Questa mappa, tratta da wikipedia, ci mostra la diffusione di una sola multinazionale nel mondo: la catena di fast food McDonald's.
Essa illustra la linea di resistenza all'Impero del Nulla: Mesopotamia e poco altro.
I giochi sono decisi.
Escludiamo alcune eccezioni dovute al clima (Tibet, Groenlandia, i Poli) e a ghiribizzi temporanei (Islanda, Montenegro).
Altri apparenti ribelli (Africa, Sud Est asiatico) cederanno le armi ben presto: la penetrazione cinese in tali aree renderà appetibili territori oggi poco considerati commercialmente.
La Corea del Nord, a esempio, si è recentemente unita al coro dei castroni mondiali.
Resiste parte dell'area mediterranea e il blocco sumero-babilonese. Fra i resistenti amo ricordare:
Yemen, dove Pier Paolo Pasolini girò uno dei suoi documentari migliori: Le mura di Sana'a. Più che un reportage fu un appello a fare qualcosa per la bellezza. Si era nel 1970. Sana'a come Orte; come Sabaudia. Proprio da Sabaudia, bella città fascista, egli lanciò l'ultimo disperato grido, conscio del proprio fallimento di intellettuale, di militante del PCI e di italiano di fronte all'apocalisse.
Mongolia. Ricordo che, nel 1989, al crollo del muro del Berlino e del blocco comunista (quello, nonostante tutto, fu davvero un muro) "L'Unità" non sapeva cosa titolare. Ogni giorno era una pena. Solo l'inserto del giornalone comunista, "Cuore", diretto dal blando goliarda Michele Serra, cercava di volgere in sberleffo quel dramma epocale (Renzi, all'epoca, aveva tredici anni; Maria Elena Boschi otto). Per consolare i numerosi compagni, orfani del sogno secolare, buttò lì a nove colonne: "Ulan Bator resiste!". Come a dire: bandiera bianca, tovarich, ma i compagni mongoli non si danno per vinti! Rimembranze.
Armenia: è il paese di Sayat-Nova, il grande trovatore, evocato in Elementi di critica protozoica.
Ricordiamo i versi di Sayat:
"Vestita di raso ricco di ricami d’oro fino, flessuoso ramo di cipresso,
hai una tazza nella tua mano, colmala, dammela, a quella coppa m’immolo.
Fai pure a pezzi il tuo Sayat-Nova, purché tu venga nel mio giardino.
Entra nel giardino coi tuoi vezzi, ti loderò col canto, amore, con le implorazioni”.
Tali parole, apparentemente limpide (e lo sono), ne celano, però, molte altre. Il non detto, lo sfumato, l'allusione. Questa è la poesia, ma anche la ricchezza. Quest'uomo, letteralmente, traboccava d'amore. Per la sua donna, per Dio, per la sua terra. Ogni angolo, segno o lembo di pelle veniva riverberato dalla scrittura.
Sarà meglio che rileggiate queste parole poiché non le avete ben comprese.
Sarà meglio che le rileggiate perché fra poco cesseranno di esistere.
Rimangono, è vero, dei suoni, ma il mondo dietro essi è sordo e desolato. Presto ogni parola cadrà come un fiore essiccato e sarete costretti a ricomprarlo: il prezzo sarà la vostra vita.
Fra i paesi in cui si possono gustare i panini globalisti, al confine con l'Armenia, vi è l'Azerbaigian.
Qualche anno fa mi recai sulla via Casilina, a Roma, in località Torpignattara.
A Torpignattara vi è un bel monumento, il Mausoleo d'Elena.
Elena fu la madre dell'imperatore Costantino.
Nella costruzione del Mausoleo, per alleggerire il carico architettonico, furono usate delle pignatte, vuote. Di qui il nome della torre.
Accanto al monumento vi sono le catacombe dei Santi Marcellino e Pietro.
Le catacombe sono state chiuse per decenni, in attesa di finanziamenti vaticani per il restauro e la messa in sicurezza.
Quando andai l'accesso era ancora proibito.
