Ottime Feriae Augusti a tutti
Roma, 8 agosto 2019
Roma, 8 agosto 2019
Consigli
non richiesti. Chiude Pandora TV, una creatura di
Giulietto Chiesa. Perché chiude? Per difficoltà organizzative, finanziarie,
logistiche? Anche. Il motivo vero della chiusura o di consimili abbassamenti di
saracinesca risiede, però, in altro, secondo il mio modesto avviso: mancanza di
interesse nel pubblico. Alla lunga questo incide. Ritrovarsi sempre gli stessi
utenti che girano da un sito all’altro mormorando le identiche parole d’ordine
getta nello sconforto; si diviene autoreferenziali; si è costretti a scrivere
cose che hanno l’approvazione di chi è già convinto. Divenire popolari: hic
stat busillis. La controinformazione non è popolare. Anzi, sopravvive in un
bugigattolo informativo. Il fallimento controinformativo è evidente. E questo
avviene perché rimane tenace la superstizione secondo cui la verità rende
liberi; e induce alla rivoluzione. Il che è un errore madornale. Decisivo. La
verità non smuove niente. La menzogna, sotto le belle forme dell’utopia,
smuove. La Marcia su Roma, la Marcia del Sale, il Treno di Lenin, la Birreria
di Monaco: credete che qui in moto e in marcia fossero uomini e donne a cui si
era rivelata la verità? Ma no, essi credevano. Tendevano. Avere fede. Puntare
lo sguardo in un futuro da modellare secondo il proprio desiderio. Colmare il
cuore di folle desiderio: ecco, questo smuove; alla marcia, alla protesta, a
sopportare il dolore e la morte. La verità, ammesso che ne esista una, è assai
indesiderabile. Il condottiero sa che la verità deve essere celata dalla
bellezza delle mire celesti. Il Paradiso Terrestre, le Vergini, El Dorado, la
Terra del Prete Gianni, il Catai, la Greenland.
Doppiezze
del condottiero. Chi guida sa. Mosè, gli ecisti greci,
Tamerlano, Etzel, Colombo, Cesare, Carlo Magno, Aguirre, Fitzcarraldo. Gli
eserciti, la devozione, le folle tumultuanti, il cozzare entusiasta delle
lance, l’adorazione, il miracolo: in azione e in marcia, le masse; la
convinzione talmente radicata in sé stessi da negare l’evidenza, ecco la fede,
incrollabile, la meta che giustifica i sacrifici più inumani. Ecco formarsi le
categorie dell’essoterico e dell’esoterico. Vogliamo El Dorado, l’eterna
giovinezza: Ponce de León legge una silloge di leggende su Alessandro Magno: le
onde del favoloso si accavallano nei secoli, da Callistene agli amanuensi, egli
se ne lascia travolgere, contagia altri uomini che converte alla fede di
un’impresa folle. Essi si mettono in marcia, essi credono. Credere, obbedire,
combattere o la goffa metafora del’asino e della carota sono volgarizzamenti di
tale attitudine inestirpabile dell’animo umano.
Ebrei. In cosa credevano gli Ebrei durante la traversata nel deserto? Nella Terra Promessa, ovvio. Se Mosè avesse aperto un blog indicando con minuzia i chilometri da percorrere, le insidie, le siccità, le asperità, le morti, il suo popolo avrebbe fatto, giustamente, marcia indietro. Egli, Mosé, sapeva; si tenne, come un peso sul cuore, devastante, la verità; quale duce volle indicare una meta: la Terra degli Ebrei, homeland. Solo a questo prezzo, una bella menzogna, la raggiunse; il fardello della verità lo tenne per sé, talmente pesante che lo schiantò a pochi passi dal trionfo. Nemo propheta in patria.
Ebrei. In cosa credevano gli Ebrei durante la traversata nel deserto? Nella Terra Promessa, ovvio. Se Mosè avesse aperto un blog indicando con minuzia i chilometri da percorrere, le insidie, le siccità, le asperità, le morti, il suo popolo avrebbe fatto, giustamente, marcia indietro. Egli, Mosé, sapeva; si tenne, come un peso sul cuore, devastante, la verità; quale duce volle indicare una meta: la Terra degli Ebrei, homeland. Solo a questo prezzo, una bella menzogna, la raggiunse; il fardello della verità lo tenne per sé, talmente pesante che lo schiantò a pochi passi dal trionfo. Nemo propheta in patria.
Fitzcarraldo.
Brian Fitzgerald intende costruire un teatro in Amazzonia. Organizza, perciò,
onde finanziarlo, un commercio di caucciù. Il sogno, che egli antepone alla
razionalità, permette la follia dei gesti: una nave che risale una montagna per
gettarsi in un corso d’acqua parallelo. Gli indigeni che lo accompagnano, però,
fuggono, atterriti dalla ferocia degli Hivaros: giusto, poiché essi non hanno
fede: la meschinità del basso tornaconto gli fa preferire la pelle. Fitzcarraldo
si vede perduto, ma ecco il miracolo che soccorre sempre chi ha fede: il sogno
degli Hivaros si intreccia al suo: essi lo scambiano, infatti, per un dio che
li condurrà in paradiso. La nave viene, perciò, da loro stesi issata sul crinale: dalla forza delle
braccia e di due utopie.
La
via dei sogni è, però, lastricata di apparenti vicoli ciechi. Le rapide quasi
distruggono la nave. Addio raccolto del caucciù, addio guadagni, addio teatro.
Era, quindi, tutta una fata morgana? No. Fitzcarraldo, infatti, venderà la
nave, sopravvissuta (per miracolo) alla furia delle acque: la voce di Caruso
quindi echeggerà, meravigliosa e incongrua, in quelle lande verdissime - verdi
come la speranza. Dio (o chi volete voi) ricompensa la fede: ecco che le antiche
parole riacquistano senso: imperscrutabili sono le vie del Signore. Egli è
generoso con chi ha fede; chi ha fede verrà reso ricco in modi ch’egli nemmeno
immagina. La disfatta cela il trionfo, chi si crede perduto è salvato, come
Cabiria. Occorre credere, credere, con cieca speranza, come Fitzcarraldo, come
gli Hivaros: solo così otterremo ciò che vogliamo.
Speranza.
La verde speranza che rampolla dalla fede in un’idea: ecco l’unica speranza
consentita: essa rassomiglia, infatti, alla certezza incrollabile.
Sacrificio.
La fede in un avvenire esige il sacrificio e la mancanza di calcolo. Ancora
parole antiche che riacquistano un senso: “Guardate
gli uccelli del cielo: non seminano né mietono, né ammassano nei granai; eppure
il Padre vostro li nutre. Non contate voi forse più di loro?”. Abbandonare
i calcoli, le minuziose stategie, estenuanti, i retroscena sciocchi, i
sottintesi. Avere fede. Anteporre il sogno alle difficoltà, ignorare
addirittura le difficoltà, la pena, gli ostacoli. Solo la luce fioca
all’orizzonte a guidarci. Questa è fede. I cacadubbi non ottengono mai nulla.
Termopili.
Solo lo sciocco potrà rimanere deluso nel vedere le Termopili. L’immaginario,
infatti, è ormai contagiato dalla grossolanità bieca di Hollywood. L’uomo
accorto le troverà, invece, perfette. Le fonti di acqua calda - le Termopili - i
colli. Occorre ricreare nella mente lo stretto, la palude, il sentiero inaccessibile,
la linea costiera arretrata. Tutto era umano, troppo umano, come è sempre
stato. A conforto delle aspirazioni e della proliferante ricchezza dell’animo. Il
miracolo di quegli scontri, però, è difficile da fingere nel pensiero. Quale
forza spingeva quegli uomini? Quale sogno, quale idea trasformava sé stessi in
puro sacrificio? La fede. In un condottiero, in un’idea, negli dei, nella
Patria. Ecco che termini desueti ricevono un’infusione di senso. Non si teme il
massacro, il dolore, la fatica; il breve cono di luce della vita origina da
fonti di maestosa chiarità: si può ben morire per esse, cullati dalla speranza
del canto degli amici e dal rimpianto di chi ci ama, che ci renderanno eterni.
Lunatici.
Mi è simpatico Massimo Mazzucco, uno dei pochi che leggo assieme a Della Luna,
Bertani e Blondet (che, ultimamente, ha riscoperto la bibbia del socialismo: Il tallone di ferro, forse cominciando a
intuire, a differenza dei commentatori, granitici e schierati, che il
totalitarismo casual non vanta né destra né sinistra, ed è parimenti sostenuto
da Macron e Salvini). Il capolavoro mazzucchiano, che seguo come un romanzo, è
la ricostruzione filologica dei falsi allunaggi. Il lavoro certosino alla base
di queste indagini gli va riconosciuto: al di là della bontà delle sue osservazioni.
Un’indagine minuziosa sino alla pedanteria, logica, in cui, presumo, avrà sacrificato
qualche diottria. Siamo andati sulla Luna sì o no? Secondo lui no. Ma anche se
la risposta fosse “forse sì forse no”, sarebbe già un ottimo risultato.
L’importante è far nascere il dubbio. Sul tema, personalmente, rimango
ondivago. La maggior prova a favore della simulazione dell’allunaggio è, per
me, questa: la realtà ha copiato un film di due anni prima. Ogni opera
cinematografica prima di 2001: odissea
nello spazio (1967) ha visto rappresentazioni della luna grossolane o
favolistiche, da Verne a Mélies a George Pal; nel migliore dei casi:
fantastiche. In Kubrick, invece, la ricreazione degli ambienti lunari, delle
strumentazioni delle navi interplanetarie, delle evoluzioni in assenza di
gravità, i paludamenti per lo sbarco selenita - tutto è così convincente che
non solo ha retto la prova estetica del tempo (dopo cinquantadue anni,
un’eternità nel mondo degli effetti speciali), ma è stata capace di far sì che
la realtà (o ciò che crediamo tale) gli si conformasse. Armstrong è atterrato,
magicamente, sul set di Kubrick. Tutto questo lo trovo straordinario.
