La stampa nazionale scorreggia a indignazione unificata: maledetta violenza negli stadi! Chiede punizioni esemplari contro la bestialità dei tifosi, delle bande, dei supporter! Maledetti hooligans che insidiano la santità del calcio benevolo! Il signor Questore di Milano (“Il signori e quistori”, direbbe Catarella) batte i pugni sul tavolo: “Basta!”; è arrabbiato, non ne può più, vuole vietare tutto, chiudere tutto ciò che si può chiudere (“Maria, che scanto che mi piglia ogni volta ca parla!”): la goccia ha fatto traboccare il vasino della pazienza.
E poi i fischi a Koulibaly, questo milionario intristito dal razzismo. Concetto Lo Bello, Chinaglia, Causio e Falcão (quello del 1982) venivano insultati sanguinosamente ogni domenica, ma non c’era nessuno a porgergli fazzolettini ecumenici per tergere le salse lacrime: che nemmeno spandevano. I giocatori erano personaggi comuni, allenati con regolarità, certo, ma le insinuazioni sulla paternità dei figli o sulla fedeltà di madri, mogli e fidanzate o, in generale, sulla virilità, li facevano ridere assai. Cosa fregava dei cori a tipi come Bellugi, Calloni o Cuccureddu? O a Pruzzo, che scompariva dallo sguardo placido di Nils Liedholm per farsi una fumatina in pace, magari assieme a Nela o Bruno Conti da Nettuno, al secolo MaraZico? Calciatori di colore, di ogni razza e risma, sono divenuti idoli: qualcuno, col ciglio umido, ricorda ancora Socrates e Cerezo, persino qualche scarpone come Barbadillo o lo sfortunato Eneas, oppure Juary, Juary Jorges do Santos Filho, simpatico circumnavigatore di bandierine, uno che, dopo 13 gol per l’Avellino e altri spiccioli per Inter, Ascoli e Cremonese, andò a vincere, segnando, una rocambolesca finale di Coppa dei Campioni contro i crucchi del Bayern Monaco.
Ve lo confesso: cosa c’è di più bello di una poltrona? Tutto è facile. Una tastiera e hai il mondo a disposizione. Non c’è bisogno mica di farla difficile quando tutto è facile. Facile, ecco il verbo da diffondere. Se una cosa è difficile deve essere eliminata. I problemi non esistono, son solo il sintomo della nostra arretratezza, il progresso li eliminerà poiché il progresso serve a rendere la vita facile. Non c’è bisogno di scavare una buca, leggere un trattato, imparare una lingua, dipingere un quadro, corteggiare una donna quando c’è chi pensa a me, e mi porge i frutti dell’albero del bene e del male, liberamente ordinabili su amazon, badoo, sky. Ogni desiderio è sul visore, basta cliccarci sopra. Perché sottoporsi alle torture dell’apprendimento e dell’intelligenza quando, ormai, il mondo viene liquefatto nella sua essenza primaria e imbottigliato per noi, ogni giorno, comodamente rateizzabile, a pacchi discreti, recapitati a domicilio, inodori, igienicamente compatibili? A che pro l’intelligenza, dico io. A che serve l’intelligenza? A produrre bile, ve lo dico, non altro. E poi lo scontro, la disfida dialettica, le giugulari gonfie, la spada: quanta perdita di tempo, che spreco! Basterebbe accomodarsi: parva sed apta mihi. Cosa vogliamo, in fondo? Vivere? E non viviamo, forse? I giorni si susseguono, senza scosse, monotoni e sicuri. Non siamo mai stati così sicuri nella storia del mondo: reati e delitti calano, drasticamente; l’umanità ha compreso, finalmente, che proprio le distinzioni, le definizioni apodittiche, la morale, i sillogismi terribili, la logica stringente che tutto frantuma in iridescenze complesse e d’irriducibile diversità formano la costellazione dell’odio e della guerra. Ignorare chi ci ha preceduti: in questo risiede la felicità. Uccidere al grido inconsulto d'un istinto, o di un’idea raffinata dall'odio, di un’utopia, di un sogno evanescente; reclamare il proprio essere sé stessi in nome d'un cumulo di rovine o di trattati sprezzanti, di vaneggiamenti indimostrabili, cupi, duri, inespugnabili dalla gioviale ragionevolezza: questa la follia.
Occorre sradicare le convinzioni secolari, addolcire il proprio credo per meglio introiettare l’altro, liquidare il buio per la luce, per una luce costante e totale, perpetua, egalitaria; vivere nel cantuccio, in pace con tutti; a che serve strapparsi i bocconi l’un l’altro quando ci sono bocconi per tutti? Diciamo la verità: chi di noi ha più fame? La granaglia è assicurata ormai per i miliardi, al sapore ci abitueremo … e poi, si rifletta, il sapore non è qualcosa di divisivo, sciovinista? Dobbiamo sostentarci con cautela, non ingozzarci di carne e sangue a spese del mondo; la gozzoviglia, confessiamolo, è il sintomo della sopraffazione e dello spreco. Se pensiamo a quanto tempo e crudeltà sono state dedicate a un atto così vile! Allevamenti di bestie, sgozzamenti, alibi religiosi, proliferazioni di tabù, caccia, stoffe pregiate, ori e argenti per posate, bicchieri, vini, idromele, liquori; banchetti, arrosti, guerre per le spezie (le spezie!), rapine di colture, minuziosi casistiche per ingredienti e ammollamenti e squartamenti, dedizioni insensate ai periodi esatti delle seminagioni, lo scrutare diligente delle lunazioni, delle piogge e delle arsure: quanti millenni perduti! Il passato era, soprattutto, tempo perso, dietro queste incredibili fole!
Ho recentemente riletto, per merito di Massimo Fini, che l’ha riproposta, la famigerata “Lettera su Dio” di Albert Einstein. Non
intendo certo parlare della multiforme grandezza di Einstein come fisico né
inoltrarmi nell’attento soppesamento delle benemerenze (gli apporti della
moglie e dei predecessori) bensì esaminare un limitatissimo campo della
sua azione di pensiero. Come “politico” e “uomo dell’ordine civile”, a esempio, Einstein è, concettualmente, un mio nemico. Egli, infatti, è un pacifista; un pacifista che vuole assicurare la pace tramite un governo mondiale: “L'unica
speranza di protezione sta nell'assicurare la pace mediante organi
sovranazionali … Occorre creare un governo mondiale che sia in grado di
risolvere i contrasti fra le nazioni con decisioni vincolanti: un
governo fondato su una costituzione non ambigua che sia approvata da
tutti gli Stati e che conferisca solo ad esso la disponibilità di armi
d'offesa. Si è davvero amanti della pace solo se si è disposti a cedere
la propria forza militare alle autorità internazionali e a rinunciare ad
ogni tentativo o addirittura ai mezzi per far valere i propri interessi
con la forza”.
