Decifrare il passato (e il presente)

Racconti e improvvisazioni

Novità sconsigliate ai puri di cuore

06 marzo 2021

I simulacri


Unreal City, 6 marzo 2021

Un qualunque artificio, un gesto, una consuetudine, un suono, una parola.
Quanti secoli o millenni sono occorsi per tramandarlo sin a noi?
Eppure, oggi, son bastati pochi decenni per ridurla in cenere.
Un Essere neutro e meschino è qui, dorme accanto ai bambini, passeggia col viso benevolo, incontro agli anziani, accarezza il ventre delle puerpere, si esibisce da palchi correttissimi; amico del cane, della foca, degli alberi, degli Ultimi; la Sua bilancia, apparentemente equa, dona al povero e al malato, allo storpio e alla puttana
Egli sorride, a ognuno.
Basta osservarlo, però, con più attenzione, magari in un attimo in cui rilascia inavvertito i lineamenti, per scoprire le gengive fameliche e uno sguardo esulcerato dalla follia.
Egli non è la Morte, poiché la Morte è benigna, Sorella Morte.
Questa Moira onnipotente, invece, viene, forse a ritroso, dalla fine dei tempi; osserva distaccato, da paesaggi remoti e desolati; il fiato diaccio, la fronte bianca, da lebbroso, la cavità del naso bendata da un brandello di sudario. Ma nessuno si accorge dell’inganno. Egli sfiora, continuamente, ognuno di noi, con le dita distorte: noi e gli oggetti più consueti, i volti, le prospettive, ciò che fu sempre consustanziale all’umanità e per essa vitale, tramutandolo in Qualcosa d’Altro, indistinguibile dall’originale, ma vuoto, freddo, inetto e destinato alla distruzione.  Il contagio dilaga, quotidianamente; ciò che si credeva sacro è dissacrato, il falso convive con il vero sino all’estinzione del vero.

Il vero e il falso, alla massima potenza, sfiorano gli occhi di tutti; chi, tuttavia, si accorge di tale lebbra che rende insensibili e vuoti? Il falso, continuamente alimentato, dilaga; il vero, come un bimbo non amato, si rassegna, deperisce a vista d’occhio, dilegua. Un paesaggio che Egli osserva muta improvvisamente; pare lo stesso di prima, ma non è così. Del pari un saluto, un albero, un moncone di muro, una strada. Nulla sembra cambiare eppure tutto è cambiato. Si avverte un disagio: cosa sta accadendo? The time is out of joint. La falsificazione, inavvertita, comincia a scavare metalli, carne, legni, pietre. Anche noi diveniamo falsi, lentamente, l’epidemia avanza incontrastata, un torpore invincibile inaridisce un braccio, risale le arterie, reifica il cuore, paralizza la coscienza naturale.
Eppure nulla sembra cambiato: ma tutto è cambiato.

Legge di Siegel. Il digitale, la paccottiglia dell’umano, la parodia della storia, invade ogni pertugio, deborda dai cessi, dai visori, dalle università, dagli empori, dalle lingue; nella notte, inavvertito, uccide ciò che ritiene la propria copia, vi si sostituisce, come uno psicopatico. Replica sé stesso, come un tumore fulmineo, sino a guardare, come in uno specchio allucinato, miriadi di sé stesso. Prima o poi, ragiona, dominerò il mondo. Ma non c’è gioia in ciò che dice, solo ansia di distruzione. Di bocca in bocca, di lingua in lingua, egli conquista le anime.
I suoi proseliti passano le giornate seduti, con la testa vuota, compiendo atti risaputi e minimi, insulsi, un sorriso sardonico e disperato stampato diuturnamente sul volto. Si proclamano giusti, ma si rendono conto d’essere solo i Golem d’un carnefice: vorrebbero quindi urlare, fare qualcosa, ma non sanno più farlo. E allora si inginocchiano al loro despota.
Egli sta.
Egli è il vincitore.

Don Siegel illustrò ciò che oggi accade ne L’invasione degli ultracorpi (Invasion of the body snatchers, 1956). Mentre filmava quella roba di routine tratta da un romanzo di fantascienza dell’anno prima, il brillante Don non aveva idea di cosa sarebbe accaduto di lì a settant’anni. Probabilmente pensava solo a sbarcare il lunario; forse a tirare giù un blando libello anticomunista; o magari, lui ebreo, di inscenare la disumanità tedesca ai tempi di Weimar. Ma la storia è così, s’invera per sentieri reconditi, manifestandosi anticipatamente laddove non crederemmo di trovarla.
Intanto i body snatchers, i simulacri, sono al potere.

The simulacra di Philip K. Dick esce nel 1964. L’autore lo ambienta nel Ventunesimo Secolo. La scena mondiale è dominata dagli “Stati Uniti d’Europa e d’America” (USEA= United States of Europe and America) il cui Presidente è Der Alte. Nello svolgersi vorticoso del romanzo dapprima si scopre che il Presidente è un simulacro e che il vero Potere è nelle mani della First Lady, Nicole; quindi che Nicole è solo un’attrice che impersona una morta (un simulacro, perciò) controllata dai veri padroni dell’USEA.
Ricorda qualcosa? E come mai Philip K. Dick poteva scrivere simili cose nel 1964? Perché era un uomo completo, rinascimentale; non un geometra con la laurea STEM.

L’ostrica, ermafroditica, tenace, rista presso le scogliere e i fondali più bassi. Nulla infrange la sua quiete antidiluviana. A volte, però, ecco l’imprevisto: una scheggia minuta o un granello di sabbia si introducono entro le valve. Il fastidio, l’irritazione: dietro l’intrusione si cela il pericolo. L’ostrica cerca di espellere quell’entità estranea, ma non vi si riesce; allora, a preservare sé stessa, inizia un lentissimo lavorìo di autodifesa avvolgendo quella fatale particola aliena in una patina traslucida, via via più perfetta. Questo semplice atto naturale di sopravvivenza, del tutto casuale, origina la perla, la cui purezza sempre affascinò gli antichi.