Maledetta
verità. Solo una cosa rimprovero a Mazzucco: credere che
l’eventuale ammissione davanti al mondo smuova le coscienze. Non funziona così.
Le passioni, i sentimenti non hanno campo. Solo l’apatia. Anche se la NASA
indicesse una conferenza stampa e affermasse, urbi et orbi: “Abbiamo scherzato!”, anche questo non
servirebbe. Perché siamo immersi continuamente in una poltiglia in cui menzogna
e verità si amalgamano l’una nell’altra. Tanto da essere indifferenti l’una
all’altra. Come detto, la verità è noiosa. Creare, invece, l’utopia dell’uomo che conquista la spazio: questo sì che
appassiona! La sfida impossibile, gli eroi, la tecnica che frantuma ogni
ostacolo! Lo svelamento del trucco, però, quale delusione! Chi vorrebbe
conoscere i trucchi del mestiere? Si anela, per disposizione metafisica, a essere
ingannati. Ci piace veder scomparire il coniglio nel cappello: rivelare il
doppio fondo nel cilindro, però … a chi interessa la mistificazione?
L’illusione consente di sopravvivere.
Medicine man. Un lampo riga tremendo il cielo, si scarica una folgore a terra: incendia la foresta scacciando i poveri trogloditi dal villaggio pazientemente costruito. Chi ha lanciato la paurosa saetta? Quale volontà? Lo stregone o il medicine man s’inventa una storia, qualsiasi, di sottomissione, ira e sacrificio. Forse ci crede pure lui. Il villaggio ascolta ed esegue. Un totem è posto in adorazione permanente onde scoraggiare la collera divina, meteorica. Passa il tempo. La religione raffina lentamente quell’intuizione. L’arte la sfaccetta in migliaia di volti e leggende. La guerra la cementa nel cuore della comunità. Migliaia di anni dopo un meteorologo arriva a miracol mostrare: ma quale ira divina, è solo una volgare scarica elettrica! La rivelazione svuota i cuori. Delusione, disfatta, depressione, rinuncia, odio. Chi vuole ascoltare queste eresie? Nessuno, eppure il verme interiore rode velocemente le coscienze. Si depongono le armi; si spopolano gli eserciti, cedono le gerarchie interne; il medicine man vede che le ferite, magicamente, si richiudono grazie agli antibiotici; il villaggio, però, eccolo sfaldarsi; si diviene civili; i più giovani vanno in città per alcolizzarsi come gli altri; i bambini son sempre meno; i vecchi rimangono a blaterare sul mondo scomparso; alla fine muoiono.
Medicine man. Un lampo riga tremendo il cielo, si scarica una folgore a terra: incendia la foresta scacciando i poveri trogloditi dal villaggio pazientemente costruito. Chi ha lanciato la paurosa saetta? Quale volontà? Lo stregone o il medicine man s’inventa una storia, qualsiasi, di sottomissione, ira e sacrificio. Forse ci crede pure lui. Il villaggio ascolta ed esegue. Un totem è posto in adorazione permanente onde scoraggiare la collera divina, meteorica. Passa il tempo. La religione raffina lentamente quell’intuizione. L’arte la sfaccetta in migliaia di volti e leggende. La guerra la cementa nel cuore della comunità. Migliaia di anni dopo un meteorologo arriva a miracol mostrare: ma quale ira divina, è solo una volgare scarica elettrica! La rivelazione svuota i cuori. Delusione, disfatta, depressione, rinuncia, odio. Chi vuole ascoltare queste eresie? Nessuno, eppure il verme interiore rode velocemente le coscienze. Si depongono le armi; si spopolano gli eserciti, cedono le gerarchie interne; il medicine man vede che le ferite, magicamente, si richiudono grazie agli antibiotici; il villaggio, però, eccolo sfaldarsi; si diviene civili; i più giovani vanno in città per alcolizzarsi come gli altri; i bambini son sempre meno; i vecchi rimangono a blaterare sul mondo scomparso; alla fine muoiono.
Decadenza.
Il salmo responsoriale che precede la lettura del Vangelo secondo Matteo.
Liturgia della Parola. Si legge un salmo e la comunità risponde: “Venite, santifichiamo il Signore/Glorifichiamo
la roccia della nostra salvezza”. Quindi un altro salmo: urge la risposta
di prima, ma, stavolta, senza l’aiuto dell’officiante che la ripete, la
comunità stenta a compitarla tutta. Terzo salmo: dopo il “Venite, santifichiamo il Signore”, l’uditorio si blocca a metà, a
un “glorifichiamo” borbugliato che si
spegne in un imbarazzante mezzo brusio. I cristiani lì riuniti, infatti, hanno
dimenticato, in pochi secondi, la parte conclusiva: “La roccia della nostra salvezza” proprio non gli viene, la memoria
s’arresta ai due secondi scarsi, perduta tra le fantasticherie postmoderne che
ingombrano le capocce consunte di questi poveri diavoli. La testa come un
alveare, ronzante di sciocchezze, la testa che va al dopo, qualunque dopo,
inutile, ovvio, la testa che non riesce a concentrarsi, nemmeno in quel luogo,
che già si pensa ai tre whatsapp che aspettano in sonno: forse più di tre!
Chissà cosa significa essere cristiani oggi. Ripetere parole di cui si è
incapaci di comprendere non l’intima essenza, ma persino la più debole eco.
Giggiani.
Il prete, di ascendenze africane, ha un problema nel pronunziare il nome del Principale.
Poco prima di imbattersi nel Vocabolo Sommo, lo si vede sbarracare impercettibilmente
le orbite (quasi un fulmineo attacco di panico), per poi bloccarsi - frazioni
di secondo, beninteso! - e prendere alfine il coraggio di ca-cantare: “Ieusz”; in certi passaggi, pur semplici,
la lettura degenera in un delirio cacofonico: sembra di ascoltare un disco al
contrario. Le suore redentrici, in prima fila, assistono impassibili,
tetragone. Solo la più anziana, una donnina minuta, con un bastone ortopedico,
una che ha vissuto la bruciante parabola del progresso post-conciliare, abbassa
dolcemente il capo stringendo più decisa l’impugnatura orizzontale: ch’ella
prende a girare, lenta, a destra e a sinistra, imprimendo all’attrezzo una inevitabile
volontà rotatoria: quasi a voler trivellare le lastre di marmo o finire il
drago della propria delusione torcendogli il cuore maledetto. Un movimento metodico,
seguito da occhi dubbiosi e svagati, e che si arresta solo alla pronunzia della
zizzania evangelica (lolium temulentum) venuta lì a degenerare, senza sconti
alla disfatta, in un’inaudita “giggiani”.
La rassegnazione mi è divenuta familiare: la riconosco, quasi sempre.
Non ci indurre in tentazione. Al Padre Nostro il pretonzolo bercia: “ … Come li rimettiamo ai nostri debitori/e non ci abbandonare alla tentazione …”. Preferivo, da misoneista, la versione pristina (“Non ci indurre in tentazione”), concettualmente perfetta. E tuttavia pare che si voglia rinnovare anche qui. Non ci indurre in tentazione: è Dio che permette il Male, sempre. La tentazione offerta su un piatto d’argento. La prova. Persino il Figlio di Dio viene tentato, nel deserto, per quaranta giorni; addirittura (ecco lo scandalo) sulla Croce. Il Male affina, se lo si rifiuta, come il fuoco purgatoriale (“poi s’ascose nel foco che li affina”), rende certi a sé stessi, aurei. Il Male promana da Dio, che lo permette. Si deve temere questo Dio che pone ostacoli e lordure. Timor dei. Egli sa. Rinunciare, combattere, rientrare nel limite, nella Legge. Il timor di Dio. Il fuoco della tentazione. Conoscere sé stessi.
La rassegnazione mi è divenuta familiare: la riconosco, quasi sempre.
Non ci indurre in tentazione. Al Padre Nostro il pretonzolo bercia: “ … Come li rimettiamo ai nostri debitori/e non ci abbandonare alla tentazione …”. Preferivo, da misoneista, la versione pristina (“Non ci indurre in tentazione”), concettualmente perfetta. E tuttavia pare che si voglia rinnovare anche qui. Non ci indurre in tentazione: è Dio che permette il Male, sempre. La tentazione offerta su un piatto d’argento. La prova. Persino il Figlio di Dio viene tentato, nel deserto, per quaranta giorni; addirittura (ecco lo scandalo) sulla Croce. Il Male affina, se lo si rifiuta, come il fuoco purgatoriale (“poi s’ascose nel foco che li affina”), rende certi a sé stessi, aurei. Il Male promana da Dio, che lo permette. Si deve temere questo Dio che pone ostacoli e lordure. Timor dei. Egli sa. Rinunciare, combattere, rientrare nel limite, nella Legge. Il timor di Dio. Il fuoco della tentazione. Conoscere sé stessi.
Ipotesi
su Dio. Se il Maligno, una promanazione di Dio, fosse l’ultima
prova che Egli ci concede? Resisteremo alla tentazione? Dire “no” o “sì”? L’Anticristo
non è che Dio stesso ridisceso per l’estrema possibilità concessaci.
Ai
cessi in tassì. Per sapere dove andrà il mondo occorre
scandagliarne i recessi più sordidi e gli anfratti ormai dimenticati. Rimestare
la merda mi è consueto: blog idioti, siti porno, tecnoscemenze, costituiscono
la mia pastura. Reinterpreto, ancora una volta, quale eretico sbarazzino,
antiche parole. Diportarsi con i pubblicani e le meretrici, evitare i farisei.
Decadenza.
In qualunque civiltà la decadenza è annunciata dal tratto semplicistico, dalla
sciatteria. Le linee nell’arte figurativa si fanno meno pure, più facili; la
letteratura si occupa di svago o tenta di scandalizzare, sempre più, sin
all’estremo, un pubblico ormai senza cultura, intorpidito e bisognoso, perciò,
di grossolane scariche eversive: sesso, apocalissi, record sportivi; la scienza
non riesce a tenere uno sguardo onnicomprensivo e si sfarina in tecnica:
avanzano i tecnici, ignorandosi l’un l’altro, con un angusto chiarore davanti a
loro. Infine essi si perdono, in ogni senso, sino a ingigantire, con arroganza,
il meschino imperio della propria piccineria.