Ci fu un tempo, non molto lontano in verità, in cui fui ossessionato dal numero otto. Ecco cosa scrivevo (ero un bel mattacchione spensierato, allora): “E poi, ragazzi, c'è il numero 8 ... 8 ... il numero massonico per eccellenza ... il lato della scacchiera ... ogniqualvolta entra in campo lui [Matteo Renzi] ecco il numero otto ... come un segno iniziatico ... Nel 1994 vinse una paccata di soldi al quiz 'La Ruota della Fortuna', tramesso dalla rete ammiraglia del supermassone par excellence: Silvio Berlusconi. E quanto ti va a vincere? 37 milioni? 23? 41? Macché, proprio 48.400.000 lire ... belle massoniche ... quando si dice il merito ... al millimetro ... anzi: alla centomila ... "E proprio quell'anno comincia la sua carriera politica ..." ... una vera combinazione ... una congiunzione astrale col grembiulino ... Adesso l'Adenauer di Rignano è costretto a mendicare l'aiuto parlamentare di un massone toscano di prima scelta come Denis Verdini ... e ti pareva ... per fortuna gli arrivano i contributi per il suo unico giorno di lavoro ... un discreto assegno ... e quanti sono questi euri? 13.993? 17.215? 22.877? 52.689? No, 48.000 ...”
Cominciai persino a collezionare cifre in cui l’8 era re:
La prima alla Scala (o:
della Scala) fu, decenni fa, un evento importante. Non tanto per la borghesia
italiana, ma per la sinistra italiana. Lanciare uova sulle pellicce era ritenuto
un atto sovversivo davvero katanga; comunisti e borghesi, invece, dissentivano,
a diversi livelli da tali modi della contestazione più crassa. I primi poiché
avevano ereditato corpi e ideologie severi, poco inclini all’esibizionismo; i
comunisti disprezzavano quelle sfilate, certo, ma solo quali offensive
manifestazioni di vanità di classe; il pelo di visone o ermellino, gli sparati
impeccabili, metaforizzavano un periodo storico di ingiustizie da sovvertire
colle conquiste nel lavoro e nell’educazione, la lotta in fabbrica, il
ciclostile e il dialogo-scontro, duro, con le istituzioni. I secondi, invece,
avevano in orrore le uova e le vernici katanga per due motivi: in quanto latori
delle pellicce e degli sparati medesimi, ovviamente; e perché (questo, però, lo
scoprimmo decenni più tardi) le Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare e i Direttori
Meganaturali, gli industrialotti, i vescovoni e i dignitari statali,
rappresentavano, pur nella parodia, uno degli ultimi lasciti vitali e
produttivi dell’essenza italiana; a differenza dei Katanga, mosconi
improduttivi e fuoricorso, di cui annusavano, a pelle, l’antitalianità oggi
trionfante.
Cosa
fare di questo mirabile mondo nuovo che, fra mille strepiti inutili, avanza
ogni giorno?
Osteggiarlo?
Non se ne ha certo la forza.
Ritardarlo?
E come? E, poi, perché? Certe agonie sono patetiche.
Disprezzarlo?
Questo è troppo facile.
Riderci
sopra? Ciò mi si attaglia di buon grado; ed è pure gratis.
Il
potere dell’amore. Dell’amore universale. Imagine.
Imagine, ideata da John Lennon, su
istigazione ideologica della strega Yoko Ono, giapponese per caso, la Marina
Abramovich del tramonto del rock. Imagine
mette d’accordo tutti, è sempre in testa alle più stupide classifiche, ai
sondaggi più cretini: “La canzone più bella di tutti i tempi”, “L’inno della
pace”, “L’abbraccio cantato della fratellanza planetaria”. Il Papa, il
Presidente degli Stati Uniti, Angelina Jolie, Moscovici, Laura Boldrini, il
Dalai Lama, Bono Vox potrebbero cantarla in coro su un palco ecumenico; e non
escludo che lo faranno! Al coretto, inoltre, presto o tardi, si uniranno tutti:
iraniani, russi; persino i musulmani dovranno bofonchiarla; pure i rabbini. Non
escludo, del pari, ch’essa possa assurgere a sigla funebre dei tempi a venire.
Potreste dire che sono un sognatore, eppure … l’avete mai letto a fondo il
testo? Ve lo propongo, oggi, in vena di barzellette, perché, a volte, le verità
più segrete son esposte in evidenza.
"L'uomo moderno non ama, si rifugia nell'amore; non spera, si rifugia nella speranza"
Nicolás Gómez Dávila
Il celeberrimo quadro di Pellizza da Volpedo, Il Quarto Stato, o La fiumana, è del 1901.
Pellizza da Volpedo, la massa operaia: en marche. Solida, unita, tranquilla nell'avvenire; sicura d'una vittoria che non le sarebbe mancata: era scritto nella Storia.
Il saggio di fantapolitica che delineava il trionfo, scritto a Londra a quattro mani, datava a. D. 1848: poco più di cinquant'anni prima.
Luis Buñuel, un entomologo comunista spagnolo, autore dello straordinario Las hurdes. Tierra sin pan (1932), sfoga, dopo quarant'anni, il proprio disilluso cinismo ne Il fascino discreto della borghesia (1972).
Nel film la fiumana si è inaridita alla portata d'un ruscelletto.
I borghesi di Luis, che mangiano al cesso e si liberano dei bisogni in salotto, fra compunzione e dialoghi vacui, tuttavia avanzano: non si sa da dove o verso cosa. Avanzano e basta.
Probabilmente verso il nulla. O in un girotondo da cui è impossibile fuggire, assieme disperato e appagante.
Questa sera, rincasando, 5 dicembre 2018, passo davanti alle vetrine d'una grande palestra.
Decine di tapis roulants, dall'interno, guardano verso la strada male illuminata.
Alcuni aspiranti atleti corrono e sudano, rimanendo sul posto, in una liberissima autocondanna da criceti.
Sbuffi e orgasmi silenti da fatica, al di là del vetro; la fissità raggelata dello sguardo, in quella corsa che il passante coglie muta, senza scampo o meta, diffonde una sorta di contagio della rassegnazione.
Sto
leggendo L’ordine del tempo, di Carlo
Rovelli.
Rovelli
è uno scienziato che nega il tempo: tale quantità, il tempo, su cui si sono
affaccendate le migliori menti dell’umanità è, infatti, assente nelle equazioni
fondamentali della fisica. Tale convinzione, basata su decenni di ricerche ed
esposta con una prosa accessibile a chiunque, qui, tuttavia, non interessa.
Ciò che interessa
risiede a latere, in una increspatura, pur importante, del suo discorso.
Ciò
che m’interessa è questo: l’immane volgersi della materia e dell’universo non è
che la traslitterazione, in gergo tecnico e divulgativo, della favola decadente
dell’uomo.
Per
quanto possa apparire ardito, sconsiderato e folle, insomma, intravedo, in tali
innocenti paragrafi, stilati da chi vive in mondi controintuitivi e di vastissima
astrazione (mondi per uomini intelligenti, quindi), la parabola di distruzione
della civiltà occidentale classica che, lo si voglia o no, col proprio corteo
di terrori e magnificenze, ha strutturato la storia della conoscenza tutta.