L’uomo ascende le bassezze delle ere. Minuto, fragile, sempre sul punto di cedere il passo a nuovi vincitori, resiste a prove devastanti. Nevi perenni, caligini, paludi, predatori, siccità, malattie, veleni: sempiterna vittima, dimostra, tuttavia, un istinto superiore, incrollabile. Vuole vivere. Finché, un giorno, uno di loro scopre, iscritta su di un monolite, la sequenza dei primi tre quadrati: ora sa. La ragione, come un virus, entra nel suo sangue. Diviene un dominatore, progetta, uccide, prende in mano il proprio destino. E, però, forze vitali di bestiale ascendenza lo mettono in guardia, lui inconsapevole. La scheggia della razionalità, conficcatasi nel cervello, è lentamente avvolta dall’istinto di sopravvivenza in una patina madreperlacea che, nei millenni, con deposito da stillicidio, forma perle d’inestimabile bellezza: è in questa epoca che nascono fra i bruti e gli ominidi i primi Artisti, i primi Sapienti, i primi Santi. Come autodifesa dalla razionalità. Una mano effigiata sulla parete d’una caverna, un abaco rudimentale, un bastone sciamanico, una tibia-flauto. Da quella ingenua e commovente immagine rupestre, ottenuta soffiando il colore su una mano, a sagomarla eternamente, sino a Giorgione, il sentiero è lineare. L’Artista, il Santo e il Sapiente difesero l’umanità per trecento secoli.
La ragione, sublimata in simboli di bellezza eterna, servì l’Uomo.
E ora? Ora la madreperla è dilavata dall’acido della critica, dell’ottusità tecnica; simulacri dozzinali scacciano leggi e ordini, precetti e cautele.
In mano resta solo la scheggia aliena, il grano sterile di sabbia.
La fine è prossima.

Draghi è un imbecille? Me lo domando sempre più spesso. Il suo discorso d’inaugurazione rivela il baco sbalorditivo della mediocrità più arrogante. Che un tizio, ritenuto brillante, scopiazzi da un articolista de “Il Corriere della Sera” suona assai logico - almeno a uno spettatore disincantato rispetto a tali goffi minuetti politici. Egli è un esecutore, null’altro. Non s’interroga sulla giustezza d’un atto; non parla; esige solo l’efficacia - come tutti i carnefici, come ogni fanatico, cui si delega la signoria sopra un gregge d’armenti.

Il vaccino ci sterminerà! Non so cosa rispondere. A sette anni o giù di lì, metà anni Settanta, rischiai dopo la prima antivaiolosa. 41 di febbre e cinque chili persi. E ora? Moriremo tutti! Fra un anno! Fra due anni! O, forse, il vaccino è una bomba a orologeria? E chi lo sa.

Il sistema più razionale per eliminare fisicamente l’umanità rimane quello della sterilizzazione di massa, già perfettamente delineato nella prima stagione del telefilm Utopia. Un’influenza, un vaccino. Progetto Giano. Sterilità. Nessun dolore, nessuna strage. Un dolce regresso. Umanità a ritroso verso il mezzo miliardo. Prati, montagne, cani, gatti: salvi. Il parassita dell’universo, l’uomo, si suicida per favorire i panda. Jessica Hyde. Where is Jessyca Hyde?
La seconda stagione di Utopia, però, non è un granché, sembra addirittura un depistaggio.

Personalmente non ho un’opinione sui vaccini. Di tanto in tanto mi vengono in mente - è inevitabile - idee bislacche. Ve ne propongo una. Può darsi che il vaccino sia totalmente innocuo e abbia la medesima letalità del Mandalyn Fiale. Ricordo un vecchio sketch del trio comico dei Trettré che, allora, durante gli Ottanta, imperversava su Italia1 nella sciocca trasmissione “Drive In”. I napoletani Trettré impersonavano degli imbonitori televisivi: vendevano pentole e ciarpame vario a prezzi esosi; fra i loro prodotti l’ennesima truffa: il Mandalyn Fiale. Mirko Setaro, impassibile, gli occhi ingrossati dalle spesse lenti, scioglieva infine un’eulogia, rivolto ai micchi televisivi, a decantare le qualità del Mandalyn:

Mandalyn Fiale ...
 Mandalyn Fiale, signori!
  Mandalyn Fiale!
   Devo dire che l’articolo non è tossico …

    Non ha controindicazioni …

     Non fa male …

      Non fa ...
              NIENTE!

Il Mandalyn Fiale che inoculeranno a tutti avrà i suoi effetti negativi, i suoi morti, ma non ci sterminerà. Lo dico perché non è nelle corde del Potere, di questo Potere, la malvagità. Questa, infatti, è la dittatura dei Buoni. Dei buoni sentimenti, della buona scuola, dei buoni antirazzisti et cetera et cetera
Qui di cattivo ci son rimasto solo io.
In realtà i buoni, quelli che donano milioni di euro ai disabili, ai morti di fame, alle femmine stuprate, ai migranti, a Nwanko, sono buoni digitali: cioè degli psicopatici.
Come Draghi.
E però hanno da offrire al micco l’impressione della bontà, mica possono permettersi cinque miliardi di carcasse, un po’ difficili da smaltire come ci insegnano i migliori servizi funebri e di cremazione, da Auschwitz a Taffo.
Tutta la manfrina vaccinale, al pari del lockdown, serve in realtà non allo sterminio, ma alla Nuova Civilizzazione.
È la Nuova Civilizzazione, la Terza Ondata, quella che gli sta a cuore.
Il paravento pandemico reclamerà i propri caduti, non lo metto in dubbio.
Ciò che troveremo dopo, una volta tolto di mezzo la quinta che occulta il Vero Scopo, sarà, tuttavia, ben peggiore; agghiacciante: un mondo di body snatchers.
E lì non si fanno ostaggi.


Luchino Visconti disse una volta: "Ad un certo punto nella vita, si smette di vivere e si comincia soltanto ad esistere".
Il candidato moduli il concetto sullo svolgersi dell'intera storia del genere umano e passi a commentare la massima di Origene sulla felicità.

Sotto l’arco di un santuario suburbano, desolato e bellissimo, ritrovo l’invito a umiliarsi di fronte a Dio e alla Chiesa, la sola che possa permettere la salvezza: “Super aspidem et basiliscum ambulabis conculcabis leonem et draconem”.

La Terza Ondata è un librino di Alvin Toffler risalente al 1980, oggi raro da trovare.
La prima ondata fu l’invenzione della scrittura e la liquidazione dell’oralità.
La seconda il dilagare di radio, televisione e giornali.
La terza il digitale.
Non si pensi che Toffler sia un profeta, benché si definisse futurologo.
Già alla metà dei Settanta, mentre Alceste languiva in un letto della periferia romana, nelle alte sfere si parlava correntemente di telecommuting.
Toffler fu più sveglio e intuitivo della norma, tutto qua.
La Terza Ondata è il prodromo alla Nuova Civilizzazione, alla Monarchia Universalis. Il tutto sarà ottenuto spargendo poche gocce di sangue. D’altra parte son tutti d’accordo: politici, insegnanti, artisti, filantropi, geometri, drag queen e pontefici: in quanto body snatchers non vantano sentimenti e opinioni. Son solo parte di un alveare, megafoni della Regina Madre. Appagati dalla monomania, dal breve fanatismo di tale utopia allucinata.

