Grande è la confusione, sopra e sotto il cielo ... quindi la situazione è disastrosa.
Gli avvenimenti si susseguono vorticosi, masticati furiosamente dall'attualità. Informazione ufficiale e controinformazione (quella che ci interessa) non lasciano cadere una sola briciola dal tavolo delle notizie: tutto è sviscerato e amplificato sino al parossismo; sino alla sazietà disgustata del fruitore di notizie. Dapprima l'ISIS, poi il TTIP, quindi la Grecia. Ora ci si accorge anche del crollo della Borsa di Shanghai: sarà la prossima big thing?
Intanto Tsipras e il referendum sull'accordo tengono ancora saldamente il banco. Centinaia di articoli, notazioni, retroscena, subodorazioni. Si è detto tutto e il contrario di tutto, in un crescendo rossiniano irresistibile: Tsipras fa il referendum perché vuole sgravarsi la coscienza, anzi no: è coraggioso; il referendum è l'ultima arma della democrazia dice qualcuno, anzi no: è una furbata per farsi bocciare e consegnare, quindi, la Grecia agli strozzini; Tsipras fa comunella con la Merkel, anzi no: è il grimaldello che aprirà la Vergine di Norimberga dell'Europa; Tsipras difende il proprio paese dall'assalto finale degli usurai, che vogliono rubare, per un tocco di pane, le isole, il mare, il gas, il Partenone, la Nike di Callimaco, anzi no: è solo un fannullone che chiede soldi per quelle merdacce levantine scansafatiche socialiste e parastatali; vincerà il sì, è tutto preparato, ci saranno i brogli, il sì sarà la tomba del populismo europeo, la disfatta di Grillo, Farage, Le Pen, anzi no: vincerà il no, ci libereremo dal giogo di Bruxelles; oppure: vincerà il no, ma tanto sarà inutile, il referendum andava fatto un mese fa, no dieci mesi fa, ma che dite? Un anno fa ... anzi era meglio non farlo ... oppure: macché, era meglio farlo, ma sull'euro, non su tale insulso quesito; Tsipras voleva perdere e farsi cacciare in modo da avvicinare la Grecia al baratro; anzi no: è Varoufakis che voleva vincere per instaurare una moneta parallela all'euro e avvicinare la Grecia alla Russia anche se, a ben vedere, a ben meditare, a meditare profondamente come color che sanno, Putin e la Merkel sono fratello e sorella nella medesima Ur Lodge massonica, e quindi cari miei ...
Un vorticare inconsulto di pareri, opinioni, smentite, ritrattazioni, false piste ... e contraddizioni ... a volte all'interno della narrazione dello stesso autore ... non di rado all'interno dello stesso articolo.
La quantità non è mai sinonimo di qualità, lo sappiamo, e questo vale soprattutto per la verità. Nei decenni scorsi, a proposito delle radio e delle televisioni, si diceva: liberalizziamo il settore, si aprano dieci cento mille radio e televisioni, poiché il moltiplicarsi dell'offerta d'informazione e spettacolo è direttamente proporzionale al grado di libertà. Nulla di più falso. La deregulation ha partorito esclusivamente nuovi media che si son fatti veicolo esclusivo di disimpegno becero e di crassa mediocrità; e si sono caricati d’una colpa ulteriore, quella d'aver reso altrettanto mediocri i residui canali d'informazione e creatività sopravvissuti al vecchio ordine. Basti confrontare la prosa (solo la prosa!) di un qualunque fondista degli anni d’oro de Il Giornale (ma gli esempi sono innumeri) con quella degli scribacchini attuali.
Una disfatta.
