Roma, 16 luglio 2020
Vado in parrocchia per chiedere lumi su una chiesina sconsacrata, che si trova poco distante. Diroccata, ma di buona fattura e con un affresco a tema francescano dipinto da un pittore religioso di vaglia negli anni Quaranta.
Già so cosa aspettarmi e, come spesso accade, gli eventi non mi stupiscono felicemente. Il capintesta, anzi: il caporione in tonaca, nella cui giurisdizione dovrebbe rientrare l'edifizio, mi liquida, al solito, con vago menefreghismo. Come a dire: una chiesa? E cosa c'entro io? E poi: non vedete che ho a che fare con battesimi e comunioni agostane causa Covid? Non avete nient'altro da fare? Qui mando avanti una parrocchia, non ho tempo per minuzie come la storia del cristianesimo novecentesco!
Naturalmente il dialogo avviene senza punti esclamativi.
Questo è un altro segno peculiare dei tempi: l'assenza di passione.
Il diniego non è mai diretto. Vive di afasie, stanche ipotiposi di mani e braccia, sospiri, sguardi distolti, sbuffi, mugugni prolungati, borbottii, mezze parole inaudibili. Si prova vergogna, in effetti, a mostrare la propria accidia. Una vergogna che coesiste con atti di arroganza liquidatoria che, più che all'interlocutore, sono rivolti all'interiorità. Il disprezzo e il me ne frego, insomma, non sono che disprezzo di sé stessi: a rendere plastica l'evidenza: "Non vedete che è tutto finito? Il mio mondo non esiste più! Sono il passacarte anonimo d'una civiltà ormai a tranci nel discount cosmopolita! Non ho nulla da fare e mi tocca ricorrere a questi trucchetti! Toglietevi di mezzo! Lasciatemi rivoltare nel tiepido brago!".
Le cure burocratiche ... il quotidiano ... l'ex prete, stremato, guarda di fuori. Se non fosse per la pagnotta garantita si spoglierebbe di tutto per ritirarsi in un loculo condominiale dei tanti. Presso un'uscita secondaria, infatti, si sta formando una fila lunga un centinaio di metri. Filippini, slavi, sudamericani; e un paio di famiglie italiane (le si riconosce subito poiché subiscono il disagio: gli altri, invece, compresi i neonati, sembrano a una festa) stan lì a elemosinare un posto per un evento, una volta, gioiosamente italiano: la Comunione, il Battesimo; il matrimonio addirittura!
Il pretonzolo si libera definitivamente della mia importuna curiosità inviandomi presso un famiglio laico che bivacca nella stanza accanto. Eseguo. Sorprendo il giovincello intento a smanettare sul cellulare, la rada barbetta hipster china sul visore, la borsetta a tracolla come una cartuccera guevarista, gli occhi che seguono il filo d'una logica web in grado d'assorbire totalmente l'attenzione. Più che il rumore dell'entrata, avverte la mia presenza, grave e ostile. Alza lo sguardo, spaesato. Non saluta, ovviamente. Io sì, declino per la seconda volta le mie generalità, la causa di tanta impertinenza e reitero la supplica: "Non avete, per caso .... vostri archivi ... foto ... dal 1968 ... documenti ...". Lo sguardo si fa ancora più smarrito; tocca una penna sulla scrivania, poi gira all'intorno gli occhi acquosi, indecisi, a ricercare chissà quale novità in quel bugigattolo polveroso, a giustificare un diversivo minimo che lo sollevi dalla pressione d'una situazione inaspettata e intollerabile. Poi l'atto di coraggio, comune a tutti i burocrati nullafacenti; la voglia di liberarsi dell'intruso stimola le scuse più banali sino alla recisione del rifiuto campato sulle menzogne pù puerili. "Di che anno è la chiesa?", mi domanda. "1945, all'incirca ...". "Ah, va beh ... no, no ... no, non c'è niente ...". "Ma non avete un archivio?". "No". "E dove mettete i documenti?". "Non ci sono più ... lo sapeva padre Isaia, ma è morto da tanto tempo ...". "Qualche foto della fondazione delle parrocchie le avrete?". "No, non le abbiamo, forse il Vicariato ... non conosco nessuno ... mail, non saprei ...". Quindi aggiunge, a seppellire la pretesa: "Non so ... siamo piccoli ... e poi ... non so ... io sono del '96 ...".
"Io sono del '96". Capisco, signori, che voi non mi crediate. È giusto. Così come non avrete creduto a quel dialogo in cui una giovinetta dichiarava che la capitale dell'Inghilterra era la Germania. Eppure è così, siamo entrati nell'incubo, senza accorgercene, e questo incubo non contempla più l'Italia e gli Italiani. Una civiltà annientata in quarant'anni nemmeno. "Io sono del '96 ... " mi cicala l'esserino e mai dichiarazione fu più chiarificatrice. Ne comprendete la portata? Perché il citrullino, qui, cosa vuol dirvi? Questo, semplicemente: che l'interesse suo personale e la storia stessa coincidono col breve cono di luce della propria grama esistenza; ciò che ricade sotto l'imperio degli anni precedenti il 1996 non è degno di menzione, né decisivo; forse non esiste, addirittura. Siamo alla patologia, al solipsismo autistico, all'abolizione di ogni terreno comune, quello che ci fa dialogare e vivere tramite idee senza parole.
Lì per lì ho avuto voglia di insultarlo, mi capita spesso, non so tenermi. Avevo voglia di tirargli uno schiaffo o mandarlo al diavolo davanti a qualche battezzando. E però ... a che servirebbe? Tutta questa gente, esserini, girini umani, lamprede fini a sé stesse, snervati abitatori degli abissi ... Tutta questa gente non dovrebbe mai esser nata. Sono di troppo, carne marcia. Morti in vita, certo, ma pur senzienti che intasano scuole, istituzioni, meriti. Sciaurati che mai fur vivi eppure fanno numero, paccottiglia, ciuffi di pelo nel lavandino. Non servono a niente se non a impedire la vita. A che pro?
