13 giugno 2019

La religione del debito [Il Fu Rabal]


Il Fu Rabal

Commento al libro di Michael Hudson: “… And forgive their debts

Mentre cadeva, allungò la mano al bastone.
Il capo tribù sentenziò: ‘ È proprio bravo, di quanta terra è diventato padrone!’
La mano di Pahom ricadde vuota al suolo. Il servo corse a rialzarlo e allora vide che dalla sua bocca usciva un rivolo di sangue. Pahom era morto.
I Baschiri fecero schioccare e loro lingue in segno di compassione.
Il servo prese la pala e scavò una fossa lunga abbastanza per deporvi Pahom, e lì lo seppellì. Sei piedi dalla testa ai talloni, ecco tutto quello di cui aveva bisogno

L’epilogo di Di quanta terra ha bisogno un uomo?, racconto di Lev Tolstoj

Di quanta terra abbiamo bisogno? Quella che è toccata a Pahom ci potrebbe bastare… Pahon un piccolo allevatore, viene ingolosito dal demonio, e comincia a desiderare di possedere più terra. Più aumentano i suoi possedimenti, più il desiderio cresce. Viene a sapere da un “amico” che i Baschiri, un popolo nomade della Russia profonda, offrono, in cambio di 1000 rubli, tutta la terra che l’acquirente è in grado di circoscrivere in un giorno di cammino, dall’alba al tramonto. La terra che ottiene Pahon alla fine del suo giro è solo quella per il suo sepolcro.
Da dove viene il desiderio di Pahon? Per rispondere a questa domanda, credo sia necessario risalire alle origini storiche del concetto di proprietà e chiedersi: di quanta terra avevano bisogno i villani Mesopotamici dell’età del Bronzo? Be’, loro avevano bisogno di abbastanza terra da provvedere al loro mantenimento, pagare la loro quota al Tempio o al Palazzo (un terzo del raccolto) e consentirgli di prestare le dovute corvée militari, religiose e civili.
Ma cosa c’entrano i contadini di 5000 anni fa con noi? Sono parte di noi, come gli antichi Egizi, Greci, Romani, Germani, Celti …
I Sumeri hanno dato inizio alla Civiltà Occidentale, che ci piaccia o no, noi veniamo da lì, da quelle terre, allo stesso tempo aride e paludose, da quella sabbia e da quel fango trasformati in tavolette incise con la prima scrittura. Fu loro, la prima Hybris, la prima sfida consapevole alla Natura, ai suoi demoni e ai suoi genii.

07 giugno 2019

Figli di Noa


Roma, 7 giugno 2019

Son tutte belle le suicide dell’Occidente. La tecnica è la medesima. Quando una ragazza o una donna divengono “simboli” internazionali (personae, icone da propaganda) dobbiamo porci, da veri porci, di fronte all’ennesimo ballon d’essai, tale semplice domanda: “Questa ragazza, questa donna esiste o non esiste?”.
Altri busillis sono inutili. A dirla tutta anche tale interrogazione è, per me, assolutamente oziosa. Che esista o meno una parthenos bionda, in Olanda, che risponde al nome di Noa Pothoven è, infatti, inessenziale.
Ciò che residua nell’immaginario spirituale del mondo, nonostante le menzogne, le mezze verità, il ciarlare inconsulto: questo è, invece, essenziale.
E cosa residua? Questo: l’essere umano ha da essere libero, totalmente e senza restrizioni. Per affermarsi. Su chi? Su nessuno. Deve solo affermare la propria inconcussa libertà. Qualunque cosa resista a tale dispiegamento della libertà individuale è da censurare, sia esso uno Stato, un capo religioso, un blogger, un ente qualsivoglia latore di una morale, pur pallida.
L’essere umano del Novus Ordo è libero.

