Pubblicato il 27 novembre 2013
Il 25 novembre [2013] si è celebrata, anche
in Italia, la Giornata internazionale per l'eliminazione della
violenza contro le donne.
Il Comune di Roma, benemerito, ha
esornato il Campidoglio con una gigantesca mano aperta con didascalia
laterale: "Stop violence against women". Fermiamo la
violenza contro le donne; e sottinteso: fermiamo, con egual vigore,
la discriminazione, la disparità di trattamento sul lavoro, lo
sciovinismo, lo stereotipo pubblicitario che rende la donna oggetto
commerciale, la differenziazione di genere congenita alla società
patriarcale et cetera.
Una conseguente e compatta legione di
avvocati, presidenti, associazionisti, sindacalisti, femmine
femministe e maschi femministi, paritari, identitari, priders,
telegiornalisti e radiofonisti d'ogni ordine e grado, blogger,
situazionisti, peltasti, facebookers, dirittumanisti, LGBH members,
deputati e senatori d'ogni sfumatura dell'arco costituzionale,
frombolieri delle Baleari, twittatori e maschi antimaschilisti, si è
messa in moto con solerzia, garantendo alla manifestazione la
inevitabile ricompensa del successo.
Giusto così; e io non asserirò mai il
contrario, ovvio.
Il giorno dopo la celebrazione della
Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le
donne, avvenuta, come detto, di lunedì, 25 novembre, susseguì, per
l'implacabile legge della successione numerica naturale, il 26
novembre. Martedì.
E proprio martedì 26 novembre mi sono
trascinato, con le ginocchia stronche, ad un convegno-presentazione
in cui, fra l'altro, si discorreva, con alterno stato d'animo, su
come e perché gl'Italiani, genti ignoranti, zotiche e vil, non
leggon libri.
Anzi no: almeno – almeno! - la metà
degli Italiani non legge niente; manco le istruzioni per cuocere il
risotto. Altro che libri.
Dati sconsolanti: fatturato a picco del
20 o 30 per cento; librerie che chiudono; distributori che non
distribuiscono; case editrici che offrono sempre meno titoli;
italioti all'ultimo posto per la comprensione di un testo
(ventiquattresimi su ventiquattro); e al penultimo posto
(ventitreesimi su ventiquattro) in un'altra statistica (o sondaggio),
di cui non ricordo, purtroppo, il contenuto sennonché pure questa
statistica (o sondaggio) recava le stimmate, ulcerose e ulteriori,
dell’ignoranza e dello zoticume italico; e recava, a noi che
ascoltavamo, ulteriore e ulcerosa sconsolatezza.
Per fortuna, hanno poi asserito i
validi relatori, c’è un modo per rimediare a tali depressive
rivelazioni: ed era proprio quell’iniziativa lì (l’iniziativa
oggetto del convegno), sostenuta da quasi tutte le istituzioni locali
e financo nazionali; a qualsiasi livello e grado (cittadino,
provinciale, regionale) e sfumatura politica (destra e sinistra, par
di capire, quando entra in gioco la cultura si uniscono in un passo a
due che trascende, unisono, le volgari divisioni partitiche); e poi,
hanno continuato i relatori, per fortuna e in considerazione di tali
sforzi titanici, la gente (che è sempre quella zotica e vigliacca di
prima, però) affluirà a frotte a tale iniziativa e le cose si
faranno (si spera, ma quasi sicuramente sarà così) assai meno
sconsolanti.
E meno male. All'inizio ero davvero
sconsolato pure io, ma la galoppata di ottimismo posteriore mi ha
indotto a guardare con benevolenza al futuro del libro e della
nazione; e il cono di luce solare dell'ottimismo mi ha compreso
talmente - sino alla commozione direi - che persino il mio, di
futuro, di solito inesistente, si è tinto di rosa confetto.
Il convegno-iniziativa è stato molto
interessante; tanto interessante che, per due ore, silente, non ne ho
perso un sol micolo.
Solo verso la fine, a pochissimi minuti
dalla fine, pronto a stracciare il filo di lana della determinazione,
la Natura ha reclamato la propria inderogabile signoria.
Mi avviavo, perciò, spinto dal
pensiero voluttuoso dell’incipiente deflusso, verso il nirvana
prostatico, quando una ragazza, molto giovane, alta, bellissima,
lungocrinita, leggermente chinandosi, ha sussurrato al mio indirizzo:
"Signore, può aspettare la fine dell'intervento, per favore?".