Domandai lumi al parroco della chiesa locale (chiesa dei Santi Marcellino e Pietro "ad duas lauros"; "ad duas lauros", ai due lauri, è toponimo bimillenario: identificava i tenimenti imperiali di Elena lungo la via Labicana - poi Casilina - donati, in seguito, alla Chiesa).
Egli mi rispose speranzoso. Ricordo le sue parole: "C'è una speranza ... di recente l'Azerbaigian ha donato una forte somma proprio per il ripristino del luogo santo". Luogo santo. Azerbaigian. Forte somma.
Tale dialogo avvenne nel 2010. Il Gran Premio di San Marino, perciò, era stato escluso dai circuiti mondiali di Formula 1 da quattro anni. Nel 2014 le catacombe (20.000 metri quadrati) aprirono al pubblico. Nel 2016 fu inaugurato il circuito automobilistico di Baku, capitale dell'Azerbaigian. Frattanto, 2018, ci si batte affinché l'ultimo Gran Premio Automobilistico rimastoci, quello di Monza, rimanga nell'empireo della Formula maggiore.
Come vedete la Storia non si fermò al 1989. C'erano dei conti da regolare, qualche milione di uomini e donne da uccidere. Poca cosa rispetto alla Pace Universale. Ulteriori vittime costelleranno tale digestione lenta e inarrestabile. Trump, Bush, Padoan, Putin. Il Nulla s'allarga.
Presto non ci sarà, sulla Terra, la bella amabile Terra, un luogo di cui dire: hic sunt leones. Il bianco da riempire sulle carte: scomparso. Il bianco che ossessionava il protagonista di Cuore di tenebra, Marlow, l'uomo che si recò a Bruxelles per relazionare sulle ultime ore di Kurtz.
Si potrà, invece dire: hic sunt hamburgers. O una cosa simile.
Oggi è morto un centenario centoquattrenne. Inglese. Si è suicidato. Non gli andava di vivere. Prima di andarsene, da uomo vuoto, ha messo sul piatto dello stereo l'Inno alla gioia di Beethoven, lo stesso dell'Unione Europea.
I castroni si son commossi tutti (hic sunt colleones).
Sarebbe bello se riguardaste, con gli occhi di oggi, il film Possession di Andrzej Zulawski (1981).
Zulawski ci mostra il fascino dell'informe, del mostruoso eletto a normalità. È un film terrificante, esagitato, criptico, sanguinolento in cui è mostrata l'apocalisse interiore in una Berlino deserta e grigia come le nostre ultime parole.
Il film riprende i temi di un altro capolavoro del regista polacco: una sorta di rivisitazione dell'Amleto, girata nel 1972: si intitolava Diabel, il diavolo.
Escludiamo alcune eccezioni dovute al clima (Tibet, Groenlandia, i Poli) e a ghiribizzi temporanei (Islanda, Montenegro).
Altri apparenti ribelli (Africa, Sud Est asiatico) cederanno le armi ben presto: la penetrazione cinese in tali aree renderà appetibili territori oggi poco considerati commercialmente.
La Corea del Nord, a esempio, si è recentemente unita al coro dei castroni mondiali.
Resiste parte dell'area mediterranea e il blocco sumero-babilonese. Fra i resistenti amo ricordare:
Yemen, dove Pier Paolo Pasolini girò uno dei suoi documentari migliori: Le mura di Sana'a. Più che un reportage fu un appello a fare qualcosa per la bellezza. Si era nel 1970. Sana'a come Orte; come Sabaudia. Proprio da Sabaudia, bella città fascista, egli lanciò l'ultimo disperato grido, conscio del proprio fallimento di intellettuale, di militante del PCI e di italiano di fronte all'apocalisse.
Mongolia. Ricordo che, nel 1989, al crollo del muro del Berlino e del blocco comunista (quello, nonostante tutto, fu davvero un muro) "L'Unità" non sapeva cosa titolare. Ogni giorno era una pena. Solo l'inserto del giornalone comunista, "Cuore", diretto dal blando goliarda Michele Serra, cercava di volgere in sberleffo quel dramma epocale (Renzi, all'epoca, aveva tredici anni; Maria Elena Boschi otto). Per consolare i numerosi compagni, orfani del sogno secolare, buttò lì a nove colonne: "Ulan Bator resiste!". Come a dire: bandiera bianca, tovarich, ma i compagni mongoli non si danno per vinti! Rimembranze.
