tag:blogger.com,1999:blog-6547889183145235872024-03-28T00:53:09.289+01:00Il blog di AlcesteUn blog misantropoAlcestehttp://www.blogger.com/profile/04852044188872845420noreply@blogger.comBlogger429125tag:blogger.com,1999:blog-654788918314523587.post-49846111994857786002024-02-29T13:07:00.022+01:002024-02-29T13:53:49.460+01:00Trattori e spicci<div style="text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1800" data-original-width="2400" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgD8iQXVZ9u3dLi1ujvncvfsWJFY-RcMa3kdEOGbNMKnFPzgYIoukmGFxXFQ2XFhY0sn7_ugaN4tjngcn995DuWTvtkN3vST9Bi5e6xtKt-dbpk6kv207b5tsTq9GeLBch0sNHVWYhMOzaCN34rPq668i10E_9y_aANFT1MZ5oEuWP-6x7f_324Q7i09qW6/w640-h480/Dust_Bowl_-_Dallas,_South_Dakota_1936.jpg" width="640" /></div><p style="text-align: left;"><span style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><br /><span style="font-family: inherit;">Ro</span></span></span><span style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">ma, 28 febbraio 2024</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Diavolo d’una Giorgia. Preoccupatissima del voto in Sardegna (qui si vince un’altra volta!), ha urgentemente rimediato, con la velocità impressionante d’un Fregoli. Andata a scovare il più antipatico candidato del mazzo, fatto fuori quello che assicurava i migliori clientes, ha percorso ventre a terra li cattru mori come la cavaliera della sconfitta, fra boccacce, dichiarazioni a vanvera e selfie NATO, giusto per alienarsi il maggior numero possibile di voti. Eppure non bastava! Questi cretini si rifugiano nell’astensione, ma l’altra non la votano abbastanza! La politica contempla anche l'arte della ritirata, soprattutto quando si dovranno imporre patrimoniali e sangue di drago. Noi li aiuteremo, come sempre, ma la faccia la mettano gli altri! E allora, con cautela, giù passi falsi, divisioni interne, piagnistei e litigate, e la benedizione delle randellate ai liceali utili per il ludibrio h24. Alla fine, dopo un incredibile e sospetto stillicidio dalle sezioni, specchio d’una organizzazione che avrebbe fatto dimettere i ministri dell’Interno di nazioni più strutturate della nostra, dal Gabon alla Guinea Equatoriale, la sospirata débâcle. Salvini sostituito da qualche esponente più vaselineggiante (ha fatto il suo tempo, basta farse sovraniste in nero, ci vogliono leccapiedi in chiaro + IVA), governo in autosmantellamento controllato, l’isola direttamente nelle mani di Jen Stoltenberg-Heiberg. Le felicitazioni dell’israeliana Schlein alla compagna di mille giochi hanno chiuso (con ecumenica festa a sorpresa e scambio di cotillons) anche questa stagione di successo della filodrammatica elettorale.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span>Le elezioni sono l’indizio chiaro che si vive in una democrazia! Che ci distingue dalla dittatura! La “x” è garanzia di libertà!<br /></span><span>E bravo il mio coglione.<br /></span><span>Ma cos’è la democrazia? La nostra democrazia attuale, intendo, quella liberale, che dal cul rugge la trombetta della libertà. Ci si interroghi sul perché la democrazia ci ha progressivamente isolati e poi schiacciati in una globalizzazione ben peggiore di quella prefigurata da George Orwell e nell'opera del maestro suo, mai riconosciuto per tale, Evgenij Zamjatin. Alla domanda risponde uno dei pifferai più rispettati del pensiero liberale novecentesco, Norberto Bobbio. Afferma Bobbio ne <i>Il futuro della democrazia</i> (sarebbe bene leggere con accuratezza il pastone che propongo): “<i>La democrazia è nata da una concezione individualistica della società, cioè da quella concezione per cui, contrariamente alla concezione organica, dominante nell’età antica e nell’età di mezzo, secondo la quale il tutto è prima delle parti, la società, ogni forma di società, in specie la società politica, è un prodotto artificiale della volontà degl’individui. Alla formazione della concezione individualistica della società e dello stato e alla dissoluzione di quella organica, concorsero tre eventi che caratterizzano la filosofia sociale dell’età moderna: a) il contrattualismo del Sei e del Settecento, che parte dall’ipotesi che prima della società civile esiste lo stato di natura, in cui sovrani sono gli individui singoli liberi ed eguali, i quali si accordano tra loro per dar vita a un potere comune cui spetti la funzione di garantire la loro vita e la loro libertà (nonché la loro proprietà); b) la nascita dell’economia politica, vale a dire di un’analisi della società e dei rapporti sociali il cui soggetto è ancora una volta il singolo individuo, l’homo oeconomicus, e non il politikón zôon della tradizione, che non viene considerato per se stesso ma solo come membro di una comunità, l’individuo singolo che, secondo Adam Smith, ‘perseguendo il proprio interesse, spesso promuove quello della società in modo più efficace di quanto intenda realmente promuoverlo’ (del resto è nota l’interpretazione recente di Macpherson, secondo cui lo stato di natura di Hobbes e di Locke è una prefigurazione della società di mercato) c) la filosofia utilitaristica da Bentham a Mill, per cui l’unico criterio per fondare un’etica oggettivistica, e quindi di distinguere il bene dal male senza ricorrere a concetti vaghi come ‘natura’ e simili, è quello di partire dalla considerazione di stati essenzialmente individuali, come il piacere e il dolore, e di risolvere il problema tradizionale del bene comune nella somma dei beni individuali o, secondo la formula benthamiana, nella felicità del maggior numero</i>”.<br /></span></span><span style="font-size: x-large;"><span></span></span></p><a name='more'></a><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Bobbio cita anche la legge postrivoluzionaria di Le Chapelier (14 giugno 1791) intesa ad abolire “<i>le corporazioni</i><span>” e “</span><i>l'apprendistato</i><span>” introducendo “</span><i>un delitto di coalizione, penalmente perseguibile</i><span>”. Distrutte le corporazioni, le associazioni dei lavoratori, tutte le configurazioni intermedie che si frapponevano tra il l’uomo e lo Stato, la democrazia, per farsi compiuta, ha preso a colare direttamente sulla testa dell’individuo, ormai solo. Perché questa è la verità, la democrazia si fonda sull’uomo inerme e senza legami ovvero su un’astrazione truffaldina. Rousseau e <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2020/06/larcinemico-ci-guarda.html">Jeremy Bentham</a> convivono sotto il medesimo tetto postribolare tanto che le rivoluzioni di fine Settecento vantano persino dei generali in comune. Le colonie oltreatlantiche e il bonapartismo diffusero il morbo. La modernità nasce nell’apostasia, la postmodernità è il decorso micidiale di quel primo contagio. E ora siamo pienamente democratici? Macché, nel 2024 non basta ancora. Cambiamento è la parola d’ordine. Altre rivoluzioni, colorate o meno, la cui fonte sorgiva, però, è sempre la stessa. Si cambia, si cambia, non si può mai star fermi, c’è da passare un diserbante più tenace, per disseccare sin alle infime radici non solo il dissenso, ma la possibilità psicologica stessa del dissenso. I turiferari della democrazia hanno equivocato la famiglia per familismo, le corporazioni per lobbies, le confraternite religiose e militari per impacci. Ci è ingannati, calcolando male, calcolando sbagliato. La somma fiducia che un sistema democratico potesse ramificarsi virtuosamente, dall’alto, con equanimità, verso tutti i propri cittadini, senza incontrare ostacoli, si è rivelata, nell'era della tecnica, un incubo. Le vere oligarchie e le secolari lobbies hanno così potuto prendere pieno potere, e soggiogare con agio, democraticamente - un evento epocale di cui <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2017/05/piu-di-quarantanni-fa-il-destino.html">già prendeva atto Eugenio Cefis nel 1972</a>. Proprio l’assenza degli stati intermedi ha facilmente trasformato lo Stato in una schiacciante dittatura edulcorata dal permissivismo edonista e anarcoide. I katechon che potevano opporsi allo scatenamento del Potere, comprese la scuola e l’istruzione superiore, sono stati spazzati via, o comprati, o colonizzati. E ora? E ora ci si avvia al sommo dell’utopia democratica: <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2018/05/totalitarismo-casual.html">il totalitarismo casual</a>. Ma son tutti contenti. Vestirsi da drag queen è il nuovo sol dell’avvenire.</span></span></div><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span>I trattori invadono Roma! Così si fa! È solo l’inizio! Non gliele mandiamo a dire! Imbrattiamo di letame la casa di Giorgetti! E via così.<br /></span><span>Come si sia passati dai nichilisti che aspettano il capo dei gendarmi sotto casa per fargli la pelle ai socialisti da social che gonfiano il petto digitale dal divano è cosa che si è trattata a sazietà in tale blog: superomismo da serial americano, abbandono del principio di non contraddizione, incapacità a zappare, masturbazione compulsiva, tecnopuerizia compiaciuta. Le donne si sono autoconvinte, dal canto loro, che vantare diritti, di fatto, inesistenti (il diritto al lavoro, allo studio intersezionale, ai vibratori) è di gran lunga preferibile al loro millenario dominio nei più decisivi ambiti sociali, cui hanno rinunciato in un paio di generazioni. <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2023/09/hysteria.html">Con le conseguenze isteriche del caso</a>.</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span>L’Italia ridotta a una gabbia di matti impotenti è uno spettacolo che fa rizzare i peli per l’imbarazzo.<br /></span><span>Ma i trattori?<br /></span><span>I trattoristi avranno più dimestichezza con vacche e trebbiatrici, ma, guidati come sono da inetti o gaglioffi in malafede, non otterranno nulla. <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2018/12/i-gilet-gialli-questa-lieve.html">Come è accaduto ai Gilet Gialli</a> o ai portuali di Trieste o ai Forconi (la lista, però, è lunga quanto ridicola).<br /></span><span>Avranno in cambio del silenzio qualche spicciolo, questo sì. La truffa dello spicciolo (serve un micco, il truffatore e i compari che tifano alternativamente per micco e truffatore) rimane inalterabile e consolidata: io, Partito delle Teste Tonde, ti regalo dieci talleri oggi, somma da cui ne decurterò cinque domani (è giusto! Non ricordi che te ne ho dati dieci!); per poi esigerli quindici, in altro contesto, con le Teste Quadre al comando, dopodomani. Totale: meno dieci talleri. Un affare, come si vede, ma si è sempre proceduto in tal modo. Il lavoratore italiano è divenuto povero a forza di accordi sindacali vantaggiosissimi. La faccia di Landini testimonia in tal senso. Le pezze al culo sono inspiegabilmente apparse, vittoria dopo vittoria, sugli spiazzi di una battaglia campale da prendingiro.<br /></span><span>E allora, caro Lei, non dovrebbero chiedere soldi?<br /></span><span>Certo, ognuno deve campare, ma la vera sopravvivenza non può fare a meno di un’ideologia precisa, onnicomprensiva, di cui la contingente richiesta di aiuti, a fronte di un crollo epocale del settore agricolo, è solo minuscola parte. Ideologia, forse, è parola inadatta, configurando equivoci a cascata.<br /></span><span>Sistema di valori? Sol dell’avvenire? Utopia? Pensiero?<br /></span><span>Forse è meglio, in progress, il termine filosofia. Perché occorre conoscere ciò che è accaduto, per distribuire colpe e non ammettere più errori o cialtroni. Inscrivere la minuzia nel quadro totale della contemporaneità perché la devastazione del settore agricolo, dei mestieri e delle professioni, rientra in un più generale piano di riduzione dell’Italia nella schiavitù più abietta. I soldi svaniscono al cospetto di un’operazione antispirituale mai tentata prima. I somari che s’incollano all’asfalto per il clima, la racchia che si denuda davanti alla Lupa Capitolina, lo sguardo porcino di Greta, le sciocchezze sesquipedali della Von der Leyen … sono tasselli di un piano omogeneo di distruzione che ne richiede, per il contrasto, uno altrettanto onnicomprensivo.</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Trattare sugli spicci non concederà nulla se non la classica tecnica clientelare del passo in avanti … quale causa, purtroppo!, in un futuro più o meno immediato, di due passi indietro. Ciò che si rimprovera agli agricoltori, il sussidio continuo, è una realtà da decenni. L’agricoltura, l’unico settore che conti veramente, a ben vedere, è stata volontariamente distrutta, nei decenni, e quel che più conta, estirpata totalmente dall’esperienza millenaria degli Italiani. Ormai un ventenne si rapporta ai prodotti della terra grazie alla mediazione nichilista della multinazionale. Non conosce né la tecnica né i sapori legati a quel mondo autosufficiente e conchiuso ch’era la campagna. Il finto ecologismo, poi, ha dato il colpo di grazia: poveri polli d’allevamento, povere galline!, cicala il teen mentre addenta un bisunto petto (di pollo) del Crusty Burgers’. Oppure, a scelta, maledette vacche che consumate tanta acqua necessaria alla Terra per sostenersi! Meglio le pilloline! Meglio la farina di merda secca, come Ezechiele nel famigerato passo biblico. E, poi, cambiando campo, poveri tori! Assassinati, i tori, nel sanguinoso rito fascista della corrida! Gli esserini del futuro se li rimandano a racchettate da un estremo all’altro del campo di battaglia queste fanfaluche, dal finto ecologismo della vacca che scorreggia al consumismo straccione e contradditorio del burger, come in furibonda e interminabile contesa Wilander-Higueras. Tolti di mezzo i contadini fai da te, figli e nipoti degli inurbati, che ancora si divertivano a zappettare orticelli e alberi da frutta nella provincia, s'è creato un ceto professionale del tutto dipendente dagli spicci dell’elemosina, accordata sotto le specie truffaldine di una cornucopia regionale o europea. Macchinari sofisticati, fertilizzanti avveniristici. Il paesaggio, però, cambiava, poiché i trenta denari si danno sempre di qualcosa di occulto, mai rinvenibile nei termini dell’accordo luciferino. Sparivano vigneti, oliveti, qualità di frutta; ciò che sopravviveva di ricco e ubertoso non era che la barzelletta elargita dalla globalizzazione: noci della California, pere cilene, arance egiziane, olio marocchino, braciole romene. Il gusto disimparava a riconoscere i sapori uniformandosi a una monotonia allucinante. Le multinazionali pian piano si insinuavano tanto che i residuati bellici del nostro settore primario ormai lavorano per loro. Eppure non basta ancora, si vuole la monarchia universalis pure su pesche e bistecche … e allora si protesta, ma questi ex burini in processione su trattori fantasmagorici sono la Beresina dell’agricoltura. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Se oggi possiamo ammirare un’altura, un fosso, un ondeggiante canneto o una pianura verdeggiante è perché qualche gens rustica ha dissodato e modificato sub specie aeternitatis la venerabile madre del territorio:</span></p><p style="text-align: justify;"><i><span style="font-size: large;"><span>O Regina del cielo, tu feconda Cerere,<br /></span><span>prima creatrice delle messi,<br /></span><span>che, nella gioia di aver ritrovato tua figlia,<br /></span><span>eliminasti l'antica usanza<br /></span><span>di nutrirsi di ghiande come le fiere,<br /></span><span>rivelando agli uomini un cibo più mite,<br /></span><span>ora dimori nella terra di Eleusi</span></span></i></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Quel Regina Coeli di Apuleio è assieme eredità e lascito: eredità di un mondo di profondità insondabile e lascito che donò suggestioni ed evocazioni; oggi spente, ma vive sino a pochi decenni or sono. L’odore della legna bruciata in un autunno piovoso, il mosto, lo stillicidio dell’olio, tutto questo posso ancora viverlo nella fibra morente: il che, lo concedo, mi rende un incomprensibile museo vivente; lasciandomi la gioia solitaria di comprendere, nel più intimo significato, cos’è l’Italia.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Il denaro non servirà a nulla, il denaro nemmeno esiste. Il denaro sarà, forse, elargito, lo sappiamo; spacciandolo come un pomo dell’albero delle Esperidi. Un brillocco da tre soldi, in realtà. Se ne accorgeranno quando lo si vorrà impegnare al banco degli usurai. Il denaro è il prezzo della servitù; il denaro va e viene, a piacere: ciò che si dà in cambio, la porzione irrecuperabile d'anima, quella è importante. Se non viene spezzata tale malia, si verrà decimati senza pietà, perché a questo gioco si diviene inessenziali, polvere al vento. </span><span style="font-size: large;"><span>Per strappare qualcosa di vivo occorre rivendicare un'esistenza alternativa. Solo così ci si muta in un destino. A</span><span>nnota giustamente Nietzsche: “<i>C</i></span><i>iò che è decisivo si compie, nonostante tutto</i><span>”.</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span>Il romanzo <i>Furore</i> di John Steinbeck (<i>The grapes of wrath</i>) esce nell'aprile 1939. L'ho sempre usato come un talismano contro quelle sciocche dicotomie che ammorbano ancor oggi, 2024, i palchi italiani della stupidità: la destra, la sinistra, i fascisti, l'antisemitismo. Addirittura i moderati!<br /></span><span>Steinbeck scrive di ciò che conosce, la vita dei contadini americani. Ne esce un quadro apparentemente diseguale, impossibile ridurre a un comodo schematismo.<br /></span><span>L'incipit è pienamente biblico, descrivendo le tempeste di sabbia (<i>dust bowl</i>) che distrussero i raccolti negli Stati centrali americani durante gli anni Trenta. Le famiglie, rovinate, costrette a esodi improvvisati; migrazioni di milioni di anime, in cerca di pane e casa. Sebbene alcuni storici alla saccarina addebitino le cause di tale rovina ai farmers stessi (mancata rotazione nelle coltivazioni) o al climate change (l'improvvisa siccità), è l'Usura che si occulta nelle pieghe della Storia come Shylock tra le calli più fetide di Venezia.<br /></span><span>A noi, però, interessa il livello profondo e reale della scrittura dell'Americano. Starless and Bible black, ecco l'apocalisse:<br /></span><span>"</span><i>La notte fu nera come l'inchiostro, perché le stelle non potevano penetrare attraverso la polvere per raggiungere la tetra, e le luci accese nell'interno delle case non arrivavano nemmeno sull'aia. Ora l'aria e la polvere erano mescolate insieme in parti uguali. Le case erano ermeticamente chiuse, con tutte le fessure delle porte e delle finestre otturate da stracci; ma la polvere penetrava ugualmente negli interni, così impalpabile che risultava invisibile, e si posava come polline sui tavoli, sulle seggiole, sui piatti, sulle pietanze. Gli esseri umani se la spazzolavano di dosso, mentre strati di polvere s'erano accumulati sulle soglie delle case. A metà della notte il vento s'allontanò e lasciò il paese in pace, perché l'aria densa di polvere smorzava ancor più della nebbia ogni rumore d'intorno. Le creature umane, coricate nei loro letti, udirono che il vento era caduto: fu il cessare del vento a destarle. Ma non s'alzarono, continuarono a giacere immobili tendendo l'orecchio al silenzio. Poi i galli cantarono, ma con voci smorzate, e le creature umane si rivoltarono impazienti nei loro letti aspettando il mattino. Sapevano che occorreva molto tempo alla polvere per ridiscendere a terra e lasciar pura l'aria. Difatti, venuto il mattino, la polvere restava sospesa come nebbia, e il sole era di sangue</i><span>".<br /></span><span>Il granturco deperisce, come ogni cosa, al pari degli uomini stessi. S'improvvisano carovane per la sopravvivenza. Qualcuno, come Muley, rimane fra i paesi abbandonati, ramingo fra gli scheletri delle fattorie sabbiose, ultima retroguardia della desolazione, mentre gli agenti dell'Usura, i kapò dell'oro, si aggirano, pistola alla cintola, per sbarazzarsi di chi ancora si ostina tra il fasciame del mondo perduto. Moglie e figli di Muley sono già andati, in cerca di speranza. Ma egli rimane: "[Andar via] <i>non potevo, ecco tutto, c'era qualcosa che m'impediva, non potevo</i>". E cosa impedisce a Muley di andarsene? "<i>Voialtri mi credete tocco nel cervello, dal modo come vivo, ma è perché non capite. Quando m'hanno intimato lo sfratto, mi sentivo capace di accoppare chiunque mi venisse a tiro. Poi quando i miei m'hanno piantato solo, mi son messo a fare il vagabondo. Senza mai andar lontano. Dormo dove mi trovo. Stanotte avevo stabilito di dormire qui. E tutto il tempo mi figuro di far la guardia alle case abbandonate, nell'interesse degli sfrattati. Ma so che non è vero. Nessuno tornerà mai. Vado attorno come nei cimiteri le anime dei dannati ...</i>". Egli si confessa </span></span><span style="font-size: large;"><span>a Casy e Tom Joad, </span><span>attorno al fuoco che rischiara la notte, dopo aver macellato sveltamente un coniglio selvatico, fra i relitti di ciò che fu dimora e rifugio: "</span><i>Il sugo della carne cadeva a gocce nel fuoco e ogni goccia suscitava una fiammella che nel rogo spiccava indipendente. I pezzi di carne cominciavano a raggrinzire e a rosolare ... Muley continuava. 'Come nei cimiteri le anime dei dannati. Vado a visitare i posti che conosco, dove mi son capitati dei fatti indimenticabili. Vicino a casa mia c'è una conca, tutta cespugli. E' lì dentro che m'ero sverginato, a quattordici anni. Be', tornavo lì, e mi coricavo a terra, e rivivevo tutto l'episodio. E il posto dietro la stalla dove mio padre è rimasto sbudellato dal toro. Il suo sangue è ancora lì, sotto la terra; nessuno può averlo levato via. Be', vado lì, e m'inginocchio sulla terra bagnata dal suo sangue. Mi credete proprio tocco nel cervello?</i><span>'".</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span>I tre sono costretti, poi, a nascondersi in un campo di cotone. Gli sgherri dell'Usura li braccano. Muley, però, ci ha già detto tutto. Il sacrificio, il bestiame, la caccia, il padre, il primo amore con una donna. Gli umori del corpo, lo sperma, il sangue, sugo della vita, la terra, il fuoco. Un circolo di sentimenti contro la sterile protervia del denaro.<br /></span><span>Il prosieguo del romanzo, con gli insegnamenti socialisti di Casy, non deve ingannare. L'homo oeconomicus è una superfetazione, in tal caso. L'homo oeconomicus nasce e vive solo, democraticamente, in opposizione alla comunità. La comunità dei farmers celebra sé stessa secondo riti né socialisti e né democratici, ma eterni: per questo fu dispersa.</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Nel finale del romanzo, censurato nelle prime edizioni italiane, la famiglia di Tom Joad si rifugia in un fienile abbandonato a causa d’un improvviso diluvio. Qui trovano due spettri, padre e figlio: "<i>Un uomo sdraiato sulla schiena, e accanto a lui un ragazzo seduto, che guardava i nuovi venuti con occhi spalancati</i>". Il padre è malato, sussurra il ragazzino; prima la febbre del cotone, e poi la fame: non mangia da sei giorni per sfamare me! E ora, guardatelo, è finito, non riesce nemmeno a masticare un pezzo di pane, lo rigetta subito ... servirebbe del brodo, o del latte, ma chi ne ha? La giovane Rose Tea (Rosesharn) ha da poco partorito un figlio, nato morto; il marito è andato via. Dove sarà? Allontanati i familiari, Ella rinasce al ruolo suo eterno, in un rito iniziatico che la riconsegna al miracolo della vita: "<i>Per un minuto Rosa Tea continuò a sedere nel silenzio frusciante del fienile. Poi si alzò faticosamente in piedi aggiustandosi la coperta attorno al corpo, si diresse a passi lenti verso l'angolo e stette qualche secondo a contemplare la faccia smunta e gli occhi fissi, allucinati. Poi lentamente si sdraiò accanto a lui. L'uomo scosse lentamente la testa in segno di rifiuto. Rosa Tea sollevò un lembo della coperta e si denudò il petto. 'Su, prendete', disse. Gli si fece più vicino e gli passò una mano sotto la testa. 'Qui, qui, così'. Con la mano gli sosteneva la testa e le sue dita lo carezzavano delicatamente tra i capelli. Ella si guardava attorno, e le sue labbra sorridevano, misteriosamente</i>”.<br /></span><span style="font-size: large;">L'attributo della rosa, il parto, il sorriso misterioso, la dolcezza nell'allattare e infondere vita. Chi sa, riconosce subito in Rosa Tea la nostra Cerere, la Madre dei Cieli, e la sua incarnazione postuma, la Vergine, Maryām, novella Parthenos, sì da saldare nella continuità Apuleio, San Giovanni, Iacopone e le innumeri Madonne del Latte cristiane: dalle più materne, come in Bartolomeo Vivarini, a quelle algide e principesche di Nicolas Fouquet. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span>Non rimpiango nulla, anzi, a dirla tutta, i contadini li ho sempre sopportati male. Sono un mondo a parte, il loro istinto di conservazione, ossessivo, la spina dorsale dei popoli, li spinge a essere inevitabilmente scostanti e disprezzati. L’edulcorazione della figura del contadino è tipica del socialcomunismo più mite, o meglio: di alcuni ideologi socialisti che, infatti, ebbero a rifuggire la zappa come damerini. A confidare nei contadini come arma rivoluzionaria o patriottica a volte si finisce male, come certi aristocratici nell’Ucraina del 1874. Léon Bloy, che combattè a ventiquattro anni nella guerra franco-prussiana, li odiava a morte: “<i>Vili e fangosamente egoisti, impenetrabili al sentimento della Patria e completamente estranei all’idea della Razza, videro, insomma, nella guerra, solo un funesto tiro del destino, una scalogna nera che bisognava vincere, ognuno per sé. Con tutte le mascalzonate e gli imbrogli possibili … La guerra non li riguardava. Loro non l’avevano mai chiesta, e chiamarsi Germania e Francia … che differenza poteva fare per loro?</i>” (<i>Sudore di sangue</i>, 1893).