Capitolium.
La rivista storica del Comune di Roma aveva nome “Capitolium”. Aveva, poiché
sono riusciti, a furia di politicanza ciabattona, a far chiudere pure quella.
Colleziono vecchi numeri di “Capitolium”, soprattutto quelli degli anni Trenta.
La qualità delle riproduzioni fotografiche, in bianco e nero, ancora affascina.
La temperie culturale agiografica, col Mascelluto in evidenza, non disturba più
di tanto. Di solito il numero si chiudeva con una appendice deliziosa: la serie
statistica dell’allora Governatorato di Roma. Cifre, numeri, percentuali:
scuole urbane e suburbane (col resoconto della frequentazione degli alunni,
maschi e femmine, divisi in classi), rivendite all’ingrosso e al dettaglio, mercati
rionali, asili e università, cinema e teatri, afflusso di italiani e stranieri,
ortaggi, macelleria, affitti, case, luoghi di svago, granaglie, cambi di
residenza, popolazione criminale: tutto incasellato in tabelle semplici e
immediate, dai caratteri netti e inequivocabili. L’attività municipale
confluiva in quei resoconti di commovente nitidezza ove le maiuscole, le
minuscole, le abbreviazioni, gli accenti e gli apostrofi ricevevano
l’auctorictas formale da leggi ortografiche e di composizione sancite con
meticoloso rigore e gusto dell’equilibrio: in grado di abolire ogni ghiribizzo
o invenzione personale. A costo di sacrificare l’originalità individuale e
santificare la maniera. Ma così va governato un Paese. Il formalismo deve
essere dittatoriale. Lo sbaglio mai ammesso. Sapete perché l’Italia decade?
Perché non c’è più un centro di gravità permanente. L’idiozia del decentramento,
il solipsismo e l’immaginazione al potere (in barba alla legge) hanno pervaso
le amministrazioni. Il Municipio X non sa cosa fa il XII così come il Comune
non ha la più pallida idea di cosa hanno in mente il X e il XII, ormai satrapie
eccentriche, spesso governate in dispetto del Comune e tenute, fra una tartina
e l’altra, da mestieranti di crassa ignoranza gonfi della sicumera degli
stupidi. No, la legge non esiste per l’ominicchio del futuro. Egli vuole la
libertà. Anche dagli apostrofi. Si fa come dico io, le regole sono camicie di
forza, e così l’ortografia, la grammatica, la logica aristotelica. Obbedire a
“are-ere-ire l’acca fa sparire” gli pare conformista così come umiliante
riandare alla regoletta del “cia” o “gia” (mancia-mance e non mancie, camicia-camicie
o ciliegia-ciliegie e non ciliege, anche se la Rizzoli la pensa diversamente e sentì
l’urgenza di pubblicare, caschi il mondo, il capolavoro Un cappello piene di ciliege). Chi sbaglia i tempi, le concordanze
o reca devozione agli anacoluti, in tale frangente storico, è un traditore
della patria. Così come dovrebbe essere cacciato dagli uffici pubblici colui
che sciatteggia con grassetti e corsivi, incolonnamenti farlocchi, linee
d’interpunzione e segni diacritici. Persino chi appicca e appiccica, in un
ufficio pubblico, una scritta a mano, tutta sghemba e approssimata, dovrebbe
esser preso a calci in culo. Il potere, infatti, il potere che ci domina il
cuore, quello che ci soffia nelle orecchie il miele della libertà, vuole
questo. Vuole la poltiglia, l’indifferenza. Scrivere “un invasione” o sbagliare
il numero dei detenuti delle Isole Marshall (ascrivendo a tale innocuo
territorio i criminali del Marocco) sul sito ufficiale del Ministero di
Giustizia, aggiungere quattro puntini di sospensione (“Devono essere tre, porco D …!”, s’infervorava un vecchio insegnante
mentre leggeva, estenuato, tesi di laurea un tanto al chilo), preterire le
coniugazioni, ignorare il condizionale o il trapassato remoto; dire: “Salvini ha un grosso consenso” equivale
a consegnarci alla dissoluzione: grosso non significa nulla; esteso, grande,
largo, vasto, proliferante, brulicante, numeroso, molteplice, sostanzioso,
cospicuo, consistente significano, forse, qualcosa: la differenza tra un cretino
2.0 e un essere umano, di questi tempi.
Forma
e sostanza. Il linguaggio, l’etica, la disciplina (la
preghiera, il codice militare) definiscono l’uomo, la polis, l’Italia. Se
questi comandamenti sono ignorati in nome d’una anarchia scambiata per
progresso liberale ci si consegna alla disfatta.
Immaginazione
al potere. Rendiamoci finalmente conto della portata di tale
dysangelium. L’immaginazione al potere,
dilagante nelle scuole e nelle università, nelle magistrature o nelle
amministrazioni; lo sbaglio come cosa di poco conto (correggibile,
perdonabile), la tolleranza verso la dislessia logica, il disprezzo per la
pulizia formale hanno schiantato, in pochi decenni, la più decisiva nazione del
mondo. Claudio Villa, quando incideva, non poteva sbagliare; una sola
possibilità gli era concessa. Per tale motivo vigeva, inevitabilmente, una
selezione, dura. La voce migliore, l’impostazione migliore, l’uomo con una
volontà feroce di emergere, umile e spietato, intrepido: dalle casette di
Trastevere alla notorietà. Anche in teatro o nella danza non si poteva
ingannare il prossimo: sei bravo, vai avanti, altrimenti ti dedichi ad altro. La
gavetta poteva durare decenni o per sempre. Vi erano premi che non
contemplavano la premiazione: la mediocrità non va premiata: se ne riparlerà il
prossimo anno, il primo posto rimane vacante. Nella musica, nell’artigianato,
nelle arti classiche lo sbaglio non poteva permetterselo nessuno. Questi,
invece, sono tempi per il tasto delete, per il riavvolgimento del nastro: tutto
può avere una seconda o una terza chance, una ennesima chance: la qualità
declina, inevitabile, perché chi può permettersi di sbagliare abbassa le
ambizioni, diviene facile, sciatto, menefreghista, ridanciano; di notte tutte
le vacche sono grigie (e non grige).
Essenza.
In guerra non sono permessi errori. Le regole devono esser osservate
maniacalmente poiché distillate, nei secoli, in vista della sopravvivenza. Di
qui una serie di accorgimenti e consuetudini ferree che l’ominicchio del
futuro, nella bambagia ottantennale della pace che il Potere subdolamente
permette, ama dileggiare.
I migliori comandanti sono quelli che non sprecano i propri uomini, che pianificano ogni mossa, minimizzando perdite e sfruttando le debolezze del nemico. Un fendente sbagliato, un colpo a vuoto, una distrazione segnano il confine tra vita e morte; al contrario del digitale dove ogni soldato morto resuscita con il loading. Anche il contadino minimizza le perdite. Il miglior contadino è quello che non spreca energie, che sa dosare i gesti e, perciò, la fatica, che razionalizza, per istinto, le potature (sbagliare il taglio condanna a un raccolto minore), e, con mezzi semplici, sfrutta il tempo concessogli da Dio e dagli umori atmosferici. Rendersi essenziale, non oltrepassare i limiti: questo è contropotere.
I migliori comandanti sono quelli che non sprecano i propri uomini, che pianificano ogni mossa, minimizzando perdite e sfruttando le debolezze del nemico. Un fendente sbagliato, un colpo a vuoto, una distrazione segnano il confine tra vita e morte; al contrario del digitale dove ogni soldato morto resuscita con il loading. Anche il contadino minimizza le perdite. Il miglior contadino è quello che non spreca energie, che sa dosare i gesti e, perciò, la fatica, che razionalizza, per istinto, le potature (sbagliare il taglio condanna a un raccolto minore), e, con mezzi semplici, sfrutta il tempo concessogli da Dio e dagli umori atmosferici. Rendersi essenziale, non oltrepassare i limiti: questo è contropotere.
Ventilabro.
La democrazia liberale ha abolito il setaccio, la selezione, la gerarchia, in
nome della libertà: per servire meglio la schiavitù.
Accenti.
Quando ho scritto “Ponce de León” avrei potuto anche scrivere, per comodità, “Ponce
de Leòn”. In tal modo, però, avrei accresciuto la dissoluzione cioè
l’ingigantirsi dell’entropia. L’entropia è il peccato massimo o, se non siete
credenti, ciò che ci avvicina alla schiavitù ordita dal Potere. Grammatica e
ortografia costituiscono, per l’uomo avvertito, il nuovo missionario, un campo
di battaglia.
Logica.
La logica accresce l’intelligenza, organizza il mondo: è guerra. Per questo è
invisa al potere attuale. La Sfinge, ominosa, attende Edipo “piedi gonfi” e lo
sfida: ne rimane schiantata; Omero si suicida per un enigma propostogli da
alcuni umili pescatori; il Minotauro attende cruento nel centro del labirinto,
ma Teseo, il luminoso, l’apollineo Teseo, lo uccide, sovrastando egli le volute
dell’inganno; Sansone sfida i Filistei con un indovinello: “Dal divoratore è uscito il cibo e dal forte
è uscito il dolce”: le conseguenze, fra tradimenti e furia di vendetta,
saranno rovinose. La logica non ammette eccezioni e lo sbaglio è inammissibile
così come la scappatoia o il perdono: vita e morte, in equilibrio, decidono
vittime e conquistatori, entrambi glorificati dalla bellezza del duello. La
logica, la congettura brillante, il paradosso caratterizzano i condottieri. La
fede, i soldati.
Asini.
Persino l’asino aristotelico di Buridano, posto di fronte a una sfida logica,
ne viene sconfitto; e muore. Di fame o di sete, non si sa.