Armenia: è il paese di Sayat-Nova, il grande trovatore, evocato in Elementi di critica protozoica.
Ricordiamo i versi di Sayat:
"Vestita di raso ricco di ricami d’oro fino, flessuoso ramo di cipresso,
hai una tazza nella tua mano, colmala, dammela, a quella coppa m’immolo.
Fai pure a pezzi il tuo Sayat-Nova, purché tu venga nel mio giardino.
Entra nel giardino coi tuoi vezzi, ti loderò col canto, amore, con le implorazioni”.
Tali parole, apparentemente limpide (e lo sono), ne celano, però, molte altre. Il non detto, lo sfumato, l'allusione. Questa è la poesia, ma anche la ricchezza. Quest'uomo, letteralmente, traboccava d'amore. Per la sua donna, per Dio, per la sua terra. Ogni angolo, segno o lembo di pelle veniva riverberato dalla scrittura.
Sarà meglio che rileggiate queste parole poiché non le avete ben comprese.
Sarà meglio che le rileggiate perché fra poco cesseranno di esistere.
Rimangono, è vero, dei suoni, ma il mondo dietro essi è sordo e desolato. Presto ogni parola cadrà come un fiore essiccato e sarete costretti a ricomprarlo: il prezzo sarà la vostra vita.
Fra i paesi in cui si possono gustare i panini globalisti, al confine con l'Armenia, vi è l'Azerbaigian.
Qualche anno fa mi recai sulla via Casilina, a Roma, in località Torpignattara.
A Torpignattara vi è un bel monumento, il Mausoleo d'Elena.
Elena fu la madre dell'imperatore Costantino.
Nella costruzione del Mausoleo, per alleggerire il carico architettonico, furono usate delle pignatte, vuote. Di qui il nome della torre.
Accanto al monumento vi sono le catacombe dei Santi Marcellino e Pietro.
Le catacombe sono state chiuse per decenni, in attesa di finanziamenti vaticani per il restauro e la messa in sicurezza.
Quando andai l'accesso era ancora proibito.
Domandai lumi al parroco della chiesa locale (chiesa dei Santi Marcellino e Pietro "ad duas lauros"; "ad duas lauros", ai due lauri, è toponimo bimillenario: identificava i tenimenti imperiali di Elena lungo la via Labicana - poi Casilina - donati, in seguito, alla Chiesa).
Egli mi rispose speranzoso. Ricordo le sue parole: "C'è una speranza ... di recente l'Azerbaigian ha donato una forte somma proprio per il ripristino del luogo santo". Luogo santo. Azerbaigian. Forte somma.
Tale dialogo avvenne nel 2010. Il Gran Premio di San Marino, perciò, era stato escluso dai circuiti mondiali di Formula 1 da quattro anni. Nel 2014 le catacombe (20.000 metri quadrati) aprirono al pubblico. Nel 2016 fu inaugurato il circuito automobilistico di Baku, capitale dell'Azerbaigian. Frattanto, 2018, ci si batte affinché l'ultimo Gran Premio Automobilistico rimastoci, quello di Monza, rimanga nell'empireo della Formula maggiore.
Come vedete la Storia non si fermò al 1989. C'erano dei conti da regolare, qualche milione di uomini e donne da uccidere. Poca cosa rispetto alla Pace Universale. Ulteriori vittime costelleranno tale digestione lenta e inarrestabile. Trump, Bush, Padoan, Putin. Il Nulla s'allarga.
Presto non ci sarà, sulla Terra, la bella amabile Terra, un luogo di cui dire: hic sunt leones. Il bianco da riempire sulle carte: scomparso. Il bianco che ossessionava il protagonista di Cuore di tenebra, Marlow, l'uomo che si recò a Bruxelles per relazionare sulle ultime ore di Kurtz.
Si potrà, invece dire: hic sunt hamburgers. O una cosa simile.