<br /></span><span>I contadini, quelli veri, tengono fede solo alla loro sopravvivenza, e la terra è la genitrice di tale miracolo. Accumulare, come formiche, oltre l’indispensabile. Trattenere, mai concedersi ai cambiamenti poiché i cambiamenti fanno perdere di vista proprio le abilità della sopravvivenza. I contadini pregano Dio come fosse un protettore mafioso; la Vergine, invece, è Cerere e Atena Parthenos, le processioni in suo onore culti della fertilità. Ho fatto in tempo a vedere contadini che toglievano il saluto perché un incauto potatore li aveva privati di una frasca di troppo: inevitabile condanna a un etto di olive in meno; e novantenni, poi crepati con decine di milioni sul conto, risparmiare su singoli fiammiferi; tutti imbroglioni, abili a mentire spudoratamente o a chiedere sconti persino su cento lire; o a sfangare la vita con trucchetti picareschi, come il mio compianto vicino di casa che, negli anni Cinquanta, povero in canna, andava con una pagnotta nascosta nei calzoni a chiedere un assaggino ai numerosi porchettari delle fiere; per poi sedersi in santa pace a sbocconcellare quel pranzo tanto più delizioso quanto più era stato abile il raggiro. E lui rimpiangeva quei momenti, quasi con le lacrime agli occhi: “<i>A noi c’ha rovinato la luce</i>”, diceva; a intendere: le bollette della luce, e poi le prime microimposte e fatturine, che costrinsero a usare sistematicamente lo sterco del diavolo, i soldi. “<i>E poi ci hanno rovinato le pensioni</i>”; come a dire: da quando si sono messi in testa di compensare con gli spicci la morte dell’agricoltura, siamo tutti diventati avidi. Ma non di roba, di spicci! La roba, roba mia vientene via con me!, quella era il giusto! Galline, maiali, conigli, insalate, patate, farina. E pane, il pane e le focacce e le pizze da mettere nei forni comuni il sabato e che duravano tutta la settimana; o più. Luoghi perduti nella campagna che conservavano la fisionomia per secoli, i muracci o le pietricce a donare nome a campi delimitati da rovine di abbazie e cimiteri medioevali. Acque e boschetti comuni servivano tutti, retaggio del ius communis che legava i popoli europei in un enfasi di pietà imperiale. Quella era la vita, immarcescibile, incorruttibile; terribile e meschina, incomprensibile, aliena. Minorati mentali, omosessuali, disabili, zitelle e mignotte venivano assorbiti dalla tribù e predisposti al loro ruolo di competenza millenario; il tizio un poco svanito; lo scapolone; quello sfortunato; quella che non se la fila nessuno perché è bassa e storta, ma è lei che non vuole, li ha respinti tutti i pretendenti, la chiedeva pure quello mezzo straniero (e qui si indicava un tizio che abitava a quindici chilometri); e poi la ragazza leggera che la dava un po’ a tutti, ma alla fine un tonto da sposare lo trovava sempre. Nessuno era escluso dal circolo della vita. Gesti di ottusa e gratuita cattiveria (<i>Schadenfreude</i>) convivevano con esistenze al limitare della santità. Le nuove generazioni crescevano, com’era sempre accaduto, al medesimo sole delle rustiche comunità dei Fabii, dei Popilii e degli Anienses; italiani cui si guarda oggi con basita incredulità, animali capaci di sopportare l’insopportabile, gente estinta, di cui residua il fugace lamento funebre fra travertini e marmi alla buona, lo sguardo impassibile e diffidente cristallizzato nei ritratti d’un tempo irrecuperabile.</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">L’omicidio dell’agricoltura come è vissuto nell’ex sinistra? Poiché quella parte politica è popolata soprattutto da allocchi ideologici, è inevitabile che subisca lo sballottamento tennistico più di ogni altra categoria mentale. Il sinistrato vuole tutto genuino, poiché l'ecologico fa bene alla salute (non si risparmia, peraltro, qualche corsetta mattutina ad allenare la pompa cardiaca); data questa premessa, egli va alla cooperativa perché, nel far ciò, coniuga impegno e lotta alle vene varicose. Sì, lo 0,1% dell’incasso sulle zucchine bio va alle donne maltrattate del Burkina Faso, e però son biologiche, quindi si combatte all’unisono colesterolo e multinazionale. E anche il bracciante fascista che sfrutta Mbembe Mbembe. E poi? E poi ci sono gli orti urbani: i contadini vanno bene se appena fuori della città (ma non di Coldiretti: è di destra), però … però … se mi faccio l’insalata sotto il condominio? Col beneplacito dell’assessorucolo che ci concede questa ulteriore lotta contro le keiretsu mondiali … so cosa mangio, allora, peperoni antifascisti. Ma ora il cappio si stringe, anche gli orti urbani non vanno più bene … nuove direttive, compagni … cosa ci si inventerà per surrogare ancora l’ideologia? Tovarisch, ecco qua, il supercoffee da cicoria green, l'acqua piovana in bottiglia, le farine idroponiche! E il girotondo riprende.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span>1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89, 144. Tale la successione numerica del pisano Leonardo Fibonacci, che studiò matematica sotto un maestro d’Algeri, magari discendente da Apuleio, cittadino imperiale romano di Madaura. Ogni numero è la somma dei due precedenti.<br /></span><span>Variamente correlata a tale successione è la disposizione del fogliame in alcune piante comuni. Facile: partendo da una foglia qualsiasi si conta il numero di giri necessari a ritrovarne un'altra nella medesima posizione, seguendo un tracciato a spirale, dall'interno verso l'esterno. A esempio, se sono necessari tre giri (per un totale di otto foglie, esclusa la prima) si ha un rapporto di 3/8 ovvero la divergenza della foglia.<br /></span><span>In una quercia la divergenza è 2/5; nel pero 3/8, nel mandorlo 5/13; e così via: 8/21; 13/34. I numeratori, così come i denominatori, di dispongono come nella successione di Fibonacci. Se moltiplichiamo l’angolo giro (360°) per il rapporto di divergenza avremo l’angolo di divergenza della foglia. Tale angolo si approssima sempre più (360°x3/8=135°; 360°x8/21=137°,14’; 360°x13/34=137°,64’ et cetera) a quello - ideale - di 137°30’28’’. <br />Ideale per far cosa? <br />Per esporsi col maggior vantaggio possibile alla luce solare, a non ingombrarsi l’una all’altra recandosi ombra, e godere del beneficio delle piogge. <br /></span><span>Improvvisamente, quindi, nella militare regolarità dei numeri, si intravede l’abisso dell'aurea perfezione (1,6180339887 ...). Un anelito vano? Certo, ma è la tensione verso un traguardo che mai si raggiungerà a risultare decisiva, sorta di naturale <i>imitatio Christi</i>. L’infinito abita fra noi, invisibile quanto inattingibile, causa prima della volontà di vivere di fronte alla minaccia dell'eterna notte. E tale fulgida disposizione matematica cui la vita aspira per riprodurre sé stessa, in un circolo felice e interminato, ha poi le stimmate del bello. Nessuno può sottrarsi a tale fascino, chiunque egli sia: fermati, sei bello!, potrebbe esclamare un botanico davanti alle irradiazioni spiraliformi d’un girasole o della conchiglia d'una umile chiocciolina.<br /></span><span>Supponiamo, però, che un dio dell’Indifferenza giudichi sbagliate tali configurazioni, le reputi in-giuste, e abbia il potere di risistemarle secondo un ordine del tutto nuovo, obbediente a direttrici morali inedite, spesso folli: cosa accadrebbe di un olmo, d’un girasole, d’una quercia secolare? Essi avvizzirebbero, senza scampo, in una torsione innaturale che asseconda un Fibonacci infernale. Ciò che i migliori pre-sentono come Bellezza, infatti, è indizio del giusto, e il giusto è consustanziale a oggetti, sentimenti e parole che vivono da sempre accanto a noi. Lo scotto da pagare all’apostasia del cambiamento è il Nulla, la morte spirituale.</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">L’omarino è terrorizzato dalla Morte, non vuole nemmeno sentirne parlare. E cosa fa per sfuggirLe? Si consegna alla morte nichilista, solo, inerme, orrendo sin alla propria vista. La Morte, amica dell’uomo, a lui non si confà. Egli ride, il goliarda, vuole divertirsi, dimenticare; folleggiare; farsi beffe dell’Ordine; la barzelletta profanatrice gli sale alle labbra spontanea, irresistibile, appena gli si nomini qualcosa di valoroso ed eminente. Egli, da nanerottolo, cerca sempre la folla, il numero, l'indistinto, i followers.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">L'aristocrazia insegna proprio il contrario: a selezionare gli evangelizzatori, a definire, ad allontanare i più. Cristo non scrisse nulla, e in vita adottò un comportamento sdegnoso, a volte apertamente scostante. La verità, infatti, la si persegue solo a costo della verità. "<i>Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?</i>", si lamentano i discepoli (Giovanni 6, 60). Ma il Maestro pare compiacersi dell'impopolarità: "<i>Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui</i>". Si ritira dalla venerazione delle folle, difende adultere e samaritani, nega i miracoli; addirittura sfida i Dodici: "<i>Volete andarvene anche voi?</i>". La porta stretta, il Simurgh, le Termopili, i felici pochi: nell'apparente disfatta cresce la più straripante vittoria. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Nel “di più”, nell’apparente superfluo, si annida la ragione della sopravvivenza dell’uomo in un universo che lo schiaccia, spesso in labirinti d’insensata irrazionalità: ecco un altro calcolo sbagliato. La costituzione apollinea dell’uomo, in cui consiste la logica, il buonsenso, la lealtà, la forma artistica; sciogliere tutto questo, lo smalto sul Nulla, in nome della falsa libertà ci ha donato un’umanità posticcia, debole, puerile, arrogante a negare evidenze chiarissime e visibili a tutti. È proprio tale umanità a presentarsi ogni giorno sulla scena mondiale, impermeabile all’oggettività, l’ottusa e compiaciuta supponenza. La sensazione è di trovarsi su un palco di stupidi cabarettisti che pretendono di migliorare il mondo e battono i piedi quando la realtà li smentisce quotidianamente.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Equivocare lo smalto sul Nulla come un inutile orpello ci ha condotti a una via senza uscita. Tornare sui nostri passi, ammesso di trovare compagni di viaggio in tale anabasi, è impossibile. Analizzare il lastrico dell'inferno che ci ha condotti sin alla cappella aconfessionale di Mark Rothko, almeno, questo, sarebbe un sintomo di lucidità.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Nello spostare una fila di libri impolverati, e prossimi al rogo, mi ricapita fra le mani <i>Parole nel vuoto</i>, di Adolf Loos. Chissà perché l’avevo sempre scambiato per un simpatizzante del nazionalsocialismo; e invece era uno dei tanti Brighella della dissoluzione. Nato a Brno nel 1870, raffinato rappresentante di quel mondo che si molcea il cuore ai tiepidi bagni di pace della Belle Epoque, l’austriaco Loos è “<i>considerato</i>”, cito da Wikipedia, “<i>uno dei pionieri dell’architettura moderna</i>”. I termini “pioniere” e “moderna” già fanno scattare i meccanismi di difesa: qui si annida un impostore. E però alquanto brillante. Loos è nemico giurato dell’ornamento tanto che il suo più noto saggio è il fulmineo <i>Ornamento e delitto</i> (<i>Ornament und verbrechen</i>, 1908). Egli ama le superfici lisce e prive di scanalature, le coperture piane degli edifici; una brutale essenzialità da cui fu permeato durante alcuni anni giovanili trascorsi in America: “<i>Ogni volta i costumi dei paesi anglosassoni sono presi a modello. Per fare le cose nel modo giusto bisogna seguire quello che si fa nel cuore della civiltà, cioè a Londra o a New York</i>”, si cicala nell’introduzione. Loos intuisce genialmente come la figurazione nasca dall’horror vacui; un istinto da rispettare nelle civiltà arretrate, ma considerato inaccettabile per un individuo evoluto: “[Un Papua della Nuova Guinea può tatuare] <i>la sua pelle, la barca, il remo o qualsiasi cosa su cui possa mettere le mani … Non è un delinquente. Ma l’uomo moderno che si tatua è un delinquente o un degenerato. Gli uomini tatuati che non sono in prigione sono o delinquenti latenti o aristocratici degenerati</i>”. La figurazione come degenerazione nell’homo civilis: “<i>Al posto delle forme fantastiche dei secoli trascorsi, al posto dell’arte ornamentale fiorita in passato, doveva sostituirsi la pura e semplice costruzione. Linee diritte, spigoli ad angolo retto</i>”. Casa Scheu (<i>Haus Scheu</i>) rassomiglia un poco alle casette da presepe che assemblavo grazie al traforo; disadorna sin a un depressivo grado zero dell’apprezzamento; di ancor più esacerbata economia la Villa Müller a Praga, sorta di fermacarte in grigio che avrà ispirato, per così dire, la meschina edificazione della chiesa di Fuksas a Foligno. Cubi, parallelepipedi, camere e pareti cieche, mura scialbate, finestre e porte ritagliate col seghetto dell’albagia funzionalista. A compenso di tanta desolazione, Loos sviluppò una particolare erotia per i materiali preziosi da interno coniugando grettezza nichilista e bramosia della preziosità: cupidigia del nulla e ansia da parcella? Suoi committenti migliori furono avvocati socialisti, ricchi ebrei, Tristan Tzara, Josephine Baker. Nel 1930 fu accusato di pedofilia (bimbette men che decenni), un impaccio che gli recò una parziale seppur molesta condanna. L’epitaffio suo fu, però, quello d’un vincente (morì nel 1933): mentre Keats, cultore dell’urna greca, si reputò nome scritto sull’acqua, Loos lasciò un arrogante testamento olografo in cui dannava ab aeterno la posterità: “<i>Sono uscito vittorioso da una battaglia durata trent’anni: ho liberato l’umanità dall’ornamento superfluo. ‘Ornamento’ era un tempo sinonimo di ‘bello’. Oggi, grazie all’impegno di tutta la mia vita, è sinonimo di ‘scadente’</i>”. In esergo l’inevitabile massima di Friedrich Nietzsche: “<i>Ciò che è decisivo si compie, nonostante tutto</i>”.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">La lotta contro i presunti orpelli ordita da Loos non risparmia nemmeno la calligrafia. Con Jacob Grimm egli condivide l’odio per l’uso delle maiuscole e la scrittura Fraktur. Di Grimm cita tali parole: “<i>Basterà che una sola generazione si abitui al nuovo modo di scrivere e non ci sarà più nessuno nelle generazioni seguenti a reclamare la vecchia maniera ... Se non costruiamo più le nostre case con i timpani e con le travi aggettanti, se non ci incipriamo più i capelli, perché mai dovremmo lasciare tutto il sudiciume nella scrittura?</i>”. Giusto, perché? Perché non abbandonare quella scrittura brutta e informe? Quello di Grimm era uno dei primi focherelli, reputati del tutto innocui. Altri acciarini maligni innescarono roghi ben più imponenti nel secolo a venire. Fra il ripudio del gotico e i liceali che scrivono in stampatello ignorando il corsivo o la costruzione logica soggetto-predicato-complemento ci sono, in fondo, rari gradi di separazione. All’inizio gli errori di rotta son sempre scusabili nella loro ingannevole irrilevanza.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Ascolto un’esecuzione per aulos doppio di Max Brumberg. Le note mi sorprendono nell’ora perfetta, al calare della sera. Dapprima intuisco un lamento funebre, di lancinante bellezza, ad annunciare la morte di un nume celeste, o di un eroe; quindi il suono si smorza in un compianto più mesto e intimo: il dolore per una perdita familiare o, forse, più precisamente, la nostalgia indefinita di tale perdita, a farsi universale. Non sorprende che l’aulos fosse strumento dionisiaco. Tale il sentimento di questo dio che evocava misticamente la primordiale unità fra uomo e natura. A suo contrasto la lira apollinea, su cui è noto l'apprezzamento di Aristotele; il suono della lira sancisce il reintegro nella virtù civile e istituzionale dopo quell’immersione panica: due momenti distinti di una sola cerimonia lustrale. Spesso mi chiedo se le grandi opposizioni dialettiche di Nietzsche, assai più antiche dei Greci e dell’Occidente storico, non siano sopravvissute entro di noi. Se la lira e l’aulos non risveglino ritmi biologici; cadenze neurali che ci connettono a un’etica precisa, a una civiltà esclusiva. Louis Ferdinand Céline confessa: “<i>Mi sono beccato la guerra nella testa. Ce l'ho chiusa nella testa</i>”; a vent’anni la morte lo sfiora attraversandogli il corpo come un refolo gelato. Ha la “<i>cagnara nella crapa</i>”. Si risveglia o, forse, diventa pazzo: “<i>Quello che ci infastidisce di più negli Ebrei, quando si esamina la situazione, è la loro arroganza, il loro rivendicazionismo, la loro perpetua martirologodervisceria, il loro sudicio tam-tam. In Africa, fra gli stessi negri, o loro cugini, nel Camerun, ho vissuto per anni solo, in uno dei loro villaggi, nel cuore della foresta, sotto la stessa capanna, alla stessa zucca. In Africa, era brava gente. Qui, mi infastidiscono, mi fanno schifo. In Camerun diventavano veramente insopportabili solo in periodo di luna piena, erano una tortura con il loro tam-tam... Ma le altre notti, vi lasciavano ronfare tranquillamente, in tutta sicurezza. Parlo del paese ‘pahoin’, il più negro paese di negri. Ma qui, ora, in Francia, Luna o non Luna, sempre tam-tam!... Negri per negri, preferisco gli antropofagi... e poi non qui... a casa loro... In fondo, è il solo danno che mi procurano, un danno estetico, non mi piace il tam-tam</i>”. Forse abbiamo dimenticato aulos e lira lasciandoci cullare nella progressiva tamtamizzazione d’Europa. Possiamo tornare indietro? Ma no, no … avete letto Jacob Grimm? “<i>Basterà che una sola generazione si abitui al nuovo … e non ci sarà più nessuno nelle generazioni seguenti a reclamare la vecchia maniera</i>”. Per questo esistevano segreti iniziatici e custodi: per preservare il meglio dalla legge termodinamica del falso progresso. E ora? E ora tam-tam, congas e darabuka ci fanno saltare, ci fanno ballare, ci fan dimenare! Al gioca-jouer della dissoluzione.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Ci son sempre stati fanatici al mondo. Questi dei tempi moderni, però, non difendono mura, porte o compagni, ma quell’impalpabile diaframma che li separa dalla verità di ciò che sono: il che li renderebbe folli e disperati.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Un conoscente m'invia una citazione di Erik von Kuehnelt-Leddihn: "<i>Per l'uomo medio ogni problema risale alla Seconda Guerra Mondiale; per i più informati alla Prima Guerra Mondiale; per il vero storico alla Rivoluzione Francese</i>". Una frase che potrebbe piacere ai reazionari più superficiali. Chi ama immergersi nelle camere di deprivazione sensoriale della Storia, sa che le cose presero la piega sbagliata allorché il primo ominino si pose in meditazione delle proprie mani - o delle proprie zampe - iniziando a formare un abbozzo di coscienza. La pura volontà di vivere ne fu annebbiata tanto che, lentissimamente, egli, proprio per sopravvivere, dovette ingegnarsi a costruire lo smalto sul Nulla: la Bellezza, la Santità, la Guerra, l'Arte. <br />Il suicidio vero e proprio, invece, principiò a ordirsi quando un minchione, specchiandosi in qualche pozzanghera dell'amore ecumenico, decretò, gonfiando il petto, di voler migliorare l'umanità. Da quella prosopopea fitta d'inesistenti divinità e buone intenzioni non siamo ancora fuori; faremo fatica, temo, a uscirne vivi. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Per indovinare il futuro, e farsi quattro risate, è doveroso compulsare da chiromanti l’appena ieri. Sfoglio uno dei tanti sciocchi magazine degli interconnessi progressisti più saputi, “Wired”. Un numero speciale del 2013. Titolo da copertina: “L’anno dei robot”. Sottotitolo: “<i>Dialogheranno con noi. Saranno autonomi e supercognitivi. Diventeranno morbidi e amichevoli. Sapranno addirittura cambiare forma</i>”. Dopo undici anni è dura connettersi oltre i trecento metri dell'Appennino, e di robot morbidi nemmeno l’ombra. A metà rivista l’inserto speciale: tutto quello che vivremo nei prossimi dodici mesi (cioè dal 2013 al 2014): l’avvento del li-fi, i transformer sono tra noi, gli automi rilanceranno l’industria italiana, i radar diventano personal. E Poi: una nuova filiera per la bioplastica, potere ai batteri, il proteoma ci dirà chi siamo, lo stipendio lo fa l’algoritmo, pop economy con web e condivisione contro la recessione … sembra di assistere a un concerto per tam-tam illuministi e pernacchie diretto da Nicholas Negroponte e Beppe Grillo. Il quale ultimo, se ben ricorderete, ammansiva i fessi proprio con queste trovatine effimere. E, però, fra le pieghe del prendingiro, <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2018/06/beppe-grillo-la-bocca-della-verita.html">affermava pure la nuda e cruda verità</a>: i vecchi ci costano troppo, l’agricoltura si deve serializzare, la democrazia ha da farsi digitale e diretta, se vuoi ammazzarti viva la libertà e così via. Di tutto il cucuzzaro della Bengodi tecnologica le uniche promesse mantenute sono proprie quelle verità che emergevano dal bollito misto del sol dell’avvenire; a stento riconosciute, fra risate di consenso e urla di disprezzo, per quel che sono in realtà, prossime e agghiaccianti profezie. Camere suicidarie, cibo liofilizzato, totalitarismo casual, estinzione del lavoro, lockdown dell'istruzione, tecnopuerizia.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">C'è una antica pineta secolare non molto distante dalla mia tana. O meglio: c'era. Le voglie dei palazzinari, e qualche sciame di parassiti recati dalla globalizzazione, l'hanno decimata in pochi anni. Ne rimangono degli esemplari malaticci, dalla chioma sparuta, storti e rassegnati. Un tempo ci si dava qui convegno per una breve escursione, o una merenda domenicale. Tra le fronde ombrose s'intuivano brani della volta cilestrina, amica di noi mortali. Mi torna alla mente, con una intensità sorprendente, un gruppo di giostrine, nello spiazzo antistante; luminarie intermittenti, musiche da carillon, l'ovvia meraviglia di noi tutti bambini. Il mondo pareva semplice, senza troppe pretese, la vita scorreva, predisposta entro sentieri già tracciati. Ogni tanto torno ancora qui, a passeggiare, fra gli immondezzai lasciati da filippini e prostituti. Rendo sacri al ricordo, al pari di Muley, brani della vita passata. Attorno a me, però, non c'è nessuno. Ognuno ha da fare, ma cosa? Vorrei trattenerli, solo un poco, ammiccando a quegli alberi morenti: "<i>Restate! Una volta qui ... proprio qui ...</i>", ma non capirebbero. Gli Italiani non hanno tempo, non hanno più tempo. Come punti da uno scorpione, via, senza tregua, avanti a sé, credendo di sopravvivere. Non sanno che lo scampo è una trappola, una ley de fugas, come quella concessa ai prigionieri da giustiziare in una finta evasione.<br /></span><span style="font-size: large;"><span>Devo lasciarti! Scappo! Ne riparliamo! Ti ritelefono! Mando una mail, un whatsapp! Ci aggiorniamo! E nessuno che, andandosene, abbia la gentilezza di dirmi: "</span><i>Ti saluto, Muley, mio buon amico! Arrivederci, Muley!</i><span>".<br /></span><span>Non riesco a compatirli.<br />Dove credono di fuggire?<br /></span><span>N</span><span>on sanno che la loro casa è ancora qui?</span></span></p>Alcestehttp://www.blogger.com/profile/04852044188872845420noreply@blogger.com61tag:blogger.com,1999:blog-654788918314523587.post-35368428669003191592024-01-27T13:53:00.029+01:002024-01-29T21:26:10.402+01:00Soffittizzatevi!<p style="text-align: center;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="528" data-original-width="720" height="470" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj-XYqUQJ-Wc1hv-iTTXv5vZ8wnCZNI1bBLmngTrKTEQH_PCCvrtkk-ud5oLnSkI0eTB3hEzF7hP5A1ZMMBbnF6qdbfh4D9hBI-HvXpHZJAnTI9Ld33b1hn5ZublCqYMJgKedHnmV8kEnnA-HgOXQbU5RdNycW7OWwUnoRge-2HoA9iLtVxu12mpeVP20Ql/w640-h470/Soffittizzatevi.png" width="640" /></div><br /><p></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Roma, 27 gennaio 2024</span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">Si domanda una delle gazzette dell’Illuminismo Nero: “<i>Le auto volanti delle città del futuro faranno troppo rumore?</i>”. E il sottotitolo, sbarazzino, recita: “<i>Quando sulle nostre teste ci saranno le auto volanti l'inquinamento acustico peggiorerà. Per questo gli ingegneri studiano per renderle più silenziose</i>”. La mucca da pascolo delle sciocchezze tecnologiche e il tecnopuero leggono; e sognano; e rimuginano: ma queste macchine faranno o non faranno rumore? Eh, sì, un bel problema … per fortuna ci sono gli ingegneri … che s’ingegnano … e risolveranno, sicuramente … quando mai non hanno risolto qualcosa, loro, gli uomini della scienza, in camice e alambicco? Per il tecnopuero il problema sono i decibel delle auto volanti, non l’esistenza delle stesse, ch’egli già vede rigare i cieli d’una città formicolante e automatizzata, in cui umani e androidi coesistono e la felicità, guidata dal progresso ateo che sempre avanza, la si stacca dall’albero di pomi del Bene. Per carità, a "Focus" e al castrone da fattoria 2.0 mica gli passa nella capoccia ch’egli non guiderà un tubo, né per terra e né per mare, che la sua esistenza, già grama, sarà ridotta nei loculi della Monarchia Universale, soli, consumati nella depressione che, a tratti, in violenti raptus, si sfoga in verde livore … contro chi? Contro chi gli indicheranno, la lattigine del PC a illuminare volti tirati, senza scampo. Non c’è niente da fare, il micco da "Focus" s’immagina già sull’auto volante, mentre chiede il permesso al roboserver di attraccare al ventiduesimo piano nel condominium di prima classe nel caseggiato medio-patrizio del settore metropolitano Est/4 di Alma … il loft panoramico già riscaldato, la collaboratrice o il collaboratore androidi già pronti a soddisfarlo mentre l’olovisore seleziona i punti di prospettiva migliori per godere della partita di Supercoppa d’Asia Shanghai – Tehran. Non lo mette in guardia il proliferare dei rottami, a milioni, dagli smartphone ai tostapane, il malfunzionamento strutturale degli ordigni digitali, il fatto che ogni trovata (scale mobili, tapis roulant, asciugatori, condizionatori) deperisca nel giro di pochi mesi e che, nonostante i miliardi di euro investiti, non si riesca a risolvere alcunché ricorrendo alla tecnologia celeste e che i mirabolanti uffici del terziario, open air, siano ricettacoli di lerciume e sfruttamento.<br /></span><span style="font-family: inherit;">Macché, a lui importa il sogno, che il sogno continui; il sogno che non ben precisate entità, altruiste e benigne, lavorino per lui, incessantemente, escogitando sempre nuovi gadget per rendergli la vita facile … i nuovi chirurghi del futuro, i robot! Quelli mica sbagliano! Ah, il progresso … poi la ASL gli assegna una TAC nel 2025 …<br /></span><span style="font-family: inherit;">E invece sarà pianto e stridore di denti, <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2023/10/operazione-cubicolo.html">lì, nel cubicolo</a>, dove, forse, permetteranno, oltre agli elettrodomestici ricondizionati, di tenere un pesce rosso di gomma.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">L’Illuminismo Nero molto ha promesso, e le moltitudini ancora vi credono. Concedendo qualche mirabilia, ma, ecco il trucco, sempre in cambio di qualcosa: che ora non è più possibile recuperare. Tutto ha un prezzo, dicono i turbocapitalisti. Peccato che nel contratto che il nostro tempo ha stipulato con la promessa del progresso illimitato, il “do”, pendant di “ut des”, fosse scritto con l’inchiostro simpatico. E, però, ora che ci si avvicina ai roghi finali, quelle righe cominciano a risaltare sulla pergamena dell’inganno: sì, par di capire, dobbiamo al futuro una libbra di carne. L’ultima, poiché le altre, senza che nessuno se ne accorgesse, sono già state riscosse dal fattore. Certo, a suo tempo, occorreva dire di no, un no che fosse un no, ma chi ha mai avuto il coraggio di esclamare questo scandalo?</span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Liofilizzazione, da liofilo (greco λύω, lio-, ovvero "sciogliere"). La liofilizzazione, leggo da un sito a caso, “<i>è un essiccamento sotto vuoto spinto di un materiale preventivamente congelato, mediante il processo di sublimazione, ovvero il passaggio diretto dallo stato solido (ghiaccio) allo stato di vapore (eliminazione dell'acqua)</i>”. <span></span></span></p><a name='more'></a><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;">Lo spirito dell’oggetto, ciò che lo lega assieme, come il ferro lega il fasciame d'una nave, evapora, entro una vacuità indotta; ciò che ne rimane è il prodotto della liofilizzazione. Questo banale processo lo si applica anche a stati d’animo, a emozioni, alla conoscenza, all’istituzione tout court: l’Illuminismo Nero lo pratica da qualche secolo. Il risultato finale, distillato grazie ad alambicchi sempre più efficaci, è l’homunculus attuale, sorta di hollow man o stuffed man su cui ammonì, inascoltato, Thomas Eliot.