06 agosto 2021

Calcoli sbagliati


Unreal City, 5 agosto 2021

Leggo in un vecchio libro sciupato: “Mi piace sfogliare i vecchi libri sciupati che si trovano a volte sulle bancarelle dei librai e che hanno contenuto la verità di un tempo. Ci si guadagna una sana filosofia, del tipo di quella che Jacques Bainville riassumeva in questa formula: ‘Tutto è sempre andato malissimo’. E, parola mia, vedendo nel corso del tempo le lagnanze dei contemporanei, la loro nostalgia del passato, i sogni che architettavano per l’avvenire, bisogna riconoscere che gli uomini mai furono contenti del presente”.
La frase è di Jacques Ploncard D’Assac; il libro, sciupato, Apologia della reazione (I libri del Borghese, 1970).
Vi si ritrova un angusto iter metaletterario: D’Assac scopre su un’anonima bancarella un libro di Jacques Bainville che contiene la bruciante verità d’una riga; il sottoscritto, per le medesime vie, la nota di D’Assac; voi, i più fortunati, entrambi i rinvenimenti. Questa coincidenza non è ovviamente tale: si chiama, invece, tradizione. Tradizione della sapienza. Bainville nota, en passant, come la storia dell’umanità sia la cronaca di una decadenza continua; D’Assac approva; io, nel 2021, consento a tale evidenza luttuosa.

L’uomo decade, da sempre. La sua parabola non consiste in un avvicinamento a Dio bensì al Demonio. Liberiamoci da pregresse convinzioni. L’uomo sorge dalla Polvere e dal Fango; la Polvere e il Fango, sotto le spoglie di Satana, ci richiamano infine a loro; durante tale catabasi verso la Dissoluzione, Dio, sotto le spoglie dell’Artista, del Santo e del Sapiente, ritarda l’inevitabile caduta. Ma ora l’Abisso, là-bas, ci reclama; l’occhio scruta il vuoto e ne è avvinto in un’ansia lutulenta in cui piacere e volontà di auto-annientamento si coavvincono come le spire del Primo Serpente. Tutto torna?

L’uomo moderno calcola. Ma i suoi calcoli sono sbagliati. Il feticcio maggiore cui s’è prostrato è quello del progresso. Credersi migliori dei predecessori, o delle epoche del passato, ridotte a un cumulo di crudeltà e perfidie, equivale alla dannazione ultima che lo perderà del tutto. Come dimostra, invece, l’intuizione di Bainville, si deve parlare qui di continua regressione e degradazione. Dirà il Citrullo: “Ma non è possibile! Siamo alla reazione, al dispotismo, all’oscurantismo! Non vedete voi, cari signori, un innalzarsi delle epoche? Un avanzare costante, a prezzo di sacrifici e sangue, verso una umanità migliore, più tollerante e pacifica, consapevole dei misteri di quella Natura che si piega docile sotto la nostra benevola signoria? Guardate il passato: carestie, malattie, privazioni, mostruosità, abiezioni! Non vorrete paragonare le buie viette d’una città europea lorda di escrementi e pustolosi in fin di vita con le autostrade a quattro corsie ove sfilano le silenziose automobili del futuro? E chi cambierebbe, di grazia, quell’orrore con l’attuale presente? Fate un sondaggio e vedrete cosa ne esce!”.

A metà dell’Ottocento la popolazione mondiale assommava a un miliardo. Oggi a più di sette. Esemplare di questa Bengodi dell’evoluzione fu la figura del dottor Ignác Semmelweis che, con blandi e ovvi rimedi antisettici, sconfisse, di fatto, la mortalità infantile e la mortifera febbre puerperale. Il “Salvatore delle Madri” fu un tale Copernico che da un’epoca di vedovi si passò, mercé qualche guerra mondiale, a quello delle vedove. La nobile parabola umana di Semmelweis affascinò molti: a sinistra l’ebrea socialista Anna Kuliscioff, a destra l’antisemita burlone Céline che ne fece il protagonista della propria tesi di laurea in Medicina. E allora? Il mito del progresso, in effetti, abbacina tutti. Ma è un calcolo sbagliato. Occorre una dose criminale di cinismo, astruseria, cattiveria e forza di volontà per dichiarare questo. Eppure … cosa ne abbiamo tratto, noi, da tale appressamento alla felicità? Dai celesti doni di Semmelweis, o di Fleming e Jenner? Un’umanità pletorica, depauperata, debole. Gli Spagnoli che invasero il Sud America, butterati dal vaiolo e decimati dallo scorbuto, conquistarono un continente. Oggi la Spagna faticherebbe pure a invadere Gibilterra. Mi prende male, oggi, sono così! Gradirei un’obiezione, però, di fatto e non in punta di ideologia … la mia famiglia ha visto, in un secolo, come testimoniano alcune lapidi consunte, morti di tetano e di influenza, morti e dispersi in Russia e Affrica, ma le foto dei sopravvissuti, accartocciate e crocchianti, ci parlano di donne e uomini dal volto piano e senza preoccupazioni, addirittura sereno: sereno di fronte a Sorella Morte. Il loro ruolo sociale e metafisico fu stabilito millenni prima - una profondità di cui essi non comprendevano né la distanza remota né la forza della scaturigine: a che pro? Si viveva così, gli affanni e il dolore si stemperavano nella consuetudine da scampati scambiata dagli Illuministi per fatalismo. Matrimoni, battesimi, comunioni e unzioni punteggiavano la vita. Il ruolo, già stabilito, faceva sì che l’individuo fosse sollevato da ogni decisione eliminando psicosi, ansie e schizofrenie. Chi era più libera? La donna sotto il presunto patriarcato o la donnina di oggi, che può decidere, liberamente, di farsi inculare da un cane? Attenzione, nella risposta potrebbero celarsi sbagli di calcolo.