Cos’è la bellezza? La perla naturale è bella, la perla artificiale no. Eppure fra le due è difficile riconoscere quella autentica. Non è quindi la forma, lo splendore a determinare il valore. Cos’è allora che lo determina, ciò che seduce? Forse è l’appressamento alla bellezza il fattore decisivo. Quanto tempo è dovuto passare prima che l’animale trovasse, per caso, tale soluzione di autodifesa? Centomila anni? E quanto occorre perché tali secrezioni si compongano in una sfera di proporzioni perfette? E quanti fallimenti prima di gridare: Fermati, sei bella?
Il Regno dei Cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra”, cicala Matteo, l’Usuraio.

Il lavoro tradizionale e la preziosità della materia determinano la bellezza; la forma è secondaria. Una croce longobarda: l'artigianato di secoli racchiuso nelle minuziose sbalzature, il rilucere dell'oro, la fede trasposta nel simbolo universale dell'Imago Christi. L'attrazione millenaria dell'uomo per l'oro ha qui una spiegazione piena e convincente. Provate a replicare quella croce sin all'ultima scalfittura con altra materia: fabbricherete solo patacche.

Ciò che mi ha sempre stupito nella vicenda degli Italiani postmoderni è la fiducia incrollabile nel proprio eccezionalismo. Credere, cioè, di essere immortali e non foglie recate innanzi dal vento dell’eternità. Credere, soprattutto, ai propri carnefici: questi non ci faranno mai male! Draghi in fondo è un brav’uomo, un tantino scostante, ma insomma …
Ci si crede immortali perché si è abbandonata la visione metafisica classica, il Cristianesimo, il volo d’aquila, Dante e Shakespeare, Omero e Aristotele. Afferma Origene: “Il mondo non fu creato per la vostra felicità”: giusto. Lo scialo di triti fatti costituito dal secolo non è che l’occasione, breve e irripetibile, per la nostra elevazione.
Il Calvario terreno ci predispone alla visione mistica.
E crediamo ai nostri carnefici poiché si è abbandonata la terra, quell’astuzia bertoldesca e fatalista, rustica compagna al disincanto metafisico lucreziano o dei Padri della Chiesa, che faceva di noi un popolo inestinguibile, millenario ...
Abbiamo lentamente assentito all’ottimismo più bolso, partorito dai simulacri in qualche goffa università angloamericana: ora siamo o perduti o ripieni di fanatismo disperato: alle soglie dell’autodistruzione.

La massima di Origene è citata da Federico Fellini, uno degli ultimi Italiani completi, rinascimentali.

Il vaccino è redenzione! Cosa significa? Questo: smettete di essere qualcosa, di essere Italiani, di avere una fede: convertitevi! Al Nulla!

Un rompiscatole molesta una troupe RAI (in quel di Modena, se ricordo bene) sostenendo che il Covid19 e il caravanserraglio attorno costruito è una truffa. La reazione isterica e atterrita della giornalista al suo approssimarsi: “La mascherina! La mascherina!” testimonia la fine del nostro ciclo come popolo.

Vi è l’eccezionalismo italiano e quello umano. Così come gli Italiani credono d’essere immortali, anche gli esseri umani lo credono: siamo eterni! Ma la regressione universale è già in atto e cancellerà dalla storia "la più ributtante razza di vermiciattoli che abbia mai strisciato sulla terra". La sentenza è di Jonathan Swift, un misantropo inglese di indole scespiriana; uno dalla parte giusta, quindi.

Ho appena letto, per puro dovere, un saggio sullo smartworking. Lo smartworking cioè la replica digitale del lavoro ovvero, in quanto simulacro del lavoro, l’assassino inevitabile del lavoro … Pronti al reddito di sudditanza? Ma ciò che più spaventa nelle 234 pagine di tale trattatello è proprio il Nulla: queste 234 pagine nulla dicono, nulla aggiungono, nulla propongono. La prosa, innervata da locuzioni idiote come "gender pay gap" o "lecturing", è una palla di neve pronta a liquefarsi in pochi attimi al minimo contatto con la realtà. Anche tale libro è un simulacro. Esso diffonde il contagio, quello vero. I miasmi propagandistici e gli anacoluti logici attaccano i centri nervosi, si fanno strada nell’organismo sino a predisporre a una perfetta insipienza. Ho passato giorni a liberarmi da quei refrain di rara stupidità vergati dalle presunte migliori menti italiane: sociologi, economisti, analisti, filantropi. Questa è gente perduta, simulacro d’un intelligenza ormai dileguata, pulviscolo. Io li odio, li odio a morte.

Ti ricordi … ti ricordi … ti ricordi? Ricordo Ugo Intini sparare a zero contro i comunisti poiché questi ancora sostenevano l’industria italiana pesante: metallurgia, cantieri navali … L’operaio, per i socialisti all’acqua di rose come lui, emanava un tanfo d’antan insopportabile … meglio la moda, il terziario, il lavoro agile … l’effervescenza spumantina della Milano da bere contro i Cipputi con il casciavit … e poi … cosa ricordo? Ecco: ricordo le invettive di comunisti catarrosi contro la televisione a colori, simbolo di perdizione: “Questa distruggerà il socialismo!” … e poi, caro Alceste, cosa ricordi? Questo: il disprezzo di Pio da Pietralcina, fiero anticomunista, verso la televisione tout court … ma come, caro Padre, veneratissimo Padre, la televisione! Potremo parlare col mondo intero, farci conoscere dal mondo intero! Diffondere la vostra parola, all’umanità dei cinque continenti! E lui, imbizzarrito come un’Isaia di provincia: vedrete! Vedrete!!

Lo smart working? Risolverà i problemi dell’occupazione! Abbiate fede! Smart poiché green! A patto di evolvere …  di progredire … in simbiosi con l’empowerment femminile favorendo (le femmine) nelle lauree STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) e ridurre perciò l’abissale e iniquo gender pay gap … Questo scioglilingua (Trentatré trentini entrarono a Trento, tutti e trentatré trotterellando) di rara insipienza l’ha ca-cantato l’ex ministra Nunzia Catalfo … l’unica cosa vera è “l’abbiate fede” … occorre avere fede in tali simulacri di verità … perché una tizia con appena un pisello di razionalità in zucca glielo tirerebbe in fronte, l’empowerment … altra fregnaccia angloamericana che nulla significa … poiché nel frattempo l’empowerment dello smart working ha prodotto il tracollo delle imprese di pulizie e di ristoro che vantavano il 60% di personale femminile ... meglio così, son sicuro che rimugina la Catalfo, convinta della soppressione di un settore di puro sfruttamento patriarcale.

