Roma, 16 maggio 2018
La cultura italiana va forte.
Il Salone Internazionale del Libro 2018 a Torino è stato un successo.
144.386 biglietti!
Edizione record!
Il direttore Nicola Lagioia era commosso; addirittura, per un’ora, i cancelli d’entrata sono stati chiusi: troppi visitatori. Per il Presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino, già sindaco del capoluogo, “è una rivincita”; verso chi non è dato sapere: egli assomma, infatti, ogni potere amministrativo possibile in quelle plaghe felici e, quindi, quale plebeo turba i suo sonni? E però niente, sente sul collo l’alito del populismo: da un letto d’ospedale, col viso imporporato dalle febbri della nullafacenza, gonfia il petto guerriero ove rugge la rivalsa: “Una rivincita!”. Indi, chetatosi, che le caldane del revanscismo essudavano dalla fronte autorevole stille di giusto sdegno, sì, ma perniciose per il mantenimento della corretta pressione, il Nostro ha passato in rassegna i fanti dell’orgoglio letterario sabaudo: “La certezza che questa manifestazione si appoggi su un solido presente, fatto di grandi numeri, di visitatori in costante aumento, di espositori soddisfatti e finalmente uniti. Ringrazio [tutti] … dal Presidente Massimo Bray al direttore Nicola Lagioia, dal Circolo dei Lettori alla Fondazione per la Cultura, a tutti i dipendenti che non hanno mai fatto venire meno la propria professionalità …” et cetera et cetera.
Il direttore Nicola Lagioia era commosso; addirittura, per un’ora, i cancelli d’entrata sono stati chiusi: troppi visitatori. Per il Presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino, già sindaco del capoluogo, “è una rivincita”; verso chi non è dato sapere: egli assomma, infatti, ogni potere amministrativo possibile in quelle plaghe felici e, quindi, quale plebeo turba i suo sonni? E però niente, sente sul collo l’alito del populismo: da un letto d’ospedale, col viso imporporato dalle febbri della nullafacenza, gonfia il petto guerriero ove rugge la rivalsa: “Una rivincita!”. Indi, chetatosi, che le caldane del revanscismo essudavano dalla fronte autorevole stille di giusto sdegno, sì, ma perniciose per il mantenimento della corretta pressione, il Nostro ha passato in rassegna i fanti dell’orgoglio letterario sabaudo: “La certezza che questa manifestazione si appoggi su un solido presente, fatto di grandi numeri, di visitatori in costante aumento, di espositori soddisfatti e finalmente uniti. Ringrazio [tutti] … dal Presidente Massimo Bray al direttore Nicola Lagioia, dal Circolo dei Lettori alla Fondazione per la Cultura, a tutti i dipendenti che non hanno mai fatto venire meno la propria professionalità …” et cetera et cetera.
“Corriere
della Sera”, “Stampa”, “Repubblica”, persino “Il Messaggero” si son
toccati lascivamente le zone erogene dell’intelligencija: è stato un
successo, un boom!
144.000!
Numero perfetto, celeste, simbolico!144.000!
Apocalittico, aggiungo io. 12x12. Apocalisse 7, 4-8:
“Poi udii il numero dei contrassegnati, cioè centoquarantaquattromila contrassegnati di ogni tribù dei figli d’Israele:
dalla tribù di Giuda dodicimila segnati
dalla tribù di Ruben dodicimila
dalla tribù di Gad dodicimila
dalla tribù di Aser dodicimila
dalla tribù di Neftali dodicimila
dalla tribù di Manasse dodicimila
dalla tribù di Simeone dodicimila
dalla tribù di Levi dodicimila
dalla tribù di Issacar dodicimila
dalla tribù di Zabulon dodicimila
dalla tribù di Giuseppe dodicimila
dalla tribù di Beniamino dodicimila segnati”.
I segnati sono quelli che hanno pagato il biglietto? O solo i visitatori, visto che non è specificato il numero di biglietti omaggio? E quel segno non sarà il timbro d’entrata, stampigliato sulla mano destra? Qui sait …
A parte tali considerazioni è indubbio che sia stato un successone.
L’anno scorso, infatti, ci si fermò alla misera cifra di 143.815 di biglietti e titoli d’ingresso staccati.