Attraverso la zona di Boccea. Una Punto grigia è parcheggiata contromano. I posti del guidatore e del passeggero sono occupati da due asiatici, forse filippini. Bassi, olivastri, le teste tonde, i radi capelli neri; occhiali da sole; la pelle lustra di sudore. Si rassomigliano come due gemelli. Gli unici movimenti che ne tradiscono l’esistenza in vita son quelli mandibolari; ruminano qualcosa, roteando ritmicamente l’apparato buccale, in sincrono, come due scimmie caricate da un giocattolaio diabolico. Più avanti, sulle strisce pedonali, un’altra asiatica passa di corsa, blaterando in un cellulare a perpendicolo rispetto all’asse facciale. Brutta, bassa, storta: eppure vitale; non pare avere soverchi problemi: il suo ruolo nella società è ben definito, la nevrosi non ne lambisce il cuore; ella può guardare il futuro con sguardo limpido e privo di retropensieri. Come noi, qualche decennio addietro. Lungo il marciapiede, intanto, un africano spazza lentamente e metodicamente un tratto d’asfalto; qualche monetina in un sottovaso da giardino ne remunerano l’attività surrogatoria delle istituzioni, tolleranti verso un abusivismo così ecumenico e paziente. L’edicola è chiusa, la Valentina di Crepax sulla saracinesca irriconoscibile per le scrostature; il bar a mezzo servizio, la chiesa sbarrata, l’alimentari forse defunto. Nel deserto, con l’asfalto reso molle dalla calura, s’aggirano alcuni revenants: un mendicante, un trippone barbuto che reca un metro quadro di pizza unta, due anziani storti e dagli occhi cisposi e diffidenti, un andino dal volto totemico. L’Italia migliora, evidentemente: come facciamo a non accorgercene?

23 luglio 2021

San Carlo Giuliani

 

Unreal City, 23 luglio 2021

In questi giorni si celebra la morte, il sacrificio, l’assassinio, di Carlo Giuliani. Giuliani, a sentire le campane, protestava contro la globalizzazione. A Genova, infatti, sfilavano i No-global. C’è chi è d’accordo, chi non è d’accordo; piccole zuffe digitali si accendono, a distanza di vent’anni, nei pollai sociali della nazione. Un fatto di cronaca nera, nemmeno eclatante, ancora brilla di luce propria, agli occhi di tanti: dissenzienti, nostalgici, destrorsi, sinistrati.
E perché?
Siamo un’epoca ormai catalettica, amorfa, spenta. Quel colpo di pistola risuona, quindi, nella interminata vastità dei nostri cuori cavi, incapaci di pompare il sangue della passione, come l’ultimo colpo di artiglieria mai sparato. Riconosco agli anni del terrorismo, ma anche a quelli delle stragi di Stato e della Guerra Fredda, una inarrivabile altezza di sentimenti. Errori e crudeltà inutili erano dettati da una volontà di sopraffazione, segno indiscusso di vitalità. Negli ultimi quarant’anni invece? Nulla. Solo qualche omicidio politico mirato, a ricordare chi comanda, scosse la putredine delle mozioni dell’animo. La morte di Giuliani, quindi, il corpo esanime a terra, il sangue, il carabiniere, la camionetta; i pestaggi susseguenti; tutto ha risvegliato in noi un mondo perduto e, oggi, inattingibile. Ci siamo attaccati a questa morte come assetati nel deserto: finalmente la vita! Il sangue! L’orrore, la paura! Il pericolo, la minaccia! La guerra! L’uomo è violenza, cioè vita, eppure nega a sé stesso la violenza e, quindi, la vita. Reprimere la propria essenza lo porta a costruire sopra questi episodi un mito fondativo: la sinistra, ma anche la destra che lo rinnega! D’altra parte, riflettiamo: in tutto ciò che si scrive come si etichetta l’interlocutore? O col termine comunista o col termine fascista o nazista et cetera. Ciò cosa dice, segretamente? Che il senso pieno della vita risiedeva nella violenza, nella disputa, nel confronto duro delle opinioni. Oggi, rammolliti in una pappa uniforme, esitanti (perché scientificamente impauriti dal Potere: è un Programma ben preciso) persino nel dare del trippone a un trippone, o del frocio a un frocio, o della racchia a un manico di scopa con le verruche, al massimo ci sfoghiamo a parole, anzi a fonemi digitali: e dove attacchiamo questi ansimi di violenza onde donargli una qualche credibilità vitalistica? A ciò che ricordiamo: il comunismo, il razzismo, il fascismo, il nazismo. Fra una o due generazioni non avremo nemmeno questi ricordi. I dialoghi nemmeno fioriranno più. Perché dialogare se tutto nasce e muore in una palude mefitica? Dove l’orgoglio, la lealtà, la forza delle idee senza un confronto con l’Altro? Il sangue di Carlo Giuliani riesce ancora a vivificare i nostri motteggi inconcludenti. Il suo corpo possiede il labile lucore d’una reliquia salvifica.

04 luglio 2021

Ode a Pierre Littbarski

Unreal City, 4 luglio 2021

Guardo alcuni spezzoni dei sedicenti Europei di calcio con un misto di noia e ineluttabilità. Un tempo questi appuntamenti, lungamente anelati per quattro anni, mobilitavano i precordi popolari dei milioni: ora son giochini a margine dell’immaginario, quasi inessenziali.

I mass media, dal canto loro, legati a filo doppio a tali esibizioni sempre più anonime, son costretti a pompare nelle stanchissime arterie dell’emozionalità italiana ogni sorta di eccitante: magniloquenze, iperboli, patriottismi ipocriti – facendoli recitare da guitti che tengono la scena da decenni e che, a ben vedere, nel vivere quotidiano sono i più cinici detrattori dell’Italia e i primi menefreghisti delle progressive sorti del Paese. Parassiti, amebe, tenie.

La comparsa della Madonna di Fatima, Paola Ferrari in De Benedetti, internamente luminescente, non so in virtù di quale metabolismo televisivo, come il bicchiere di latte recato da Cary Grant ne Il sospetto, annuncia il Verbo dell’orgoglio nazionale, falso come una moneta da tre euro, in un tripudio di banalità spicciole, per cui alcuni giocatori di medio cabotaggio vengono elevati a guerrieri delle Termopili.
In realtà, lo si avverte a pelle, è una manfrina in cui i primi a non credere sono proprio i trombettieri; i loro epinici risultano assai interessati ché alle sorti del calcio vengono legate prebende e grassi posti di lavoro. Dagli statali della RAI, pagati con la bolletta della luce, sin al più infimo blogger che lucra disperato su tale nazionalismo stitico.

