21 gennaio 2022

Le Montagne Blu (Tien Shan) o una storia incredibile [Il Poliscriba]


Il Poliscriba

Retrospettiva dal sottosuolo, anno 2022

Così a me son toccati mesi d'illusione
e notti di dolore mi sono state assegnate

(Giobbe  7, 3)

Because the night. Una notte del secolo scorso, l’ennesimo notturno insonne che preannunciava nei miei precordi le palpitazioni del nuovo evo degli orrori del presente, mi ritrovai a fissare le immagini di un film che Enrico Ghezzi - un altro “caro estinto” -  decise di inserire nella sua scaletta di "Fuori Orario".
Devo ammetterlo, a quei tempi era per me fonte di consolazione seguire quel programma notturno, alternandolo  alle mie letture o al mio sbattere furibondo le dita su di una Olivetti Lettera 35, ferendo  d’inchiostro a nastro, carta vera.
Il film raro apparteneva alla vasta cineteca RAI, probabilmente acquistato subito dopo la presentazione al Festival di Cannes nel 1985, nella selezione parallela istituita in tempi di contestazione: la "Quinzaine des Réalisateurs".
Si trattava di un lungometraggio scomodo a un regime in via di dissoluzione, una piccola crepa foriera di crolli nel vasto e macilento edificio socialista, come la simbolica commedia caustica e intelligente, raccontava.
D’altronde, il regista georgiano Eldar Šengelaja che lo diresse, apparteneva, per estrazione e influenza familiare, a quel gruppo di artisti eufemisticamente definiti individuali, e, per tale vissuto, sentiva imminente la caduta dell’URSS per asfissiante burocrazia non aderente a semplici principi di buon senso e realtà.
Diresse il film nel 1983.
Tre anni più tardi, un reattore nucleare esplose a Cernobyl e, insieme ad esso, un mondo soltanto fantasticato nelle piccole menti di coloro che vivevano i “meravigliosi anni ‘80” al di qua della Cortina di Ferro.

09 gennaio 2022

Paradigma Nagasaki: a true story [Il Poliscriba]

Il Poliscriba

Innamorarsi di androidi è una speranza mai sopita della generazione di maschi dagli occhiali a specchio del ventennio precursore della distorta distopia socio-fobica del terzo millennio in atto.
Quei maschi hanno ora 40 anni e più; disseminati come spore, hanno succhiato latte da seni di carne preferendo, dopo la loro pubertà, che sembra non terminare mai, la sintesi plastica del neoprene.
Certi giapponesi, malati di mente, si accoppiano con bambole di lattice robotizzate dal mattino alla sera; a volte si tratta di ingegneri di alto livello che hanno sbattuto la faccia sulle scrivanie di cromo, in preda a un sonno parossistico da super-lavoro.
Matsuko Hiroshi è stato arrestato per aver seviziato e ucciso la piccola Nakata Ishikawa, scambiata per una bambola erotica dal giovane psicopatico che non sopportava le grida di lei, giudicando impossibile il fatto che un droide femmina, pagato 10.000 yen, avesse, oltre le desiderabili facoltà di urlare, dibattersi, soffrire, quella incompatibile con una schiava sottomessa: la libertà di insultarlo.
Il prof. Shinzo Abe, docente di scienze sociali all’Università di Ryukyus a Okinawa, sostiene da tempo che il fall-out radioattivo dovuto agli ovetti all’uranio sganciati dall’Enola Gay nell’agosto del ‘46, non sia terminato, a fronte dei dati radiometrici del dipartimento di fisica nucleare dell’Università di Tokyo.

Non erediterai nulla e sarai felice [Roberto Pecchioli]

Liu Xiaodong, Things aren’t as bad as they could be

Finalmente se ne comincia a parlare. La recisione del legame col passato non può che accompagnarsi a un ulteriore spossessamento: il patrimonio familiare. L'intrasmissibilità del sapere, della bellezza e, ora, di ciò che possediamo; e che ci definisce. E questa intrasmissibilità, sancita per legge, non può che avere una immediata causa economica, quale scusa. In attesa delle leggi sull'eutanasia, sulle droghe come farmaco e sulla liberalizzazione delle parafilie, s'incominciano a vedere i primi fuochi d'artificio nel campo del felice impoverimento di massa, già preparate dalle elucubrazioni sulla decrescita (anch'essa felice, anzi: felicissima).
Il tutto avverrà con progressione naturale, al riparo dalla pandemia, una scusa come un'altra; i "sì" pronunciati a favore della miseria, peraltro, sono stati infiniti.
Roberto Pecchioli è assai sottovalutato; uno dei pochi a fornire una cronaca lineare e coerente dell'apocalisse.