Parola massonica dell’anno: resilienza. Ovvero, secondo l’ingegneria sociale: “Capacità di un sistema di mantenere e riguadagnare uno stato di equilibrio dinamico che permetta il suo funzionamento dopo un incidente o uno shock o sotto uno stress prolungato”.
Insomma, se ci facciamo resilienti, dopo la pandemia-shock ci ritroveremo più ricchi ovvero diversi ovvero gettati in un mondo irriconoscibile, alieno. Per fortuna sarò crepato prima.

Change, we can change, cambiamento, noi possiamo, podemos: si comprende la manfrina … il nuovo equilibrio, la Nuova Civilizzazione … sotto cieli neutri, immobili, completamente asettici.

41 commenti:

  1. Le stesse multinazionali altro non sono che imponenti simulacri del necessario. Giganteschi mostri del troppo, del vuoto e del nocivo ove il vuoto assurge a sacra necessità. Draghi è un economista, quindi un contabile. Sarà un commercialista d’altissimo livello ma questo è. La logica contabile è nociva all’Italia. Si applica bene ad altri paesi ma non qui, e la penso così anche se le politiche draghesche dovessero portare fiumi di soldi nelle nostre tasche. Altro non sarebbe che regalare etti di roba a un tossico ogni settimana.

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    1. Gentile Crumbo, la loro è logica economica, logica dei "dati", algoritmi, indicatori, rt...pensano di dominare e preordinare la natura con le loro formule, con ciò che si illudono sia scienza.
      Ultimamente mi è capitato di vedere vecchie interviste...Fellini, Tognazzi, Volonté.
      La lucidità dell'eloquio, il filo del ragionamento che non si perde, già chiaro dov'è il punto d'arrivo.
      La mente era capace di concentrazione, che rappresentava un'abitudine.
      Termini quali:"ineffabile", "improntitudine", "secrezioni diamantifere". Il vocabolario ampio, ricco, dal quale attingere per rendere chiaro ciò che si voleva esprimere.
      Altri tempi e altri uomini.
      Un caro saluto a tutti

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    2. Oggi ho sentito parlare il commercialista per la prima volta. Sembra abbastanza impacciato. Il problema è che è quello che sembra.

      Quei tre termini "ineffabile" "improntitudine" "secrezioni diamantifere" sono perle a cui si è arrivati dopo quanti millenni? Racchiudono, perciò, allusioni, sensi, profumi e conoscenze di millenni. Non solo, ma sono entità definite che mangiano il campo all'Indifferenziato cioè al Nulla. Sono oasi contro la desertificazione. Trai tu le conclusioni.

      Non c'entra niente: voi avete sentito mai parlare Marina Berlusconi?

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  2. La resilienza per come la conoscevo io era termine strettamente tecnico che indicava la capacità di un metallo di resistere ad impatti localizzati. Avevamo il macchinario gigantesco al laboratorio che dava le punzonate a questi provini cilindrici minuscoli di qualche centimetro. Misurava anche i micron di tacca lasciata sul provino a dire il vero, quindi ti faceva l'esperimento completo. "Resilienza" noto che è entrato dapprima nel vocabolario umanistico e della psicologia, ma non paghi gli hanno fatto fare il balzo nel gran dizionario della neo-lingua, come ennesimo termine bombastico che non significa nulla, l'avevo notato anch'io. L'effetto è sgradevole, è come aver subito un furto.
    Quale prossimo lemma dei nostri altisonante che svuoteranno di significato, utilizzandolo per dare un tono a una sfilza di banalità? Potrebbero provare con l'"Eteroschedasticità", concetto che si presta bene a fini retorici.

    Certo Mario Draghi pare Sauron, io capisco i drammi familiari in tenera età e tutto quanto, ma in certe foto è veramente agghiacciante. Tutto sommato però meglio il Male assoluto a Gentiloni e Prodi, in fondo: il primo ispira sensazioni "Oderint dum metuant" tutto sommato appropriate ad un capo politico, i secondi solo fastidio, e disprezzo.

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    1. Stavolta hanno scomodato Fefé lo Porco per riscuotere definitivamente i sospesi. Gli altri son troppo esitanti, sciocchini ... e poi vogliono essere eletti ... gli tocca persino chiacchierare coi sindacati.
      La parola resilienza è ovviamente un banale termine tecnico cucinato a fuoco lento nelle solite università, quelle che sfornano carnefici con la tesi di venti pagine. Preparatissimi, però.

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  3. "Ciò che mi ha sempre stupito nella vicenda degli Italiani postmoderni è la fiducia incrollabile nel proprio eccezionalismo. Credere, cioè, di essere immortali e non foglie recate innanzi dal vento dell’eternità. Credere, soprattutto, ai propri carnefici: questi non ci faranno mai male! Draghi in fondo è un brav’uomo, un tantino scostante, ma insomma …".

    Quanta verità in questo passaggio. Già due diversi conoscenti (di cui uno è un amico di lunga data) mi hanno scritto che "nessuno vuole il nostro male". Ho deciso di tagliare i rapporti con essi. Purtroppo non posso cancellare del tutto dalla mia vita mia zia, la quale per telefono era lì a dirmi quanto fossero irresponsabili dalle sue parti i ragazzi che giravano senza mascherina. Cosa dire di fronte a ciò? Il simulacro che è diventata la vita, è sempre più indegno e infernale. Non sappiamo cosa si inventeranno nei prossimi mesi, mi aspetto davvero qualsiasi cosa. Ti faccio una domanda Alceste (alla quale probabilmente e giustamente non risponderai, in quanto contemporaneamente pubblica e in forma anonima): hai pensato a qualche via di fuga?

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    1. Ti dico la verità: mi sta rompendo le scatole persino la provincia profonda.
      I metropolitani sono rincoglioniti - ma i provincialotti postmoderni rappresentano il peggio del peggio: arroganti, semianalfabeti, chiusi alla logica, di cattivo gusto in tutto ciò che fanno. La parodia di una parodia.
      La situazione attuale mi pesa fisicamente. Non si tratta solo di irritazione ideologica, di pensiero, ma proprio di fegato ... li odio perché mi sento male solo a vederli e a sentirli. La ministra Fabiana Dadone con la maglietta dei Nirvana e i piedi sulla scrivania ministeriale con le scarpe rosse ... che roba è? Mi manca il respiro, mi sento accerchiato ... sto bene (ancora una volta: fisicamente) solo entro il recinto di certe architetture. Non sopporto neanche le basiliche romane ... l'ultima volta in cui son stato in pace davvero è nelle catacombe di Albano ... evidentemente tale necrofilia passatista ci dona un balsamo. E però ciò che ci manca, e so che tu sarai d'accordo con me, è la gravitas dell'intelligenza ... una cerchia di pari con cui condividere idee ... idee senza parole. Idee, citazioni ... questo mi manca. Mi manca la sincerità delle riunioni politiche degli anni Ottanta in cui "sopravvivevano" esseri umani ... con un retroterra culturale autentico. Gente che leggeva, elaborava, non era mai sazia ... impavida di fronte alla rivelazione delle intelligenze altrui: gli ultimi esseri umani completi.
      Riguardo le vie di fughe all'estero ... credo che questo sia una sublimazione dell'escapismo, un inganno. Bisogna morire a casa, testimoniare ... magari rifugiarsi in qualche ex colonia dell'Impero: i Balcani ... Illiria. Pare che siano ancora sani di mente.

