Roma, 26 agosto 2018
Un profluvio di interpretazioni ha allagato il meschino mondo dell’informazione italiana a proposito del crollo del ponte Morandi.
Tecniche. Economiche. Complottistiche.
Retroscena, fatti, invenzioni, dati di ogni risma, spesso incongrui.
Il Poliscriba ne ha parlato in un post agostano, con una sensatezza a cui va la mia riconoscenza di lettore.
Non ambisco a portare al dibattito, ormai permanente, l'ennesima interpretazione, incapace come sono di elevarmi a certe altezze, ingegnosamente ingegneristiche, fra stralli, piloni e trazioni; né di tuffarmi nel pelago delle supposizioni geopolitiche, che amo scansare come la peste; né, al contempo, di schierarmi politicamente come se il cemento precompresso fosse occasione di sfida tra fazioni (per tacere dei ciangottamenti su "Gronda sì e no").
Ciò che penso ha, quasi sempre, la debole forza di un’indicazione - non altro! - e il pregio, spero, di una prospettiva inconsueta; inconsueta, infatti, rara, erratica, perfino bislacca fu la mia formazione: gli andirivieni, a volte vani, presso alcuni sentieri della conoscenza; gli arretramenti da alcuni vicoli ciechi; i colpi di roncola a macchie e foreste, lussureggianti, ma sterili, inferti per ritrovare il giusto passo verso strade più battute e vive; la contemplazione di paesaggi abbaglianti e sterminati, troppo vasti per l’esplorazione di una vita, e, perciò, solo intuiti nelle loro abbacinanti estensioni; la scoperta di radure amene, conchiuse e godute nella loro interezza; l’inaspettata scoperta di mirabili vestigia, che si è lungamente sfiorate, senza riconoscerle, perché disattenti, o ingannati dal fogliame prezioso che le ricopriva o solo perché il nostro animo doveva subire rovesci, umiliazioni e repentini innalzamenti prima di comprendere a pieno quel miracolo, spesso un miracolo di ovvietà; gli itinerari spirituali che si credeva ascendenti e invece eran solo dilavamenti progressivi dell’eccesso, come nella celeberrima leggenda persiana ove stormi di uccelli vanno in cerca del Simurg, vengono falcidiati, e i superstiti, appena trenta, sono il Simurg - tutto questo universo, irrealizzato e mutilo, costituisce la forza di uno sguardo “inconsueto”.
Ciò che rileva nella tragedia di Genova, pur a un occhio disattento, è la bruttezza.
Tutto lì è brutto: le case, i magazzini, il fiumiciattolo, la vegetazione; tutto è disarmonico, raffazzonato, dozzinale, sciatto, malato; forse è proprio il ponte a vantare una certa eleganza strutturale, pur nella presunta fragilità della concezione.
E il brutto - l’ho imparato a conoscere - è sempre, inequivocabilmente, il transeunte, il deprimente, il malfunzionante, lo straniante, ciò che mai rasserena e induce, perciò, alla malattia dello spirito.
Ci si illude, quasi sempre, sulla potenza dell’arte pittorica quale forma. In parte è così. Solo in parte, tuttavia. È, invece, la nobiltà dei materiali, la cui lavorazione è distillata dalla tradizione di antiche botteghe, a innervare quella potenza.
Solo l’eccellenza dei materiali definisce la bellezza, così come le tecniche tramandate di maestro in allievo.
Fondi, leganti, pigmenti, trementine, olii, tempere, raschiature, sfregazzi, pennelli di martora, velature, vernice di finitura, terre: l’artista è necessariamente artigiano, impossibile che non lo sia. Egli conosce la materia e sa, indefettibilmente, che all’arte convengono esclusivamente materiali eminenti. Il rosso vivo della casa di Augusto nel Foro di Roma, un minio quasi accecante, resiste dopo millenni poiché la manovalanza che il primo imperatore assoldava dai domini alessandrini o mediorientali poteva disporre del meglio.
Il minio di prima scelta o la perizia del pittore egiziano sono i garanti di ciò che possiamo ammirare ancor oggi.
Tiziano, davanti a cui Carlo V si umiliò inchinandosi a raccogliere un pennello che era sfuggito di mano al Cadorino, dipingeva dei quadri e poi se ne dimenticava; li riprendeva dopo mesi quando il primo strato era ben essiccato e vi apprestava altre stesure: cinque, otto, venti! Il colore pristino risplendeva sotto le nuove velature sino a creare un effetto di quasi tridimensionalità. La lentezza della creazione, le accortezze, la delega ai collaboratori delle operazioni di preparaziona delle tele, delle tavole, dei fondi, della macinazione dei colori: il genio rilevava quale depositario d’una pratica secolare che ambiva al bello senza nemmeno rendersene conto: Tiziano, come Leonardo, fu davvero il talento individuale capace di fiorire nel solco della tradizione. Spezzata la tradizione si interrompe il filo della linea della bellezza: l’eterno precipita nell’oscuro, nell’indeciso, nel capriccio goffo, nella provocazione idiota, pervertita. Oggetti da dozzina entrano nel regno del bello, vi si sostituiscono: una scatola di cornflakes è, ora, arte.
Un vecchio amico di Leonardo, Pietro Perugino, accompagna un ventenne Raffaello presso il laboratorio artistico e scientifico del Maestro; in un cantuccio del vastissimo ambiente si trova un cavalletto che sostiene una piccola tavola dipinta: la Monna Lisa. Leonardo e il Perugino, intanto, discorrono fra loro: la tecnica, le commissioni, gli studi leonardeschi sul volo; consigli, scambi di esperienze: una conversazione di lavoro; le loro voci echeggiano sonore sotto le ampie volte. Raffaello non li segue; in silenzio, s'apparta. Ora è davanti al quadro, in tacita contemplazione. Il Perugino, scossosi dai conversari con Leonardo, si accorge, alfine, del giovane, sempre immoto e assorto: "Oh Raffaello, cosa fai?". Raffaello si stacca lentamente dal dipinto, poi fissa Leonardo, sempre in silenzio: le lacrime gli rigano il volto. Perugino comprende il momento, mette una mano rassicurante sulla spalla del giovane allievo e gli sussurra paternamente, come a un bambino: "Sei contento? Ora l'hai vista. Andiamo". E lo reca via dolcemente, nel tumulto delle strade cittadine.
Leonardo portò la propria Monna Lisa in viaggio per anni; la ritoccava continuamente; i primi strati, colori freddi e caldi, ben ripartiti, venivano continuamente sollecitati dalle nuove stesure; la sovrapposizione creava quell’effetto indefinibile di misterioso sfumato.
Per tale motivo nessuna riproduzione della Monna Lisa, pur iperrealista e definita sin all’ennesimo pixel, potrà mai eguagliare quel volto. La Monna Lisa, infatti, è ineguagliabile.
Ciò che è bello è ritenuto tale poiché rende piacevole, dolce, armonica la vita dell’uomo e la illude dell’eternità.
Ciò che è bello, il canone del bello occidentale e universale, si è formato in tal senso, e non in un altro, attraverso rivoli fiumi e ruscelletti innumerevoli, poiché congiura a tale fine.
Rinunciare a questo apre la via alla dissoluzione.
Tale anamnesi rende chiaro poiché dietro il bello si nasconde necessariamente ciò che non teme l’ingiuria del tempo, ma che, anzi, riceve dalla disfatta degli anni una patina ancor più magnificente: l’oro, il bronzo, la cera da encausto, la pietra, l’avorio, l’ebano, il tiglio della tavola leonardesca, un castello merlato, un affresco. La craquelure, le sbrecciature, gli ingiallimenti sono i segni d’un ostinazione inamovibile contro l’eterna notte: non dei, ma simili a dei sono i manufatti del genio.