Oggi è morto un centenario centoquattrenne. Inglese. Si è suicidato. Non gli andava di vivere. Prima di andarsene, da uomo vuoto, ha messo sul piatto dello stereo l'Inno alla gioia di Beethoven, lo stesso dell'Unione Europea.
I castroni si son commossi tutti (hic sunt colleones).
Sarebbe bello se riguardaste, con gli occhi di oggi, il film Possession di Andrzej Zulawski (1981).
Zulawski ci mostra il fascino dell'informe, del mostruoso eletto a normalità. È un film terrificante, esagitato, criptico, sanguinolento in cui è mostrata l'apocalisse interiore in una Berlino deserta e grigia come le nostre ultime parole.
Il film riprende i temi di un altro capolavoro del regista polacco: una sorta di rivisitazione dell'Amleto, girata nel 1972: si intitolava Diabel, il diavolo.
L'estate scorsa girovagavo senza meta per la campagna toscana. Arrivai fino al paese del Bomba, campi e colline spettacolari a dispetto di chi c'era nato. Trovai un vigneto abbandonato, forse da due, massimo tre anni, con i grappoli d'uva maturi. Uva rossa. Parcheggiai l'auto in mezzo al nulla sulla cima del poggio, tirava un leggero vento ristoratore in quella fine di agosto. Feci una scorpacciata d'uva, neanche la mangiavo tutta, succhiavo solo il succo e sputavo il resto tanta era l'abbondanza. Poco distante mi imbattei in una chiesetta di campagna in perfetto stile romanico. Naturalmente chiusa. Il sole al tramonto la colpiva di sbieco sull'antica pietra. Bellissimo. Tutto intorno campi, vigneti, ulivi, cipressi e il sapore della terra, della storia.
RispondiEliminaVedi caro Alceste, da qualche parte bisogna pur cominciare, loro hanno le loro armi, noi abbiamo le nostre. Millenni di storia e tradizione scritta nella terra non si cancellano con un colpo di spugna. Vinceremo? Non lo so. Venderemo cara la pelle? Lo spero. Una cosa è certa, anche fossimo solo un manipolo di uomini, non partiamo da zero, c'è un mondo dietro di noi, e non gli riuscirà di cancellarlo in un batter d'occhio.
Noi abbiamo le nostre armi, ma chi le sa maneggiare?
RispondiEliminaL'Italiano, per dirne una. Un'arma potente. Lo si usa tutti i giorni ... tra errori d'ortografia, anacoluti, barbarismi e scempiaggini assortite, però, ci si spara nei piedi.
L'ho detto, non spero nulla.
Quando ci saranno dei segnali positivi lo dirò. Ora vedo solo una serie di disfatte.
Questa tua teoria dello spartiacque geo-culturale, della "linea gotica", è davvero accattivante. Ci sono gli estremi per un movimento politico.
RispondiEliminaLascia stare i movimenti. Mi accontenterei di vedere cento persone intelligenti per ogni capoluogo di provincia. Un'impresa erculea.
EliminaAnche se l'intelligenza andrebbe ridefinita. Se noti, i cosiddetti "nemici" hanno spesso QI ragguardevoli. La cosiddetta "apertura" delle vedute in senso "progressista" fa punteggio.
EliminaMentre il discernimento bene/male o, quantomeno, il porselo come problema lo abbassa rovinosamente.
EliminaIntelligente è chi ha svienza delle cose.
EliminaI nemici sono grandi tecnici, spesso stupidi (Monti, Fornero).
I migliori di loro non vanno certo in televisione.
La speranza è Seneca. Non il filosofo, quello dell'effetto nei sistemi complessi. Ciò che diventa troppo complesso è destinato alla catastrofe. Rapida. Un baco nel computer. Una disastrosa epidemia (chissà se Gates ci vede bene). Il clima, il picco, la 3 guerra mondiale. La fine della corrente del Golfo. Crollerà questo sistema e torneranno i leones. Spero, con Guccini, che noi non ci saremo
RispondiEliminaNon saremo noi (Philip Dick).0
EliminaIl grande botto non mi consola.
cento persone intelligenti per ogni capoluogo di provincia ...è interessante - si potrebbe fare -
RispondiEliminaun centinaio di persone che si riuniscono nelle piazze delle città, e fanno comizi: qualcuno si ferma sicuramente ad ascoltare; dopodiché, partecipano alle riunioni dei consigli comunali, chiedono, argomentano, pretendono spiegazioni....