Ecco il disagio prodotto dalla democrazia. Ecco, finalmente, rilucente in tutta la verità, l'espressione dannunziana sul diluvio grigio della democrazia e dei lumi progressivi. La regressione civile e la mancanza di libertà vengono instaurate non solo dalla distruzione delle gerarchie e dei centri della sapienza (che sussistono proprio in virtù di tali gerarchie), ma anche dal numero. La voce dei migliori, degli individui razionali, in un ambiente privo di loro pari, viene sommersa dal cicaleccio; e quando, per miracolo, un dei Diecimila riesce a farsi udire traverso la coltre della stupidità, ecco che il Potere eccita il perbenismo sciocco della moltitudine: a deviare, sopire, di nuovo sommergere.
Chi vuole porre un mattone alla causa della controcultura dovrà abituarsi a maneggiare tali orribili verità. I più meritano la morte poiché già morti, carcasse che recano putredine e affollano il manicomio della death-in-life. La razionalità esige i pochi, i felici pochi. Il ciarpame umano non serve, va eliminato. Chi viene ancora a raccontarvi di allargamenti della democrazia, coinvolgimenti democratici e più democrazia è un impostore. A lui va riservata la morte. Il voto democratico va rigettato, l'abbassamento culturale (le pillole di cultura!) combattuto, la simpatia per gli ultimi abortita. Occorre coltivare i pochi e assassinare i molti a meno che non si ambisca a essere definitivamente umiliati e lentamente assassinati nella poltiglia finale.
A questo serviva la mortalità infantile, il tetano, la polio, le stragi ... a ciò serviva l'ingiustizia dell'aristocrazia ... A selezionare esseri umani, a preservare il nucleo fondante dell'umanità, altro che democrazia! A Vienna, Firenze, Siviglia, Alessandria i migliori si conoscevano l'un l'altro, la vista era nitida, il vociare sommesso, le parole rilucevano con forza imprigionando i concetti. Céline fa l'elogio di Semmelweis, ma l'umanità con Semmelweis c'ha solo rimesso in forza e vitalità. Ciò intuì anche Pasolini quando, rivolgendosi al suo Gennariello, gli confida: "Tu ingombri, tu sei uno di quelli che doveva morire, il carnaio spaventoso redimeva l'uomo".
A un antropologo bastano pochi chilometri nei centri delle città per accorgersi del mutamento. Branchi di sciattoni italiani si aggirano come manipoli di cialtroni e carogne. Sudaticci, con scarpe da ginnastica o ciavatte, magliette e canottiere, declinate secondo la moda del momento, gonnellini o blue jeans, hot pants da mignotta, cotonature idiote, tatuaggi da galeotto, eloquio sbracato, narcolessi cognitiva, sguardi da anacoluti morali.
La decadenza instaurata dal numero si rivela, poi, anche nel fenotipo. Questi ciabattoni del Ventunesimo Secolo, dopo aver eliminato, in pochi decenni, giacche, tailleur, cappelli e camicie, mocassini e onorevoli scarpe chiuse, hanno assunto pose da zingari da bar: strafottenti, tripponi, ridanciani, torbidi, barbuti, grassi, di quel grasso rancido che obnubila la chiarezza dei movimenti; ma anche storti, vecchi, bavosi, unticci. Si è perso, evidentemente, il pudore che incuteva l'altro, il conoscente o il vicino di casa, che, colla sua sola presenza e il potenziale giudizio, inchiodava l'italiano alla toeletta inducendolo a sbarbarsi diligentemente, ripulire i colletti, condecentemente abbigliarsi: ecco la cravatta, i gemelli, i monili, un velo di borotalco e cipria; più altri ritrovati: bastoni, fazzoletti, orologi da polso, pettinini.
Ora la trippa la fa da padrone, la si deve mostrare, la trippa e il calcagno: del piede nudo inciavattato. Si sta al mare, quasi tutto l'anno. La musica, peraltro, a quello invita. Da quanto tempo non sento uno straccio di canzone con la ritmica pulita e nitida? O stupidaggini forzate in rima rap baciata, narcotiche e narcolettiche, da drogati spinti e occhio strabuzzato, oppure un percussionismo tecno-tribale: lo stile è quello dell'animatore da crociera che istiga al divertimento, sole scherzi e stronzate, altrimenti non lo pagano: in sottofondo, eterni, a scandire un'epoca, i tam tam. La civiltà finalmente tamtamizzata, bonghi e tamburelli e cori da vu cumprà vengono esalati dalle autoradio del 2020: quando passa una macchina da coatto questa inevitabilmente rimbomba con tam tam da cassa troglodita o eccitazioni ska reggae. Il ritmo è quello, standardizzato. Da vicino è coperto da gargarismi e gutturalismi barbari, da lontano, obliati acusticamente questi, ecco il ritmo d'ordinanza, sempre quello, da gorilla alcolizzati.
Vite che valgono poco, e sempre meno. Vite da scarto che si potranno spegnere senza troppi rimpianti. D'altra parte, chiediamoci: a che pro vivere così? L'attore di tale esistenza vorrà sentirsi felice quanto vuole, ma sa in cuor suo di mentire spudoratamente a sè stesso. Egli è nulla, zero virgola zero, un poveraccio da infradito, sbracato, disoccupato, senza identità e veri interessi. Egli lambisce l'inconsistenza, a più riprese, tanto da entrare a farne parte. L'invisibile è la regione dell'anima che più gli si confà. Egli si sente senza scopo, e lo è, senza scopo. Non conta nulla, è un pollo da batteria, privo di qualsivoglia definizione: perchè, come gli hanno insegnato da quando è nato, definirsi è sbagliato poiché razzista, discriminatorio, intollerabilmente chauvinista.
