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25 giugno 2017

"Del negro morto nun me ne frega niente"


Pubblicato su Pauperclass il 13 luglio 2016

Io non so’ razzista, ma a me del negro morto non me ne frega niente. Quello stava a cercà’ qualcosa da rubà’ e ha trovato qualcuno più tosto de lui. Poi il resto so’ tutte fregnacce. Ma quello che stava a fà’ in Italia? Dimmelo tu perché io non lo so. È fuggito dalla guerra? Non ce credo manco se me lo dice la Madonna. Dalla guerra? Ma che guerra … so’ tutte fregnacce. Vengono perché trovano l’America … e che America! Allora divento profuga pure io … dove se firma? Credi che sto a scherzà’? Io baratto la vita mia con quella de profugo … subito! Io fuggo da ‘na guerra, ma una vera mica finta … a me l’Italia m’ha dichiarato guerra, l’Italia m’ha r-o-v-i-n-a-t-o … lo Stato Italiano me vole morta … ecco la verità … dopo cinquant’anni de lavoro [al mercato ortofrutticolo] ho dovuto vende tutto, pure il banco … adesso vivo co’ mi sorella che sta ferma a letto … in due camere … una pensione ci paghiamo l’affitto e le bollette, coll’altra ce campamo … aspettiamo aspettiamo, ma che? L’invalidità, l’accompagno … qualcosa … se no è dura …ma bisogna conosce qualcuno … profuga … come no … anzi, meglio … moglie de un profugo morto ammazzato così me sistemo tutta la vita a spese vostre … faccio la vittima … bisogna sapesse vende … se ritorno indietro de’ cinquant’anni una solo cosa faccio: non lavoro … perché chi ha lavorato per davvero dentro ‘sto paese ora fa il pezzente … e allora non me devi [rompere le scatole] co’ ‘sta storia del morto che a me non me ne frega niente. Me devo vergognà’? E allora me vergognerò … a settant’anni sonati sai che paura …”.

La cosa inquietante di questo sfogo (che ho raccolto sul tram 8 a Roma, e che non era diretto a me, ma a un compagno di sventura della signora) è che anch’io provo i suoi stessi sentimenti.
Perché la realtà quotidiana mi coglie irrimediabilmente indifferente alla morte di Emmanuel Chidi Nanmi?
Anzi, di più: perché disprezzo tutti coloro che, in queste ore drammatiche, fanno dell’integrazione la propria bandiera? Dove sorge questo rifiuto furibondo?
E poi, più importante: nella vita si diventa ciò che si è (e si diventa ciò che neppure si sospettava di essere) oppure il pensiero muta in virtù del raziocinio e dell’esperienza filtrata attraverso quel raziocinio?
Cosa diavolo mi è successo?
Un morto è un morto.
Cos’è dell’umana pietà, di quella luce interiore, di quel pathos millenario che attutisce e sublima i nostri impulsi primari?
La risposta è dura, irta di difficoltà. Occorre saper usare un bisturi spietato e affilatissimo per separare pregiudizi, incrostazioni storiche, convinzioni.
Cosa è accaduto a quell’Alceste di vent’anni fa?
Ormai sono una furia … non credo più a niente, ho voglia di sparare a zero su tutto … basta che ascolti venti secondi di notiziario per avere il sangue agli occhi …
La risposta non la porterà il vento … molto più probabile che la porti il fegato o la bile.
E una prima risposta è questa: disprezzo i nababbi dei diritti civili. L’ipocrisia, il perbenismo, la sicumera. La forza della strumentalizzazione. La manipolazione del bene e del male. L’aria di superiorità … come se la maggioranza degli Italiani – quella che gli paga una vita da satrapi – fosse composta da subumani.
Ma tale analisi è legata all’oggi.
Una risposta migliore, provvisoria, ma storicamente più convincente, è quest’altra: è il sangue che decide per noi. No, l’uomo non è un individuo, e nemmeno un eroe alla Carlyle, men che mai un oltreuomo.
L’essere umano – qualunque essere umano – è fedele e costante alla propria etnia più prossima, per il semplice fatto che è quella ad avergli consentito la sopravvivenza nei millenni.
Aveva ragione Céline. E torto marcio il Papa.
La storia della civiltà, in fondo, è pura letteratura.
Abbiamo vergato intere biblioteche per non riconoscere una verità evidente, basica, accecante.
Il benessere è un dolce inganno. La stessa Unione Europea, con tutti quei salamelecchi sui diritti civili e la fratellanza tra nazioni, deve il suo iniziale successo al boom post 1945.
Il welfare e la sicurezza economica sono la malta che ha permesso di coprire le linee di frattura fra i popoli e le etnie. E tali linee di frattura non solo fanno parte della nostra storia, ma l’hanno addirittura permessa.
Il resto sono chiacchiere.
Ogni cultura ha bisogno di pane, e di affermare se stessa.
Il resto … la bontà e la fratellanza sono esercizi per uomini già satolli.
Sono cattivo?
Sono più cattivo io o la signora del tram?
Se verrà meno la soglia minima di benessere garantita dal sistema, quelle stuccature operate sulle faglie dell’odio si sgretoleranno: e le antiche crepe sul volto della nuova umanità torneranno ad allargarsi.
Com’è possibile tutto ciò, s’interrogheranno le Boldrini, i Mattarella, le Kyenge, i Lerner e tutta la paccottiglia del giornalismo perbene.
Già, com’è possibile? Il negro tornerà negro, il cinese muso giallo, il tedesco crucco, l’ebreo usuraio, l’italiano voltagabbana e via cantilenando.
Nei momenti di crisi la razionalità apollinea abdica dal proprio ruolo di lucente katéchon … ecco, di nuovo, i tentacoli del mostro policefalo di Platone, l’anima concupiscibile … il più forte e il più antico dio dell’anima.
Quanto resisteranno le mura di Gerico?
I nostri subdominanti a ventimila euro al mese si rendono conto di questo?
Ma no, loro eseguono ordini. E noi qui, a sbranarci come i topi dell’Universo 25:


Una cosa, però, invidio ai topi: a loro manca la presa in giro della filosofia.

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