Per cominciare, chi segue questo blog, scriva dove si trova, in che città abita...
Si può fare?
Giuseppe:
RispondiEliminalasciamo stare i comizi, qui bisogna mimetizzarsi e influenzare chi deve essere influenzato a qualsiasi livello.
ma quali comizi e comizi....io ho detto: andare in una piazza e parlare: parlare come si faceva una volta - stare in una piazza; darsi appuntamento; incontrarsi...- qualcuno ascolterà;
RispondiEliminail suo mimetizzarsi, invece, non si capisce proprio che voglia dire!
"Amici non ne ho più, infatti. Il significato della parola amicizia un giorno verrà riscoperto. Quelli che credevo amici sono oggi dispersi. Uno è morto. Ammetto d’essere un po’ difficile da sopportare. Non nei modi, che ritengo urbani e civili. D’altra parte mi è riconosciuto un generale disinteresse, sin alla completa mancanza d’ambizione, e una lodevole magnanimità. No, il problema risiede in ciò che penso. Posso intavolare un simulacro di relazione solo mentendo spudoratamente su me stesso. Fingere d’essere un altro, letteralmente. Ognuno riterrà ovvio come, su tale recita, non possano basarsi amicizie, ma solo rapporti fuggevoli e stranianti. Dire la verità, la verità di ciò che si pensa e di quello che interiormente consuma, reca, inevitabile, il progressivo affievolirsi d’ogni normale socialità, risiedendo ogni parvenza d’essa nella menzogna. Una menzogna che è da definirsi in modo affatto nuovo: conformismo a idee non proprie, innaturali; eppure universali. Un’etica non imposta da nessuno, insinuante e che si ritrova dappertutto, nelle forme più amabili o nei travestimenti più rassicuranti. Quando si parla, quindi, occorre obbligatoriamente far riferimento a tale corredo di idee e comportamenti prestabiliti. Prestabiliti da chi? Da nessuno. Vagano nell’aria. Vapori del sabba. Zeitgeist. Una deroga, pur debole, porta già lo stigma dell’eccentricità; il rifiuto d’essi in nome d’una personale ed elaborata visione del mondo, invece, alla solitudine".
RispondiElimina(Profondità esistenziale inaudita di questo filosofo che rasenta la lettura del pensiero.
Uno è morto davvero, una specie di suicidio nell'alcol. gestiva una enoteca con grande passione e competenza. Lo schifo lo ha sopraffatto. Era mio compagno di banco all'agraria).
A mio avviso sostituisce appieno il precedente, valido, ma un po' datato:
L'amicizia
[5]Una bocca amabile moltiplica gli amici,
un linguaggio gentile attira i saluti.
[6]Siano in molti coloro che vivono in pace con te,
ma i tuoi consiglieri uno su mille.
[7]Se intendi farti un amico, mettilo alla prova;
e non fidarti subito di lui.
[8]C'è infatti chi è amico quando gli fa comodo,
ma non resiste nel giorno della tua sventura.
[9]C'è anche l'amico che si cambia in nemico
e scoprirà a tuo disonore i vostri litigi.
[10]C'è l'amico compagno a tavola,
ma non resiste nel giorno della tua sventura.
[11]Nella tua fortuna sarà come un altro te stesso,
e parlerà liberamente con i tuoi familiari.
[12]Ma se sarai umiliato, si ergerà contro di te
e dalla tua presenza si nasconderà.
[13]Tieniti lontano dai tuoi nemici,
e dai tuoi amici guàrdati.
[14]Un amico fedele è una protezione potente,
chi lo trova, trova un tesoro.
[15]Per un amico fedele, non c'è prezzo,
non c'è peso per il suo valore.
[16]Un amico fedele è un balsamo di vita,
lo troveranno quanti temono il Signore.
