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18 giugno 2017

La dittatura delle minoranze


Pubblicato su Pauperclass il 21 marzo 2016

Il potere (uso ancora tale inadeguata parola per pura convenienza letteraria) aveva un bel problema con l’Occidente. Come disinnescare un’etica e una morale millenari? Come fiaccare il senso del sacro? E codici di comportamento che vantavano le sembianze dell’eternità?
La risposta fu la stessa di sempre. Esaltare la debolezza, la minorità, la perversione; i lati repressi e laidi d’ogni essere umano; financo  le sue attitudini al bislacco, al barocco, all’insano; la voglia dell’outré, del sudiciume, della sporcizia; della singolarità, dell’eccezione.
La pulsione per la malattia e l’assurdo è sempre in alternativa alla normalità, alla tradizione; e soprattutto contrasta in ogni modo l’azione, ricacciando nel solipsismo e nella rinuncia.
La bizzarria, già minoranza, è ora buona; la normalità, invece, è stupida e rappresenta il male.
L’outrè è buono, ciò che vi si oppone è malignità, cattiveria, scorrettezza.
Se prima tale esaltazione aveva bisogno di decenni e secoli per avere effetto (un lavoro da sorci), ora, con un immane apparato tecnologico a disposizione, è questione di pochi decenni.
Dobbiamo, però, puntualizzare alcuni punti; a scanso di equivoci.

1. Al potere importa poco o nulla di proteggere parafilie, follie, vizio. Il potere, come detto, agisce al di là del Bene e del Male. Questa è solo una leva per ribaltare la pericolosa morale corrente, divenuta un impaccio per i suoi scopi.
2. Da ciò segue che ogni oppositore a tale deriva è strumentalmente designato come il nuovo cattivo: razzista, omofobo, misogino, bigotto e via cantilenando (non è un caso che le accuse di fascismo e nazismo fioriscano subito sulle labbra degli utili idioti; in completa assenza, beninteso, sia del fascismo che del nazionalsocialismo storici).
3. l’etica delle minoranze ha il solo scopo di ridurre all’individualismo patologico come categoria universale umana (le relazioni – se proprio dovranno residuare – lo faranno tramite la mediazione per eccellenza, quella del capitale, che provvederà a neutralizzarne l’empito eversivo riducendole a comode categorie commerciali).
4. Questa trasvalutazione ha da inverarsi in due modi: il bastone (leggi speciali) e la – doppia – carota (suasione di massa per mezzo dell’infotainment e i social; e gli appelli all’amore universale).