Le ciance girano a vuoto, si sprecano eufemismi, accrescitivi, esagerazioni, fanfaronate. Sugli schermi italiani questa giostrina risulta quasi dimessa; sulle piattaforme internazionali vibra di altra spettacolarità, ma non fatevi ingannare: è solo vernice d’oro sulla stessa patacca.

19 maggio 2021

Scarabocchi (liberarsi della democrazia)

Roberto Crippa, Spirali

Unreal City, 19 maggio 2021

Le mollezze del consumismo sono degenerate nella perversione dei diritti civili estremi. Ma ora il Potere decreta la fine del consumismo e il ritorno alle durezze del vivere.
Questo recherà nei prossimi decenni all'amara verità: quei diritti mai furono progresso, bensì mezzo per toglierci tutto.
E così avremo i sommersi e i salvati; e i Signori.
A guardare indietro, ammesso che ci sia ancora memoria di questi giorni infernali, spariti i negri, i migranti, i trans, gli eco-frindly, i vaccini e i matrimoni gay dalle premure del vivere quotidiano, i negri i migranti i trans, gli eco-friendly, i vaccinati e gli sposini gay occuperanno le 24 ore giornaliere, assieme alla residuale popolazione italiana, a procurarsi le barrette energetiche e il rinnovo delle credenziali per l’olovisore, guardandosi di sbieco gli uni con gli altri.
Dimenticati i sacri furori del politicamente corretto, le ex minoranze calpestate ed eroicizzate si ritroveranno a far comunella con gli odiati Norm alla ricerca spasmodica di torroncini eco-proteici ad alto valore nutritivo e dei crediti per il panopticon iperconnesso: null’altro. Ottenuta quella bengodi, il frettoloso rinculare nei cubicoli puzzolenti e freddi, sotto uniformi cieli di piombo: lì attendono, infatti, le dolcissime spire del letargo mensile.

Ricomincia, stanchissimo, il circo su Marine Le Pen.
I Le Pen hanno accentrato e disattivato le potenziali forze reazionarie per decenni. E ora, dopo la disillusione, si cade ancora nel trabocchetto. Non vedete che è un inganno? Rimarrà un inganno persino quando la Signora, normalizzata fino alla stasi, vincerà: il suo incarico, in quel frangente, sarà di mantenere le conquiste PolCor simulando un’intensa attività controrivoluzionaria: alla fine della fiera del tutto inesistente. Ma l’elettore occidentale è così. Il voto, quale unico mezzo per mutare le proprie sorti, gli è entrato nel sangue come il peggior virus e non esiste vaccino in grado di debellarlo. La considerazione che le migliori conquiste sociali siano state ottenute sul filo della violenza lo lascia indifferente.

Una buona definizione di Dio è in realtà un’intuizione che lascia presagire qualcosa di talmente immenso da sconcertare.
È mutuata da Jorge Luis Borges. L’ho già proposta.
Chi è Dio?
Supponiamo di essere in un preciso momento storico, individuato nel tempo, fra i miliardi di eventi che si sono succeduti nella meschina storia umana. Siamo nel 321 a.C. e i Sanniti Caudini hanno ristretto le legioni romane entro una gola nei pressi di Forculum. Impotenti, onde evitare un massacro, le legioni si arrendono senza combattere. Ogni romano, dal soldato al comandante, sfilerà seminudo e irriso sotto il giogo. Quanti testimoni ci sono di questa resa? Forse diecimila. Non solo Dio conosce immediatamente, senza elaborazioni razionali, queste diecimila testimonianze; Egli sa, immediatamente, il destino di questi diecimila, i loro pensieri reconditi o veri; e il cammino di ognuno, poi, cioè l’itinerario vertiginoso disegnato dai passi di ognuno di loro durante la vita che, combinato con quello di tutti gli altri 9999, forma un labirinto inestricabile, di stupefacente e ineffabile complessità: eppure anche tale groviglio spazio-temporale è presente nella Sua mente, vivido, netto, di luminosa evidenza. E così è per gli animali che erano nei pressi quella rovinosa disfatta, cervi, volpi, cinghiali. E per gli uccelli. I corvi. Le migliaia di corvi alle Forche Caudine, coi loro giri celestiali, intrecciati gli uni agli altri, durante la loro esistenza di corvo, tutte quelle traiettorie  e risalite ed esitazioni, sono un disegno di chiarissima e indubitabile realtà nella mente divina. Non una particola di ciò che è accaduto o di ciò che originarono i personaggi di quegli accadimenti è andata perduta: essa sta, da sempre e per sempre, pienamente concepibile, di accecante chiarezza e attuale comprensibilità.
Un trascurabile fatto in un trascurabile lasso di tempo in una porzione di universo talmente trascurabile da indulgere verso l’irrilevanza. E però è eterna, netta, come i volgimenti dei cieli più estremi e Le è stato riservato un proprio posto, nella Totalità.

La coppia narcissica Borghi-Bagnai è al lumicino.
Bagnai, applaudito dal miccame antieuropeista, ha messo su due occhioni da calamaro. Non ci risparmia, a volte, schizzi atrabiliari: il volto tradisce tuttavia l'interno scoramento. Egli ormai recita svogliatamente; solo l’incrollabile prosopopea ne sostiene le residue battute. Forse un po’ ci ha creduto? Chissà.
L'altro eroe, tale Borghi Aquilini, è fatto di una pasta più sarcastica e sprezzante.