05 giugno 2019

A morte la matematica greca! Viva Mahmood! [Il Poliscriba]


Il Poliscriba

COME I MUSULMANI DISTORCONO LA NOSTRA STORIA GRECO-LATINA

Sherif El Sebaie nel 2004 scrisse, polemico e tronfio contro Oriana Fallaci: "Zero in storia alla Fallaci".
Estrapolo dall'articolo pubblicato qui:


questa affermazione che lui definisce storicamente esatta:
"La Trigonometria planare e sferica  fu un’invenzione araba. Idem per l’Algebra".
Peccato che nelle nostre scuole ci abbiano, e presto non ci insegneranno più, l'esatto contrario.
Infatti, l'invenzione della trigonometria si può associare, con un certa sicurezza, agli studi astronomici della scuola geometrica di Alessandria.
La città egiziana di Alessandria, che porta il nome di Alessandro Magno il Macedone, che la fondò nel III secolo a. C., fu la capitale del regno ellenistico dei Tolomei fino alla conquista romana.
La sua posizione centrale nel mondo mediterraneo dell'antichità, una politica culturale illuminata da parte dei governanti, che la dotarono di una biblioteca famosa per più di un millennio, una delle sette meraviglie del mondo, fecero di Alessandria il centro della matematica greca fin quasi alla conquista araba, e il ponte attraverso il quale la geometria classica è pervenuta, mediante la tradizione araba, fino all'età moderna.
Il fondatore della trigonometria è probabilmente Ipparco da Rodi (II sec. a. C.), che visse per lo più ad Alessandria, anche se prima di lui avevano trattato brevemente di geometria sferica, Eudosso di Cnido (c. 408-365 a. C.) ed Euclide di Alessandria (III sec. a. C.), meglio noto come l'autore degli Elementi.
Contributi fondamentali alla trigonometria sferica sono dovuti a Teodosio di Tripoli (I sec. a. C.) e Menelao di Alessandria (I-II sec. d. C.), ambedue autori di volumi noti col titolo di Sphaerica.
Ma la maggior parte di notizie sui metodi trigonometrici alessandrini ci vengono dal massimo astronomo dell'antichità: Tolomeo Claudio (II sec. d. C.), che con la sua opera dal titolo Composizione matematica, che poi venne mutato in Grande Composizione dai suoi ammiratori, per poi assumere definitivamente il nome arabo di Almagesto (una derivazione dal greco, che significa Il Massimo), pose le basi della teoria astronomica che dominò la scena scientifica fino al XVII secolo.


Ergo, la prima algebra che fu geometrica, fu quindi greca, ma ai musulmani non fa piacere ricordargli che si appropriarono di 2000 anni di cultura precedente sulla quale costruirono anche valenti studi, ma non assolutamente "originari", semmai "originali".

INFATTI

Le opere indiane furono in seguito tradotte ed ampliate dai matematici musulmani.
Gli astronomi arabi studiarono sistematicamente le funzioni circolari, e vi apportano importanti innovazioni e miglioramenti.
La trigonometria araba risente sia della trigonometria greca delle corde che delle tavole indiane del seno. (APPUNTO)
Nella sua trigonometria Al-Battani (850-929 d. C.) conosciuto come Albatenio presenta formule in cui si evidenzia la conoscenza delle funzioni seno e coseno. Ad Abu Nasr Mansua (900 d. C.) viene attribuito il teorema dei seni per la risoluzione dei triangoli qualunque.
Il matematico persiano Muammad ibn Musa al-Kuwarizmi compilò tavole dei seni e delle tangenti, e contribuì anche (non inventò) alla trigonometria sferica.

GRECI VS SEDICENTI PROFESSORI DI MATEMATICA MUSULMANI

Ci erudisce ancora con rinnovata foga sapienzale lo Sherif El Sebaie:
In realtà, i matematici arabi furono tantissimi (VERO) e il loro apporto fu considerevole (basta pensare a Al Ghazali, a Al Kindi, o a Ibn Qurrah), ma al-Khoarizmi è universalmente conosciuto come il fondatore dell’Algebra (FALSO)"
Questo scienziato, infatti, non solo studiò a fondo la numerazione indiana ma la sviluppò nell'intento di dare soluzioni analitiche alle equazioni lineari e quadratiche. Sviluppò inoltre in dettaglio le tavole trigonometriche contenenti le funzioni del seno e il calcolo dei due errori, che lo portò ad enunciare il concetto di differenziazione 700 anni prima della creazione del calcolo differenziale (FALSO)”.
Ciò che invece risulta storicamente attendibile è:
1)    Le prime tavole trigonometriche vengono attribuite a Ipparco di Nicea (180-125 a. C.) considerato il padre fondatore della scienza trigonometrica.
2)    Archimede fu il primo ad affrontare problemi geometrici applicando nozioni di meccanica e di statica, riuscendo addirittura a costruire un metodo che anticipava di ben 18 secoli il calcolo integrale (e quindi differenziale)
È significativo che il re dei matematici, Karl Friedrich Gauss, abbia ricevuto il testimone dell’analisi infinitesimale (differenziale) non da un suo contemporaneo, ma da un uomo vissuto ben diciotto secoli prima e giustamente considerato come il re della matematica antica.
Archimede (e non il persiano Al Khoarizmi).