I colori che enumera Plinio, ricercati e costosissimi, sono una incredibile Wunderkammer a cui concorrono le terre dell’universo mondo: armenio, terra di Sinope, bianco paretonio, terra di Melo, terra di Eretria, siriaco, ceruleo egiziano, verde di Verona, sil atticum, sil lucidum Galliae. Centinaia di schiavi morirono a contatto col mercurio e con l’arsenico di quei pigmenti; migliaia di mercanti e trafficoni furono coinvolti nel loro trasporto; tutto questo solo perché alcune immagini e fondi potessero concretarsi in una parete palatina predisposta, da allora, all’inganno dell’eternità.
Ogni artista poteva affermare l’unica verità che rende l’esistenza tollerabile: “Exegi monumentum aere perennius”.
I colori che enumera Plinio, ricercati e costosissimi, sono una incredibile Wunderkammer a cui concorrono le terre dell’universo mondo: armenio, terra di Sinope, bianco paretonio, terra di Melo, terra di Eretria, siriaco, ceruleo egiziano, verde di Verona, sil atticum, sil lucidum Galliae. Centinaia di schiavi morirono a contatto col mercurio e con l’arsenico di quei pigmenti; migliaia di mercanti e trafficoni furono coinvolti nel loro trasporto; tutto questo solo perché alcune immagini e fondi potessero concretarsi in una parete palatina predisposta, da allora, all’inganno dell’eternità.
Ogni artista poteva affermare l’unica verità che rende l’esistenza tollerabile: “Exegi monumentum aere perennius”.
La bellezza è relativa? Questa barzelletta la si ripete solo per giustificare gli scempi e qualche tesi di dottorato condotta da satolli cattedratici seriali. Ogni europeo, e non solo, può ben affermare che la Monna Lisa è assoluta. Chi non la comprende non reca, infatti una opinione diversa: è solo un individuo perduto, tagliato fuori dal passato, dalla tradizione, da ogni apprezzamento profondo: un turista in ciabatte in un mondo fattosi alieno che affretta sé stesso alla catastrofe.
Il pugilatore al Palazzo Massimo di Roma: un bronzo perfetto nel suo realismo, un capolavoro della fusione a cera persa, una tecnica raffinata e aleatoria. Perché tanto industriarsi, ci interroghiamo, perché questo accanirsi feroce, minuzioso: solo per arrivare a una statua? No. Quel pugilatore riassume le esistenze di chi lo precedette, di chi lo forgiò e di chi lo ammirò nei secoli. Le sue orbite vuote, commosse d'una virile sofferenza, placano le nostre angosce; egli si fa amico, sussurra di una esistenza degna di essere vissuta: in tal modo testimonia un passato (ci fu un passato, allora!) e, soprattutto, la speranza in un futuro che quel passato riproduca: in un ciclo mitico eterno, aere perennius. Il pugilatore naturalmente è bello, nessuno può affermare il contrario: nelle ferite, nei muscoli di quell’anonimo lottatore vive il bronzo, la terracotta, la cera e la perizia geniale: il bello, ancora una volta, guarisce e si rende garante di una persistenza: l’uomo riconosce sé stesso, la propria comunità: siamo noi quelle ferite, quei muscoli e quelle mani, quel torso.
Pasolini vede la forma perfetta dell’antica Orte distrutta dall’erezione di un incongruo blocco di case popolari. Il brutto irrompe, ecco la moda passeggera, il volatile, l’utilitarismo angloamericano; la dozzina inizia la disgregazione delle delicate intelaiature italiane. La disarmonia di quell’atto criminale debilita gli anticorpi del paese: ciò che era durevole ora è insidiato dalla fatiscenza. Volte secolari crollano, i canali si intasano, gli affreschi cedono all’umidità, gli uomini stessi, sviati dalla mediocrità demoniaca, si ammalano.
Il brutto, infatti, reca il malessere, l’insoddisfazione, la banalità soffocante, la polvere del disfacimento. Uomini che vivono sotto tali cieli sono destinati a subdolamente impazzire o snervarsi.
Ce lo ricorda Carlo Emilio Gadda in Libello, saggetto tratto dal suo libro più trascurato, seppur memorabile, Le meraviglie d’Italia:
“Credo fermamente (non ci vuol molto) che lo squallore e la sciatteria di un ambiente siano motivi di depressione fisica-morale-intellettuale, (secondo il tripartire dei pedagogisti) e però nemici altrettanto dell’anima che dell’intestino, dello spirito che dei rognoni … e credo che le cosiddette malattie da carenza o da avitaminosi le si abbino a lamentare anche nel regno dello spirito: la gialla pellagra, lo scorbuto, il beri-beri dello spirito: allorché si persiste a guardare lo squallore, a vivere tra i segni dell’abbandono. Lo spirito morde le cose, che in lui solo vivono, come il buon letame la terra”.
Lo stesso vale per la fotografia, un elettrodomestico, un'automobile, un giocattolo o un libro.
Il libro, l’oggetto culturale per eccellenza, scade dalla venerazione, che assurse sin al feticismo, a puro contenitore di parole.
Lo ripeto: le cuciture, l’impaginatura, i caratteri, le copertine rigide, la grammatura, le costolature, rendevano il libro “bello”, vero esaltatore della parola, durevole nei secoli e degno, perciò, di essere letto.
Rinunciare al “bello” equivale, in un sol colpo, a distruggere la lettura, la bibliofilia, le librerie e le biblioteche.
Entrate in un bookstore, oggi: gli scaffali rigurgitano di ponti crollati.
Il Macbeth letto in edizione economica non è più il Macbeth; perde interesse e vigore, le pagine si accartocciano sotto le nostre dita, alcune metafore ci sembrano noiose; la peste del dozzinale e del transeunte si propaga a Duncan e Banquo. Shakespeare si derubrica, per colpa di quell’ammasso di carta da poco, a un tonitruante manierista elisabettiano.
Non si può che rimanere incantati davanti alle vetrine di giocattoli della Düsseldorf del 1930: nel film omonimo di Fritz Lang, l’assassino M lì reca le sue piccole vittime. Vedere per credere.
Il pugilatore al Palazzo Massimo di Roma: un bronzo perfetto nel suo realismo, un capolavoro della fusione a cera persa, una tecnica raffinata e aleatoria. Perché tanto industriarsi, ci interroghiamo, perché questo accanirsi feroce, minuzioso: solo per arrivare a una statua? No. Quel pugilatore riassume le esistenze di chi lo precedette, di chi lo forgiò e di chi lo ammirò nei secoli. Le sue orbite vuote, commosse d'una virile sofferenza, placano le nostre angosce; egli si fa amico, sussurra di una esistenza degna di essere vissuta: in tal modo testimonia un passato (ci fu un passato, allora!) e, soprattutto, la speranza in un futuro che quel passato riproduca: in un ciclo mitico eterno, aere perennius. Il pugilatore naturalmente è bello, nessuno può affermare il contrario: nelle ferite, nei muscoli di quell’anonimo lottatore vive il bronzo, la terracotta, la cera e la perizia geniale: il bello, ancora una volta, guarisce e si rende garante di una persistenza: l’uomo riconosce sé stesso, la propria comunità: siamo noi quelle ferite, quei muscoli e quelle mani, quel torso.
Pasolini vede la forma perfetta dell’antica Orte distrutta dall’erezione di un incongruo blocco di case popolari. Il brutto irrompe, ecco la moda passeggera, il volatile, l’utilitarismo angloamericano; la dozzina inizia la disgregazione delle delicate intelaiature italiane. La disarmonia di quell’atto criminale debilita gli anticorpi del paese: ciò che era durevole ora è insidiato dalla fatiscenza. Volte secolari crollano, i canali si intasano, gli affreschi cedono all’umidità, gli uomini stessi, sviati dalla mediocrità demoniaca, si ammalano.
Il brutto, infatti, reca il malessere, l’insoddisfazione, la banalità soffocante, la polvere del disfacimento. Uomini che vivono sotto tali cieli sono destinati a subdolamente impazzire o snervarsi.