Un individuo di tal fatta si scioglie in un organizzazione da alveare. Un fuco, ma senza regina; anche perché l'alveare non ha anch'esso scopo, ma sussiste solo per infondere una blanda forma di vita ai suoi abitatori. E se uno di essi scompare? Poco male. Non serviva a nulla, era un budello digerente, al massimo.
Questa la vita da niente che vi faranno vivere. Il suicidio apparirà un atto normalissimo, anzi logico: un atto che certifica il passaggio dal nulla al nulla, senza l'affanno della carne: sessanta, ottanta, novanta chili. E non pensiate al suicidio che implica una qualche volontà: impiccagione, defenestrazione, avvelenamento. Il suicidio futuro consisterà nel lasciarsi andare; sin al dissolvimento.
Limature, ecco la nuova politica. La limatura. Si limerà la società fino all'alveare sorretto da redditi di sudditanza: 1100 euro (11x22x52)? Niente lavoro, niente amori, nessun desiderio di avventura o viaggio, nessuno studio o passione o mestiere. L'anima vegetativa, così temuta dagli antichi, prolifera sino a prendersi tutto. Sarà una vacanza da DSM, a 1100 al mese, in cui, però, il sapore della vacanza cederà il posto all'accidia, all'indolenza rancida che accresce e anela sé stessa.
Resistono gli statali piccoli e medi, a formare il cordone di protezione del patriziato. Sono annientati gli altri, in pochi anni ridotti a passacarte. L'iniziativa, la creatività, gli animal spirits sono annegati nella feroce burocrazia per cui, fatti i calcoli, è meglio non fare nulla che fare qualcosa. Il nerbo dell'italia è atrofizzato. Partite IVA, artigiani, professionisti vengono progressivamente dissanguati, scoraggiati e menati alle rive dell'assistenzialismo. Poi, lentamente, toccherà proprio agli statali farsi da parte. Lo smart working anticipa le future dismissioni. Un PC gestirà uffici da migliaia di posti, i ministeri avranno poco da fare, peraltro, in assenza di economia e, perciò, di tasse, imposte e quant'altro. Le multinazionali gestiranno ogni cosa abbassando i prezzi e la qualità, ma permettendo la vita da fuco col sussidio, nel monolocale in cartongesso, green e sostenibile, privo di elementi peculiari, il visore interattivo a dominare la maggior parete della celletta.
Mi fermo presso un piccolo alimentari sulla via Aurelia, a Roma, nel tratto suburbano che immette verso la città. Un tempo qui resisteva una cappellina, dal gusto semplice. Non la ritrovo. Nello spiazzo antistante, cementati goffamente, una base di colonna romana e il frammento della colonna stessa, in granito: avanzi martoriati dalle ingiurie meteoriche, malinconici, insignificanti. La proprietaria del negozietto è figlia di chi lo inaugurò, nel 1962. Mio padre si fermava spesso qui, recando la famiglia al mare, a comprare vettovaglie di complemento (pizza bianca, bevande) al sempiterno pranzo da spiaggia: acqua da thermos, fettine panate, frittate, frutta estiva e il fatidico cocomero, presenza ineliminabile del tempo come intuì Aldo Fabrizi ne La famiglia Passaguai. Di quelle brevi fermate, oltre alle melodie dei nastri stereo8, ricordo i profumi: della pizza appena sfornata, delle ortensie, e, poi, del mare, talmente intenso da stordire di felicità. La signora, ben oltre i cinquanta, mi serve, lenta. Attorno, a parte le mosche, non c'è nessuno. Le accenno dei tempi belli, l'Aurelia, le spiagge, Fregene, la Roma piccolo borghese. L'innesco funziona, come sempre. Sospiri, rimpianti, la passata grandezza, il capostipite che se ne va, la vecchia mamma malata a guardare dalla finestra come in un visore estenuato. I tempi, i tempi, mala tempora currunt! "Lo sai ... Ti do del tu ... posso? ... sì? ... lo sai che fino a quasi tutti gli anni Ottanta in tre chilometri, da qui alla periferia, c'erano sedici alimentari? Ora siamo in due ... e cosa c'è da fare? Niente ... assaggia questo prosciutto, senti com'è e poi dimmi che differenze trovi ... che si può fare?". Niente, infatti, non c'è da fare niente se non chiudere, risparmiare tempo e inghippi burocratici e resistere col grasso accumulato finché morte non ci separi; da una vita anonima, che poco vale. Se in trent'anni è stata azzerata non una classe, ma un'intera organizzazione economica, significa che non siamo a un semplice cambiamento, ma alla trasmutazione definitiva, all'accentramento progressivo in un'oligarchia di multinazionali aeree, apolidi, non gravate da imposte e tasse nazionali, inesistenti quelli internazionali. Tale oligarchia eleggerà, prima o poi, un rappresentante temporale che, in simbiosi col Re del Mondo, il Giusto, dominerà il futuro.
Disoccupazione in aumento, lavoricchi, abbassamento dei prezzi, fuga dalla qualità e dalla creatività, redditi di sudditanza, standardizzazione, detumescenza del desiderio. Eliminazione del desiderio poiché il desiderio implica brama e la brama ansia di possesso continua, e voglia di migliorare; ambizione. Ma qui, ragiona il Potere, non c'è più nulla da migliorare, siamo ai tempi ultimi, la Storia è finita, l'umanità deve considerarsi sazia. Il Potere vuole, infatti, la pace, intesa come stazionarietà. Distillati orientali sulla rinuncia invaderanno blog e giornali. Beppe Grillo che, ricordiamolo, dice sempre la verità, la verità vera, essendo il politico decisivo dell'inizio del nuovo Millennio, ha già anticipato tutto. Pace, ecologismo, tecnica, ritrovati da quattro soldi, sport, pornografia, de-erotizzazione, regressione culturale in nome dell'antidiscriminazione, fine di ogni dottrina economica: redistribuzione meschina di soldi digitali in cambio di ciarpame. Un piano preparato da secoli e in via di completamento inevitabile.