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    2. quello che mi rattrista è essere diventata una compagnia poco piacevole per me stessa, la fatica di ragionare e di leggere diventa enorme....figurarsi parlare

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    3. Mi ritrovo tantissimo nelle parole di Anna. Parlare mi costa enorme fatica, anche perché non ci sarebbe più nulla da dire. Erano mesi che non scrivevo qualcosa sul web proprio per questo motivo. Ho abolito quasi tutti i rapporti, perché non sopporto le persone che fanno finta di nulla o che addirittura reggono il gioco alla narrazione mediatica. Quanto alla questione sulle "vie di fuga": non intendevo necessariamente di andare all'estero (anche se appunto i Balcani sembrano ancora un posto un minimo decente, ma non si sa per quanto), ma chiedevo se avessi qualche idea per sfuggire al Leviatano, perché a me non ne viene mezza. Del resto non mi lamento di Ministri e zanzarologi, i primi ad essere la causa di questo soffocamento sono "amici" e parenti.

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    4. Si ma fai attenzione perché se ci litighi quelli poi fanno presto ad additarti al pubblico ludibrio di tutto il circondario.
      Così si vendicano e in più guadagnano punti, perché c'è sempre bisogno di un nemico comune per compattare il branco.

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    5. "Via di fuga"? Combattere perDio e conservare il possesso della propria anima! L'alternativa è confondersi con questa folla disumanizzata criticandola dal divano di casa.

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    6. Gavroche io chiedevo se vi fossero idee concrete. Sono stanco degli astrattismi, specialmente in una situazione intollerabile come questa.

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    7. Personalmente faccio il contrario di quanto dicono.
      Se digitalizzano io tendo alla materia e alla manualità, se mi mandano concioni astratte io scrivo del territorio etc cerco, insomma, di testimoniare in ogni senso. Testimoniare ciò che siamo stati e testimoniare una rivolta fatta di azioni in dissenso. Però c'è un dato reale: pur se la maggior parte delle persone "sente" che il sottoscritto ha ragione, nella pratica nessuno o quasi ti segue. C'è poco da fare. Si assiste o una incomprensione generazionale (parliamoci chiaro: dai 35 in giù non sanno manco di cosa parli) o a una stanchezza da depressione in coloro che, per motivi anagrafici, sanno benissimo di cosa parli.
      Mi riferisco in entrambi a casi a esseri umani di una certa levatura intellettuale. Gli altri non li considero poiché sono e saranno sempre succhiaruote: se vinci ti seguiranno.
      La nostra sconfitta, ci tengo a precisarlo, è soprattutto intellettuale. Arte e scienza non producono più uomini e donne in grado di fare gruppo, di fare ideologia comune, come vuoi chiamarla.

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    8. Purtroppo rientro fra quei casi che, per motivi anagrafici, sanno benissimo di cosa parli ma sono presi da stanchezza da depressione. Dopo decenni che sorbisci lo schifo continuo di modelli, proposte, prospettive di cui non ti è mai fregato men che nulla e che hai fatto di tutto per evitare, beh sopraggiunge una certa stanchezza, uno sconforto difficile da arginare. Capisco bene anche Stefanov: ultimamente rischio di perdere quei pochi amici che m'erano rimasti. Uno dei motivi per cui frequento questo blog è tanto vero quanto patetico: aiuta a sentirmi meno solo, e dire che sono sempre stato un solitario. Un conto però è la solitudine, un altro l'isolamento.

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    9. Gentile Alceste, alla luce di quanto lei scrive sopra su quanti pochi siano quelli che si rendono conto della situazione, potrebbe fare chiarezza circa la cacciata dell'utente Sed Vaste dalla sezione commenti del blog grazie.

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    10. Va bene Alceste, ho capito che da 25enne non ho il diritto di venire qui a commentare. Vedo che fai sempre pesare la questione generazionale, quando sei abbastanza intelligente da vedere tu stesso quanto il rincoglionimento e la mancanza di memoria siano comuni a tutte le generazioni. Ad averci chiuso in casa è la generazione del '68, quella del "vietato vietare", 70enni che adesso vietano di vivere ai giovani dopo aver fatto le peggio porcate quando i giovani erano loro (con questo non dico che la mia generazione sia migliore,infatti ho chiuso quasi tutti i rapporti con gli "amici". dico che non vedo differenze significative). Personalmente mi ritrovo invece nella stanchezza da depressione. Nulla sembra più avere senso, anche se dovessero terminare domani questa pantomima ormai la poca voglia di vivere che avevo prima (per la consapevolezza della terrificante realtà nella quale ci trovavamo già ben prima del marzo 2020) l'ho persa del tutto.

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    11. Barabba:
      La cacciata? Come posso pubblicare se non scrive? Avrà le sue paturnie. Lo dico a te per dirlo a tutti: dietro il PC c'è un individuo normale, non la Spectre. Io non ho mai cacciato nessuno anche se certi commenti, saranno stati una ventina in quattro anni, li devo eliminare per la loro intrinseca gratuità, inadeguatezza e idiozia. E non perché sia cauto, come potrai evincere da ciò che scrivo e dagli argomenti che affronto.

      Stefanov:
      La depressione è inevitabile quando scorgi che in un anno avrò convinto sì e no cinque persone. COsa fare quando la totalità, nemmeno la maggioranza, sono dalla parte dei carnefici. A volte ti vien voglia di lasciare prenderli a calci nel sedere ... comunque la tua diagnosi è giusta: le carnefici sono le ideologie dei sessantottardi e dei loro epigoni nei Settanta, ma non occorre dimenticare le nuove generazioni, under 30, ansiose di cooperare col Nuovo che avanza. Non bisogna dimenticarlo. Non tutti gli under 30, ma insomma ...

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    12. Com è possibile non scriva più, prima esondava

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    13. Speriamo di riaverlo fra noi, comincio a preoccuparmi.