Ce lo ricorda Carlo Emilio Gadda in Libello, saggetto tratto dal suo libro più trascurato, seppur memorabile, Le meraviglie d’Italia:
“Credo fermamente (non ci vuol molto) che lo squallore e la sciatteria di un ambiente siano motivi di depressione fisica-morale-intellettuale, (secondo il tripartire dei pedagogisti) e però nemici altrettanto dell’anima che dell’intestino, dello spirito che dei rognoni … e credo che le cosiddette malattie da carenza o da avitaminosi le si abbino a lamentare anche nel regno dello spirito: la gialla pellagra, lo scorbuto, il beri-beri dello spirito: allorché si persiste a guardare lo squallore, a vivere tra i segni dell’abbandono. Lo spirito morde le cose, che in lui solo vivono, come il buon letame la terra”.
Lo stesso vale per la fotografia, un elettrodomestico, un'automobile, un giocattolo o un libro.
Il libro, l’oggetto culturale per eccellenza, scade dalla venerazione, che assurse sin al feticismo, a puro contenitore di parole.
Lo ripeto: le cuciture, l’impaginatura, i caratteri, le copertine rigide, la grammatura, le costolature, rendevano il libro “bello”, vero esaltatore della parola, durevole nei secoli e degno, perciò, di essere letto.
Rinunciare al “bello” equivale, in un sol colpo, a distruggere la lettura, la bibliofilia, le librerie e le biblioteche.
Entrate in un bookstore, oggi: gli scaffali rigurgitano di ponti crollati.
Il Macbeth letto in edizione economica non è più il Macbeth; perde interesse e vigore, le pagine si accartocciano sotto le nostre dita, alcune metafore ci sembrano noiose; la peste del dozzinale e del transeunte si propaga a Duncan e Banquo. Shakespeare si derubrica, per colpa di quell’ammasso di carta da poco, a un tonitruante manierista elisabettiano.
Non si può che rimanere incantati davanti alle vetrine di giocattoli della Düsseldorf del 1930: nel film omonimo di Fritz Lang, l’assassino M lì reca le sue piccole vittime. Vedere per credere.
Erano altri tempi, tuttavia, e le guerre decisive dovevano ancora combattersi. Per essere perdute, definitivamente.
Ancora Gadda (scrive nel 1959) in La casa si trasforma: “La nostra casa, oggi, non è più quella di trent’anni fa … Questi ultimi decenni hanno rivoluzionato la tecnica edilizia … Alla rivoluzione che chiamerò inevitabile, quella che stringenti motivi tecnici ed economici hanno imposto, s’è accompagnata la rivoluzione che chiamerò inutile o addirittura balorda … Buttando a mare come insopportabile zavorra tutta la esperienza edile e tutta l’arte (nel senso toscano di perizia: e di mestiere) e tutta la capacità d’intendere e di eseguire le cose ce fu avvedutezza e acuità mentale del passato, abbiamo a volte creduto di potere disconoscere l’ordine del mondo e dei secoli e riprincipiare da capo … mentre [la maggior parte] delle ragioni e dei motivi fisici del mondo sono rimasti gli stessi: gravità, clima, sole, neve, pioggia, vento, scarichi di fogna, acqua potabile, zanzare, tifo, bronchite, catarro, gravidanza, silenzio …”
Ancora Gadda (scrive nel 1959) in La casa si trasforma: “La nostra casa, oggi, non è più quella di trent’anni fa … Questi ultimi decenni hanno rivoluzionato la tecnica edilizia … Alla rivoluzione che chiamerò inevitabile, quella che stringenti motivi tecnici ed economici hanno imposto, s’è accompagnata la rivoluzione che chiamerò inutile o addirittura balorda … Buttando a mare come insopportabile zavorra tutta la esperienza edile e tutta l’arte (nel senso toscano di perizia: e di mestiere) e tutta la capacità d’intendere e di eseguire le cose ce fu avvedutezza e acuità mentale del passato, abbiamo a volte creduto di potere disconoscere l’ordine del mondo e dei secoli e riprincipiare da capo … mentre [la maggior parte] delle ragioni e dei motivi fisici del mondo sono rimasti gli stessi: gravità, clima, sole, neve, pioggia, vento, scarichi di fogna, acqua potabile, zanzare, tifo, bronchite, catarro, gravidanza, silenzio …”
Il misantropo di Milano concede, in virtù d’un residuale illuminismo scientista, assai meneghino, qualcosa di positivo alla rivoluzione del calcestruzzo armato, dei muri di mattoni vuoti con armature di ferrocemento, alla eliminazione dei tegoli in cotto e dell’ardesia dai tetti; salvo concludere, sconsolatamente: “Il carattere sintattico-unitario della struttura, purché i carichi sulle palificazioni siano distribuiti a dovere, e le opere siano eseguite con onestà e scrupolo tecnico, diminuisce, a parità di resistenza il costo complessivo dell’edificio … ma lo scrupolo non sempre sussiste ed agisce, come la cronaca del rovinìo de’ cementi può dimostrare d’anno in anno”.
La cronaca del rovinìo dei cementi. Nel 1959.
Perché i Romani dipingevano le navi da guerra con tecniche impervie come l’encausto? A che pro? Perché sprecare tanto?, si scandalizzerebbe qualche utilitarista da ipermercato. Perché quelle pitture erano Roma.
Perché sprecare tanto? Ecco la domanda a cui nessuno ha risposto degnamente. I pittori delle icone rispettavano una processione severa: prima le tinte scure (il nero è morte, negazione del vitale, di Dio), quindi, definendosi con lentezza cerimoniale, le altre tinte, verde bianco e rosso (natura purezza e umanità) sin al giallo e al blu, epifanie divine. Dal non essere alla pienezza dell’Essere Supremo. La simbologia era anche una liturgia, una preghiera e una disciplina artistica tesa a rappresentare l’assoluto come legante di una comunità viva nei secoli, immutabile: questo era il bello, ovvero la pienezza del senso, immune dall’assalto del Verme Conquistatore.
La cronaca del rovinìo dei cementi. Nel 1959.
Perché i Romani dipingevano le navi da guerra con tecniche impervie come l’encausto? A che pro? Perché sprecare tanto?, si scandalizzerebbe qualche utilitarista da ipermercato. Perché quelle pitture erano Roma.
Perché sprecare tanto? Ecco la domanda a cui nessuno ha risposto degnamente. I pittori delle icone rispettavano una processione severa: prima le tinte scure (il nero è morte, negazione del vitale, di Dio), quindi, definendosi con lentezza cerimoniale, le altre tinte, verde bianco e rosso (natura purezza e umanità) sin al giallo e al blu, epifanie divine. Dal non essere alla pienezza dell’Essere Supremo. La simbologia era anche una liturgia, una preghiera e una disciplina artistica tesa a rappresentare l’assoluto come legante di una comunità viva nei secoli, immutabile: questo era il bello, ovvero la pienezza del senso, immune dall’assalto del Verme Conquistatore.
Una foglia di quercia, minuziosamente scolpita sul manico di un coltello da caccia. Uno dei rari oggetti che restano di una persona cara. Per anni ho cercato di rendere ragione di questa inutile bellezza: solo per adornare un coltello. Ora, di fronte a tante rovine, riconosciamo a tale gesto il carattere dell’ineluttabile: nello sbalzo di quella foglia, senza saperlo, un artigiano sconosciuto rinnovava l’antico sortilegio apotropaico a difesa dell’umanità: fermare l’indistinto, l’entropia della dissoluzione, lo sfacelo.
Sul sito di blondet, tra i suoi splendidi articoli, ce ne è uno appena uscito, intitolato "Fate un atto politico: comprate "la verità" l'unico giornale che sostiene Salvini...