Roberto Pecchioli

La campana suona per tutti, per me e per te. Peggio per noi se non ne percepiamo il suono in mezzo al frastuono. L’Agenda 2030 si sta svolgendo sotto i nostri occhi, ma non vediamo né sentiamo. Dopo aver attaccato la proprietà privata delle case di abitazione minacciando di vietarne la vendita se non in regola con le scalmane climatiche “verdi”, in attesa di tassare in maniera esorbitante le abitazioni attraverso la rivalutazione catastale (ce lo chiede l’Europa!) sale il livello dell’attacco. Il quotidiano "Le Figaro" ha denunciato che nel programma presidenziale di Emmanuel Macron, l’enfant prodige di casa Rothschild, vi sarà una pesantissima tassa sulle successioni. La proposta parte dal CAE, Consiglio d’Analisi Economica, un’istituzione della presidenza francese. L’obiettivo è tassare le eredità sino a farle scomparire in una generazione. L’idea è attribuita agli eredi del pensiero di Pierre Bourdieu, il sociologo marxista che coniò il concetto di “violenza simbolica”, esercitata non con l’azione fisica, ma con l’imposizione di una visione del mondo, dei ruoli sociali, delle categorie cognitive, delle strutture mentali attraverso cui viene percepito e pensato il mondo, da parte di soggetti dominanti verso soggetti dominati; una violenza “dolce”, invisibile, esercitata con il consenso inconsapevole di chi la subisce.
L’articolo de "Le Figaro" termina riassumendo come il tema dell’imposta di successione venga affrontata dalle varie famiglie politiche alla vigilia delle elezioni presidenziali: “La sinistra vuole alzarla, la destra abbassarla, e il centro … non dice niente”. Nulla di nuovo: l’iniziativa è sempre nelle mani dell’avversario, per la timidezza, la paura, la malafede di chi difende solo il proprio orticello senza una visione e un progetto. La sostanza è che in occasione delle elezioni presidenziali di una Francia in cui la maggioranza naturale è sempre più a destra, si deciderà anche sul più ambizioso tra i punti dell’Agenda 2030: l’abolizione della proprietà - per gradi e mascherata da politica fiscale - attraverso la difficoltà di trasmetterla ai discendenti o a chiunque altro. Nessuna sorpresa: impazza la cultura della cancellazione, il rifiuto di trasmettere la civiltà e perfino la vita. Cancellare l’eredità materiale è solo una coerente conseguenza. Il destino è la tabula rasa: nessun lascito di cultura, di comunità e di spirito. Il finale è scontato: gli ultimi padri non lasceranno eredità materiali agli ultimi figli. Le generazioni si sono rinnegate a vicenda. Ognuno ricomincerà da zero: al gregge tosato provvederà il pastore.

03 gennaio 2022

La Bestia


Roma, 3 gennaio 2022

Il buon Nachtigall mi chiede: chi sarà mai il Monarca Universale?
Gli rispondo, per puro miracolo, poiché google mi consente raramente commenti in calce al post, che non occorre individuare esseri umani; di ipotesi contingenti, quelle che fanno perdere anni e decenni in chiacchiere, è lastricata la via dell’inconcludenza. É preferibile definire concetti, stati d’animo, concrezioni spirituali, accumuli storico-metastatici. Il Re del Mondo arriverà, di notte, e tutti lo accetteranno con naturalezza poiché il decesso della civiltà vanta cause assai risalenti. Un cedimento strutturale della Chiesa occidentale e orientale e la sua resa al mondo protestante? Una Roma senza Papa, quindi? Un embrassons-nous totalitario e liquidatore? Oppure: un consesso globale che superi ONU, NATO e religioni positive in grado di sussumere al proprio interno esseri di indiscussa e indiscutibile levatura morale che si ponga quale Consiglio Universale di Sapienti? Pax mundi? Di “questo” mondo, e non di altri, poiché l’Altro non è più necessario. L’ex Papa, l’ex Dalai Lama, l’ex Presidente ONU, i rappresentanti temporali dei cinque angoli della Terra … tutti riuniti, in povertà materiale, onde predicare il nuovo verbo: lo spossessamento dell’uomo, definitivo, al termine di una parabola di civiltà ormai sentita come oppressiva e sanguinaria …