01 maggio 2021

Come si conquista una nazione

 

Unreal City, 1° maggio 2021

Come mai tutti questi programmini free per distorcere, sfigurare, invertire, deformare?
Il digital morphing è il luogo della scimmia, che, imitando gli uomini, si rende ridicola. E il diavolo è la scimmia di Dio. Lo specchio digitale che imita la figura umana trasformandola in qualcosa d’altro, a piacere; un piacere inebriante, polimorfico, che ha il potere di sfaldare la personalità umana.
Pochi si rendono conto del miracolo costituito dall’uomo. Come, dal fango, letteralmente, si sia arrivati a desiderare le stelle. Quale fuoco celeste abbiamo attinto, noi fortunati, per arrivare a questo? Quanto si è dovuto lottare, contro mostri oscuri, per dire, finalmente: “Riposa, mio cuore, questo è bello”? Cosa vuol significare Faust, in fondo, se non la volontà di metter fine all’ansia metafisica e al pericolo di ripiombare nel brodo primordiale? L’uomo è sopravvissuto nella dimenticanza della propria origine. E ora lo si vuole far ripiombare in essa, nel brago fondo della dissoluzione. Stracciando lentamente in brani ciò che è: scomposizione di sé stessi, morphing fisico e psicologico: i vecchi ringiovaniscono, i giovani invecchiano, ci si trasforma in donne, uomini, bestie; le braccia sono di un altro, le gambe di un’altra. L’unità di mente e corpo è infranta in mille pezzi, il cubismo e il postmoderno reclamano la propria vittoria. L’essere umano è una cosa fra le cose, fungibile, intercambiabile; può digerire qualsiasi cosa, le nequizie e le umiliazioni più nere, l’etica e il dover essere arrivano a liofilizzarsi in uno scherzo demoniaco, da oranghi con la pipa.

Come si conquista una nazione?
Dall'interno.
Serve un'utopia secolare e degli uomini disposti a coltivare ferocemente altri uomini.
Anni Sessanta.
Il Grande Partito Italiano Sovietico osserva.
Centinaia, migliaia di giovani.
Maschi.
Ne sceglie, dopo attenta ponderazione, e ricognizioni cautelose, da servizio segreto, alcune decine.
Li coopta.
La fede è in loro continuamente rinsaldata, sino a un fanatismo freddo, impassibile.

17 aprile 2021

Avidə di violenza

"Vile, tu uccidi un uomo corto!", da Alvaro piuttosto corsaro, con Renato Rascel

Unreal City, 17 aprile 2021

Il compagno Silvano Agosti non dovrà più vendere il proprio storico cineclub "Azzurro Scipioni". Numerosi e insospettabili mecenati si son mossi in suo aiuto locupletandolo d’alcuni provvidenziali malloppi. Si parla di due multinazionali bancarie, addirittura, che, rovistando nei cassetti, hanno inavvertitamente rinvenuto alcuni sacchetti di sesterzi. La Sindaca di Roma e alcuni personaggi della galassia PolCor (li si riconosce poiché fan finta di scannarsi l’un l’altrə per poi sbaciucchiarsi vicendevolmente quando c’è una causa vicina al cuore) hanno officiato e favorito il rito della consustanziazione fra pugno chiuso e sonanti chèques. L'ex sventurato, Agosti Silvano, sorpreso - sino a poche settimane fa - a svendere le poltroncine del cinemino, quelle poltrone che sostennero nei decenni migliaia di deretani cinefili, e le loro silenti flatulenze in approvazione a Fassbinder e Bergman, risponde. E come risponde? Evidentemente con un sì. Colui che, con tono svagato, dietro l’occhialame settantino, ebbe a declamare il bleso verbo antifascista e antimperialista per appena mezzo secolo, dice sì.

Dracula, in forma di pipistrello, svolacchia al di là delle portafinestre della camera da letto. I colpi d’ala al vetro, quasi inudibili, ma insistiti, compongono una nenia precisa di richiamo. Fra le coltri Lucy si agita; in suo potere vi è ancora la parola: "No!" che potrebbe render tutto solo un incubo d'angoscia. E però una corrente lubrica le frizza nel ventre, il cuore si sdoppia; e lei risponde. E cosa risponde? Sì. E il vampiro ha libero accesso, al corpo e all'anima.

Riuscirò mai a far capire cos'è un “No”?
Lo ammetto, sono demoralizzato.
Un “No” è un “No”. C'è da ponderare tale complessa affermazione.
Il primo metafisico occidentale, del pari, ci donò un problema altrettanto gravido d’infinite conseguenze logiche: "L'Essere è, il Non Essere non è".

Sono problemi seminali.

11 aprile 2021

Lo sbocciare del fiore d'oro [racconto apologo di Nachtigall]


Racconto apologo di Nachtigall

"Usciamo a guardare le stelle" – disse Vera, alzandosi dal pavimento e lasciando cadere il rettangolo di stoffa di cotone che solo copriva le sue nudità. Si era stancata di parlare o forse non c’era nient’altro che si potesse o valesse la pena dire.

Per un istante mi ritrovai faccia a faccia con il suo sesso e mentre si allontanava ebbi l’impressione che il suo profumo mi avvolgesse. Seduto, come stordito, respiravo a pieni polmoni, in uno stato di assoluta beatitudine. Fu solo dopo quelli che mi parsero un paio di minuti che, ripresomi, mi alzai e, anche io nudo, la raggiunsi.

Il cielo di Fernando de Noronha, quella sera, era il più bel cielo che avessi mai visto. Mi immaginavo l’oceano sommergere l’isola ed io ad annegare, tranquillo, con l’immagine di quel cielo stampata in testa per l’eternità.