Verità
e tragedia. La tenzone dell’intelligenza non è mai
prevaricazione o volontà di dominio. Essa promana, bensì, dalla tragedia.
Dietro ogni ferita lanciata dal logico si intravede l’eterna notte: la morte,
amica temuta e terribile. I più intelligenti sanno dell’eterna notte eppure vivono:
questa, per me, è la maggior prova della dignità umana. Godere di ciò che
l’uomo ha costruito, delle scintille che ci hanno elevato sopra lo strato bruto
dell’esistenza, tale è la gioia di chi reca il duello. Le evoluzioni logiche di
Amleto che paragona il re a un verme sono meditazioni drammatiche sospese tra
la verità, che paralizza, e l’azione: infine, però, anche lui, l’irresoluto,
agisce: poiché ha una meta, una fede, un’utopia. Quando il principe uccide
Polonio, il cacadubbi, quello per cui ogni cosa vale l’altra, fingendo di
scambiarlo per un topo, egli si diverte, anche. Amleto, infatti, è uomo
intelligente: l’occidentale all’inizio della decadenza, l’Inglese prima del
telaio meccanico. Risata e mestizia si intrecciano, altresì, in Bramante:
Democrito, pasciuto, sorride; Eraclito aggrotta le sopracciglia, il volto
rigato dai patimenti: in realtà essi sono uno, l’amore della meraviglia e
dell’inconsueto sotto un cielo che protegge e ci rammenta la nostra solitudine.
E tutto questo è bellezza.
Schiavitù.
La prima cosa che fecero gli immaginifici al potere fu di attaccare la scuola, il nozionismo, abolendo il voto
numerico. Soccorrevano i giudizi: analitici e sintetici. Un circonvoluto pastone,
senza alto né basso, per cui tutte le vacche e gli alunni si coloravano,
gradatamente, di grigio. Oggi siamo alla promozione automatica sin all’età del
consenso. I mufloni affollano licei e istituti col retrogusto
dell’analfabetismo. Inutile cicalare di scie chimiche, 5G e sionismo quando la
disfatta in casa ce la siamo messi da soli. Potevamo dire no: non l’abbiamo
fatto. Siamo stati posti, quale popolo infinito, di fronte a una scelta. Sì.
No. Abbiamo scelto Barabba, in nome della comodità. Ora branchi di armenti e
zombi si aggirano per il Paese trascinando piedi pesanti e arroganze
autoreferenziali. La democrazia liberale protegge questi esemplari e inabissa i
migliori: il totalitarismo casual sa come si annienta una civiltà.
Parusia.
Ipotesi per un racconto di fantascienza: Cristo, atterrato fra nembi
luminescenti e caligini da Pink Floyd, straccia in mondovisione il costume da
Lucifero e si rivela: vi ho messi alla prova, avete scelto il Male, ovvero
l’Ignavia. La salvezza era presso di voi, nelle vostre mani, e l’avete
rifiutata attirando la condanna ineluttabile. Vi ho amati: ora ho altro da
fare. E scompare, stavolta per sempre. L’ultimo essere umano, Adam, scherzo
parodico del Fato che lo rassomiglia all’ultimo imperatore, Romolo Augustolo,
proverà una solitudine disperata, assoluta, totalizzante: morirà con gli occhi
nel vuoto.
Guardiani.
Davanti alla legge sta un guardiano. Un uomo di campagna viene da questo
guardiano e gli chiede il permesso di accedere alla legge. Ma il guardiano gli
risponde che per il momento non glielo può consentire. L'uomo dopo aver
riflettuto chiede se più tardi gli sarà possibile. “Può darsi”, dice il
guardiano, “ma adesso no”. Poiché la porta di ingresso alla legge è aperta come
sempre e il guardiano si scosta un po', l'uomo si china per dare, dalla porta,
un'occhiata nell'interno. Il guardiano, vedendolo, si mette a ridere, poi dice:
“Se ti attira tanto, prova a entrare ad
onta del mio divieto. Ma bada: io sono potente. E sono solo l'ultimo dei
guardiani. All'ingresso di ogni sala stanno dei guardiani, uno più potente
dell'altro. Già la vista del terzo riesce insopportabile anche a me”.
L'uomo di campagna non si aspettava tali difficoltà; la legge, nel suo
pensiero, dovrebbe esser sempre accessibile a tutti; ma ora, osservando più
attentamente il guardiano chiuso nella sua pelliccia, il suo gran naso a becco,
la lunga e sottile barba nera all'uso tartaro decide che gli conviene attendere
finché otterrà il permesso. Il guardiano gli dà uno sgabello e lo fa sedere a
lato della porta. Giorni e anni rimane seduto lì. Diverse volte tenta di esser
lasciato entrare, e stanca il guardiano con le sue preghiere. Il guardiano
sovente lo sottopone a brevi interrogatori, gli chiede della sua patria e di
molte altre cose, ma sono domande fatte con distacco, alla maniera dei gran
signori, e alla fine conclude sempre dicendogli che non può consentirgli
l'ingresso. L'uomo, che si è messo in viaggio ben equipaggiato, dà fondo ad
ogni suo avere, per quanto prezioso possa essere, pur di corrompere il
guardiano, e questi accetta bensì ogni cosa, però gli dice: “Lo accetto solo perché tu non creda di aver
trascurato qualcosa”. Durante tutti quegli anni l'uomo osserva il guardiano
quasi incessantemente; dimentica che ve ne sono degli altri, quel primo gli
appare l'unico ostacolo al suo accesso alla legge. Impreca alla propria
sfortuna, nei primi anni senza riguardi e a voce alta, poi, man mano che
invecchia, limitandosi a borbottare tra sé. Rimbambisce, e poiché, studiando
per tanti anni il guardiano, ha individuato anche una pulce nel collo della sua
pelliccia, prega anche la pulce di intercedere presso il guardiano perché cambi
idea. Alla fine gli s'affievolisce il lume degli occhi, e non sa se è perché
tutto gli si fa buio intorno, o se siano i suoi occhi a tradirlo. Ma ora, nella
tenebra, avverte un bagliore che scaturisce inestinguibile dalla porta della
legge. Non gli rimane più molto da vivere. Prima della morte tutte le nozioni
raccolte in quel lungo tempo gli si concentrano nel capo in una domanda che non
ha mai posta al guardiano; e gli fa cenno, poiché la rigidità che vince il suo
corpo non gli permette più di alzarsi. Il guardiano deve abbassarsi grandemente
fino a lui, dato che la differenza delle stature si è modificata a svantaggio
dell'uomo. “Che cosa vuoi sapere ancora?”,
domanda il guardiano, “sei proprio
insaziabile”. “Tutti si sforzano di
arrivare alla legge”, dice l'uomo “e
come mai allora nessuno in tanti anni, all'infuori di me, ha chiesto di
entrare?”. Il guardiano si accorge che l'uomo è agli estremi e, per
raggiungere il suo udito che già si spegne, gli urla: “Nessun altro poteva ottenere di entrare da questa porta, a te solo era
riservato l'ingresso. Adesso vado e la chiudo”.
Fine del governicchio... https://youtu.be/ue2SYytllNw
RispondiEliminaGiulietto Chiesa è un'agente di influenza di Mosca, dietro la smobilitazione c'è altro.
Er counteridiot onanista Nerd (uom e Nerd)
Come non condividere?
RispondiEliminaIo un'unica cosa non comprendo: perché di fronte all'abisso indistinto che ci attende in vita e che trionferà post-mortem abbiamo in dotazione l'intelligenza? Cos'è, una beffa escogitata dal dio "Caso"?
Secondo me è un codice installato per l'autodistruzione.
EliminaOrganismi troppo complessi prevaricano la Natura che tende alla semplicità massima.
L'intelligenza è una dannazione: bisogna conviverci.
Dunque, forse, non e' proprio intelligenza come comunemente intesa!
EliminaIse
Non so perché esco fuori come anonimo, sono Adriano.
EliminaLa mia domanda è: se l'"arcinemico" che tu hai individuato è di fatto l'espressione di uno gnosticismo sfrenato, non credi che questo grande nulla che invano l'uomo si sforza di arginare (perché poi?) sia la conferma di ciò che combatti? A che pro?...chi avrebbe installato tale codice, un Demiurgo? Hanno ragione dunque gli arcinemici?
Secondo me anche gli Arcinemici sono coinvolti nell'autodistruzione. Non ci si rende conto della totale follia di tale progresso verso il Nulla. Forse l'autodistruzione è inevitabile poiché naturale come è naturale che, prima o poi, un organismo complesso decada, sovrastato da qualcosa di inferiore, ma più semplice e adatto ai tempi. Qui stiamo parlando di esseri umani. Gli insetti li vedo alquanto felici al pari di scarafaggi e topi. L'uomo, forse, non si è nemmeno accorto che la propria evoluzione interiore corrisponde all'amnesia del grande nulla ... Perché dovremmo arginarlo? Perché la basilica di Tuscania reca la felicità e il pongo di Koons la disperazione, più o meno riconosciuta (si può essere disperati senza saperlo). Tutte queste tematiche le ritrovi in Giacomo Leopardi, è tutto scritto lì. I due volumi di Emanuele Severino su Leopardi, specie il primo, raccontano parte di ciò che trovi nel blog. Leopardi, certo, riecheggiava pensieri già noti prima di Cristo ...
EliminaGrazie.
RispondiEliminaEnorme, sempre più non commentabile. C'è da vergognarsi solo al tentarlo.
RispondiEliminaE la chiusura col Big Franz!
Anche se neppure tu saprai svelarmi un'utopia che mi aiuti a reggere il peso della vita, ciononostante ti sono grato per i dieci minuti di incanto e di sottile godimento.
Un saluto.
Kafka è inesauribile. Quel passo l'ho letto migliaia di volte eppure affascina ancora. Non vorrei sbagliarmi, ma credo che Borges l'abbia inserito in una sua antologia fantastica.