Il discorso, da tal punto di vista, è arretrato, quasi trogloditico. Inutile intavolare dibattiti con chi ancora crede che la Rivoluzione Francese fu lo spauracchio del Potere; altrettanto deprimente invischiarsi in colloqui, più o meno digitali, ove il Potere è sentito come criminale. Il Potere, infatti, non è più criminale, bensì totalitario. Esso si pone quale Unico al di fuori del quale nulla sussiste poiché - è questo il punto - nulla di ciò che vive al di fuori è più concepibile e, perciò, oggetto di discorso. E tutto questo lo vediamo avverarsi ogni giorno, quando il passato viene triturato nell’immondezzaio della più anonima irrealtà quotidiana. Ben riassume tale caduta nel totalitarismo Oswald Spengler allorché afferma: “Un giorno l’ultimo quadro di Rembrandt e l’ultima nota di Mozart avranno cessato di esistere pur sussistendo, forse, una tela dipinta e uno spartito: perché l’ultimo occhio e l’ultimo orecchio che potevano cogliere la lingua delle loro forme saranno scomparsi”. Al di là dell’agghiacciante “forse” è appena il caso di notare che ogni occhio e ogni orecchio sono stati, come in ogni rituale magico, liberi di scegliere: e hanno scelto la Bestia.

27 dicembre 2021

Salir per l'altrui scale

Roma, 27 dicembre 2021

Tutti i grandi sconfitti della postmodernità, da Jünger a Evola, dai protosocialisti ai cristiani preconciliari, tutti, nessuno escluso, godettero del privilegio dell’esilio.
Solo a noi ciò non è concesso; se proprio ripugna, ad alcuni, questo “noi”, che manda, lo ammetto, un bel tanfo da latrina digitale, dirò: a me non è concesso.
Persino le esecuzioni sommarie o la damnatio riconoscevano al vinto una rilevanza, quasi ad annichilire l’ultimo ansimo di spiritualità che s’avvertiva irriducibile in quel nemico, pur ferito, impotente, senza scampo.
Ma non oggi.
Allo sconfitto è impedito non solo di gettare nell’arengo della discussione la forza delle argomentazioni contrarie, ma, e questo rappresenta un unicum, anche la serenità della prigionia, il ruolo di contestatore e d’oppositore; in una parola: il limite santo dei luoghi d’espiazione come l’esilio.
Qui si anela la capitolazione totale, la desertificazione dell’anima, una reificazione definitiva. Nessuna distopia ci ha preparato a questo, né il pluricitato Orwell, né Huxley. Solo Zamjatin: solo in quel finale la felicità coincide assolutamente con il conformismo totalitario benché il risultato si ottenga nel romanzo con una castrazione cerebrale, puramente fisica.

19 dicembre 2021

Una vita miserabile


Roma, 19 dicembre 2021

Dizionario etimologico di Manlio Cortelazzo e Paolo Zolli: “miseràbile, agg. ‘che è da commiserare per estrema povertà o infelicità’ (av. 1342, Domenico Cavalca), ‘che è da disprezzare per meschinità e bassezza morale’ (secolo XIV, Cassiano volgar.), ‘che ha scarsissimo valore’ (av. 1642, Galileo Galilei) ...
Il dizionario riunisce mirabilmente le tre accezioni della miseria che nel Nuovo Mondo in molti avranno patire: le infelicità e la povertà di coloro che sono destinati ad aver consuetudine, vita natural durante, solo con oggetti, sentimenti e orizzonti di scarsissimo valore, angusti e anonimi, per ordine di individui disprezzabili per meschinità e bassezza morale.
Le parole racchiudono il senso preciso dei millenni: per questo il potere ama svilirle o limitarle a un pidgin tecnico formato da pochi vocaboli; per il medesimo motivo il potere ha in odio l’umanesimo: grammatica, musica, storia, filosofia, arte, religione: qui, infatti, si cela una polisemia rivelatrice e pericolosa, migliaia di coloriture espressive, una ricchezza debordante di opinioni, logiche, intuizioni. Nelle parole, rettamente intese, è la libertà.