30 marzo 2021

Reset ‘666

Unreal City, 30 marzo 2021

1666. Al languire dell'estate, Londra brucia; per quattro giorni. La condotta delle autorità di governo appare contraddittoria, forse inficiata da interessi di parte. Il rogo è dapprima sottovalutato, poi contrastato mollemente, quindi addirittura assecondato, tanto che un tal Malcolm, lodatore di tanta decimazione, suppone che il comportamento tenuto sia doloso: onde spianare la città e riedificarla ex novo.
I tre quarti dell'antica Londinium, forse più, sono ridotti a cenere.
A fronte di un’ecpirosi senza precedenti, le vittime ammonteranno a poche decine, uno scherzetto trascurabile. Altre fonti parlano di qualche centinaio (anche se nessuno le pianse: per tale motivo non vanno nemmeno conteggiate).
Londra brucia. Avvampano, al pari di Notre-Dame, le cattedrali; e poi chiese, biblioteche e porte daziarie. Fioriscono, ovviamente, i complotti, a satollare il popolicchio. La causa? I tizzoni in un forno, i tetti di paglia, un untore fuor di senno ... chi può dirlo? Quasi subito ci si rende conto che i benefici superano gli svantaggi, così come i vaccinati sopravanzano, con una pernacchia sordiana, i cadaveri dei tromboici. Il rogo, infatti, distruggendo gran parte delle fognature, stermina i ratti apportatori della peste. La catastrofe diviene, perciò, benefica azzerando assieme Londra e la pandemia; s'avvia, festosa, l'Epoca della Ricostruzione. La città è reinventata su basi più efficienti quale metropoli igienico-illuminista (metropoli=città presa a modello) finalmente lontana dagli afrori medioevali e dall'aleggiante puzza d'umanità.
I Costruttori, per nulla intimiditi dall'entità della devastazione (12 milioni di sterline del tempo), procedono con attitudine burbanzosa.
La Londra di Guglielmo Scespir (m. 1616) non esiste più.
Si preparano, proprio in quegli anni, le spolette volanti e le innovazioni di Michael Cole, illuminista globulare.
I migranti interni, scacciati come cani in chiesa dalle campagne, forniranno la carne necessaria ai Burke and Hare massonici per depezzare le disponibili orde d'Oliver Twist.

Un antico conoscente m'invia un tweet di Barbara "Lameduck" Tampieri, una delle ultime sentinelle.
In esso è riportato un articolo del Daily Express: Teenager quits college to become self-employed chimney sweep.
Ti ricordi ... ti ricordi ... ti ricordi ..?, mi fa. Ti ricordi The chimney sweeper? ... frigna ulteriormente il mio interlocutore digitale, già Italiano, oggi pensionato; esule ad Alessio, serena città illirica ove trovò la morte uno degli ultimi europei, Giorgio Castriota Scanderbeg, terrore degli Ottomani.
Sì, ricordo.
La poesia di William Blake, The chimney sleeper da Songs of innocence:

When my mother died I was very young,
and my Father sold me while yet my tongue
could scarcely cry ‘weep! weep! weep! weep!’
so your chimneys I sweep, & in soot I sleep
.

I bambini inglesi, reclutati dalla strada e rapiti dai brefotrofi, sono utilizzati come strumenti per la pulizia delle canne fumarie, ristrette per le norme di sicurezza post 1666.
Ossa spezzate, polmoni consunti, abusi. Il socialismo comincia a rampollare dall'Inghilterra moderna grazie anche alla stilla poetica di Blake, all'insaputa di William Blake, cultore, poi deluso, di rivoluzioni a lui contemporanee.
Fra i protestanti crucchi dilagherà il più severo e anempatico Marx in una frattura epocale che si ripropose, a scorno dei socialisti novecenteschi, nella diatriba fra il nazionalista inglese Mazzini e il Carletto comunardo-globalista.
Weep weep weep weep, piangevano gli spazzacamini: fateci studiare, mangiare, riposare in un letto! Oppure lasciateci, nudi e bianchi, montare su una nuvola per giocare col vento assieme a un angelo!
Il progresso progredisce, compagni? Diciamo che gira in tondo, avanzando rapido verso l'autodistruzione: un moto spiraliforme che ripropone reset, carnefici e vittime; la novità è che queste ultime si scoprono il petto da sole.

17 marzo 2021

Dr. Knock o Il trionfo della medicina

Unreal City, 17 marzo 2021

Da Wikipedia: “Nello sperduto paesino di Saint-Maurice il dottor Parpalaid, medico condotto del villaggio … offre il suo posto a un dottore poco più che quarantenne, tale Knock. Durante il colloquio tra i due, Knock si informa sulla tipologia dei pazienti di Parpalaid e scopre … che a Saint-Maurice la maggior parte delle persone gode di ottima salute. Appena arrivato al paese fa così annunciare che si rende disponibile per consultazioni gratuite il lunedì. Consultazioni che si rivelano essere ben presto fruttuose: Knock è abilissimo nell'insinuare nel suo interlocutore l'idea di essere in realtà ammalato e di aver bisogno del suo aiuto. Riesce a instaurare per tutti una terapia di lungo corso, facendo affari col farmacista del paese Mousquet e trasformando il municipio in una clinica. I malati vengono anche dalle contrade vicine, nonostante le cifre che Knock è arrivato a chiedere. Parpalaid, venuto a sapere dei movimenti di pecunia a Saint-Maurice, torna da Knock tre mesi dopo, tentando di riottenere il suo vecchio posto, ma la forza oratoria di Knock convince lo stesso Parpalaid di essere ammalato, ottenendo di farsi curare”.
L’operina teatrale di Jules Romains, del 1923, ebbe numerose trasposizioni cinematografiche. La più nota è quella del 1951, con Louis Jouvet, regia di Guy Lefranc.
Mi sorprendo a pensare: il mondo cambia vorticosamente, ma il valore assoluto nei rapporti di potere è sempre il medesimo. La paura nel villaggio, il medicine man, il totem, l’amuleto: cambiato qualcosa? Forse sì: prima “l’uomo della medicina”, una volta assicurata la propria bistecca, svolgeva una funzione sociale, a preservare la comunità; oggi vuole andarsene ai Caraibi coi soldi dei micchi.
 