RispondiEliminaQuando ero molto giovane e molto molto stupido, e ingenuo e allocco, babbeo, cretino, idiota, imbecille, merlo, oca, ritardato, salame, scemo, scimunito, sciocco, somaro, deficiente, addormentato, lento, baggiano, asino, bestia, banale, meschino, subnormale, pecora, citrullo, grullo, stolto, bue, beota, ebete, gonzo, menomato, mentecatto, minorato, ottuso, pollo, sottosviluppato, stolido, handicappato, credulone, ingenuo, sempliciotto, sprovveduto, boccalone, frescone, fesso, minchione, testa di rapa, tonto, gnocco, rimbecillito, ignorante, interdetto, mongoloide, tarato, minus habens, animale, inetto,incapace. coglione.....
portavo nella tasca di dietro dei jeans "lotta continua" con il risvolto rosso in evidenza; adesso dovrei comprare "la verità" e ugualmente farla vedere in giro come segno di riconoscimento.
mi sembra di essere tornato indietro nel tempo, senza che sia cambiato assolutamente nulla; Mi sembra tutto molto grottesco e surreale; ancora sempre lo stesso fesso idiota da manipolare e prendere in giro.
"La bellezza è verità, la verità è bellezza", diceva John Keats. A patto, aggiungo io, che si tratti di vera bellezza e non di un bene effimero. Ad ogni modo voglio proprio vedere quando avremo fatto arrivare in questo bistrattato paese tutti gli animali della giungla cosa ne sarà di tutte le nostre bellezze. Ciò che non saranno riusciti a distruggere i sinistri piddioti con i loro alleati massoni e giudei lo trasformeranno in merda gli scimmioni etnici tanto cari alle sboldrini-saviane di turno.
RispondiEliminaEd Alceste starà a piangere i sassi...se ce ne saranno rimasti.
Per Giuseppe:
RispondiEliminaHai ragione da vendere. L'eterno ritorno del fesso che mai impara dal passato è un classico, non solo italiano. Blondet è un bravo ragazzo, ma si lascia irretire dalla cronaca minuta e da certi innamoramenti politici incomprensibili. Ricordo ancora quando invocava un governo Tremonti o, in alternativa, un governo Bertolaso poiché si era stancato dei governi Berlusconi che aveva, in parte, appoggiati in odio alla sinistra ...
Quante chiacchiere ...
Per Anonimo:
Non c'è niente da piangere ... il dado è tratto, ormai. Non ci salva nessuno.
La bellezza, senza la forza che la difenda, e' destinata ad essere conquistata dal barbaro. La bellezza e' frutto di millenni. Senza la forza (e la necessaria ferocia) siamo destinati ad abbandonare al barbaro tutto cio' che testimonia da dove veniamo e chi siamo. Siamo destinati ad essere sgozzati. O definitivamente diventate schiavi. Il punto do vista orientale sulla bellezza e' diverso dal nostro. Bella, per esempio, e' una spada. Le katane antiche giapponesi venivano forgiate come gioielli, come opere d'arte. Una katana di Masamune o Ichimonji rivaleggia per bellezza con una pala di Giotto. In oriente la bellezza venne fusa con la tecnica efficace a difendere e uccidere. Senza forza non esiste bellezza. Un caro saluto a tutti. Anonimo di nome R
RispondiEliminaAnche la pala di Giotto è un’arma.
EliminaUn tizio (tedesco solo per cittadinanza) in un video che si trova su Youtube dice compiaciuto: "ogni anno in Germania muoiono piu' tedeschi di quanti ne nascono". La stessa cosa si potrebbe dire dell'Italia. La pala di Giotto e' un dipinto. Non e' un'arma. Appartiene al regno della bellezza e della rappresentazione. E' artificio. In Giappone Mishima visse il dissidio tra arte ed azione. Tra bellezza e violenza. Scelse infine l'azione. La violenza. L'arte e' una conseguenza del potere. Quindi dell'azione. Quindi della violenza. Cosi' la vedo io. Chi proteggera' la pala di Giotto quando gli italiani saranno meno della meta'? Trastullarsi oggi nell'arte antica intravedendo una via di fuga e' illusorio. Molto piu' interessante rifarsi, per esempio, alle strategie belliche degli antichi romani. O degli eserciti di ventura medioevali. Il barbaro attacchera' anche con schemi medioevali. E chi vince, "spiana" da sempre il territorio vinto. Pale di Giotto, affreschi di Piero della Francesca, statue di Michelangelo compresi... Un caro saluto a tutti. Anonimo di nome R
EliminaChe un artista debba essere sempre un artigiano l'ho detto e pensato più volte. In una cornice concettuale mio malgrado assai più modesta. Ovvero stimo, e ho sempre stimato solo gli artigiani, spesso grezzi ma con mestiere, anche nella musica, oltre che nelle arti figurative. Ho sempre diffidato della "giustificazione" artistica (si giustifica con la parola arte, qualcosa che arte non è, ha solo la pretesa di esserlo, dato che non assolve nessuna funzione). Dal punto di vista artistico trovo molto veritiera e illuminante anche un'altra tua affermazione, ovvero che chi aveva una tradizione da rompere ha creato grandi cose, perché suo malgrado aveva qualcosa da stravolgere, dopo quello poi non c'è più niente.
RispondiEliminaLa bellezza e' una forma della morale, forse la piu' alta delle forme della morale; quello che e' bello e' buono e giusto... e come anche l'etimologia ci suggerisce, la morale, come anche l'etica, si fonda sulla tradizione, un distillato di abitudini antichissime.
RispondiEliminaE ora mi viene in mente Swedenborg, attraverso Borges, secondo cui la piu' alta forma della morale era l'intelligenza, agli intelligenti era destinata la sommita' del regno dei cieli. L'intelligenza e' sicuramente una virtu', ma non credo che sia necessariamente una virtu' morale, e' una lama a doppio taglio, non distingue e non discrimina, puo' collocarsi al di la' del bene e del male, nel regno dei principi gnostici tanto cari al nostro Swedenborg. L'intelligenza puo' insegnare la superbia, la bellezza solo l'umilta'; la contemplazione di scenari naturali o di opere umane grandiose o minute che hanno sfidato il tempo non puo' che renderci umili e grati , e appacificarci con l'universo.
La bellezza... io, perlomeno, duro fatica anche a tenere le cose in ordine fuori, e pure dentro di me. Mi sarebbe piaciuto fare qualcosa di bello ma non importa
RispondiElimina....ci salverà Iddio se lo vorrà, facendo tabula rasa nel modo, nella misura e nei tempi che vorrà, che sia per mano della natura o dell'uomo poco importa.
RispondiEliminaSe qualcuno si salverà dopo il botto, come si dice, da necessità virtù: dovrà per forza riallinearsi al reale sotto l'imperante necessità di sopravvivere in un mondo privato dell'energia a basso costo e del superfluo che essa concede.
Anch'io non credo più nella controrivoluzione "soft": ad oggi siamo irrecuperabili.
Ma la superbia di credere l'uomo unico possibile redentore di se stesso non mi convince..!! Nel momento in cui si accettasse pienamente la propria condizione di impotenza (senza salvatori esterni) resterebbe solo il nichilismo..!
Per questo è necessario continuare a combattere: come antidoto. Del resto, basta credere che non ci sia più nente da fare perchè ciò sia vero, la sconfitta diventa così un fatto compiuto, una realtà che prende forma in modo istantaneo.
Vogliamo davvero regalare una simile vittoria al "nemico"?
Quando sostengo di credere che la situazione sia irrecuperabile intendo sempre "alle condizioni attuali", ovvero dato il "frame" o mappa mentale in cui ci hanno chiusi e che ovviamente non riusciremo a rompere da soli agendo dall'interno. Ma dato che tale mappa, per esistere, deve essere costantemente alimentata dall'esterno, allora devono esistere condizioni anch'esse "esterne" per cui questo diventi impossibile.
Un cambio importante nei rapporti di forze a livello geopolitico? Un cataclisma? Una guerra? Chi lo sa, magari potrebbe bastare anche molto meno.. che ne so, un collasso finanziario globale con I CED di Wall Street abbandonati a se stessi a far niente e senza manutenzione? Ci vorrebbe P. K. Dick per immaginare tutti gli scenari possibili...