Il potere fa quello che ha deciso, prima o poi, poiché vanta una stella polare, un'utopia.
I colpevoli sono i presunti rivoluzionari che insistono nella speranza vana, dipingendo falsamente un mondo in cui ancora vige lo scontro e la dialettica: repubblicani contro democratici, negri contro bianchi, ebrei contro antisemiti, Orban contro Merkel, Assange contro tutti. Ma son tutti falsi movimenti, ruote dentate che girano con moto apparentemente diverso, ma, alla fine, s'incastrano le une nelle altre a favorire l'unico motore esistente.
Il voto liberale, quello è da combattere. Riconoscere, finalmente, che la scelta non c'è, né potrà mai esservi e scegliere col voto, in tale epoca, equivale solo ad assentire al Mondo Nuovo.
Rigettare gli eroi meschini, le figurine inventate per deviare l'attenzione.
Esempio: Erdogan che trasforma Santa Sofia in moschea. Vi è, certo, un dato superficiale da esaminare. L'Islam, rispetto al Cristianesimo, è ancora vivo. Bene, ma solo perché è ideologicamente più arretrato come arretrata era l'Italia degli anni Trenta. Attenzione! Arretrata rispetto ai Lumi, al progresso ecumenico che tante volte si è additato al disprezzo.
Il Cristanesimo del 2020, rispetto all'Islam, rimane più avanti, infrollito, senza direzione, lontano dalle profondità del sacro a favore di un altruismo da onlus arraffabandi.
Ciò significa, però, solo che l'Islam capitolerà più tardi, tutto qui. Così come capitoleranno l'Ebraismo, e il Sionismo. Quel giorno arriverà improvviso, a stupire tutti, come un ladro di notte: la copertina calda e smocciolata dell'antisemitismo dove andrà a finire? Gli Ebrei, i negri, i trans, Greta, sono costituiti quale esercito strumentale contro l'Occidente, l'unica vera sacca di resistenza contro il Pensiero Unico. Per quanto siano irritanti e protervi, è inutile prendersela con tali ascari. E per Occidente non s'intende Lepanto, ma una koiné d'intelligenze che fonde in sé Damasco, Gerusalemme, Roma, Atene, Alessandria, il Catai.
Il Gran Vizir di Tunisi decide di attaccare Roma. Siamo nel IX secolo. L'esercito sbarca presso la traianea Porto, l'attuale Fiumicino; la distrugge. Si accampa, quindi, alle porte della città, in un sito ancor oggi chiamato Mezzaluna. Le truppe travolgono ogni resistenza sino alla basilica di San Pietro, che viene messa a sacco. Papa Sergio II si rivolge al Duca di Napoli: il principe, però, rinuncia, anch'egli alle prese coi Saraceni. A questo punto si fa avanti Guy, cioè Guido I, duca di Spoleto, patria longobarda; Guido allerta la propria cavalleria pesante e raduna un buon numero di fanti costituiti da contadini e abitanti della domusculta romana di Lorium, già residenza imperiale degli Antonini. Guido va a snidare i Saraceni nel centro della città e ne provoca la fuga disordinata. Alcuni scappano lungo la Tiburtina dove, sopravvissuti, fonderanno il paesino di Saracinesco. Il grosso dell'esercito fugge lungo l'Antica Aurelia inseguito dai Latini e dai Normanni: sino al mare. Guido ne uccide talmente tanti che è costretto ad abbruciarne i corpi presso una radura ancor oggi chiamata Forno Saraceno. A cagione dell'impresa il Papa gli dona proprio le terre attraversate dalla rotta dei miscredenti; fra esse è l'attuale Castel di Guido, uno dei luoghi del mondo in cui l'Occidente trasuda direttamente dalla terra. Basta, a esempio, visitare la chiesina di Castel di Guido che, al viaggiatore disattento sfugge, inavvertita. Le fondamenta celano il mausoleo dell'imperatore Antonino Pio; una colonna superstite di tale monumento funebre la si ritrova presso il vasto casale limitrofo, già castello e residenza di Guido. La fisionomia interna richiama evidenti influssi templari; all'esterno è un affresco cinquecentesco, in buone condizioni; la scalinata, invece, fu progettata da Benito Mussolini che, trovatosi a passare di lì, schizzò velocemente ai propri architetti la miglioria desiderata.
A questo serviva la mortalità infantile, il tetano, la polio, le stragi ... a ciò serviva l'ingiustizia dell'aristocrazia ... A selezionare esseri umani, a preservare il nucleo fondante dell'umanità, altro che democrazia! A Vienna, Firenze, Siviglia, Alessandria i migliori si conoscevano l'un l'altro, la vista era nitida, il vociare sommesso, le parole rilucevano con forza imprigionando i concetti. Céline fa l'elogio di Semmelweis, ma l'umanità con Semmelweis c'ha solo rimesso in forza e vitalità. Ciò intuì anche Pasolini quando, rivolgendosi al suo Gennariello, gli confida: "Tu ingombri, tu sei uno di quelli che doveva morire, il carnaio spaventoso redimeva l'uomo".
A un antropologo bastano pochi chilometri nei centri delle città per accorgersi del mutamento. Branchi di sciattoni italiani si aggirano come manipoli di cialtroni e carogne. Sudaticci, con scarpe da ginnastica o ciavatte, magliette e canottiere, declinate secondo la moda del momento, gonnellini o blue jeans, hot pants da mignotta, cotonature idiote, tatuaggi da galeotto, eloquio sbracato, narcolessi cognitiva, sguardi da anacoluti morali.