EliminaUn tale camminava per un sentiero di montagna che costeggiava un burrone. Ad un tratto il terreno cedette ed il tale iniziò a precipitare ma, prima che avvenisse l'irreparabile, riuscì ad aggrapparsi ad un arbusto e rimase a penzolare nel vuoto. Appeso ad un appiglio quantomai precario ed ormai senza speranza, il tale notò che sull'arbusto vi erano alcune bacche e, spinto dalla curiosità, ne assaggiò alcune e scoprì che erano buonissime, le migliori che avesse mai assaggiato.
EliminaLe nostre bacche sono i post del Nostro.
Alessandro70
Memento audere semper, caro Misantropo, osare l'inosabile.
RispondiEliminaNo, ciò non è più possibile, perché è stato eliminato il concetto stesso di inosabile, tutto è osabile; anche il guardiano kafkiano è morto e la porta è rimasta aperta ma, invece della Legge, nelle auguste sale non vi è che l'abominio della desolazione ed un'orda di zombie, ciechi ed idioti, vaganti senza alcuno scopo, sostituiscono i guardiani.
La Legge, in verità, c'è ancora ma nessuno è più in grado di riconoscerla e neppure di vederla.
Quid est Veritas? chiese Pilato ma Gesù non rispose nulla; Est Vir quid adest. Chiosò S. Agostino anagrammando la frase. La verità è davanti a chiunque di noi ma non siamo in grado di vederla.
La Verità, ovunque, chiunque o comunque sia, non può essere un punto di partenza bensì di arrivo, quindi di stasi. Buddha, raggiunta l'illuminazione ossia la consapevolezza ultima della Realtà e della Verità, non agisce più o meglio, agisce senza agire; medita sotto il l'albero e, se interrogato, impartisce insegnamenti. Per tutti coloro che non abbiano raggiunto la buddhità è molto meglio una pia anzi, piissima illusione piuttosto che un'inutile verità: la Terra Promessa, il centuplo quaggiù e l'eternità, il Santo Graal e poi giù, sempre più giù a scendere fino al milione di posti di lavoro, quota 100 e la flat tax.
Un tempo, ricordo, esistevano le categorie, ormai desuete, del giusto e dello sbagliato, dell'accettabile e dell'inaccettabile. L'accettabile, come categoria, non prevedeva sconti: ciò che deviava dall'esattezza non era accettabile. Questo criterio dominava le regole ortografiche, sintattiche e grammaticali tanto quanto quelle dell'aritmetica, dell'algebra e della geometria; in musica l'allievo compositore doveva sottostare alla dura disciplina delle norme prescrittive dell'Armonia e del Contrappunto. Non ho avuto il privilegio di vivere l'epoca in cui la Messa era celebrata secondo il Vetus Ordo ma non posso non notare la differenza che intercorre tra lo stile liturgico dei vecchi sacerdoti, quelli che si erano formati a quella scuola, e la sciatteria delle nuove generazioni di preti, sciatteria che si riflette nell'atteggiamento dei fedeli in chiesa. La sciatteria è stata eretta a sistema ed impera anche nei rapporti interpersonali, padri e madri chiamati per nome dai figli, altro che il "voi" di un tempo! il "signora maestra" sostituito con "maè..." declinato nei vari accenti locali, il prete che diventa "il Don" (ma non era un fiume?), pubblici funzionari in infradito, professionisti tatuati, onorevoli sbracatissimi e via discorrendo, si, di questo passo alla sublime icona della giudicessa che sentenzia sotto il casco mentre aggiorna l'acconciatura prima della seduta ci arriveremo davvero.
Forse per vivere, agire, amare e lottare non abbiamo bisogno del Vero, caro Misantropo, ma la dittatura della sciatteria al potere ha deprivato il nostro mondo del Bello e senza la Bellezza che scopo può più avere la vita?
Con i miei più formali e distinti saluti.
Alessandro70
Quasi tutti i pensatori estremi arrivati sul ciglio del burrone non osano l'ultimo salto. Tornano indietro. Cosa fanno? Cercano la bellezza. Persino la Testa Matta tornò indietro. Oltre il burrone la vista non può sopportarsi a lungo.
EliminaVorrei un autografo...
RispondiEliminaSu un assegno?
EliminaMi permetta di scorrazzare sono tutti in vacanza non ci ascolta nessuno , lei Alceste omette di dire che siamo colonia dal 45,tutto si spiega li ' !!! Tutto il mondo lo sa tace per quieto vivere ma lo sa , se metteste fuori I'll becco dalle vostre citta' natale non solo per fare I gahgi per 2 settimane vedreste che I'll dollaro ha colonizzato piu' e meglio di quanto non abbiano fatto imperi come Roma LA grecia e gli egizi in secoli di conquiste ,ora che ci sia stata data A noi Italiani per un certo periodo una carta - moneta da monopoli da barzelletta per gente sempre sull'orlo del fallimento i n stato di bancarotta cronica da far impallidire lo scandalo Della banca romana gente sempre In stato comatoso da morte apparente non vuol dire che finisse il nostro rapporto di vassallaggio verso I vincitori giudeo americani , lei alceste se LA prende con la pietra come fanno I cani e non con chi gliel'ha tirata addosso , se LA prenda con l'accapparramento da parte di quell'etnia di tutti I punti nevralgici vedi Fiat Stamp a Borsa di milano ecc, allora li si che farebbe controinformazione ,LA sua Frustrazione Alceste deriva dal fatto che non puo ' dire certe sacrosante verita' e allora scarica i suoi sensi di colpa sugli altri cioe' noi che e' gia' tanto se ci gira qualche neurone per LA testa tra una digestione e l'altra , smesso i panni da psicologo le dico che il Chiesa che chiude e' una buona notizia ,di arlecchini anzi di brighella in giro per I'll Web CE ne stanno a iosa internet ne sforna ogni giorno
RispondiEliminaChe siamo una colonia l'ho scritto nel precedente post ...
EliminaMa quali ebrei: i sefarditi? Gli altri? I mezzi ebrei? Elkann?
E poi perché siamo una colonia?
Perché abbiamo perduto. Dovevamo pensarci prima. Abbiamo giocato a scopone e abbiamo perso e ora ci si trova con il due di coppe.
Occupano i migliori posti? Saranno più bravi.
Se quelli hanno gente ambiziosa e intelligente e noi un trippone da spiaggia non ci si deve troppo scaldare.
Volevo scrivere un commento più articolato e che probabilmente lo sarebbe stato anche troppo e quindi alla fine mi limito ad un consiglio ed in quanto tale lo consideri al più come la preoccupazione di qualcuno che ha imparato ad apprezzare e provare affetto per il suo spirito.
EliminaCerchi di non cadere totalmente nel nichilismo che traspare sempre più dai suoi geniali quanto spesso sofferenti scritti.
BomberPruzzo
Au contraire: vivo ancora nella landa umana. Son gli altri a campare con due soldi di vitalità. E però sono sconfortato, questo sì, come la suora di cui parlo: una sorta di impotenza goduta fra ansia e rassegnazione.
EliminaEvidentemente mi sono sbagliato. Raramente mi succede per queste cose e ne sono contento. Ho travisato lo sconforto per qualcosa di più profondo forse confuso dagli ultimi "articoli" a mio modo di vedere, più improntati per l'appunto ad una certa rassegnazione davanti a certe caratteristiche della natura umana e dalla difficoltà a scorgere i famosi 10.000 di cui spesso ha parlato.
EliminaBomberPruzzo
Gli assegni non si usano più! Nel giro di un decennio sono scomparsi quasi completamente come strumenti di pagamento.
RispondiEliminaDal 1° aprile 2019 la Banca d'Italia ha chiuso le Stanze di compensazione, luogo deputato allo scambio materiale di assegni tra le banche, a completamento del progetto che consente agli intermediari di presentare al pagamento gli assegni trasmettendo un'immagine digitalizzata.
Esistono solo bonifici carte di credito bitcoin.....
Allora inviami un tuo indirizzo postale (in mail) e ti mando una cartolina ...
EliminaCaro Alceste,
RispondiEliminaaltro capolavoro. Inutile essere troppo prolissa, per di piu' senza accenti ma solo apostrofi, per decisione unilaterale della tastierina complice dell'indistinto, ma facciamoci due spigolature!
La controinformazione fallisce per mancanza di interesse nel pubblico o mancanza di impatto reale nella vita pubblica o privata del pubblico? Il pubblico forse se ne accorge prima dei controinformatori. Col tempo certi siti entrano in modalita' loop: a ripetere e provare (per la duecentomillesima volta) la loro verita'; dopo 10 anni gli autori dovrebbero farsi qualche domanda sui risultati, altrimenti vuol dire o che sono comunque soddisfatti (non gli e' mai interessato passare all'azione e sortire effetti reali, eccetto quelli speciali della propria visibilita' /funzionalita' rispetto qualcos'altro), o che hanno qualche problema di autocritica e autoanalisi.
Finiscono poi per cedere e cadere nell' ineluttabilita' di quel che denunciano, anzi, ne divengono cassa di risonanza. Parlare sempre e solo del male che ci affligge, dimenticando il bene che ci sostiene, e' pur sempre una visione parziale. Dovrebbero tener presente la saggezza di Mizaru, Iwazaru e Kikazaru.
Per non parlare della scatoletta per acciughe (internet) in cui restano confinati, e di noi fruitori, per i quali tali siti divengono come la nuova frontiera letteraria da cui attingere tutto lo scibile umano senza null'altro aspirare.
Sulla luna forse, tanto per giocare con le ipotesi, non ci sono andati come ce l'hanno raccontata, data la versione un poco raffazzonata, ma non vuol dire che non ci siano andati in altri modi e in altri tempi, magari anche prima di 2001: A Space Odyssey. Affascinante anche l'ultima impresa cinese on the dark side of the moon, tanto per restare sulle caligini fumose dei Pink Floyd...se girassero un video di Pechino al crepuscolo sotto i fumi delle ciminiere carboniche e non, lo scambieremmo felicemente con lo sbarco on the dark side. I piu' fortunati potrebbero intravedere anche qualche resto alieno.