Il crollo della mappa, fosse anche senza grossi eventi distruttivi sul piano fisico, sarà -credo- comunque fatale a molti come nel caso di una astinenza brusca in una condizione di forte dipendenza da benzodiazepine.
Per questo credo che il buon Blondet faccia bene a fare quel che fa: lotta per non rassegnarsi, dando l'esempio, e dispensa antidoti alle "benzodiazepine virtuali" del frame così che l'astinenza improvvisa, quando sarà arrivato il momento, non creerà crisi d'astinenza potenzialmente fatali a chi li avrà assunti..
Dico bischerate? Non saprei, non sono abituato a dibattere su questi piani per carenza di interlocutori. Quando ci provo incontro per lo più sguardi vuoti o gente che risponde senza aver capito un gran che.... sarà certamente colpa mia visto che non riesco ad esprimermi nello spazio di un tweet.
Si può combattere anche senza speranza. Alla geopolitica come salvezza non credo.
EliminaCertamente si può combattere anche senza speranza se la resa non è moralmente accettabile, ma allora volendo combattere, come dovremmo farlo?
RispondiEliminaPer il momento la via del voto è l'unico strumento possibile, almeno fintanto che ci saranno partiti anti-impero credibili. Ed è un passaggio necessario non fosse altro che per maturare coscienza di gruppo.. per questo il voto resta espressione di lotta anche se in privato si è razionalmente persa la speranza nella sua effettiva capacità di cambiare qualcosa.
Per quanto riguarda la geopolitica credo semplicemente che tra i due litiganti il terzo gode, non certo che qualcuno venga a salvarci per salvarci.
AVERNE DI GIORNALISTI COME BLONDET...
RispondiElimina"Ad una telefonata dalla crisi di Governo, dopo essere stato iscritto nel registro degli indagati, Salvini ha fatto fuoco e fiamme, ha chiamato Conte e Di Maio, pretendendo che il governo esprimesse massimo appoggio e solidarietà al ministro indagato e al suo capo di gabinetto. Salvini ,ha subito minacciato di ritirare tutti i ministri leghisti, quindi la fiducia al governo, aprendo di fatto la crisi.
Negli stessi momenti, un gruppo di fedelissimi di Fico,si dichiarava disponibile ad aderire al gruppo misto della Camera e dava la disponibilità ad appoggiare un governo di “SALVEZZA NAZIONALE”, composto da uomini di alto profilo istituzionale che avrebbe visto come capo del governo il Presidente della Corte costituzionale. Dal cassetto del Quirinale viene tirata fuori la lista del ministri.
Sono minuti convulsi, il nuovo esecutivo ha già ottenuto il via libera da pd, leu, da una parte del gruppo mistoe dai tranfughi del movimento,ma poi qualcuno suggerisce di ricontare bene e, sorpresa, mancano i numeri. Inizia una febbrile caccia al voto grillino, ma i deputati contattati sono tutti irraggiungibili o non danno più la disponibilità.
Salvini minaccia una mobilitazione di popolo (80%degli italiani favorevoli alla sua politica sui migranti ), le luci della stanze del potere sono tutte accese, poi arriva la notizia che altra due donne italiane sono state violentate da cittadini del Senegal, uno dei quali è già ai domiciliari. Le azioni del “governo di salvezza nazionale “scendono ancora, eppure si cerca ancora una soluzione, non si vuole consegnare l’Italia a Salvini. Circolano dei sondaggi, inquietanti, Salvini e la lega volano, troppo.
Poi una telefonata congela la situazione e rimanda la resa dei conti: il segretario della Cei,dichiara che i vescovi sono disponibili a farsi carico a spese loro (ma sempre noi paghiamo) di cento emigrati.
Salvini incassa insieme all’ok a silurare tutti i vertici dei servizi segreti".
Beh...con questo riconoscimento di Alceste, unito pure a un altro proprio di Blondet; con una lettera di Natalia Ginsburg e le parole d'altri tempi che mi disse Pagliarani quando andammo a visitarlo; con la foto assieme a Pasolini e una decina di minuti di attenzione di qualche donna...direi di avere avuto una discreta vita.
RispondiEliminaCosa dovrei pensare io che nella vita, di importante, ho incontrato solo Paolo Bonolis? Importante ... insomma ...
EliminaAve o Blondet! I pennivendoli italiani? I megafoni del nemico? Penso siano terrorizzati: gli esseri umani che popolano questo pianeta e questo paese si stanno svegliando e non si bevono piu' la propaganda. Anche le mamme e le nonne stanno rizzando le orecchie... Cosa si inventeranno di bello per fotterci? Ci dichiareranno, unilateralmente, CITTADINI SFUMATI? Hastatoputinepaperoga!
RispondiEliminaUn caro saluto a Blondet.
Anonimo di nome R
Forse sono incavolati neri, svegli non direi. Salutiamo Blondet, comunque.
EliminaResto ammaliato nel leggerla,
RispondiEliminaprovai a dire cose simili, relativamente all' arte e alla lingua anni fa:
http://tdsblog.it/2015/02/20/plis-com-tu-italirome-you/
ma mi vergogno a rileggermi conscio della punteggiatura errata, della pessima qualità dello scritto, e della mia svogliataggine e estrema sfinente carenza di tempo, io non lo so.
Mi sento così ignorante, approssimativo, rozzo e velleitario, vorrei aver studiato, vorrei aver avuto maestri, ho avuto cattivi guardiani. Ho sprecato il tempo quando lo avevo, anche io sfiorando tante cose, io soffocato dalla bruttezza e dagli abissi che erroneamente mi hanno fatto pensare di essere in alto, mentre ero sulla parete di un pozzo scuro e della luce vedevo solo il riflesso.
Sarà per questo che anche se non saprei scrivere le sue parole posso sentirle così pienamente.
Grazie.
Grazie a te.
EliminaPochi di noi hanno avuto maestri.
Io non ne ho avuti e ho perso, infatti, almeno vent'anni.
Per Alceste
RispondiEliminaGrazie per il tuo pubblico apprezzamento, ricambiato e non unico ma importante motivo che ancora mi spinge a scrivere (in quanto non volevo più farlo da tempo), ospite gradito del tuo blog - originale rispetto alla pletora di tutto ciò che si affastella in rete sotto l'ombrello di quella che si può definire controinformazione -, uscendo dal mio recente stato di mutismo letterario. Cari saluti ai frequentatori in crescita di questo spazio che hai saputo rendere il più possibile luogo di incontro e non di scontro maleducato (appropriato il monito velato, siate gentili...), lasciando libertà di espressione alle differenti sfumature di pensiero tra me e te, e tra i lettori/commentatori altrettanto graditi dal sottoscritto... finché dialogo socratico regna)
Più che dialogo socratico (aveva ragione sempre lui) è l'incontro auspicato fra persone smaliziate, scettiche e, spero, profonde.
EliminaNon si può piacere a tutti e si rispettano le opinioni di tutti.
E poi odio i litigi.
A proposito: che fine hanno fatto i TROLL RUSSI?
RispondiEliminaHastatotrollargento
Anonimo di nome R
Adesso non servono: altri attori in scena.
EliminaScusate, non voglio essere pedante ma torno sul crollo del ponte Morandi. Vi prego di visionare quest'intervista all'ing. Enzo Siviero andata in onda questa sera su Telenordest (martedi). Penso sia molto importante.
RispondiEliminahttps://youtu.be/zjSSPDfDKzM
Anonimo di nome R
Sì, sofista e pedante, suicida perché, sotto sotto, sapeva di essere un gran spaccapalle, di raffinata eloquenza, per carità, ma sempre spaccapalle. A lui ho sempre preferito Aristofane.
RispondiEliminaAnonimo di nome R:
RispondiEliminaQuesto ingegnere, mi par di capire, milita nel campo Benetton. O sbaglio?
Un attentato scagionerebbe, quindi, la Società Autostrade.