La decadenza instaurata dal numero si rivela, poi, anche nel fenotipo. Questi ciabattoni del Ventunesimo Secolo, dopo aver eliminato, in pochi decenni, giacche, tailleur, cappelli e camicie, mocassini e onorevoli scarpe chiuse, hanno assunto pose da zingari da bar: strafottenti, tripponi, ridanciani, torbidi, barbuti, grassi, di quel grasso rancido che obnubila la chiarezza dei movimenti; ma anche storti, vecchi, bavosi, unticci. Si è perso, evidentemente, il pudore che incuteva l'altro, il conoscente o il vicino di casa, che, colla sua sola presenza e il potenziale giudizio, inchiodava l'italiano alla toeletta inducendolo a sbarbarsi diligentemente, ripulire i colletti, condecentemente abbigliarsi: ecco la cravatta, i gemelli, i monili, un velo di borotalco e cipria; più altri ritrovati: bastoni, fazzoletti, orologi da polso, pettinini.
Ora la trippa la fa da padrone, la si deve mostrare, la trippa e il calcagno: del piede nudo inciavattato. Si sta al mare, quasi tutto l'anno. La musica, peraltro, a quello invita. Da quanto tempo non sento uno straccio di canzone con la ritmica pulita e nitida? O stupidaggini forzate in rima rap baciata, narcotiche e narcolettiche, da drogati spinti e occhio strabuzzato, oppure un percussionismo tecno-tribale: lo stile è quello dell'animatore da crociera che istiga al divertimento, sole scherzi e stronzate, altrimenti non lo pagano: in sottofondo, eterni, a scandire un'epoca, i tam tam. La civiltà finalmente tamtamizzata, bonghi e tamburelli e cori da vu cumprà vengono esalati dalle autoradio del 2020: quando passa una macchina da coatto questa inevitabilmente rimbomba con tam tam da cassa troglodita o eccitazioni ska reggae. Il ritmo è quello, standardizzato. Da vicino è coperto da gargarismi e gutturalismi barbari, da lontano, obliati acusticamente questi, ecco il ritmo d'ordinanza, sempre quello, da gorilla alcolizzati.
Vite che valgono poco, e sempre meno. Vite da scarto che si potranno spegnere senza troppi rimpianti. D'altra parte, chiediamoci: a che pro vivere così? L'attore di tale esistenza vorrà sentirsi felice quanto vuole, ma sa in cuor suo di mentire spudoratamente a sè stesso. Egli è nulla, zero virgola zero, un poveraccio da infradito, sbracato, disoccupato, senza identità e veri interessi. Egli lambisce l'inconsistenza, a più riprese, tanto da entrare a farne parte. L'invisibile è la regione dell'anima che più gli si confà. Egli si sente senza scopo, e lo è, senza scopo. Non conta nulla, è un pollo da batteria, privo di qualsivoglia definizione: perchè, come gli hanno insegnato da quando è nato, definirsi è sbagliato poiché razzista, discriminatorio, intollerabilmente chauvinista.
Un individuo di tal fatta si scioglie in un organizzazione da alveare. Un fuco, ma senza regina; anche perché l'alveare non ha anch'esso scopo, ma sussiste solo per infondere una blanda forma di vita ai suoi abitatori. E se uno di essi scompare? Poco male. Non serviva a nulla, era un budello digerente, al massimo.
Questa la vita da niente che vi faranno vivere. Il suicidio apparirà un atto normalissimo, anzi logico: un atto che certifica il passaggio dal nulla al nulla, senza l'affanno della carne: sessanta, ottanta, novanta chili. E non pensiate al suicidio che implica una qualche volontà: impiccagione, defenestrazione, avvelenamento. Il suicidio futuro consisterà nel lasciarsi andare; sin al dissolvimento.
Limature, ecco la nuova politica. La limatura. Si limerà la società fino all'alveare sorretto da redditi di sudditanza: 1100 euro (11x22x52)? Niente lavoro, niente amori, nessun desiderio di avventura o viaggio, nessuno studio o passione o mestiere. L'anima vegetativa, così temuta dagli antichi, prolifera sino a prendersi tutto. Sarà una vacanza da DSM, a 1100 al mese, in cui, però, il sapore della vacanza cederà il posto all'accidia, all'indolenza rancida che accresce e anela sé stessa.
Resistono gli statali piccoli e medi, a formare il cordone di protezione del patriziato. Sono annientati gli altri, in pochi anni ridotti a passacarte. L'iniziativa, la creatività, gli animal spirits sono annegati nella feroce burocrazia per cui, fatti i calcoli, è meglio non fare nulla che fare qualcosa. Il nerbo dell'italia è atrofizzato. Partite IVA, artigiani, professionisti vengono progressivamente dissanguati, scoraggiati e menati alle rive dell'assistenzialismo. Poi, lentamente, toccherà proprio agli statali farsi da parte. Lo smart working anticipa le future dismissioni. Un PC gestirà uffici da migliaia di posti, i ministeri avranno poco da fare, peraltro, in assenza di economia e, perciò, di tasse, imposte e quant'altro. Le multinazionali gestiranno ogni cosa abbassando i prezzi e la qualità, ma permettendo la vita da fuco col sussidio, nel monolocale in cartongesso, green e sostenibile, privo di elementi peculiari, il visore interattivo a dominare la maggior parete della celletta.
