adora, per esempio, Rino Gaetano e va pazza per Prokofiev. Anonimo di nome R
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