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19 giugno 2017

"Il campo dei santi", libro profetico


Pubblicato l'11 aprile 2016

A trentatré anni dalla pubblicazione francese (1973), e a diciotto dalla prima e unica traduzione italiana (1998), torna nelle librerie il romanzo fantasociologico di Jean Raspail, Il campo dei santi.
Torna nelle librerie” è un mio blando eufemismo; sarebbe più esatto dire : “viene clandestinamente ripubblicato in Italia”.
È inevitabile che un’opera del genere (preveggente a tal punto da farsi, oggi, cronaca) venga sistematicamente ignorata. Sistematicamente, poiché l’industria culturale è oggi sistema, un blocco unico che non tollera spifferi.
Il pretesto per ignorare il libro è, peraltro, su un piatto d’argento: chi lo pubblica è, infatti, un fascista, Franco Freda (edizioni di AR; collana Il Cavallo Alato; euri 20); lo stesso Franco Freda che lo pubblicò, in solitaria, nel 1998.
Potreste mai immaginare un recensore de La Repubblica o de Il Corriere prendere sul serio il libro di un editore che, sui propri scaffali, esibisce La Rochelle, Evola e Hitler?
Bravi, avete dato la risposta giusta: è impossibile.

Forse ne parlerà Il Giornale, in ossequio a un suo pubblico residuale: ma solo per assolvere un compito dovuto quanto ingrato. Non ci sarà un Augias, un Severgnini, un Saviano o una Radio3 a recensirlo, oppure a innescare, dietro suo spunto, un pur minimo dibattito. Questa è gente a una dimensione (la propria, innanzitutto) e, di solito, la verità se la porta già in tasca (no, il dialogo socratico non fa parte del loro bagaglio).
E non ci saranno librerie a impilare Il campo dei santi; e nessuna Mondadori o Feltrinelli inviteranno Jean Raspail (sì, è ancora vivo) per discutere, da pari a pari, attorno a una bella tavola rotonda, i problemi e gli argomenti sollevati da un’onesta lettura; quella tavola rotonda che, oggi, non si nega a nessuno: cuochi vegani, corrispondenti di guerra in hotel a cinque stelle, sociologi del nulla, pentolari, pornostar, scrittorucoli cannibali.
Sarete costretti a ordinarlo online ‘sto libro maledetto; o a braccarlo nell’antiquariato.
E non sperate nelle biblioteche: in tutta Italia solo nove dicono di possederlo; e non è detto che lo detengano effettivamente.
Il campo dei santi è la cronaca di un invasione. Quella di una massa di profughi indiani (guidati da una figura carismatica: il Coprofago) che, a bordo di centinaia di carrette del mare, intraprende una odissea indicibile e, alfine, sbarca sulle coste francesi.
L’orda puzzolente e macilenta devasta le cittadine costiere; il governo è incerto: cosa fare? Le quinte colonne della bontà ecumenica lavorano ai fianchi l’opinione pubblica sino allo sfinimento. La Francia capitola: sarà accoglienza. Un gruppo di resistenti (una ventina) asserragliati nella secolare magione dell’anziano professore di letteratura Calguès vengono mitragliati da tre squadroni dell’aviazione francese. Nel mondo, intanto, proliferano altre invasioni: anche cinesi e neri d’America travolgono i confini di un Occidente debole, paralizzato dalla paura e dall’inconcludenza.
Il breve sunto non rende la brillantezza, anche narrativa, del testo; il temerario lettore (temerario e, quindi, accorto) vi troverà incastonate, inoltre, numerose perle d’anticipazione (un papa è chiamato Benedetto XVI).
Il tono generale, per l’Occidente, è da finis terrae: definitivo, ma divertito.
Divertito, poiché, di fronte allo sfacelo irreversibile di una cultura, non si può che sperimentare il brivido proprio a un sarcastico suicida (anche se il libro vanta sacche profonde di disperazione).
Nell’edizione italiana del 1998 è riprodotta l’introduzione dello stesso Raspail alla terza edizione francese. Eccone un breve estratto:

Il campo dei santi è un libro simbolico, una sorta di profezia scritta in modo assai rozzo con i mezzi a disposizione di uno scrittore, ma sotto l’impulso di un’ispirazione … sono convinto che tutto avverrà su scala planetaria … probabilmente ciò non avverrà affatto come ho descritto nel mio romanzo, perché Il campo dei santi è solo una parabola, ma in sostanza l’esito non sarà affatto diverso. Forse assumerà una forma più diffusa e, apparentemente, più tollerabile. … L’Occidente è vuoto, anche se non ne è del tutto cosciente. Civiltà straordinariamente creativa … l’Occidente non ha più un’anima … oggi molti francesi di antica discendenza sono soltanto paguri che vivono in conchiglie abbandonate dai rappresentanti di una specie attualmente estinta … Essa si chiamava la specie francese e non lasciava certo presagire la comparsa di un’altra specie che in questa fine di secolo ha usurpato il suo nome … costoro si accontentano di sopravvivere. Vivono alla giornata come automi, sempre più infiacchiti …“.