[17]Chi teme il Signore è costante nella sua amicizia,
perché come uno è, così sarà il suo amico.
Cosa c'entra col McDonald?
Niente.
Solitudine esistenziale, ma qui mi sento tra amici.
Cordialmente
Ti ringrazio.
EliminaUn saluto di cuore.
La solitudine: bisogna essere molto forti
RispondiEliminaper amare la solitudine; bisogna avere buone gambe
e una resistenza fuori del comune; non si deve rischiare
raffreddore, influenza o mal di gola; non si devono temere
rapinatori o assassini; se tocca camminare
per tutto il pomeriggio o magari per tutta la sera
bisogna saperlo fare senza accorgersene; da sedersi non c’è;
specie d’inverno; col vento che tira sull’erba bagnata,
e coi pietroni tra l’immondizia umidi e fangosi;
non c’è proprio nessun conforto, su ciò non c’è dubbio,
oltre a quello di avere davanti tutto un giorno e una notte
senza doveri o limiti di qualsiasi genere.
Il sesso è un pretesto. Per quanti siano gli incontri
– e anche d’inverno, per le strade abbandonate al vento,
tra le distese d’immondizia contro i palazzi lontani,
essi sono molti – non sono che momenti della solitudine;
più caldo e vivo è il corpo gentile
che unge di seme e se ne va,
più freddo e mortale è intorno il diletto deserto;
è esso che riempie di gioia, come un vento miracoloso,
non il sorriso innocente o la torbida prepotenza
di chi poi se ne va; egli si porta dietro una giovinezza
enormemente giovane; e in questo è disumano,
perché non lascia tracce, o meglio, lascia una sola traccia
che è sempre la stessa in tutte le stagioni.
Un ragazzo ai suoi primi amori
altro non è che la fecondità del mondo.
È il mondo che così arriva con lui; appare e scompare,
come una forma che muta. Restano intatte tutte le cose,
e tu potrai percorrere mezza città, non lo ritroverai più;
l’atto è compiuto, la sua ripetizione è un rito. Dunque
la solitudine è ancora più grande se una folla intera
attende il suo turno: cresce infatti il numero delle sparizioni –
l’andarsene è fuggire – e il seguente incombe sul presente
come un dovere, un sacrificio da compiere alla voglia di morte.
Invecchiando, però, la stanchezza comincia a farsi sentire,
specie nel momento in cui è appena passata l’ora di cena,
e per te non è mutato niente; allora per un soffio non urli o piangi;
e ciò sarebbe enorme se non fosse appunto solo stanchezza,
e forse un po’ di fame. Enorme, perché vorrebbe dire
che il tuo desiderio di solitudine non potrebbe esser più soddisfatto,
e allora cosa ti aspetta, se ciò che non è considerato solitudine
è la solitudine vera, quella che non puoi accettare?
Non c’è cena o pranzo o soddisfazione del mondo,
che valga una camminata senza fine per le strade povere,
dove bisogna essere disgraziati e forti, fratelli dei cani.
Buongiorno a tutte...scusate il probabile fuori tema, ma i commenti e l'ultimo messaggio di Poliscriba, forse mi hanno distratto da certe perdite , portandomi ad altre che, forse, generano, al contrario delle prime (che uniscono) ,senso di separazione (e maggiore isolamento) di alcuni lettori attivi (leggi commentatori) e passivi ( leggi invisibili) dagli autori. Lo ritengo un labirinto autentico, per intenderci né fatto di muri di hamburger, né di siepi di chips.
RispondiEliminaAdriano o Giuseppe e simili provano ancora speranza in un elemento della realtà ( incubo o sogno che sia) chiamato essere pensante o uomo, pur ridotto a maceria, in piccole quantità potrebbe aver ancora tracce di memorie antiche. Come la terra o il cielo, gli oceani o i fiumi, ricorderebbe chi é stato, cosa o perche ha creato, da chi é stato abitato e disabitato etc etc
La speranza é possibile nel caso di Adriano et simili poiché il mondo all'incontrario e la propria storia personale non sono ancora arrivati ad uccidere la fiducia nel genere a cui apparteniamo (apparteniamo?). Quindi si crede possibile il piano dell' agire/muoversi pur se rivolti a quei pochi o "cento" cui si accennava..il pensare, solo il pensare, in queste condizioni all'incontrario, fa sentire maggiormente ogni separazione e prima di pensare a movimenti "politici culturali" , ma anche a mimetiche controinfluencering, forse, in ben meno di cento o di dieci, sarebbe già un primo movimento, recuperare fiducia e desiderio dell' "altro", dei suoi luoghi , delle sue rovine e dei suoi abissi, fra noi qui?