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    14. sarà finalmente intervenuto il Mossad, era da mettere in conto

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  4. Oh buon Dio, Alceste, da ciò che ho letto dovrei dunque credere che oggi, otto Marzo (il mese dedicato a Marte, il Dio della guerra), non hai bruciato il grano d’incenso in onore del Dio androgino-assessuato politicamente corretto? Vorresti farmi crede ciò? Vergognati! Per espiare, come minimo dovresti fare una processione per le vie di Roma mentre ti fustighi la schiena nuda, cantando litanie in cui esalti la parità di genere, per poi procedere a delle abluzioni rituali con cui lavar via i rimasugli dell’eteropatriarato bianco. Come minimo! Perché altrimenti per i renitenti si potrebbe anche procedere alla conversione forzosa al femminismo radicale, concernente nell’evirazione rituale. Mentre per gli irriducibili è previsto il sacrificio umano, senza il quale il sol dell’avvenire non potrebbe sorgere (un po’ come facevano gli aztechi a Tenochtitlan). Attento a te Alceste! Perché la furia delle erinni femministe assetate di sangue, potrebbe scagliartisi contro da un momento all’altro.

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    1. Anche loro si stanno accorgendo di essere in ribasso, attenzione ... attuato il programma sai dove finiranno olocausto kamale harris vladimir luxuria e compagnia? In soffitta. Per primo ci finirà l'olocausto ... è tutto un gioco di specchi, sono formidabili a ideare gli specchietti ... il femminismo radicale serve a castrare i maschi che abbiano qualche domandina da rivolgere al Potere col randello sulle mani ... son sempre di meno, però ... una volta eliminati questi con le femministe radicali ci faranno il brodo ... per tacere dei vladimiri dei sinistrati e dell'ecologismo straccione.

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  5. Ottimo Alceste! “Bisogna morire a casa...testimoniare.” Completamente d’accordo. E neanche essere troppo attaccati alla mera pellaccia. E poi ancora, non si scappa, non si può scappare. Non si scappa mai finché si è vivi.

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  6. "Non lo sterminio, ma la Nuova Civilizzazione". Precisamente.
    "Un dolce regresso. Umanità a ritroso verso il mezzo miliardo. Prati, montagne, cani, gatti: salvi. Il parassita dell’universo, l’uomo, si suicida per favorire i panda". Qui invece, io credo, v'è un po' ci confusione, almeno in apparenza (magari la mia lettura è in parte errata). Il "panda", inteso come elemento naturale che concorre all'armonia del tutto, si salva in automatico se l'uomo salva se stesso. Se si salva davvero. In senso pieno e profondo, non solo fisico, per qualche decennio o secolo di più. L'uomo "completo", come lo chiami tu, percepiva un tempo con chiarezza di essere elemento del tutto, di dover concorrere al mantinimento di un equilibrio sistemico, dell'armonia. Da qui il senso del limite di greca memoria. Il metron in opposizione all'apeiron e il peccato di hybris. La rivoluzione industriale è tuttavia uno snodo decesivo della vicenda umana in tal senso, che apre al capitalismo celebrante l'inversione. L'ecologismo, quello vero, non quello di Greta e sciamannati di varia foggia (attivisti incazzosi di Green Peace compresi), gente incapace di ragionare in termini di complessità, è in radicale antitesi al capitalismo, così come al mito del progresso. "Progressismo/Capitalismo ecologista" è un ossimoro da sbellicarsi. Ma qui sta il punto cruciale: lor Signori, questo stato di cose lo voglio perpetuare. Capitalismo e progressismo non si toccano. Ma visto che capitalismo e progressismo hanno conseguito essenzialmente vittorie di Pirro, ora emergono i problemi, quelli seri, quelli che attendono chi viola da sempre, nella più totale arroganza, la Legge. Fosse anche solo quella dettata da un certo buonsenso. E quindi che si fa per continuare a "peccare" ancora un po', per vivere contro natura qualche altro anno, o decennio o secolo? Si esasperano le cose e si fa in modo d'esser di meno. Tutto qui. "Umanità a ritroso verso il mezzo miliardo" per far sì di proseguire nello stesso solco. Tutto deve dunque cambiare affinché nulla cambi. L'uomo, infatti, non si suicida per favorire i panda. L'uomo è da quel dì che si sta suicidando, che consegue vittorie di Pirro. Su e giù a tratteggiare la propria storia, ignaro (oggi più che mai) che di ciò, nel bene (poco) e nel male (molto), renderà conto. Tutta la storia delle grandi religioni e della Sapienza umana (quella vera) non fa altro che ribadire questo semplice fatto, il principio di causa ed effetto. Ma siamo gnucchi. Cervellotici. Presuntuosi.

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    1. Il panda è solo lo specchietto, ovvio.
      Ma è così per ogni campo. Hanno falsificato tutto. La tolleranza dello straniero in migrantismo, il rispetto della natura in ecologia tossica et cetera. Ne abbiamo parlato tante volte. La gente, però, ci casca perché è difficile, a volte, discriminare. Sul suicidio epocale ho già detto in Regressione universale. Ci si può suicidare in tanti modi ... questo è davvero infamante.

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    2. Purtroppo si deve oggettivamente notare che appena viene fatta una concessione in campo culturale, in breve si slitta a tutta birra inesorabilmente verso l'estremo a cui quella concessione tende.
      Ad esempio, fino a una ventina di anni fa si parlava di rispettare gli omosessuali se discreti ("a casa loro possono fare quello che vogliono, ma in pubblico chiaro no"), oggi si dà la caccia a chi anche solo si sospetta non approvi le adozioni per le coppie gaie. E va così in ogni campo.

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    3. ...anche per l'immigrazione, è lo stesso concetto del sassolino che rotolando diviene valanga: si passa dal ricevere in sordina qualche profugo, qualche nave piena di albanesi che fuggono "dal caos", o accettare qualche migliaio di Gastarbeiter per ricostruire più velocemente dopo la guerra, o far spazio a qualche coloniale, che è anch'egli suddito dell'impero al pari di chi è nato dalla nazione madre. Tanto sono pochi e sono così timidi e inoffensivi, che danno possono fare.

      Passa qualche decina di anni, e si assiste al ribaltamento della prospettiva: la normalità è divenuta per i nostri paesi l'avere milioni di allogeni. Dove non ci sono, tipo nell'europa slava, si percepisce un'eccezione alla regola, che probabilmente, si pensa, con fisiologico ritardo si adeguerà.

      Come notato sopra per gli omosessuali, criticare i terzomondisti è ora impensabile, tanto che l'istinto di autoconservazione dei bianchi è stato reso una malattia, il razzismo endemico, da cui ci si deve sforzare di guarire.