Il boom è, perciò, di cristallina evidenza: a fronte di una forza d’urto che ha coinvolto Regione, Comune, Provincia, Stato, Fondazioni e Terra, tutte col loro carico di dobloni e talleri provveduti dall’ignaro e ignorantissimo Pantalone (cosa può capirne d’arte quell’illetterato?), il guadagno in termini di unità risulta impressionante: 144.386 – 143.815 = 571 biglietti in più.
Ovvero lo 0,00397 d’incremento: una bella rivincita.
Su chi siano questi 571 in più è ingiusto fare illazioni.
Proprio per questo (poiché non faccio parte del novero dei Giusti) mi permetto di formularne qualcuna.
Potrebbero essere i 571 abitanti di Luchy, comune francese del dipartimento dell’Olse; oppure i 571 di Secặreni, paesello moldavo situato nel distretto di Hînceşti; o magari di Vanganello, frazione della slovena Capodistria; o, chissà?, quegli intellettuali di Warburton, città situata nella regione di Goldfields-Esperance in Australia (571 proprio secondo l’ultimo censimento).
Il sospetto più forte, tuttavia, è che siano stati traslati a Torino tutti i 571 abitanti di Cortiglione (Asti), lì a un tiro di schioppo, con un efficiente servizio di pullman.
E gli anni precedenti? Sempre il boom?
Andiamo con ordine. Ecco il crescendo rossiniano dedotto dal sito del Salone stesso, invero un po’ latitante nei dati oggettivi:
2008: non si son premurati di numerare le legioni
2009: 70.000 spettatori a eventi e incontri
2010: 75.000 spettatori a eventi e incontri
2011: 74.000 spettatori a eventi e incontri
2012: più di 70.000 spettatori a eventi e incontri
2013: 298.554 presenze totali
2014: 300.502 i visitatori del Salone
2015: 276.179 presenze totali
Si deduce, da tale cartella clinica, una certa renitenza a staccarsi dalla cifra di 70.000 visitatori o presenze (non si parla di biglietti staccati); almeno sino al 2013, anno del vero boom, poi confermato nel biennio successivo. Più che quadruplicate le presenze, perbacco!
Cosa sarà mai successo fra 2012 e 2013 per giustificare l’improvvisa foia degli italioti penisulari per le cataste di carta da pacchi ammucchiate nel fracasso torinese?
Ve lo dico io: nulla.
Il 6 ottobre 2015, infatti, “La Repubblica” (edizione torinese) pubblica un fugace e mesto controcazzo: “Dati gonfiati sugli ingressi al Salone del Libro: ora la Fondazione ammette”. Scambi di accuse, ci siamo sbagliati, si sono sbagliati, leggerezze … in realtà i paganti erano 106.000, forse … o 122.000 con gli omaggi … controlleremo … colpa di quelli … colpa di questo …
Lo scandalo, poi, smiagola nel doloso nulla di fatto dei rodomonti degli ingressi: al solito non se ne parlerà più.
I dati, sgonfiati del botulino della malafede, vanno “leggerissimamente” in picchiata:
2016: 127.596 biglietti staccati
Riprendono, quindi, a salire, non sia mai!, perché nel capitalismo finanziato da Pantalone solo i successi continuati possono giustificare l’esborso (del Pantalone sommenzionato). E allora:
2017: 143.815 biglietti e titoli d'ingresso staccati
2018: 144.386 ingressi
con il boom anzidetto: + 0.00397.
Anche i dati del Festival di Sanremo son sempre in salita. Di anno in anno. Da almeno vent’anni. Come facciano a salire da tutto questo tempo e restare sempre quelli è un mistero aritmetico custodito dalle Pizie dell’Auditel. E, però, dobbiamo crederci: cresce ogni anno e cresce e cresce … come si fa a non crederci? Dovremmo supporre che mentano per la gola e questo, come voi converrete, è impossibile. Basta guardare il volto limpido di Massimo Conti, il presentatore, un tizio già abbronzato a gennaio, per godere della schiettezza di tali rivelazioni.
Ma torniamo al boom torinese.
Un successo dovuto al grande Massimo Bray, già ministro del governo Enrico Letta e imbrattatore seriale dell’ "Huffington Post".
