Moravagine
L'era della didattica a distanza (sociale)
L'ineffabile Lucia Azzolina, già insegnante precaria,
sindacalista ANIEF (1), preside abilitata e sottosegretario, nonché sosia di Sabina
Guzzanti, s'è trovata a ricoprire, dal 10 gennaio di quest'anno e per evidente
mancanza di concorrenti, il posto ch'era stato del “ribelle” Lorenzo Fioramonti
al ministero dell'istruzione.In tale veste, è stata costretta a prestare la sua
faccia, con quell'espressione un po' così, alle disposizioni del governo Conte
sulla scuola; fra queste, il dpcm del 4 marzo scorso, quello che ha istituito
la “didattica a distanza”.
Da allora, tutte le scuole italiane si son dovute
attrezzare per quelle che, volgarmente, vengono definite “videolezioni”.
Le videolezioni funzionano così: il docente si collega all'ora convenuta sulla piattaforma “adottata” dalla sua scuola (Google Suite for Education la più diffusa) ed a ruota lo seguono i discenti, ai quali pochi minuti prima è stato fornito un link di accesso “riservato”.
Il prof di turno fa dunque “lezione” ad una ventina di figurine rettangolari, fra problemi di connessione, stillicidio di giga e condivisioni involontarie di intimità casalinghe.
Il classismo della didattica a distanza si è immediatamente mostrato in tutto il suo fulgore: solo gli studenti con cameretta privata e pc personale potevano decentemente seguire le lezioni; gli altri dovevano contendere spazi, giga e dispositivi ad altri fratelli telestudenti ed al parentame segregato in cerca di passatempi virtuali.
Abbandonati al loro destino cinico e baro son stati poi i tanti alunni disabili e gli stranieri non alfabetizzati.
Da subito, quindi, vi è stato un altissimo assenteismo da parte degli studenti, supportato anche dalla diffusa attuazione di tattiche di sopravvivenza: fra le più praticate, quella di scollegare la telecamera facendosi in santa pace i fatti propri oppure quella, più raffinata, di sostituire alla propria immagine ripresa “in diretta” un filmato preregistrato in cui si simula attenzione.
Non han poi tardato a manifestarsi quelle dinamiche relazionali tipiche della scuola di oggi, fra le quali il grande babau dalle tasche piene d'ipocrisia: il “bullismo”, fenomeno non solo tollerato, ma di fatto incoraggiato e promosso al sempiterno grido di “Nessuno tocchi Caino!”.
Ai vari cagnolini sciolti del bullismo fai-da-te si sono presto affiancate orde di teppisti digitali organizzati: su Telegram hanno preso corpo diversi gruppi attivi nel sabotaggio sistematico delle videolezioni; inserendo il link degli incontri didattici su questi canali si permetteva l'accesso ad estranei che intralciavano la lezione con bestemmie, ingiurie, inserti pornografici (2).
Le videolezioni funzionano così: il docente si collega all'ora convenuta sulla piattaforma “adottata” dalla sua scuola (Google Suite for Education la più diffusa) ed a ruota lo seguono i discenti, ai quali pochi minuti prima è stato fornito un link di accesso “riservato”.
Il prof di turno fa dunque “lezione” ad una ventina di figurine rettangolari, fra problemi di connessione, stillicidio di giga e condivisioni involontarie di intimità casalinghe.
Il classismo della didattica a distanza si è immediatamente mostrato in tutto il suo fulgore: solo gli studenti con cameretta privata e pc personale potevano decentemente seguire le lezioni; gli altri dovevano contendere spazi, giga e dispositivi ad altri fratelli telestudenti ed al parentame segregato in cerca di passatempi virtuali.
Abbandonati al loro destino cinico e baro son stati poi i tanti alunni disabili e gli stranieri non alfabetizzati.
Da subito, quindi, vi è stato un altissimo assenteismo da parte degli studenti, supportato anche dalla diffusa attuazione di tattiche di sopravvivenza: fra le più praticate, quella di scollegare la telecamera facendosi in santa pace i fatti propri oppure quella, più raffinata, di sostituire alla propria immagine ripresa “in diretta” un filmato preregistrato in cui si simula attenzione.
Non han poi tardato a manifestarsi quelle dinamiche relazionali tipiche della scuola di oggi, fra le quali il grande babau dalle tasche piene d'ipocrisia: il “bullismo”, fenomeno non solo tollerato, ma di fatto incoraggiato e promosso al sempiterno grido di “Nessuno tocchi Caino!”.
Ai vari cagnolini sciolti del bullismo fai-da-te si sono presto affiancate orde di teppisti digitali organizzati: su Telegram hanno preso corpo diversi gruppi attivi nel sabotaggio sistematico delle videolezioni; inserendo il link degli incontri didattici su questi canali si permetteva l'accesso ad estranei che intralciavano la lezione con bestemmie, ingiurie, inserti pornografici (2).