* * * * *

Sto seguendo, da qualche giorno, i primi episodi di un telefilmetto americano, Mr. Robot.
I primi tre episodi. Non credo continuerò, vista l’inconsistenza artistica del tutto. D’altra parte, il mio interesse per tali manufatti hollywoodiani è puramente sociologica.
La serie è stata lanciata in pompa magna nientemeno che dalle reti del Vecchio Satiro: Mediaset Premium. La pubblicità è molto allettante per i gonzi, soprattutto i geek e i nuovi alternativi: Mr. Robot tratta di un complotto, da parte di un gruppuscolo di hacker, per boicottare una gigantesca corporation, la E Corp. Sventiamo le macchinazioni dei plutocrati dell’un per cento dell’un per cento! … azzeriamo il debito! … fermiamo i tecnocrati che spingono il loro tallone di ferro sul collo della popolazione! … questi gli strilli e le allusioni che si accompagnano al lancio della serie.
Ovviamente tali strilli non sono che una succosa esca; è altrettanto ovvio che l’esca in questione diverrà sempre più magra, sino a sparire, col prosieguo delle puntate.
E questo perché? Perché al creatore di Mr. Robot (il solito apolide venuto dal nulla, mezzo americano mezzo egiziano, musulmano che si accompagna a un’attrice ebrea di New York …), come a tutti gli altri creativi del Nulla, interessa poco il proletariato, la classe media e il tallone di ferro dell’oligarchia … I fessi che gusteranno il telefilm (dieci puntate la prima stagione, ma è in preparazione la seconda) ingoieranno, assieme al boccone/verme, l’ennesimo amo … sempre lo stesso amo, verrebbe da dire … l’uncino di ferro ben temperato nella fucina dell’amoralismo mondialista … molto lontano, quindi, da Jack London. E pure da Bauman, Zizek, Naomi Klein, e tutta la bella compagnia che fa la guerra al capitale coi fiorellini.
Il protagonista di Mr. Robot, Elliott, è un programmatore di computer: solitario (soffre addirittura di attacchi di panico in tal senso), drogato, anomico, astenico, depresso; ha un problema irrisolto col padre suicida (che neanche è il vero padre), e con la madre; in sostanza è un’orfano. Avulso da qualsiasi anelito comunitario; da ogni insorgenza sociale, ch’egli, anzi, ripudia come un abominio. Un prodotto da Brave new world huxleyano.
Per un mezzo miracolo della sceneggiatura è eterosessuale, però non è bianco. Indefinibile: tratti nordafricani? Si veste come un rapper, non crede in nulla, è bruttarello, con un fisico da nerd. Non ha una ragazza: intrattiene sporadici rapporti sessuali con la propria spacciatrice che, a sua volta, è succube di un narcotrafficante ispanico che la violenta. Elliott ama incastrare i cattivi riuscendo a violarne l’intimità (leggi: privacy) ch’essi affidano a computer e marchingegni digitali. È segretamente innamorato dell’amica d’infanzia, una biondina che è sistematicamente fatta cornuta dal proprio compagno (ma pare ciò non le interessi); il suo datore di lavoro è gay e vive con un simpatico giovinetto (entrambi sono di bell’aspetto); lo spostato Elliott – il nostro eroe, vien da dire – naturalmente è di casa presso uno strizzacervelli: stavolta, una piacente e matura psicologa di colore, divorziata e solitaria, che si accompagna a un tale (maschio,  bianco, sovrappeso, di mezza età) che le mette (e dagli!) fior di corna (ed è proprio un cattivaccio: maltratta pure il cane). Elliott, però, grazie ad alcuni tricks più o meno tecnologici, lo ricatta, riducendolo all’impotenza. Il gruppo di hacker che lo aggancia (fsociety) è composto da una serie di sciroccati multietnici (che hanno relazioni, suppone un Elliott paranoico, con nazioni canaglia: Russia, Iran, Corea del Nord … come sbagliarsi?). Il vicepresidente della potente corporation capitalista (il presidente, maschio, bianco, sovrappeso, di mezza età, è stato arrestato), una sorta di replica del Patrick Bateman di American psycho, ama pagare homeless al fine di picchiarli e sfogare, perciò, l’ansia da competizione; una sera, tale glaciale epifania del capitale abbandona la compagna con cui vive, si reca in un gay bar, e intrattiene un rapporto sessuale molto esplicito con un dipendente della compagnia (va da sé che i due sono entrambi di bell’aspetto); quindi torna a casa: la signora, incinta, lo attende sul letto in tenuta sadomaso: il Nostro, un po’ stancuccio, sarà costretto a legarla, imbavagliarla e farla contenta …
E queste sono le prime tre puntate … il caravanserraglio è ben nutrito, alla faccia della rivoluzione e di Jack London!
Mi sa che qui di esca ne è rimasta ben poca …