</span></div></span><p></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Si arriva alla liofilizzazione escludendo la profondità, in ogni campo. Dileggiando, a esempio, ogni manifestazione che coinvolga un legame diretto fra l’uomo e la perfezione; impedendo il rapporto con la terra; restringendo il campo visuale alla mera pratica in una ristretta area tecnica: a preterire la scienza; eliminando la forma nella lingua scritta e parlata (l’ortografia e la polisemia, lo si ricordi, sono armi rivoluzionarie); persino l’abolizione delle sfumature nel gusto papillare contribuisce alla liofilizzazione umana: quanti ragazzi, oggi, conoscono <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2022/09/il-sapore-della-ciliegia.html">il sapore della ciliegia</a>, dei fichi, della castagna, o delle uova fresche, costretti come sono a ingoiare insapori banane a un euro dodici mesi all’anno? Il cui prezzo, inalterabile, sembra fatto apposta per addestrarli alla scimmiesca mancanza del gusto. L’attacco alla polisemia del cibo è diretto e certo: lo assicura, immancabilmente, il proliferare di finti chef e cuochi nonché di rubriche, libri e video su come preparare il soufflé della nonna (che non sa di niente dato che le patate provengono, debitamente depotenziate, da casa del diavolo).</span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Si nasce, si sopravvive, si muore. La nascita non è più regno della famiglia, la vita è stanco reiterare dell’eguale, la morte putrefazione: tanto che il corpo <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2020/01/merda-eris.html">lo si può riutilizzare quale concime</a>. Ogni istituzione fondante dell’umano ha subito attacchi sistematici. Adozioni per uranisti, parti extrauterini, anzi nessun parto ché il neonato produce anidride carbonica; una vita incolore, perduta tra fatterelli, senza reale scopo: l'amore equivale alla violenza, la fede alla burla, l’arte declina nei defecatoi, il passato è una farneticante pinacoteca di orrori. La morte viene privata di quegli istituti mistici che le conferivano aura di bellezza: il compianto, il ricordo, la gioia nel trapasso a una generazione più giovane, ma devota all’antenato; la tragedia dell’uomo, ma sublimata. In poche parole: la multicolore e sgargiante ricchezza dello spirito, tracotante, paradisiaca, disperata, pietosa o felice, trascolora in un grigiore assassino, fomite di istinti suicidari. L’omarino attuale, quello che ciancia di fascismo e pari diritti, non è nient’altro che la trasmutazione alchemica di ciò che fu in una dilagante cachessia. Basta leggere gl’intellettuali della liofilizzazione, anzi ci basta vederli in faccia: deperiti, piccoli, dal fiato corto, inermi, ottusi; vogliosi di gabbie, di cubicoli cancerosi; dalla prosa fragile, tecnica, insignificante; fitta di squilibri logici e non sequitur, e, perciò, arrogante, di quell’arroganza propria ai morti-in-vita che anelano trascinare con sé l’umanità stessa.</span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">La cachessia, il deperimento dell’umano, metastatizza con fare casual, inavvertito: </span><span style="font-family: inherit;">“<i>La regina Margrethe II di Danimarca ha formalmente abdicato nell'anniversario della sua incoronazione avvenuta 52 anni fa. Ora il trono va al figlio, 53 anni, che diventa re come Frederik X. Oltre 500mila persone che hanno preso parte all'evento a Copenhagen presso il palazzo reale di Christianborg. La sovrana che ha 83 anni ha deciso di lasciare il trono per fare spazio alla nuova generazione …</i>”.<br /></span><span style="font-family: inherit;">"Il Corriere della Sera", megafono dei liofilizzatori, coglie meglio il punto: "<i>Una cerimonia ‘laica’ come dopo le abdicazioni in Belgio, Olanda e Spagna … Frederik diventa re, ma in Parlamento (e senza corona)</i>”. E oltre, da una gazzetta civettuola: “<i>Per farvi capire lo spirito gioioso e divertito con cui i danesi stanno affrontando questo storico passaggio, la pagina Instagram della Casa reale ha postato un breve delizioso video con le immagini dei 52 anni di regno della sovrana. Sublime la scelta della musica di sottofondo: Cyndi Lauper e la sua Girls just wanna have fun, inno delle ragazze di tutte le età …</i>”.<br /></span><span style="font-family: inherit;">Noteremo come, dall’unzione dei re del Sacro Romano Impero presso la basilica costantiniana di San Pietro, sotto l’altare di San Maurizio, codificata strettamente dagli ordines cristiani, fitta di processioni mistico-costituzionali, e giuramenti, avendo a pegno l’Europa, si sia passati a canzonette pop. In cinque secoli. Il casual è sempre indizio di decadenza. Il casual è il cancro dacché “scioglie” dalla forma, liofilizza, sfascia. Indizi della metastasi nei brani summenzionati: “<i>laica</i>”, “<i>senza corona</i>”, “<i>parlamento</i>”, “<i>Belgio</i>”, “<i>Olanda</i>”, “<i>Danimarca</i>”, “<i>fare spazio</i>”. Da non sottovalutare "<i>ragazze di ogni età</i>" dacché i latori di canizie hanno da comportarsi come adolescenti, pomiciare, ballare e rendersi ridicoli, da Maria De Filippi o a corte, non fa differenza. Il casual vaporizza il tessuto interstiziale dell’umano, lo Spirito, e consegna al bugliolo la creazione celeste.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Scrivere facile ... certo, si legge d'un fiat, ma è bene ripugnare tale etica. I poeti facili sono i peggiori, da eliminare definitivamente dal proprio personale orizzonte degli eventi. Occorre, tuttavia, somma attenzione nello scegliere, ci si sbaglia: facilmente.</span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">“<i>Ricorditi di me, che son la Pia;<br /></i></span><i><span style="font-family: inherit;">Siena mi fé, disfecemi Maremma:<br /></span><span style="font-family: inherit;">salsi colui che 'nnanellata pria<br /></span></i><span style="font-family: inherit;"><i>disposando m'avea con la sua gemma</i>”</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">equivale, per complessità, a:</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">“<i>Vestita di raso ricco di ricami d’oro fino, flessuoso ramo di cipresso,<br /></i></span><i><span style="font-family: inherit;">hai una tazza nella tua mano, colmala, dammela, a quella coppa m’immolo.<br /></span><span style="font-family: inherit;">Fai pure a pezzi il tuo Sayat-Nova, purché tu venga nel mio giardino.<br /></span></i><span style="font-family: inherit;"><i>Entra nel giardino coi tuoi vezzi, ti loderò col canto, amore, con le implorazioni</i>”.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">Dante riassume la vita di Pia de’ Tolomei in un endecasillabo; poi cita Siena, e la Maremma: il che porterebbe a credere il lettore superficiale ch’egli tratti di due luoghi geografici … e invece sono articolazioni ossee della struttura del mito decisivo d’Europa, l’Italia; per questo in Dante abbondano le citazioni topografiche. In Sayat-Nova, trovatore armeno, non v’è nulla di tutto questo, ma un intrico dolcissimo di allusioni e simboli: il giardino, la coppa, il cipresso che, permutate all’infinito nel canzoniere, mai perdono la loro singola e specifica profondità.<br /></span><span style="font-family: inherit;">Perché di questo stiamo parlando, delle parole con un sottofondo, di accessi a regni d’interminabile complessità, seppur limpida, logica; decrittabile, almeno sin alla soglia della scaturigine divina, questa ineffabile sorgente della vita.<br /></span><span style="font-family: inherit;">Ogni parola rimanda a un mondo, che ne riflette un altro; entrambi specchio dell’unica realtà immutabile. La bellezza catafratta di tali rimandi costituisce lo Spirito dell’uomo. L’inganno consiste nel ritenere questo inessenziale quando, invece, costituisce la vostra essenza. Liofilizzare tale essenza celeste equivale a sfasciare la personalità, renderla un puro rottame da naufragio.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">Come sempre accade l’omarino postmoderno da un lato nega, dall’altro rimpiange segretamente. È lo stesso processo che rinvenimmo in <i><a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2023/09/hysteria.html">Hysteria</a></i> o <i><a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2023/09/la-pesca.html">La pesca</a></i>. Egli nega la profondità ovvero quella delicata e mirabile costruzione che edificammo per sublimare e cancellare l’istinto che reca alla dissoluzione protozoica: così gli hanno insegnato gli Odifreddi d’ogni risma, sin dai banchi di scuola; dall’altra è punto da una nostalgia per lui indefinibile che cerca di medicare ricorrendo a guazzabugli verbali che, invece d’esser profondi, son sempre o confusamente insulsi o goffamente superficiali. Surrogare la potenza mistica o simbolica ricorrendo a uno spiritualismo new age da dozzina o, addirittura, ingigantendo la falsa libertà dei diritti civili insufflatagli proprio del Potere … noteremo come gli artisti, oggi, siano quasi tutti o libertari o rivoluzionari o malati … per finta, ovviamente … o estendono poemi sulla donna o la chiappa liberata oppure dileggiano la tradizione classica credendosi dei monelli della creazione, come Bacon, che deturpa Raffaello; o Cézanne che crede di riattualizzare Ingrés … al postmoderno, poi, la cui paccottiglia affolla i musei dell’Internazionale Nichilista, è precluso l’antico; non gli rimane che il Nulla, di cui si pasce: le balle bruciate dal Burri o <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2019/01/gli-ultimi-giorni-dellumanita.html">la colata di pongo di Jeff Koons</a> questo è: manipolazione del Nulla, puro deambulare nel deserto, gratuità e scandalo pianificato. Oltre questo nulla, appunto, è; siamo al limitare dell’abisso: o ci si compiace della mistificazione, e del giro di talleri a essa connesso, o ci si suicida.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><i>Il ruggito del topo</i> (<i>The mouse that roared</i>, 1959), un filmino tepidamente brillante di Jack Arnold, tratta d'un insignificante ducato europeo, Grand Fenwick, che vive dell’esportazione del proprio vino. Quando la California ne produce, però, una buona imitazione, l’economia dello staterello crolla rapidamente. Gran Fenwick dichiara, perciò, guerra agli Stati Uniti inviando un esercito di venti uomini a New York, armato di mazze e alabarde … L’intento è di arrivare a un istantaneo trattato di pace, ma, per una fortuita serie di combinazioni, il ducato costringe gli Americani alla resa divenendo una delle nazioni più potenti del mondo, interlocutore geopolitico pari a Francia e Unione Sovietica … Arnold è famigerato per le sue operazioni vintage sci-fi (<i>Il mostro della laguna nera</i>, <i>Tarantula!</i>, <i>Destinazione … Terra!</i>), ma tale parentesi nella sua produzione mi torna alla memoria, irresistibile, per la vicenda degli Houthi. Gli Houthi, munitissimi e arditi combattenti yemeniti, tengono in scacco l’Inghilterra e la sua digrignante colonia, l’America, e, con loro, l’intero mondo occidentale: sparano missilotti ai cargo di passaggio, addirittura. Le terribili superpotenze, abili a radere al suolo Dresda, Hiroshima e Nagasaki, contrattaccano, almeno così ci dicono, con alcuni raudi mirati e una salva di micidiali tricchetracche. Il Mar Rosso, aorta del commercio mondiale, è stretta in un laccio emostatico. Ne risentiranno (già immagino Federico Rampini farci una desolata panoramica della crisi) i costi, i prezzi, i consumi … leggi: i coglioni al supermercato … non mi addentro, poiché ignorante come una capra andina, nelle delicatissime analisi strategiche … quando tutto, ma proprio tutto, rientra nel più banale impoverimento dell’Occidente per favorire la globalizzazione, e l’imporsi della Monarchia Universale. Globalizzazione significa riequilibrio mondiale: le fogne di Calcutta, insomma, hanno da diventare anche le nostre. In tal senso: quelle indiane migliorano sin all’accettabilità, le nostre declinano verso le loro (di mezzo secolo fa). Dalla nostra prospettiva cosiddetta occidentale globalizzare equivale alla globalizzazione delle pezze al culo. Una volta la globalizzazione, nota al miccame quale capitalismo imperialista colonialista, s’identificava con nazioni precise: America, Inghilterra, Francia, Belgio (quel maledetto Leopoldo!) … ora con l’orbe terracqueo … i padroni son sempre gli stessi, ma spalmano la ricchezza per omogeneizzare e dominare. Ettore Gotti Tedeschi si stupisce, il sottoscritto meno. Ormai siamo al livellamento ottenuto con veri e proprie traslazioni di ricchezza: il settore dell’acciaio conferito da Italia e Inghilterra all’India (all’India!), grazie ad accorti boicottaggi in Patria, è solo un banale esempio (Jean Raspail si era persino <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2017/06/il-campo-dei-santi-libro-profetico.html">tenuto basso ne <i>Il campo dei santi</i></a>); la faccia da pesce lesso di Biden o le orecchie a sventola di Sunak, ulteriori altri; la privatizzatrice della Garbatella l’ennesimo, seppur meschino; persino la iattanza assassina di Benjamin Netanyahu e le dichiarazioni genocide di parlamentari e ministri a latere rientrano in tale profilo: troppa chutzpah, come a conformarsi a un’idea antisemita dell’Ebreo … per tacere delle manfrine all’ONU, inimmaginabili sino a pochi mesi fa, e dei tunnel nuovaiorchesi, col materasso lordato da riti innominabili … il che, lo si riconosca, ha un bel tanfo da Pasque di sangue ... manca solo il meme dell’Ebreo nasuto che si frega le mani … sì, forse anche Israele sta scientemente suicidandosi, aderendo alla propria effige deformata e rinnegando sé stessa, a favore della Pace Universale … Beniamino in pensione … si ritiri nel proprio kibbutz dai rubinetti d’oro e la smetta, per favore … la storia dovrà pur fermarsi prima o poi … anche a Gerusalemme occorre una donna, per sbriciolare, ancora un pocolino, il macigno giudaico che ci assilla dai tempi di Tito … l’israeliana Natalie Portman è la mia favorita, l’ho sempre detto, ma si accettano altre candidature.<br /></span><span style="font-family: inherit;">Il pietrisco, il pietrisco occidentale, questo si vuole; il resto del mondo conta poco, ai fini spirituali.<br /></span><span style="font-family: inherit;">Ogni nazione deve assurgere a paria dell’altra; tutte s’inchineranno al Re del Mondo.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">Declino di un paese nel settore siderurgico: basti confrontare i cucchiaini da bar di trent’anni fa con quelli di oggi. Qualcuno se n’è accorto? Chissà se esiste qualche bel grafico che incrocia, ascisse e ordinate, il periodo post ’89 con la composizione e il peso dei cucchiaini da bar.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">Gabriel Attal è Ebreo sì, ma un Ebreo liofilizzato. Non sa che farsene dell’Olocausto, né dei rabbini e nemmeno del Libro di Ester. Si tratta di un omarino casual, iniziato ai più bassi godimenti e a quel blando machiavellismo amorale cui è ridotta la politica. Egli fu anticipato da chi sapeva, in quanto traditore dell’umanità: in tal caso da Jean-Paul Sartre, in uno dei racconti tratti dalla raccolta <i>Il muro</i> (<i>Le mur</i>, 1939), <i>Infanzia di un capo</i> (<i>L’enfance d’un chef</i>). Sartre, uno dei tanti bari del Novecento, ovviamente tira acqua al proprio mulino: se, però, avete l’accortezza di non soffermarvi su contingenti e ingannevoli termini quali “socialista”, “ebreo”, “fascista”, troverete il reale significato della novelletta, anticipatrice del teatro nichilista attuale.<br /></span><span style="font-family: inherit;">Essa segue la formazione antropologica di un giovane rampollo, ricco figlio di un industriale di provincia.<br /></span><span style="font-family: inherit;">“<i>Sono un bravo scolaro. No. È solo apparenza: un bravo scolaro ama lo studio, io no. Ho buoni voti, ma non mi piace lo studio … Non sarò mai un capo</i>”, confessa sconsolato Lucien nelle prime pagine. La depressiva rivelazione lo spinge a concepire un <i>Trattato sul nulla</i>. Lucien sente di non esistere, avvertendo la mancanza di una propria definizione sociale, morale. Pensa al suicidio. Stringe, poi, amicizia con l'ambiguo Berliac. Questi gli confida di aver desiderato la madre sino ai quindici anni. Lo istiga, quindi, a leggere Freud; cosa ch’egli fa: “<i>Fu una rivelazione … il vero Lucien era profondamente sommerso nell’inconscio</i>“. Tramite Berliac, conosce un fascinoso pederasta, Achille Bergère, che presto insinua in lui Breton e Rimbaud, oltre ad additargli le dolci mollezze <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2018/03/elementi-di-critica-protozoica.html">della dissoluzione protozoica, à la Mario Mieli</a>; Bergère, infatti, lo invita nel suo boudoir “<i>zeppo d’oggetti comici e strani: sgabelli col sedile di velluto rosso poggiato su quattro gambe di donna in legno dipinto, statuette negre, una cintura di castità in ferro battuto con spunzoni, mammelle di stucco con dei cucchiaini conficcati dentro; sulla scrivania un gigantesco pidocchio di bronzo e un teschio di Monaco rubato in un ossario di Mistrà …</i>”; quindi lo istruisce circa il suo dysangelium: “<i>Credere che vi siano oggetti specifici del desiderio sessuale e che questi oggetti siano le donne perché hanno un buco tra le gambe, è lo schifoso e volontario errore degli uomini seduti … la prima cosa da fare è persuadersi che tutto può essere oggetto del desiderio sessuale, una macchina da cucire, una provetta, un cavallo o una scarpa …</i>”. Lucien esita: “<i>Se andava sino in fondo, se si dava, sul serio, allo sfregamento di tutti i sensi, il terreno non gli sarebbe poi sfuggito sotto i piedi e lui non sarebbe annegato?</i>”. Ma, al solito, sciolti i vincoli prossimi e sacri, l’Abisso si fa irresistibile. Prima il nepente dell’haschisch, quindi l’iniziazione, ovviamente richiesta, sotto le spoglie d’un moto di rabbia, dallo stesso Lucien, perché è sempre la vittima a concedere il permesso: “<i>Una bocca tiepida e molle s’incollò alla sua, pareva una bistecca cruda … Bergère lanciò un grido di trionfo: ‘Finalmente ti decidi … faremo qualcosa di te</i>’”. E cosa? Lucien esita, deve riguadagnare quel qualcosa, per non lasciarsi riassorbire dal nulla. Ovviamente è impossibile. Anche nell’etica vige la Seconda Legge della Termodinamica. E allora finge. Dapprima l’amore eterosessuale, poi l’impegno nazionalista, reazionario e antisemita, tutto per riacquistare la sanità della mente, resa inferma proprio dai veleni assorbiti. Egli, però, continua a rimanere estraneo a sé stesso, come oggi noi tutti, e ogni opinione o scelta rilevano quali recite di un indifferente. E però la finzione, lo smalto sul nulla, lo appaga: è negli occhi dell’altro a riposare l’orgoglio d’essere qualcosa. Sarà un vuoto, ma conscio di un inalienabile diritto alla sopraffazione, un capo fedele al destino della sua razza, totalitario, troppo in alto per le bestiole. Da lui, un deraciné, superata l’idea del suicidio, ci si può aspettare solo una protervia nichilista di cui la politica e l’economia non sono che blandi travestimenti. Lucien Fleurier è Gabriel Attal, <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2020/11/i-nostri-carnefici.html">ma anche uno dei milioni di giovani che, mi cito</a>, “<i>vengono continuamente forgiati per adempiere alle scritture della dissoluzione. Vacui, senza opinioni, timorosi, essi si accendono di solerzia, lieti d'esser utili, solo quando il Re del Mondo ne reclama i servigi anomici. In tal caso, il loro occhio brilla: finalmente un ordine! Saranno loro i liquidatori dell'umanità residua, abituati a comportarsi da inumani. Numeri, statistiche, linguaggi deprivati, psicopatie ben temperate, utopie mendaci costituiscono l'imbottitura vana dei loro aridi cuori. Non comprendono, semplicemente. Ai ragionamenti oppongono sorrisi spenti, alla pietà un silenzio terrificante; i gesti più nobili o appassionati gli appaiono vani, frutto d'un moto dell'anima talmente ricco e remoto da farli rabbrividire</i>”.<br /></span><span style="font-family: inherit;">Essi compiacciono lo Spirito dei Tempi, la strage.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">Morta Liliana Segre, e qualche trombettista di rincalzo, Anna Frank e l’Olocausto finiranno come il cane impagliato Bendicò nel memorabile finale de <i>Il gattopardo</i>, luogo letterario da me debitamente e continuamente evocato. Mai ben compreso, però. Come quella frase: “<i>Se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi</i>”. Nulla cambia, ma, in realtà, ogni cosa cambia. Change, we can, podemos. Traduzione: la libbra di carne del nostro passato, corrusco e dolcemente policromo, per trenta denari: ovvero in cambio di nulla.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">In giovane età amavo leggere Sartre; condividevo il suo <i>L’esistenzialismo è un umanesimo</i>. Lo citavo ghiottamente. Ciò avveniva perché non ebbi maestri. Un maestro indica la via, l’unica giusta, nel labirinto. Senza maestri si arriva alla svolta sbagliata, presso anditi oscuri: oltre v’è il Minotauro. Si è perduti. Minosse crea il labirinto grazie al tecnico Dedalo; Minosse, il compagno di Pasifae, colei che “<i>s’imbestiò nell'imbestiate schegge</i>”, a saziare voglie ignobili, partorendo la Bestia. Solo Teseo, guidato da Arianna la Luminosa (ari-agnos: castissima, purissima) può rivelare gli inganni e le astute inversioni, i bracci ciechi, i tranelli. Sartre, questo gnomo strabico, sentina del pietismo proletario, elabora la cialtroneria dell’esistenzialismo che in lui “<i>prende la forma di un umanesimo ateo in cui ogni individuo è radicalmente libero e responsabile delle sue scelte, ma in una prospettiva soggettivista e relativista</i>”. E cosa vogliono significarci queste nobili frasi, gravide d’una accecante ansia di libertà? Una condanna a morte. È quel “<i>radicalmente libero</i>” che affila le lame del boia … poiché richiama, irresistibile, la scelta … e la responsabilità … quante volte siamo stati redarguiti, noi pochi, da un amabile progressista: la perfezione uccide l’uomo! Il vostro Dio senza macchia schiaccia l’uomo! Lo incatena a un popolo di leggi inconciliabili con la sua natura fallace! Ma è vero proprio l’esatto contrario. È il diuturno riferirsi a un’immacolata e pura pietra di paragone a rendere la vita degna d’esser vissuta; e a viverla, nelle ondulazioni fra bene e male, aspettando di diluirla nell’eterno. Per questo Zolla può esercitarsi in quella sua felice metafora che privilegia l’uomo contemplativo rispetto a quello critico: l’uomo che viva al cospetto della Verità irrobustisce sé stesso come una carpa centenaria che gira attorno alla mola d’uno stagno. Au contraire, come esige Sartre, è proprio la libera scelta a costituire una dannazione; una responsabilità che rende folli, che liofilizza, che drena le forze vitali sino a renderci “<i>stuffed men</i>” con “<i>dry voices</i>”, incapaci di reggersi in piedi, la testa impagliata … Anche qui vige l’inversione: è proprio l’obbedienza alle leggi della comunità, formatesi nei millenni, a sgravare dalla libera scelta e dalle responsabilità. È l’obbedienza a ciò che ci ha sempre mantenuti in vita a renderci liberi. Il Potere ha sempre contraddistinto Tradizione e Verità come pietre di riferimento da rifuggire. In ogni filmucolo, libercolo o saggetto si è perciò esaltata la ribellione, l'infrazione, lo slegarsi da ciò che si è sempre stati … e ora osserviamo i frutti di questa teologia sovvertitrice: pallidi, smunti, folli, ottenebrati … costretti a rilanciare continuamente le loro menzogne, sempre più lontano, con incedere totalitario.</span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">È morto Gigi Riva. Le prefiche nelle redazioni hanno recitato trenodie per un paio di minuti, poi, ravviatesi la chioma ipocrita, hanno ordinato un bel piatto di rustici e supplì. Scatta, quindi, l’operazione che più sta a cuore: dedicargli lo stadio. Perché è un eroe? Non sia mai! Gli eroi non sono ben visti, potrebbe scapparci l’emulazione, come con Jonathan E., ma solo perché la dedica può scacciare definitivamente un altro impaccio: la memoria del santo cristiano. Certo, a Cagliari la denominazione Sant’Elia è già negletta; per scongiurare ritorni di fiamma, tuttavia, meglio metterci sopra questo monolite bagnato con lacrime da clown. San Siro? Andato pure quello, c’è Giuseppe Meazza. San Paolo? Meglio Diego Armando Maradona. San Vito e San Filippo? Presto sostituiti da Gigi Marulla e Franco Scoglio. San Nicola di Bari? Hanno persino operato un sondaggio per la sostituzione (“Mediterraneo”, “Azzurro” e “Levante” le ghiotte alternative), ma stavolta è finita male, Nicolino ha dimostrato una bella resilienza … per poco, però … già s’intravede, nelle brumose lontananze, l’incedere di altre sagome laiche … Raffaele Costantino o, se gli piglia un sintomo, Antonio Cassano, Dio ce lo conservi!</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">Ogni tanto mi capita sott’occhi la pubblicità d’un vecchio giornale, oppure rivedo telefilm nostalgici e coriacei, d’un tempo oggi impensabile. <i>Kojak</i>, a esempio. Lo danno su una rete minore, non ricordo quale. Lasciamo da parte Savalas, e il suo straordinario doppiatore Lino Troisi. Soffermiamoci sulle attrici. Attrici americane, puramente americane. Bionde brune orientali negre. Snelle senza essere magre, con lunghi capelli naturali, vestite in modo semplice quanto impeccabile; la recitazione sciolta e credibile. Belle. Alcune più note, come Sally Kirkland, altre di seconda fascia (Sheree North) se non di rincalzo: Kitty Wynn, Juno Dawson, Virginia Vestoff. Qualcosa è accaduto anche lì, mi dico, la devastazione riguarda tutti i centri spirituali, anche quelli secondari, come gli Stati Uniti. Un’attrice, oggi, sembra uscita dal laboratorio del dottor Moreau, il volto picassianamente scomposto, se non deforme; l’esagerazione goffa nelle movenze, lo sguardo istupidito, i paludamenti da strega, e gli ammonimenti etici … ché tutte hanno un messaggio infilato da qualche parte, come la matita del fornaio, dalle evirazioni polcorrette alle scarpette rosse al climate change o ai prepuzi in pericolo, quest’ultimi un po’ in calo, per la verità.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">Ma sì, con Theo Kojak ci si riconcilia con la normalità. L’eresia sistematica, infatti, muove al disgusto. Vediti Lanthimos, mi suggerisce un tizio che, lo deduco dall'avanzato stato di corificazione, è di quelli che passa ore a vedere serie su Netflix. Rispondo: meglio <i>Walker Texas Ranger</i>. Appaga il mio buon senso. Ricordate la trita metafora: i nani sulle spalle dei giganti? Nel perseguimento della sapienza vale il contrario: le ricognizioni nelle superne cose de l’etternal gloria abbisognano delle quotidiane nappine color pimpinella, d’un presente gozzaniano, familiare, del solido focolare. Chi nel pensiero finge interminati spazi, e sovrumani spazi, e profondissima quiete, torna alla base tremante di verità. Cosa vuole, allora? Vuole Carluccio, Paolina, il gelato, la scampagnata. “<i>Quando io era fanciullo, diceva talvolta a qualcuno dei miei fratellini, tu mi farai da cavallo. E legatolo a una cordicella, lo venia conducendo come per la briglia e toccandolo con una frusta. E quelli mi lasciavano fare con diletto …</i>”. E a Pietro Giordani: “<i>L’andamento e le usanze e gli avvenimenti e i luoghi di questa mia vita sono ancora infantili, io tengo afferrati con ambe le mani questi ultimi avanzi e queste ombre di quel benedetto e beato tempo, dov’io sperava e sognava la felicità, e sperando e sognando la godeva, ed è passato né tornerà mai più, certo mai più; vedendo con eccessivo terrore che insieme colla fanciullezza è finito il mondo e la vita per me e per tutti quelli che pensano e sentono; sicché non vivono fino alla morte se non quei molti che restano fanciulli tutta la vita</i>”.