E al grande direttore, lo scrittore pugliese Nicola Lagioia, vincitore addirittura di un Premio Strega, col romanzo Ferocia. Un romanzo che ho tentato di leggere, sino a pagina 17. Per fortuna qualcun altro l’ha letto in vece mia, esponendosi (in vece mia) alle radiazioni dell’insipienza.
“Poi udii il numero dei contrassegnati, cioè centoquarantaquattromila contrassegnati di ogni tribù dei figli d’Israele:
dalla tribù di Giuda dodicimila segnati
dalla tribù di Ruben dodicimila
dalla tribù di Gad dodicimila
dalla tribù di Aser dodicimila
dalla tribù di Neftali dodicimila
dalla tribù di Manasse dodicimila
dalla tribù di Simeone dodicimila
dalla tribù di Levi dodicimila
dalla tribù di Issacar dodicimila
dalla tribù di Zabulon dodicimila
dalla tribù di Giuseppe dodicimila
dalla tribù di Beniamino dodicimila segnati”.
I segnati sono quelli che hanno pagato il biglietto? O solo i visitatori, visto che non è specificato il numero di biglietti omaggio? E quel segno non sarà il timbro d’entrata, stampigliato sulla mano destra? Qui sait …
A parte tali considerazioni è indubbio che sia stato un successone.
L’anno scorso, infatti, ci si fermò alla misera cifra di 143.815 di biglietti e titoli d’ingresso staccati.
Il boom è, perciò, di cristallina evidenza: a fronte di una forza d’urto che ha coinvolto Regione, Comune, Provincia, Stato, Fondazioni e Terra, tutte col loro carico di dobloni e talleri provveduti dall’ignaro e ignorantissimo Pantalone (cosa può capirne d’arte quell’illetterato?), il guadagno in termini di unità risulta impressionante: 144.386 – 143.815 = 571 biglietti in più.
Ovvero lo 0,00397 d’incremento: una bella rivincita.
Su chi siano questi 571 in più è ingiusto fare illazioni.
Proprio per questo (poiché non faccio parte del novero dei Giusti) mi permetto di formularne qualcuna.
Potrebbero essere i 571 abitanti di Luchy, comune francese del dipartimento dell’Olse; oppure i 571 di Secặreni, paesello moldavo situato nel distretto di Hînceşti; o magari di Vanganello, frazione della slovena Capodistria; o, chissà?, quegli intellettuali di Warburton, città situata nella regione di Goldfields-Esperance in Australia (571 proprio secondo l’ultimo censimento).
Il sospetto più forte, tuttavia, è che siano stati traslati a Torino tutti i 571 abitanti di Cortiglione (Asti), lì a un tiro di schioppo, con un efficiente servizio di pullman.
E gli anni precedenti? Sempre il boom?
Andiamo con ordine. Ecco il crescendo rossiniano dedotto dal sito del Salone stesso, invero un po’ latitante nei dati oggettivi:
2008: non si son premurati di numerare le legioni
2009: 70.000 spettatori a eventi e incontri
2010: 75.000 spettatori a eventi e incontri
2011: 74.000 spettatori a eventi e incontri
2012: più di 70.000 spettatori a eventi e incontri
2013: 298.554 presenze totali
2014: 300.502 i visitatori del Salone
2015: 276.179 presenze totali
Si deduce, da tale cartella clinica, una certa renitenza a staccarsi dalla cifra di 70.000 visitatori o presenze (non si parla di biglietti staccati); almeno sino al 2013, anno del vero boom, poi confermato nel biennio successivo. Più che quadruplicate le presenze, perbacco!
Cosa sarà mai successo fra 2012 e 2013 per giustificare l’improvvisa foia degli italioti penisulari per le cataste di carta da pacchi ammucchiate nel fracasso torinese?
Ve lo dico io: nulla.
Il 6 ottobre 2015, infatti, “La Repubblica” (edizione torinese) pubblica un fugace e mesto controcazzo: “Dati gonfiati sugli ingressi al Salone del Libro: ora la Fondazione ammette”. Scambi di accuse, ci siamo sbagliati, si sono sbagliati, leggerezze … in realtà i paganti erano 106.000, forse … o 122.000 con gli omaggi … controlleremo … colpa di quelli … colpa di questo …
Lo scandalo, poi, smiagola nel doloso nulla di fatto dei rodomonti degli ingressi: al solito non se ne parlerà più.