      Leggo che c'è stata una protesta in Olanda a seguito dell'assegnazione a una locale traduttrice bianca la traduzione di non so quale esimia poetessa negra: la casa editrice le ha ovviamente revocato l'incarico e si è scusata pubblicamente per l'insensibilità razzista dimostrata, in quanto la traduttrice bianca, nonostante ogni dimostrazione di previa competenza, avrebbe di per sé inevitabilmente inquinato la negritudine della somma opera.

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  7. https://www.renovatio21.com/poliziotti-robot-per-le-strade-di-las-vegas-controllano-chi-esce-durante-il-coprifuoco/

    Ecco qui. Sapevo che si sarebbe arrivati a questo, era questione di tempo. Magari qui da noi si dovranno attendere un paio di anni (al massimo), ma la strada è segnata. A questo punto vi è una sola via di fuga, in questo Mondo non è più pensabile l'esistenza

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  8. Non conoscevo questo sito...di cui condivido appieno l'amarezza riflessiva!
    Complimenti

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  9. Ma lo diamo uno spazio ed un significato alla Russia, a Putin, all'Ortodossia in questo momento? Mi sembrano i grandi assenti del discorso, qui come altrove.

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    1. Troviamo uno spazio a noi stessi visto che ignoriamo ciò che siamo stati.

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  10. Alceste, ho inviato ad un amico che gode della mia massima stima questo stralcio del tuo pezzo:
    [...] la perdita del senso logico degli Italiani (e degli Europei) ha prodotto almeno due generazioni di cretini 2.0. La disfatta cui stiamo assistendo in questo ultimo anno trova la propria radice occulta nella lenta sparizione della scuola e del mondo popolare, quello più conservatore, capace di trattenere in sé buon senso e il disincanto della per-fidia (nel senso che, rispetto al potere, il popolicchio chinava la testa, vinto, ma rimaneva assai restio a con-vincersi, tanto da elaborare una strategia sotterranea di resistenza e boicottaggio: anche questa è cultura). Al nesso di causa-effetto e all’evidenza, fondamentali nel principiare qualsiasi costruzione filosofica umana e solare, non viene più riconosciuta una stringente coercizione. Si naviga a caso, senza meta e rotta, affidando il destino di sé stessi, dei propri cari e del Paese a ciarlatani d’ignobile estrazione. La conoscenza, intesa quale capacità di ordinare sensatamente presente e futuro, è stata delittuosamente frantumata in una serie di attimi sconnessi fra loro. L’Italiano vive in un mondo che sembra partorito da un folle empirista inglese per cui il subitaneo deperimento e la morte seguita a un vaccino non ha la minima correlazione col vaccino stesso. Citandomi: “Il cretino 2.0 ha finalmente abolito il nesso di causalità. Se vede il fumo non inferisce il fuoco, a meno che glielo annunci il telegiornale o un conoscente cretin-autorevole. Per lui una colonna di fumo può arrivare a significare tutto tranne l'incendio. Di solito quando il cretino 2.0 si ritrova coi piedi bruciati, dà la colpa al destino cinico e baro”.

    Il mio amico mi ha risposto così:
    Bell'esposizione. Devo dire però che se il "popolino" restava boicottante verso il potere civile - abitudine da cui discendono tutti gli atteggiamenti "evasivi" di oggi, non solo in ambito fiscale - egli divenne ligio verso l'autorità religiosa della confessione romana. Da lí discendono il "chiedere al prete" e il temibile "chiedere il permesso al prete", perché tra i fondamenti della confessione romana vi è il credere a ciò che essa ci propone a credere, il non leggere le scritture ma farsele spiegare dal prete &c. &c. talché io mi meraviglio poco dell'atteggiamento di molti oggi, perché esso non è novità, ma tradizione ben radicata che oggi si applica ad un "prete laico" e alle sue prediche televisive.

    Non riporterò qui la risposta che gli ho dato, e ci terrei invece a leggere un tuo commento in proposito. Grazie.

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    1. In pieno 2021 siamo ancora al "chiedere al prete" e alla grande novità del "leggersi le scritture da soli" (cioè le minchiate che ci ripetevano alle medie sul protestantesimo superiore e dintorni)? All'oppio dei popoli?
      Era proprio l'oppio che ci preservava ... da quando ci siamo svegliati dall'inganno, per dirla con gli Illuminati, non ne imbrocchiamo una.
      Tralasciamo il fatto che la cultura popolare era solo un corno del dilemma (l'altro era la scuola id est l'insegnamento ovvero il rapporto tra docente e alunno).
      Veniamo a noi.
      Perché l'istinto gerarchico avrebbe prodotto Italiani peggiori di oggi?
      Proprio l'annullamento della gerarchia (perdita della cultura popolare, fine della scuola, del mondo corporativo, militare etc) ha prodotto il disastro, l'appiattimento di ogni particolare modo d'essere, dal docente universitario al magistrato al medico al contadino. Sono tutti eguali, apparentemente liberi. Ma è vero il contrario.
      Si dice: eravano inferiori ai grandi popoli progressisti del Nord ... ma la nostra disfatta comincia proprio da lì tanto che la democrazia sancì la sconfitta. In quanto poi al progresso dei nordici che dovremmo imitare per sanare le nostre mancanze, l'ho sempre affermato: quelli sono popoli finiti, letteralmente, pronti per la dismissione in massa, evirati, senza la più pallida idea della creatività e della bellezza. Sinceramente: solo un essere completamente snervato potrebbe trovare desiderabile vivere a Oslo o a Goteborg ... fatemi un favore: accendete la televisione italiana, oggi che trabocca di correttezza da ogni pertugio esaltando i diversi, gli sgorbi, i mediocri, sempre nel nome della bontà ... guardate a cosa hanno ridotto le arti, la scienza, l'insegnamento ... tutti questi allocchi realizzano sé stessi nella ripetizione di due o tre filastrocche della buona notte, ma sono di una ignoranza abissale ... persino un testo del liceo d'antan li metterebbe in difficoltà. Una banalità opprimente cola dei visori, una mancanza assoluta di intelligenza e profondità. Tutti questi, ovviamente, non chiedono più al prete e possono leggersi vangeli e bibbie a piacimento ... peccato che tale libertà li abbia condotti a non leggere più nulla, a non riconoscere nessuna autorità spirituale ... tanto che li vedi, vanno in fregola per essere i più servi dei servi ... e come chinano il capo!

