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11 giugno 2017

Ode alla liberazione di Palmira


Roma, 11 giugno 2017
 
Jorge Louis Borges, nel racconto Annotazione al 23 agosto 1944, scrive del suo “grado fisico di felicità” all’annuncio della liberazione di Parigi.
Più modestamente, oggi, a distanza di più di settant’anni, voglio farvi partecipi del mio grado fisico di felicità (io, oscuro italiano) all’annunciata liberazione della città di Palmira da parte delle forze regolari siriane appoggiate dai contingenti russi.
Una liberazione fisica e spirituale.
In questi ultimi anni mi son sempre chiesto perché l’Impero Natoamericano del Caos avesse ricompreso nell’Asse del Male certi paesi: Siria, Iraq, Iran, Libia, Egitto, Russia, Cina. E la Grecia e l’Italia, minuscolo Asse del Male secondo i dettami dell’oligarchia di Bruxelles, succursale europea del suddetto Impero.
Esistono complesse risposte geopolitiche al quesito. Non sono un esperto in tali questioni; né lo diventerò mai. Eppure - lo dico da profano e da insipiente della materia – tali elucubrazioni (informatissime, dotte e, in alcuni casi, logicamente perspicue) non mi soddisfano.

Mi tocca ammettere che il ragionamento geopolitico, basato sulla contingenza storica, non fa per me. O meglio: non mi affascina. Mi piace ricercare un sostrato ulteriore. Una causa profonda. Ciò che gli esperti giudicheranno, forse a ragione, incongruo; e di impalpabilità metafisica (e quindi molto borgesiana). Ma son fatto così; amo le spiegazioni ‘altre’: a costo di sacrificargli qualche nesso logico o una apparente verosimiglianza.
E tale causa, a mio debol parere, è questa: l’Impero Natoamericano del Caos vuole distruggere l’Asse del Male esso poiché rappresenta la Storia.
Iraq, Iran, Cina, Russia, Siria … si posson leggere Mesopotamia, Persia, Catai, Rus, Soria (Soria è la Siria di uno dei primi letterati italiani, Federico II di Svevia, amico leggendario del Saladino: Canzonetta gioiosa va a la fior di Soria …).
Questi nomi echeggiano da un fondo antico, si allacciano inestricabilmente ai possenti alberi di Roma e della grecità. E quindi alla Cristianità, al medioevo e alla primissima letteratura italiana e romanza.
Questi nomi e queste terre rappresentano la scaturigine della civiltà orientale e occidentale.
E il potere teme una sola cosa: il passato.
Ne ha così paura che eliminarlo è un suo compito precipuo.
Il Nuovo Ordine pretende, insomma, forse inconsciamente, che si recida ogni legame emozionale, mitico e di genealogia storica con ciò che costituisce i nervi e il fondo concettuale dell’Europa.
Se tale soluzione vi trova scettici, potete rovesciare la considerazione.
Proprio perché queste terre sono ricche di passato e ci definiscono come uomini e cittadini europei e del mondo (e, perciò, come autentici cosmopoliti) – per tale motivo esse sono nemiche naturali dell’Impero Natoamericano del Caos. Nell’intimo sanno di non dover capitolare.
Per questo fra tali popoli si trova ancora orgoglio e coraggio (‘coraggio’ è una bella parola della prima letteratura italiana).
Per questo tutti noi, segretamente, li invidiamo.
Essi sono ancora uomini.
Gli europei, infrolliti dal potere del Caos, non più.
Solo degli imbecilli, a fronte degli attentati di Bruxelles, possono ancora cicalare scemenze come abbiamo fatto noi nei giorni passati. Solo delle mezze calzette possono piagnucolare in diretta. Disegnare coi gessetti. Anelare ad un ecumenico e ridicolo peace and love . Canticcchiare la stupidissima Imagine. Invocare, per bocca dei propri dirigenti politici venduti, ancora più Europa, più Caos: e, per ciò stesso, la distruzione di ciò che eravamo e siamo stati sino a un recente passato.
Per questo saluto la prossima liberazione di Palmira, e quella, auspicabile, della Siria, come un evento gioioso.
Perché a Palmira, coi suoi teatri e templi romani, in cui si miscelano i millenni e i nostri antenati, ci siamo noi.
E poiché siamo stati così vigliacchi e traditori da lasciare che altri, da soli, respingessero, anche nel nostro nome, l’infamia della barbarie, non ci resta – con un patente senso di vergogna – che rendere onore a tali combattenti (en passant: gli Italiani sono stati vigliacchi e traditori due volte).
Potremo mai fare ammenda?
A coloro che hanno liberato Palmira e ci hanno ridonato la storia e l’antichità che fa uomini (e l’hanno fatto in vece nostra) dedichiamo qualche ottava dall’Orlando Furioso (canto XVII, 18-21) dedicata alla bellissima città di Damasco.
Una piccola celebrazione.
E che la gloria li accompagni.

De le più ricche terre di Levante,
de le più populose e meglio ornate
si dice esser Damasco, che distante
siede a Ierusalem sette giornate,
in un piano fruttifero e abondante,
non men giocondo il verno, che l'estate.
A questa terra il primo raggio tolle
de la nascente aurora un vicin colle.

Per la città duo fiumi cristallini
vanno inaffiando per diversi rivi
un numero infinito di giardini,
non mai di fior, non mai di fronde privi.
Dicesi ancor, che macinar molini
potrian far l'acque lanfe che son quivi;
e chi va per le vie vi sente, fuore
di tutte quelle case, uscire odore.

Tutta coperta è la strada maestra
di panni di diversi color lieti;
e d'odorifera erba, e di silvestra
fronda la terra e tutte le pareti.
Adorna era ogni porta, ogni finestra
di finissimi drappi e di tapeti,
ma più di belle e ben ornate donne
di ricche gemme e di superbe gonne.

Vedeasi celebrar dentr'alle porte,
in molti lochi, solazzevol balli;
il popul, per le vie, di miglior sorte
maneggiar ben guarniti e bei cavalli:
facea più bel veder la ricca corte
de' signor, de' baroni e de' vasalli,
con ciò che d'India e d'eritree maremme
di perle aver si può, d'oro e di gemme

Pubblicato il 25 marzo 2016

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