I dati, sgonfiati del botulino della malafede, vanno “leggerissimamente” in picchiata:
2016: 127.596 biglietti staccati
Riprendono, quindi, a salire, non sia mai!, perché nel capitalismo finanziato da Pantalone solo i successi continuati possono giustificare l’esborso (del Pantalone sommenzionato). E allora:
2017: 143.815 biglietti e titoli d'ingresso staccati
2018: 144.386 ingressi
con il boom anzidetto: + 0.00397.
Anche i dati del Festival di Sanremo son sempre in salita. Di anno in anno. Da almeno vent’anni. Come facciano a salire da tutto questo tempo e restare sempre quelli è un mistero aritmetico custodito dalle Pizie dell’Auditel. E, però, dobbiamo crederci: cresce ogni anno e cresce e cresce … come si fa a non crederci? Dovremmo supporre che mentano per la gola e questo, come voi converrete, è impossibile. Basta guardare il volto limpido di Massimo Conti, il presentatore, un tizio già abbronzato a gennaio, per godere della schiettezza di tali rivelazioni.
Ma torniamo al boom torinese.
Un successo dovuto al grande Massimo Bray, già ministro del governo Enrico Letta e imbrattatore seriale dell’ "Huffington Post".
E al grande direttore, lo scrittore pugliese Nicola Lagioia, vincitore addirittura di un Premio Strega, col romanzo Ferocia. Un romanzo che ho tentato di leggere, sino a pagina 17. Per fortuna qualcun altro l’ha letto in vece mia, esponendosi (in vece mia) alle radiazioni dell’insipienza.
Il temerario in questione, l’audace esegeta Pippo Russo, ha isolato alcune delle frasi più significative e salienti dell’opericciola:
"Alto e abbronzato, in abito di lino tagliato su misura, stringeva tra le labbra una smorfia soddisfatta che nessun sarto avrebbe ricondotto a una tradizione più vecchia di dieci anni".
"Alto e abbronzato, in abito di lino tagliato su misura, stringeva tra le labbra una smorfia soddisfatta che nessun sarto avrebbe ricondotto a una tradizione più vecchia di dieci anni".
"I loro volti godevano di uno speciale rilasciamento, l’apparente ebetudine dei privilegiati in cui Vittorio ritrovava una ulteriore forma di intelligenza. Nessuna traccia del foglio metallico che annerisce sottopelle a causa dell’attrito con il mondo".
"Era uno splendido pomeriggio fuori stagione dei primi anni Novanta, uno di quegli avanzi che l’estate ripone in uno spazio oltremondano per evitare alla temperatura di salire troppo".
"Ecco il problema di Ruggero: la concrezione di pazzi con cui la sorte voleva distoglierlo dall’unica attività che lo avrebbe reso libero, il tasto su cui battere fino a quando la particola di follia che in linea retta alimentava anche lui fosse diventata un nudo anello che non trasmette niente …"
"Avrebbe dovuto superare il dislivello tra lo strazio e la simulazione dello strazio con cui si stava confrontando ora"
"Tutta la sua vita era stata una crescita equipollente di fortuna e minaccia".
"Dare all’amato ciò che non si ha e ritrovare nel nulla che si riceve il troppo che non sarà ricompensabile".
"Per trovare il tono giusto provò ad attingere dai colleghi delle passate generazioni, quelli che aprivano talmente male le vocali da scuotere l’Unità del paese con lo strumento che avrebbe dovuto stringerle il collare".
"Ogni tanto, tra le rughe che circondavano gli occhi dei presenti, pulsava un fastidio privo di abrasioni"
"Clara impallidì. Poi si accigliò. La forzatura consentì a Pascucci di vederla – l’ombra di una ferita – come avrebbe iniziato a mostrarsi di sua spontanea volontà se solo lui avesse avuto più pazienza. L’estorsione di un anticipo già ridotta a saldo".
Frattanto anche a Cannes la cultura italiana celebra i suoi trionfi. Assieme a Cesare Lombroso vien voglia di dire, almeno a guardare la foto.
