Decifrare il passato (e il presente)

Racconti e improvvisazioni

Novità sconsigliate ai puri di cuore

02 aprile 2018

Il ripetente Bergoglio


Roma, 2 aprile 2018

La recente, sciocca, querelle Scalfari-Bergoglio, in cui i due fuori corso del pensiero debole tentano di affossare uno dei pilastri dell'Occidente mi ha fatto tornare in mente il romanzo Roma senza papa del compianto Guido Morselli.
Una delle opere capitali del Novecento. Inavvertita.
Ne scrissi (indegnamente: da allora sembrano passati millenni) in Pasolini, Morselli e la Roma senza papa.
Vi si descrive la fine del Cristianesimo. Morselli ne azzecca parecchie, soprattutto il tono disilluso e crepuscolare: la resa ameboide della tradizione a Qualcosa d'Altro che di volta in volta egli identifica con lo scetticismo, la psicoanalisi, lo storicismo, lo spiritualismo new age. E così via. In verità, da non credente, ho ravvisato nel suo resoconto dei bagliori infernali: di quell'inferno in terra che mi trovo a evocare sempre più frequentemente: l'inferno della mediocrità, stazionario, di massima entropia. La bandiera bianca dell'umanesimo.
Il romanzetto, breve e scorrevole, va letto tutto. Eccone un estratto in tema:

"Fra certe carte di [padre] Costantini, nel tinello di casa sua, avevo visto poco prima di ripartire un vero cimelio, finito là chissà quando e come. Costantini non è un bibliofilo e me ne ha fatto omaggio volentieri; ora l'ho qui aperto sul tavolo. Una pubblicazione vecchia di 20 o 25 anni (non porta data), dal titolo Contributi in memoria del Padre A. D. Sertillanges; fra i contributori, scopro un benedettino di Armagh, Irlanda. Un giorno, questo benedettino sarà niente altri che Giovanni XXIV. Da un accenno esplicito del testo, l'articolo risulta scritto al ritorno dalla missione nell'Iraq. Sono due pagine scarse, eppure a mio sommesso avviso vi compaiono in nuce alcuni degli sviluppi ideologici (forse non tutti o non del tutto auspicabili) della dottrina cattolica oggi prevalente. È noto che, da un pezzo, la Chiesa ‘ha mandato in pensione’ il Diavolo. Difesa dai letterati, ligi al loro gusto tardo-romantico, la credenza del Diavolo è stata rinnegata da noi preti. Il Duemila segna davvero la fine di un mondo.
Giovanni XXIV, nelle previsioni del suo conterraneo Malachia, viene definito Victor Diaboli. Vincitore - o abolitore? Qui, gli influssi orientali sul giovane monaco sembrerebbero un po’ meno fortunati. Teniamo presente che nel credo cristiano-nestoriano Belial-Satana non ha quasi posto, e io ci vedrei una reazione alla prossimità storico-geografica del Mazdeismo; l'antica religione degli Irani fondata sulla dualità metafisica Bene-Male, Ormuzd e Ahriman. Inoltre devono avere influito i rapporti con l'Arcivescovo Faithful, se si considera che nell'ultimo catechismo anglicano (1964) il Diavolo era completamente estromesso. Fatto sta che, reduce dall'Iraq, il Provinciale dei Benedettini è portatore di un discreto bagaglio teologico. Il suo articolo che ho sott'occhio, a sfondo nettamente teologico-esegetico, delinea la tesi seguente: esiste una sezione del racconto biblico meritevole fra tutte di una lettura ampiamente interpretativa, che prescinda da una teodicea ingenua e insostenibile, e sono i passi del Genesi dove si attribuisce al Serpente una parte nella colpa dei Progenitori. L'intervento di un Tentatore non spiega nulla; complica le cose senza risolverle, anzi mette l'accento su un problema (ammissibilità del peccato in esseri liberi ma nel loro ambito perfetti in quanto formati direttamente da Dio) che, nell'interesse della fede, è meglio considerare non già problema ma «arcanum Dei». La figura del Serpente, se presa alla lettera, lascia trasparire lo sforzo pseudo-logico di chiarire l'oscuro con ciò che è altrettanto oscuro, visto che si dovrebbe supporre un tentatore del Tentatore, e così all'infinito.