Leggo,
con un breve moto di sconcerto, un articolo di Maurizio Blondet
sulla vicenda di Abdul El Sahid, il quindicenne di origine marocchina
travolto (per una sfida fra amici) da un treno nella stazione di
Parabiago.
La
natura di tale sfida è ancora in discussione; le indagini,
lentissime e menefreghiste, prenderanno corpo, fra un cappuccino e
l’altro, nei prossimi mesi. Onde “appurare la verità”. La
verità o la dinamica dei fatti o il bilancino della colpa, tuttavia,
come nel caso di Desirée, qui non interessano.
Qui
importa solo la densità sociale e storica dell’episodio.
Blondet
la riconduce, minimizzando il tutto a livelli da commedia italiana
grottesca, all’italianizzazione cialtrone del ragazzo. Blondet,
infatti, è ossessionato dal cialtronismo italico e dalla italica
cialtroneria. Cialtroneria: “Il
vizio di esser trasandato o di comportarsi in modo privo di serietà
e correttezza nei rapporti umani”.
Credersi furbi, svicolare dalle regole, mancare alla parola data.
“La
perfetta integrazione di Abdul è dimostrata dal carattere
specificamente italiano che abbiamo cercato di lumeggiare in
precedenti e recenti articoli: che siamo furbi, più furbi di tutti
gli stranieri, che a noi le leggi della fisica ci fanno un baffo, i
divieti legali … sono cose ridicole che valgono per i fessi …
Bisogna riconoscere il carattere bonario, italianissimo anche questo,
di tale integrazione”,
scrive il Nostro.
Compulso, con un friccico di stupefazione, un articolo di Massimo Fini su Angela Merkel. Egli lo scrive dopo aver letto un altro articolo, pubblicato, a pagina 15, su “Il Corriere della Sera” del 14 novembre. In esso sono riportate alcune frasi di Dorothea Kasner tratte da un discorso rivolto al sedicente Parlamento Europeo; Ella vi afferma che:
- occorre un vero esercito europeo “complementare alla NATO” per “dimostrare al mondo che tra nazioni d’Europa non ci potrà mai più essere guerra” - un bilancio europeo - una solidarietà europea (che si annida nel DNA europeo) contro gli egoismi nazionali - una libertà europea (di stampa e quant’altro).
Infatti, secondo la Cancelliera, “il tempo con cui potevamo contare sugli altri è finito: oggi noi europei dobbiamo prendere il destino nelle nostre mani”. Dorothea poi tende una mano all’Italia … onde superare gli attriti … grazie al dialogo … senza l’intralcio degli egoismi nazionali … per cui è bene che ogni paese membro rispetti le regole di stabilità finanziaria … et cetera et cetera Fini legge tutto questo e vi intravede una speranza. La speranza di una autarchia europea che, in un prossimo futuro, ci affranchi dal giogo americano e ci ponga stabilmente - e con equidistanza - fra i due Imperi (America e Russia/Cina).
La mia biblioteca si è fatta, nel tempo, via via più esigente; non vi entrano più libri senza una doverosa riflessione. Le nuove entrate le pongo in una sorta di limbo, alla rinfusa, su uno scaffale di buon legno, all’ingresso di casa. Lì gli aspiranti alla biblioteca aspettano. Mesi; o anni, addirittura. Ogniqualvolta entro o esco li nobilito di un’occhiata; intanto la vita scorre; nuove esperienze e delusioni arricchiscono o appesantiscono le mie spalle di despota bibliofilo; lo sguardo, in virtù di ciò, muta costantemente seppur in strane sfumature che sfuggono alla percezione superficiale. E accade, perciò, che un di tali libretti da limbo trovi la sua scalata al paradiso dello scaffale maggiore: è accaduto a Gómez Dávila, a esempio. Mi sono interrogato a lungo: lo promuovo o no? Quegli aforismi mi insospettivano … troppo pulviscolari … e così il buon Gomez ha soggiornato per anni sui ripiani purgatoriali finché di lui non lessi, per caso, queste fatidiche parole: “Questo secolo sprofonda lentamente in un pantano di sperma e di merda. Per maneggiare gli avvenimenti attuali gli storici futuri dovranno mettersi i guanti”; e quindi, a cascata: “I Vangeli e il Manifesto del Partito Comunista sbiadiscono; il futuro del mondo appartiene alla Coca-Cola e alla pornografia”, una profezia ampiamente esatta e che condivido a pieno: Coca Cola e pornografia, infatti, vanno delibate in poltrona, alla luce di un tramonto apocalittico; oppure: “Le verità passano, lo stile dura”: son d’accordo, poiché lo stile ordina il caos, come ebbe a riconoscere anch’Egli; e ancora: “L’uomo oggi è libero come un viandante sperduto nel deserto”: giusto, la libertà di cui conciona la sedicente democrazia questo è: un deserto, ovvero il labirinto più ambiguo, lo stesso in cui si perdono, e trovano la morte, miliardi di uomini; in cauda: “I ricchi sono inoffensivi solo dove un’aristocrazia li disprezzi”, il che è notevole poiché, per il Colombiano, aristocratico è anche il monaco (o Alceste) nella sua celletta.
Roma, 13 novembre 2018 Vi
ricordate Roy Batty, il re pipistrello, leader d’un manipolo di androidi
ribelli nel romanzo di Philip Dick, Doandroids dream of electric sheep?
Il
romanzo servì da ispirazione per il film Blade
runner di Ridley Scott: una pellicola di così largo successo da modificare,
a posteriori, il titolo dell’opera dickiana, oggi nota quasi esclusivamente
come Blade runner.
Da
subito possiamo statuire questo: il film, screziato da un romanticismo hard
boiled, tipico del giallo anni Quaranta hollywoodiano, è meno complesso del
romanzo; e però Blade runner presenta
spunti nuovi rispetto al libro, benché tali spunti siano rinvenibili in altre
opere dello scrittore americano.
Gli
androidi ribelli e sconfitti sono belle prefigurazioni dell’immediato futuro in
cui saremo sottoposti al giogo dell’eterno presente amorale e dell’usura.
Non
bisognerebbe mai dare un’occhiata alla prima pagina di “Repubblica”, sentina,
ormai in via di dismissione, del mondo al contrario (in dismissione poiché
sostituita da mezzi più efficaci, non perché rifiutata dalla maggioranza).
E
però, lo ammetto, a volte mi piace guardare, dall’orlo del pozzo, il putrido
circolo di quel liquido lutulento. Si tratta di brevi occhiate. Necessario
ritrarsi quasi subito, per una semplice questione di profilassi.
La
prima pagina di oggi, 9 novembre, è il consueto florilegio antitaliano,
antinaturale, illogico, stupido, antiaristotelico, spudorato.
Al
centro due reportage.
Una
storia:
Adottata da single gay.
“Alba, la mia bimba down che mi ha reso un papà felice”
E
un’inchiesta (addirittura!):
In fuga per un lavoro.