Ma non lasciatevi distrarre dalle mie maldicenze.
Leggiamo assieme un resoconto da "Il Fatto Quotidiano", brogliaccio che, nella fanghiglia protozoica PolCor, ci sguazza come in un elemento naturale:
"Cannes, la favola di Alice Rohrwacher incanta. Per Lazzaro felice dieci minuti di applausi compresi quelli di Roberto Benigni. Applausi scroscianti e social francesi che già urlano alla Palma d’Oro ... In sala, ad omaggiare l’opera terza della regista italiana anche Roberto Benigni (a sua volta osannato dal pubblico sulla Croisette e dentro la sala) ad accompagnare Nicoletta Braschi che nel film interpreta la Marchesa Alfonsina Della Luna … Alice [Rohrwacher] si è commossa quando qualcuno le ha ribadito la somiglianza tra il suo cinema e quello del compianto ermanno Olmi … ecco gli ingredienti fatti propri dal Forrest Gump by Rohrwacher, da questo piccolo grande santo che profuma di una religione primordiale‘ …“.
Dieci minuti di applausi. La cronista de "Il Fatto", evidentemente, cela un cronometro nella manica della giacchetta.
La Alice Rohrwacher, sorella dell‘Alba Rohrwacher attrice, a trentasei anni, con soli due lungometraggi all’attivo (questo è il terzo), vanta un curriculum impressionante: 14 premi vinti e 17 nomination. Ormai è sulle peste di Orson Welles (26 e 16), Roberto Rossellini (17 e 9) e P. P. Pasolini (19 e 16).
Che, a fronte di tale curriculum, gli spettatori siano quattro gatti, a Cannes (e alla cultura italiana) importa poco: ciò che importa è l’obbedienza all’Unica Legge.
Ma non lasciatevi distrarre dalle mie maldicenze.
Leggiamo assieme un resoconto da "Il Fatto Quotidiano", brogliaccio che, nella fanghiglia protozoica PolCor, ci sguazza come in un elemento naturale:
"Cannes, la favola di Alice Rohrwacher incanta. Per Lazzaro felice dieci minuti di applausi compresi quelli di Roberto Benigni. Applausi scroscianti e social francesi che già urlano alla Palma d’Oro ... In sala, ad omaggiare l’opera terza della regista italiana anche Roberto Benigni (a sua volta osannato dal pubblico sulla Croisette e dentro la sala) ad accompagnare Nicoletta Braschi che nel film interpreta la Marchesa Alfonsina Della Luna … Alice [Rohrwacher] si è commossa quando qualcuno le ha ribadito la somiglianza tra il suo cinema e quello del compianto ermanno Olmi … ecco gli ingredienti fatti propri dal Forrest Gump by Rohrwacher, da questo piccolo grande santo che profuma di una religione primordiale‘ …“.
Dieci minuti di applausi. La cronista de "Il Fatto", evidentemente, cela un cronometro nella manica della giacchetta.
La Alice Rohrwacher, sorella dell‘Alba Rohrwacher attrice, a trentasei anni, con soli due lungometraggi all’attivo (questo è il terzo), vanta un curriculum impressionante: 14 premi vinti e 17 nomination. Ormai è sulle peste di Orson Welles (26 e 16), Roberto Rossellini (17 e 9) e P. P. Pasolini (19 e 16).
Che, a fronte di tale curriculum, gli spettatori siano quattro gatti, a Cannes (e alla cultura italiana) importa poco: ciò che importa è l’obbedienza all’Unica Legge.
Da Cosmopolitan: "Il 12 maggio ... attrici e registe del cinema internazionale hanno sfilato per ribadire l’importanza del gender equality in tutti i campi. Ma non è in secondo piano l'uguaglianza in campo economico, perché da anni le attrici di Hollywood denunciano di ricevere compensi diversi rispetto ai colleghi uomini. Un tema tanto sentito a Hollywood come a Cannes, tanto che la coppia Javer Barden e Penelope Cruz ha dichiarato di aver ricevuto lo stesso compenso per il film che li ha visti recitare insieme Todos lo saben, presentato anche questo a Cannes.Ma questa edizione del Festival di Cannes, la prima dopo il caso Weinstein e le conseguenti denunce da parte delle donne per abusi subiti e la nascita del movimento #metoo, ha da subito sottolineato il cambio di rotta con la presidente di giuria, Cake Blanchett. La marcia è stato un modo per ribadire questo desiderio di cambiamento e la volontà da parte delle donne del cinema di renderlo concreto. Sono 82 le donne che hanno sfilato, tante quante sono le registe donne che hanno partecipato in concorso dal 1946 a oggi al Festival di Cannes, contro i 1645 registi".