Mi fermo presso un piccolo alimentari sulla via Aurelia, a Roma, nel tratto suburbano che immette verso la città. Un tempo qui resisteva una cappellina, dal gusto semplice. Non la ritrovo. Nello spiazzo antistante, cementati goffamente, una base di colonna romana e il frammento della colonna stessa, in granito: avanzi martoriati dalle ingiurie meteoriche, malinconici, insignificanti. La proprietaria del negozietto è figlia di chi lo inaugurò, nel 1962. Mio padre si fermava spesso qui, recando la famiglia al mare, a comprare vettovaglie di complemento (pizza bianca, bevande) al sempiterno pranzo da spiaggia: acqua da thermos, fettine panate, frittate, frutta estiva e il fatidico cocomero, presenza ineliminabile del tempo come intuì Aldo Fabrizi ne La famiglia Passaguai. Di quelle brevi fermate, oltre alle melodie dei nastri stereo8, ricordo i profumi: della pizza appena sfornata, delle ortensie, e, poi, del mare, talmente intenso da stordire di felicità. La signora, ben oltre i cinquanta, mi serve, lenta. Attorno, a parte le mosche, non c'è nessuno. Le accenno dei tempi belli, l'Aurelia, le spiagge, Fregene, la Roma piccolo borghese. L'innesco funziona, come sempre. Sospiri, rimpianti, la passata grandezza, il capostipite che se ne va, la vecchia mamma malata a guardare dalla finestra come in un visore estenuato. I tempi, i tempi, mala tempora currunt! "Lo sai ... Ti do del tu ... posso? ... sì? ... lo sai che fino a quasi tutti gli anni Ottanta in tre chilometri, da qui alla periferia, c'erano sedici alimentari? Ora siamo in due ... e cosa c'è da fare? Niente ... assaggia questo prosciutto, senti com'è e poi dimmi che differenze trovi ... che si può fare?". Niente, infatti, non c'è da fare niente se non chiudere, risparmiare tempo e inghippi burocratici e resistere col grasso accumulato finché morte non ci separi; da una vita anonima, che poco vale. Se in trent'anni è stata azzerata non una classe, ma un'intera organizzazione economica, significa che non siamo a un semplice cambiamento, ma alla trasmutazione definitiva, all'accentramento progressivo in un'oligarchia di multinazionali aeree, apolidi, non gravate da imposte e tasse nazionali, inesistenti quelli internazionali. Tale oligarchia eleggerà, prima o poi, un rappresentante temporale che, in simbiosi col Re del Mondo, il Giusto, dominerà il futuro.
Disoccupazione in aumento, lavoricchi, abbassamento dei prezzi, fuga dalla qualità e dalla creatività, redditi di sudditanza, standardizzazione, detumescenza del desiderio. Eliminazione del desiderio poiché il desiderio implica brama e la brama ansia di possesso continua, e voglia di migliorare; ambizione. Ma qui, ragiona il Potere, non c'è più nulla da migliorare, siamo ai tempi ultimi, la Storia è finita, l'umanità deve considerarsi sazia. Il Potere vuole, infatti, la pace, intesa come stazionarietà. Distillati orientali sulla rinuncia invaderanno blog e giornali. Beppe Grillo che, ricordiamolo, dice sempre la verità, la verità vera, essendo il politico decisivo dell'inizio del nuovo Millennio, ha già anticipato tutto. Pace, ecologismo, tecnica, ritrovati da quattro soldi, sport, pornografia, de-erotizzazione, regressione culturale in nome dell'antidiscriminazione, fine di ogni dottrina economica: redistribuzione meschina di soldi digitali in cambio di ciarpame. Un piano preparato da secoli e in via di completamento inevitabile.
Il potere fa quello che ha deciso, prima o poi, poiché vanta una stella polare, un'utopia.
I colpevoli sono i presunti rivoluzionari che insistono nella speranza vana, dipingendo falsamente un mondo in cui ancora vige lo scontro e la dialettica: repubblicani contro democratici, negri contro bianchi, ebrei contro antisemiti, Orban contro Merkel, Assange contro tutti. Ma son tutti falsi movimenti, ruote dentate che girano con moto apparentemente diverso, ma, alla fine, s'incastrano le une nelle altre a favorire l'unico motore esistente.
Il voto liberale, quello è da combattere. Riconoscere, finalmente, che la scelta non c'è, né potrà mai esservi e scegliere col voto, in tale epoca, equivale solo ad assentire al Mondo Nuovo.
Rigettare gli eroi meschini, le figurine inventate per deviare l'attenzione.
Esempio: Erdogan che trasforma Santa Sofia in moschea. Vi è, certo, un dato superficiale da esaminare. L'Islam, rispetto al Cristianesimo, è ancora vivo. Bene, ma solo perché è ideologicamente più arretrato come arretrata era l'Italia degli anni Trenta. Attenzione! Arretrata rispetto ai Lumi, al progresso ecumenico che tante volte si è additato al disprezzo.
Il Cristanesimo del 2020, rispetto all'Islam, rimane più avanti, infrollito, senza direzione, lontano dalle profondità del sacro a favore di un altruismo da onlus arraffabandi.
Ciò significa, però, solo che l'Islam capitolerà più tardi, tutto qui. Così come capitoleranno l'Ebraismo, e il Sionismo. Quel giorno arriverà improvviso, a stupire tutti, come un ladro di notte: la copertina calda e smocciolata dell'antisemitismo dove andrà a finire? Gli Ebrei, i negri, i trans, Greta, sono costituiti quale esercito strumentale contro l'Occidente, l'unica vera sacca di resistenza contro il Pensiero Unico. Per quanto siano irritanti e protervi, è inutile prendersela con tali ascari. E per Occidente non s'intende Lepanto, ma una koiné d'intelligenze che fonde in sé Damasco, Gerusalemme, Roma, Atene, Alessandria, il Catai.