“I nostri figli all’estero. Un dolore, ma è il loro futuro”
Sulla
storia (che non ho letto: il parapetto del pozzo è pericolante) c’è poco da
dire. L’istituzione familiare deve essere dissolta, acidificata, sino a scomporla in una
serie di molecole impazzite e solitarie, liberamente associabili fra loro, a piacimento, senza tetto né legge (anche se, come si
accorgeranno, la socialità declinerà sempre più, sino al solipsismo e al
narcisismo più deliranti).
È
sempre spassoso leggere alcuni controinformatori che ti dicono: “Stiamo vincendo!”, mentre il mondo che
conta, a bordo piscina, col daiquiri in mano, continua a progettare, con
rilassata noncuranza, viaggi culturali e plutocratici esattamente opposti.
Sarà
il caso, forse, che qualcuno legga alcuni sunti dei cosiddetti Football Leaks
sul destino del calcio, ovvero dello sport che tiene insieme,
appassionatamente, miliardi di tifosi sul globo terracqueo (il numero è in
aumento costante - numero proporzionale all’avanzare della democrazia e dei
McDonald’s).
Cito
“L’Espresso”, per comodità: “Un unico campionato su scala europea,
alternativo ai tornei nazionali e alla Champions. Ecco il progetto segreto
sponsorizzato dai club più ricchi d’Europa, tra cui Juventus, Real Madrid e
Barcellona. Alla fine, per convincerle a restare, l’UEFA ha aumentato i premi
per le società maggiori, penalizzando tutte le altre. Risalirebbe al 22 ottobre
scorso una lettera della società di consulenza Key Capital Partners al
presidente del Real Madrid, Florentino Perez, in cui si descrive la creazione
di una società che avrebbe come azionisti 11 grandi squadre. E cioè le italiane
Juventus e Milan, insieme a PSG e Bayern Monaco … Real Madrid e Barcellona …
Arsenal, Chelsea, Liverpool, le due di Manchester … Il documento appare come
una prima bozza di accordo destinato con ogni probabilità a essere integrato
nei prossimi mesi. Di certo però la Lega dei big del pallone sembra determinata
a prendere il posto della UEFA … La nuova società, di cui il Real Madrid
sarebbe il maggior azionista con il 18% … del capitale, avrebbe il compito di
fissare i criteri per la distribuzione dei proventi televisivi, oltre a
decidere e applicare le norme che regolano il nuovo campionato su scala
continentale, un torneo che lascerebbe ai singoli campionati nazionali,
riservati alle squadre di media grandezza, soltanto le briciole della torta miliardaria
del calcio …. La futura Superlega potrebbe contare anche sulla partecipazione
di … Inter e Roma, Atletico Madrid,
Olympique Marsiglia e Borussia Dortmund”.
In
special modo il Bayern Monaco “avrebbe
studiato i modi per uscire dalla
Bundesliga e per non concedere più i propri giocatori alla Nazionale tedesca”.
La frase del titolo è
stata pronunciata da una donna, di circa venticinque anni, in presumibile
possesso di un diploma di laurea in scienze umanistiche. Si rivolgeva ad altre
sue pari, laureate anch’esse, in vista dell’organizzazione di un evento culturale
presso un’istituzione pubblica - evento che coinvolgerà (questo lo so per certo)
alcune scolaresche romane.
Laureate, nate a
ridosso del nuovo millennio, precarie. Italiane per caso: teneri esserini del futuro.
Mi trovavo lì, di prima
mattina, per restituire un libro di Costanza Papagno, Come funziona la memoria.
Se il saggio della Papagno
si riannoda inconsapevolmente ad alcuni temi di Blade Runner, le parole della
ragazza - un’addetta culturale della Repubblica Italiana in via di
acculturazione o deculturazione - mi
hanno fatto venire in mente un racconto di Philip Dick, Souvenir. Anche qui,
come vedrete, si parla di acculturazione; forzata. La tesi è semplice: di
cultura ne deve rimanere una sola poiché le alternative sono pericolose per un
retto progresso. I cinesi, Halloween. Deculturare l’Italia è stato più facile
del previsto tanto che, quando a un Italiano ricordi chi siamo stati (sia pure
un Italiano che si picca d’esser istruito o, addirittura, cólto), questo
reagisce con supponenza o fastidio o cinica albagia liquidatoria (l’aria di
sufficienza è tipica dei coglioni; non è un caso che la maggior parte degli
Italiani che si presumono cólti, infatti, e lo dico con cinica albagia
liquidatoria, è costituita da perfetti coglioni). I cinesi, Halloween.
Presto toccherà anche
ai cinesi e a Halloween il dissolversi; intanto un risultato è stato raggiunto:
dissolvere noi. Ammetto di essere lagnoso; ammetto, al contempo, che, se fosse
per me, avrei scaraventato da tempo i cinesi e Halloween fuori dei confini del Regno:
purtroppo io nulla conto. Tali parole le ho
ascoltate poco prima di recarmi alla raccolta delle olive; un rito faticoso e
antieconomico a cui mi sottopongo sol perché, undici anni fa, bofonchiai un
giuramento al capezzale di un mio avo. La parola data, la
promessa da mantenere a ogni costo, l’impegno che lega: tratti psicologici dei
perdenti attuali. Abitanti del mondo di Williamson.
* * * * *
Philip
Dick scrisse Souvenir nel marzo 1953;
fu pubblicato nell’ottobre dell’anno seguente su “Fantastic Universe”.
Campi da gioco a San Lorenzo (1931). Dall'album "Roma Sparita"
Roma, 25 ottobre 2018
Una
sedicenne, una ragazzina: stuprata nel sonno indotto delle droghe,
in un edificio fatiscente, quindi uccisa o lasciata morire; i particolari non
sono rilevanti. Il
volto di Desirée, come quello di Pamela Mastropietro, campeggia incessantemente
sui visori delle multiformi trincee digitali. Il dibattito viene aperto da subito e reso,
da subito, inintellegibile. Alcuni raccolgono facili adesioni politiche
sporgendo le trippe dell’avevo-detto-io, altri, i coda-di-paglia, giocano in
difesa inalberando diritti mistici; studiosi e professori e indagatori sociali,
intanto, estendono articolesse dove si danno pacche gli uni con gli altri:
accusano, smorzano, deviano … non gliene frega molto … a loro interessano le
tartine sulla scrivania universitaria … assolto il compitino, con uno sbadiglio
se ne andranno a casa dove li attende la partita di Champions League; o
degusteranno ostriche alla diossina in qualche ristorantino che solo loro
conoscono (“conosco un posticino …”). Desirée
è morta. Non conosco i colpevoli, non m’interessano. Ciò che mi interessa, come
nel caso del ponte Morandi (La bellezza come argomento), è il luogo dove tale episodio - di un’apocalisse che si segue, giorno dopo
giorno, in poltrona - si è consumato. San Lorenzo, una volta borgo operaio e
artigiano, e oggi sede indiscussa della cosiddetta sinistra antagonista ovvero
di ciò che è degenerazione postmoderna del Sessantotto, a sua volta risibile e sanguinosa
parodia del socialismo ottocentesco. San
Lorenzo: un immondezzaio a cielo aperto.