Il male deve essere parte di Dio se questi e' Uno, sara' un prodotto della sua costola un po' come la donna e' uscita dalla costola dell'uomo ahh, bisogna convivere con questa spina nel fianco se si vuole continuar ad esistere o solo esserne coscienti.
Certo e' che la scelta finale resta a noi. La ricompensa esiste per chi non molla, chi molla desidera implicitamente rinunciare a qualsiasi ricompensa. Credo anche io che la fede rassomigli alla certezza incrollabile, una forza creatrice, anche di miracoli, stupores mundi. Permettimi pero' il solito pensiero contrario: non e' detto che sia l'illusione che consente di sopravvivere, potrebbe invece essere proprio il sentore che esista qualcosa oltre i trucchi incantatori di mangiafuoco e le volgari scariche elettriche.
Ieri leggevo materiale circa la storia della mia citta': nel Medioevo dominava su un territorio di 48 castelli sparsi tra le colline circostanti, ognuno gestito da nobilta' di reggimento legata da vincoli feudali e pronta a mobilitarsi al suono di una speciale campana dal cucuzzolo-fortezza della citta'. Una sorta di cellule dormienti di professionisti, che, senza bisogno di tante parole ne' verita' acclamate, al solo suono della campana si mobilitavano all'occorrenza e sapevano cosa fare. L' occorrenza erano spesso i mori saraceni e i tanti invasori via terra, ghiotti della posizione della fortezza dominatrice. Passati i secoli e aumentato il degrado, decisero di demolire definitivamente la fortezza sul cucuzzolo perche' attreava troppi invasori grazie alla sua posizione privilegiata. Alla fine, quindi, non sapendo piu' fare buon uso personale di tale privilegio e vantaggio sugli altri, ma solo svenderlo al migliore offerente, ne hanno preferito l'eliminazione o estinzione.
Un caro saluto,
Ise
Chiamale spigolature!
EliminaMetti sempre il ditino sulla piaga, per quanto possa essere piaga affascinante.
Non perdi di vista la praxis, pur ben destreggiandoti con le teorie; e ben sai quanto condivido.
Ma che strana donna d'Oriente!
Sarei perduto se dovessi scegliere fra Te e (quale bestemmia!) Alceste…
Lo ribattezzerò il Blog delle Fascinazioni.
Loris ma che dici! Non esagerare senno' divento piu' rossa del sole d'Oriente; Alceste, invece, rischi di farlo impallidire!
EliminaComunque sono italiana, strana ma italiana. Tanto gli italiani son tutti strani, come si puo' vedere nel finale di Otto e mezzo che Alceste ha messo a lato. Peccato che ora piu' che mai tendono ad omologare il pensiero e differenziare irrimediabilmente gli intenti.
Tanto per puntualizzare anche se non ce n'e' bisogno: le considerazioni sulla controinformazione non erano certo rivolte ad Alceste il blog, che non considero un blog di controinformazione, forse contropensiero o controcultura, non so, ma non controinformazione. Non so se lui si consideri tale, parte dell' indistinto marasma controinformativo (ok escluse eccezioni eccezionali), per me sta comunque raffinando qualita' che lo escludono da cio'. Puo' anche continuare a scrivere le stesse cose per 10 anni, non credo mi stancherei di leggerlo. Di commentare si, tante parole a lungo andare mi seccano troppo la gola, o consumano polpastrelli.
Un caro saluto,
Ise
Perfetto, ancora una volta.
EliminaUna specie di Beatrice, allora.
Cara Ise
EliminaBella riflessione quella sulla controinformazione; questa è sostanzialmente, a mio avviso, il vezzo delle élite potentate di far gridare dai tetti ciò che un tempo poteva solo essere sussurrato negli scantinati e permettersi il lusso supremo di continuare a mostrarsi con la tronfia superbia di chi è immune a qualsiasi critica.
Quindi, si scriva pure che politica, economia, media etc... sono sotto il controllo stretto dell'élite giudaicomassonica/ finanzcapitalista/ nazicomunista/ cattosatanista/... tanto a Loro, chiunque essi siano, fossero pure i grigi o i rettiliani, del fatto che noi sappiamo non gliene importa un granché. Il Re è nudo, bene, lo si sappia ed il nudismo sia per decreto un privilegio regale.
non penso che questo Blog sia espressione di una controcultura, questa lasciamola agli ex sessantottini ed ai loro epigoni con i loro esoterismi da centro commerciale, l'ecologismo gretino, il libberoammore, lo spiritualismo fai da te col marchio IKEA; ciò che apprezzo di questo luogo virtuale è proprio l'opposto della controcultura ossia una ambiente in cui si possa anelare ad un ripristino, benché impossibile, di una Cultura, un qualcosa che è sempre più raro a trovarsi e che, causa inutilizzo ed in mancanza di fruitori, ha fatto la fine dell'antica fortezza la quale, paradossalmente, attirava gli invasori ossia quei pochi che ancora ne riconoscevano il valore.
Alessandro70
In una città della Svizzera tedesca c'era una piccola palestra, un piccolo "dojo" di Taekwondo. L'insegnante era un sud-coreano, ex addestratore delle forze armate e polizia. Insegnava con severità ma non nascondeva nulla ai suoi allievi, nessuna " mossa segreta" nessuna preferenza : dava tutto se stesso a tutti gli allievi. Allenamenti quotidiani,ogni sera per cinque giorni alla settimana, due ore di lezione intense.
RispondiEliminaDue sole cose richiedeva : rispetto per il "dojo" e impegno.
Se un allievo, entrando nella sala, non si toglieva le scarpe o non salutava ,veniva accompagnato dal maestro alla porta d'ingresso e invitato ad andarsene. Se mostrava una tecnica o un principio base, era disposto a mostrarla in dettaglio e personalmente a chi aveva difficoltà, tre volte...poi basta.
Da alcuni anni , non trovando allievi con questo "spirito",ha lasciato l'insegnamento e si è impegnato nel settore alberghiero.
Nessun "ardore" ( come direbbe Calasso), nessun sacrificio, nessun maestro.....
Caro Gratius,
EliminaCi sono luoghi, secondo me, un tempo interi paesi, che sono dei dojo a cielo aperto. Sono aperti a tutti, ma non sono per tutti, inclusi gli autoctoni. Richiedono rispetto e impegno, come dici tu, due cose in rapida estinzione indotta.
Molto significativo che l'insegnante si sia rivolto al settore alberghiero: se non si riesce ad aiutare le nuove leve a formarsi fisicamente e spiritualmente, si puo' solo aiutarle a riposare e soggiornare comodamente al meglio.
Ise
Gentile Alceste,
RispondiEliminagrazie per lo splendido post (come si dice in italiano post?), però impossibile da leggere d'un fiato avendo lavorato 10 ore al giorno sotto il ciocco del sole a ferragosto (assistente bagnanti per campare).
E' talmente omni comprensivo che percepisco lo scenario che potrebbe essere il suo ultimo post.
Nel caso, la prego di lasciare il blog in lettura, ancorché chiuso.
Non mi faccia questo, non mi impedisca di rileggere i suoi indimenticabili racconti.
Cordialmente
Un fedele lettore
ma da quale accidenti di cosa percepisce che potrebbe essere l'ultimo post?????
RispondiEliminaLe lettere dal carcere di Vincenzo Vinciguerra:
RispondiEliminahttps://ivoltidigiano.tumblr.com/post/186858910862/il-tunnel
Laura
Fino in fondo, quotidianamente, incarnare questo disfacimento. Con consapevolezza, amaramente. Un calice che dura una vita. Questo è il tempo che mi è dato vivere, non altro. In questo tempo e non in altro posso capire ciò che è stato, ciò che è e ciò che sarà. Intrappolato in questa ennesima estate italiana, caldo, gente, telefoni e sorrisi. Capirci qualcosa, alle volte, è impossibile. Comprendere se stessi, alle volte, è impossibile. Non temere, non più di tanto almeno, l’incapacita’ a comprendere. O la capacità a non-comprendere. Crumbo
RispondiEliminaDato che viviamo in un mondo di cazzate spesso mi sembra che anche i discorsi migliori siano cazzate! Capita soltanto a me? Forse no. Mi pare che tutto, ma proprio tutto ormai, sia estremamente inflazionato. Noi umani in primis! Troppi, troppo intelligenti, troppo stupidi, troppo alti, troppo grassi, troppo ecologicizzati, troppo sporchi, troppo informati, troppo entusiasti. In questo troppo abnorme ogni cosa è di troppo, fagocitata dal troppo. Il tutto si perde nel troppo divenendo troppo. Faccio fatica a scorgere qualcosa che non sia già compresa nel troppo. Questo sentire poi in estate si amplifica, quando per svagarsi ci si mangia e suda addosso, senza conoscersi neppure. E non mi sembra manco d’esser nichilista o pessimista. Si tratta d’un sentire che sgorga spontaneo dal mio intimo essere. Da quella sorgente primigenia che fa di me un essere vivente senziente, cosciente e consapevole. Un uomo insomma, anch’esso di troppo. Crumbo
RispondiEliminaIl blog di Alceste non l'ho mai percepito come un sito di controinformazione,non informazioni geopolitiche,finanziarie ecc ecc..Sono più massaggi cardiaci,i suoi post possono anche ridare vita,durante la lettura,ad un elettroencefalogramma piatto,ma rompono le coste.
RispondiEliminaUna specie di diario dagli abissi,la chitarra elettrica tra i violini del Titanic.
Ise con i suoi commenti da cosi lontano e sempre cosi ben scritti,mi affascina.Continui a commentare se può.
Buon Ferragosto a tutti.