Una marcia che ha coinvolto personaggi quali Jasmine Trinca, già musa di Nanni Moretti, Kristen Stewart, Salma Hayek, le stesse sorelle Rohrwacher più altri cercopitechi fuggiti dallo zoo dell'ecumenismo fanatico.
Questa, nel 2018, è la cultura europea e, di riflesso, quella italiana: costruita con quattro stracci ideologici, antipopolare, tirannica, esclusiva, sfrontata nel reclamare ciò che sfugge, da sempre, alle pretese della giustizia: l'arte.
Ma è così nel mondo. L’Italia vi aggiunge quel pizzico di insulsaggine e piccineria propria al progressismo ex sessantottino, cui anche le Rohrwacher, di padre crucco, sono debitrici. Propaganda, purissima. Arte: nulla.
Tempo fa venni cooptato nella giuria di un premio letterario e videofotografico locale: contemplava sei categorie. I vincitori: cinque uomini e una donna. Mi stavo stiracchiando, disimpegnando il mio flebile Io da quella razzumaglia di scemenze, quando notai, fra gli altri quattro giurati (tutti maschi), un serpeggiante imbarazzo; un mezzo dispiacere nell’aria. Allora? La selezione è stata fatta male, buttò lì uno. Annusai un temporale di genere.
Ecco, perciò, i cinque, nuovamente al tavolo, compreso il sottoscritto. Bofonchiamenti a mezza bocca. Ci si grattano le cape, si guarda nell’aria a cercare impossibili ispirazioni. I minuti passano tra aborti di scappatoie e sospiri. Alla fine (si fa tardi e voglio andarmene a casa) calo l’asso di briscola; qualche breve barbugliamento; quindi un preambolo demitiano; poi, loscamente, insinuo la lama del dubbio: e certo, è stata fatta male … non ho detto nulla per rispetto … ma ciò che va detto va detto ... la foto del tale, a esempio ... solo un esempio ... in fondo, signori miei … a ben guardare … la state guardando? … non è poi il massimo … la gatta frettolosa fece i gattini ciechi, passatemi il frusto adagio … l’iperrealismo proletario-populista ha fatto il suo tempo … cosa si vorrebbe dimostrare con questo in pieno 2017? Meglio l’ocra del tramonto della signora, n’est-ce pas? … i giochi di luce …. per il racconto, invece, propongo un ex aequo … lo dico ruvidamente ... è così, inutile replicare ... quando ci vuole ci vuole ... e poi c’è la poesia, signori miei … no, dico … la poesia … non sarebbe, a considerare con occhio non pregiudicato dal vizio … siamo tutti uomini qui … la poesia sul gatto fuori casa, dicevo … non sarebbe da scegliere questa … ricordate? quella del gatto che raspa alla porta, insomma … la composizione della signorina Citrulletti? Io la butto lì, ragazzi … è che me lo sentivo … da qualche parte … in fondo all’animo … come un senso di partigianeria ... facciamo così … solo una proposta …
I Nostri pensano, si guardano, bisbigliano … ma il forcipe del mio compromesso, lo intuisco dalle occhiate impercettibilmente più rilassate, ha predisposto il tutto a un felicissimo accouchement … gli ometti escono dalle ambasce … il neonato PolCor vagisce ... giustizia è fatta, ci si rialza per tornare alle famiglie mentre le luci della sera si accendono benigne a rischiarare la nuova saggezza.
Che l‘arte sia stata sostituita, in toto, dalla propaganda: ci sono voluti nemmeno trent’anni.