Pare sia il professionista di parte di Atlantia per il "crollo del ponte Morandi". Il riferimento a Mattei non sembra casuale. Sono un sofista? No. Sono un fuoricoro. Indipendente e stronzo. Butto li una cosiderazione: il Governo, seguendo (o dovendo seguire) come un toro che carica solo la pista del crollo per incuria, rischia sia di fare una figura da "pirla ingenuo" (imperdonabile per un governante) che di trovarsi "in mezzo al guado", bersagliato da entrambe le rive. Il disastro: un tranello posto ad arte? Di certo ad oggi ancora nessun video esaustivo del "crollo". E' lecito pero' supporre che i video ci siamo e che, al momento e in sede opportuni, salteranno fuori. La tesi dell'azione bellica da questa sera, secondo il serafico Prof. Rettor. Consulente Progettista di ponti Ing. Siviero, ha PIU' del 50% di "probabilita'". Le sue parole sono macigni. Amo questo fottuto e meraviglioso paese, e non mi do pace per quei morti. Auspico che venga fatta chiarezza da chi di dovere, anche se si sa che in guerra niente e' come sembra. Tranne i morti. Anonimo di nome R
RispondiEliminaL'ingegnere del video dice che ci sono molti elementi compatibili con l'ipotesi attentato. O comunque con un crollo provocato. E sono d'accordo a non escludere l'ipotesi.
RispondiEliminaDi certo Benetton non e' scagionato. Ha la sua buona parte di responsabilita' comunque. Ed e' da verificare bene il suo ruolo e le modalita' di acquisizione e gestione, ci sono tutti gli estremi per una ghigliottina, ah no, dimenticavo che ci siamo evoluti. Potrebbe anche essere il mandante, chissa' quanti anfratti e quante pieghe ha la questione, come tante stragi italiane.
Il ponte puo' essere caduto per usura e cattiva manutenzione/costruzione, mica lo escludo. Ma bisogna essere certi di poter escludere determinate piste a cui portano certi indizi, lo puo' fare solo un'indagine seria, se mai ci sara'.
Comunque tranquilli, presto il tutto sara' dimenticato sotto un altro cumulo di notizie piu' o meno importanti, piu' o meno eccitanti gli animi degli spettatori.
A chi vuole sapere, non resta che vedere, tra vent'anni, cosa sara' stato del ponte e della Societa' Autostrade, e allora, se ancora ricorda la questione, potra' dire "ahhhhahh, ma allora..." E niente, la ruota gira e rigira sempre allo stesso modo se ci si fa caso.
Saluti,
Ise
Hai ragione Alceste,la prima cosa che salta all'occhio è la bruttezza della zona sottostante al ponte Morandi.Edifici.strade.scheletri industriali,natura violentata,tutto rimanda pochezza e disagio.Conosco bene il ponte Morandi e la valpolcevera,fino alla sera prima del crollo ero sul ponte con la moto,ci passavo almeno 3-4 volte alla settimana.Anche il torrente polcevera smagrito d'estate e minaccioso con le sue acque marroni d'autunno si incastona perfettamente allo sfacelo edilizio di genova.Sembra che il ponte spezzandosi riveli la catena del brutto ancora con più evidenza,anzi il Morandi ora nella sua vulnerabilità sembra la costruzione più umana rispetto al circostante,si ammanta di tragica poesia.Sono ritornato in autostrada dopo il crollo,naturalmente ci sono blocchi e divieti,ma i 250 metri crollati si intravvedono mentre ti dirigi a genova ovest,e l'abiisso sembra chiamarti,sussurra vieni,c'e'un'atmosfera di morte.Mi viene da dire che sia stata Genova a cadere sul ponte e non il contrario.
RispondiEliminaL'uomo del ponte ha parlato. Su repubblica.
RispondiEliminaCon tutto il rispetto eh...ma visto che ormai siamo OT.
Io non escludo nulla... ma Voi (e con voi intendo i fautori dell'ipotesi complottista) cercate DI TUTTO per avvalorare la vostra ipotesi. Fatemi capire: NON escludete l'ipotesi più normale? No ragazzi scusate eh...
Un momento perchè la questione è seria: Mattei?? Ma... di cosa stiamo parlando? Mattei si era messo contro le sette sorelle, Benetton che cazzo avrebbe fatto che gli vogliono così male? Ha fatto il bene e non lo ha detto? Ragazzi siamo seri...per cortesia...non sapete nulla come non so nulla io è inutile avvalorare ipotesi di gente esaltata che si esalta pensando di dispensare la verità al mondo, molti poi si esaltano ancor di più quando vendono libri con belle copertine "shock" che gli riempiono le taschine di dindini...quel tipo di esaltazione è comprensibile...ma a volte basta la notorietà...la notorietà nutre alcune anime, anzi molte...ipotesi le loro che poi tornano utili anche all'uomo del ponte vedo.
1) L'incuria grave è di per sé un attentato grave alla vita delle persone,
RispondiElimina2) come lo è, da parte delle amministrazioni coinvolte, l'aver minimizzato lo stato del ponte a meno che non siano gli ingegneri ad aver minimizzato, ma non sembra questo il caso.
3) Altra cosa è il commissionare un attentato dall'esterno compiuto su di un ponte in degrado, manomettendo o inserendo elementi (esplosivi o meno) che potessero accelerarne il crollo.(ma sempre gli ingegneri devono essere coinvolti in tale operazione)
4) A parte altre ipotesi di missile balistico che più che dal mare o dal cielo (anche se le condizioni di visibilità erano pressochè nulle) non poteva provenire. (mi fermerei ai primi due punti che ce n'è già abbastanza)
Le assicurazioni sono le prime interessate alla questione danni, le prime a smantellare eventuali cover-up, sono potenti e non vogliono certo perderci. I Benetton e gli attori indagati hanno sottoscritto particolari clausule, ad esempio crolli per attentati terroristici come avvenne e fu vexata questio per l'assicurazione stipulata da Larry Silverstein quando acquistò le Torri Gemelle?
Ad anonimo di nome R consiglio la visione di questo documentario: Farmlands 2018.
RispondiEliminaQuesto è il link: https://www.youtube.com/watch?v=a_bDc7FfItk
Parla di come hanno ridotto il Sudafrica e della fine che faremo anche noi se non ci svegliamo.
"Non passa lo straniero" diceva una delle più celebri canzoni patriottiche italiane. Magari fosse vero...
Rispondo ad Anonimo: la questione sudafricana la conosco. Hai ragione: e' li che ci vogliono portare, quindi consiglio, a chi e' interessato, di rileggere i miei precedenti e modestissimi interventi. In prospettiva l'Italia e' messa malissimo se si continua a tracheggiare sui lati "invasione dello straniero camuffata da immigrazione causa guerre (poi causate da chi, se fosse? Chi cazzo ha distrutto la Libia, per esempio?)" e demografico. Propongo al Governo di accogliere i Sudafricani bianchi boeri sfrattati, ridotti alla fame e massacrati nai negri oggi al potere in Sudafrica: i veri razzisti e massacratori! Sempre africani sono i boeri, e sono anche i piu' perseguitati oggi in Africa nel silenzio orrendo di media e chiesa! Hanno la nostra stessa visione della vita e sono un popolo fiero e laborioso. Prima che se li portino tutti a casa Putin e il governo australiano, per rimpolpare l'agricoltura locale. Potremo rimettere in piedi borghi spopolati con persone abili come i boeri, che conoscono tralaltro molto bene la "questione africana", che dovremo affrontare nei prossimi anni. Vedi Svezia, Francia, Germania, Inghilterra... Inutile girarci troppo intorno.
RispondiEliminaSu altri temi (vedi ponte) non ho altro da aggiungere se non che oggi noto, dopo le esternazioni "esplosive" di ieri del Prof. Ing. Arch. Rettor Progettista Dott. Siviero, che "foglia non si muove" nei media mainstream... Prodigioso.