La
controcultura degli anni Sessanta: Berkeley, hippies, droga, amore libero, il
pop-rock, il femminismo, la lotta contro il sapere pregresso (tutte nozioni!
tutto falso!), l’immaginazione al potere, l’omosessualismo, le Pantere Nere, le
streghe son tornate, gli Indiani Cicorioni, Katanga, prima il piacere poi il
dovere, la Cina è vicina, i preti operai, la chiesa del dissenso, il Concilio
conciliante, diritti ai prigionieri, LSD, viva la pace, merda d’artista, teatro
off, cinema off-off, Imagine, Africa über Alles.
Qual
è l’elemento unificante di tale offensiva, apparentemente velleitaria?
La negazione della
logica occidentale, ci tengo a precisarlo. E di tutto ciò che la logica
occidentale ha costruito nel tempo: la classicità, il Cristianesimo, l’arte, la
scienza. La negazione della classicità, del Cristianesimo, dell’arte e della
scienza forma il meschino denominatore comune di quell’ondata inarrestabile
tanto che oggi possiamo dire di vivere secondo l’etica, debitamente ripulita,
dei controcultori di mezzo secolo fa.
Eccoli li, Hitler e Mussolini in automobile. Labari con svastica, ancora Hitler in varie pose, qualche gerarca nazista che non mi premuro di identificare. Dalla parte opposta della strada, fra puzzo di orina e DVD pornografici di varia inclinazione, calendari di Benito Mussolini, libri editi durante il Ventennio, materiale celebrativo e agiografico del colonialismo.
Domande alle scolaresche italiane.
L’attacco di Via Rasella nel 1944 da chi fu compiuto?
Risposta di una larga parte: dalle Brigate Rosse.
La Triplice Alleanza?
Risposta: Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Germania, Spagna …
E l’Impero d’Austria e Ungheria? Sì, c'era anche quello, con cautela …
D’altra parte, perché no?
La risposta fa il paio con quella di John Belushi in Animal house; per risollevare il morale della confraternita universitaria Blutarski/Belushi si lancia in un discorso patriottico: “Animo! Dobbiamo reagire, come i nostri padri! Come quando i Tedeschi attaccarono Pearl Harbour …”
In effetti bagnetto di sangue sarà ... con populisti e fascisti sugli scudi ... peccato che gli Italiani faranno la consueta parte dei vitellacci piagnoni ... o dei rodomonti col fucile a tappo e spade di cartone ("li appenderemo ai lampioni!"; come no, buonanotte poppolo bue ...).
"L’importante è riguadagnare le strade. E non sbagliare bersaglio". Non è che, sotto sotto, nel 2015, covassi ancora una speranziella? La chiusa, riletta dopo tre anni, pare uno svacco da miles gloriosus.
Ricordare, invece, il nome di François Hollande dona un brivido ambiguo: a mezzo fra il ghigno e il terrore del criceto nella ruota. Ci tenevo a dirvi: essersi occupati di Wolfgang Schauble, lo riconosco, è ignominioso. Tale lo scotto da pagarsi quando si affondano le mani nella melma dell'attualità (che diviene inattuale la sera a cena).
Pubblicato su Pauperclass il 14 luglio 2015 Nel film Il dottor Stranamore, di Stanley Kubrick, una delle anime nere della distruzione del mondo è, appunto, il dottor Stranamore, uno scienziato nazista naturalizzato americano … paralitico … lo psicopatico perfetto, intangibile dall’empatia, uno che sibila ghignando dati sulla mortalità mondiale … un miliardo di qua, uno di là … un manipolatore di soldatini … il pianificatore oggettivo e sarcastico della fine dell’umanità. Kubrick era un profeta. Sapeva. Sapeva davvero. La pellicola è un capolavoro satirico: americani, nazisti, tedeschi, generali impazziti, presidenti americani che parlano a vanvera, coglioni, russi impotenti … nel film c’è tutto … Un riadattamento nostrano potrebbe contemplare il paralitico Schauble, ministro delle Finanze crucco, al posto di Peter Sellers/Stranamore.
Incontro una conoscente alla fermata dell’autobus. Lo sciopero delle linee periferiche a Roma si protrae da una settimana, i mezzi passano con lentezza esasperante; o non passano affatto. C’è tempo per divagare. “Cosa dice l’oracolo?” e alludo all’applicazione per cellulari che monitora la frequenza dei bus. “Puoi metterti comodo … qui dice venti minuti”. “Perfetto! Arriverà farcito di pezzenti che debordano dai finestrini”. “Sei razzista!”. “Intendevo: pezzenti come noi … e pezzente come le casse comunali … non pagano gli stipendi a quei poveracci di autisti e ci tocca scarpinare”. “Non credo che le casse comunali siano così sguarnite. Per le loro scemenze i milioncini li trovano”. “Ti butti sul populismo adesso? Non ero io il qualunquista principe?”. “Ma quale populismo … si tratta di atti precisi della pubblica amministrazione. Proposti, approvati, firmati e controfirmati, con svolazzi di stilografiche e timbri imperiali. I milioni vengono dirottati secondo le normative più ferree. Per questo il deficit si alza sempre. E si alzerà sino al botto finale. Inutile cercare i ladri”.
Essersi occupati di Matteo Renzi, lo riconosco, è ignominioso.
Tale lo scotto da pagarsi quando si affondano le mani nella melma dell'attualità (che diviene inattuale la sera a cena).
Pubblicato su Pauperclass il 25 giugno 2016
Prima le elezioni italiane, poi la Brexit. Due eventi importanti per quel che resta del nostro Paese. I fatti in questione hanno dato la stura a migliaia di interpretazioni. La maggior parte d’esse è vergata, per usare una salace definizione di Giulio Andreotti, da “profeti postumi”, ovvero da coloro che piccansi d’aver preveduto l’imprevedibile: “come avevo detto …”, “come era scontato …”, “era inevitabile, com’io ebbi a dirvi …”, “come scrissi un anno fa …” oppure “come si evince dal mio libro del 2012 …” è intercalare usuale fra tali Nostradamus a babbo morto. Nulla da eccepire, per carità … ognuno è libero di cicalare come meglio crede … sarebbe preferibile, tuttavia, per la nostra sanità mentale e per intendere con più sagacia gli sviluppi futuri, lasciar almeno depositare la polvere di tali esplosivi accadimenti. Per conto mio, essendo ignorante come una zucca in politica, geopolitica e affini, mi limito a descrivere zone marginali della storia italiana – landa già marginale di suo. Il mio campo, infatti, sono le prospettive minime e inconsuete. Sono un Gozzano della controinformazione. Per cui dico subito che non so cosa accadrà dell’Europa.
Essersi occupati di Pippo Civati, lo riconosco, è ignominioso.
Tale lo scotto da pagarsi quando si affondano le mani nella melma dell'attualità (che diviene inattuale la sera a cena).
Per
rinverdire tali fruste considerazioni si può operare in tal modo:
1. riconoscere che la mossa attuata
da Civati è strutturale: l'inossidabile, inaffondabile, finta di Garrincha.
