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27 maggio 2018

666: il numero della Vita [Il Poliscriba]


[Il Poliscriba]

666: il numero della Vita
ס     ו        ר     ת

 Tav       resc         vav     sameh
T Ra O S = SORAT
Sorat è il demone solare.
Secondo la Qabbalah, è l'espressione in parole del numero 666.


Tutta la vicenda della Creazione descritta nei vari miti e riportata dopo millenaria tradizione orale in Scritti Sacri, si può facilmente ricondurre, se non ridurre, alla dicotomia luce-tenebre.
La successione temporale – ma il discorso del tempo, come sappiamo/intuiamo, non ha riferimento se non spaziale, ovvero la sua dimensione ricade ancora in una misura o percezione di movimento all’interno di uno spazio apparentemente vuoto, tridimensionale ma integralmente costituito da un fluido attivo conosciuto, accettato o rifiutato come Etere – è deducibile dalla trasmutazione materia-luce e luce-materia.
In fisica questa trasmutazione viene per lo più definita, DECADIMENTO.

Senza entrare nei dettagli algebrici, è interessante come questo concetto di CADUTA, evidentemente eredità semantica e culturale del mito della lotta tra bene e male, trovi espressione costante nei fondamenti della scienza razionalista, materialista e atea. 
Quando l’uomo per mezzo della sua ragione ha scoperto l’incredibile energia atomica, ha liberato sicuramente il demone solare, il SORAT di cui parla la Qabbalah, il daimon Lucifer intrappolato  nella materia oscura.
È interessante ricordare che questo concetto di oscurità luminosa, è un ossimoro che trova risvolti nell’indagine astrofisica, in quella branca della cosmologia che studia appunto la COSMOGENESI (anche sul piano semantico restano afflati metafisici dei quali è improntata tutta la scienza).
Oggi, per indicare ciò che non si vede nell’universo con gli strumenti conoscitivi a nostra disposizione, cioè quegli apparati tecnici sensibili a tutte le frequenze elettromagnetiche, lo si mette sotto l’ombrello di materia o energia oscura che, fondamentalmente, non assorbe e non emette luce e quindi non è un’osservabile, ma un campo conoscitivo per ora relegato a ipotesi, congetture, intuizioni non corroborate da supporti sperimentali.
Ma la materia oscura è in primo luogo l’ATOMO.
L’impossibilità di immobilizzare un atomo o i suoi costituenti fondamentali per poterli osservare nella loro essenza, fa parte di quelle tenebre conoscitive che siamo obbligati ad esplorare con sonde astratte, i numeri e i simboli matematici, interpretando, indirettamente, i segni grafici che provengono dalle complesse elaborazioni informatiche integrate nei collisori di particelle.
Il ritorno all’astrazione pura, quindi alla simbologia che rimanda a ciò che è INVISIBILE, è lo strumento più potente che l’uomo abbia mai partorito dalla sua mente per poter liberare il SORAT (Atena sorta della testa di Zeus).
Ciò che è materia, ha una sua controparte nel complesso di equazioni immateriali (se si prescinde dai supporti sulle quali vengono espresse; computer, carta, media) e queste equazioni non decadono nell’eterna dicotomia materia-luce, si elevano platonicamente e pitagoricamente sull’orizzonte degli eventi umani e sovraumani.
Ecco che si giunge a quel numero, 666, di cui tanto si è abusato nella storia esoterica dell’umanità.
Le sue interpretazioni hanno sempre evidenziato una relazione autoritaria in senso unidirezionale tra Demiurgo e creatura (Marcione), tra divino e bestiale in attesa di un riscatto superomista (Nietzsche), trasfondendo paure pre-prometeiche, post-adamitiche laddove si doveva ravvisare una liberazione e non una coercizione.(La tentazione di essere Dio; il furto del fuoco agli Dei; il nutrirsi del Pomo d’Oro simbolo del disco solare;  la cacciata dall’Eden).
In questa impasse ci soccorre nuovamente la materia bruta, il suo essere livida e inaccessibile, animale, plasmabile come creta, ma piena di stelle come il monolito immaginato da Arthur C. Clarke.