29 maggio 2019

Per un paio d’anni siamo a posto


Roma, 29 maggio 2019

Un simulacro di felicità mi ha invaso nella notte fra domenica 26 maggio e lunedì 27 maggio 2019.
In poche ore mi son tolto di mezzo calcio ed elezioni.
Il campionato ha regalato gli ultimi verdetti; così cianciavano i media, a reti unificate. Verdetti in larga parte già conosciuti poiché predisposti con cura, ma la suspense va sempre evocata per i citrulli del video. Sino a fine luglio siamo a posto: gli isterismi lasciano il posto alla speranza del calciomercato, ai ballon d’essai ben studiati per far comprare il giornalino da spiaggia o far cliccare sul nuovissimo portale online: “Il Milan sulle tracce di Messi! Messi cerca casa a Milano! La Pulce si intrattiene con il dirigente amico del procuratore nipote dell’altro procuratore! Sembra fatta!”; poi si clicca e ci si accorge che Messi era in ristorante meneghino a causa di un disservizio sul volo internazionale Dubai-Barcellona. Ma il tifoso sogna e spera. La speranza è l’essenza della sopportazione in un mondo inagibile agli umani.
E, del pari, la politica ha rilasciato il verdetto principe grazie allo spoglio delle schede, agli scrutinii, al conteggio delle croci: in tal caso una bella parte di Italiani si è satollata di speranza. Appagata nella vittoria: la destra è satolla, il PD è satollo. Destra e sinistra, coloro che hanno distrutto l’Italia con i medesimi uomini che oggi vengono osannati, hanno tacitato col nepente della vendetta di carta i bollori rivoluzionari dei Bertoldo democratici.

27 maggio 2019

Votare liberamente con l’imposizione delle quote rosa [Il Poliscriba]


Il Poliscriba

Io credo fermamente nell’astensionismo estremo come liberazione finale dalla democrazia.
Per dirla con Hobbes - ma ci erano arrivati certi mistici, ancor prima, nel definire trappe, ordini e non democrazie - espressione politica che reca in sé i germi dell’autoreferenzialità individuale, del narcisismo infantile, dell’anarchia quale prodotto di scarto della dittatura bipartitica (centrosinistra, centrodestra), Leviatano che inghiotte il consumatore, l’elettore, che gli dovrebbe rendere vivibile l’invivibilità dell’essere uno, nessuno, centomila, alla ricerca di un pur misero palcoscenico dove esibire il diritto alla mediocrità totale e totalizzante.
Youtube e i suoi tiktok rendono bene l’idea.
Me ne fotto di destra e sinistra, di quote azzurre, rosa e razziali.
Se constato che la statistica non si è ancora allineata al suffragio universale e all’immissione forzata delle donne nell’agone politico, idea non originale, da rintracciarsi nelle polis greche, non vedo perché si debba imporre scelte per stabilire una parità di genere nel segreto dell’urna.
Da quando le signore e signorine si sono riversate nei palazzi del potere, qualcuno può afffermare senza ombra di dubbio che il mondo abbia cambiato direzione rispetto al suo rotolare impazzito e imperterrito nel buco nero della disgustosa stupidità assoluta e arrogante?

21 maggio 2019

Fratelli a un tempo stesso, Amore e Morte ...