Il Gran Vizir di Tunisi decide di attaccare Roma. Siamo nel IX secolo. L'esercito sbarca presso la traianea Porto, l'attuale Fiumicino; la distrugge. Si accampa, quindi, alle porte della città, in un sito ancor oggi chiamato Mezzaluna. Le truppe travolgono ogni resistenza sino alla basilica di San Pietro, che viene messa a sacco. Papa Sergio II si rivolge al Duca di Napoli: il principe, però, rinuncia, anch'egli alle prese coi Saraceni. A questo punto si fa avanti Guy, cioè Guido I, duca di Spoleto, patria longobarda; Guido allerta la propria cavalleria pesante e raduna un buon numero di fanti costituiti da contadini e abitanti della domusculta romana di Lorium, già residenza imperiale degli Antonini. Guido va a snidare i Saraceni nel centro della città e ne provoca la fuga disordinata. Alcuni scappano lungo la Tiburtina dove, sopravvissuti, fonderanno il paesino di Saracinesco. Il grosso dell'esercito fugge lungo l'Antica Aurelia inseguito dai Latini e dai Normanni: sino al mare. Guido ne uccide talmente tanti che è costretto ad abbruciarne i corpi presso una radura ancor oggi chiamata Forno Saraceno. A cagione dell'impresa il Papa gli dona proprio le terre attraversate dalla rotta dei miscredenti; fra esse è l'attuale Castel di Guido, uno dei luoghi del mondo in cui l'Occidente trasuda direttamente dalla terra. Basta, a esempio, visitare la chiesina di Castel di Guido che, al viaggiatore disattento sfugge, inavvertita. Le fondamenta celano il mausoleo dell'imperatore Antonino Pio; una colonna superstite di tale monumento funebre la si ritrova presso il vasto casale limitrofo, già castello e residenza di Guido. La fisionomia interna richiama evidenti influssi templari; all'esterno è un affresco cinquecentesco, in buone condizioni; la scalinata, invece, fu progettata da Benito Mussolini che, trovatosi a passare di lì, schizzò velocemente ai propri architetti la miglioria desiderata.
I contadini guerrieri di Guido furono romani, e latini, o discendenti di liberti mediorientali e grecanici divenuti cittadini latini e romani: erano già Italiani, senza saperlo; gli Italiani dell'appena ieri. Questa battaglia fra Islam e Cristianità lasciò mura sbrecciate, rovine di basilica, punte di lancia, toponimi, torri, tradizioni, ossa di cavalli; e i resti degli accampamenti saraceni fra cui spiccano i vasi per la cottura del cuscus.
Tutte queste figure, l'imperatore del Sacro Romano Impero Guido, gli anonimi guerrieri contadini e quelli, altrettanto senza volto, della Mezzaluna, Sergio II e il Vizir, Antonino Pio, Adriano e Marco Aurelio, signori di Lorium, i roghi e i sacrilegi - tutti rilevano quali amabili e frementi silhouette, a formare un teatro antinaturale e simbolico, bello e drammatico come una rappresentazione indonesiana delle ombre.
Questo teatro, lontano e ricco, debordante e leggendario, limpido e corrusco, è, di fatto, l'Occidente. O si comprende questo, intimamente, o è meglio lasciar perdere e tifare ai gazebo la prossima primavera.
Beppe Grillo scrive e nessuno lo ascolta. È l'unico, però, che non prevede, ma annuncia.
"Signori! Dal febbraio 2020 al giugno 2020 si è incassato, detratte le spese, euri 780 al mese. A cosa servano questi 780, che tasse e imposte ridurranno a meno ancora, in una città italiana del nuovo millennio dove un caffè costa euri 1,20 e un'insalata confezionata euri 5,00, non so dirlo. So che, chiudendo i battenti, risparmierei tempo, fatica e parecchi soldi poiché il lavoro, per esser tale, richiede spese di gestione sempre più alte. Io, quale produttore di ricchezza, mi dichiaro, quindi, vinto, rassegnandomi al prossimo reddito di sudditanza, più corposo. Mi dichiaro, al contempo, disposto a eventuali lavoricchi: schiacciatore di bottiglie di plastica, rifinitore d'aiuole per cani con Isee superiore, usciere per conferenze a tema sulla libertà di chiappa. Il capitalismo, col suo carico di ingiustizie, e la storia, grondante sangue e despoti, finalmente si dilegua. Ad maiora!".
Arriva, via PEC, un importante documento da un primario centro amministrativo della Repubblica Italiana. Mi si intima di nuovermi alla svelta poiché le scartoffie richieste "risultano parzialmente scanzionate".
Signore e signori, buonanotte.
Tristemente perfetto e grazie anche per avermi spiegato l'origine dei nomi di luoghi che da quarant'anni appartengono alla mia quotidianità.
RispondiEliminaBomberPruzzo
Ricordi nel "The brave new world" di Huxley la descrizione dei balli di gruppo? Quei ritmi irregolari, in 5 e 7 ottavi, ipnotici. È una parte che viene poco citata e mi sembra un'ottima anticipaziine dei tam-tam cui alludi, che sono anch'essi frutto della programmata fucina post-moderna.
RispondiEliminaNon vorrei sbagliarmi, ma qui siamo oltre il mondo nuovo ... La questione del sesso, a esempio. In Huxley abbiamo l'ipersessualismo e va bene. E anche da noi la pornografia dilaga tanto che un sito su due riguarda l'hardcore nei suoi vari dispiegamenti. E però avverto come una sazietà, il punto di crisi, almeno nelle regioni più avanzate della dissoluzione. A furia di orge, insomma, si diviene insensibili e, proprio perché insensibili, si reclamano orge mai viste. A questo punto, vuoto il sacco, anche certe intuizioni sulla musica degenerata assumono un senso ... e lo dico da ascoltatore attento dei ritmi postmoderni.
EliminaHai perfettamente ragione. Sì, siamo oltre.
EliminaTra l'altro il mondo prefigurato da Huxley era ordinato, qui invece vige il caos.
Non so se questo caos sia parte del programma o derivi da diversi finalità in campo.
EliminaCredo che il Mondo Nuovo abbia definitivamente vinto. Il Caos deriva da regolamenti di conti al suo interno ... assestamenti ... Presto arriveremo alla stazionarietà che, però, non è ordine, bensì entropia, assenza di passioni, curiosità, voglia di fare.
EliminaSarà ora di chiudere, amore,
RispondiEliminache smetta di fare la guardia al cemento
tra piazza Tricolore e via Bellini
di coprirmi la faccia col giornale
quando ferma la E, di attraversare
obliquo la tua strada, di patire
anche a passarci in treno
in fondo a viale Argonne
vicino alla tua casa.