I membri del patriziato ideologico si premiano l’un l’altro … si obbedisce allo spirito dei vincitori … la banderuola rista nella direzione saputa ... scirocco a oltranza ... che il vento ha, da decenni, fermato il suo girare …
L’ultimo film italiano decente di cui ho affermato: mi piace! … nemmeno lo ricordo. Intendo: fra quelli dal 1989 in qua. Forse uno di Gianni Amelio? Forse. Sono molto cambiato. I sensi si sono acuiti: tatto … orecchie, occhi, gusto … soprattutto il naso … Gianni Amelio? Il ladro di bambini? O Bellocchio, quello de L’ora di religione? Chissà, dovrei rivederli ... Sicuramente mi piacque il primo di Claudio Caligari, Amore tossico. Infatti non aveva attori professionisti … ma è del 1983! La messa è finita? Del 1984! Il giovane Nanni aveva presagito tutto, glielo concedo: la messa era davvero finita, senza aspettare Gorbacëv. 1984!
Intanto, dalle gazzette si apprende che il premio Elsa Morante ha visto vincitori Aldo Cazzullo e Catena Fiorello.
L’Italia è finita. Finita.
Non resta che organizzare i testimoni, gli amanuensi, i custodi.
I membri del patriziato ideologico si premiano l’un l’altro … si obbedisce allo spirito dei vincitori … la banderuola rista nella direzione saputa ... scirocco a oltranza ... che il vento ha, da decenni, fermato il suo girare …
L’ultimo film italiano decente di cui ho affermato: mi piace! … nemmeno lo ricordo. Intendo: fra quelli dal 1989 in qua. Forse uno di Gianni Amelio? Forse. Sono molto cambiato. I sensi si sono acuiti: tatto … orecchie, occhi, gusto … soprattutto il naso … Gianni Amelio? Il ladro di bambini? O Bellocchio, quello de L’ora di religione? Chissà, dovrei rivederli ... Sicuramente mi piacque il primo di Claudio Caligari, Amore tossico. Infatti non aveva attori professionisti … ma è del 1983! La messa è finita? Del 1984! Il giovane Nanni aveva presagito tutto, glielo concedo: la messa era davvero finita, senza aspettare Gorbacëv. 1984!
Intanto, dalle gazzette si apprende che il premio Elsa Morante ha visto vincitori Aldo Cazzullo e Catena Fiorello.
L’Italia è finita. Finita.
Non resta che organizzare i testimoni, gli amanuensi, i custodi.
Ti racconto un aneddoto. Un mio amico amante dell'arte classica figurativa va a vedere una mostra di arte contemporanea perché invitato. Lì incontra un ex sovrintendente ai beni culturali, grande storico dell'arte. Il mio amico gli dice:" A me questi quadri astratti fanno schifo. Per me è tutta merda!". Il sovrintendente: " Lo so anch'io che è tutta merda, ma te devi dire che è arte, che c'è del bello in queste opere, altrimenti non farai mai carriera e non ti farai mai amicizie nel settore".
RispondiEliminaCosì è l'Italia...
Aneddoto veritiero, semplice ed efficace. Perchè sprecare anni di studio su anatomia, prospettiva, storia quando si può far sgocciolare il colore e diventare un genio contemporaneo?
Elimina"Così è l'Italia" è un po fuori luogo, io direi: "così è l'occidente".
EliminaSi ringrazia, per questa merda, la superosannata schiatta dei Guggenheim.
RispondiEliminaNon solo loro ... aveva ragione Alberto Sordi ne "Le vacanze intelligenti" ...
EliminaSono stati geniali, hanno deciso loro che della merda fosse arte e ne hanno anche deciso il prezzo. Impagabili! Una truffa perfetta!
EliminaO che le flatulenze fossero musica.
EliminaEsatto!
EliminaQueste "cose ", come le precedenti nel pezzo di Poliscriba, sono il controcanto alle canzonette (comprese quelle sulla salute o la quinta etá, i vaccini o la lotta ai tumori) spacciate per cultura e arte, di cui gioco forza ogni legge di mercato ha invaso qualsiasi rapporto sociale, privato e pubblico, riducendo a "evento" anche come ti svegli o che colazione fai,tu figurati l' arte in ogni spazio minore o maggiore che sia
RispondiEliminaViviamo in un mondo fittizio...il congresso di futurologia del vecchio Lem, parlava di questa distopia in ambito scientifico, ma come nel film (the congress) cent' anni dopo, ergo di una manciata d' anni fa, possiamo applicarlo al cinema e così a poesia o letteratura, a cucina o pittura..