2. Sapere che Civati può essere sostituito da chiunque. Prima o poi, a esempio, torneranno in scena Scalfarotto o Landini o altri figuri. Basta, perciò, cancellare Civati e inserire il nuovo nome come in una equazione della vergogna politica e rileggere il post con occhi nuovi.
La signora in foto è Monica Vitti come Ninì Tirabusciò, la donna che inventò la mossa.
Pubblicato su Pauperclass il 29 maggio 2015
E così il coraggioso
Civati, dopo appena due anni di infruttuosi tira e molla nel peggior
partito d’Occidente (sedicente di sinistra), ha deciso il grande passo. Si è staccato dalla casa madre. E chi si è portato appresso? Nessuno. Neanche una Puppato. Come
trascinatore di folle non c’è male. D’altronde la faccia testimonia per
lui: è una nullità. Resta da stabilire se tale insuccesso carismatico è
dovuto al motivo anzidetto (è una nullità) o, più probabilmente, alla
sua estrema delicatezza: quella che impone di non disturbare il
manovratore, ovvero il subcomandante Matteo, il Poroshenko del Lungarno,
ex quizzarolo e presidente di provincia, ex sindaco, e ora segretario
PD e felice premier dell’attuale governo fantoccio.
Uno
dei pochi blogger leggibili in Italia: Carlo Bertani.
Pacato,
normale, sensato. Ciò non significa che sia d’accordo con il suo pensiero;
significa, invece, che le pagine da lui scritte sembrano promanare da un
individuo ragionevole, pacato, con cui si può - anche - amabilmente o
ferocemente dissentire (sempre in maniera amabile, ovvio).
Il
suo ultimo post è su Maur[izi]o Biglino.
E
chi è Maur[izi]o Biglino? Uno studioso della Bibbia. In base ai suoi studi, matti
e disperatissimi, si suppone, poiché l’ebraico antico (come l’etrusco, il
tocario, l’ittita e il lineare B) è un labirinto imperscrutabile ai più, afferma
che il Testo Sacro par excellence non è, ahi, un testo sacro, bensì, per quel
che si è potuto capire, il resoconto di una colonizzazione aliena. Elohim (gli
Elohim), una civiltà avanzatissima, in grado di modificare geneticamente l’uomo
(incrociandosi con esso). Yahweh fu il figlio di uno di tali Elohim: “comandante militare” che ebbe a
subornare la casa di Giacobbe “onde
conquistare lembi di terra e piccole aree del territorio palestinese”. Come amava dire Gadda: "Io stupiva".
Poi c’erano altri
Elohim, un pochino più navigati e di larghe vedute: questi avevano in
concessione gente un tantino meno rozza: Egiziani e Greci.
È forse un caso,
leggo nel post del buon Bertani, che ci sia un elicottero Apache (almeno è quel
che mi pare di intravedere tra le cisposità del primo mattino, ammammaloccuto,
con il croissant stillante caffellatte davanti alla bocca semiaperta) tra i
geroglifici di una stele egizia?
E così in Gemania c’è stata la rivoluzione. Più precisamente: in Baviera, terra dell’Ispettore Derrick. La CSU, una gamba del governo Merkel, ha perso le elezioni. Le buccine giornalistiche, quando manco v’era la certezza di un exit poll conclusivo, avevano già deciso su quale tonalità strepitare: il cambiamento. Strepitare da subito, prima che il volgo capisca cosa è successo, rimane un classico della propaganda. Una sorta di imprinting: lo spetezzo più veloce, meglio se all’unisono con altri culi da trombetta, decide il profumo definitivo da annusare nelle settimane a venire. In attesa di altre ventilationes. E stavolta è difficile liberarsi dal profumo del cambiamento, annunciato con tale fragore da Milano Finanza, blog e giornaloni conniventi.
La Biston Betularia, una falena dalle ali chiare, punteggiate da minuscole macchie più scure, svolazzava indisturbata, nei primi dell’Ottocento, fra la selvaggia chiarità delle campagne inglesi. Si posava, con flemma britannica, sulle betulle indigene, ricche di licheni bianchi: lì, immobile, poteva mimetizzarsi perfettamente; e riposare. Si trovava, infatti, nel proprio elemento, con cui aveva ingaggiato un progressivo rapporto simbiotico: millenni di lotte, fughe, inganni e crudeltà venivano racchiusi in un insettino solo apparentemente insignificante. In esso, però, vivevano milioni di ascendenti e, soprattutto, ancor più, i nemici sconfitti. Si poteva ben dire che il complesso e ingannevole vestimento le era stato donato dalla lotta coi predatori più accaniti. Ora prosperava naturalmente, fra gli alti e i bassi di un’esistenza fugace, aleatoria e libera. Le guerre non mancavano; il gelo poteva uccidere; la farfallina era, tuttavia, perfetta: strutturata per la vasta eternità. Poi venne la Rivoluzione Industriale. Gli aggregati metropolitani cominciarono a produrre tonnellate di fuliggine da carbone. Le betulle annerirono, assieme ai licheni della superficie. La bianca falena, ora, risaltava con evidenza accecante sui tronchi: i predatori procedettero lentamente allo sterminio. Una variante scura della betularia, una popolazione fin lì assolutamente minoritaria, vide lentamente e irresistibilmente crescere le probabilità di salvezza. Le proporzioni si invertirono: da 99% a 1%; da 1% contro 99%. Le Carbonarie, sui tronchi anneriti dal progresso, si mimetizzavano con facilità; le altre non avevano, invece, alcuno scampo. Intanto l'immaginario Oliver Twist, ignaro della strage, popola l'Inghilterra, terra di confusione, nelle pagine di uno scrittore di Portsmouth.
Ridicolo l'acculturamento che è stato promosso e promesso dalla scuola dell'obbligo e dalla laurea facile post-sessantottina che ci ha reso tronfi saccenti, incapaci di usare le mani per procurarci la sopravvivenza al di fuori del frigo e del forno. Terribile il disprezzo statalizzato di uno Stato progressista contro le arti pratiche di cui eravamo ricolmi in esperienza, saggezza e tradizione scaturita dalla sorgente di evi dagli abbagli luminosi, sfuggenti da pieghe oscure, esercitato “democraticamente” allo scopo precipuo di importare schiavi a basso costo che non hanno passione per l'artigianato, l'arte e la storia dei popoli che li ospitano, ma famelica necessità di arrivare prima sugli ultimi brandelli di quel che rimane della carcassa europea. L'analfabetismo doveva essere piegato per far posto all'ignoranza di massa sulle questioni di critica al sistema. Il sistema - freddo, cinico, burocratico, statistico, onnipervasivo - continua a ripeterci che, prima di lui, c'era la barbarie, dopo di lui, l'anarchia, in mezzo, in un presente amorfo, la globalizzazione, l'amalgama fluida, senza spigoli, bordi, confini, di cose e persone, che sgomitano per un pasto caldo ogni 8 ore in una cella da pagarsi con un debito trentennale.
La
castrazione chimico-digitale ha ottenuto effetti di sorprendente efficacia.