Che dire? Mi capita rarissimamente d’esser chiamato signore, e
quando ciò accade, e per di più in un tono flautato, appena appena
languoroso, a mezzo fra l'interrogazione e la più dolce delle
intimazioni, nell'accompagno di un timido sorriso raffaellesco, non
posso che obbedire e ritenere, in un rapida e silente accensione di
vergogna, la più abietta delle esternazioni.
Avevo già notato la ninfa, la seconda
più bella presente al convegno. Il suo compito, a quel che capivo,
era di vigilare amabilmente l'entrata e l’uscita nonché di
sostituire, rapida, le targhe identificative dei relatori volanti che
si avvicendavano sul palco; ad esempio: esce Tizio, che la targa,
didascalica, segnalava come ‘Tizio’, ed entra Sempronio,
annunciato come Sempronio, e, subito, ecco la silfide che antepone la
targa Sempronio di fronte al novello favellatore Sempronio (casomai
dovessimo equivocare), in una parodia delle pin up della boxe
(sorriso, tacco da dodici e hot pants), che, fra la terza e la quarta
ripresa, segnalano, con irrefutabile autorevolezza, che la terza, di
ripresa, è passata e si avvicenda, incontestabilmente, la quarta.
Un’altra bellezza, la terza più
bella presente al convegno, contornata da altre graziose driadi
minori, stazionava, invece, biondocrinita e occhiazzurrina, al
guardaroba. Compito d'ella: etichettare borse, sorridere, e fornire
un talloncino plastificato per la riconsegna della borsa medesima -
riconsegna che sarebbe avvenuta, con prontezza e un ribadito sorriso,
poco tempo dopo: persino a un babbeo come me. Piuttosto impacciata
nel compito (restituendomi il bagaglio s'era dimenticata il
talloncino), ma scusabile: la sirena, come la compagna anzidetta, era
nata per altri soli: garbata, bennata, pulita, sicuramente fresca
d’ottimi e profittevoli studi, s’era acconciata a
quell'incombenza, da hostess culturale, solo per grattare, con decoro
beninteso, qualche tallero occasionale. E stavan lì, le due naiadi,
a cambiare targhette e a inanellare manici di borse, solo perché,
per loro fortuna, erano di piacevole aspetto, anzi belle, belle come
dive televisive, di quelle che vendono pentole, materassi e quiz
sulle reti nazionali, siano quelle pubbliche o quelle di proprietà
dell’antifemminista par excellence, Sus Maximus Milanensis. E, mi
tocca dirlo, io, che sono un calcolo renale residuo della cultura
sessista patriarcale, in atto d'essere espulso dal corpo della
democrazia totale e illuminata, mi sentivo a disagio per loro. Loro
che, forse - forse -, non ci trovavano nulla di male, dato che son
quasi coetanee di Ruby Rubacuori e Belen.
E non ci trovavano nulla di male anche
le femministe presenti al convegno, la cui densità in sala, anche in
virtù del clamore mediatico e storico dei nomi, era di poco
inferiore a quella dei cinesi a Pechino.
D’altra parte, in un mondo in cui una
delle sacerdotesse del femminismo mondiale, Naomi Wolf, incorona
Angelina Jolie eroina delle femmine mondiali – Angelina, insomma,
quella che, in occasione d’un compleanno, ha regalato al proprio
stolido marito un’isola intera, Petra Island, comprata al mercato
delle pulci per quindici milioni di euro – in un mondo come questo,
dicevo, c’è da aspettarsi di tutto.
Mi sa tanto che le differenze di
genere, e pure quelle razziali, cedano il posto, nella realtà, a ben
più pressanti differenze da reddito.
Come è sempre stato. Siano esse
avvertite o meno.
La mia, però, è l’impressione di
chi conosce poco, a cui resta altrettanto poco da campare e che ha
solo voglia di farsi una bella dormita.
Caro Alceste, sei come il figlio del Perozzi: " questo vede tutto, sente tutto, scrive...tutto!!!". Speriamo organizzino presto il campionato mondiale della misantropia che la gliela facciamo vedere noi!
RispondiEliminaCerto, il Perozzino era un gran bel rompiscatole.
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