<br /></span><span style="font-family: inherit;">Petrarca zappetta, Machiavelli gioca a carte, Pontormo reclama talleri per comprarsi il pranzo, Tycho Brahe si gode la quiete dell’isola di Hven. L’esaltazione dell’artista scarmigliato e intontito dal laudano è trovata (o sintomo) moderni; di quello sbrindellato e folle, postmoderna, poiché si confonde deliberatamente atto creativo e ubriacatura; se mai un tale figuro rifulse di grandezza lo fece perché dissolveva il passato: la grandezza, a volte, consiste ingannevolmente proprio in tali braci, nell’osservazione estatica dei ruderi di ciò che fu eminente.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">Personalmente mi ripugna l’essere continuamente scandalizzato dall’eccesso, dal proteiforme, dall’inversione. Perché ti senti insidiato nel tuo ruolo sociale che non è null’altro se non un prodotto relativo del patriarcato!, direbbe qualcuno. Ma, anche qui, è l’esatto opposto che vige. Proprio quelli che amano saziarsi dell’innaturale, del mostruoso, dell’oltraggio alla buona norma, risultano i più ottusi e ridicoli conformisti. Sono esclusivamente delle teste di paglia cui il Potere ammannisce voglie, speranze e desideri precotti. L’alienazione che li porta ad accettare l’inaccettabile, ovvero tutto ciò che li distrugge, entra poi in frizione col loro autentico Io. Tale disinganno si scioglie in livore ch’essi, ovviamente, orientano contro i latori di verità, non certo contro chi li inganna. Più sono vuoti più berciano, più sono estremi più reclamano l’autodistruzione. Tale la dissoluzione che si nutre della propria coda. Rivelarli a sé li incarognisce a tal punto che, fanatici come sono, arriverebbero al delitto pur di continuare ad affermare l’illogico e l’anormale.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">Qual è l’oggetto domestico più odiato? La sveglia.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">Come mai tutta questa lasciva e forsennata corsa a instillare nelle menti delle teste di paglia la fluidità di genere? E perché si abbassa l’età, sempre di più, per il cambio di genere? Molti si lasciano confondere dalle Bassaridi con la bava alla bocca. Esse difendono il fanum, il tempio del nuovo credo: sono, infatti, fanatiche. Ai piani alti, però, la questione giace nel cestello della gelida considerazione tecnica, fra i 6 e i 10 gradi, perfetta per il brindisi, al momento giusto. I governi zootecnici si occupano di mansuefazione, solo di quello: “<i>Gli asini castrati tendono ad essere più prevedibili nel loro comportamento … ciò dipende dall'età che avevano quando sono stati castrati … </i>[Si] <i>raccomanda</i> [perciò] <i>che i puledri maschi vengano castrati tra i 6 ed i 18 mesi e preferibilmente il prima possibile in questo arco temporale … Più giovane è l'asino al momento dell'intervento, minore sarà per lui il trauma inevitabilmente subito e maggiore sarà l'influenza sul suo comportamento ... Maggiore è l'età a cui vengono castrati, maggiore è la probabilità che i castroni continuino ad esprimere un atteggiamento territoriale e possano inseguire con aggressività altri animali domestici … in genere gli asini interi non sono adatti come animali da compagnia, e nessuno che non sia in possesso delle adeguate strutture e conoscenze dovrebbe tenere uno stallone. Se vuoi un asino come animale da compagnia o per cavalcarlo, come traino o semplicemente per portarlo con te in passeggiata, allora un castrone o una femmina saranno più adatti rispetto ad uno stallone</i>”.<br /></span><span style="font-family: inherit;">Non importa la quantità di coglioni e mammelle recise, conta l’esempio, l’immagine tempestiva e iconica, la testimonianza rivelatrice: ero infelice … ma ora sono felice … ero imprigionato/a … ora libero/a … come i due uranisti immortalati col loro bimbo, l’uno ritto e ridente a tutta ganascia e l’altro pure, ma in un letto d’ospedale, come se avesse lui sgravato, da vacca, il pargolo nella foto … e invece ha bonificato una somma digitale alla scrivania, anzi al desk … ammesso che tale presepe del sottosopra sia vero, fatterello di cui annuso la revoca in dubbio … l’importante non è mai il numero, ma la mitridatizzazione dell’innaturale. Per un adolescente che si evira ce ne saranno centomila che si diporteranno come evirati, seppur penduli latori di poppe e mentule … che l’unico castrato, un qualsiasi Lucignolo attirato con malizia nel Paese dei Balocchi, prima o poi si suicidi … tutto ciò smiagolerà nell’indifferenza … come sempre: è servito, ora non serve più.<br /></span><span style="font-family: inherit;">Chi ha orecchie (da somaro) per intendere, intenda.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">Il micco socialista (cioè da social; sponda destra, a suo dire; come esistesse una cosa chiamata destra) ama estendere grafici e statistiche: ecco, vedete (e qui punta il cursore della dabbenaggine), il 35,16% dei reati è commesso da immigrati che sono solo il 7,97% della popolazione italiana! Siamo invasi! Kalergi! <br /></span><span style="font-family: inherit;">Ciò, lo riconosco, vanta un’indiscussa base di verità. D’altra parte noi Italiani, in quanto immigrati a mezzo fra bianchi e negri, eravamo oggetto delle medesime considerazioni.<br /></span><span style="font-family: inherit;">La statistica di cui sopra, però, occorre tradurla con altri cifrari e ciò dona una soluzione assai meno rassicurante: apocalittica, quasi. Questa: gli immigrati delinquono di più solo perché più vitali degli Italiani. Gli immigrati, in generale, e nomadi e zingari in forza ancor maggiore, mantengono un’autentica identità antropologica, in larga parte immune dalle sciocchezze del polcorretto. Vivono, e allora delinquono. Sarebbe utile riandare a certe pagine delle gazzette romane, che so, di un giorno qualunque del 1951; l’inferno in terra: stupri, abbandoni di neonati, rapine, stragi sul lavoro, uxoricidi, regolamenti di conti, abigeati, piromanie assortite, naufragi, infanticidi; e un gran numero di reati passionali, o di suicidi per passione: a volte terribili, altre ridicoli, in alcuni casi melodrammatici: lascia un biglietto alla madre, alla sorella, all’amato … era la letteratura a imitare la vita poiché gli Italiani del 1951 vivevano … lo stesso vale per l’economia: chi voglia testarne la vitalità non ha che da andare (è gratis) a sbirciare i corridoi del Tribunale Civile di Roma, sezione Lavoro … Deserti. La litigiosità (leggi: lo scontro fra Titius, Gaius e Maevius - Sempronius è in vacanza - per ottenere un quid) è proporzionale alla vitalità; e sintomo d’inesauste efficienze e di furente creatività. Ma qui il sangue non scorre più, il cuore fatica a pompare il sugo della vita nelle arterie, le dita putrefanno, le estremità anneriscono nella cancrena; sopravvivono i luoghi irrorati da denaro pubblico a debito e, ovviamente, in primis, i capataz della repressione pagati coi soldi del Monopoli a debito: gendarmi, magistrati d’ogni risma, politicanti.<br /></span><span style="font-family: inherit;">Nella guerra, e nella simulazione sua simbolica (tale la congenita Tragedia Universale), consiste, infatti, l’élan vital dell’Uomo.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">Ma proprio adesso siamo in guerra! Viviamo un’economia di guerra! Le guerre imperversano attorno a noi! Ma quale guerra … la guerra è quando il soffitto ti cade in testa. Noi, al massimo, stiamo tifando dei simulacri di cui nemmeno sappiamo i fini; muovendo oziosamente soldatini da Risiko, giusto per soddisfare un superomismo accademico da videogioco.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Gli ultimi trent’anni li ho passati a lentamente disconoscere ciò si erano sforzati di insegnarmi. Un pezzo alla volta. Non si è trattato di negare alcunché: ho solo cambiato prospettiva.</span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Perché 30 chilometri orari? In una società che promette la libertà illimitata, le restrizioni invadono il quotidiano, sin al grottesco. Divieti, verboten, obblighi, scadenze, impedimenti: il gioco dell’oca amministrativo serve, però, una missione più alta: la mummificazione dell’Italiano. Sì, perché questo era il problema: l’Italiano, nonostante la decadenza, si muoveva ancora troppo; creava, produceva, rimorchiava, mangiava, pisciava negli angoli, si divertiva. Dopo il fatidico 1989, occorreva, perciò, lentamente attirarlo nel corral del proprio bene, per la domesticazione definitiva. I primi sintomi: cinture di sicurezza, legge sulla privacy, strisce blu. In capo a un decennio egli già nitriva a comando; poi il polcorretto; alla domanda: quanto fa due più due, egli zoccolava per quattro volte, di rimando; prese addirittura, ormai ridotto a infelice ronzino, con l’orribile gabbia toracica in vista, il dorso segnato dalle nerbate, a fare patetici girotondi guarnito a parata, viola arancione verde, al trotto e al passo. Eppure, si rimugina in alto loco … serve Qualcosa d’Altro … una bella scarica elettrica, il taser del domatore … ed ecco il lockdown, e la purga connessa … il povero cavallaccio ora non si muove quasi più, nella stalla, col muso lungo e l’occhio cisposo; non capisce … manco lo portano più a fare un giretto, ‘sto Soldatino senza biada … deperisce, si liofilizza ancora, lo recano all’ammazzatora, docile … non s’accorge di trapassare a salsiccia oppure d’esser finalmente impagliato, e far mostra, lui che cavalcava in testa al mondo, in qualche salone dei nuovi giardini pensili di Babilonia.</span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">“<i>Uomini di genere maschile! Soffittizzatevi!</i>”, è il neologismo di dolore gridato da Totò in <i>Totò e le donne</i> (Stefano Vanzina, 1952), “<i>contro il logorio della donna moderna</i>”. Il tappezziere Filippo Scaparro è assillato omni die da moglie, figlia, domestica … trova, quindi, rifugio in soffitta, lontano dai ragionamenti e sragionamenti femminili, fra polvere e cianfrusaglie; legge gialli in cui s’ammazzano consorti, getta la cenere per terra, accendi ceri presso la personale edicola dedicata a Henri Landru, già modello del serial killer Chaplin in <i>Monsieur Verdoux</i> … esilaranti i bisticci con la moglie e la domestica che equivoca “<i>meloni</i>” per “<i>milioni</i>”; così come la scena dell’iniezione, con la famiglia che se la ride dei guai sanitari del protagonista mentre la figlia, concupita dal “passerottino” De Filippo, pretendente “maturotto”, s’improvvisa catastrofica infermiera. Anche qui osserviamo le attrici: graziose le meteore Primarosa Battistella e Giovanna Pala, notevoli Lea Padovani, acconciata à la Cleopatra, e Teresa Pellati, volto più duro e sofferto; bellissima la Faldini, la sefardita dagli occhi celesti che fece “sbottare in cuore la primavera” al nostro Principe ... alcune delle tante Simonetta Vespucci che formavano il gusto estetico dell’ex Italiano.</span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">Dopo settantadue anni la soffittizzazione, inevitabile ricasco della mummificazione sociale, s’è trasformata quasi in disposizione di legge. Smartworking, disoccupazione, sussidi di massa (tale il compito del reddito di cittadinanza che, prima o poi, rispunterà), città in quindi minuti, feroce diffamazione PolCor delle comunità intermedie fra cittadino e Stato, indurranno i milioni a liofilizzarsi in soffita: si tratta dell’operazione cubicolo, più volte evocata, che, abbinata a un progressivo indebolimento culturale e fisico, recherà l’estinzione in pochi decenni. Col pieno consenso dei panda coinvolti, sia chiaro; d’altra parte ci è sempre stato domandato: vuoi tu questo? … perché il vampiro nulla può senza il consenso della vittima. La risposta, però, fu: sì, o un no che, di fatto, era un sì.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">Dopo il generalissimo Francesco Paolo Figliuolo (predicatore delle vaccinazioni di massa: “<i>Sarai mondo se monderai lo mondo …</i>”) ecco l’equipollente Pasquale Angelosanto, in veste, stavolta, di repressore del terribile morbo antisemita; in un Paese in cui due terzi dei maggiori TG nazionali sono saldamente nelle mani di semiti (dall’aprile all’ottobre 2000, con l’insediamento del malaccorto Apolide di Beirut, i tre terzi). Entrambi forgiati presso l’Accademia di Modena che, come ricorderete, fu teatro <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2017/05/piu-di-quarantanni-fa-il-destino.html">d’una epocale catechesi da parte del protoglobalista Eugenio Cefis</a>. Si aspetta con ansia, perciò, il disvelamento della Trinità: quale completista ossessivo, a esempio, accoglierei con favore la nomina del generale di Corpo d’Armata Alvise Giorgio Paternostro a VBB (Vigilante Blog Birichini). Anticipo, sin d’ora, che ho l’ansimante PC zeppo di scritti e immagini compromettenti. Paternostro, però, può infilarci quello che vuole, per quello che me ne frega … sono in fin di vita, oramai, ché </span>tengo afferrati con ambe le mani questi ultimi avanzi e queste ombre di quel benedetto e beato tempo, dov’io sperava e sognava la felicità.</span></p>Alcestehttp://www.blogger.com/profile/04852044188872845420noreply@blogger.com109tag:blogger.com,1999:blog-654788918314523587.post-3600933523824276122023-12-14T13:39:00.028+01:002023-12-15T20:16:55.224+01:00Il mondo dietro di noi<p style="text-align: center;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="630" data-original-width="1200" height="336" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgzgURNos5p_orZrbnw-TDnnY5prkk2wy8XlDfUQ3Dbde_m3dqc_sBDUZIxN8x-ZvuvgEhpHpIwoTUzYOlNIEKXVwYFRz5nO1GDZfjXWCd-lFXIuniQx_cZrlK8NbfZ4sjxJZJvh78_cvAB_sskQhDfCFhlFHVfYl_uWjnfamXQbV-5xMgPWtk281ShPbDa/w640-h336/Il%20mondo.jpg" width="640" /></div><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Roma, 14 dicembre 2023</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Il centrodestra vuole il premierato. Per chi? Per il prossimo supertecnico che le darà il benservito. Col proprio consenso, ovvio. Nel farlo, tirerà un sospiro di sollievo: le famiglie sono ormai al sicuro, gli appalti pilotati a dovere … ora tocca ai vicini di loggione … il popolicchio si arrangi, lui e il suo stellone … per noi può tornare chiunque … Draghi, Monti, Schlein … espirazione, inspirazione … sinistra, destra, tecnico, sinistra, destra, tecnico … il micco è servito, <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2018/01/davai-italianski.html">Davai Italianski!</a>, limone in bocca e carota, l’immancabile carota, a vellicare il tifo più sterile e l’istinto dell’autocommiserazione. Rivoltolarsi nel brago della decadenza, infatti, dona brividi di piacere.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Non è stato il Ministro dell’Istruzione e del Merito dell’ex Repubblica Italiana, Giuseppe Valditara, a nominare Anna Paola Concia quale ambasciatora dell’<a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2017/10/lamore-ci-avvolge-tutt.html" target="_blank">Amore che ci Avvolge Tuttə</a> nelle aule che stipano i residui pargoli italiani, ormai istupiditi, bensì Anna Paola Concia a creare le condizioni per la nomina di Giuseppe Valditara. Solo alla luce delle vere gerarchie si comprende la realtà globale. La devoluzione dell’avanspettacolo leghista “Profumo Dur - secessionismo con carro armato di latta - ponte dei terroni - lesbiche in classe” è solo apparentemente enigmatica. In realtà non ci siamo mai spostati dalla catastrofe (gr. kαταστροϕή, rivolgimento, capovolgimento finale che rivela la tragedia), progettata più di trent’anni fa, a cadaveri e macerie ancora caldi. Che la Anna Paola Concia abbia rinunciato all’incarico fa solo parte del piano che, al riparo da ogni obiezione, avanza. Al prossimo suono della campanella, magari con una nuova maggioranza, avremo i surrogati della direttrice artistica Concia, vestiti a festa, con i talleri europei cuciti sulle tutine d’organza, a insegnare come si diventa un servo, definitivo e irredimibile.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Il giornalista Massimo Del Papa, vaccinato, si lamenta dei danni da vaccino. La sua ricognizione sulle responsabilità istituzionali è condivisibile. Meno accettabile è lo j’accuse contro lo Stato e i partiti che promanerebbero da ideologie totalitarie, di destra e di sinistra. Già che c’è, forse per riflesso pavloviano, Del Papa coinvolge anche la Chiesa. L’errore è fatale. È proprio l’assenza dello Stato, già parodia della Patria, e cioè lo Stato 2.0 aggredito e conquistato dalle fanfaluche sul libertarianesimo, il liberismo, i liberali e il pensiero debole, ad aver permesso e giustificato questo. Il presunto Stato, in tale vicenda allucinante, entra solo coi suoi rami repressivi; un nudo esoscheletro con mere funzioni di polizia, ingannevolmente al servizio degli individui. La partita impari, e dall’esito segnato, si giocava fra tale apparato, connesso criminalmente a livello globale, e l’individuo. Di qui la tragedia. Tutto ciò che sino a pochi decenni or sono costituiva la vera difesa dell’individuo dal totalitarismo - organizzazioni religiose, accademiche, amicali, militari, corporative, politiche e professionali - fu dolosamente liquidato; spesso in nome di quella falsa libertà anarcoide, instaurata durante le rivoluzioni colorate degli anni Sessanta, di cui le parole di Massimo Del Papa sono ancora riflesso.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">La fiscalizzazione dell’esistenza si è insinuata fra noi inavvertitamente, grazie al trojan della comodità.<span></span></span></p><a name='more'></a><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">App, scaricate la app, utilizzate la app; la PEC, la mail, lo SPID, la password, il codice, il QR code, la registrazione digitale, la firma digitale. Ciò che doveva liberarci dalle scartoffie, ha creato il kipple della scartoffia: spesso, gravoso, ineliminabile. Centinaia di scadenze, decine di disguidi, more, aggi, multe, gerarchie di solvibilità, interessi, ratei, ammortamenti, imposte, gabelle. Lo scopo è di impoverire, certo, questa la facile accezione del fenomeno; soprattutto, però, di tenere sulla corda, mai tranquilli, perché i debiti degli usurai, come sa chi ne è stato vittima, annientano lentamente l’anima. Di fatto è una tecnica di tortura per indurre all’abiura, adottata con successo in ogni realtà concentrazionaria. Ne sono travolti tutti. In una parrocchia del suburbio la perpetua ha acceso una vertenza contro il sacerdote entrante: 60.000 euri. E il nuovo non sa dove sbattere la testa. La messa in regola degli impianti ne ha già depauperato irreversibilmente il fondo-cassa; ora questa batosta; la saletta teatrale, fonte di qualche spiccio, è stata chiusa poiché non soddisfa le regolamentazioni europee vigenti. L’ENEL si è fatta viva reclamando un pingue conguaglio. I Nostri si sono ridotti ad affittare alcuni locali a raduni di usurai: compravendite aggressive di varia natura. I parrocchiani, per salvare il salvabile, si acconciano da credenti a clienti. La Chiesa, luogo del Sacro che espelleva il Mondo, è stata invasa proprio dal Mondo: se i Guardiani del Sacro, i Santi, sono assassinati sugli spalti, è inevitabile che le mura cedano di schianto. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span>Nel romanzo <i>Ubik</i> il protagonista è un tecnico, Joe Chip, al soldo della multinazionale guidata da Glen Runciter. Il mondo del depresso e povero Joe Chip, popolato da freak (telepati, precognitivi, inerziali) e da razze aliene, oltre che da un’implacabile burocrazia, è governato da intelligenze artificiali che, ormai, vantano un posto nella gerarchia superiore al suo. Persino la porta della propria misera abitazione gli dà sulla voce: “[Chip] <i>fece quindi ritorno frettolosamente alla porta dell'appartamento, girò la maniglia e fece leva sul catenaccio. La porta rifiutò di aprirsi. Disse invece: ‘Cinque centesimi, prego’. Cercò nelle tasche. Non aveva più monete; nulla. Tentò ancora la maniglia. La porta rimase sempre chiusa. ‘Ti pagherò domani’, disse alla porta. La porta non si mosse. ‘Quello che ti pago’, lui informò la porta, ‘è soltanto una mancia; io non sono obbligato a pagarti’.<br /></i></span><i>‘</i><i>Io la penso diversamente’, disse la porta. ‘Guardi nel contratto che lei ha firmato acquistando questo appartamento’.<br /></i><i>Trovò il contratto nel cassetto del tavolo; da quando lo aveva firmato si era trovato <b>spesso</b> nella necessità di consultarlo. Era abbastanza chiaro al proposito; il pagamento alla porta per ogni apertura e chiusura costituiva un obbligo contrattuale. Non una mancia.<br /></i><i>‘Ha scoperto che ho ragione’, disse la porta. E la sua voce suonò soddisfatta</i><span>”.</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span>E, ovviamente, cos’è un mondo futuro senza usura? “<i>Signor Chip, l'Agenzia di Analisi e Verifica dei crediti Ferris e Brockman ha pubblicato uno speciale avviso al suo riguardo. E' pervenuto soltanto ieri al nostro ricevitore automatico e perciò lo ricordiamo ancora bene. Da luglio lei è precipitato nella scala di affidabilità del credito dal triplo G al quadruplo G. Il nostro reparto, come tutti gli altri dell'intero palazzo, è ora programmato contro l'erogazione di servizi o crediti a una patetica anomalia come lei. Per quel che la riguarda, d'ora in poi ogni servizio dovrà essere condotto sulle basi dell' immediato pagamento in contanti. Probabilmente lei resterà su tale base per tutto il resto della sua vita …</i>”.<br /></span><span>Multinazionali che regolano la vita degli umani da remoto. Una vita indegna di essere vissuta: Chip, ovvero cheap, circondato da cheepnis, robetta da poco, rapida a deteriorarsi, maledetta dall’obsolescenza e che, da subito, degraderà nel pattume per eccellenza, il kipple, sorta di estremo eone gnostico destinato a invadere e sostituirsi definitivamente al reale.</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span>Mi guardo, da entomologo, <i>Il mondo dietro di te</i>, il cui titolo originale è ben più pregnante e imperativo: <i>Leave the world behind</i>. <br /></span><span>Una famiglia bianca (genitore 1 - Julia Roberts - e 2 - Ethan Hawke - + figlio + figlia) se ne va in vacanza; strani presagi: salta internet, poi l’energia elettrica, una petroliera si arena sulla spiaggia, i cervi migrano in massa; si aggiunge una seconda coppia, di colore (genitore 2 - Mahershala Ali, già pianista discriminato in <i>Green book</i> + figlia), proprietaria della casa-vacanza. Inizio con frizioni razziali che vedono lo scontro tra le femmine alfa (i maschi sono appendici): quella bianca non si capacita di come due negri siano più ricchi di loro; la negra non si capacita del perché si debba sottostare a dei bianchi: in fondo il bellissimo appartamento è il loro et cetera. Si profila, quindi, un’apocalisse americana (leggi: universale) di cui stentiamo a comprendere la natura: terrorismo islamico? Gradatamente i due nuclei prendono a miscelarsi, stimolati dalla paura di un nemico incombente quanto ignoto. La femmina bianca alfa quasi cede al negro, la femmina negra alfa, concupita dal figlio bianco, viene salvata dalla femmina alfa bianca: riconciliate, vedranno New York in fiamme attaccata dai “ribelli”. <br /></span><span>Tale pellicola, una morality play concepita dal Potere, insegna variamente:</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">1. Dobbiamo rinunciare a ciò che siamo stati. Già prima dell’apocalisse la femmina alfa bianca (Julia Roberts) rivela al marito di volersi estraniare dalla routine che la disgusta. Ma ora ne ha la possibilità. Il mondo che detestava, infatti, non esiste più. L’insistente presenza dei cervi (simbolo della rinascita: la nuova umanità è anche questione di corna) significa che ci si deve reinventare su nuove basi: ciò è necessario e non si deve aver paura poiché - la battuta nel film è inevitabile – “<i>andrà tutto bene</i>”. Negri e bianchi, tutta la classe media benestante (quella che conta, il resto è plebe che seguirà il branco più scelto), dovranno unirsi contro il pericolo dei ribelli, degli Heathens; i Nemici; e chi sono questi nemici? Quelli che vi diranno di volta in volta: novax, russi, islamici, cinesi, suprematisti bianchi, alceste il blog, omofobi. Ovviamente a ogni popolo verrà servito il suo piattino … ai Russi gli Ucraini, a Taiwan i Cinesi, a Italiani e Francesi gli antieuropeisti, e così via</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">2. Il cubicolo si rende necessario per sopportare questa fase di transizione verso il nuovo Eden. La figlioletta bianca sarà la prima a intuire la goduria della restrizione da lockdown catastrofico: stanca degli andirivieni dei grandi, troverà il paradiso nel bunker d’una villa vicina, dove potrà finalmente guardare l’agognata puntata finale di <i>Friends</i>. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">3. Non c’è un complotto, dice il maschio negro: anche le élite improvvisano nel panico. The Heathens, infatti, hanno colto di sorpresa pure loro. È una menzogna, ovviamente, ma fa scena.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">4. La sequenza memorabile è quello del cimitero delle Tesla: a causa dei disturbi elettromagnetici, esse impazziscono, sfuggendo dai recinti delle concessionarie e, prive di guida, vanno a schiantarsi in colonna, come lemmings suicidi, tutte eguali (bianche), intasando di rottami le vie di fuga stradali. Si tratta di un avvertimento a Musk? O forse d’una amabile presa in giro: come dire, il green è una sciocchezza, vi stiamo fregando un’altra volta. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">5. Ce n’è anche per i survivalisti estremi e i reazionari: i primi, a dispetto della loro paranoia, dopo essersi preparati scientificamente per la fine del mondo, spariscono senza lasciare traccia; i secondi fanno tante storie, poi accettano dei contanti per una medicina: cioè carta straccia. Messaggio: sono avidi, stupidi e asociali, non hanno capito che nel brave new world saremo tutti fratelli; affidatevi a noi, con fiducia. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">6. La suddetta medicina, una qualunque, in pillole, deve lenire un disturbo (inventato ad hoc dagli sceneggiatori) che colpisce il figliolo maschio. Sintomo: gli cascano i denti. Messaggio subliminale: i giovani maschi bianchi, questi Cerbero sciovinisti (“<i>Cerbero, il gran vermo,</i>/<i>le bocche aperse e mostrocci le sanne</i>”), vanno deprivati dell’aggressività, attorno ai sedici anni circa, quando i testicoli sono al picco dell’efficienza sbruffona. Da accorti castrini, o dentisti dell’anima. Auspicabile, quindi, produrre maschi bianchi privi di carica elettrica: generare dei neutrini, smagnetizzati, cioè privi di contezza del passato: tecnopueri obbedienti. Le femmine, conformiste per natura, non daranno problemi, accontentandosi di granaglie ideologiche o della puntata finale di <i>Friends</i>. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Questa frase, “<i>andrà tutto bene</i>”, è una sorta di stigma luciferino. Me la ritrovo pure in un film taiwanese, <i>Le cascate</i>. Un film arty, dal messaggio più rarefatto. La protagonista, divorziata, crolla psichicamente durante il lockdown, perde il lavoro, accumula debiti, s’adatta a lavorare in un supermercato, vende la casa. Nel finale si scopre che il lockdown c’entra e non c’entra, forse la malattia era solo la premonizione del disastro in cui rischierà di morire la figlia. Ma la figliola si salva: ecco la felicità vera, pure in un cubicolo; ci si adatta a tutto, anche a posizionare scatolame con la laurea in management; le pretese cadono, la vita va avanti, pure il pretendente bruttino diviene accettabile. Parva sed apta mihi. In fondo andrà tutto bene, produce Netflix. La Taiwan dei nostri giorni, peraltro, non si differenzia granché da una qualsiasi capitale europea: stessi arredi e architetture, medesime aspirazioni, eguali finte libertà. La globalizzazione ha spinto in secondo piano i tratti distintivi d’ogni popolo, rendendoli, al massimo, pittoreschi. Presto spariranno. In perfetto tripudio egalitario, si governerà l’intero ecumene con qualche enclicica zoologica.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span>Il principiare dell’apostasia europea, di cui Cromwell fu uno dei primi apici, e da cui seguì quasi tutto, innervò il desolato pessimismo scespiriano. Di fatto siamo ancora fermi lì poiché le idee di allora sono le medesime di oggi, solo più radicalizzate. Non fa sorpresa, quindi, ritrovare in questo passo di J.L. Borges l’essenza del nichilismo europeo: “<i>’In uno dei parlamenti popolari convocati da Cromwell’, narra Samuel Johnson ‘fu proposto con tutta serietà che si bruciassero gli archivi della Torre di Londra, che si cancellasse ogni memoria delle cose passate e che tutto il regime della vita ricominciasse’</i>”. <br /></span><span>L’Argentino, poi, s’abbevera a un filo di speranza: “</span><i>Il proposito di abolire il passato si manifestò nel passato e - paradossalmente - è una delle prove che il passato non può essere abolito. Il passato è indistruttibile; prima o poi tornano tutte le cose, e una delle cose che tornano è il progetto di abolire il passato</i><span>”. <br />Preghiamo con lui.</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span>Abbattere i monumenti? Perché no. Si comincia da Cesena, ennesimo epicentro della demenza progressista: “<i>Patrimonio dissonante a Cesena: in città il primo meeting europeo per ripensare gli edifici costruiti in periodi storici difficili, portatori di valori controversi</i>”: questo per quanto riguarda la ganascia polcorretta. Poi abbiamo l’altra ganascia, l’Usura, che garantisce la colatura di un poco di ambrosia: “<i>Avvio del progetto che ha garantito a Cesena un finanziamento di 180.876,86 euro</i>”.<br /></span><span>Vediamo cosa vogliono intendere per “dissonanza” e “periodo storico difficile” (all’inizio lo spreco di versificazioni vaselineggianti pare d’obbligo): “<i>Quando si parla di patrimonio dissonante, o controverso, si fa riferimento a un oggetto patrimoniale collegato ad eventi storici più o meno conosciuti e riconosciuti, in alcuni casi legati ad un passato comune complesso e controverso, da cui possono scaturire interpretazioni conflittuali – o comunque in contrasto tra loro – da parte di gruppi socio-culturali diversi (es. Architetture dei totalitarismi del ‘900)</i>”.<br /></span><span>Leggi: qualunque gruppo di idioti, se avverte una dissonanza con la propria identità, impregnata di giuste rivendicazioni universali, può adire una pratica burocratica onde avviare la futura cancellazione di quell’edificio, monumento, pittura, affresco, scultura che ne offende la summenzionata sensibilità. <br /></span><span>Esempio: alcuni antifascisti non riescono proprio a vivere perché il Palazzo delle Poste all’Ostiense o la scalea della Facoltà di Giurisprudenza presso la cittadella universitaria “La Sapienza” in Roma furono progettate dal razionalista Marcello Piacentini in piena epoca mussoliniana. Si avvia l’iter burocratico. Il politico, intanto, uno qualunque dell’arco in-costituzionale, avverte i propri tangentisti di riferimento. Si compone un lancio d’agenzia in cui “<i>patrimonio</i>” e “<i>dissonanza</i>” esondano dalle pagine. I Sovrintendenti ai Beni Culturali (a Roma ce ne sono addirittura due), frattanto, sono in vacanza. “Il Fatto Quotidiano” ordisce una raccolta di firme. La mozione passa in Comune dove un partito, uno qualunque, fa finta di opporsi. Battibecchi. Coccodé. Chicchiricchì. S’avvia, finalmente, la costruzione di una nuova scalea, ovviamente orrenda e disagevole, e però colorata d’arcobaleno grazie a innovativi quarzi ecologici. Gli influencer, intanto, influenzano. Il professor Nicodemo Colonna, ultranonagenario e decano di "Italia Sacra", stila una vigorosa protesta grazie alla penna d’oca del proprio bisavolo, ma viene zittito, fra strepiti di putipù, da un tweet congiunto di Fedez e Selvaggia Lucarelli. “Il Fatto Quotidiano” alza il pollice, ma, per allungare il proprio brodo populista, parla di costi esorbitanti e sospetti. “La Verità” tentenna, “Il Corriere della Sera” e “Repubblica” approvano senza riserve. La Procura apre un’indagine affidandola alla magistrata Monica Cerbiattini che, dopo un anno infruttuoso, va in vacanza. L’iridescente scalinata ha via libera; viene inaugurata l’8 marzo 2029 alla presenza della Presidenta della Cosa Pubblica (il latino è stato abolito) Giulia Bongiorno e delle maggiori autorità; una targa con dedica alla trans Ermenegilda Birillo è scoperta fra gli applausi ecumenici dei convenuti. L’appena nominata Procuratrice Generale della Procura della Cosa Pubblica di Roma Ciliegia Rossetti (città che, presto, verrà ribattezzata Armonia), derubrica l’indagine di cui sopra annotandola nel registro modello 45.<br /></span><span>Oppure: la Comunità Ebraica di Roma intende come dissonante l’Arco di Tito. E giù pure quello. Alla Comunità indiana non va giù la dedica a Keats, colonizzatore, agli animalisti l’epigrafe in lode di Goethe che, è notorio, odiava a morte i cani. E così via.<br /></span><span>Il progetto di cancellazione è potenzialmente totalitario e, soprattutto, istituzionale e trasversale: “<i>… lo scorso giugno è partito il progetto europeo finanziato da URBACT IV ‘AR.C.H.ETHICS - Architecture, Citizenship, History and Ethics to shape Dissonant Heritage in European cities’ che vede Cesena capofila di un team composto da altre otto città: Permet (Albania); Vilanova de Cerveira (Portogallo), Betera (Spagna), Gdansk e Krakow (Polonia), Leros (Grecia), Leipzig (Germania) e Kazanlak (Bulgaria)</i>” in collaborazione con i quisling locali e le numerose, edaci, istituzioni private e pubbliche. <br /></span><span>La conferenza stampa d’introduzione ha riscosso innumerevoli coccodè d’approvazione. E, per ora, anche un paio di chicchirichì. </span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">La convinzione che dobbiamo strapparci dagli occhi è quella dell’evoluzione, del progresso. L’ottimistica processione paradarwiniana, rilanciata in ogni testo scolastico o divulgativo, dell’ominide che scende dagli alberi, guadagna la stazione eretta, perde il pelame, arrotonda la capoccia e conquista la scienza con la provetta in mano per lanciarsi finalmente verso le stelle, è una delle massime falsificazioni dell’Illuminismo Nero. Da d-evoluzionista, so che l’evoluzione non è sinonimo di progresso; con l’evoluzione, intesa come mero adattamento, e neutro dispiegamento, si acquista e si perde, allo stesso tempo. La falsificazione consiste nell’occultare le perdite e nel magnificare le presunte conquiste. Se, per un titanico sforzo della mente, si riguarda la storia umana con tali occhi luminosi e il più disperato sarcasmo, tutto il teatro del progressismo attuale si mostra per ciò che è, una recita mal condotta, un battibecco insulso e arrogante su fondali rammendati alla meglio.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Chi ama discettare sulle nuance, e nella ricerca di queste si compiace, s’accorge subito delle perdite e degli apparenti guadagni che abbagliano gli occhi dei superficiali. Una Natività di gusto bizantino, con quelle drastiche formazioni rocciose, la vegetazione stecchita dalla stilizzazione, la solidità pesa dei nimbi, le processioni degli adoratori e degli offerenti schiacciate in un grezzo tentativo di prospettiva, le campiture schiaccianti, esclusive … tutto questo suona primitivo rispetto a un Caravaggio o a un Georges de la Tour … eppure la concentrazione simbolica del primo, il lavorìo artigianale quale correlativo oggettivo d’un appressamento liturgico alla divinità, la profonda devozione effusa nell’immagine del Bambino e della Madre addormentati … tutto questo è perduto negli autori successivi a vantaggio (apparente) d’una tecnica esecutiva di certo superiore, ma che non compensa la densità inesauribile cui i primi simboli rimandavano: evocando un mondo di sensibilità comune a tutta l’ecclesia. Perdere, guadagnare: chi ha l’immane sapienza per tali calcoli? </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Un fulmine riga i cieli in tempesta a incendiare un albero; cosa avrà voluto dire il nostro dio? L’uomo, irsuto e livido, esce dalle spelonche, s’avvicina a quel prodigio, dapprima tremebondo, poi riconfortato: è forse quello un dono? S’inginocchia, forse piange; la comunità si raccoglie presso di lui. I nuovi nati saranno deposti in quel luogo di rivelazioni. Tutti si sentono più forti, la fede non s’interroga su sé stessa; ogni pericolo o angoscia sembra superata. Dopo di lui qualcuno ne canterà la vita, istoriandola nei totem, figli e i nipoti ne ricorderanno le gesta mitiche, a glorificare il capostipite e quindi la stirpe, sempre più larga. Queste bestie sono inferiori a noi, meno felici? Cos’è la pienezza della felicità se non una fede che mai s’interroga? Quale la differenza fra questi uomini che non hanno un nome per la felicità, essendone inconsapevolmente immersi, e la Candida Rosa dell’Alighieri, ove ognuno, immemore di sé stesso, stinge nella pura luce della beatitudine?</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Philip Edmund Gosse risolse il contrasto tra fede e darwinismo con una soluzione elegante e insuperata. È ancora Borges a ricordarla: “<i>Gosse</i> [immagina] <i>un tempo rigorosamente causale, infinito, che è stato interrotto da un atto passato: la Creazione … Il primo istante del tempo coincide con l'istante della Creazione, come dice sant'Agostino, ma quel primo istante comporta non solo un infinito futuro ma un infinito passato. Un passato ipotetico, naturalmente, ma minuzioso e fatale. Sorge Adamo e i suoi denti e il suo scheletro hanno trentatré anni; sorge Adamo (scrive Edmund Gosse) e ostenta un ombelico, sebbene nessun cordone ombelicale l'abbia legato a una madre ... di tutte</i> [le cause] <i>vi sono vestigia concrete, ma solo quelle posteriori alla Creazione hanno avuto esistenza reale. Esistono scheletri di glittodonte nella valle di Luján, ma non vi sono mai stati glittodonti</i>”. Dio crea un Adamo reale assieme a fossili di tirannosauri mai esistiti e a concrezioni geologiche mai stratificatesi. Tale ipotesi si può deridere, ma è impossibile confutarla senza confutare la fede in sé. Ma chi può farlo se questa è salda e immediata?</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">I socialisti da social ridono e scherzano. Non hanno la più pallida contezza di chi si trovano davanti. Allo Zecchino d’Oro la piccola Aurora Esposito canta <i>Ci vorrebbe un ventaglio</i>:</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span>“<i>Si dice che una formica e una cicala<br /></i></span><i><span>… si trovarono insieme a chiacchierare<br /></span><span>in un giorno che non era nemmeno d’agosto!<br /></span><span>Che caldo! che afa!<br /></span><span>Diceva la cicala stremata<br /></span><span>che grande fatica …<br /></span><span>le confidava la formica …<br /></span><span>In questo caldo innaturale<br /></span><span>che sale, sfinisce, fa male<br /></span><span>per questo sole che sembra malato<br /></span><span>c’è un cielo, un mare,<br /></span><span>una terra che non ce la fa! …<br /></span></i><span><i>Che non ce la fa! Che non ce la fa!!</i>”</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Piegare Esopo al climate change … perché il caldo è “<i>in-naturale</i>” e “<i>fa male</i>”, il sole è “<i>malato</i>” e Gaia, la nostra terra, “<i>non ce la fa!</i>”. Infiltrare lo Zecchino d’Oro e il coro dell’Antoniano di Bologna. E dovrebbero tremare per dei tweet?</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span>I maschi sono intrisi di cultura maschilista. E le galline? Di cultura gallinacea. Si possono fuorviare i comportamenti naturali? Certo. Lo afferma Martin Seligman nei suoi esperimenti sull’impotenza appresa (1965).<br /></span><span>Tre gruppi di cani vengono sottoposti a coercizioni di qualche natura (una scossa, per esempio): il primo gruppo è liberato subito; il secondo può evitare la scossa premendo una leva; il terzo ne subisce le conseguenze senza scampo. Successivamente i cani dei tre gruppi vengono posti ognuno in una scatola divisa in due: la scarica elettrica è somministrata solo nella prima metà per cui il cane, per evitare la prossima, è costretto a saltare la barriera per rifugiarsi nella seconda metà. I cani dei primi due gruppi eseguono in larghissima maggioranza la manovra, mettendosi al riparo; quelli del terzo si accucciano, aspettando la sofferenza con occhioni umidi di rassegnazione. Perché? La prima esperienza, priva di alternative, ne ha depresso la volontà e l’intelligenza tanto da fargli accettare come inevitabile ciò che, invece, con un semplice saltello, è palesemente evitabile. Tutto ciò è noto da sempre. L’estinzione di interi popoli si basa su questo. Gl’Italiani rinchiusi in lockdown, snaturati, posti l’uno contro l’altro, sottoposti a un fuoco di fila di ignominie contro la propria storia, quotidianamente, aspettano l'ultima scarica al mattatoio. A questo servì il lockdown, questo ha prodotto.</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">La storiella dei femminicidi introduce al prossimo culto: sacerdoti di Cibele che si tagliano la massa scrotale in nome dell’eguaglianza. Nelle cliniche approvate dal SSN vi sarà uno strapuntino ove liberarsi di tale molesto impaccio in modo da accedere a relazioni basate sul rispetto l’uno dell’Altra. Quando sei ridotto all’impotenza, e sviluppi psicologicamente l’inevitabilità della tua meschina condizione (sindrome di Turetta), ti prendono a calci pure i gatti.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Alcuni storici pretendono di comprendere gli eventi ricorrendo agli ultimi saldi concettuali: fascismo, comunismo, liberalismo. Altri, filosofi, ripassano in padella la cicoria metafisica, spingendosi, i più arditi, addirittura sino a Kant. Ma l’uomo inizia la sua corsa verso il Nulla attuale milioni di anni fa. Le attitudini sono divise e colori indossati su complessioni mioceniche. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">La natura autentica dell’uomo, che ama nascondersi, non si è mai dispiegata per compiacere le quattro carabattole polcorrette che oggi si gettano quale pastone ai micchi di tutto il mondo … essa, anzi, è aspra; irricevibile; terribile. Nel 1991, in Italia abbiamo 1916 omicidi volontari; al 12 novembre 2023 siamo a 285. In trent’anni, grazie alla pervasività crescente dei social, alla liberalizzazione del vizio (droga, prostituzione, alcool) e alla cooptazione delle organizzazioni criminali nello Stato, la linea di sangue si è quasi estinta. La data, 1991, è altamente simbolica. Il Potere Globale dirige verso la narcolessia morale, sociale, etica. La meta finale è la stasi dell’anima, la reificazione, da perseguire discolorando ogni campo umano, dal passato all’arte alla religione mercé la disgregazione progressiva dell’istruzione e la dozzinalità dell’offerta culturale. In fondo si tratta di un’utopia, pur terminale. Le gazzarre sull’inesistente femminicidio a questo servono: al grado zero dell'irreversibilità. Poiché i delitti, di ogni natura, qui sta il segreto terribile dell’umanità, ci avvertono di una vitalità; così come il crollo della litigiosità nelle aule dei tribunali significa la sparizione del tessuto economico, ormai annientato dalle multinazionali e depredato quotidianamente dallo Stato 2.0. Non è un caso che la residua criminalità sia portata dagli immigrati: fra di loro c’è ancora qualche essere umano. L’Italia e gli Italiani sono talmente corrotti, istupiditi e fessi da anelare il vuoto. Dall’horror vacui al cupio dissolvi. Finiranno per ciancicare barrette proteiche e scolare bottiglie green di sciacquatura di piatti ipnotizzati da un irenismo allucinatorio. Immemori di tutto, bramosi di scomparire, di sparpagliare le ceneri della loro transeunte e ormai odiata esistenza nell’oceano dell’Indifferenziato.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">La nostra epoca ha creato la menzogna perfetta, colei che assume sembianze di verità. Per far ciò ha dovuto segretamente assassinare il principio di non contraddizione: se nel medesimo tempo e sotto il medesimo rispetto un’affermazione é vera e non vera, allora assume parvenza di verità qualunque altra affermazione. O, se non tira l’acqua al proprio mulino, di falsità. O quello che volete. Con l’abolizione del Principio Massimo si entra nel Paese dei Balocchi a festeggiare il carnevale delle Pecore Matte. Se è vero che Alberto è più bugiardo di Claudio non può esser vero che quest’ultimo sia più bugiardo del primo; oppure: se Alberto è meno bugiardo di Claudio non è possibile che quest’ultimo sia meno bugiardo del primo; e viceversa: se Claudio è più bugiardo et cetera. Non può essere che "A ∧ ¬A". Se accettassimo tali affermazioni come entrambe valide potremmo dire di tutto: persino che siamo europeisti pur militando in un partito antieuropeista; o siciliani pur essendo nati a Lambrate; o esperti d’arte pur sdilinquendoci davanti a croste micidiali.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">E così nei telegiornali il Cristianesimo è una religione oscurantista in un servizio delle 20.08: poiché si deve servire la causa uranista; e una religione-vittima nel servizio delle 20.23 poiché degli islamisti hanno assassinato quattro cristiani; Saddam va bene quando sbudella iraniani, male quando invade il Kuwait; bene i Talebani a colazione, se danno addosso ai sovietici, male durante il brunch, nel 2001, perché i colpevoli sono quelli con lo straccio in testa; il patriarcato è benevolo quando si parla della dinastia Agnelli (l’Avvocato, così lungimirante!) e depravato se Mario Bombacci ha nostalgie da patria potestas; l’amore per le quattro ruote va bene nelle pubblicità dei SUV da 80.000 euri, male quando si è riottosi a rottamare la Panda del 2006; la bistecca va bene allorché la rosolano gli chef stellati, male quando Sante Katzone anela accendere il barbecue di famiglia; bene se la fregna è fatta intravedere e annusare lascivamente sul palco (femminista), male se Gigio Tambroni esclama per strada “<i>Bionda, beato chi te se monta!</i>”. E così via.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Se Rocco Siffredi incula una poveretta deportata sul set dai carnai dell’Est post-‘89, e poi le infila la testa nella coppa del cesso tirando lo sciacquone, siamo in piena libertà d’espressione, poiché la pornografia serve come mezzo di dissoluzione; se accenno la mano morta sul 556, vengo linciato a pagliacci unificati; se spedisco un sedicenne in fabbrica invece di costringerlo in classe spiegandogli pazientemente il principio di non contraddizione, e questo rimane schiacciato sotto un muletto, sono un benemerito che introduce i ragazzi presso il mondo del lavoro; se faccio fare tre giri a dei ronzini in piazza del Campo a Siena, due volte l’anno, assurgo a massacratore. E così via.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">“<i>Ah, proprio Lei cercavo … e così guarda i film di Rocco Siffredi?</i>”. “<i>Certo</i>”. “<i>Come, certo?</i>”. “<i>Lo ritengo un campo d’indagine perfetto … humani nihil a me alienum puto et cetera et cetera … più sottoculturale è la sottocultura, maggiormente essa s’impregna dello Spirito dei Tempi. Più stupido è il presunto intellettuale, più egli rivela, che lo voglia o meno, la verità sul futuro riservatoci. Nei cretini ci sono meno resistenze, capisce? Il gallinaio pomeridiano di RAI1 è maggiormente rivelatore d’un file riservato della CIA … occorre frugare e rimestare nelle tinozze più lutulente e fetide … tutta l’estetica dell’alto complotto reca la mente a kolossal troppo grandiosi. L’apocalisse si annida nelle pratiche burocratiche, nei filmucoli, nei pop-up dei social, nelle interruzioni pubblicitarie di Spotify … si è mai chiesto perché Spotify è gratis? Dopo aver perseguitato dei poveracci per anni a causa di qualche CD fasullo preso sulle bancarelle o del download gratuito di un album di progressive tedesco del 1972? Il copyright, la proprietà intellettuale, la SIAE, il genio creativo … e poi aprono la discografia mondiale di mezzo secolo sul PC … sì, occorre indagare gli anfratti più spisciati, gli scantinati della propaganda, le latrine autostradali, le dark room del Nulla … qui si rinviene il vero inferno … occorre farsi Assange della merda, per comprendere … che la catastrofe proprio qui si denuda, come una Kali impietosa e stracciaculo ...</i>”.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Ho sempre reputato Fabrizio De Andrè un cantante ordinario e un compositore mediocre. Su tale giudizio pesano indubbiamente i suoi sciocchi turiferari, gli assordanti rituali delle celebrazioni, le titanomachie libresche: Faber, poeta, maestro di pensiero … ma quando mai … come presunto intellettuale ne detesto la sciocca faciloneria nel giudicare epoche e Italiani impregnata del relativismo tipico di quegli anni che, a onta del clamore, hanno fruttato solo un raccolto miserabile: “<i>Sia da giovane che da anziano</i> [ho avuto] <i>pochissime idee ma in compenso fisse .... in questa canzone già esprimo quello che ho sempre pensato: che ci sia ben poco merito nella virtù e ben poca colpa nell’errore. Anche perché non ho capito ancora bene, malgrado i miei cinquantotto anni, che cosa sia esattamente la virtù e che cosa esattamente sia l’errore. Perché basta spostarci di latitudine e vediamo come i valori diventano disvalori e viceversa. Non parliamo poi dello spostarci nel tempo: c’erano morali nel Medioevo e nel Rinascimento che oggi non sono assolutamente riconosciute. Oggi vedo che c’è un gran tormento sulla perdita di valori. Bisogna aspettare di storicizzarli. Io penso che non è che i giovani di oggi non abbiano valori: hanno sicuramente dei valori che noi non siamo ancora riusciti a capire bene perché siamo troppo affezionati ai nostri. Tutto questo per dire che io non ho nessuna verità assoluta in cui credere, che non ho nessuna certezza in tasca e quindi non la posso neanche regalare a nessuno. Va già molto bene se riesco a regalarvi qualche emozione</i>”. Un prodotto dei Sessanta, insomma, languido, falsamente umile e gonfio d’albagia morale, a disconoscere la Patria, scambiata per arengo d’una meschina lotta politica. La libertà anarcoide non fu che il consueto disprezzo ideologico verso ciò che si è stati, il rinnegamento che, nella storia, ritroviamo sempre prima della caduta di un paese. Anch’egli nella morsa di una contraddizione insanabile poiché se da una parte cicalava di libertà secernendola da un angusto relativismo (il passato, quale errore!), dall’altro era costretto a molestare i trovatori, Villon e Carlo Martello per cucinare le sue lagnose creazioni. La stessa attitudine ritrovo in un tal Michele Serra, già noto goliarda, interrogato sul patriarcato a proposito d’un recente fatto di cronaca nera. Inizia: “<i>In realtà questa faccenda</i> [del patriarcato] <i>va avanti da un po’ di millenni … eh ... dalla concezione di un dio padre …</i>”; lui inizia e io giro canale; siamo sempre ai blocchi di partenza: il dio padre, maschio, barbuto e vendicativo … che uccide … Gott mit Uns … le solite sciocchezze, apprese, per via di Bignami, dal marxismo liofilizzato degli anni Sessanta, dalla bocca barbuta dell’altro goliarda … questo, però, degno di fede ... tra una festa e una manifestazione … fra il gioco della bottiglia e il lancio della molotov arcobaleno. Questa nuova umanità che non sa nulla sull’Italia, ritiene che la civiltà sia nata con loro, circa mezzo secolo fa, e che i millenni che la precedettero siano buio, confusione e omicidio. Ciabattano di egalitarismo, lavoro, scuola, emancipazione … perché hanno inventato tutto loro, in perfetta giustizia … prima c’era l’intolleranza, il talebanesimo in porpora, la discriminazione. E ora, invece, dopo le conquiste civili, come ognuno vede, si respirano a pieni polmoni i diritti. E la libertà. La donna, povera donna … sotto i Romani, sotto il Papa re … ora, invece, ha i diritti … i diritti! I diritti! Diritti umani, diritti civili, diritti femminili, i diritti, insomma, distillati nelle storte dei laboratori globali … diritti … ma è proprio qui il busillis … quando la donna non ne aveva, di diritti, vantava un ruolo d’indiscusso e incomprimibile prestigio e autorità, una reverenza che nessuna legge positiva o meccanismo giuridico era in grado di rilevare. La contrapposizione fra l’aspro ius romano e la considerazione quotidiana che emerge dalle epigrafi familiari, a esempio, questo ci racconta; da un lato l’incapacità d’agire senza la tutela del marito, dell’agnato, della gens, dall’altro il popolo amorevole delle iscrizioni: figlia dolcissima, madre amatissima, moglie devotissima; persino le schiave liberate entravano in questo circolo di affetti. E fu davvero aspra, poi, questa legge? Il patriarcato latino marchiava a fuoco le sue bestiole? L’inizio e la chiusa del capitoletto sulla tutela muliebre nel diritto romano del professor Mario Talamanca, da ignorante, mi ha sempre sorpreso: “[In origine] <i>la donna pubere … ha una limitata capacità d’agire ed é conseguentemente sottoposta a tutela … ridotta a un rudere formale la tutela muliebre sopravvive sino all’età, forse, di Diocleziano. Con Costantino la tutela mulierum é ufficialmente scomparsa</i>”. Proprio con Costantino? Aveva forse letto le lettere di San Paolo ai Galati? È che, pure qui, si son fatti calcoli sbagliati sul passato … dolosamente … e si è costruita un’attualità fintamente egalitaria su tali somme e moltiplicazioni da somari: a donarci la vera schiavitù. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Aprono il supermercato automatico. Non c’è personale. Neanche la merce, a ben vedere, dato che la vera merce è quella che reca il carrello. Esso scorre via, silenzioso, ed è lui a guidare l’avventore, muto; quindi il brivido della scelta inesistente; la sciocca convinzione dell’abbondanza; la cassa rumina un totale. Si striscia una carta, o s’imprime un pollice, o l’iride fissa un decrittatore digitale. È così comodo! La comodità è il progresso degli usurai, in effetti … hanno sostituito la libbra di carne col divano … in ottanta comode rate … comodamente seduto a casa tua … in tutta comodità … non si scomodi, gliela invieremo per mail … un QR code da leggere, più comodo di così! Facile, semplice, elementare, comodo, s-pensierato. La catalessi. Poi, nel cubicolo, mentre si spacchetta il mangime da pollaio, lacrime incomprensibili salgono agli occhi. Per fortuna soccorrono i social, i visori. I chiarori azzurrini nello sgabuzzino, quale balsamo! Nel buio folgora il superomismo vanesio del micco: ci si accapiglia su questioncelle di quart’ordine, puerili … si odia, ci si rinfranca, si tendono alleanze, si mostrano le frattaglie di un’esistenza insulsa.