Ps per Giuseppe...sono nella città da bere e da ribere.
Quella città se la sono scolata tutta ... e però ha degli angoli ancora affascinanti. Basta cercarli.
RispondiEliminaMi faresti felice se descrivessi il fascino di alcuni angoli che ti hanno rapito.... in attesa te ne dico due dei miei, Chiaravalle per via del mulino, di Antonia Pozzi ma anche del Manzù. Un altro angolino é la chiesa di San Satiro e il rito del pugnale ogni 21 marzo. Ma giá che sono qui, ne dico un terzo, poi mi fermo. Sembrerá macabro, ma superando le tombe dei piu illustri da Manzoni etc, e i corridoi al di sotto degli pseudo rivoluzionari( Rame e compagnia cantando ad eccezione di Gaber),ci si addentra in Milano quando i vivi erano tali..hai ancor piu la sensazione che fuori sia una città di morti che camminano perché lì dentro, nonostante la tomba pazzesca del signor Campari (o il signor Bocconi etc), hai la Storia e le storie che, fuori, si sono appunto scolate sia nei loculi piu celebri dei vari skyline, sia in quelli sempre piu anonimi che, come gia Porto di Mare ai primi del '900, avevano colpito e affondato Antonia.
EliminaTi abbraccio con una delle sue in un calice , da bere perché ti/ci sia dissetante
ró
LARGO
O lasciate lasciate che io sia
una cosa di nessuno
per queste vecchie strade
in cui la sera affonda -
O lasciate lasciate ch'io mi perda
ombra nell'ombra -
gli occhi
due coppe alzate
verso l'ultima luce -
E non chiedetemi - non chiedetemi
quello che voglio
e quello che sono
se per me nella folla è il vuoto
e nel vuoto l'arcana folla
dei miei fantasmi -
e non cercate - non cercate
quello ch'io cerco
se l'estremo pallore del cielo
m'illumina la porta di una chiesa
e mi sospinge a entrare -
Non domandatemi se prego
e chi prego
e perché prego -
Io entro soltanto
per avere un po' di tregua
e una panca e il silenzio
in cui parlino le cose sorelle -
Poi ch'io sono una cosa -
una cosa di nessuno
che va per le vecchie vie del suo mondo -
gli occhi
due coppe alzate
verso l'ultima luce -
Per Rosanna:
RispondiEliminaa parte un viaggio per il Cenacolo più recente, ci andai trent'anni fa. Per un derby Milan-Inter (vinto dall'Inter, mi pare). So che faceva un freddo bestia e rimasi impressionato, non so perché, dalla periferia che era attorno a Milano perché, anche se questo lo capii "più tardi", quella periferia era ancora quella della Milano di Gadda, ma in attesa di essere smantellata. Era la periferia de "La scampagnata" di Damiani e altri film che rivalutai "più tardi", al solito. E poi mi colpirono gli uffici amministrativi di Milano che, rispetto a Roma, sembravano dimessi e poverelli, ma davano (chissà perché) un'aria di rispettabilità ed efficienza (al contrario dei nostri). Poi mi portarono a visitare una palazzina liberty ... non ricordo dove, però.
CADMO Dove dobbiamo danzare, dove battere il piede e scuotere le nostre teste canute? Spiegamelo, Tiresia,
RispondiEliminatu vecchio, a me che sono vecchio: perché tu sei saggio. Io non mi stancherei mai di battere la terra con il tirso, notte e giorno: dolcemente ci siamo dimenticati
della nostra vecchiaia.
TIRESIA Anche a me sta succedendo la stessa cosa.
Anch’io mi sento giovane e voglio danzare.