Come volevasi dimostrare: la perdita del senso logico degli Italiani (e degli Europei) ha prodotto almeno due generazioni di cretini 2.0. La disfatta cui stiamo assistendo in questo ultimo anno trova la propria radice occulta nella lenta sparizione della scuola e del mondo popolare, quello più conservatore, capace di trattenere in sé buon senso e il disincanto della per-fidia (nel senso che, rispetto al potere, il popolicchio chinava la testa, vinto, ma rimaneva assai restio a con-vincersi, tanto da elaborare una strategia sotterranea di resistenza e boicottaggio: anche questa è cultura). Al nesso di causa-effetto e all’evidenza, fondamentali nel principiare qualsiasi costruzione filosofica umana e solare, non viene più riconosciuta una stringente coercizione. Si naviga a caso, senza meta e rotta, affidando il destino di sé stessi, dei propri cari e del Paese a ciarlatani d’ignobile estrazione. La conoscenza, intesa quale capacità di ordinare sensatamente presente e futuro, è stata delittuosamente frantumata in una serie di attimi sconnessi fra loro. L’Italiano vive in un mondo che sembra partorito da un folle empirista inglese per cui il subitaneo deperimento e la morte seguita a un vaccino non ha la minima correlazione col vaccino stesso. Citandomi: “Il cretino 2.0 ha finalmente abolito il nesso di causalità. Se vede il fumo non inferisce il fuoco, a meno che glielo annunci il telegiornale o un conoscente cretin-autorevole. Per lui una colonna di fumo può arrivare a significare tutto tranne l'incendio. Di solito quando il cretino 2.0 si ritrova coi piedi bruciati, dà la colpa al destino cinico e baro”.
 
In un altro post posi a metafora di questo disastro, forse immedicabile, "la persistenza della visione". Se osservo un cavallo in movimento, a esempio, l'attimo appena trascorso “persiste” nella retina anche quando non è più fisicamente attuale; e quest'ultimo viene agganciato all’attimo ora presente, e così via, tanto da costituire un film progressivo, dotato di intrinseca continuità. Ne consegue una logica nell’osservazione del cavallo davanti a noi; in tal caso posso dire: ecco un cavallo al galoppo! Ma se tale fenomeno di persistenza non si verificasse? Avremmo una serie di frante immagini, sconnesse fra loro. Quel cavallo si squadernerebbe in migliaia di cavalli, tutti diversi tra loro; scambierei il grande Ribot che avanza verso la vittoria in un gran premio ippico per una disordinata mandria di animali in fuga. E ciò vale per un atto banale della vita quotidiano. Riflettiamo, invece, su una più vasta scala: cosa accadrebbe se la persistenza della visione mancasse nell’elaborazione storica di ciò che siamo stati? Se, insomma, la successione degli eventi storici fosse sminuzzata in una serie di fatterelli senza una logica interna ed evidente? 

06 marzo 2021

I simulacri


Unreal City, 6 marzo 2021

Un qualunque artificio, un gesto, una consuetudine, un suono, una parola.
Quanti secoli o millenni sono occorsi per tramandarlo sin a noi?
Eppure, oggi, son bastati pochi decenni per ridurla in cenere.
Un Essere neutro e meschino è qui, dorme accanto ai bambini, passeggia col viso benevolo, incontro agli anziani, accarezza il ventre delle puerpere, si esibisce da palchi correttissimi; amico del cane, della foca, degli alberi, degli Ultimi; la Sua bilancia, apparentemente equa, dona al povero e al malato, allo storpio e alla puttana
Egli sorride, a ognuno.
Basta osservarlo, però, con più attenzione, magari in un attimo in cui rilascia inavvertito i lineamenti, per scoprire le gengive fameliche e uno sguardo esulcerato dalla follia.
Egli non è la Morte, poiché la Morte è benigna, Sorella Morte.
Questa Moira onnipotente, invece, viene, forse a ritroso, dalla fine dei tempi; osserva distaccato, da paesaggi remoti e desolati; il fiato diaccio, la fronte bianca, da lebbroso, la cavità del naso bendata da un brandello di sudario. Ma nessuno si accorge dell’inganno. Egli sfiora, continuamente, ognuno di noi, con le dita distorte: noi e gli oggetti più consueti, i volti, le prospettive, ciò che fu sempre consustanziale all’umanità e per essa vitale, tramutandolo in Qualcosa d’Altro, indistinguibile dall’originale, ma vuoto, freddo, inetto e destinato alla distruzione.  Il contagio dilaga, quotidianamente; ciò che si credeva sacro è dissacrato, il falso convive con il vero sino all’estinzione del vero.

Il vero e il falso, alla massima potenza, sfiorano gli occhi di tutti; chi, tuttavia, si accorge di tale lebbra che rende insensibili e vuoti? Il falso, continuamente alimentato, dilaga; il vero, come un bimbo non amato, si rassegna, deperisce a vista d’occhio, dilegua. Un paesaggio che Egli osserva muta improvvisamente; pare lo stesso di prima, ma non è così. Del pari un saluto, un albero, un moncone di muro, una strada. Nulla sembra cambiare eppure tutto è cambiato. Si avverte un disagio: cosa sta accadendo? The time is out of joint. La falsificazione, inavvertita, comincia a scavare metalli, carne, legni, pietre. Anche noi diveniamo falsi, lentamente, l’epidemia avanza incontrastata, un torpore invincibile inaridisce un braccio, risale le arterie, reifica il cuore, paralizza la coscienza naturale.
Eppure nulla sembra cambiato: ma tutto è cambiato.

Legge di Siegel. Il digitale, la paccottiglia dell’umano, la parodia della storia, invade ogni pertugio, deborda dai cessi, dai visori, dalle università, dagli empori, dalle lingue; nella notte, inavvertito, uccide ciò che ritiene la propria copia, vi si sostituisce, come uno psicopatico. Replica sé stesso, come un tumore fulmineo, sino a guardare, come in uno specchio allucinato, miriadi di sé stesso. Prima o poi, ragiona, dominerò il mondo. Ma non c’è gioia in ciò che dice, solo ansia di distruzione. Di bocca in bocca, di lingua in lingua, egli conquista le anime.
I suoi proseliti passano le giornate seduti, con la testa vuota, compiendo atti risaputi e minimi, insulsi, un sorriso sardonico e disperato stampato diuturnamente sul volto. Si proclamano giusti, ma si rendono conto d’essere solo i Golem d’un carnefice: vorrebbero quindi urlare, fare qualcosa, ma non sanno più farlo. E allora si inginocchiano al loro despota.
Egli sta.
Egli è il vincitore.