Non
se ne trova uno.
Conculcare
la “mano morta” ha prodotto un doppio effetto: creare esserini asessuati o
degli squallidi libidinosi.
I
primi sono quello che sono: li riconosci dal ciuffo ingelatinato; i secondi
sono sprofondati in una sorta di cupio dissovi bestiale, buono per essere
stigmatizzato dal MeToo.
I
controinformatori e i controinformati continuano a tifare Putin contro Nato, ma
la realtà, micidiale, è che il tifo cela la totale, irrevocabile, mancanza di
materiale umano adatto a una rivoluzione. Macché: pure a un tafferuglio. Senza
maschi non c'è rivolta, questa una verità umana, troppo umana; talmente
semplice da sfiorare il becero e il crasso (maschilismo).
Dire:
la situazione nelle periferie è esplosiva, significa nulla. Il potere, nella
esplosiva situazione delle periferie, nei ceffoni tra Singh, De Rossi e
Seferovic ci sguazza alla grande; come nelle vetrine sfondate, nei bancomat
schiantati, nei supermercati svuotati. Un’ondata di risse e mischie, con
sottofondo razziale, è, anzi, auspicabile per chi voglia celare la questione
primaria: Usura e Identità.
Eviscerare
testicoli e ovaie culturali ai giovani italiani ha prodotto dei cretini. Ne
abbiamo già parlato, anzi: ne parlo da sempre. Castrare i maschi, grazie al
possente chiacchiericcio politicamente corretto, senza soste, ha immesso sul
mercato della resistenza controculturale dei goffi nerdacchioni. Castrati di
tutto, ovviamente. Le automobili le sanno più riparare? La caccia? La zappa
sanno cos'è? Le armi, in generale? Coltelli, spade, fionde, balestre, una volta
sogni dei ragazzini? Conoscono il funzionamento d'un generatore? Sanno quando
maturano certi frutti? E le patate? Si piantano? Crescono sugli alberi o
sottoterra? A lacci per cinghiali come stiamo? Arti marziali? Lotta? Orientamento
nei boschi? Marce, gerarchia? Come si cucinano i gamberi di fiume? Vendemmia,
seminagione, castagne, olive? Il nodo alla cravatta? A sport di squadra come
stiamo? La pallavolo ... la pallavolo ... la pallavolo ... ma che pallavolo! A
pallone si gioca! E i fucili? Sanno di cosa si parla? Le molotov? E pisciare?
Il getto è dritto o moscetto, da prostata malinconica pure a vent'anni? Si
fanno più le gare a chi piscia o sputa più lontano? Bullismo? Come stiamo con
gli scherzi feroci nelle camerate? Capisco ... non ci sono più le camerate ...
a pugni, allora, si fa più a pugni? Si gioca per la strada? Si spaccano crani?
Okkio ... si palpano, in corsa, le chiappe delle sconosciute?
C'è
ancora chi crede che il gender sia stato introdotto per rispettare le donne?
Siamo
diventati più rispettabili, più azzimati, amanti del galateo. Anzi, nemmeno di
quello, più asettici e neutri. In trent'anni. Trent'anni ... allora è vero che
il comunismo serviva a qualcosa, mi ha recentemente detto un vecchio
fascistone. Sì, a tenere alto il conflitto. Almeno c'era un po' d'azione, ha
concluso con un sorriso da pugile suonato. Il comunismo era ciò che tratteneva,
ora nulla trattiene, siamo entrati nel Mondo Nuovo, Unico. Poca violenza, molta
repressione interiore, monodimensionalità ... in nome della Bontà, ovvio.
In
Italia non potremmo fare la rivoluzione manco se risorgessero Che Guevara, Caio
Mario, Garibaldi e Spartaco mettendosi al nostro servizio. Non esiste più il
maschio. E nemmeno la femmina, peraltro, almeno a guardare il trio di punta del
MeToo: Asia Argento, su cui taccio; Rose McGowan, una lesbica fidanzata con Rain
Dove, una modella (di largo successo) che è una donna che è convinta di essere un uomo che è convinto di essere
una donna e, forse, è davvero così.
Dopo
aver visto Rain (al nome credevo fosse una pornostar: l'avevo scambiat* per
Misty Rain) sono corso a prendere il DVD di Roma
ore 11: solo la contemporanea presenza di Carla Del Poggio, Lucia Bosé,
Elena Varzi, Lea Padovani e Delia Scala ha fornito il litio necessario a
superare la depressione.
No,
non c'è speranza, non venitemi a commentare sotto casa o a ciarlare di speranza
che vi cancello ... bestemmiate, magari ... è più costruttivo.
Pure
Luca Traini, l'estraneo, legge un pappone in aula per scusarsi di ciò che ha
fatto, come un Homer Simpson che abbia preso gusto alla ciambella
dell'ecumenismo. Anche i razzisti e gli stragisti qui sono mansuefatti,
addomesticati: hanno sbagliato, ma non sbaglieranno più! Giusto! Questa è l'età
della scusa. Non si può prendere a sberle la moglie fedifraga, o il figlio
somaro, o il rivale in amore o quello che ti riga la macchina al parcheggio ...
si debbono intavolare trattative democratiche ... la moglie è a letto con
un*altr*? Si porga il biglietto da visita. Il figlio è uno scemo con l'occhio
languido? Lo si impasticca o lo si manda dallo psicologo infantile ... i
ceffoni sono fascisti ... il padre legittimo divorzia? Esca a fare bisboccia col
cazzon successore.
A
leggere i commenti online sulla resipiscenza di Traini che legge le sue scuse
alla nazione, ai nigeriani, al mondo corretto e al cielo dei migranti ci si
accorge di cosa è successo ... la svirilizzazione del maschio è totale ... in
nome della legge e della correttezza, beninteso ... aveva ragione, ancora unavolta, Jean Raspail ... presto entreranno in casa un paio di belinoni
nigeriani, attaccheranno un pistolotto boldriniano sull'ingiustizia dei bianchi
contro i neri e i bianchi lasceranno le stanze di loro spontanea volontà,
felici di aver ottemperato alla bellezza del Nuovo Mondo imparziale ... le
donne, pure loro, senza ovaie ... sono state svuotate della femminilità e
infarcite di bei diritti ... e ora possono godersi l'indipendenza ...
isteriche, istruite, civilizzate dal progresso e col lamento incorporato ...
come le vecchie bambole col disco nel dorso ... emancipate, emancipatissime, a
sei euro l'ora, in carriera nei supermercati, nel terziario avanzato, nelle
pulizie, nei CAF sindacali ... a riempire moduli a cottimo per far ottenere a
Chin Chan Pai la pensione, l'indennizzo, la 104 ... sfinite già a trent'anni
... coi mariti gonfi di popcorn e depressione post partum ... se sono fortunate
... altrimenti c'è il simulatore fallico sul comodino.
Le
femministe al corteo dell'UDI: col dito! col dito! Ma il progresso, in tale
campo, avanza.