E dall’incandescenza siderale nasce la storia della Tavola Periodica degli Elementi   oggetto di indagine affascinante che fu alchemica e poi chimica, tanto da spingere Primo Levi a farne una fiaba, un’ espressione poetica di profonde conoscenze, espediente da sempre usato per celare ciò che dovrebbe essere custodito soltanto da coloro che aspirano alla sapienza, all’amore e alla protezione della vita.
Modo letterario che Giuseppe Sermonti, il genetista antievoluzionista, ha rivisitato attraverso la fiaba, riconoscendone uno status di maturità  linguistica e simbolica – e non certo infantile come vogliono farci credere gli antropologi – una semiotica più positiva del positivismo, nel manifestare ciò che si nasconde agli occhi ciechi di chi fa della scienza un mero esercizio politicizzato di demitizzazione della storia dell’umanità.
Oggi si assiste ad una democratizzazione sempre più vasta del sapere, ad una sua reiterata esposizione che ne ha tolto ogni residuo metafisico, filosofico e in futuro anche ontologico ed epistemologico, rendendolo fruibile, accessibile, ma non venerabile.
La desacralizzazione della sapienza ci impedisce di provare un vero stupore, ci rende turisti da CERN e non ci invoglia a sentire la conoscenza come parte integrante del sé che si apre all’Essere Cosmico, ormai percepito come un nulla potenza di tutto, al quale il tutto invariabilmente ritornerà.
Eppure, in quella Tavola Periodica degli Elementi, la Bestia, l’Adamo è ben evidente e il suo marchio sulla fronte è lì ad attestarne la veracità mitologica, l’apocalisse intesa come RIVELAZIONE.
E in quei numeri freddi, precisamente calcolati, esiste il demone solare, il Dioniso bruciato dalla sua stessa bramosia di ebbrezza; si palesa la caduta nel cuore della vita dell’Angelo della Luce, una vita che si manifesta perché il numero non poteva essere che una monade ripetitiva di legami potenzialmente infiniti, una reiterazione ossessiva del proprio essere, un rispecchiarsi narcisistico in catene variabili e innumerevoli, come potenzialmente infinite potrebbero essere le forme di vita nell’universo.
Un numero che dalle stelle più brillanti e massive è precipitato negli inferi del cuore dei pianeti e delle loro lune, nella polvere intergalattica, nel centro delle comete ghiacciate, ovunque i nostri spettrografi indaghino nel profondo del corpo universale.
Un caso numerico che ispirò Fred Hoyle, lo scopritore di quello Stato di Hoyle che impone una riflessione, non solo scientifica, su come il carbonio venga prodotto nella nucleosintesi stellare e che, secondo lo scienziato, doveva essere interpretato alla luce di un Principio Antropico che si può riassumere così: se la vita è giunta ad osservare il cosmo e trarne conclusioni sulla sua stessa esistenza, significa che l’universo è calibrato in maniera tale che la vita si manifesti inevitabilmente in una forma organica complessa basata sul carbonio.
Infatti, per l’emergere della vita occorrono proprio: 6 protoni, 6 neutroni, 6 elettroni. 

"Così è la vita", benché raramente essa venga così descritta: un inserirsi, un derivare a suo vantaggio, un parassitare il cammino in giù dell’energia dalla sua nobile forma solare a quella degradata di calore a bassa temperatura. Su questo cammino all’ingiù, che conduce all’equilibrio e cioè alla morte, la vita disegna un’ansa e ci si annida.

Carbonio, dal Sistema Periodico di Primo Levi

2 commenti:

  1. Tanti spunti ed alcuni assai interessanti. Sorat e 666. Il demone solare. Approfondiro'! Riguardo al cosmo e a tutti gli sproloqui citati di derivazione scientista (che abbiamo tutti nel cervello, chi piu' chi meno) ho qualche dubbio. Di sicuro ci raccontano tante balle a riguardo! Ma Sorat e' interessante...
    Un saluto a tutti. Anonimo di nome R

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