01 marzo 2021

Leucociti ed emoglobina [Il Poliscriba]

"... gente, ch'i' non averei creduto/che morte tanta n'avesse disfatta"
 
Il Poliscriba
 
In una società chiusa nella quale tutti sono colpevoli, l’unico vero crimine è farsi prendere. In un mondo di ladri l’unico peccato mortale è la stupidità.

 Hunter S. Thompson (1937-2005)

Vampiri, licantropi, zombie: questi tragicomici personaggi godono di un successo inattaccabile, semplicemente perché l’umanità è fobica, teme sopra ogni cosa il cannibalismo fisico, ma si ciba, da svariati millenni, di sé stessa.

In maniera del tutto inconsapevole, gli esseri che circolano indisturbati nella più grande favela dell’universo conosciuto, si nutrono di carne umana, bevono sangue, il midollo della vita e, malgrado questo appetito insaziabile, sono scheletri in movimento, morti viventi che ridono, cianciano, piangono e hanno il coraggio, quello sì, buffo, di credersi umani, dotati di acume, bontà, furbizia, abnegazione, stolidità, sfumature sentimentali che coprono tutti i cromatismi della pompa cardiaca che il demone della creazione ha incastrato nei loro toraci.

Questi esseri inariditi da un ego smisurato, questi feti infantili passati dalle tette di madri nervose a quelle delle idiote lusinghe del sistema-mondo, sono facilmente riconoscibili.

Gli amorfi uomini mai cresciuti, le indolenti donne mai svezzate, popolano luoghi assurti a paradisi fantastici, cunei di felicità psicotica infilzati tra le fobie sociali.

Sono mammiferi che godono di espedienti suicidi che si creano nelle cucine, nei garage, in laboratori nascosti negli angoli più improbabili delle infette pieghe domestiche, tra i massacrati obitori di mattoni, un tempo abitazioni. Sono molluschi, tetrapodi strafatti, sdraiati su sterminati tappeti di cocci, vetri spezzati e materie plastiche meno sintetiche dei loro spiriti famelici di un eden anfetaminico.

Sono consumatori di onde psichiche, suoni digitali, vibrazioni sottocutanee, infra-scapolari e si scambiano tra loro - all’interno di una popolazione che cresce a dismisura in tutto il globo terracqueo - una conoscenza quasi mistica, da maestri a discepoli, di mano in mano, di vena in vena, di narice in narice, di stomaco in stomaco: l’essenza dello sballo, il fiume sotterraneo, l’ingordo pasto nudo di anime intossicate da una civiltà insopportabile e dalla paura.

17 febbraio 2021

Diario di un pazzo (De excrementis)


Unreal City, 17 febbraio 2021

La merda ci repelle.
È un dato di fatto.
Eppure un istinto primordiale quanto invincibile ci costringe a controllare fuggevolmente ciò che si è appena depositato nella coppa del cesso.
Ognuno di noi tende, volente o nolente, a farsi aruspice della propria merda.
Quale sostanza già consustanziale al nostro corpo, essa, infatti, potrebbe recare indizî sulla nostra salute.
Per la medesima causa si cercano sui media, pur nel disgusto, più o meno conscio, notizie e novità sul governo, sui ministri, sui partiti; e sulle previsioni degli atti di questo o di quel governo, di questo o quel ministro o partito.

Regole basilari per migliorare l'intelligenza del reale:

- Se li vedi in televisione sono traditori.
- Se chiedono il voto impostori.
- Se affermano giallo forse è verde, forse rosso, forse azzurro. Ma non giallo.

Vi pare difficile?
Lo diventa, tuttavia, poiché ognuno di noi risente di tare derivategli da scene primarie ideologiche; difficile liberarcene: il pericolo rosso, la minaccia nera, l'orda gialla, Stalin, Mussolini, Hitler, Lenin, San Simonino, il Rabbino coi pidocchi, il Ragno plutomassonico, I ragazzi venuti dal Brasile. Suggestioni otto-novecentesche, assai tarde, che impediscono il volo d'aquila. Tali sbiadite icone, esacerbate dalla nostalgia, sono talmente resistenti da ricattarci psicologicamente: di qui la coazione a ri-entrare nelle cabine elettorali o a illudersi sanguinosamente che saltimbanchi in affari come Meloni o Zingaretti siano latori di un messaggio, di un ideale, di una speranza.

Roberto Speranza fra pochissimo non conterà più nulla.

07 febbraio 2021

Tutti insieme appassionatamente

Brian Yuzna, Society

Unreal City, 7 febbraio 2021

In fila per pagare un caffè, una tizia, con cappello e bavaglio da bandido messicano, intima ai circonvicini, sorta di cagnoloni tra il rassegnato e lo scocciato, le debite distanze da Covid19. “Amigo, stammi a un palmo!”, sembra dirmi, allargando le braccia. Poi, alla cassa, ordina cinque gratta-e-vinci; si apparta in un angolo, su di un tavolinetto squallido, a furiosamente raspare le residue speranze a lei concesse.

Riassunto della democrazia in Italia:
- 1946. Referendum aggiustato con aiuti esterni.
- 1948-1989. Si vota, col proporzionale, chi più ci aggrada poiché ognuno sa chi saranno i vincitori e i vinti. Col tempo: consociativismo di massa. Qualche attentato punteggia questi anni formidabili; a ricordare chi comanda. La salma rattrappita di Aldo Moro nel 1978 prepara i decenni futuri.
- 1990-2011. Qualche attentato punteggia i primi anni della Seconda Repubblica (1992-1993): a ricordare chi comanda. Poiché ogni attore dell’arco costituzionale è ora coinvolto nel giuoco democratico (PCI e MSI, affamati come iene, son della mischia) occorre escogitarlo, tale giuoco democratico, di modo che alle ideologie, alle idee e all’intelligenza si sostituisca il tifo. All’uopo soccorre il maggioritario, lungamente preparato dalle concioni dei Radicali, autentico partito-tornasole della ormai ex Repubblica. Grazie a una figura di quarto piano, Mariotto Segni, la vitalità dei precedenti decenni si coagula progressivamente in due approssimative palle stercorarie che gli scarabei elettori si rimpallano con fare esagitato vociferando sciocchezze su anticomunismo e antifascismo. Materiale estensore del dispositivo che regola il nuovo superenalotto democratico è un’ulteriore statuina di mediocrissima rilevanza: Sergio Mattarella, ricompensato lautamente nei decenni a venire per tali servigi.
- 2012-2020. Il tifo più non basta a legittimare il giuoco. Si creano, perciò, attori alternativi: di forte connotazione antisistemica. La parabola della Lega e dei 5S, cui si regalerà persino un governo pur di simulare la piena democrazia, sono lì a testimoniare la coerenza dell’inganno. Peccato che l’elettore mai lo avverta, questo inganno: egli, infatti, vive la disillusione con sentimento grossolano, addebitandola sempre alla causa sbagliata.
- 2021-2030. Progressiva e indolore sostituzione della democrazia con per-suasivi like.