Traini,
cattivissimo, quello che svuotò un caricatore senza prenderci mai ... anzi, no,
qualcuno lo prese ... per fortuna della vittima: così il vulnus può risanarsi
con qualche centinaio di migliaia di talleri ... tutti i cattivi debbono andare
in galera ... i cattivi in quanto cattivi e, perciò, poiché cattivi, in quanto
fascisti. Dal primo all'ultimo, sono d'accordo. Il mondo non dovrà avere più
cattivi: e non li avrà, ve lo prometto! D'altra parte, ragionate: come si fa a
essere cattivi col ciuffo ingelatinato sulla fronte? La barba scolpita? Quando,
la sera, si programmano - fra maschi! - nottate davanti al videogame? Come si
chiamava, Fortnite? Proprio ieri ho sorpreso dei venticinquenni a litigare
(litigare!) perché uno di loro, nel gioco, era troppo veloce ... e lasciava i
compagni indietro ... e, quindi, i compagni digitali eran caduti in un agguato
... agguato digitale ... e uccisi ... roba da chiodi ... roba da depressione
caspica.
Quell'altro
tizio di Riace, faccia dai tratti rilasciati e indistinti, sta in galera, pure
lui. Ma é un gioco di specchi. Traduco: voi lo vedete in galera, ma, in realtà,
è sugli allori. Presto arriverà la consacrazione. Aspettate, con calma, in
poltrona. Se c'è una cosa che sa fare l'Italiano senza coglioni è cambiare
rotta con cautela ... all'inizio si tratta di millesimi di centimetro ... poi,
col tempo, il divario fra ciò che dovrebbe essere e ciò che effettivamente è,
si allarga ... e alla fine chi è al gabbio si ritroverà, dopo tante scuse, in
Parlamento.
I cattivi, i maschi ... dove saranno andati a finire? Residuano nella bassa
criminalità. Quello che ha dato una capocciata al free lance a Ostia ... Spada
... un diecimila di quei tipi sotto casa di Moscovici e le cose prenderebbero
una diversa piega ... c'è poco da cianciare ... le rivoluzioni nascono nel
sangue ... Robespierre era un avvocato, cioè un criminale del linguaggio, e agiva fomentando
gaglioffi e tricoteuses. Ammetto che non è più tempo di sangue e cordite, è
tempo di ragionevolezza ... di veri e propri déjeuner sur l'herbe ... a
ingoiare crostini da concertazione dei sensi ... ci siamo fatti più scettici,
disillusi, distaccati ... e non perché lo siamo davvero: scettici, disillusi,
distaccati ... ma solo perché non siamo capaci di fare nulla ... la correttezza,
il volemose bene alla John Lennon, la tolleranza, l'accoglienza non derivano da
una riflessione profonda sulle istanze metafisiche dell'animo, ma da un crollo
antropologico e fisico ... lungamente perseguito da chi sa ... e sa molto più
di noi, per istinto ... quando tutto ciò che definisce un essere umano viene
incasellato nel "male" non ci resta che divenire ragionevoli, di venire a patti, chini sotto le forche caudine ... ragionevoli, non
razionali ... che la razionalità è da uomini ... ragionevoli e impotenti,
vestiti dell'organza della sottomissione a un corollario di valori anemici,
eterocliti, stranieri alla nostra vera essenza.
A Caudio, oggi provincia di Benevento, il sannita Gaio Ponzio fa erigere gioghi sotto cui si umiliano i comandanti romani. Alcuni di loro vengono sodomizzati. L'orrore per l'ignominia propagherà le sue onde psicologiche per secoli.
L'ultimo
uomo e la trasvalutazione di tutti i valori sono davvero realtà!
Appunti
per letture a venire: razze di cani create tramite mansuefazione. Manualetto.
Si
reprime un istinto, tramite uno spietato e accorto gioco di premi e castighi, e
si crea una seconda natura. Le femmine, intanto, vengono accoppiate con altre
razze, scelte per la bisogna, più adatte ai fini dei domatori. La risultante:
cani da compagnia, da caccia ai fagiani, da tartufi. Eugenetica e nuova etica:
altri cani. Più utili, più buoni.
Su una cosa Nietzsche ha ragione da vendere: la maleducazione, il rilievo urtante della personalità, la vitalità volgare, hanno, quasi sempre, i tratti genuini della forza, di ciò che ascende.
Leggo
che un capostipite dei Casamonica era sposato a una Spada, Teresa.
I
Casamonica, gente d'Abruzzo, di origine sinti, come il calciatore Andrea Pirlo,
l'ultimo vero fuoriclasse, avevano in mano il territorio del Mandrione, una
borgata romana estrema e poverissima.
Uno
dei pezzi più significativi di Carlo Emilio Gadda in Le meraviglie d'Italia:
Genti d'Abruzzo. La canzone più bella scritta da Pasolini: Cristo al Mandrione.
Ne esiste una bella versione di Gabriella Ferri.
Sia
Pasolini che Gadda vantano un fratello morto, un fantasma nell'ombra. Come
Catullo.
Solitari,
misantropi: in grado diverso. Rifiutati dall'Italia. Fecero una brutta fine,
infatti.
Di gente in gente, di mare in mare ho viaggiato, o fratello, e giungo a questa mesta cerimonia per consegnarti il funereo dono supremo e per parlare invano con le tue ceneri mute, poiché la sorte mi ha rapito te, proprio te, o infelice fratello precocemente strappato al mio affetto. Ora queste offerte, che io porgo, come comanda l'antico rito degli avi, dono dolente per la cerimonia, gradisci; sono madide di molto pianto fraterno; ti saluto per sempre, o fratello, addio.
Caro
Lei ... anzi, caro Voi (mi rivolgo, infatti, al fascistone anzidetto) ... qui
ci vuole una guerra ... stragi, morti, ustioni, cancrene, case che crollano ...
non siete d'accordo, caro il mio Farinacci degli stivali?
Certo!
Sono con Voi, tovarisch ... mi risponde quello. E obietta, giustamente: e però,
... Vos quoque ... cadete nella sindrome del Grande Botto ... siccome siete
sempre lì a digitare e a masturbarVi, caro Voi, sulla tastiera del nulla ... vi
siete ridotto a tifare la catastrofe! Un comportamento che prima addebitavate
ai coglioni ... e ora ... non sarà che vi state rammollendo?
Colpito,
affondato! ... Touché! Ma cosa volete che faccia ... che mi metta a gridare
"Vogliamo i colonnelli" dal balcone? I colonnelli, ormai, rubano
nelle furerie ...
Allora
non fate niente, amico mio, e scusatevi. Avete pargoli? Meglio non mischiarsi alle retroguardie ...
Giusto!
Non resta che scusarsi, allora ... non del nostro comportamento, ma della nostra stessa
esistenza! Annusare gli angoli, prepararsi alla successione ... con un bel testamento ... lascio ... a chi se la prende ... una casa A2, media periferia, garage, termoautonoma item magione rustica in piena Tuscia ... item terreni con seminativo e frutteto e servitù prediale annessa ... item casaletto magazzino ... item un gallo ad Asclepio ...