Mario Draghi, che biascica un Italiano di base, scolorito e banale, a tratti persino incespicante, è lo chef perfetto per i tempi nuovi: a cuocerli e prepararli con cura. Gli è stata ordinata la distruzione; lui esegue. Non credo si renda conto di quello che veramente fa; alla fine è solo un tecnico, come il pilota dell’Enola Gay o il killer digitale che dal satellite inquadra i bersagli dei resistenti afghani. E però egli, come i compari d’ascendenza anglossassone, ha il pregio dell’efficienza; perciò distruzione sarà. Ci sarà da alzare il volume per coprire i belati del mattatoio? Non troppo, dato che larga parte degli armenti, alla vista del sangue altrui, gioiscono con lunghi muggiti di approvazione.

Il patriziato italiano, prezzolato per tradire l’Italia che amministra, assomma a qualche milione di cinghiali; le odierne grufolanti assemblee delle provinciali italiane - vedere per credere - in cui ogni minuscolo partito, senza nemmeno l’assillo della campagna elettorale, si divide le residue spoglie dell’ex grasso italiano; lo stato e il parastato più torpido; le magistrature, gli alti dirigenti pubblici e semipubblici, eserciti e gendarmerie varie, i plotoni d’esecuzioni delle agenzie nazionali, le aziende sanitarie, scuole e università d’ogni sfumatura e grado … tutti compongono legioni variegate, ma sostanzialmente conniventi, attentissime a non far aprire brecce di dissenso al loro interno, oculatissime nel boicottare chiunque possa mettere in dubbio il monopolio della loro lucrosa inefficienza. Tale blocco lo si ritrova operativamente e ideologicamente compatto  nel recare il proprio paese al default, alla micragna, all’inessenzialità … purché un bottino, pur miserabile, venga assegnato loro. Trenta denari, d’oro o nichel, ma che trenta denari siano.

Un politico di altissimo rango briga per pagare alcuni lavori in nero; insulta, offende, disprezza; alla fine liquida il poveraccio come un accattone qualsiasi. Una scena già vista negli ambienti romani. Hai voglia a raccontarla: nessuno ci crede. Ognuno, nel suo piccolo, è abituato a rispettare l’autorità, qualsiasi autorità, ad accettare il verbo dal piedistallo. Il patriziato del New World, ormai privo d’ogni remora di ordine morale, sicuro entro la cintura poliziesca a lui fedele, si rivela per ciò che è: una poltiglia di ignoranza ottusa, arroganza e risentimento di classe. Di classe? Certo. Se i veri Dominanti, infatti, operano in vista della coercizione spirituale (per mutare la struttura stessa dell’anima umana e assoggettarla nell’eternità, una volta per tutte), i loro succubi (chi, una volta, con goffo linguaggio brigatistico, si appellava come sub-dominanti) non sono che individui perduti, incapaci di concepire altro che il guadagno mondano e lo squallore che deriva dall’esibizione d’una manciata di lenticchie. La guerra totale, devastante, che subiamo da decenni mira ai nostri cuori; i soldati infernali delle battaglie, però, quelli che cianciano sui visori televisivi e digitali, non risaltano che quali comuni mercenari con la sacchetta dei sesterzi assicurata alla cintura. Lanzichenecchi, edaci, spietati, deprivati sensorialmente; garzoni di bottega; in alcuni casi, proprio per questo, addirittura sacrificabili.

11 dicembre 2021

Palle eoliche [Il Poliscriba]

Il Poliscriba

"E così da giorni abbiamo solo calci nel sedere,
Non sappiamo dove siamo, senza pane e senza bere
E questo pazzo scatenato che è il più ingenuo dei bambini
Proprio ieri si è stroncato fra le pale dei mulini ...
"