Roma, 21 maggio 2019

Più si avvicinano le elezioni più ci si rifugia nell’afrore delle vecchie tane.
Privi di un empito morale alto e imparziale, e d’una riflessione risolutamente filosofica, quella che scruta, onnicomprensiva, dall’alto, sempre, tutti i fenomeni, estraendone un comune senso denominatore, un evidente nesso logico e metafisico, i controinformatori annusano stancamente le solite vecchie chiappe.
Ogni loro argomentazione, ogni diagramma, qualunque deduzione viene improvvisamente obliterata dal richiamo verso la boscaglia del conformismo. Un istinto ferino e ingannevole che li riporta all’origine della depravazione postmoderna: la democrazia liberale. Gilet gialli, secessione catalana, Trump, Donbass, Greta, centri sociali e Casapound, Marx e Junger, signoraggio e MMT, Houllebecq e Saviano residuano come vignette sbiadite; non significano più nulla questi avvenimenti a fronte del ciangottare tribunizio, dell’appartenenza da cani rognosi: ecco, allora, la dea ex machina, la matita copiativa. Comprendere che tale istinto - l’ansia della croce di Bertoldo - fu instillato sapientemente, nei decenni, proprio per formare ciò che loro son oggi, marionette da urna - comprendere tutto questo è impossibile. Impossibile elevarsi, dimenticare goffi rancori; la campanella suona e tutti accorrono alla lotteria.

19 maggio 2019

La distrazione dei distretti veneti [Il Poliscriba]


[Il Poliscriba]

La fisica insegna che la gravità, l’attrazione di due oggetti materiali, risponde alla legge di Newton la cui forza è proporzionale al prodotto delle due masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza.
Negli anni ’50 questa teoria è stata applicata allo studio dell’internazionalizzazione delle imprese, il cosiddetto commercio bilaterale tra due paesi; in particolare lo studio riguardava, negli USA, l’analisi anticipata di quelli che sarebbero dovuti essere i successivi rapporti economici con il Messico, primo vero esperimento di delocalizzazione massiccia di know-how tecnico-produttivo nella storia della globalizzazione contemporanea.
Perché Newton?
Perché si è scelto quali paesi, con quale massa di popolazione e distanza in chilometri dall’Italia erano i più indicati per l’allargamento a Est della Comunità Economica Europea negli anni ’80, qualche anno prima della fine della Terza Guerra Mondiale, popolarmente definita Guerra Fredda.
 


13 maggio 2019

Piccoli equivoci


Lubriano, 12 maggio 2019

Un conoscente della Tuscia mi accompagna per borghi e città.
Borghi e città apparentemente ordinati, ma che patiscono, impercettibili, un avanzato stato di disgregazione.
La metafora stringente è sempre quella.
Il mobile.
Il mobile di famiglia. Solido. Avito. Lucido per tante mani, eminente nella casa, nobile, dopo aver provveduto a tante generazioni. Uomini, donne, bambini costituivano l'amabile folla dei padroni e, nello stesso tempo, la ragione insondabile della sua stessa esistenza. Esso, infatti, serviva, e in tale gesto d'altruismo trovava la causa efficiente del proprio insistere nell'essere. Il mobile, infatti, era stato costruito dalle stesse mani dei padroni; intarsi e cerniere studiate con la calma di chi sa, da secoli, e non di chi apprende sbrigativamente; il materiale, poi, veniva da alberi dei dintorni, alberi che già costituivano, da tempi remoti, il paesaggio e lo sfondo naturale di ogni attore di tale simbiosi emotivamente inestricabile.
Un giorno le cose cambiano. Uomini e donne e bambini più non si rivolgono a esso quale compagno di vita. Senza che nulla trapeli alla vista, avanza, a passi inavvertiti, il demone della dimenticanza. Nessuno ripara una scheggiatura o un battente; vengono trascurate le lucidature; altri utensili o elettrodomestici usurpano funzioni ancestrali. 
Il mobile, come un bimbo non amato, si ammala.

09 maggio 2019

L’uso improprio di Pito Pito ... l’uso appropriato di Cicciolina [Il Poliscriba]


[Il Poliscriba]

La signora Staller non ha mai avuto nessun rapporto sessuale con cavalli o altri equini come per anni si è voluto far credere
Lorenzo Croce, nota gola profonda del porno all’italiana

Azz! … la liberazione sessuale.
Odio le statistiche sull’attività sessuale degli umani.
L’uomo è l’unico mammifero che conteggia i propri accoppiamenti, l’unica bestia che li suddivide in base agli orientamenti contro la sua stessa natura, santificando quelli più perversi, demonizzando quelli etologicamente normali che, contro la verginità e la castrazione morale, riempiono le culle e svuotano il paradiso.
L’uomo è un edema sulla crosta terrestre, un’eccezione animale che conosce la via della distorsione sensoriale, lastricandola di cattive intenzioni, cattivi pensieri, farneticando di uguaglianze laddove si ravvisano solo differenze, riscontrando omogeneità nel ricolmo fiorire di diversità biologiche, mentali, sociali, genetiche che definire razziali sarebbe uso corretto dell’intelletto e del sano osservare incontaminato da propaganda politica o scientifica.
Cicciolina si dimenava sui palchi e i maschi si masturbavano.