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span>Allo stesso modo le mandrie degli zombi di Romero. Avidi di carne umana, scossi dalla furia cieca dell’unica pulsione sopravvissuta, cenciosi, putrefatti, mutilati, essi gridano a milioni sciamando verso un orizzonte che più non comprendono e che non ha fine e meta; improvvisamente, però, si chetano; è uno spettacolo straordinario per la simultaneità con cui quella turba disperata ammutolisce; alte, sopra di loro, s’allargano alcune esplosioni artificiali; gli ombrelli dei fiori di fuoco, a decine, verdi, dorati, rosso sangue o d’un bianco accecante, illuminano i loro visi mostruosi e scarnificati che, ora, illusi da quegli sfavillanti arabeschi, posano in una stupefazione soporosa che, in un essere umano, potrebbe confondersi per felicità.<br /></span><span>Qualcosa, però, a loro insaputa, si muove, annidandosi con cautelosa professionalità. La fucileria è freddamente disposta. S’inquadrano i bersagli inermi: sarà un massacro.</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Per annientare un Paese occorre prima isolare i migliori, poi assassinarli a tradimento. La scia di sangue e diffamazione al sorgere della Seconda Repubblica ci ammonisce riguardo a tali eliminazioni propedeutiche all’instaurazione del Nuovo Ordine. Le tronfie santinificazioni postume, a base di trombette infilate su per la bocca del culo, sono il marchio indubitabile del martirio. Il cha cha cha istituzionale copre spesso un omicidio di Stato; dettato da sicari globali. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Non tutti gli uomini sono eguali, non tutte le civiltà sono eguali. Per dominare definitivamente e senza ritorno, occorre annichilire le fonti più luminose. Una città italiana, a esempio, vive di alcuni luoghi d’irradiazione precisi, non necessariamente vistosi. Una chiesa, un panorama, una piazza, una torre. Il genius loci, ovvero la ragion d’esistere, sgorga da qui. Eliminatelo e avrete eliminata la città stessa. Si avrà poi un bel dire: “<i>Ma no, è ancora lei, non vedi i palazzi, le strade, le ferrovie, gli abitanti?</i>”. Ma occorre andare oltre, sviluppare un nuovo sguardo. Orvieto o Lucca non sono mai state un gruppo di architetture, ma stratificazioni vertiginose, come un olio di Tiziano Vecellio, il Colorista Sommo: ricco di otto, dieci, venti stesure e velature. Alcune città, un tempo bellissime, e perciò risanatrici, tanto che gli apostati del Nord venivano qui a ricostituire l’anima slabbrata, sono ormai comabonde, o morte, perché i pugnali degli assassini hanno colpito proprio quei centri vitali. Seppur presenti allo sguardo, esse languiscono residuando quali puri ricettacoli di sozzure pubblicitarie, di sciocchi espedienti turistici, d’intrallazzi digitali.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">I roghi più inumani sono innescati dai focherelli più innocenti. Le domeniche a piedi … ah, finalmente si respira, ah le biciclette, oh, la città come non l’avevo mai vista, certo, certo, bisogna ripetere … ripetere! Ogni domenica! Macché, pure il sabato! Tutti i giorni, poffarbacco! Basta inquinamento, che vengono i tumori! La Panda smarmittata, revisione ogni dieci anni? Ma no, ogni quattro, anzi, ogni due! E multe, multe! Salate, però! Questa la via! E le strisce blu, a pagamento, si paghi, uno due cinque dieci … cento! Come a Wall Street! E ora, pover’uomo? E ora per entrare nel cuore della tua città devi sborsare la tangente, perché ti hanno ridotto a estraneo. Anzi, questo il sottinteso, è meglio che non vi entri più. Dapprima ti abbiamo scacciato da lì, maledetto vandalo, poi abbiamo lentamente degradato le zone di pregio ad abbassare i prezzi e acquistarle per un boccone di pane, ora le recintiamo a nostro esclusivo godimento … ma sì, Roma Firenze Napoli Palermo sono nostre, per te c’è la città in quindici minuti netti, nelle periferie nichiliste, fra il kipple che avanza, giorno dopo giorno, come una ruggine che sfibra palazzi, fabbriche, parchi, viali, occhi, mani … rust never sleeps ... solo il cubicolo rimane, il simulacro statale a regolare una vita indegna d’essere vissuta; e tanti diritti, poi, tantissima libertà … di annientarsi, da soli, senza memoria, lontani da Dio e da ciò che si è stati, in perfetta e disperata letizia, avidi di dissoluzione: disperdete le mie ceneri, ammazzatemi ex lege, <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2020/01/merda-eris.html">usatemi da concime … merda eris …</a></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span>"<i>Mi scusi, ma devo dirlo, Lei è proprio pesante e ripetitivo, lo sa? La nostalgia, l'apocalisse ... Basta! Noi siamo attivi, studiamo, siam birbanti .... vogliamo l'azione, l'offesa bruciante e futurista ... i graaaaficiiii .. non questi sermoni ...</i>". <br />"<i>Ma no, prego, è che mi ripeto come i vecchi ... son fuori sincrono ... e poi ho una memoria totale per le piccinerie, come Ireneo Funes ... a esempio, oggi, sì, proprio oggi, mi son ricordato </i></span><span><i>la strada in cui venni al mondo … mille anni fa, forse … e le vetrine dei suoi cento negozi, la sera, a illuminare il mio cammino verso casa. Il profumo della carta e delle colle, al giornalaio, o il pane dorato, la tuta bisunta dei meccanici, il tanfo del grasso da lubrificazione, o l’afrore dei formaggi, più avanti, spesso e definitivo, i due tavolinetti del minuscolo ‘vino e olio’, stipati fra pareti di bottiglie scure, e i loro giocatori di carte, mio nonno, occhiali spessi e cravatta, e il suo amico Michele, giacca e panciotto color cielo, la pendula catenella dell’orologio, le linee impeccabili dei pantaloni, e poi i pacchetti della tintoria, fazzoletti e lenzuola, le timide offerte della merceria, il fioraio, il biciclettaro, il varichinaio, la maglierista. La città dei quindici minuti era già qui, fra noi. Si era in Italia, chi doveva insegnarci qualcosa? Amori nascevano fra i lotti popolari, spesso per procura, sotto sguardi vigili e implacabili. Ci si sposava, si avevano dei figli, si invecchiava. Senza mai lasciare quei pochi chilometri quadrati. E chi aveva bisogno d’altro? Fosse stato per me ancora sarei lì, a volte sogno le appliqués verdoline dell’atrio del mio palazzo, a cartoccio, flebili ambasciatrici della luce. Si, quello era un impero. Avrei desiderato altro? E poi ... mi dica: cos'altro posso cantare?</i>".</span></span></p>Alcestehttp://www.blogger.com/profile/04852044188872845420noreply@blogger.com92tag:blogger.com,1999:blog-654788918314523587.post-74458365435260673312023-11-15T20:50:00.006+01:002023-11-16T00:44:31.207+01:00Vogliamo vivere!<p style="text-align: center;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1237" data-original-width="1606" height="492" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgletA8M9K9YtUoMZrjfJw6XzQczyPbIZsjhUkArrkWm2tL7eXsjCBmSRYj8VmAh4w3yucBlpfuXCMPTxyuiLWIPbSUdjmP2zjoCX3qyVvYDnixP4hXJgz103oGdkCfyG3KXOjOnLG9u0uT4aLufNHwYQXTQ5FHN5jfAFQMpdPlSP5XwIoyVhZ3nDdIyp3s/w640-h492/Vogliamo%20vivere.jpg" width="640" /></div><br /><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Roma, 16 novembre 2023</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Ho passato quasi metà della mia personale esistenza a vivere la vita di un altro; e ciò che ne restava a ripudiare il tempo in cui nacqui, giorno dopo giorno. Da giovane, per campare, si doveva fingere in tutto: sui banchi di scuola, in società, al lavoro, in vacanza, al bar. Ci si riservò la mendacità, una briosa discesa agli inferi. Il grasso di quella breve epoca edonista consisteva, a ben ri-vedere, nella moneta presa in prestito dal più sordido usuraio; e si viveva in accordo con quei semitoni una danza di sguaiato e inavvertito orrore. Quanto tempo perso, quanta stupidità in ogni atto! Alla nostra secolare etica, che disconosceva, come ogni tradizione che ci tiene in vita, il giudizio su sé stessa, se ne sovrappose un’altra, apparentemente libertaria, ariosa, dalla vastità infinita. Fu un miraggio degno di Alcina. In realtà vedevamo con altri occhi e i nostri, gli unici che potevano salvarci, furono resi ciechi: “<a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2020/04/un-tenebroso-incanto.html"><i>gli ochi nostri tenebrosi</i></a>”. Poi cominciai a leggere meglio, a vedere meglio. Non si trattava di risvegliarsi a niente, semplicemente giudicai secondo ciò che siamo sempre stati. E presi a vivere la vita al contrario. Sottosopra. Perché il contrario del contrario è la retta via. Dappertutto giravo in senso antiorario, come i detenuti durante l’ora d’aria. Alla stanga, a faticare il triplo, a essere compatiti (non capisci!), a rimanere esclusi, inevitabilmente, dal corretto fluire della vita che ancora, sonoramente, disperatamente, con risate isteriche e forzate, gorgogliava giù per la fogna. Dove merita di stare.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Una volta non ci si domandava: voglio vivere nel mio tempo, oppure no, lo rifiuto. Ci si adattava secondo un conformismo più o meno accettabile, schiantati da sacrifici o privazioni, oberati dal male, ma l’intimo conforto di cui si godeva erano quei punti cardinali verso cui guardare. Qui è il problema. Un asse del mondo è necessario, o per conformarsi o per tentare di svellerlo alle fondamenta. Le epoche o sono incardinate alla tradizione oppure minacciate da sconquassi sociali e umani, ma la bussola deve necessariamente segnare un nord morale. Uno dei primi a rendersi conto dello sfacelo fu William Shakespeare: quella frase, apparentemente innocua, poiché riferita a una vendetta ("<i>Time is out of joint</i>", il tempo è fuori dei cardini, della giusta guida), alludeva al tramonto di un Ordine (di un kosmos) e all’incipiente in-augurazione dell’apostasia inglese. Egli intuiva che quel turbine di sangue celava non certo il male, presenza connaturata all’umano, bensì il nichilismo corrosivo e sterile dei nuovi tempi a venire.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Nel <i>Riccardo III</i> alcune nobili dame si rinfacciano assassinii:<span></span></span></p><a name='more'></a><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Margherita: <i>Io avevo un Edoardo, finché un Riccardo non lo uccise; io avevo un Enrico finché un Riccardo non lo uccise; tu avevi un Riccardo, finché un Riccardo non lo uccise</i>.<br />York: <i>Io avevo un Riccardo, e tu l’hai ucciso: io avevo pure un Rutland, e tu hai aiutato a ucciderlo</i>.<br />Margherita: <i>Il tuo Edoardo è morto, che uccise il mio Edoardo: l’altro tuo Edoardo è morto, a saldo del mio Edoardo; il giovine York non è che di soprammercato … il tuo Clarence è morto, lui che pugnalò il mio Edoardo; e gli spettatori di quel furioso dramma, l’adultero Hastings, Rivers, Vaughan, Grey, precocemente soffocati nelle loro cupe tombe</i>.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Questo dialogo, degno dell’episodio d’un serial mafioso, cela qualcosa di più intimo: la fine dell’aristocrazia, intesa nel senso più alto. E dell’irruzione di una gerarchia basata non sull’oro, ma sulla metafora d’esso, sull’oro-nulla, sul denaro che chiede in pegno inesigibile la civiltà per ri-donare il Nulla.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2021/03/reset-666.html">L’incendio di Londinium del 1666</a>, di cui ho reso sazie le platee del blog, ciò significa: ripudio della civiltà antica, ovvero la civiltà tout court, e via al brave new world di Huxley (che, infatti, cita Shakespeare).<br />Lo stesso studioso scespiriano Jan Kott, cui si deve la messa in evidenza del dialogo di cui sopra, opportunamente annota: “<i>Nel Medioevo l’immagine più pura della ricchezza era un sacco di monete d’oro … Per lunghi secoli la ricchezza fu rappresentata da campi, pascoli, boschi, greggi di pecore, castelli e villaggi … La ricchezza era qualcosa che si poteva vedere, toccare e odorare. Soltanto in seguito si smaterializzò, divenendo segno, simbolo, astrazione</i>”.<br />In nome di questa astrazione, ora divenuta talmente raffinata da sfociare nel cupio dissolvi digitale, abbiamo sacrificato la nostra libbra di carne ovvero ciò che siamo stati. In cambio ci hanno dato qualche decennio di comodità; ora ci si accorge che tali doni, come tutti i doni di Lucifero, consistono in cenere.<br />Pagare tale debito è impossibile. Non possiamo riavere indietro nulla. Ciò che demmo all’usuraio in cambio di cenere è ora, esso stesso, cenere.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Shakespeare sapeva dei nuovi tempi. E Lady Macbeth, donna senza figli nella terra dove il brutto è bello, istiga il suo uomo a commettere il regicidio più infido e codardo. Macbeth non troverà più riposo, rimpicciolendosi a omarino timoroso delle fronde degli alberi; la strega, invece, dapprima isterica, quindi pazza, finirà a consumarsi come una candela ("<i>Out, out, brief candle!</i>"), lei, motore della tragedia, lontana dagli sguardi, in un delirio senza parole, ombra fra le ombre. Lo stesso Riccardo III muore fuori campo, dopo quel grido straziante: “<i>Il mio regno per un cavallo!</i>” poiché si era reso conto che il regno della propria ambizione s’era rivelato cenere.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">I cavalli si azzannano nella notte, the land is waste, i cavalieri vagano oramai alla ricerca di qualcosa che nessuno potrà mai più trovare: la cappella è dissacrata, i più nobili sono massacrati l’uno dopo l’altro, negli agguati dei sicari, dal coltello o dal veleno; il Graal passa per mani usuraie, lo si vende al mercato delle pulci per quattro soldi, tra ghigni degni di Ensor. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Indy Gregory è morta. Cos’è questa bambina innocente per noi? È la Santa, la nostra Simonino. Sì, Lei difende gli ultimi confini del Sacro, dell’Intangibile. Oltre non c’è nulla. Il tema dell’aborto e dell’eutanasia, nella mia prima vita, era qualcosa di tecnico, ingannevolmente razionale. Bevevo alla fonte del Lete postmoderno. L’aborto? Legalizza un fenomeno che già esiste. L’eutanasia? Un palliativo per chi soffre. Le mammane, le mammane … il diritto all’aborto, la giuridicizzazione dell’aborto … i diritti civili, la libera scelta … ci ho messo una vita per liberarmi del mio tempo. Sono stato costretto a girare al contrario come l’ultimo dei ronzini, la pelle scorticata dalle frustate, per accorgermi che la soppressione di un essere vivente, ancorché colto nel suo principiare, tale è: un omicidio. E ciò avviene perché la creazione d’una nuova vita, la lenta educazione d’essa, l’amore che vi si profonde … ciò rappresenta la vittoria più travolgente contro l’Abisso e la Bestia. Lasciar crescere, plasmare, educare, definire, trasmettere; è questa la battaglia, l’unica reale, che l’uomo può combattere contro l’Indifferenziato. Cerchiamo di comprendere dove convergono gli attacchi del postmoderno: contro qualcosa di definito, solare, plastico: contro la vita, nel suo innocente e naturale fiorire.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">L’appressamento a tale semplice verità m’indusse alla progressiva resa. Finalmente affermai: “<i>È così, è sempre stato evidente</i>”. Non è stata una scelta personale. La verità sul nostro stare al mondo si rivela, dolcemente: ed è Lei a sceglierci. L’uomo integro non deve scegliere. L’uomo dell’esistenzialismo, gettato nel proprio tempo come estraneo, l’uomo solo di fronte alla morte, l’uomo senza Dio, lui sì che vanta il privilegio, falso, della scelta: infatti qui si ritrova, alla radice, la sentenza di morte spirituale dell’umano. L’epoca delle scelte ha forgiato per noi un’infernale tunica di Nesso. I diritti, continuamente invocati, con petulanza assordante, a suffragare tale libera scelta, sono le 95 tesi che ci hanno spediti nell’Abisso. L’isteria dei libertari, la violenza bavosa delle loro affermazioni, deriva proprio dalle loro presunte libere scelte nel deserto del Nulla. La libertà estrema ha prodotto schiavi, il "fa ciò che vuoi" omarini biliosi, la falsa scienza, in realtà pura tecnica priva di rimorsi e peccati, un serraglio di disperati. La libertà autentica la regala l’armonia a un testo sacro, reso sacro nel tempo; non si compra sulle bancarelle del tempio, né si rivende, non ha prezzo come non l’aveva il nardo della Maddalena che tanto scandalizzava il ragionier Giuda (Gv 12, 3). Non ebbe mai prezzo la vita di Indi Gregory. Se anche avessimo sacrificato a lei tutto il nardo del mondo, avremmo operato nel giusto, arricchendoci. Ancora una volta l’omarino postmoderno opera calcoli sbagliati, moltiplicando l’ingiusto con l’ingiusto, rifuggendo dalla verità per puro spirito di protervia. Avrà in cambio cenere, ovviamente.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">La spada ci separa dagli Altri. Nessuna pace in terra, ma la spada: la spada tra fratelli, la spada sceglie ognuno di noi. La spada, come il fuoco, affina, definisce, intaglia lineamenti ed etiche, ci rende qualcosa. Per difendere i confini del sacro, e rimanere umani, occorre un’arma. Prima o poi, dopo il proprio personale Golgota, ognuno, fedele o perfido, sarà chiamato. Qualcuno sul letto di morte, quando il baluginio dell’insensatezza ferirà molti cuori. Penitentiagite.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Lo Stato ha ucciso Indy Gregory. Lo Stato? Cos’è lo Stato? Non esiste più lo Stato. Sussistono esclusivamente le propaggini repressive dello Stato. Le altre funzioni sono state neutralizzate. Sanità, scuola, cultura, amministrazione. Finite. Avete fatto un giro per le capitali europee? Per Roma? Non c’è lo Stato Italiano, esso si è ritratto da ogni cosa. Solo giudici e gendarmi ancora muovono le fila. Soldi e repressione, repressione e soldi. Tanto residua di ciò che fu lo Stato. Non sarà lo Stato denominato Inghilterra a condannare la bambina, ma lo Spirito dei Tempi o lo Spettro che si è impossessato dei gangli vitali dell’ex Stato inglese, dal 1666 circa in quel caso, e ne comanda l’azione nichilista: a recare il destino dell’uomo nelle catacombe di Molussia.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Se non esiste cardine e pietra miliare è impossibile addirittura una rivoluzione. Il gioco di rimandi epocali (rivoluzione, restaurazione) viene precluso alla fonte poiché sono dissipati gli agenti stessi della Storia. Ebbero ragione, quindi, i cantori della sua fine: Essa è bloccata poiché è stata definitivamente dissolta la spinta vitale atta a recarla avanti.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Comunità, Paese, Nazione, Stato, Entità antiumana. La devoluzione procede; sul filo del diritto, ça va sans dire.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Rendere totalmente estraneo lo Stato a chi, teoricamente, lo sostanzia: cittadini italiani, inglesi, chiunque. Un’impresa eccezionale, titanica. Oggi il Nemico è lo Stato e non perché si sia anarchici. Tutto ciò che promana dallo Stato è una pozione mortale. Uno Spettro si aggira per l’Europa, la Bestia.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Ci si libera dal cielo, l’omarino si rapprende a esclusivo omarino oeconomicus. Via i tabù, l’erotismo si slabbra in pornografia e ansia di dominio. Si ripudiamo madri e padri, a ogni livello. I soldi, i soldi, i soldi … ma i soldi sono un mezzo. I soldi nemmeno esistono più, come lo Stato. I soldi, o meglio: il loro fantasma, sono il tramite per dominare ciò che resta dell’umano. Il fantasma del quattrino che ossessiona le menti h24: scadenze, bollette, dichiarazioni, aliquote, bonus … esso aleggia … aggirandosi per l’Europa … diuturnamente, per mai dare requie … persino i preti ne sono ossessionati … le parrocchie ridotte a uffici delle entrate … onde monetizzare battesimi e comunioni … il Cristianesimo nacque con la conversione di un usuraio di Stato e il suicidio dell’immondo ragionier Giuda … non è un caso che veda il proprio tramonto tra codici fiscali e dichiarazioni IMU … i soldi i soldi i soldi, mi mancano i soldi, ci vogliono i soldi, la caparra, il mutuo, il leasing … ma i soldi non ci sono, manca sempre un centesimo per fare un euro … vendiamo per fare soldi, poi reinvestiamo … ci servono più soldi … la sanità, le infrastrutture … ma i soldi sfuggono sempre, all’infinito, verso un orizzonte che mai arriva, e intanto si dilapida il mondo che si è costruito … ci servono più soldi: metti nella fornace della locomotiva altra roba, presto! Buttaci l’intestino, la milza, una libbra di carne sanguinosa … acceleriamo, vola la locomotiva, ecco, è proprio oltre quel dosso, ce la facciamo … la parità di bilancio, il rigore, i soldi, i soldi, i soldi … vendiamo … la cassa … facciamo cassa, la cassa del ragionier Giuda, no no il nardo è uno spreco, non vedete … cosa fa quella puttana? … ci svuota la cassa? Vendiamo il nardo … crocifiggiamo il Profeta … la cassa, meglio fare cassa ... Perché? Perché ci servono i soldi.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Sergio Mattarella, Presidente dell’ex Repubblica Italiana, ricordando il magistrato Luigi Daga, morto in Egitto dopo un attentato terroristico, afferma: “[Daga fu] <i>profondo conoscitore dell’amministrazione penitenziaria e precursore di metodi innovativi nello studio del nostro sistema punitivo, si impegnò per restringere la carcerazione ai delitti gravi, per offrire l’opportunità di reinserimento sociale dei detenuti attraverso il più ampio ricorso alle misure alternative alla detenzione. Il suo insegnamento umano e professionale di fedele servitore della Repubblica rimane prezioso per rendere coerente il nostro sistema penitenziario coi principi costituzionali</i>”.<br />Le parole, ai massimi livelli, vanno soppesate. Se Mattarella dice “bianco” non afferma solo il “bianco”, ma anche l’errore di chi sostiene il “nero”; e di chi voglia situarsi a ridosso del “nero”, bruno o blu di prussia, e persino di chi rivendica, che so?, un bel verde foresta o un acceso vermiglione. Ma v’ha di più, come intercalava quel professorino di diritto romano: è che Luigi Daga morì in un attentato terroristico id est in un atto violento cagionato da individui con lo straccio in testa: estremisti, guerrafondai, teocrati, soppressori dei diritti delle donne e degli uranisti, gentaglia che fa saltare in aria i Buddha … il succo vitaminico-polcorretto è questa: andiamo verso un mondo nuovo, privo di colpa, in cui la passione, le credenze, la religione, l’amor di patria, la definizione di sé stessi, l’orgoglio, la scuola e le carceri andranno aboliti … persisteranno i reati di sangue, forse … le grandi associazioni a delinquere sussunte nelle organizzazioni economiche multinazionali, in fondo il modo di operare è lo stesso … prostituzione, droga e gioco d’azzardo? Legalizzati. Incesto? Anche. Parafilie maggiori? Pure, l’importante è il consenso … non torcere un capello … summa della nova theologia: godetevi la vita che vi rimane, vi daremo tutto … dal cubicolo all’olovisore … ma guai, dico: guai!, a chi voglia ricordare le profondità vertiginose del Cielo … non esiste il Cielo, è un fondale oppressivo concepito da persone maligne … Sant’Agostino è come Hamas, diciamola tutta, e di Cristo faremo un santino innocuo, un hippie giudeo … purtroppo l’abbiamo travisato per secoli … ma ora, ma ora … c’è Victor Fernandez, l’omarino dei baci sulla bocca. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">L’ebreo Yuval Harari, il libertario Pannella e il cattolico Mattarella sono araldi del medesimo sentire. Per il fatto, evidente, che non sono ebrei, libertari o cristiani. Solo la dissoluzione conta, la distruzione dell’antico ordine. Si va verso il polso a quaranta battiti al minuto, al nepente, all’elettrocardiogramma da poltiglia. La vita d’un Jack Russell è superiore a quella d’un neonato, la libertà di un uranista a quella di interi popoli. La gerarchia psicologica collassa, vige l’amore. Ah, l’amore … Dio è amore, Cristo è amore … ma che significa? Niente, di fatto. Sol un mezzo per ridicolizzare, per at-terrare la metafisica … non deve restare in piedi nulla … la maceria e il pietrisco da demolizione, come a Gaza, sono i benvenuti, si deve accogliere la Totalità in seno al Nulla; per renderlo Nulla: tale l’intimo segreto dei Nuovi Tempi … la coincidentia oppositorum fra Essere e Nulla, alla fin fine, perseguìta attraverso gli atti più vili e insensati. Uccidere un neonato, giustificando tale enormità attraverso i mille rivoli del progressismo più idiota: razionalità tecnica, antispecismo, trionfo della medicina … una serqua di sciocchezze che ci servono a colazione da decenni. Ecco la vicenda umana in un guscio di noce: l’uomo è intriso di de-voluzione, egli decade … il sol dell’avvenire è un sepolcro imbiancato da illusioni … questo ha sempre affermato la Vera Sapienza, dai Greci ai Padri della Chiesa, dal Sileno a Origene. Solo il Sacro, originando Sapienza e Bellezza e Santità, ci proteggeva da tale catastrofe.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Cristo opera il Bene e si serve del Male, che domina. Egli è la Totalità. Nel libro di Giobbe è Dio a istigare Satana; egli lo usa per mettere alla prova il proprio servo più devoto. Addirittura concede a Satana il potere del Male su di lui (“<i>Eccolo nelle tue mani. Soltanto risparmia la sua vita</i>”) perché anche il Male fa parte della Totalità. Cosa non ne fa parte? Il Nulla. Quello l’Arcinemico, il tumore profondo dell’umanità, la voglia di Indifferenziato che ci domina. Il Male oggi sarebbe il benvenuto. Il Male raffina, purifica, crea disperazione; e gioia. Traslare il “<i>non ci indurre in tentazione</i>” in “<i>non abbandonarci alla tentazione</i>” equivale a privare Dio di una parte dell’Essere. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Il nichilismo affiora nell’incomunicabilità dei personaggi di Ingmar Bergman, cresciuti non a caso, nella landa postmoderna delle libertà civili. La libertà, ora assoluta, è una malattia vischiosa in cui conglutinano assieme paura del prossimo, ansia di sopraffazione, disgusto verso sé stessi.