La metafora dei paguri è notevole, ma voglio migliorarla. O incrudelirla, fate voi. Almeno per l’ambito italiano, quello che ci riguarda.
I ministri, i deputati, i presidenti (della Repubblica, del Senato, della Camera) così come i rappresentanti della società civile (capitani d’industria, manager, intellettuali, leader dell’associazionismo) – tutta la presunta crema dell’italianità – son solo le larve di quell’immensa carogna in putrefazione che è ciò che resta dell’Italia.
Gli insetti sarcofagi del passato dell’Italia.
Bastava guardare il Papa, e le maggiori autorità istituzionali (c’era pure Benigni, con le sue insopportabili esegesi della Commedia), celebrare il 750esimo anniversario della nascita di Dante (1265-2015). Uno spettacolo! Uomini di paglia! Uomini vuoti che più non comprendono e stimano il mondo da cui sono state generate quelle stesse  istituzioni che sono stati chiamati a presiedere e onorare; mosche carnarie ronzanti, turisti di quarta classe che sbuffano di fronte a una reliquia a loro incomprensibile e a cui tributano in tutta fretta un burocratico omaggio (d’altra parte: quanti di voi hanno sospettato questo anniversario? O l’hanno celebrato?).
Cos’altro dire del libro se non esortarvi a leggerlo?
Mi basterà riportare un dialogo iniziale: fra una sorta di hippie antioccidentalista, che gode del disfacimento della propria nazione, e il professor Calgués, rappresentante dell’antica cultura, della storia; un personaggio che, forse, è un alter ego dello stesso Raspail.
Non fatevi ingannare dalle parole; cogliete lo spirito. Il libro è più complesso di quanto sembri e la sua riduzione a battibecco fra tradizione e progresso è semplicemente insultante.

Hippie: “La osservo … e la trovo perfetto. È per questo che la odio. E proprio qui da lei domani porterò i più miserabili. Essi non sanno nulla di ciò che lei è, di ciò che lei rappresenta. Il suo universo non ha alcun significato per loro. Non cercheranno di capire. Saranno stanchi, avranno freddo, accenderanno il fuoco con la sua bella porta di quercia. Copriranno di sterco la sua veranda e si puliranno le mani con i libri della sua biblioteca. Sputeranno il suo vino. Mangeranno con le loro dita nel bel vasellame appeso a questi muri. Acquattati sui loro calcagni, osserveranno il fuoco divorare le sue poltrone. Si faranno delle parrucche con i ricami delle sue lenzuola. Ogni oggetto perderà il significato che lei gli attribuiva, il bello non sarà più bello, l’utile diventerà ridicolo e l’inutile, assurdo. Nulla avrà più un valore profondo, tranne forse il pezzetto di corda dimenticato in un angolo della casa, che essi contenderanno devastando tutto quanto troveranno attorno. Sarà fantastico! Sparisca!

Calguès: “… ai tempi di Ezio credo che avrei ucciso con gioia gli Unni. E, all’epoca di Carlo Martello, sarei stato entusiasta di fare a pezzi un po’ di carne araba, proprio come Goffredo di Buglione e Baldovino il Lebbroso. Sotto le mura di Bisanzio, morendo accanto a Costantino XI Dragazes, quanti Turchi avrei massacrato – perdio! – prima di essere massacrato a mia volta … Ecco che faccio strage di slavi in compagnia dei Cavalieri Teutonici … marinaio di Don Giovanni d’Austria, mi vendico a Lepanto. Che bella strage! In seguito rimango disoccupato. Solo qualche sciocchezza che viene giudicata male. Sudista sconfitto, nelle file del Ku Klux Klan uccido qualche negro, in modo davvero sordido, lo confesso. Con Kitchener va un po’ meglio: sventro qualche musulmano fanatico del Madhi … forse ho fatto fuori qualche asiatico sotto le mura di Berlino, qualche vietnamita, qualche Mau Mau, qualche fellah o … qualche estremista di sinistra o qualche pantera nera rabbiosa finiti in un auto della polizia. Servizi piuttosto lordi, insomma. Niente più fanfare, niente Te Deum … naturalmente io non ho ucciso nessuno, a maggior ragione tutti quelli che ho appena elencato, che ora trovo tutti davanti a me, incarnati in lei, riassunti nella sua persona. Ma queste battaglie, di cui mi sento totalmente partecipe, io le rivivo tutte in un unico istante, ne sono l’unico attore con un unico sparo. Adesso!

E Calguès spara al traditore con l’avito fucile da caccia di famiglia.
En passant: "Il campo dei santi" è una citazione evangelica.
Apocalisse 20, 7-9: “Quando i mille anni saranno trascorsi, Satana sarà sciolto dalla sua prigione e uscirà per sedurre le nazioni che sono ai quattro angoli della terra, Gog e Magog, per radunarle alla battaglia: il loro numero è come la sabbia del mare. E salirono sulla superficie della terra e assediarono il campo dei santi e la città diletta …“.

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