04 maggio 2019

Repetita iuvant (astenersi perditempo)


Castellaccio dei Monteroni, 4 maggio 2019

Cosa vantano in comune Emma Bonino e Michel Onfray?
Tutto.
Eppure sembrano militare su fronti opposti, inconciliabili.
Coincidentia oppositorum.
L’uno è divenuto, chissà perché, il cantore dei cosiddetti Gilets Jaunes, apparentemente sovranisti e nazionalisti, almeno nel loro corpus istintivo. Il Nostro, che si occupa di filosofia gaudente, parla un po’ qui e un po’ lì, di sotto e di sopra, ma, a ben guardare, se si possiedono bisturi taglienti e lenti d’ottima gradazione, egli si occupa solo d’un evento agognato: la dissoluzione dell’Occidente. Dissoluzione in cosa? In Qualcosa d’Altro.
L’altra Tizia o Pizia è, da quarant’anni almeno, una dichiarata nemica dell’Italia, cui mai ha tributato onori, ma esclusivamente disonori; europeista, cosmopolita, aperta a ogni refolo universalista, globalista, irenista in casa sua, massacratrice in casa d’altri; il suo unico scopo, ereditato dall’ormai Salmone Ottimo Massimo, Marco Pannella, è quello di dissolvere: Italia, Europa, Occidente; dissolverli in Qualcosa d’Altro.
Dissoluzione, infatti, è termine tecnico preciso (“dis-solvere”, da cui “dis-soluto”, “dis-soluzione” o “di-sciogliere”, disfare un tutto, frantumare un’unità, scompigliare ciò che è ordinato).
In realtà, la realtà sotto i vostri piedi, i vostri occhi e la vostra labile immaginazione, Michel Onfray ed Emma Bonino sono perfettamente consonanti.
La strategia funziona, ha sempre funzionato e sempre funzionerà, almeno contro le società deboli, confuse e prive di sentieri e cippi miliari a indicare la retta via.

28 aprile 2019

Cattivi pensieri


Roma, 29 aprile 2019

Le cose in Italia vanno male perché nessuno ha più voglia di lavorare” se ne esce un Tognazzi lutulento e reazionario (l’avvocato Marani!) in Cattivi pensieri.
Un film grezzo e scostante: una commedia nera, vera commedia all’italiana. La regia è dello stesso Tognazzi che qui si rivela nel suo doppio magistero di interprete e direttore d’orchestra. È nelle opere minori, così come nei dettagli, che si nasconde il diavolo, cioè la verità sul nostro destino di Italiani.
Dino Risi è maggiore di Bertolucci (di gran lunga), così come i cosiddetti registi a latere (Salce, Caprioli, Di Leo, Germi, Damiani) formano una costellazione artistica, oggi negletta, impossibile anche solo da imitare per i Sorrentino, i Guadagnino, i Garrone e gli attori di risulta con la tessera del PD (come dimostra la disastrosa cover sorrentiniana de La dolce vita, premiata, infatti, agli Oscar degli Yahoo).
Basta guardare La rimpatriata di Damiani, Io la conoscevo bene di Pietrangeli, L’uomo di paglia di Germi, Il giovedì o La spiaggia di Dino Risi, Splendori e miserie di Madame Royale di Caprioli (con un magnifico Tognazzi en travesti) oppure La cuccagna di Luciano Salce, con Luigi Tenco, per comprendere ch’essi, già in anni non sospetti, ci avevano donato i ferri del mestiere per aprire le porte dell’inferno.