Con Internet l'illusione si è rinnovata: centinaia di nuove voci si sono riversate sulla pubblica piazza digitale, in concorrenza coi presunti fossili della carta stampata e coi presunti dinosauri della televisione; eppure la nostra conoscenza non si è innalzata che di pochi gradini verso una consapevolezza piena. Gli individui davvero avvertiti sono rimasti i quattro gatti di prima; certo, la platea della controinformazione si è allargata, questo sì, ma rimane troppo variegata (inutilmente variegata) e divisa in sette narcise che si differenziano solo per sfumature d'interpretazione, mentre s’accapigliano su sciocchezzuole, o aspetti secondari del problema, magari istigate dal guru di riferimento che, per il fatto di avere tremila like, si sente un novello Marcuse. Ma è così, c'è poco da fare: il fatto che Bruno Vespa, in una serata di stanca, accumuli un milione di spettatori (1.000.000 di like, quindi) non sfiora manco la capoccia del suddetto guru digitale. E sapete perché accade questo? Perché i leader della controinformazione, e i loro seguaci, forse inconsciamente, sovrastimano la propria importanza: i nostri tremila lettori li vogliamo mettere al confronto col milione di coglioni di Porta a Porta? Non sia mai! I nostri valgono di più, noi diciamo la verità, non facciamo avanspettacolo noi, facciamo informazione, mica fischi!
E invece no, il numero conta, e parecchio. Se non contasse non ci ritroveremmo, dopo ogni 'svolta epocale', a sbavare bile contro quella massa di acefali italiani (o europei o mondiali) che hanno scelto, inevitabilmente, il peggio del peggio.
Qualcuno rilancia: questo è vero, siamo ancora minoranza, ma rappresentiamo la fascia di utenti più giovani, aperta e dinamica, che legge, e si informa su canali meno tradizionali; i giornali li leggono i vecchi, la televisioni i sessantenni, il futuro è nostro! Anche questa, però, è una narrazione consolatoria; e pure falsa. L'enorme maggioranza dei giovani se ne infischia altamente dei retroscena del TTIP, della guerra in Siria o del doppio gioco della Merkel; esiste sì un digital divide rispetto alle precedenti generazioni, ma questo significa solo che i teenager o gli universitari sono abili a spedire messaggini, visionare pornografia e scaricare video e giochetti idioti dalla rete. Proprio oggi leggevo, inoltre, di una sostanziale tenuta del pubblico televisivo italiano, stabilizzatosi attorno ai 26 milioni di unità - una tenuta che trova rispondenza anche in altre nazioni molto più avanzate in ambito digitale, come gli Stati Uniti.
La controinformazione, insomma, è debole e divisa, e tutt'altro che affascinante per il cittadino medio (quando non sostanzialmente ignorata); vi abbondano arroganza, anatemi gradassi, tirate profetiche un tanto al chilo: la forza d'impatto sulle interpretazioni correnti della realtà, in tale quadro, eccessivamente frantumato, e privo di profonde linee guida e leader riconoscibili e di reale spessore umano, è quasi zero.
In questi caldi giorni di giugno e luglio, per capire meglio cosa accadeva in Grecia leggevo regolarmente il Corriere della Sera; al termine d'ogni articolo mi dicevo: hanno detto nero, sarà sicuramente bianco! Forse giallino! Mai e poi mai blu, verde o rosso.
Le menzogne del Corriere vantano, insomma, una coerenza interna che il web d'attacco, fra accelerazioni, apostasie e ripensamenti, non possiede di sicuro.
Intendiamoci (è molto difficile farsi intendere oggi): non desidero certo che le varie voci si uniformino; auspico solo, dal mio limitato punto di prospettiva, che tutti i protagonisti della controinformazione, quelli celebri e quelli meno celebrati, smettano di farsi le pulci l'un con l'altro, confinino gli isterici nei luoghi opportuni, dimenticando offese e faide, puntino il mirino (se lo possiedono) contro il bersaglio grosso, tentando, altresì, la penetrazione nel campo mainstream del nemico. Serve umiltà, e generosità. Dirò di più. Occorrerebbe, da parte di chi è schierato contro il potere, la condivisione di alcune qualità cavalleresche, da crociati spirituali: il coraggio (gettare il cuore oltre l'ostacolo, oltre lo sterile buon senso), la liberalità (arricchire il patrimonio comune d'informazioni senza pretendere nulla in cambio), la magnanimità (una larghezza d'animo che conosce intimamente il senso del limite).
Come ha scritto Eugenio Orso in un precedente post: il nemico è potente e avanza dovunque; e, aggiungo io, gli eventi stanno brutalmente accelerando, oltre ogni previsione, verso le mete che per essi il nemico ha stabilito, e da tempo.
Il potere non perde tempo in baruffe; gli bastano alcune paginette d'intenti, e uno scopo: a esso tutto subordina, a qualsiasi prezzo, di popoli, paesi e vite.
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