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25 giugno 2017

La guerra civile italiana


Pubblicato su Pauperclass il 4 ottobre 2016

Uno cresce con alcune idee in testa.
Si passa la vita credendo di esserne l'artefice e invece, nella maggior parte dei casi, sono semplici foglietti appiccicati sulla coscienza.
Si nasce in un ambiente e si assimila una determinata concezione.
Si studia in alcuni luoghi e quell'idea si insinua naturalmente nella cervice.
Purtroppo interviene il tempo, supremo giudice.
Franco Battiato cantava: "Il tempo cambia molte cose nella vita/ il senso le amicizie le opinioni ...", e io rispondo, sempre colle sue parole: "si sente il bisogno di una propria evoluzione/sganciata dalle regole comuni/da questa falsa personalità ...".
I conformisti rimarranno della loro idea per tutta la vita, felici e arroganti insieme: chiameranno tutto questo "coerenza".
Gli individui propensi al pensiero critico passeranno, invece, metà dell'esistenza a prestar fede a ciò che nell'altra metà porranno disperatamente in discussione. I voltagabbana di sé stessi.
Rischiare, assumersi colpe, rinunciare al letto caldo del conformismo, questo non è per tutti.
Il conformismo, infatti, è una droga potente; occorre un'operazione maieutica di lancinante dolore per sfuggire dal suo bozzolo: non tutti sono disposti a compierla.
Facciamo un esempio.
Nella mia testa c'era, marchiata a fuoco, la pazza idea che lo statalismo fosse di sinistra e il liberismo di destra.
Attenzione, sto semplificando, ma va bene così.
Programmazione, pianificazione, assistenza, regolazione, Stato: eguale sinistra.
Forze creative, laissez faire, privatizzazioni, individualismo, ambizione: eguale destra.
La pensavo così.
Non che queste fossero idee campate in aria, questo no; solo che esse riposavano su approssimazioni e sentimentalismi e, soprattutto (ecco il cuore del problema), suonavano in perfetto accordo con lo spirito dei tempi.
Ma lo spirito dei tempi muta col volgere dei voleri dei padroni.
Oggi, alle soglie del 2017, seppelliti quegli aneliti, posso affermare che lo statalismo (inteso come dispiegarsi della forza dello stato nazionale, in tutte le sue forme) non è altro che la longa manus della reazione neocapitalista postmoderna.
E che l'individualismo, o il libero percorso delle idee, persino le frattaglie dell’ideologia del laissez faire all'italiana (la mitologia berlusconiana e lombarda codificata nel motto “Andem a laurà”) sono rivoluzionarie.
Queste categorie le applico solo per illustrare il rigiro copernicano delle ideologie.
Si potrebbe far saltare la frittata semantica: quella neocapitalistica è una rivoluzione aggressiva, economica e culturale insieme, e coloro che resistono (noi) siamo l'ultima propaggine della reazione.
Basta intendersi sui termini.
Una cosa è sicura: la rivoluzione (o reazione, fate voi) delle élite sta vincendo e noi stiamo nelle catacombe a beccarci come quattro capponi.
E perché sta vincendo?
Perché è più allettante.
Perché è divenuta senso comune.
E perché - ecco il punto – la rivoluzione delle élite occupa manu militari lo Stato sin nelle sue più minute articolazioni.
La democrazia, le elezioni, i referendum, i media pubblici soggiacciono già a tale potere nascosto.
Ma questo è il minimo.
Ciò che atterrisce è che lo Stato, in tal modo inteso, si è ormai costituito in un fronte comune contro il cittadino.
Questo è il convitato di pietra: la guerra civile.
Tutti fanno finta di non vederlo, questo orribile ospite, e parlano per sottintesi, per ellissi, nascondendosi l'uno all'altro la verità. Per questo nascono discorsi, all'interno della controinformazione, in cui pare sempre mancare un tassello, in cui s'intuisce il non detto, la suprema bestemmia da evitare (soprattutto per chi proviene da sinistra).
Lo Stato è il nemico della libertà.
La guerra civile è in atto (Stato/élite vs cittadino).
Dire "Stato", però, può far sorgere equivoci.
Esprimiamoci meglio.
"Stato" è, alle soglie del 2017, un'entità quisling variamente articolata, un Moloch oligarchico-clientelare che utilizza le ex istituzioni dell'ex Stato Italiano (esecutive, giudiziarie, legislative) per esaudire i voleri delle élite sovranazionali e, in cambio di tale tradimento, accaparra privilegi e prebende in grado di soddisfare gli interessi particolari delle varie corporazioni che lo compongono - un folle circolo vizioso che sta dissanguando il Paese, sostenuto dalla propaganda più abietta.
Questa è la Casta, altro che Rizzo e Stella (anche perché Rizzo e Stella, come giornalisti bene, ne fanno parte).