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Borboglio I afono a un incontro mattutino coi rabbini. Rinuncia al proprio discorso in prima persona. Cosa significa, si domandano tutti, cosa vuole dirci con tale gesto che, a questi livelli, assume inevitabilmente un rilievo simbolico? In altre parole, hic stat busillis, perché un globalista e un atlantista come Borboglio I, impegnato a dissolvere la propria confessione bimillenaria, si distingue da Israele? Con un messaggio minuscolo e insinuante, ma, a occhi attenti, addirittura plateale? Sciogliere la contraddizione è un’operazione logica: la globalizzazione esige la dissoluzione massima; e, perciò, la dissoluzione di tutti e tre i monoteismi, compresi i relativi ricaschi teocratici. Id est: Israele e Iran non possono più esistere. Il modo in cui si arriverà a questo è, per ora, imperscrutabile. Un colpo da maestri consisterebbe in una guerra fra i due con inserti spettacolari dei relativi alleati. Attenzione! Non una guerra ordinaria bensì una serie di scontri costellati da accensioni propagandistiche che ammaestrino il popolicchio: vedete voi cosa succede quando si va contro la pace perpetua? Vedete i morti, i bambini insanguinati, gli edifizi polverizzati? Ecco, dobbiamo porre fine a tutto questo … via le oppressive teocrazie, via i popoli, via il cielo, via tutto … rimanga la poltiglia antropologica polcorretta … ebrei e persiani si diano la mano in un McDonalds’ di loro scelta … gli Ebrei servirono, ora non servono più, i millenaristi si trasmutino in predicatori da olovisore, si dia gradualmente spazio alle donne, si dismetta la sharia per la famiglia aperta …</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Su Netflix abbondano le produzioni gonfie di superdonne, superuranisti, supernegri (e supernegre); e di drogati, sciattoni, parafiliaci: quasi sempre bianchi. Manca del tutto la nozione di eroe. L’immedesimazione in qualcosa di superiore mai deve scattare. Per tale motivo i filmetti ivi prodotti sono avari di autentici divi. Il divismo crea fenomeni imitativi: invece qui deve rappresentarsi il diporto più squallido dei personaggi, quasi tutti sbandati, asettici o psicopatici illuminati dalla luce azzurrina dei PC. L’aveva già detto <i>Rollerball</i> nel 1976: distruzione del passato, pace perpetua garantita dalle multinazionali, violenza fine a sé stessa che si esaurisce nel corso di riti sanguinari sportivi (la pista del rollerball è circolare, quindi infinita); e, soprattutto, rifiuto di ogni eroe. Il protagonista Jonathan E. dura da troppo tempo, più di dieci anni; i suoi colleghi crepano prima, o sono costretti da infortuni devastanti al ritiro. Cosa vuoi fare Jonathan, gli dice suadente un capoccia della corporazione, Bartholomew, vuoi forse divenire un modello di ribellione? Vuoi, forse, Jonathan, lo diciamo per il tuo bene, dimostrare d’avere una personalità?</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Ronaldo e Messi durano da più di dieci anni, però, caro mio! Sì, ma sono nullità. Ho persino qualche dubbio sulle loro reali capacità. Sono atleti superiori, senza dubbio; purtroppo vacui. Più fenomeni da baraccone per l’omarino da poltrona con la pizza che cola mozzarella adulterata sul cartone da multinazionale … non significano granché. Anche il recente trionfo argentino mi è sembrato più telefonato che altro, quasi un risarcimento a chi si è impegnato per la causa della distrazione di massa. Non si cercano uomini di spessore che possano indurre l’imitazione. Si anela, invece, la foca con la palla sul naso, il superfreak. Come per l’NBA. Dopo l’ultima epoca degli eroi (Bird e Magic, Jordan già fu più costruito), arrivò Lebron James, il superfenomeno; e fenomeno fu, ma di stampo diverso, buono per la spettacolarizzazione estrema: tanto da far diventare un circo insulso anche l’All Star Game, la partita dei migliori, oramai ridotta a stanca ripetizione di gesti estremi. La personalità di James non esiste, si tratta di un talentuoso fascio di muscoli e null’altro. Lo si può amare oppure no, ma egli mai stuzzica velleità extrasportive. Oggi tutti attendono altri freaks: il bianco Chet Holmgren e il negro Wembanyama, un 2.25 che tira come una guardia, son in rampa di lancio: prodotti globalisti, senza caratteristiche e peculiarità, buoni per Nashville e New York, San Francisco e Chattanooga, Milano, Buenos Aires, Johannesburg, Tel Aviv, Tehran.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Se c’è una categoria che muove alle risa è quella dell’Occidentale Fallace. Fallace poiché si illude di essere occidentale, provocando uno smottamento di senso a un termine preciso e gravido di significati; e perché imbevuto di fallicismo, la postrema messa in burla dell’orgoglio bianco e occidentale ... Questa ridicola figura è convinta che l’insieme della tradizione ch’egli si picca di rappresentare (il Cristianesimo, Raffaello, il liberalismo, la democrazia) possa essere difesa stando ai tavolini di un bar; all’ora dell’aperitivo; masticando tartine e salatini.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Ci invadono! L’invasione islamica! Hamas! I minareti! Dobbiamo … contrattacco … bombardare … Iraq … Israele … Hezbollah … La sua mente, settata da decenni per il tifo, e solo per quello, scatta paventando la fine delle nostre abitudini; e usi; e costumi … abitudini e usi e costumi fra cui risalta essenzialmente lo stare ai tavolini di un bar; all’ora dell’aperitivo; masticando tartine e salatini.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">L’Occidentale Fallace è essenzialmente un omarino, ignorantissimo quanto arrogante, che mai in vita sua ha difeso, o penato per difendere, o illuminato, di una grazia sua, ciò che veramente di grande ha prodotto il cosiddetto Occidente. Anzi, tutte le scelte da lui operate vanno in direzione contraria. Egli ha sposato il peggio del peggio del consumismo più triviale, entusiasmandosi ai concetti e ai personaggi più superficiali e squallidi di ogni ambito del sapere: e ora pretende che gli Altri, the Heathens, non ci invadano. E perché non dovrebbero farlo? Anche nella storia della cultura vige l’horror vacui. Se tu sei niente, ridotto a niente, a uno spaventapasseri delle peggiori idiozie edoniste d’importazione, il cappello sdrucito di paglia e la camicia a brandelli agitata da qualsiasi vento abbia mai soffiato … chiunque potrà soppiantarti. Giusto che sia così. Credete che l’ucraino che piscia a piazza della Signoria o l’africano con l’i-phone che ci tocca mantenere vita natural durante siano gli araldi di una conquista dall’esterno? O il cinese che vende chincaglieria a piazza Vittorio in luogo dell’ex gioielleria a conduzione familiare sia arrivato coi barchini? Macché, cari signori, li avete fatti arrivare voi, con il vostro cicalare da quattro soldi, il tifo per la merda politica, la liquidazione progressiva e furiosa rivolta contro la vostra stessa cultura.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Spiegatemi come funzionano i centri della conoscenza, oggi. Università, licei, oratori, caserme, confraternite e ginecei, corporazioni artigiane … non vedete, voi, che tutto è stato liquidato? Credere che l’indignazione social al tempo della tartina (porti anche dei rustici, per favore!) possa surrogare ciò che siamo stati … quale genio della dissoluzione ha mai instillato tale credenza? Eppure c’è riuscito … non l’ha instillata direttamente, per carità, tramite inoculazioni forzate; la propaganda non agisce così. Ha solo veneficato, costantemente, con emissioni inavvertite, l’aria circostante; la menzogna, quindi, fu respirata quotidianamente, sino a depositarsi nell’anima. Dopo anni e anni e decenni di queste ventilationes, l’omarino occidentale ha finito per scegliere il peggio per sé stesso, a danno di sé stesso, credendo di combattere dalla parte giusta l’apocalisse dell’Armageddon. Oggi, infatti, reclama, con furia e passione, il proprio omicidio. L’iprite sprigionata nel tempo ne ha sconciato le fattezze, schiantato gli organi interni, sfasciato la capacità di vedere il giusto. Aborto ed eutanasia, la buona morte, gli sembrano il succoso frutto dell’Albero del Progresso, ma non c’è nessun serpente a sobillarli. Vogliono morire, non c’è niente da fare; hanno disgusto e orrore di sé stessi, non si sopportano più; vacui, impagliati; tale l’insegnamento che costituisce il loro ossigeno vitale. Qualcuno cerca di ribellarsi: no, non è così, è colpa di Hamas, dei minareti, dei ciabattoni col mitra! Quali spettacoli per la città di confusione, Roma. Anche il Morselli di <i>Roma senza Papa</i> fu ottimista con quell’arietta crepuscolare di “chiudiamo i giochi a San Pietro” … no, oggi va molto peggio. L’Italia, quale perdita per l’umanità … tremila anni liquidati in trenta … certo, il processo fu più lungo, ma l’epilogo vanta sei lustri, non di più.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Pare che Satollo I, il tizio che ancora regna sulla spianata del Vaticano, abbia avuto bisogno di uno psicologo. Alla fine dei Settanta. Perse la fede? Stress da superlavoro? Oppure aveva bestemmiato mentre si bruciava i polpastrelli con la fiamma d’un cero troppo vivace, proprio lì, davanti all’altare della Vergine de los Vasconcellos, e ne aveva tratto un deliquio di piacere (il che ci riconduce al punto primo)? Non lo sapremo mai. Conoscendo l’Edonista azzardo tale ipotesi: poiché non ebbe mai fede in nulla, men che mai in Cristo e la Madonna, egli entrò in una crisi di mezza età: si sentiva stanco di fingere. E così si rivolse, lui supposto esperto dell’anima, e preposto alla salvezza della stessa, a un collega, lo psicologo, colui che studia l’animo, ma rovesciato, con le nervature che affondano nella discarica interiore. Laddove il Cristianesimo cercò sempre pepite celesti, la psicologia, infatti, rinvenne solo breccole di merda; e lui fu così fortunato da trovare non solo uno psicologo, ma una psicologa, e pure ebrea, cioè la somma epitome di chi studia l’anima al contrario. Dalle cure (una volta a settimana per sei mesi = 26 sedute; o sdraiate) ne uscì rinfrancato, afferma il Panciuto medesimo; tanto leggero da riacquistare l’antica voglia di liquidare il Cristianesimo camuffandosi da filantropo dell’ecumene. Il Bud Spencer della Catastrofe Teologica, un bulldozer eretico, cominciò a scalare a sganassoni la parete di sesto grado del cursus honorum romano; arrivato quasi alla vetta, incapace di aspettare oltre, ne scaraventò giù il capocordata, un tedesco metaforico e allusivo poco tagliato per il gangsterismo degli ultimi tempi. E dal soglio di Pietro, da guitto qual è, iniziò subito a intortare il popolicchio con la maschera dell’umiltà francescana mentre la coda dello scorpione avvelenava i residui estremi del dogma, oramai disciolto in un pastone indistinto di sociologia, affarismo e buone intenzioni ipocrite. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">L’uomo psicologizzato è inevitabilmente un omarino. Perché? Perché lo si considera essenzialmente un malato la cui infermità trova cagione nella personale interiorità. L’uomo psicologico è solo. Non ha nessuno attorno a sé. Anzi, proprio i pochi che ne condividono il sangue, e la vita, sono gli untori, altamente sospettabili, del contagio dell’animo. L’uomo dell’Antico Ordine non poteva rimanere solo. Egli faceva parte di comunità spirituali e positive più vaste (militari, antropologiche, religiose, corporative) che ne impedivano la dissoluzione nella pura individualità. E ogni comunità vantava regole d’esistenza, gerarchie, etiche; anche la condizione di povero preservava dall’annientamento; persino il povero poteva esclamare: “<i>Ecco i miei fratelli!</i>”. E noi? Quanti fratelli abbiamo? A chi possiamo rivolgerci quando il dolore, che sorge da un disagio indistinto, ci preme il petto? A nessuno. Divisi in monadi fra loro incomunicabili, illusi dalla virtualità, nemici del proprio sangue: nemici, oramai, di sé stessi tanto da agognare la fine della vita.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">La psicologia crea malati allontanando l’uomo dal cielo. Dapprima ci si confrontava con l’eterno e la perfezione, ora ci si appaga del trogolo. La distruzione della via che ci univa al cielo, questo fu il capolavoro dell’inversione psicologica.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Non è un caso che l’evento centrale dell’Occidente sia una Nascita scaturita dalla congiunzione fra una vergine mortale e la divinità. William Butler Yeats fa precedere i duemila anni del Cristianesimo da un altro ciclo, quello classico, anch’esso di duemila anni. I Dioscuri, Elena e Clitemnestra, infatti, rampollarono dall’unione tra Zeus e la regina spartiate Leda.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">La verità sul destino di noi tutti si nasconde negli anfratti più impensabili. Sulla lingua di un comico o in pubblicazioni marginali, che nessuno si sognerebbe di considerare. Un di questi è <i>Per farla finita con la famiglia. Dall’aborto alle parentele postumane</i>, di una tal Angela Balzano. </span><span style="font-family: inherit; font-size: large;">E chi è? Si presenta lei stessa: “<i>Ricercatrice
precaria eco/cyborg/femminista, coordinatrice e docente del modulo
Scienze del Master in Studi e politiche di genere dell’Università degli
Studi Roma Tre</i>”.<br /></span><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Degustiamo il resumé:</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">“<i>Il binomio ‘biologia e capitalismo’ ha condizionato la riproduzione della vita sul pianeta in modo devastante. I danni che la riproduzione dei ricchi e bianchi sapiens arreca agli ecosistemi hanno provocato l’estinzione di troppe forme di vita. Invece di curare e riprodurre la sola popolazione occidentale bisognerebbe generare parentele postumane e decoloniali con persone razzializzate, legami transgenere che superino la dicotomia maschio/femmina, ma anche parentele transpecie con gli animali non-umani, con le piante, con le forme di vita create nei laboratori del tecno-capitalismo globale: dalle mucche clonate alle cellule immortalizzate. Ricorrendo alle analisi e alle utopie fantascientifiche femministe ci libereremo dalla “misura di tutte le cose”, l’Uomo, e dalla sua incubatrice, la famiglia eterosessuale</i>”.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Il libercolo è una parete di sesto grado irrorata di lubrificante. La comprensione intima risulta impossibile (nel capitolo "<b>I</b></span><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><b>l cyborgfare tra fabula speculativa e tecnoscienza femminista</b>", a esempio, è scolpito questo cammeo: "</span><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><i>L’esclusione delle femministe dalla scienza ne determina la configurazione strutturale come sapere in sé</i>"). Ella inizia al passo ("<i>potere pastorale cristiano … feudalismo patriarcale … neofascismo pro-vita ...</i>"), indi, dopo il primo nitrito d'autodeterminazione vaselineggiante (il maschio si responsabilizzi mercé il pillolo … ché, Carla Lonzi dixit, "<i>per il piacere di chi abortiamo?</i>") e un invasamento glossolalico ("<i>Il desiderio di avere figl* ... tutela* di minor* stranier* non accompagnat* ... noi tutt*</i>"), s'effonde al trotto: "<i>la decrescita cui aspiro è ri/produttiva perché eco/cyborg/transfemminista …</i>" per cui è giusto "<i>generare parentele post umane per la rigenerazione del pianeta</i>"; da qui, e siamo al galoppo sfrenato da hierba mala, nasce "<i>un invito a tessere legami transpecie non antropocentrici …</i>" dacché "<i>gli affetti che circolano tra le sostanze organiche e inorganiche sono potenti e in nulla inferiori a quelli della genitorialità antropocentrica (le diatomee insegnano)</i>". <br /></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Qui siamo, se ben intendo, non solo all'ammucchiata epocale fra lesbiche, trans, gay, immigrati, zoofili e gatti anticapitalisti, microbioti comunali e "<i>le cugine mucche</i>", bensì all'ossessivo desiderio dissolutorio di sé stess*: "<i>Dovremmo … estirpare le radici dell’umano per piantarle nel terreno e farci humus … postumane e postume … una politica transfemminista … chiudere le gambe e aprire i porti …</i>". </span><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Uno di tali paradisi venne ribattezzato dalla femminista Donna Haraway col nome lovecraftiano di Chthulucene.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Fasi del progressismo: i cieli, dapprima dimora del divino, si rivelano fondali di cartapesta; al centro della creazione è ora l'uomo; l'uomo, però, delude, sbattendo continuamente il cranio contro quell'arco di stelle che prima gli era sembrato così vicino; meglio, perciò, sacrificarlo; dove? Sull'altare della libertà, della donna, dell'eguaglianza; ma non funziona! Allora metteteci i gatti, le translesbiche, una mucca clonata, un baby cyborg, un mazzo di asparagi, le diatomee, il compost, le amebe! <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2018/03/elementi-di-critica-protozoica.html">La pozza protozoica</a>! E così sia! <br /></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Voi direte: per comprendere il presente ci son ben altri intellettuali! E rispondo: assolutamente no. Chi meglio di tali rincalzi? Son proprio le terze e quarte file a essere le più impregnate dello Spirito del Tempo. Ne sono talmente imbevute che alcune stille colan giù persino alla lettura; come certi fazzolettini da poco comprati agli incroci metropolitani, tra le sgasate impazienti e le brucianti accelerazioni da verde, che, a causa della loro rapidissima imbibizione, si saturano delle moccicose colature invernali.<br />In loro l’apostasia dall’umano è potente.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Allo stesso modo compresi da subito il secolo americano dell’Enduring Freedom leggendo un libercolo del Fregoli Daniele Capezzone, allora nelle vesti di neoconservatore illuminato: <i>Uno shock radicale per il 21. secolo: Stati Uniti d'Europa e d'America verso l'organizzazione mondiale della democrazia: abbattere in tutto il mondo gli ostacoli al diritto individuale alla libertà e alla democrazia</i>.<br />Siamo nel 2003, ma l’elaborazione risulta ancor più risalente. Un capitoletto futuribile è titolato <i>Netizens: la nuova cittadinanza è digitale. E-democracy versus e-government</i>. E non riserva sorprese. Almeno non a me.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Per comprendere il nostro ruolo nel mondo occorre volgerci agli autori celesti; per conoscere il bugliolo riservatoci occorre frequentare gli angiporti più luridi.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Grillo parla e dice la verità. La gente, tuttavia, equivoca, così come mal intende Capezzone, la Boldrini e la Balzano. Si pensa che stiano scherzando, ma traverso le loro mascelle feroci parla lo Spirito luciferino del Tempo. Son questi i carnefici. Dietro, inavvertiti, si muovono legioni di ciechi, in teorie innumeri, ognuno col proprio coltello di ossidiana. A tali esserini, inebriati dalle altezze che godono dalla piramide a gradoni del falso progresso, è stata sacrificata Indi Gregory.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Ho sempre tratto una serenità somma dagli incontri con gli “<i>antiqui huomini</i>”. Se c’è una discesa benigna è quella nel silenzio ove parole immortali risuonano con presenza cristallina. In tali riti iniziatici, che collezionai grazie all’insonnia e alla vita al contrario, rinvenni anche miracolose guarigioni. Dormire nel tempio, infatti, consente di lenire ferite mortali. Tale la forza di Apollo.<br />La singola parola riacquista una preziosità che la volgarità del quotidiano più non riconosce. E una ricchezza dolcemente labirintica.<br />Qui non si legge, si ausculta.<br />“<i>L’uomo accende a sé stesso una luce nella notte, quando essa è spenta nei suoi occhi: vivo è a contatto col morto mentre dorme, desto è a contatto col dormiente</i>”. Così Eraclito, citato negli <i>Stromata</i> di Clemente Alessandrino.<br />Cosa significhi tale frase è, forse, inessenziale. Il suo valore risiede proprio nell’imperscrutabilità. Un problema si risolve, l’enigma è inesauribile. È nella meditazione circolare e continua attorno a tale nodo inestricabile che si costituisce, per concrezione da deposito, il pensiero più profondo. Traduco: se l’uomo desto, apparentemente vivo, dorme quando non riconosce la Totalità, al pari di un morto, il dormiente, metafora della morte e dell’inconoscibilità, trattiene invece a sé un barlume di Sapienza.<br />La tenebra più cupa, quando lo sguardo è spento, è sempre rischiarata da una luce, pur flebile, e tutta personale. <br />“<i>La folla è madre dei tiranni</i>” sentenzia altrove il filosofo cinico Diogene di Sinope. E ci si immagina questo greco del Ponto, ruvido e sarcastico, mentre fissa le vastità del Mar Nero; egli, che non volle niente, e rifiutò moneta e legge, s’incontrò con chi ambiva tutto, Alessandro Magno; destini contrapposti che si spensero nello stesso giorno, all’unisono, come a richiamarsi l’uno all’altro, perché dalla guerra nasce ogni cosa, e “<i>ciò che si oppone converge, e la più bella delle trame si forma dai divergenti</i>”.<br />E cos’è la vita se non questa trama impalpabile di cui tuttora non conosciamo tutti gli arabeschi?<br />Cosa avrebbe riservato il destino a Indi Gregory? Nessuno può davvero saperlo perché non tutti gli arabeschi della "<i>più bella delle trame</i>" ci sono noti. Tra Verità e giudizio umano cade l'Ombra. Solo la pietà potrebbe rischiararla, ma chi ha, oggi, pietà?</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Nel film <i>Nostalghia</i>, un poeta in esilio, Andrej Gorčakov, arriva in Italia per scrivere la biografia del compositore Sosnovskij. <br />Si ferma a Tuscania, nella cripta di San Pietro, ov'è l'affresco della Vergine. "<i>Madre di tutte le madri che conosce il dolore di essere madre, </i></span><i><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Madre di tutte le madri che conosce la gioia di essere madre</span></i><span style="font-family: inherit; font-size: large;">", recita una donna; il poeta, però, si ritrae.<br />Nella chiesa diruta di San Vittorino, sprofondata nelle acque, incontra una bambina. "<i>Come ti chiami?</i>", le fa. "<i>Angela!</i>", risponde. "<i>Angela ... brava ... sei contenta?</i>". "<i>Di che cosa?</i>", chiede Angela. "<i>Della vita</i>", spiega il poeta. E la bambina: "<i>Della vita sì</i>".</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Infine accenderà una luce a sé stesso, una candela, in ricordo dell'amico. Recandola con sè, a proteggerla dal vento, cercherà di traversare faticosamente un'antica vasca, priva d'acqua. Una volta, due volte; infine la terza, vittoriosa: ora, solo ora, dopo la prova, potrà dirsi salvo.</span></p><p></p>Alcestehttp://www.blogger.com/profile/04852044188872845420noreply@blogger.com151tag:blogger.com,1999:blog-654788918314523587.post-80026919104330205182023-10-13T20:48:00.047+02:002023-11-09T16:25:11.834+01:00Operazione cubicolo<div><p style="text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1024" data-original-width="1024" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgiHL9GerluYtzY44qhQk_z_HY0-U-piGX4Fi050J8aSh4PS8UXpBrQrBEjgzEVeKdOBl3NgdRwGta1xe83n1R7pxilvXpGbDsxgZ6SJzR34-yvbqiwUKboeut7oJEh6ULrZwM-LRzoCcZhan0SsnxRX3pVu_nOEdSP6IeooyQ0zYrwMMn1Ae7Fxp772zEG/w640-h640/cubicolo.jpeg" width="640" /></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Roma, 13 ottobre 2023</span></p><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Chi
diavolo è Klaus Schwab? Da dove viene? Non ne ho idea. Questi personaggi
vantano più l’impalpabilità delle evocazioni che una reale consistenza storica.
Allo stesso modo ci stiamo ancora chiedendo: chi è stato davvero il mezzo inglese
Roberto Speranza? E Giuseppe Conte? Alcune importanti trasmutazioni chimiche,
in fondo, necessitano di reagenti apparentemente insignificanti. Schwab non so
chi sia e non m’importa saperlo. Più importante la fisiognomica: quelle guance
flosce, a esempio, rassomigliano <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2019/01/gli-ultimi-giorni-dellumanita.html">alla colatura di pongo di Jeff Koons</a>. Egli è
uno dei latori dell’Indifferenziato; Egli anela, per noi, il cubicolo. E lo
avrà. Niente auto, niente passaporto e viaggi, niente lavoro, nessuna scuola,
ma solo dottrina; abolizione del codice penale, liberalizzazione droghe,
eutanasia, legalizzazione delle parafilie maggiori. E il cubicolo di quindici
metri. In cui agire soli. Persino il centro delle città avrà a
degenerare in meta ambita e sconosciuta dai novi plebei. I commerci si
ridurranno all’essenziale, poiché assorbiti quasi interamente dalle
multinazionali, le aule penali svuotate dalle legalizzazioni (nulla è colpa!).<br /></span></span><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Ma
non sarà così, è impossibile! Lo concedo: c’è la minuscola possibilità di un fallimento.
Ciò che non si potrà scongiurare, però, sarà la distruzione. Dalla distruzione
non si torna mai indietro.</span></span></div><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">L'Italiano accorto del blog sentirà il dovere di leggere
il racconto di Philip K. Dick, <i>Il gioco
della guerra</i> (<i>War game</i>, 1959).
Ganimede, luna di Giove, ha delle mire di conquista nei riguardi della Terra.
Si sospetta che i Ganimediani possano lanciare azioni ostili da un momento
all’altro. Uno dei mezzi più subdoli che potrebbe usare il nemico: i giochi per
bambini. Per questo motivo, una squadra dell’Ufficio di Importazione sottopone
a un esame severo due di essi, prossimi al lancio sul mercato terrestre. Il
primo è un imperscrutabile gioco di guerra, l’altro una variazione del <i>Monopoly</i>. L’attenzione dei funzionari si
concentra sul complesso war game di cui, tuttavia, non si riesce a stabilire la reale finalità: lo si mette, perciò, in quarantena; il secondo, <i>The syndrome</i>, viene ritenuto un innocuo
passatempo e ha via libera. Quando il giocattolaio Joe Hauck porta a casa un
prototipo di <i>The syndrome</i>, esso affascina da subito i figlioletti Lora e Bobby. Gioca assieme a noi, papà! E Hauck gioca. Ed esclama: “<i>Ho vinto!</i>”; e invece no, lo correggono i
bimbi, qui “<i>bisogna disfarsi dei propri
averi. Sei fuori del gioco papà!</i>”. Hauck cerca l’accumulo, ma <i>The syndrome</i> esige l’esatto contrario
del <i>Monopoly</i>. Esso, infatti, insegna ai bimbi come “<i>cedere con naturalezza i loro
averi </i>[tanto che i bambini, per vincere] <i>davano via le proprietà e il denaro con avidità, in una sorta di
trepido abbandono</i>”. Vince chi perde tutto. Non avrai nulla e sarai felice. I
Ganimediani, come Schwab, la sapevano lunga: "<i>Dietro di lui, i due ragazzi continuavano a giocare, animandosi sempre di più man mano che le azioni e il denaro cambiavano proprietario ... Guardandolo con gli occhi lucidi, Lora disse: 'È il più bel gioco educativo che tu ci abbia mai portato, papà!</i>'".<br />Occorre
indottrinare da subito per avere la certezza dell’assenso poiché anche la
rassegnazione può insegnarsi e divenire costume.<br />Allo
stesso modo, i ragazzetti romani di borgata dei Settanta erano devoti al
traversone, ovvero all’esatto contrario del tressette. Vinceva chi rifilava i
carichi agli avversari totalizzando il meno possibile. Tressette e poker
assommano, il traversone dilapida. A posteriori, rinvengo in quella passione
ludica un logico correlativo della nostra inferiorità sociale. <br /></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Improvvisamente
sento berciare dalla camera accanto alcune voci concitate: “<i>Hamas! … Ashkelon!! … barrage di razzi!!! …</i>”.
La televisione! E pensare che non l’accendo mai … come ha potuto farlo?
Sospetto ch’essa, che da anni mi spia, anche mentre visiono innocui documentari
sull’arte del Neolitico, sia ormai posseduta da un’entità capricciosa che vuole
recarmi noia. Infastidito dal vociare, irrompo per tacitare l’ordigno. Lo trovo
sintonizzato su RAI3, all’ora del telegiornale quotidiano. Sullo schermo
immagini di guerra. Guerra, stavolta, israelo-palestinese. E cos’altro, se no? Il
telecomando, ovviamente, non risponde agli impulsi. Alberto Angela
sentenzierebbe che sono esaurite le pile, ma - ne ho quasi la certezza - ormai
si comanda da sola. Infatti, nonostante pigi l’off della tacitazione elettrica,
Ella persiste nel frignare. Che voglia dirmi qualcosa? Scendo a patti e m’assiedo.