Hastatobiancoafricanometoodomani
Un caro saluto al popolo boero. Anonimo di nome R
Sitka, nel dubbio fossi rivolto a me, non sono fautrice dell'ipotesi conplottista, non m'interessa tirare in ballo Mattei, ne' avvalorare ipotesi di gente esaltata.
RispondiEliminaVorrei avvicinarmi alla verita', e quindi alla giustizia, il minimo che si deve alle vittime e a tutti noi.
Sulla questione non ho ipotesi, solo i miei leciti dubbi.
Il crollo e' l'atto finale di un processo scandaloso che parte dalla concessione a privati che non ci mettono una lira, un segreto di stato inqualificabile, vigilanza e manutenzione neglette all'estremo... tutte cose che gia' di per se' invocano giustizia. Dice bene Il Poliscriba.
Detto questo, posso dire che anche altro non mi e' chiaro?
Un esempio: poche ore prima del crollo, il 13 agosto, a ridosso di ferragosto, di notte e sotto una tempesta di pioggia, in condizioni di visibilita' pessima, c'erano dei lavori in corso sul ponte. Doveva essere una emergenza se una squadra viene mandata a lavorare in giorni/orari/condizioni insolite. Cosa era successo da richiedere tali interventi urgenti? E cosa hanno fatto? Non hanno avuto il sospetto che il ponte fosse altamente a rischio crollo? Se no, vuol dire che e' improbabile che sia crollato da solo poche ore dopo, o vogliamo giustificare il tutto con un errore umano di valutazione, o cosa altro potremmo dire, che e' impossibile vigilare e fare manutenzione... Un tempo erano solo i terremoti e gli tsunami che non si potevano prevedere, ora vogliamo metterci anche i crolli di ponti?
Se la risposta e' si, perche' il ponte non e' stato chiuso al traffico?
Poi le videocamere, un blackout proprio a quelle camere?! E poi tanto altro, fino alle questioni tecniche di cui non m'intendo ma che ascolto con interesse. Mi riservo anche la licenza di avere dubbi, da profana, sulla modalita' del crollo, senza chiedere il permesso e pagare la penale agli esperti. Scherzi a parte, non ho intenti polemici. Da tanto evito l'indignazione da tastiera, stavolta non mi sono trattenuta. Ringrazio Alceste per l'ospitalita'. Ise
Per Ise:
RispondiEliminail mio commento non era rivolto solo a te: il mio commento era rivolto a tutti quelli che si lasciano "affascinare" da queste ipotesi, perchè poi mi tocca sentire non tu, ma uno sgherro della società autostrade che benetton me lo paragona a Mattei...e allora un po mi indigno...magari non sulla tastiera eh, ma qualche parolina al vento la tiro...
Perchè poi per assurdo si crea un pregiudizio per cui si parte dall'ipotesi più bislacca e non si pensa a cose abbastanza normali, dando il destro (assurdo!) a gente come quella.
Nessuno qua sta facendo l'esperto... solo mi pare si stia passando il limite.
Inoltre non sopporto le teorie del complotto, perchè screditano (includendo nei loro deliri consequenziali dove c'è - o meglio ci deve essere- una ragione per tutto, anche fatti veri o sospetti verosimili) qualsiasi ragionamento critico o dietrologico, questo succede da un po di anni...con vari libri venduti da santoni piu o meno noti, che ci si sono fatti ricchi.
Per risponderti: i lavori in autostrada si fanno anche con la pioggia a volte, a volte in orari, giorni e situazioni del kayser, purtroppo per gli operai.
E non c'è niente di strano neanche nel fatto che non abbiano notato anomalie: gli operai non sono ingenieri.
A me quello che sconvolge dei vostri dubbi è che è evidente che nascono dal fatto che in fondo non crediate sia possibile: googlate ponti crollati nel mondo... vi accorgerete che, purtroppo, è successo e succede.
Certo se non succede è meglio.
Il più recente di cui ricordo in Italia era un pezzo di Salerno Reggio Calabria che cadde portandosi appresso un poveraccio rumeno che stava facendo (appunto) la manutenzione.
Non doveva succedere?
E grazie... certo quello ha fatto notizia mezza giornata...
Per Stika. Ad oggi non c'e' un video decente e le modalita' di crollo non escludono anche un'altra ipotesi. Semplice. E non si tratta di uno "sgherro" l'ing. Siviero. Personalmente attenderei prima di trinciar giudizi definitivi, e non escluderei nessuna ipotesi. Da subito (e senza evidenze: dove sono i video?) il sistema ha sposato "una tesi". E' complottista anche Benetton adesso? Personalmente ho sospeso il giudizio (una mia idea comunque ce l'ho e l'ho espressa) ed attendo gli sviluppi. Ad oggi solo parole da parte di tutti. Me compreso. Ed e' comprensibile vista la gravita' del fatto e le implicazioni connesse. Anonimo di nome R
RispondiEliminaSitka,
RispondiEliminaho capito il tuo punto di vista. Capisco anche che ti rivolgi a tutti quelli che tirano fuori teorie assurde.
Il paragone Mattei-Benetton non e' pensabile neanche per me e l'ingegnere non e' neutrale visto per chi lavora. Mi sono concentrata sulla questione del crollo ed ho bypassato le altre considerazioni. Ho ripreso la sua frase per esprimere quel che penso non sia inverosimile. Possiamo anche disapprovare il video in toto. Non e' l'unico ingegnere che ha un'opinione diversa.
Per il resto non so chi tu indichi come complottista, sinceramente e' un termine che non uso perche' indica spesso uno spregio a priori delle opinioni altrui. A volte e' chi usa questo termine a non credere che certe cose siano possibili. Non acquisto mai libri dei santoni del momento, non li leggerei.
Ok, capisco che ci lavorano gli operai, e lo fanno in qualsiasi situazione. Non capisco come nel valutare la necessita' dei lavori urgenti non si sia valutato anche il rischio di crollo e la necessita' di chiudere il ponte. Un ingegnere ci deve pur andare a fare un sopralluogo per decidere che lavori devono fare gli operai. Avrebbero potuto restarci seppelliti quegli operai. Puo' succedere anche questo. Ma credo ci siano tutti gli strumenti per evitarlo. Non so se hai letto le parole di Renzo Piano 'non esiste la fatalita'. I ponti non crollano... '
Ora credo che continuare a parlarne senza altri elementi sia inutile. Io resto comunque nel dubbio, tu probabilmente nella tua certezza. Non credo ne verremo a capo e dovra' passare una generazione prima che tutta la verita' sia disvelata.
Ise
Ha parlato pure l archistar...siamo a posto...
EliminaAnonimo di nome R, ok, però come mai nei tuoi innumerevoli interventi spari a zero sui tecnici i professoroni e gli acculturati e improvvisamente uno che peraltro definire sospetto è poco diventa tutto a un tratto difendibile e attendibile? Improvvisamente le parole dell ingeniere "pesano come macigni"...Ce una leggerissima contraddizione in questo tuo ragionamento...
RispondiEliminaPs: sitka e non stika, anche se a volte la seconda converrebbe
Non so... mi sembra che ci si stia facendo travolgere dall'onda "sismica" indotta dalla caduta del ponte.
RispondiEliminaDa un lato c'e' il crollo vero e proprio, causa di morte e distruzione meccanica. Dall'altro c'e' la risonanza psichica del crollo: l'effetto emotivo e quello, piu'subdolo, mentale. Ci dibbattiamo tutti in una pozza di informazioni inquinate, una pozza fangosa dove brandelli lucenti di verita' si confondono con iridescenti mistificazioni. Credo che per noi sia ancora troppo presto per conoscere tutta la verita', se mai accadra'; ma c'e' qualcono che gia' la conosce questa verita', e non importa quale sia, e si "diverte" a farcene vedere qualche riflesso qui e la', sempre sapientemente, ma anche sicronisticamente, mescolata con piu' o meno fantasiose menzogne. I risultato netto e' un florilegio di discussioni bislacche, non per la scarsa capacita' di raziocinio degli interlocutori, bensi' per la maliziosa centellinazione delle informazioni. La rabbia e la frustrazione ci inducono a cercare risposte, ma ogni dubbio ci ritorna addosso con nuove sfumature, ogni ipotesi si compomope e si dissolve in innumerevoli varianti, nessun responsabile all'orizzonte, solo figure lievi ed elusive come i Benetton o come il fantasma di Morandi, troppo lontani nel tempo o nello spazio per darci risposte che abbiano senso, oppure c'e' la scienza, religione sovrana, che parla solo tramite i suoi sacerdoti dall'alto dei loro castelli. Quindi ancora piu' rabbia e frustrazione, fino al punto di non ritorno in un senzo o nell'altro.