La bellezza sta dunque nel paradosso di sapersi perduti eppure nell'agire con tutte le proprie forze. Il volo del condannato sopra l'abisso, sapendo di avere ali di cera. Eppure tu stesso, se posso permettermi, non trovi più una speranza verso la quale buttarti. Non puoi avere fede; troppo disincantato, troppo lucido, troppo solo. Si può avere fede nei simboli, negli archetipi eterni; ma sai troppo bene quanto quest'epoca li ha oscurati, oggi c'è fede più che mai nei miracoli tecnico-scientifici, ognuno aspetta mansueto di poter fruire dell'ennesimo alambicco calato dall'alto, per cosa? Per poter vivere più comodo, per alienarsi sempre più da se stesso, per abdicare a ogni rigorosa coscienza interna... Per sfondare l'ennesimo vincolo imposto dalla natura, sperando nella redenzione finale: la vittoria sulla Falciatrice. Già basterebbe per qualificare questa "marcia verso la redenzione" (contro tutto ciò che è natura, anche e soprattutto in sé stessi) il fatto che nessuno sarebbe disposto a immolarsi, o anche a rischiare qualcosa per essa. Ora, se non è troppo confidenziale chiedertelo, cosa ti fa andare avanti? Perché, uno "avanti" come te non può proseguire solo per inerzia. Sí, esprimendo la tua amarezza crei bellezza. Eppure, ora che ogni canone è caduto, chi la può contemplare?
RispondiEliminaBuon ferragosto a tutti VOI: grazie di esistere e come Moretti ne la Messa è finita, vi amo, voi tutti che siete in questo bar !
RispondiEliminaGrazie Giuseppe!!
EliminaUn abbraccio
Grazie Giuseppe per il buon Ferragosto. Sono in vacanza anche se, mio malgrado, non ho mai amato le ferie estive. Oggi mi trovo a Piediluco, luogo dolcissimo che, pur essendo io d’origine umbra, non conoscevo. Buon Ferragosto a tutti voi e ad Alceste, sopraffino anfitrione intellettuale e morale. Crumbo
RispondiElimina“Divenire popolari: hic stat busillis”, non sono d’accordo. La credenza che la coscienza popolare possa portare ad un cambiamento sociale, la trovo ingenua, se non proprio sciocca (ovviamente non voglio offenderla). Così come il cedere che le masse abbiano la capacità di imporre la propria volontà e di forgiare il proprio destino. Cito il Gran Porco (Céline): “La massa non conta. È plastica, anonima, fa carne, peso di carne, tutto qui. La guerra, la vita lo dimostrano. La massa, la truppa non vale che solo attraverso i suoi quadri, i suoi capi. La truppa meglio inquadrata vince la guerra. È il segreto, il solo.”. In questi tempi di democrazia non si può non constatare come le masse acconsentano a ciò che viene loro imposto. I cambiamenti, quelli veri, avvengono solo per volontà di ristrettissime minoranze, che fanaticamente determinate impongono la loro visione (sociale, politica, economica, ecc.) al resto della massa. Il resto della popolazione rimane sul ciglio della strada a guardare cosa succede e poi ad applaudire il vincitore, qualunque esso sia. La massa oltre il mormorio, il brontolio, non va, non può andare. La massa può essere consenziente o in disaccordo, ma si adegua, non agisce. Quello che ci ha distrutti (come popolo, come cultura, come civiltà) sono stati Hollywood e youporn. Niente riesce a degradare, a svilire, a corrompere come il cinema e la pornografia. Sul resto la seguo a ruota. Saluti.
RispondiEliminaConcordo. La massa (di cui siamo parte a vario titolo) si adegua perche' il suo codice d'azione per default e' il conformismo; la sua barriera encefalica e' la prima ad essere penetrata senza opposizione da aspir-azioni imposte, indotte e propagandate dal vertice in maniera pervasiva. A livello ristretto, individuale o di piccole minoranze, tra gli ultimi e gli esclusi in partenza, forse c'e' piu' resistenza e una volonta' piu' indipendente. La solitudine (intesa come isolamento dai messaggi mass mediatici) sarebbe un'ottima barriera naturale, per questo resa sempre piu' difficile. Comunque la massa poi a livello individuale soffre terribilmente di queste imposizioni, per tal ragione esistono svariate pratiche anestetizzanti. Piu' aumentano le imposizioni e piu' potenti sono le pratiche di anestesia che stravolgono e soffocano la percezione della violenza in atto. Bisogna dimenticare sempre piu' se stessi per adeguarsi.
EliminaPer quanto riguarda Hollywood e youporn, gli invadenti mezzi di diffusione han dato l'accelerazione ai fenomeni a cui conformarsi.
Sento 12enni che alla domanda cosa vuoi fare da grande rispondono la youtuber! Quanto ci vorra' perche' la risposta sia la youporner? Diventera' un'aspirazione come tante?
Gia' numerosi personaggi di successo lo hanno nel curriculum. Fa parte del graduale esproprio del corpo (e anima) in atto ad esempio con le vaccinazioni rese prepotentemente obbligatorie; nessuno sara' piu' padrone del suo corpo che diventera' un bene pubblico fin nelle parti intime. Magari slittera' nel cerchio magico dei sacri diritti quello di fare un porno nella vita, una piacevole esperienza che non si puo' negare a nessuno. Poi inavvertitamente scivolera' nei doveri, obbligatorio averlo nel curriculum, piu' sei giovane e meglio e'...lo stesso iter del diritto alla salute, usato poi per imporre il dovere-obbligo di pratiche potenzialmente devastanti ma anesteticamente rassicuranti per il gregge.
Saluti,
Ise
Fitzcarraldo... Mentre noi discutiamo al bar del politicante inconcludente, gente più furba di noi mette il bottino al sicuro:
RispondiEliminahttps://www.cronacaqui.it/re-mida-nella-rete-della-finanza-i-baschi-verdi-intercettano-11-milioni-cinque-le-persone-denunciate/
Ed ora mettiamo il sigillo alla lettera: SE MI PUBBLICHI SEI UN CORNUTO.
È passato anche questo Ferragosto. Tranquillo ed arieggiato per chi è rimasto in città, affollato e caciarone per chi si è infilato nei formicai vacanzieri. A parte le “feriae Augusti” latine, fu la Chiesa, secoli fa, a istituire questa festa, che inizialmente cadeva il primo agosto, e poi fu spostata al 15 per farla coincidere con quella di Maria Assunta. In questo giorno l’Italia rurale celebrava la fine dei grandi raccolti e dei grandi lavori estivi, era una specie di “festa del ringraziamento” nel corso della quale i contadini andavano a porgere gli auguri ai padroni, ricevendone in cambio una mancia. In molti paesi e città (come a Siena) si correvano giostre e palii, si facevano solenni processioni, insomma, si festeggiava molto. Fu il Duce a incoraggiare un’altra usanza per questa data: la gita fuori porta, o anche oltre. Vennero istituiti treni speciali a forte sconto per i giorni 13, 14 e 15, coi quali molti nostri bisnonni poterono finalmente “vedere il mare”. Spero che questo timbro fascista rovini la festa agli ultras dell’antifascismo militante, e passo alla mia sensazione – uguale fin da giovane – di “Capodanno ferragostano”. Ho sempre sentito questa data come l’inizio di un nuovo anno. Molto più che al Capodanno vero. Anche per gli ebrei l’anno comincia a settembre, per motivi religiosi. I miei invece sono laici: ricomincia il lavoro dopo una pausa significativa (le ferie), ricomincia, dopo le lunghe vacanze, la scuola per un nuovo “anno scolastico” e l’Università per un nuovo “anno accademico”. Ricominciano i campionati sportivi. Ricominciano tante cose. È come se fosse davvero l’alba di un nuovo anno. E allora, buon anno a tutti.
RispondiEliminaManlio
Spero che stiate avendo felici Feriae Augusti, incuranti dei rimaneggiamenti politici.
RispondiEliminaSembra che tutti vogliano liberarsi della patata bollente del governo italiano sempre sull'orlo di una crisi di nervi; strappato tanto tempo fa ai leggittimi genitori e dato in affido qua e la', principalmente alla casa famiglia PeDerastra e Pentastellare. Come un bel girotondo in stile Fellini, pure l'omo di Arcore potrebbe rientrare nel cerchio magico a prendere per mano tutti gli altri per sostenerli. A tal punto Alceste non potra' esimersi dall'e-leggerlo haha.
Io continuero' ad e-leggere Alceste il blog. Oggi cade pure la ricorrenza dei 365 giorni che lo seguo. Di questi tempi, l'anno scorso feci i primi commenti sul crollo del ponte Morandi. Ad oggi, nulla di nuovo sotto il sole sempre piu' cocente per il riscaldamento causato dai peti umani e bovini.
Almeno qui, molto seriamente, si e' celebrato l'o-bon. Il saluto agli antenati, la preghiera per loro e il loro riposo nella pace eterna. Questa e'una cosa che mi piace molto: il rispetto sacro per gli antenati. Ho affidato mio figlio agli anziani del villaggio. Lo volevano per suonare il flauto (di bambu', fatto a mano dal maestro) casa per casa in onore agli antenati. In cambio gli hanno offerto l'iniziazione finale. Suonare tre giorni per 8 ore di seguito fino a notte fonda. Tutto sudato, il primo giorno mi disse di sentirsi male e ando' a vomitare poco prima del rito di presentazione di se stesso alla comunita' degli anziani.
Poi non ho potuto assistere alle sue peripezie fino alle 3 di notte e l'ultimo giorno tutta la notte fino al mattino.
Mi ha solo confessato che gli hanno fatto bere il sake'. Un sake' speciale usato solo in tale occasione. Essendo lui contrario all'alcool ed essendo la sua prima volta, mi ha detto che se lo e' tenuto in bocca, all' inizio ha dovuto fingere di suonare il flauto perche' aveva la bocca piena di sake' che gli bruciava il palato e ogni tanto penetrava nella gola bruciandogli la cavita'. Fortunatamente poi e' riuscito a sputarlo! Lui crede che nessuno se ne sia accorto, secondo me invece han capito tutto e si son fatti quattro risate alle sue spalle.