Una delle tante operazioni di propaganda. Ma questa è la dittatura delle minoranze, ribadita ogni giorno che Lucifero manda in terra dalla propaganda subliminale del potere. Ecco la trasvalutazione di tutti i valori: la maggioranza deve, con le buone o le cattive, divenire minoranza nell’anima …
O meglio: storpia nell’anima. Piccola, deforme, inoffensiva.
Come ne Il ritratto di Dorian Gray, l’esteriore godimento edonista s’accompagna sempre al disfacimento interiore (che nel romanzo s’invera segretamente in un dipinto fatale, correlativo oggettivo dell’anima; se Wilde fosse nostro contemporaneo sostituirebbe il quadro con un hard disk portatile).
Rigettare la propria storia, la propria patria. Rendersi solitari, autoreferenti, vigliacchi; rinunciare alla lotta e a ogni istinto vitale che il nostro passato ci detta disperatamente perché vuole mantenerci in vita … ma il passato, per l’ideologia dominante, è – inevitabilmente – il male …  tale siamo costretti a considerarlo.
Ecco la trasvalutazione di tutti i valori: alla faccia del superuomo e della volontà di potenza! Qui si ha l’esatto contrario, ovvero un’amoralità da schiavi marci e snervati.
E poi ci si chiede sconsolati: perché nessuno si ribella? E già: perché?
L’empatia per il diverso, l’outsider, la malattia, il lerciume … la compassione per la piccineria, la mediocrità. L’annientamento di ciò che fu grande o, per dirla meglio, di ciò che ha formato nei millenni le coscienze occidentali … tutto questo deve essere bandito (e chi si ostina in campo avverso è, infatti, un bandito, un Waldgänger, un Beowulf da scacciare nelle paludi del risentimento).
Stati di coscienza alterati, esistenze che rifluiscono nel digitale, esaltazione della corruzione del cuore, sconsacrazione della maternità, odio per i genitori e la propria ascendenza … questa la posta in gioco. Una monade sempre più debole, isolata, senza punti cardinali, priva di capitani e bussole … uno scherzo da baraccone che si agita per nulla … a questo deve ridursi l’uomo, una volta la misura di tutte le cose.
Dall’uomo vitruviano leonardesco a tale sgorbio.
E se c’è qualche sacca di resistenza al progresso la si schiacci sotto il tallone di ferro del politicamente corretto …
E se non basta il tallone di ferro, ecco i piagnistei sull’amore universale … tutto, tutto deve essere giustificato in nome dell’amore. L’amore, questa parola che, sulla bocca di questi assassini, non ha più alcun valore … un amore ecumenico, sempre più vasto e insulso … da agape a sciacquatura di piatti … non lo capite? Dice il potere: dovete amarvi … dovete amare tutti, soprattutto i diversi, potete e dovrete mutarvi, finalmente, in quei diversi …
Zoofilia, pedofilia, incesto, sadomasochismo … cosa sono se non variazioni del comportamento umano? Semplici divagazioni del cuore … tutto deve essere accettato, e lo sarà in un nuovo eden incorporeo in cui il peccato e il corrusco, barbarico, passato non hanno patria …
Una sorta di comunismo amorale al ribasso … Freaks di tutto il mondo, unitevi!
La patria, questo residuato bellico. Si radano al suolo i Colossei, le cattedrali … si brucino icone … si invochi l’oblio per quei fomiti di violenza che furono l’umanesimo rinascimentale e la romanità, il socialismo … e infine si dimentichi l’Italia, l’Europa, il sangue … si dimentichi il male … sorga l’amore universale, inoffensivo, sbilenco e fregnone come nello spot della Coca Cola:

Vorrei cantare insieme a voi
in magica armonia – in magica armoniaaaa
auguri Coca Cola e poi
un coro in armonia (canta insieme a noi)
auguri Coca Cola e poi, un coro in armonia – coro in armoniaaaa
cantate tutti insieme a noi …
nana na na na na …

… che fa il paio con l’altro inno del cosmopolitismo, Imagine, dell’incolpevole John Lennon:

Imagine there’s no countries
it isn’t hard to do
nothing to kill or die for
and no religion too
imagine all the people
living life in peace …

E sì, mi sa che sto diventando cattivo … sono un fascista, un nazista, un russo … pure un pizzico coreano …

2 commenti:

  1. trovato casualmente questo blog, paradossi della vita, io negli anni 70 sono stato pestato a sangue da una ronda fascista solo perchè avevo barba lunga,eschimo e sciarpa rossa...purtroppo sono d'accordo con l'80% di quello che leggo qui.. e non ho cambiato io idee,sentimenti ed emozioni

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    1. La dittatura è l'unica cosa che cambia forma e colore. Tale la stiamo vivendo.

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