Gli oligarchi italiani (individui intercambiabili espressi delle élite dominanti) sono i patroni di un vasto esercito di clientes: sindacalisti, attivisti di partito, banchieri, usufruttuari di beni pubblici, membri di organizzazioni criminali, porzioni delle forza di polizia, del settore militare e della magistratura, grand commis di Stato, alti funzionari ministeriali o delle partecipate pubbliche, cascami confindustriali, banchieri, politicanti assortiti a livello locale. Costoro formano un blocco d'interessi compatto a protezione dello status quo (un esercito quisling, appunto)
Tutti coloro che non rientrano in tale infame patriziato sono carne da cannone, una plebaglia buona solo a ingrossare una maggioranza silenziosa, impotente, disorganizzata, gonfia di risentimento, impotente e confusa.
Questa la guerra civile in atto.
E questa la struttura dello Stato, oggi, in Italia.
Ciò spiega anche le inusitate alleanze che si stringono fra i vari settori dei clientes anzidetti, apparentemente (solo apparentemente) contrapposti.
Prendiamo alcuni eventi come l'Expo, le Olimpiadi, o il referendum prossimo venturo.
Se le cose filano lisce per i nostri quisling di Stato il blocco rimane in sonno (moderato supporto dei media, scarsa opposizione civile et cetera).
Se l’opposizione, invece, raggiunge livelli di guardia la Bestia si desta subito.
In caso di allarme rosso le varie cellule clientelari dello Stato si attivano subito: un momento prima erano neuroni dormienti e isolati, ora sono un battaglione che colpisce diviso, ma all’unisono.
Il cittadino medio non sa interpretare questi segni: crede che la magistratura, i partiti, le associazioni, le ONG, le banche, i sindacati siano organismi separati o estranei fra di loro o addirittura nemici l’uno dell’altro e, invece, rappresentano i muscoli, le ossa e i nervi di un unico mostro.  
Questo è lo Stato, un composito Frankenstein nelle mani di interessi sovranazionali (quelli nazionali si accontentano della mancia sottesa).
I consueti imprenditori privati coi soldi pubblici, i politici locali, le imprese che fanno capo a mafia e camorra, le cooperative di Stato, il Parlamento, i leccapiedi, i paggi, prefetti e funzionari disseminati lungo la dorsale criminale della penisola, i magistrati, le polizie - subito la falange oplitica si stringe in difesa dei voleri dei dominanti.
E noi? Il cittadino comune bofonchia, sbraita, maledice sottovoce, ma è solo, solo, disorientato, rabbioso, vendicativo, controllabile. Una maggioranza schiacciante di uomini non forma una società né una forza d'opposizione; il Moloch statale, alla lunga, avrà la meglio. A volte lo si può rallentare, ma tornerà sempre all'attacco. Sino a ottenere ciò che vuole.
Il bello (o il ridicolo) è che molti combattono le battaglie del Moloch statale a loro insaputa.
I numerosi piddini, miei conoscenti, che si stracciano le vesti per la vittoria eventuale di Trump o la bocciatura delle Olimpiadi neanche sanno perché fanno e dicono ciò che dicono e fanno. Essi son parte del Moloch e ne ripetono le sciocchezze propalate da media e giornalai. Sono i clientes più stupidi e fanatici, ultimo gradino della piramide massonica in cui è degenerato lo Stato nazionale.
Negli strati più bassi non si sa cosa bolle in pentola in quelli più alti. Si agisce per l'interesse della piramide massonica, come automi (in cambio si ottengono sinecure e bassi privilegi che soddisfano a livello corporativo). A mano a mano che si salgono i gradini del Moloch statale aumenta la consapevolezza. Troviamo così politicanti locali, imprenditori privati statalizzati, mafiosi, magistrati, spacciatori internazionali di droga, funzionari di Equitalia, boiardi, assessori regionali, generali, mignottoni, ministri, capi di stato ... prostituzione e droga non fanno parte del PIL? … ci sono tutti … e tutti con le loro corti (e coorti) e famelici bacini elettorali ... su su ... sino ai vertici, che non sono ruoli certo ricoperti da italioti.
Questa piramide massonica statale è il blocco sociale ed economico che paralizza l'Italia in una guerra civile a bassa tensione che viviamo tutti i giorni.
Le privatizzazioni dei servizi, dell'energia e dell'acqua.
La devastazione del territorio.
I disoccupati che degenerano in piccola borghesia criminale.
Una burocrazia edace e minuziosa incapace di filtrare il malaffare e capacissima, invece, di scoraggiare il cittadino più intraprendente.
La garrota fiscale, ormai agli ultimi giri.
Il nodo scorsoio delle pensioni.
I trucchi continui ai danni di lavoratori e imprese.
L'eliminazione o la cooptazione nella piramide di ogni forma di associazione in grado di mediare fra cittadino non connivente e istituzioni statali.
La corruzione endemica che taglia fuori chi non fa parte del sistema.
Indagini magistratuali o incursioni fiscali e poliziesche per fiaccare la resistenza di chi si ostina a resistere.
La vampirizzazione degli ultimi lacerti di produttività operata sistematicamente a favore di un ceto inadempiente e parassitario.