Francesco Guccini, Don Chisciotte

3 dicembre 2021
Cronaca dal bordo dell’Impero

L’insonnia, di questi dannati tempi, è un sintomo vitale.
A tappe forzate, la notte s’inabissa nell’oltremondano ed io, misurando poche stanze a passi lenti, medito sul da farsi - ad esempio, riguardo alla follia scientista ammantata di sadiche buone intenzioni - fino al primo annuncio d’alba di corvidi nerogrigi com’esuli pensieri all’uscita dalle tenebre urbane.
"Craaak! Craaak! Craaak!", i piumati affermano la presa di possesso sui faggi dietro al parcheggio,  dove verranno costruiti i nidi in primavera; con emissioni di tonalità opportune, esprimono un’etologica sequenza di avvertimenti ordinati sulla loro presenza, sull’eventualità di una difesa, di un attacco o di una fuga.
Durante l’inverno, pazientemente, spinti da una previdenza quasi affine a un’ultraterrena Provvidenza, in coppie, maschio e femmina, osserveranno poscia il cader di foglie, ogni biforcazione lignea scoperta dal Grecale che muta in Tramontana; studieranno pesi, misure, luci e ombre, destinate ad accogliere il cesto da loro meticolosamente costruito per la prossima covata, a continuità della specie.
Sapienza di saurischi aviani che seppero evitare l’estinzione del Cretaceo per impatto astronomico.
Dalle finestre affacciate sul mondocomio, invece, osservo l’estinzione del bipede umano, l’essere caduco e carnale, orfano di spirito, creatore e schiavo di macchine senz’anima, eredità genetica di minuscoli roditori notturni, anch’essi vissuti all’ombra di enormi sauri, scampati al devastante limite K-T, ma dei quali, evidentemente, l’ultimo mammifero della ridicola progressione darwiniana, non ha appreso  l’arte della ruvida soppravvivenza, sospinto passivamente da un desolante  e insensato andirivieni.

30 novembre 2021

Il bivio [Il Poliscriba]

 

Il Poliscriba

Non vi è più Vandea, cittadini repubblicani. È morta sotto la nostra libera sciabola, con le sue donne e i suoi bambini … Secondo gli ordini che mi avete dato: ho schiacciato i bambini sotto gli zoccoli dei cavalli e massacrato le donne, così che, almeno quelle, non partoriranno più briganti. Non ho un prigioniero da rimproverarmi. Ho sterminato tutto ...”.

 (dichiarazione del gen. J.F. Westermann al Comitato di Salute Pubblica del 23 dicembre 1793)


Novembre 2021.
Cronaca dal bordo dell’Impero

Sono in attesa fronte porta d’ingresso di un basso fabbricato, dove ha sede l’ambulatorio del mio medico di base.
Sono le 11 e 30.
Il centro estetico dall’altra parte della strada è già gremito di esseri dal pelo superfluo, tatuati, generazione X e via risalendo per la fine annunciata dei nativi digitali.
Un tempo, in queste retrovie ai piedi delle Alpi Cusiane che furono tra le più ricche d’Italia, se non d’Europa, difficilmente si sarebbe aperta una SPA, e ancor meno, non era possibile vedere uomini e donne giovani spendere buona parte dei loro danari e del loro vivacchiare in trattamenti di bellezza, nel bel mezzo di un lunedì feriale.
Oggi il clima non lo permette, ma sullo stesso cemento, a cui do le spalle, transitano decine di ciclisti d’età diverse, ad ogni ora del giorno, segno che il lavoro giace ormai in un’altra dimensione: asiatico-balcanico-caucasica, inevitabilmente.
Un fuori tempo massimo, chino sullo smartphone, mi precede, mentre io rileggo le assurde regole dettate dai DPCM succedutesi negli ultimi 20 mesi.
Ormai  vago è il ricordo delle sale d’attesa dove si scambiavano impressioni, lamentele, dolori, consigli, qualche risata, a volte numeri telefonici, chiacchierate innocenti dal fondale del mondo. Oggi sono aree esclusive per greenpassati, vaccinati e guariti dal sarscov2, escluse ai reietti novax, terrapiattari, nazifa e chi più ne mette, più ne ha.
Il riservato soppiantato dalle riserve.
Piove sotto i nostri due ombrelli … non piove certo su Brest.
Il tizio, ad un certo istante, esulta, quasi danza sui piedi.
Incrocia il mio sguardo per niente stupito dalla sua esternazione e mosso meccanicamente da  esibizionismo contornato da  narcisismo compulsivo, del quale l’umano è ormai portatore insano, e per la quale infezione globale non esiste cura, se non un cataclisma di proporzioni bibliche, vuole mettermi a parte, senza il mio consenso informato, di tale inaspettata gioia.

21 novembre 2021

Siamo tutti in pericolo


Roma, 21 novembre 32 p.B.
 