é giusto quindi il pensiero di Alceste : occorre ricordare e custodire tutto ciò che é stato divorato dalle leggi dell'antibellezza e del cretinismo obbligatorio, conformi all' esportazione "democratica" di ogni ricompensa monetizzabile( in denaro e non, premi , benefits, ma anche effimera fama, like etc) dovuta al sacerdote e dio Denaro
Ps
Un bacione al mio amico Poliscriba e a tutti
Ricordiamo che Yoko Ono espose una mela con su la didascalia "mela": non mi ricordo il prezzo di vendita. Quel sempliciotto di Lennon ne fu estasiato.
Elimina..eh eh eh Alceste mio! E pelando o facendo il contropelo a queste mele, mi piacerebbe proprio conoscere certe statistiche "di mercato", per dimostrare che certi faccendieri d'Arte, con la A ben maiuscola, colcacchio!che sprecherebbero le loro squadre (di ladri) per queste mele , buone solo per un tipo di flusso di qualche raro collezionista estremo (o , anche, estremamente cretino), ma soprattutto per il numero di visitatori(altrettanto cretini), da cui dipendono budget e benefits , aperture o chiusure di musei e relativi art director di questo o quell' evento.
EliminaIl ladro, no. Il ladro d'arte sarebbe, come dire, l'ultimo critico ancora in vita eh eh eh e paradossalmente l'ultimo agente di borsa in un mercato del tutto truccato.
Gli ultimi italiani che apprezzano l'arte sono i falsari.
EliminaLa conoscono meglio dei professori.
Qualcuno ha mestiere da vendere.
Ci sono i falsari anche nella letteratura. I libri di un ex segretario del PD sono scritti da un negro, cioè un grande falsario della parola ...
Tutto questo, il riferimento a "Le Vacanze intelligenti" e quant'altro, mi riporta ad un breve video che ogni tanto vado a riguardare a mo' di promemoria: https://www.youtube.com/watch?v=GnyMi1BgBrU
RispondiEliminaSi tratta di alcune riflessioni del buon Costanzo Preve, che solleva una questione di grande interesse (direi centrale oggiogiorno, e forse proprio per questo ignorata dall'intellighentia "ufficiale") intorno alla quale ho scritto qualche volta e che spero prima o poi di veder trattata compiutamente da qualcuno d'intelletto più fine del mio.
Preve ha ragione da vendere.
RispondiEliminaIl nuovo intellettuale è stupido.
Rassomiglia, nella sua arroganza, ai dotti descritti da Swift in Gulliver.
La ragione? Perdita del senso della realtà.
Quando non si indaga la realtà poiché la verità PolCor ce l'hai in tasca allora puoi abolire la logica e la causalitá sino al cretinismo.
Guerra santa e santa alleanza. Religioni e disordine internazionale nel XXI secolo
RispondiEliminaManlio Graziano
Pensa te, uno di quei 144386 biglietti è mio. Comunque credo che la "rivincita" di cui parla Chiamparino sia nei confronti di Milano (o almeno spero: con i pdioti non si può mai sapere...).
RispondiElimina"Ma è così nel mondo. L’Italia vi aggiunge quel pizzico di insulsaggine e piccineria propria al progressismo ex sessantottino". Vero, ma credo che a Torino sia pure peggio che nel resto d'Italia: Gramellini, Litizzetto e Baricco sono torinesi, giusto per citare tre tra i maggiori idoli del semicolto medio.
Che ogni forma d'arte sia morta è poi un dato di fatto: già nel 2004 Monicelli diceva che la realtà di un tempo poteva essere parodiabile perché conosciuta, mentre oggi non è più possibile alcuna parodia perché è la stessa realtà ad essere parodia di sé stessa.
Stefanov:
RispondiEliminaMonicelli, come interprete dei tempi, fu di rara lucidità.
Si suicidò, infatti.
Alceste guarda assolutamente questo video:
RispondiEliminahttps://www.youtube.com/watch?v=z72jtR_om98
Parsifal:
RispondiEliminasì, avevo già visto questo video, molto efficace e parecchio realista.