Questo lo stato dell’arte alle soglie del 2017.

Se abbiamo abbandonato con coraggio il mito della destra e della sinistra occorre lasciare a riva, almeno per un certo tempo, anche la superstizione dello Stato paterno, che opera con la stessa sollecitudine del buon padre di famiglia.
Il 1989 non è passato invano, occorre adeguarsi alla rivoluzione copernicana.
Lo Stato è un nemico.

La P2 è ormai entrata a far parte della costituzione materiale.
Presto, col sì al referendum, diverrà costituzione a tutti gli effetti.

1 commento:

  1. L'articolo coglie nel segno, anche se non ricostruisce in maniera dettagliata la piramide, al vertice della quale si trovano i grandi potentati economici, che oramai controllano e finanziano buona parte dell'apparato politico e mediatico. Questi grandi potentati economici transnazionali hanno bisogno di mostrare al cittadino comune un volto rassicurante: ecco quindi l'arma della filantropia, del politicamente corretto e del femminismo, che aiutano a spostare i termini del conflitto dal piano verticale a quello orizzontale ( la solita strategia del divide et impera). Loro sono i buoni. E' vero, sono pieni di soldi, ma sono democratici e si battono per i diritti civili e umani ovunque. E' vero, supportano i conflitti militari, ma sempre per esportare la democrazia e i diritti delle donne (il femminismo rimane l'arma privilegiata di questi personaggi, perchè sanno che le femministe sono assetate di potere, pronte a tutto pur di ottenerlo, e capaci di raggirare gli unici che potrebbero innescare una reazione, sia pure disarticolata, ossia gli uomini non integrati, tenuti in riga attraverso il senso di colpa).
    I potentati economici presentano al loro interno anche dei dissidenti. Questi ultimi, come per esempio Trump negli USA, hanno capito che una parte del popolo, sia pure molto confusamente, percepisce che tutto ciò che i primi, attraverso i loro portaborse politico-mediatici, offrono è una messinscena, quindi cercano di attrarla a sé, senza però mettere in discussione la struttura paramafiosa della società.
    Ciò che è scandaloso nell'attuale Occidente non è la scalata al potere assoluto dei grandi potentati economici, in combutta con speculatori e femministe varie, perchè è sempre accaduto che settori della società procedessero in quella direzione, invece lo è il calarsi le braghe dei politicanti che affollano gli studi televisivi, insieme ai loro amichetti giornalisti e giornaliste. In definitiva noi continuiamo a votare chi baratta il mandato elettorale con la pubblicazione di un libro, con un incarico dirigenziale e così via, e a informarci su scartoffie di venduti. Talvolta i colpevoli non sono neanche consapevoli di esserlo, perchè da un trentennio questo andazzo ha preso talmente piede che oramai viene percepito come qualcosa di naturale, di scontato (d'altronde se non ti adegui, non fai carriera, non vendi libri, non fai politica, non bazzichi negli studi televisivi). Si usa l'altro per il proprio mero tornaconto, economico o di potere, personale o lobbistico.

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