Solo la comunità ricorda; solo un insieme di individui legati a filo doppio dal sangue e dalla conoscenza condivisa che si fa vita, ogni giorno, può battersi in vostra vece. Le abbiamo donato vari nomi: gineceo, confraternita, civitas, collegio, caserma, corporazione.
Ecco una storia.
La traggo da un libro di Giorgio Bocca sulla Repubblica del dopoguerra:

Alle 11.30 [del 14 luglio 1948] Togliatti e la Nilde Jotti, che è la sua nuova compagna, escono da Montecitorio in via della Missione: li attende un giovane siciliano, Antonio Pallante; spara su Togliatti tre colpi con una rivoltella calibro 38,8 acquistata il giorno prima da un armaiolo romano che resterà ignoto. Un proiettile sfiora il capo e si schiaccia contro un cartellone pubblicitario, il secondo colpisce la nuca, il terzo la schiena. Togliatti cade sulle ginocchia, scivola sul selciato, la Jotti si lancia a coprirlo. Pallante spara ancora un colpo che va a vuoto e fugge … Alla notizia che hanno sparato a Togliatti l’Italia operaia e comunista insorge … Togliatti raccomanda … ‘Non facciamo sciocchezze, non perdete la testa’ … Ma l’onda di piena dello sdegno popolare sale per conto suo incontenibile … A Genova si è in piena rivolta, la prefettura subito isolata, i telefoni interrotti, bloccate le strade di Levante verso Chiavari e di ponente verso Sestri. Gli operai calderai dell’Ansaldo escono con i loro attrezzi e saldano i tram alle rotaie; altri blindano dei camion su cui prendono posto dei compagni armati, nel centro di Genova compaiono mitra e mitragliatrici, si va all’assalto della casermetta della polizia a Bolzaneto  … ripiegano sotto il fuoco reparti di polizia e una compagnia di carabinieri, ci sono tre feriti fra le forze dell’ordine, quaranta tra i manifestanti …“.

53 anni dopo, a luglio, il 19, a realizzare una quasi piena consonanza storica, s’inizia la devastazione di Genova; il 20 muore Carlo Giuliani; il 21 ecco il contrappasso: la retata alla scuola Armando Diaz; i rivoltosi, simboliche reviviscenze dei compagni del 1948, sono recati alla caserma Bolzaneto e croccati a sangue.
Così va il mondo.
Una communitas è sciolta dalla storia, ma l’altra persiste, ricorda e, a modo suo, si vendica.

12 novembre 2021

Gli smagnetizzati


Unreal City, 12 novembre 2021
 
Uno dei primi, numerosi, campanelli d’allarme fu banale e, all’inizio, non vi prestai la dovuta attenzione. Pensai allora: sto invecchiando. Solo ora mi accorgo, retrospettivamente, quanto la faglia generazionale fosse, già dieci anni fa, netta; irreparabile. In breve: la ragazzetta cui dettavo una lettera non riconobbe la battuta di Totò che inserii nel finale, a mo' di scherzo: “SalutandoLa indistintamente …”, uno dei tanti motteggi che il comico bizantino si rimpalla - assieme a un sudaticcio Peppino De Filippo - nella celeberrima sequenza della lettera milanese (inviata dai fratelli Caponi: “Firmato: i fratelli Caponi (che siamo noi)”.
Si era al cominciamento degli anni Dieci, due lustri successivi allo show pirotecnico delle Twin Towers; tentai la debole battuta sovrappensiero, al fine di sdrammatizzare un poco, soprattutto di rendere respirabile l’aria, al termine d’una tediosissima comunicazione di rivendicazione (rivendicazione d'alcune migliaia di talleri; brogliaccio assai formale, irto di tecnicismi necessari quanto ridicoli). La burocrazia, allora, si basava, onde sfoltire il numero dei postulanti, proprio su tali arzigogoli e trabocchetti; oggi, invece, assai più efficacemente, sull’irreperibilità totale, protetta dalla legge, di mandanti ed esecutori delle truffe, siano essi privati o pubblici. Ma allora andava ancora di moda così. I tecnicismi, ci tengo a dirlo, non vantavano efficacia legale alcuna: erano solo fonemi d’un dizionario segreto che gli interlocutori, pur nella distinzione dei rispettivi interessi, condividevano; Tizio scrive “spettanza” o “inderogabile” in relazione a un paio d’articoli del Codice Civile e la controparte Caio subito decodifica: ah ecco, questo è dei nostri, vediamo cosa possiamo fare … nell’ambito dei nostri spazi di manovra … per soddisfarlo … almeno in parte … onde concrescere a un esito che ci soddisfi entrambi … magari a danno di qualcun altro … che non fa gruppo con noi …