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    2. E' facile scagliarsi contro la chiesa per voler fare il trasgressivo, tanto non si difende e nessuno la difende. Vorrei vedere la stessa foga nell'attaccare l'ebraismo, o anche solo l'islam, per noi assai più nocivi, ma guarda caso non succede spesso.
      Oltre a rivelare opportunismo, è anche una questione datata: ci sono ben altri problemi al giorno d'oggi: se si mostra interesse in queste cose in circoli di dissenzienti si rischia l'effetto contrario a quello voluto, di discredito e non di credito.
      Quanto al merito della critica poi, figurarsi se fino a pochi anni fa la gente - ammettendo sapesse leggere - aveva il tempo di fare esegesi della bibbia, dove c'è scritto tutto e il contrario di tutto. Anche fosse possibile, ognuno arriverebbe alle sue conclusioni e si perderebbe coesione sociale nel fluire in varie e nuove sette protestanti. Il prete serve alla comunità locale in quanto istruito e collegato al potere centrale, di qui la sua autorità e la deferenza che gli è tributata dal popolino.
      Meglio a lui che a altri, l'acquiescenza di fronte ai soprusi odierni è innata, non è certo un tratto lamarckiano (come per il figlio del tennista che nascerebbe col braccio più grosso, una balla) ereditato da un passato di oppressione pretesca, la gente vuole vivere tranquilla senza subire abusi di potere.

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    3. Ti ringrazio Alceste per la risposta assai partecipe. La mia al caro amico (per lui l'influenza secolare della Chiesa di Roma nella strutturazione di quelli che rileva come "vizi italici" irriducibili è sempre centrale, mi pare), che ha comunque la mia stima, conoscendo il suo valore umano e intellettuale, è stata in parte simile alla tua.

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    4. A questa affermazione si apre però un mondo: "Era proprio l'oppio che ci preservava ... da quando ci siamo svegliati dall'inganno, per dirla con gli Illuminati, non ne imbrocchiamo una".
      Mi limito a dire che chi crede nell'esistenza della Verità, di una Legge universale ed immutabile al quale attenersi per compiere pienamente il proprio destino di uomini e trascendere la condizione umana ("crescer di livello", mettiamola così), e ritiene di averla correttamente individuata, leggerà senza dubbio la storia dell'umanità, e dell'Italia stessa, in modo diverso da chi invece tale Verità la ignora o la disconosce.
      Per quanto mi riguarda, mi pongo semplicemente interrogativi in tal senso.

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    5. Caro Yaroslav,

      puoi credere nella Verità. E va bene: si chiama Fede.
      Oppure puoi credere nella accumulazione storica di una tradizione che è come quella Verità.
      La metafora della perla mirava a questo.
      Mia nonna credeva alla Verità; io credo alla bellezza di una tradizione millenaria che si è formata per preservare le nostre vite. In entrambi i casi si è dalla parte giusta. Per farla breve: io e il credente Blondet potremmo andare d'accordo ... se solo mi conoscesse, ovvio.

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    6. Caro Alceste,

      ti racconto un fatto. Alcuni anni fa mi trovavo in Georgia, e sono andato a visitare il monastero di David Gareja, nel deserto roccioso al confine fra Georgia e Armenia. Lì ho incontrato una ragazza montenegrina, su per giù coetanea, molto svelta nell'arrampicarsi sino in cima alla rupe dove sta un torrione che sovrasta il monastero. Era una ragazza inconsueta. C'era qualcosa di molto insolito, in lei. E una profonda gentilezza. Una sorta di pace. Di fiducia. La si percepiva standole ad un metro. La ritrovai più tardi una volta risceso, all'interno di una cappella del monastero. Se ne stava lì seduta, con le mani giunte, e piangeva. Non saprei descrivere quel pianto. Era profondamente assorta. Pregava e piangeva. La guardai per qualche istante, senza esser visto. E una volta fuori dal monastero, avvicinandola mentre camminavamo verso il piazzale le dissi: "Tu credi molto...". E lei, sorridendo: "Non so se credo. Non è un fatto di fede. Io sento Dio in me normalmente. So che Dio c'è come so che sto parlando con te ora. Chi sa non crede. Sa e basta". Tacqui. E quando tornammo a Tbilisi, sullo stesso bus sgangherato ma seduti lontani l'uno dall'altra, una volta sceso alla mia fermata la vidi sporgersi dal finestrino e agitare la mano in segno di saluto, con un gran sorriso. Ogni tanto rivedo ancora quel volto sorridente e quella mano che mi saluta. E sorrido anch'io.
      Alceste, io non so. E nemmeno posso dirmi un uomo di fede, in senso stretto. Quello che mi par d'intuire è però che sia esattamente come dice la ragazza. Non lo so, ma mi sa che sia così. Quantomeno m'interrogo a riguardo. Perché la Verità, se esiste e se è tale, se ne infischia che io, te o chiunque altro creda altrimenti. Ciò che è vero non diviene falso perché tutti gli uomini del mondo lo credono falso. Resta vero. Quella ragazza non aveva "accesso ai misteri". Aveva certo fede in qualcosa che è in parte inconoscibile in questa dimensione. Ma sapeva ciò che sentiva, ciò che in qualche modo aveva sperimentato direttamente. Quello lo sapeva. Non aveva bisogno di credere come non ne ho bisogno io in riferimento ai tasti sui cui batto ora per scriverti. Francamente, penso che i credenti alla Blondet, da ciò siano molto lontani. Apprezzo alcuni suoi articoli. Siamo, per certi versi, dalla stessa parte, ma trovo che questo tipo di cattolici siano meno in comunione con Dio di molti non cattolici e di molti atei.

      Ti mando un caro saluto.
      Continua a scrivere.

      Y.

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    7. O la fede o la fede in qualcosa di perfetto, che quella fede ha levigato nei secoli. La prima fede forse è forse ormai inattingibile. La seconda, una meraviglia disarmante di fronte a ciò che è stato, insinua particole di quella fede primitiva. Probabilmente è alla prima forma del credere che si riferiva Walter Kurtz quando si lamentava di non avere soldati d'acciaio, umani, pietosi e crudeli allo stesso tempo. Però anche uomini discosti dalla fede hanno operato miracoli.
      Blondet, come la maggior parte di noi, deve liberarsi dal particolare, dalla destra e dalla sinistra, dalla democrazia liberale, dagli schiamazzi e recuperare una visione alta del mondo e della vita.
      Per farlo si deve smettere di compulsare sciocchezze e dedicarsi a uno o due classici.
      Prendere il Purgatorio e leggere solo quello, un mese due mesi tre mesi. La purificazione è dura, ma arriva. Da allora si comincia a guardare tutto da una posizione eminente, a disprezzare ... a riacquistare se non la fede, una parvenza di ciò che ne è illuminato.

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  11. Sono stato un po' assente, ma ho recuperato, con piacere.

    Sul parallelo fra i cafoni di Fontamara, ovvero fra una concezione arcaica del "dottorone" e oggi, che dire...è vero, l'uomo non si "evolve", cambiano semplicemente le modalità...non siamo più intelligenti, anzi...

    Sitka

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Siate gentili ...