24 aprile 2019

Non deleghiamo la nostra morte a nessuno [Il Poliscriba]


 [Il Poliscriba]

Un bel morir, tutta la vita onora
Francesco Petrarca

Come si moriva, quando il medico di campagna se ne andava e veniva per le cascine con capponi e tome sotto il braccio, mostrando il segno della riconoscenza più che dell’onorario?
Come si moriva, quando il prete e la processione dei paesani si apprestavano ad onorare in maniera semplice e contadina colui che se ne andava all’altro mondo, dopo aver faticosamente vissuto in questo?
Se non era la guerra a stenderti nel fango a vent’ anni, o la morte bianca nella culla a due, si crepava per lo più di lavoro, di ignoranza o di una malattia sconosciuta, nel proprio letto, con intorno i tanti figli, gli altrettanti nipoti, i fratelli, la moglie o il marito, il parroco, la famiglia e il paese, tutti radunati nella tua casa.
Poi qualcosa è cambiato, qualcosa che si chiama società, scienza medica, deontologia professionale, morale religiosa e sull’onda di costanti mutazioni giuridiche e del comune non senso della vita e della morte, ci siamo trovati, in tempi recenti, a svestire di quel manto misterioso la fine di un individuo.

19 aprile 2019

Italia est divisa in partes tres (la giugulare)


Roma, 19 aprile 2019

Auguro buona Pasqua e buone feste a tutti. Vale a dire: auguro che possiate staccare dall'andirivieni assordante per un paio di giorni.
Per tale motivo vi lascio col cuor leggero.

* * * * *

L’Italia si divide in tre parti: Patriziato, Plebe, Faticatori.
Il Patriziato è assolutamente improduttivo nel godimento dei massimi privilegi. Magistratura, politica, mondo prenditoriale, appaltatori sistemici, tifosi del disastro, papaveri militari, servizievoli segreti, giornalisti e ruffiani di varia natura, vescovi, migrantisti, gangli amministrativi e cancerosi dell’ex Stato Italiano.
La Plebe produce quel che può, relegata ai margini, senza alcun diritto. Campa di escamotage, piccola sussistenza, lavoretti manuali, terziario da sottomondo. La Plebe viene spesso aizzata (con successo) contro i Faticatori quando questi cercano di rialzare la testa. La Plebe si satolla di Champions League.
I Faticatori, in veloce estinzione, rappresentano, forse, secondo stime ottimistiche, il 25% degli Italiani; son quelli che producono reddito, capitale, lavoro; più genericamente, i figuri che pongono le basi perché il carrozzone vada avanti. I Faticatori pagano tasse e imposte e non ne ricevono alcun beneficio di ritorno. Sistematicamente negletti dallo Stato, vengono accusati dei peggiori crimini: fascismo, razzismo, evasione fiscale.
 


Il Patriziato è apparentemente variegato all’interno, ma vanta alcune regole auree che, in caso di necessità, ne formano uno spirito di corpo indiscusso:

15 aprile 2019

Un bimbo non amato


Roma, 5 aprile 1969

"Stanotte, nel dormiveglia, ho avuto una di quelle illuminazioni (che in psicologia si chiamano 'allucinazioni ipnagogiche') per cui poi generalmente scrivo dei versi: la traduco ora invece in prosa.
I monumenti, le cose antiche, fatte di pietra o legni o altre materie, le chiese, le torri, le facciate dei palazzi, tutto questo, reso antropomorfico e come divinizzato in una Figura unica e cosciente, si è accorto di non essere più amato, di sopravvivere. E allora ha deciso di uccidersi: un suicidio lento e senza clamore, ma inarrestabile. Ed ecco che tutto ciò che per secoli è sembrato 'perenne', e lo è stato in effetti fino a due-tre anni fa, di colpo comincia a sgretolarsi, contemporaneamente. Come cioè percorso da una comune volontà, da uno spirito. Venezia agonizza, i sassi di Matera sono pieni di topi e serpenti, e crollano, migliaia di casali (stupendi) in Lombardia, in Toscana, in Sicilia, stanno diventando dei ruderi: affreschi, che sembravano incorruttibili fino a qualche anno fa, cominciano a mostrare lesioni inguaribili. Le cose sono assolute e rigorose come i bambini e ciò che esse decidono è definitivo e irreversibile. Se un bambino sente che non è amato e desiderato - si sente 'in più' - incoscientemente decide di ammalarsi e morire: e ciò accade. Così stanno facendo le cose del passato, pietre, legni, colori. E io nel mio sogno l'ho visto chiaramente, come in una visione".

Pier Paolo Pasolini, "Tempo", nr. 14, 5 aprile 1969