Senti questa Alceste, cosi, tanto per non farti sentire solo.
RispondiEliminaDirettamente dalla mia rubrica no comment....
Ore 6.10, provincia di Brescia.
Come tutte le mattine consegno a questa rivendita, noto un fortissimo odore di gas per tutta la strada, esce la proprietaria (incinta!!!!) e dico: Scusa ma non hai sentito questa tremenda puzza di gas,sicuramente c'è una perdita!!!! Chiama subito GASPLUS!!!!!
Lei: SI SI c'era ancora ieri, ma tanto noi non abbiamo niente che va a gas quindi a me cosa me ne frega...
Di riflesso quasi gli rompo l'osso del collo....di fronte a cotanta ignoranza a volte fatico a trattenermi....
La settimana scorsa: IO: Scusi che ore sono? ALTRO: adesso?
questo è il livello.
Pian piano torneranno di moda le freddure: di che colore era il cavallo bianco di Napoleone?
EliminaLo ridico, però, per l'ennesima volta: il disastro comincia con la fine della classe intellettuale italiana ... non si può vivere senza un depositario forte e arrogante della propria cultura. Un filologo, insomma, o un magistrato, dovrebbero esercitare l'arroganza di classe a presidio della Patria. Invece qui sembra che la filologia e il diritto possano insegnarsi dai talent show.
Bravissimo come sempre a dipingere il quadro della deriva.
RispondiEliminaSarò breve : fine del cristianesimo = fine dell’Occidente . Complimenti per l’articolo non credo che ci sia qualcun’altro in questo momento che scriva come lei .
RispondiEliminaLei va dritto al punto.
RispondiEliminaSi potrebbero sollevare delle obiezioni, e forse la prosa è fin troppo cruda, ma, ormai, per indurre a vere riflessioni, così è giusto fare.
Caro Alceste,
RispondiEliminain presenza di tanto scempio è un delitto dimenticarsi che Saracinesco ha fornito per centinaia di anni, in particolare Ottocento e Novecento, ad artisti, famiglie ed ammiratori splendide modelle, balie, sogni selvagge e prospere. Tra Anticoli e Saracinesco esiste il sentiero "delle modelle".
Per soffocare in anticipo ogni rivolta, non bisogna essere violenti. I metodi di Hitler sono superati. Basta creare un condizionamento collettivo così potente che l'idea stessa di rivolta non verrà nemmeno più alla mente degli uomini.
RispondiEliminaL' ideale sarebbe quello di formattare gli individui fin dalla nascita limitando le loro abilità biologiche innate. In secondo luogo, si continuerebbe il condizionamento riducendo drasticamente l'istruzione, per riportarla ad una forma di inserimento professionale. Un individuo ignorante ha solo un orizzonte di pensiero limitato , e più il suo pensiero è limitato a preoccupazioni mediocri, meno può rivoltarsi.
Bisogna fare in modo che l'accesso al sapere diventi sempre più difficile ed elitario; che si allarghi il divario tra il popolo e la scienza, che l'informazione destinata al grande pubblico sia anestetizzata da qualsiasi contenuto sovversivo. Niente filosofia. Anche in questo caso bisogna usare la persuasione e non la violenza diretta: si diffonderanno massicciamente, attraverso la televisione, divertimenti che adulano sempre l'emotività o l'istintivo. Affronteremo gli spiriti con ciò che è futile e giocoso, e buono in chiacchiere; e musica incessante, per impedire allo spirito di pensare.
Metteremo la sessualità al primo posto degli interessi umani: come tranquillante sociale, non c'è niente di meglio. In generale si farà in modo di bandire la serietà dell'esistenza, di ridicolizzare tutto ciò che ha un valore elevato, di mantenere una costante apologia della leggerezza; in modo che l'euforia della pubblicità diventi lo standard della felicità umana, e il modello della libertà. Il condizionamento produrrà così da sé tale integrazione, che l'unica paura, che dovrà essere mantenuta, sarà quella di essere esclusi dal sistema e quindi di non poter più accedere alle condizioni necessarie alla felicità.
L'uomo di massa, così prodotto, deve essere trattato come quello che è: un vitello, e deve essere monitorato come deve essere un gregge.
Tutto ciò che permette di far addormentare la sua lucidità è un bene sociale. Tutto ciò che rischia di provocare il suo risveglio deve essere ridicolizzato, soffocato.
Ogni dottrina che mette in discussione il sistema deve prima essere designata come sovversiva e terrorista, e coloro che la sostengono dovranno poi essere trattati come tali
(G. Stern, aka Günther Anders, L'uomo è antiquato, 1956)
Non ho capito perché adesso ci si debba per forza creare un profilo per commentare, ma mi adeguo.
RispondiEliminaComprendo il disprezzo per il ragazzo ignaro, sebbene anch'io sia del '96. Faccio però notare che il letamaio non era molto diverso decenni fa, il declino vero inizia con il '68. Ti consiglio a tal proposito di vedere il video postato qua sotto, dove si intravede una città ridotta a porcile e una realtà già ribaltata (i muri imbrattati inviterebbero a "pensare" per questi sub-umani). Se non sono stati fermati negli anni '70, con ancora molti reduci di guerra non proprio attempati, è ovvio che non possano più essere fermati ora che hanno preso il potere nell'intero Occidente.
https://www.youtube.com/watch?v=7CBAytWXlsA&fbclid=IwAR1iD6iKPWrUC0Lt1xyzwBDctv3mep2oOoR0M9BjXWQ7_q4L4Tx6EQj23ao
Per colpa di qualcuno non si fa credito a nessuno ...
EliminaCiò che fa paura nel ragazzo del '96 è il ragionamento per cui gli eventi fuori della coscienza non lo riguardano e nemmeno esistono.
Ora è tardi per fermare la deriva.