Saluti a tutti,
Ise
Un' interessante articolo su
RispondiEliminaLittle Italy:
http://reportage.corriere.it/esteri/2015/la-nuova-little-italy-di-new-york/
Laura
Alceste ma che davero davero? Non sarà sul serio l'ultimo post, porcaccia la miseriaccia!
RispondiEliminaL'affezionato Crumbo.
Sembra un thriller..qualcuno è ancora in vita?
RispondiEliminaToc toc, c'e' nessuno?
RispondiEliminaAlohaaa! C'e' ancora qualche italiano o siete tutti emigrati?
Della Luna ha rinnovato il suo invito e pare che pure un capo tribu' africano abbia detto: "via dall'Italia gli italiani che non ci vogliono". Allora, vi decidete ad andarvene si o no?
Leggevo dal Pedante alcune delle motivazioni con cui i figli venivano strappati alle famiglie a Bibbia-no: 'inadeguatezza educativa', 'indigenza', 'conflittualità tra i coniugi', 'disordine domestico', 'ipostimolazione dei figli', 'immaturità dei genitori'...ma anche tante tante prese per i fondelli!
Insomma, le stesse patologie del governo italiano e della famiglia di Montecitorio nei confronti dei suoi figlioletti; noi e i nostri figli strappati all'Italia per gli stessi motivi.
Qui abbiamo un po' di spazio, si puo' fare una little (by) little (out of) Italy.
Per non guastare la convivenza pero' occorrono i seguenti requisiti: 1. Saper parlare l'italiano, in particolare saper dire 'grazie', 'scusi', e 'per cortesia', conoscendo il significato e l'applicazione di queste 3 parole. 2. Non essere tatuati. Qui solo i mafiosi sono tatuati, non vorrei che passassimo di nuovo per esportatori di mafia, cicli e ricicli. I 4 o 5 italiani che soddisfano i requisiti sono benvenuti.
Au revoir!
Ise
Non amo intromettermi nelle scelte e nelle vicende personali altrui...spero che il nostro gentile ospite si stia godendo un bel periodo di cose belle, anche se temo che questo prolungato silenzio possa essere collegato a quei velati riferimenti a problemi di salute di qualche articolo precedente.
RispondiEliminaIn ogni caso mi voglio unire all' appello...questo spazio è raro e prezioso, per la ricchezza degli argomenti proposti e dei commenti dei lettori.
Spero di ritrovarla quanto prima gentile Alceste, nel mentre un caro saluto
Gentile Marco,
EliminaTi ringrazio per aver dato alternative possibili ragioni per l'assenza di Alceste.
Pensavo scioccamente fosse dovuta solo a un meritato riposo e pausa estiva lontano dal nostro chiacchiericcio, ma ora che me lo fai notare, tutto e' possibile.
Un caro saluto,
Ise
Caro Alceste,
RispondiEliminaIn attesa del tuo ritorno in forma a qualsiasi livello, non obbligatoriamente su questo spazio, vorrei ringraziarti per aver donato la tua profondita' di pensiero a tutti tramite il tuo blog ed avermi regalato il piacere di leggere i tuoi scritti unici e di interagire con i tuoi commentatori, in modi e forme distanti dalle shallow conversations che ormai
dominano questa shallow and hollow reality.
Ti manderei l'ultimo samurai per sostegno morale all'ultimo italiano, ma e' che non lo trovo. Ho appeso AAA Cercasi… in tutta la campagna nipponica, che le citta' ormai sono abitate quasi solo da androidi, vediamo se qualcuno si fa vivo.
Sappi comunque che hai stima incondizionata da parte mia, se mai potessi essere utile in qualche modo, non esitare a chiedere, non e' retorica.
Un consiglio non richiesto: eliminare quella bevanda al gusto di caffe' ormai chimica e sostituirla magari con questa iniezione di adrenalina naturale:
https://youtu.be/_M4K5wk9DCM
A splash of sea wave...come la nostra presenza in questa shallow dimension, pur sempre con un suo significato tutt'altro che shallow.
Un caro saluto,
Ise
https://youtu.be/7GBXFArmLNU
RispondiEliminaLa verita' e' per le menti sopraffine. Qual'e' il confine tra menti "standard", menti da schiavi e menti sublimi? Cio' non mi interessa anche perche' e' ben evidente! Mazzucco sullo sbarco lunare (per me) non la racconta giusta, cioe' racconta una "mezza verita'": per nascondere la verita' indicibile o non accettabile dal mondo, forse neanche da se stesso? Le bugie e le mezze bugie si autoalimentano, come l'eco, e diventano verita', mezze verita', verita' presunte ecc. La guerra e il duello mortale non so cosa siano, nel senso che non li ho mai sperimentati di persona. In natura tutti gli animali combattono mortalmente e si divorano gagliardamente: tutto il creato e' una giostra, di mascite di meraviglie biologiche, di morti violente e di pasti cannibali (carne cruda perche' ancora viva, viscere piene di merda incluse). I licaoni e le iene attaccano le loro prede al ventre, ne divorano a morsi le viscere con la preda ancora viva, a meta'. Come i sottomessi umani, umani a meta', sbranati nella loro mente dai carnivori umani (i dominatori), a loro volta un giorno sbranati, ingoiati, sminuzzati, digeriti, defecati: humus ecc., come tutti un giorno! La natura e' spietata: e' satanica? E' divina? Io mi alleno (quando posso) nella eventualita' che la guerra o il duello mortale o una iena incrocino la mia strada! Si: ogni buona strategia risparmia energie. Nulla di troppo. Prudenza e coraggio fusi assieme. Ulisse: il perfetto guerriero. La strategua migliore e' l'inganno. Ulisse ce lo ricorda. In guerra non si fanno prigionieri. A che serve la guerra? Per comandare! A che serve il comando? Per decidere chi avra': cibo, risorse, femmine migliori, ed il diritto alla vita, ovvero alla riproduzione. Perche' chi comanda ha il potere di vita o di morte sul comandato, e questo da sempre! Per la conquista del Potere (per la vittoria) tutto e' lecito, e l'inganno da azione riprovevole diventa Arte: l'inganno come Arte sopraffina per vincere. Meglio essere vivi ed ingannati o morti?
L'inganno, la bugia, sono intimamente legati a questo mondo, cioe' al mondo dei (provvisoriamente) vivi. I vivi, i poveracci ma anche i ricchi, accettano inconsciamente l'inganno come obolo per la sopravvivenza verso chi (sempre nell'ombra) realmente comanda. La politica, scampolo apparentemente incruento della guerra, segue le logiche di quest'ultima. La politica e' inganno perche' il popolo ha il terrore della verita', sinonimo di morte violenta. Va sans dire che la "democrazia" e' l'inganno degli inganni, allegramente scambiato come le banconote del Monopoli da intellettuali e non senza denti. Pero', senza verita' la vita non ha senso. La battaglia, quella vera, e' sempre stata questa: verita' contro menzogna. Coraggio contro codardia.
Uguccione da Predappio, podesta' di se stesso.
In fondo capisco Alceste. Anche io credo di essere caduto in quell’agrodolce, apatica, distaccata disperazione di cui parla il buon Leopardi.
RispondiElimina“Quella disperazione placida, tranquilla, rassegnata, colla quale l’uomo, perduta ogni speranza di felicità, o in genere per la condizione umana, o in particolare per le circostanze sue; tuttavolta si piega, e si adatta a vivere e a tollerare il tempo e gli anni; cedendo alla necessità riconosciuta; questa disperazione, sebbene deriva dalla prima, in quel modo che ho spiegato di sopra p.616. fine, 617. principio, tuttavia non è quasi propria se non della ragione e della filosofia, e quindi specialmente e singolarmente propria de’ tempi moderni. Ed ora infatti, si può dir che qualunque ha [619]un certo grado d’ingegno e di sentimento, fatta che ha l’esperienza del mondo, e in particolare poi tutti quelli ch’essendo tali, e giunti a un’età matura, sono sventurati; cadono e rimangono sino alla morte in questo stato di tranquilla disperazione. Stato quasi del tutto sconosciuto agli antichi, ed anche oggi alla gioventù sensibile, magnanima, e sventurata. Conseguenza della prima disperazione è l’odio di se stesso, (perchè resta ancora all’uomo tanta forza di amor proprio, da potersi odiare) ma cura e stima delle cose. Della seconda, la noncuranza e il disprezzo e l’indifferenza verso le cose; verso se stesso un certo languido amore (perchè l’uomo non ha più tanto amor proprio da aver forza di odiarsi) che somiglia alla noncuranza, ma pure amore, tale però che non porta l’uomo ad angustiarsi, addolorarsi, sentir compassione delle proprie sventure, e molto meno a sforzarsi, ed intraprender nulla per se, considerando le cose come indifferenti, ed avendo quasi perduto il tatto e il senso dell’animo, e coperta di un callo tutta la facoltà sensitiva, desiderativa ec. insomma le passioni e gli affetti d’ogni sorta; e quasi perduta per lungo uso, e forte e lunga pressione, quasi tutta l’elasticità delle [620]molle e forze dell’anima. Ordinariamente la maggior cura di questi tali è di conservare lo stato presente, di tenere una vita metodica, e di nulla mutare o innovare, non già per indole pusillanime o inerte, che anzi ella sarà stata tutto l’opposto, ma per una timidità derivata dall’esperienza delle sciagure, la quale porta l’uomo a temere di perdere a causa delle novità, quel tal quale riposo o quiete o sonno, in cui dopo lunghi combattimenti e resistenze, l’animo suo finalmente s’è addormentato e raccolto, e quasi accovacciato. Il mondo è pieno oggidì di disperati di questa seconda sorta (come fra gli antichi erano frequentissimi quelli della prima specie). Quindi si può facilmente vedere quanto debba guadagnare l’attività, la varietà, la mobilità, la vita di questo mondo; quando tutti, si può dire, i migliori animi, giunti a una certa maturità, divengono incapaci di azione, ed inutili a se medesimi, e agli altri.”
Saluti.
Alceste.....torna, non possiamo stare tanto tempo senza i tuoi articoli !
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