Lo strano è questo, che se ricordo la concione che don Vittorio Rusticucci improvvisò (non richiesto) al Salvator Mundi dove stavo con le ossa rotte, devo dire ora che le sue idee avevano un avallo insospettato, e sin troppo rispettabile. L'articolo che ho sott'occhio è fuori commercio da molti anni, e l'illustre Autore può darsi lo consideri superato, può darsi sia disposto a sconfessarlo. Auguriamolo. Resta però che lui ha avuto parte nell'impresa di scalzare uno dei pilastri della tradizione teologica. Oggi intanto, per i teologi, il Diavolo è un'inutile anticaglia, le ‘azioni’ del Diavolo alla borsa cattolica non sono più neanche quotate. Nessuno più ne parla e tanto meno lo teme, e lo esorcizza. Rusticucci, fiduciario romano dell'IPPAC, è convinto che tutta la materia, racconto biblico compreso, ormai è di competenza del binomio Freud-Jung. - Sarà benissimo - rispondeva Costantini. - Ma che cosa conta avergli cambiato nome? Sempre diavolo è. 
Reazione ingenua che io correggerei osservando che, ogni volta che cade un punto dottrinale, l'ordine del mondo risulta offeso e indebolito".

Lo stesso Morselli aggiunge in nota al suo zoo teologico:

"Il dottor Klein, del Landessynode luterano di Berna, mio coetaneo e amico, ha una nota nella Conversatio Inter-Christiana (numero di Settembre u. s.), dove si legge: "Sarebbe prudente non affrettare i funerali del Diavolo, adesso che parecchi eminenti cristiani parlano di fare i funerali a Dio. Posto che fra i due c'è una innegabile connessione, l'uno potrebbe salvare, o garantire, l'altro: l'Inferno, diciamo, farsi patrono o mallevadore del Cielo".

Discorsi come questo del Pastore Klein (e ammettiamone pure le velleità umoristiche) non si definiscono più blasfemi o paradossali. Sono semplice varietà giornalistica".

Ciò che mi ha dato più fastidio nel dialogo fra i due compari (carta vince carta perde) è la leggerezza; e la sostanziale stupidità della coppia che, lo si avverte, è solo il terminale essoterico e frivolo di ciò che è meditato in altri lidi.
Ci si serve sempre di sguatteri poco svegli quando si fanno le pulizie di primavera.
Come accade nell'ultimo affondo contro le leggi sulla blasfemia, un altro attacco indiretto recato da apparenti goliardi.
La resa è davvero ignominiosa, di sconcertante rapidità.
Dobbiamo sbarazzarci di Dio e di ogni illusione per restare nudi di fronte a una verità che non possiamo sopportare. L'uomo è  programmato per la catastrofe: l'abbiamo allontanata per millenni, ora ci siamo, come afferma il vescovo di un trascurabile film horror del 1976.
I più cretini invocheranno, al solito, Voltaire e la libertà.

3 commenti:

  1. Se di "illusione" stiamo parlando, allora basta sostituirla con un'altra. Per un palestinese la guerra coincide con la realtà, è il filtro attraverso cui percepisce il mondo e il bene e il male . Un'illusione è "chiacchiera" e le chiacchiere sono sterili, l'illusione vanifica la storia del pensiero o comunque ne livella tutte le forme dando ragione alle sue espressioni più nichiliste. Nell'illusione non ci puo essere il "senso". O meglio ci puo' essere finché non subentra il disincanto. Diverso dall'illusione è dubbio. La distruzione delle anime "non pentite" cui allude Bergoglio è un' idea "gnostica" che accomuna Gurdjeff, Kremmerz, Levi, la Teosofia e moltè altre correnti assai antiche, è un'idea apparentemente consolatoria ma terribile a pensarci davvero, è la "seconda morte" cui allude San Francesco nel suo celebre cantico, solo un fesso come Scalfari può trovarla un' idea liberatoria, al di là della querelle sull'eresia Bergogliana.

    RispondiElimina
  2. Basta sostituirla con un'altra? E come fai? Hai impiegato millenni a costruirla e l'hai costruita così e non in altro modo proprio perché ti faceva vivere meglio.

    RispondiElimina
  3. Io ho capito bene ciò che intendi ma nel momento in cui "sollevi il velo", o credi di farlo, hai di fronte l'abisso, e non puoi più tornare indietro. È come quando vedi una nuvola prendere una forma riconoscibile e non riesci piu'a vederla indefinita pur provandoci ripetutamente.

    RispondiElimina

Siate gentili ...