02 febbraio 2021

La ballata dell'abusivo


Unreal City, 2 febbraio 2021

Espropriarci delle nostre cose è facile.
Tanto facile che non le si riconosce nemmeno.
Ciò che prima, non molto tempo prima, appariva scontato - ora non lo è più.
La casa, le proprietà di famiglia, la mattonella su cui s'appoggia il piede la mattina, il lavabo, la porta, le scale, le strade, l'automobile, l'aria: tutto questo viene revocato in dubbio.
Il Potere insinua: perché dovrebbe essere vostro?
E lo stesso sentimento lo suscita a riguardo del passato e di ciò che, volenti o nolenti, ci apparteneva: monumenti, prati, basiliche, città, ruscelli e colline. Perché - ragiona il Potere - ciò dovrebbe esser vostro?
La libertà, infine, la serenità, il lavoro, l'equità di fronte alla legge, perché mai dovreste goderne? Chi l'ha sancito mai, ci diranno. Quale mondo era - questo mondo che ricordate? Esisteva davvero? Perché - ci diranno - questo mondo nemmeno esisteva, tanto che lo rammentano in pochi, così pochi che si ha il sospetto che siano pazzi. Così ci diranno.
E le moltitudini assentiranno, come fanno oggi, poiché i più sono ormai abituati a un'esistenza da trogolo digitale, da allevamento seriale; e la sola rivendicazione di un'Italia solare e piena di vita, ricca di intelligenza, aspra e gioiosa assieme, li getta nella disperazione.
E via via diverremo abusivi in casa nostra. Ci sfratteranno da ciò che abbiamo costruito, riducendoci nelle riserve, o alla macchia, ammesso che si sia abbastanza forti da riuscire a resistere - alla macchia.
Nella mirabolante società aperta, decantata dai truffatori filosofici di ogni tempo, non si sono mai visti tanti muri.
Non ci è permesso quasi più nulla. Ogni cosa è coperta da un velo, riservata agli specialisti o agli addetti ai lavori oppure semplicemente preclusa: non si sa perché.
Nella società aperta, di cui si favoleggiava nei circoli più ottusi, l'amore è impossibile, poiché liofilizzato, alienato, pervertito, sostituito da simulacri che lo negano.
Nella straordinaria società aperta, per cui sono state bandite crociate e rivoluzioni sanguinosissime, nessuna cosa è trasparente, ma tutto è mediato dalla falsità, dai labirinti di specchi, dall'inganno.
Nella società aperta, un edificio di cristallo purissimo, non riusciamo a scorgere nulla, a comunicare con nessuno, a rivendicare il pur minimo diritto. Perché la società aperta è il castello incantato di Alcina dove una maga deforme vien presa quale ricettacolo d'ogni bellezza e il diritto, purtroppo, è sempre rovescio.
In questo mondo artificiale, innaturale, amorale e anomico, in cui i battiti del polso e del cuore sono azzerati, nemmeno il nostro corpo e il nostro pensiero ci appartengono. Ed è giusto, logico: dubitare persino di questo - del corpo e del pensiero - indurrà infatti tutti noi a chiederci: siamo? Esistiamo come esseri umani? Non saremo forse di troppo? Non sarà giusto cedere il passo?

Ci si trascina in città irreali, popolate da larve, ove il più pallido sentimento naturale del senso comune viene additato come crimine. In cui si è già abusivi poiché nulla ci appartiene più.
Eppure la salvezza sembra a portata di mano.

Proprio oggi ho assistito a un funerale cristiano. In una chiesa cristiana. La comunità filippina. O indiana. L'altoparlante esterno rimandava una litania d'estenuante ipnotismo. Nella chiesa una cinquantina di convenuti. La bara in legno scuro, di foggia essenziale. Il sacerdote e tre suoi officianti voltavano le spalle ai fedeli, continuando a salmodiare verso il crocifisso posto nell'abside - un'imitazione di gusto duecentesco. Ogni tanto la trenodia veniva intarsiata dai fedeli e dai congiunti, guidati da una sicura voce femminile. Dieci minuti. Quindici. Poi la comunione. Una cerimonia modesta, in una chiesa in cui le messe mi hanno sempre annoiato a morte. Eppure, qui, al volgere della sera, nonostante gli arredi a me noti, di avvilente normalità postconciliare, è sembrato compiersi un miracolo. Chi pregava, pregava davvero Dio. Ognuno era rivolto a lui. Né chitarre, né organetti, né bonomie; niente Amin da aiutare, né gruppi di ascolto, né pacchi per bisognosi, né raccolte alimentari; è bastato eliminare quel goffo bofonchiamento tra estranei cui si sono ridotte le messe attuali (con il Cristo ridotto a guardone, lì nell'angolo, un po' dimenticato) per ritrovare, pure in quell'ambiente da supermarket, lo scheletro polito e intatto dei meccanismi della fede.
In quegli attimi si è colti da una rivelazione: si prova la vertigine di sapere, immediatamente, inconfutabilmente, che il nostro posto nel mondo non può essere scalzato da nessuno. E nessuno deve osare farlo poiché, in nome di tale intuizione metafisica, si è ostinatamente disposti al sacrificio di sé.

Pubblico questi brevi e inutili pensieri durante la semifinale di andata di Coppa Italia: Inter-Juventus.