Scusa per Sitka ma un po sto diventando orbo e sul telefonino diventa arduo, un po Stika mi e' venuto spontaneo e mi si e' impresso. Mr Sivieri lo conosce piuttosto bene uno di famiglia, ed e' persona con la schiena dritta. Poi perche' e' l'unico che ha avuto il coraggio di dire che "la causa del crollo potrebbe essere dovuta anche ad altro" cosa che sembra sia tabu invece per tutti gli altri c.d. esperti. Io non sono per default contrario all'"esperto". Solo che sento puzza di bruciato quando tutti gli "esperti" che vanno nri TG nazionali e nei giornaloni, tutti in coro dicono una sola verita', quando invece vo sono altri "esperti" che dicono un'altra verita', e che vengono regolarmente boicottati o radiati, e a cui nessun TH nazionale da rilievo. Vedi le dichiarazioni di Sivieri. Inoltre sono molto preoccupato della "deriva dell'esperto", ovvero quella pratica sempre piu' presente che vede "solo l'esperto che e' gradito al sistema" presente mediaticamente. A volte (per carita' solo a volte) si scopre che l'esperto mediatico e' corrotto. Almeno con Sivieri abbiamo due certezze: la prima e' che ha proposto una chiave di lettura scomoda. La seconda, che e' pagato dal gruppo Atlantia. Infine il problema dell'esperto e' quando viene usato per silenziare le persone, che non sono sceme e che spesso ne sanno infinitamente piu' dell'esperto telefotogenico. Tu fai come credi. La vita e la realta' sono complesse: io scelgo i professionisti dopo che ci parlo o dopo che li peso. Mai perche'si presentano come "esperti". Se vuoi io sono abituato nella mia vita ad usare gli esperti, quindi farmi un quadro generale del problema e poi sono io a scegliere. L'argomento e' comunque importante ed intrigante... L'esperto... Gesu' si rifaceva ai bambini... Anonimo di nome R
RispondiEliminaSempre per Sitka, sono al lavoro e incasinato quindi la risposta al quesito e' frammentaria. In sostanza, per esempio, decido io e la mia compagna se vaccinare miei figli, e no un cosi detto "esperto ministeriale" della cui faccia e parole mi fido meno che di un criminale. E ogni mia decisione passa sempre attraverso un percorso dove "sento e studio piu' campane" derivanti sia da esperti che da non esperti pero' intelligenti e con esperienza nella nateria (per esempio nei vaccini genitori che hanno avuto figli distrutti grazie al parere dei cosi detti "esperti da TG"), e poi studio il fatto e decido. Alla fine ogni decisione, grande o piccola e' politica! Per scegliere a volte (non sempre) hai bisogno di sentire piu' esperti e non esperti. Ma alla fine sei solo, e devi decidere tu! Il problema di oggi e' che ti presentano in televisione uno o piu' "esperti" che scelgono per noi, con esiti quasi sempre (chissa' perche') devastanti. Non sono contro l'esperto, sono contro la deificazione dell'esperto che spesso, come tale, essendo specializzato (e pagato) vede i fatti con un angolo di visuale stretto. Io sono per l'USO dell'esperto. Poi scelgo io per cio' che mi riguarda, e mi assumo sempre la responsabilita' delle mie scelte. Ci stanno creando un mondo dove SOLO ALCUNI ESPERTI GRADITI AL SISTEMA possono decidere per noi. Gli altri, qielli non graditi, vengono eliminati. E l'umanita' cosi' viene fatta SFUMARE NELL'ALLEVAMENTO ZOOTECNICO. Spero di essere stato esaustivo. Un caro saluto all'esperto radiato perche' non in linea col sistema, e alla persona sensata ed intelligente, che sempre piu' viene fatta passare per mentecatta!
RispondiEliminaAnonimo di nome R, esperto in esperti destikazzi!
Ultimo quadro del trittico per Sitka.
RispondiEliminaComunque sia per me l'ing. Siviero vale come gli altri "esperti". Io una mia idea ben precisa sul disastro me la sono fatta molto prima dell'esternazione di Mr. Siviero e mi pare di averla anche "esternata". Noto con piacere che la categoria, che fino a ieri sembrava compattissima (gli ingegneri e architetti), oggi non lo e'. Noto anche che della tesi del Siviero (chissa' perche'), non vedo notizia nei TG e nei giornaloni. Spero di aver espresso un metodo, il mio, che funziona, almeno per me! Ovvero: imparare ad usare gli esperti, ma non deificarli: essi sono esseri umani che sbagliano come tutti, anche se oggi ci fanno credere del contrario! Decidere sempre noi per la nostra vita! L'esperto va pagato per i suoi pareri. Poi la decisione su di un fatto o azione, spetta all'uomo! Cosi' la vedo io! E mo me so rotto... Ah... Manca la parte URA del mio metodo: normalmente io sento (e pago) l'esperto. Poi faccio l'esatto contrario. Pero', raramente, anche no! Un caro saluto a me. R
Repubblica non mi pare un giornaletto...
EliminaRepubblica ha dato notizia dell'intervista a Siviero?
RispondiEliminaR
Eh già, questo è uno che si è battuto per il "ponte sullo stretto"...
RispondiEliminaQuanti danni ha fatto Dan Brown...
Alceste, se ha un minuto di tempo, ascolti il video allegato a partire da minuto 17:45...qualche secondo..
RispondiEliminacordialmente.
https://www.youtube.com/watch?v=SM6WYqdEs90
Tutto molto condivisibile l'articolo. Leggo in un delizioso libricino di Guido Ceronetti, "l'occhiale malinconico" a proposito dei "costruttori" della cattedrale di Strasburgo: "Poichè niente impediva di essere nello stesso tempo muratore, alchimista, alunno di Ermete e cavaliere di spada, architetto e mistico, geometra e teologo, l'artigianato dei grandi monumenti cristiani appare come una bestia favolosa delle più strane. L'idea di compiere un mestiere che nascondesse un segreto trascendente doveva essere di un trepidante conforto. Un pittore a cui avessero detto il tuo fine è la pittura, non sei che un pittore, avrebbe preferito cancellarsi dal mondo dei vivi. Un idraulico non era un riparatubi...L'identità doppia è salvezza. Sorriderebbe uno scalpellino di cattedrale sentendosi trattare da uno storico moderno come un Anonimo Artigiano". Eh si, il senso profondo delle cose, delle azioni, dei gesti...
RispondiEliminaBuonasera Paolo, sembra che oggi "il senso profondo delle cose, delle azioni, dei gesti" appartenga solo al gruppo nascosto che ci sta preparando il cappio. In loro intravedo una volonta' trascendente. Lo sradicamento del sacro nei cuori e nelle menti ha richiesto una dedizione ed una ferocia che, senza un immenso supporto metafisico avrebbe fallito.
EliminaUn caro saluto.
Anonimo di nome R
Buongiorno Anonimo R,
RispondiEliminaio non ho la preparazione (purtroppo) per poter capire le forze occulte che si muovono oltre il visibile. Giro con il mio lanternino e non è che illumini molto intorno a me. Tuttavia concordo con lei, a livello intuitivo, che lo sprofondamento generale si nutra di un carburante invisibile...sempre Ceronetti direbbe che siamo in pieno Kali Yuga.
Un caro saluto
P.