Sullo schermo l’inviata della RAI, acronimo di Radio Audizioni Italiane, si
conduole con i colleghi da Roma d’una terribile esperienza: la stanno
bombardando.<span></span></span></span></p><a name='more'></a><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"> Lei e i collaboratori. Se ne stavano tranquilli tranquilli a
cicalare di neonati decapitati quando … è proprio qui che risalta
l’ineducazione di tali bifolchi di Allah … quando l’han fatta oggetto di
terroristici proietti … lei e l’hotel … anzi: l’hotel … e quindi lei, che Hamas
la Goracci Lucia non sa manco chi sia … dopo una serie di compunte, e
preoccupatissime chiacchiere (come stai? … sto bene, sto bene …), parte il
drammatico reportage … “<i>C’hanno sorpreso
in strada … abbiamo cercato un riparo … abbiamo cercato di fuggire dalla città
sfruttando quegli istanti tra un cessato allarme e il lancio successivo … ci
stavamo recando all’Hotel Regina ed è proprio quell’albergo che è stato colpito
… abbiamo cercato una via di fuga fuori di quella trappola …</i>”; seguono le
terribili immagini: traballanti … et pour cause ché c’è il barrage missilistico
… ecco Lucia rimpiattata dietro una colonna di cemento mentre stringe a sé, come un
pargolo amatissimo da cullare, il personal computer … le urla disperate … nel cielo
limpido s’intravedono i fumi di qualche mortaretto … Fuorigrotta fa di meglio e
però qui c’è Hamas, il mortifero Hamas che decolla bimbi ebrei… con i soldi di
Netanyauh? E fors’anche senza il permesso di Netanyauh … s’odono grida in
inglese, poi la sirena, latrice d’immedicabile angoscia, … la voce fuori campo di
Lucia: ecco il secondo attacco, di geometrica potenza: “<i>Il tempo che ci separa dalla salvezza è di pochi secondi!!</i>”, sentenzia, mentre l’emulo di Lars von Trier immortala la propria ombra
caracollante sulla parete … Il tono della cronista con l’elmetto è distaccato,
e non ammette repliche nella propria sentenziosità gnomica: ho ragione, voi
torto, se negate siete degli infedeli alla causa. “<i>Dio maledica Hamas!!</i>” sbotta, intanto, un sopravvissuto assieme
alla moglie … e poi, sempre l’inviata: “<i>Chiediamo come uscire da questa trappola … un altro attacco ci
sorprende mentre proviamo a uscire …</i>”: che sia il terzo attacco? Stavolta
senza sirena, un attacchino, forse, privo di barrage: “<i>Troviamo riparo tra le colonne di un condominio …</i>”; ed ecco il
quarto, di attacco, la gente va carponi … inquadrature da <i>Blair witch project</i> … si percepisce distintamente un “<i>Come on</i>”, poiché anche ad Ashkelon
parlano la neolingua universale, non sia mai che qualcuno non comprenda la
portata della tragedia lì or ora <span> </span>inverantesi
… poi, d’incanto, tutto s’acquieta … la tempesta d’acciaio rifluisce, i
borborigmi della ferocia si smorzano nel cielo di compattezza cristallina. Finalmente:
“<i>Ora è finita</i>”. </span></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">I
profughi della RAI trovano scampo a Tel Aviv, non sappiamo in quale hotel o
struttura ricettiva. Sarà maggiormente degna del Regina di Ashkelon, noto per la triste arietta spartana (internet ad alta velocità gratuito, vasca
idromassaggio, sauna, bar/lounge, spiaggia, camere insonorizzate, aria condizionata,
cassaforte, angolo cottura, frigorifero - prezzi modici)? Non ci tengano in ansia i notabili
della RAI, informino il popolicchio.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Voi
direte: sei una carogna, non credi a nulla. Ma non è così. Io ci credo. Certo,
ho sghignazzato per tutto il tempo, ma ciò ha una cagione precisa che, se avete
un attimo di tempo, vi illustrerò. È che la menzogna, ripetuta sistematicamente
e incessantemente, snerva implacabile i recettori empatici. Da trent’anni,
almeno, la menzogna è strutturale. Si è cominciato con i falsi morti di
Timisoara e non ci si è più fermati. L’omarino attuale crede a tutto. È nella
sua natura di omarino confidare nel sistema. Qualche scettico prova a
forsennatamente analizzare ogni fatto e dichiarazione, ma si trova al punto di
partenza: non sa se è la verità a essere distorta o la menzogna ad assumere
parvenza di verità. Inutile soppesare, discriminare o fare ricorso a ideologie
contingenti come liberismo, fascismo, statalismo, nazismo, guerra dei sei
giorni, ebraismo … per spiegare, rintuzzare, bilanciare colpe … queste chiavi
non aprono nulla o, se lo fanno, celano un labirinto ulteriore. Si deve,
perciò, rigettare tutto, aggrappandosi all’unica isola rimasta: la logica
aristotelica.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Si
deve ragionare, posando reveremente sul ghiaccio la questione capitale: a cosa
serve la guerra? Serve a distruggere il Nemico e a definire noi stessi contro
il Nemico. Da quanto non abbiamo la guerra in Europa? Ottant’anni? Per tale
motivo non sappiamo più come definirci o dire chi siamo e qual è il nostro
compito sulla terra, a parte qualche vago spetezzo pacifista. La guerra viene
portata esclusivamente contro chi non ha ancora aderito alla poltiglia della
dominazione ultima, la Monarchia Universale: guardate la successione delle
distruzioni: sono state annessioni di fatto alla Monarchia. Est post-comunista,
Jugoslavia, Afghanistan, Mesopotamia, Armenia. Perché coloro che hanno promosso
queste annessioni dovrebbero scatenare un conflitto mondiale che risveglierebbe
le coscienze? Hanno impiegato secoli per recare una pace che ha neutralizzato
l’Europa e svirilizzato l’uomo e ora dovremmo vedere Parigi in fiamme?
Israele e Persia sono due scogli da frantumare. Come ciò avverrà è
indifferente. Si potranno prevedere due stati, Israele e Palestina? Rivoluzione
edonista in Persia? Perché no. Sono i punti d’arrivo che contano, la maniera di
arrivarci potrà essere diritta, tortuosa o irti di massacri. Ma ci si arriverà
o, almeno, tenteranno di arrivarci. Pensate: annettere ideologicamente Persia e
Israele! Ci rendiamo conto della portata dell’operazione? Gerusalemme e la
Mesopotamia! Di fatto si chiuderebbero i giochi. L’Arabia è già andata, la
Russia andrà, i Cinesi sono dei mercanti e alle truppe rosse che contrattaccano
in nome dello Spirito non ci crede nessuno. Non dico che sia tutta una farsa,
la gente muore, i popoli soffrono, ma la tendenza fondamentale del nostro tempo
rimane irresistibile. <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2018/07/lolocausto-in-soffitta-segnali-dal.html">Qualche anno fa licenziai un post</a> in cui prevedevo la
fine della favola dell’Olocausto e una presidente donna in Israele. <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2018/04/umanita-al-guinzaglio-natalie-portman.html">Natalie Portman che stringe la mano al leader di Hamas</a> mentre la stella di Davide e la
bandiera palestinese garriscono dolci ai venti del deserto. Non sarebbe questo
un evento auspicabile da Klaus Schwab? La chiusura, definitiva, del cerchio? E
della garrota? <br /></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Sì,
ho riso per tutto il tempo del servizio della valorosa Lucia Goracci. A denti stretti. Si
tratta di disperazione, infatti. In tutta la mia vita, che ora volge al
termine, mi son sempre sentito “<i>In hilaritate tristis, in tristitia hilaris</i>”,
secondo la massima di quel venduto di Giordano Bruno. Così, senza merito: son fatto
in tal modo e basta. E ho sempre ricordato che “<i>Il cuore dei saggi è in una casa in lutto/e il cuore degli stolti in
una casa in festa</i>”, come si legge nelle <i>Ecclesiaste</i>
(7, 4), due righe citate da Sant’Ambrogio nel suo libello contro l’usura. Che
pochissimi hanno letto. E se l’hanno fatto, non l’hanno capito. Perché Ambrogio
fu santo, quindi un individuo totale e totalitario. In ciò risiede la follia
dei Santi ovvero dei Guardiani. Egli sapeva che la fede, come la guerra,
esclude, e definisce. Non esistono transazioni, o vie di mezzo. Non si scende a
patti per sminuire la perfezione. <br /></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">La
chiusura definitiva del cerchio coinciderà con la distruzione totalitaria del
passato. I bambini, se nasceranno ancora, lo faranno in vitro, espulsi da
placente d’acciaio, né maschi né femmine, e nuovi alla terra. Basti vedere il finale
del profetico <i>Generazione Proteus </i>(<i>Demon seed, 1977</i>)<i> </i>del
profetico Donald Seaton Cammell (1934-1986), altro rampollo dell’albero della dissoluzione
controculturale degli anni Sessanta: c’è tutto, con chiarezza ialina: guardat</span></span><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">e </span></span><span style="font-family: inherit; font-size: large;">come è partorita l’androgina e bellissima creatura del Nulla, più convincente del figlio delle
stelle di Clarke e Kubrick. </span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Mi chiedo quando si comincerà ad abbattere i
monumenti, questi grumi simbolici della sopraffazione: l’arco di Tito, con
quelle figurazioni scioccanti, o la chiesa di San Paolo. Immaginare il
bulldozer nei pressi del Colosseo sembra una boutade, ma, di fatto, il
bulldozer è già lì. Lo presagisco, i segni ci sono, ma la gente ama
trastullarsi col panorama che gli permettono di osservare, non certo con ciò
che si cela dietro atti apparentemente insignificanti, che tutti equivocano addirittura
come condivisibili. Tremila anni di storia se ne andranno al macero per il
sogno di qualche massoneria psicopatica. E non sarà colpa dei ricchioni, degli
ecologisti, dei radicali, degli ebrei o dei musulmani, di maltusiani o yankee
suprematisti: questi son solo mezzi di un sentire distorto e folle che pare
inevitabile nell’essere umano. Ricchioni, negrieri e vegetariani ora servono;
attuata la distruzione non serviranno più. L’uomo è settato per
l’autodistruzione e gli eventi contingenti solo mascherano questa discesa nel
maelstrom da cui non vi sarà più ritorno. Se una configurazione complessa viene
distrutta è impossibile recuperarla. Per questo ho sempre affermato che
l’Italia è sacra cioè intangibile e che i santi, noi, dovremmo vigilare su di
Essa. Ma il gorgo mulina sempre più vorticosamente, la Bestia risale da vie
dimenticate dell’animo primordiale, s-catenata, pronta a ghermire. <br /></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Esiste
un partito più idiota della Lega? Non credo sia possibile. Ignoranza, arroganza
e infantilismo servile si danno la mano in una giga di immane e tetragona stupidità.
Non si fermano mai, la rilanciano continuamente. L’unico serio è un tal
Giorgetti che si prepara a impersonare un Draghi più realista di Draghi dando
l’impressione della benevolenza. Il resto del partito è impostato sul
fallacismo ovvero su quel sentimento anarcoide tipico di certe regioni semianalfabete
del Nord ferme al crollo delle Torri Gemelle.<br />Premessa
1: le Twin Towers le hanno tirate giù quelli con il turbante (id est, nella
loro testa, tutti quelli che professano una religione diversa dall’andare a
messa la domenica a Pizzighettone: indonesiani, arabi, ugandesi e marocchini si
miscelano, nelle ridotte del loro encefalo, a un tipo preciso e perfido immaginato
col cammello e un coltellaccio da fumetto sotto il thawb);<br />Premessa
2: noi siamo superiori perché abbiamo Michelangelo e Raffaello e, quindi, la
libertà e la cultura; loro al massimo hanno Omar Khayyam.<br />Sillogismo
conclusivo: dobbiamo rifiutare il burqa.<br />Oriana
Fallaci, giornalista e scrittrice, ovvero scrittrice perché giornalista, filò
tale zucchero da luna park all’indomani del settembre 2001 riscotendo, da noi,
un successo strepitoso. Non solo nelle vendite, bensì nella creazione di un
immaginario sottoculturale che permane tutt’oggi, buono per il ciarpame sociale
che tutti coinvolge, dalla coatta tatuata di periferia all’ordinario di Sociologia
Spicciola di Fossombrone di Mezzo.<br />I
media di destra, peraltro, anche quelli indipendenti, sono imbevuti da tali
castronerie da illetterati. I lettori li giocano come polli da osteria. <br /></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Sì,
i maomettani sono dei tagliagole: infatti decapitano i neonati. Per il legaiolo
ideale, una platea ben più ampia della percentuale di elettori della Lega,
questa è una verità indiscussa. Si somma, tale sentimento, al filoebraismo
trasversale della borghesia nordica che oramai dilaga senza freni mercé la resa
del clero italiano ai fratelli maggiori. D’altra parte il rimpianto Silvio
Berlusconi, epitome definitiva del Bauscia, circoncise il TG5 per ventotto anni
(su trentuno) a soli due direttori. <br /></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Il
generale Roberto Vannacci, citando involontariamente un post di Alceste, dapprima
illude quel vario serraglio digitale che si crede dissenziente, poi si fa
fotografare mentre scalcia l’onda del mare (blu, sempre più blu) mostrando la
palma del piede. L’offesa al mondo islamico è patente. Rientro nei ranghi? Ma Egli
non deve rientrare in nulla poiché non si è mai spostato. La rivistina su cui
appare il Nostro è la mondadoriana “Chi”, diretta da un brillante uranista, e
di larga diffusione popolare. Quale popolo? In gran parte lo stesso che vota
Forza Italia, Lega e dintorni ed è soggiogata dal fallacismo. Se c’è da far
finta di combattere una guerra, occorre reclutare nuovamente i minchioni
dell’Enduring Freedom che, dopo vent’anni, potrebbero avere i pregiudizi
arrugginiti sui barbari con lo straccio in testa. <br /></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Forse
mi sbaglio. Tendo a vedere dappertutto una manipolazione costante. Eppure poco,
ormai, è ciò che appare. Lo SPID, a esempio, e la burocrazia tutta. Chi
gestisce questi labirinti dell’inutile, dai più alti funzionari all’ultimo dei
travet, crede ch’esso sia parte della grande transizione digitale. E, invece,
nella mente dei reali ideatori, non è che uno dei sistemi per scoraggiare,
sopprimere e distruggere il commercio; e la vitalità economica e la creatività.
Altro esempio: i cinghiali. Perché ripopolare con una specie non indigena le
nostre campagne? Una specie infestante poiché assai più prolifica, e i cui
elementi sono massicci e difficili da contenere? Per scoraggiare i piccoli
proprietari e distruggere le coltivazioni in loro possesso. Da quando tali
mostri scorrazzano liberamente, intangibili (non toccateli! … è un reato! ...
assassini!), è impossibile tenere un orto o coltivare alberi da frutto e la
vite. Neanche i costosissimi circuiti elettrici li tengono a bada. Il piccolo
proprietario, residuo di quell’italianità che ancora intratteneva un rapporto
fecondo con la campagna, rinuncia; decine di migliaia di ettari inselvatichiscono
in fretta. Presto le multinazionali ne faranno un boccone, naturalmente in modo
indiretto, tramite latifondisti prestanome. Anche le università agrarie e le
Regioni stanno mollando. Le spiagge, invece, andranno a bando. Gli Italiani,
insomma, devono essere cacciati con fare sistematico dalla propria Patria, ed
entrare senza fiatare nei cubicoli: come stranieri in terra straniera. <br /></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Mi
ricordo, sì, mi ricordo … <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2020/04/un-tenebroso-incanto.html">Giovanna Botteri ai tempi del Covid</a> … inviata in Cina, nientemeno … Maglioncino nero, cibreo depressivo-angosciante. Mai una
volta le venne in mente di intervistare un funzionario o un politico cinese.
Alle sue spalle il panorama di grattacieli, illuminati finestra per finestra, a
confermare l’idea platonica di grattacielo che abbiamo assimilato in un secolo
di grattacieli hollywoodiani illuminati finestra per finestra. Seguirla tutte le
sere con quell’abitino iettatorio mentre srotolava il breviario dell’apocalisse, era
come mettersi dell’acido sotto la lingua; il mio spirito si distaccava dalla
carne immaginando l’inimmaginabile: che quei grattacieli non fossero altro che
un fondale di cartone dietro cui Mario il barista s’affacendava recando
rustici e Aperol. Vedete, a volte, come una coscienza sporca come la mia
possa distorcere la verità. È che quei grattacieli li associavo al poster di un
funzionario apicale di Tecnocasa presso cui cercai di lavorare nei primissimi
anni Novanta. Egli, giovane e incravattato (al tempo lo eravamo tutti, me compreso), ci tenne a farmi sapere che aveva il titolo di terza media preso come
privatista; così, per sfregio nei confronti miei e del mondo, e per esaltare la
propria carriera folgorante nell’ambito di quei sensali del mattone che,
lentamente, avevano scalzato Gabetti e Toscano. Si godeva ancora lo Spirito dei
Tempi della Milano da Bere, e dello yuppismo; la scrivania ingombra da due
telefoni epilettici per decine di spie luminose, a gloria dell’interconnettività di chi
comanda e, però, ha il privilegio di non rispondere, alla Gianni Agnelli, la
costosa meridiana multifunzione al polso, le lucide scarpe di pelle nera che
inguinavano una coppia di quarantacinque, ne testimoniavano inoppugnabili la superiorità nei confronti dell'interlocutore, cui, però, incredibilmente, si concedevano preziosissimi
minuti per l’illustrazione delle benemerenze (allora non esistevano curriculum) ch’egli avrebbe poi severamente ponderato. Alle sue spalle New York; con le
torri di Oriana ancora in piedi; una New York serotina, dolce,
pullulante di luci, i fari delle automobili colti in lunghe scie bianche e
rosse, the skyscrapers con i riquadri-finestra accesi a mezzo: lì pulsava la
vita economica, sembrava dire l’immagine, e, soprattutto, l’efficienza;
l’efficienza che si richiede a un elemento del capitalismo d’assalto, foss’anche
un agente in erba. Velocità, precisione, amabilità; un pizzico di menzogna,
ovviamente, il lubrificante degli affari; il cliente è il cliente, da
rispettare, ammaliare e truffare allo stesso tempo dacché una parete era sì
muffosa, ma solo se vista con gli occhi dello sprovveduto: in realtà un’occasione
da non perdere soppesando il rapporto qualità/prezzo … ah, quanti
insegnamenti da quell’omettino di nemmeno trent’anni di cui faticavo a scorgere
un qualsivoglia respiro spirituale. Eppure è qui, è questo qui … mi dissi
sovrappensiero mentre tale ex Italiano cacarellava il baedeker del perfetto
agente traendo, lo vedevo a occhio, una particolare forza, di pura magia simpatica, proprio da
quel quadretto kitsch, compendio, simbolo e incitamento a più produrre, a
più guadagnare … avvalorando, suo malgrado, l’etica protestante e lo spirito
del capitalismo, nella versione da colonia, beninteso, ch’egli aveva
naturalmente e trionfalmente assimilato e a cui tutto riconosceva, persino la
scura Fiat Croma che parcheggiava ostentatamente nel cortiletto a scherno
delle Pande dei sottoposti, quasi tutti pezzenti, ma in grisaglia ... a parte
la segretaria chiappe d’oro, debitamente muta, che si moveva disinvoltamente
tra l’intonsa macchina da scrivere e il bar. Assentii a tutto, spiegando, poi,
che rinunciavo addirittura al fisso e che mi sarei licenziato (o meglio: avrei
alzato i tacchi) se non avessi venduto due unità nel primo mese, così, da solo,
senza portafoglio clienti, senza scrivania e senza telefono. Il sottile baffetto
di sinistra del Nostro si mosse impercettibilmente (questo mi vuole fare le
scarpe?) giacché anche i predatori infimi vantano una certo talento
nel riconoscere i simili. Mai diagnosi fu più errata. Me ne fregavo altamente,
come sempre, di tutto e tutti, figuriamoci di una testa di minchia come lui,
capofila delle migliaia di teste che avrei collezionato sino a oggi.
Rifilai un monolocale a una coppia di sposini e due autorimesse a un trippone
che gestiva una ferreteria. In tre settimane. Riscossi e non mi presentai più. <br /></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Il
baffetto non lo rividi. Sarà ancora vivo? Il destino mi destinò, spietato, altri baffetti. Circola, da qualche tempo, un video dell’onorevole
Massimo D’Alema: in costume aneddotico, stavolta. Si era nel 1996, rimembra il
nostro Don Diego de La Vega, la Volpe, quando, in pieno governo
Prodi, andai qui e lì, lì e qui, e mi resi conto che il Parlamento italiano
contava meno di nulla poiché la finanza internazionale teneva le nazioni per il
collo. Al desk Italia della Merryll Lynch, a esempio, continua El Zorro, tre ragazzetti, di cui
due negri, sovraintendevano alle discese e alle risalite
della lira e della Borsa secondo le chiacchiere dei politici … dichiarazione a favore della multinazionale: giudizio benigno; contrario: e vai con lo spread ... e i tre bambocci godevano di ampia facoltà di manovra, peraltro
… eh sì, ridacchia, allora mi resi conto … capito? Allora si rese conto … nel
1996 … come se il governo Prodi l’avessero votato gli Italiani … e non Merryll
Lynch … è che quando uno ha nel sangue la recitazione, non c’è riparo … i
micchi della controinformazione al blowjob della rivelazione postuma ingoiano
tutto … il Parlamento italiano non conta nulla … e cosa contava il 2 luglio
1987 quando venne eletto deputato proprio il nostro Maximo? E, se proprio nulla
contava nel 1996, perché non dirlo al popolicchio? Anzi, perché il nostro Don Diego de La Vega continuò la propria carriera sino ad aprire i cieli
d’Italia ai bombardamenti della Serbia, nel 1999? Lui e il vicepresidente del
Consiglio Sergio Mattarella? Perché?<br />Quando
smise il Parlamento italiano di rappresentare l’Italia?<br />A
questo posso rispondere io, Vostro Disonore: da subito. Forse vi fu qualche
personalità che a ridosso delle due guerre, ebbe l’audacia di credere ancora
nell’illusione … e però i parlamenti postmoderni rassomigliano ai nidi abbandonati di passero
… eccoli lì, vuoti e sfilacciati, alla mercé del cuculo che ne prende
possesso e vi depone le proprie uova … lo Stato Italiano è da decenni un esoscheletro
disseccato di cui sopravvivono formalmente le sole funzioni repressive: fisco e
polizie. Il resto è occupato dal parassita di cova … e dalla credulità dei
sudditi … si possono raccontare tutte le storielle che si vuole … se si accetta
di entrare in quel cimitero di democrazia si è inevitabilmente consapevoli e
corresponsabili dell’inganno … <br /></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">In
Germania avanza la destra! Avanza, ma non sfonda! Avanza, però … Certo, non sfonda
… E quando sfonderà? Mai. L’avanzata delle destre è come la percentuale
d’ascolto di Sanremo: avanza sempre, di anno in anno, ma sempre quella è. Anzi,
forse decresce. E però ci dicono che sale, di trionfo in trionfo, di sera in
sera, di anno in anno, di cialtrone in cialtrone. La prima serata, la seconda,
la terza, il gran finale … ‘sti dieci milioni di presunti melomani, sempre
quelli, tanto che oramai li si conosce per nome, vengono impastati farina e
uova ogni febbraio dell’anno: onde sfornarli in gloria d’ascolti … i
telegiornali echeggiano: record d’ascolti! Nel 1994, 1995, 2001, 2002, 2013,
2018! … se fosse vera tale escalation saremmo a sessanta milioni di
telespettatori, anzi di più: al 110% d’ascolto … a fronte di una diarrea
melodica senza precedenti … l’ultimo stornello divertente che ebbi a ricantare fu
“<i>Hop hop somarello trotta trotta che il
mondo è bello …</i>” … la canzone più bella, forse, quella del compagno Pierangelo
Bertoli, nel 1991 … Il miccus suffragans, però, crede a tutto: alla destra che
avanza, al trionfo degli ascolti, alla croce che cambia i destini del Paese e
soprattutto (questo è INDISCUTIBILE) al fenomeno per cui i voti vengono
regolarmente sommati e cartesianamente elaborati dall’apparato statale sino a
un’onesta traduzione in veritiere percentuali di rappresentanza … prestidigitazioni
da Giucas Casella cui solo un cretino 2.0 può recar fede.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Il
micco digitale, infatti, crede che i suffragi siano libera espressione del
singolo … una favola rosa difficile da scardinare. Il voto libero assomma,
forse, al 20-30% … il resto sono pacchetti mafiosamente controllati da partiti,
sindacati, corporazioni e organizzazioni criminali. Tutto questo nel migliore
dei casi. Ci son poi da considerare i brogli sistematici. I geopolitici hanno
mai studiato le complesse formalità che sovraintendono al sedicente voto libero
e democratico? No? Certo, perché non le conosce nessuno, figuriamoci loro. Gli
studenti aspirano a divenire brillanti specialisti d’oncologia, nefrologia,
neurologia; o pediatri, oftalmologi e chirurghi vascolari. Ma la merda,
signori, la studiano solo rarissimi eretici. La merda ci è sconosciuta. Eppure per
Feuerbach tutto va in merda, compresa l’anima. La merda, secondo gli
illuministi neri, sostanzia il mondo; Democrito andrebbe riscritto, stronzo per
stronzo, e però una verità siffatta, così evidente, la si rifiuta … ricordate
l’incipit dell’imperatore di Bertolucci? I dignitari andavano subito a rovistare
le breccole mattutine del bimbo celeste … ma i Cinesi son gente mediocre, meticolosa
e accorta, mica come i giocatori di Risiko della Kamchatka. <br /></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Fosse
per me voterei solo due volte: per indicare il Presidente della Repubblica e il
mio giudice. Sindaci, presidenti di Regione, Presidenti di Provincia,
assessori, consiglieri e il vario ciarpame che vi gravita d’attorno è inutile
quanto dannoso e va sostituito con tecnici d’alta scuola d’amministrazione. Non
dovrebbero esserci difficoltà visto che i tecnici piacciono molto. Il
Presidente, certo: rappresenta l’Italia. E i giudici poiché da loro dipende la
nostra testa. Chi metterebbe il capo nel buco della ghigliottina? Nessuno, credo.
I procuratori eligendi si presentano con un programma d’azione indicando i reati
da perseguire con maggiore efficacia; eletti, sceglieranno una squadra che, in
caso di non rielezione, andrà sciolta. E cosa faranno quei poverini, in tal caso? Vadano a
fare l’avvocato, il direttore d’hamburgeria, l'elettricista.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Ho
usato il termine “stronzo” sebbene odi la coprolalia. È che sto leggendo <i>Il libro mio</i>, serie d’annotazioni
biografiche del sommo pittore Jacopo da Pontormo (Jacopo Carucci, 1494-1557).
Pontorme rientra nell’attuale comune di Empoli. Il diario registra alcune scabre memorie dell’artista negli ultimi anni di vita, quand’era impegnato negli
affreschi della basilica di San Lorenzo in Firenze, oggi perduti. Pontormo, maestro
del grande Agnolo Bronzino, è individuo ipocondriaco, risentito, misantropo; a volte si
nega persino agli allievi. Scrive delle proprie malattie, di quello che mangia
e caca; di soldi e tempo meteorologico; e d’arte: intesa quale compito
artigianale da recare avanti con meticolosità. Leggere tali righe stente e di
squallida lapidarietà, conoscendone il lavoro, provoca una leggera vertigine. <br />A
caso: </span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">“<i>Mercoledì mangiai dua huova nel tegame ...<br /></i></span><i style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">giovedì mattina cacai
dua stronzoli non liquidi, e dentro n’usciva che se fussino lucignoli lunghi di
bambagia, cioè grasso bianche …<br />lunedì feci quello
braccio di quella figura di testa che alza …<br />martedì e mercoledì
feci quel vechio e ‘1 braccio suo che sta così ...<br />adì 15 di marzo
cominciai quello braccio che tiene la coregia, che fu in venerdì, e la sera
cenai uno pesce d’uovo, cacio, fichi e noce e once 11 di pane ...<br />sabato Batista è venuto
per tucti e’ colori macinati e penegli e olio</span><br /><span style="line-height: 115%;">domenica … desinai con
Bronzino e la sera a hore 23 cenarne quello pesce grosso e parechi picholi
fritti che spesi soldi 12 … e la sera cominciò el tempo a guastarsi ch’era
durato parecchi dì bello senza piovere ...<br />adì 7 in domenica sera
di genaio 1554 caddi e percossi la spalla e ‘1 braccio e stetti male e stetti a
casa Bronzino sei dì; poi me ne tornai a casa e stetti male insino a carnovale
che fu adì 6 di febraio 1554</span></i><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">” <br /></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Ma
cosa vuole dirci con tale scheletrito elenco? Solo che la tradizione italiana
questo è. La genialità si tramanda per vie oscure e l’istruzione vi entra solo
in parte. Si tratta di educazione, invece, e disciplina. Sono i cenacoli, le conventicole, le botteghe, gli studioli a essere
importanti, e il rapporto iperuranio fra maestro e allievo. Sempre. Perciò ebbe
ragione l’Uranista Bolognese a parlare di genocidio italiano. Recidere queste
fila, disseccare la creatività, farà sì che il Paese decisivo
si spenga; inghiottendo l'Occidente intero e le sue diramazioni; il mondo. Sono nazionalista? Ma qui è proprio dell’esatto
contrario che si parla! <br /></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Ti
ricordi … ti ricordi … quando a scuola ci insegnavano che l’Italia<span> </span>divisa in staterelli era inferiore alle
grandi nazioni europee, che già da tempo avevano goduto della rivoluzione
colorata e si costituivano quali temibili potenze? Certo, mi ricordo. Maledetta
Italia, tutti aborigeni seminudi con la clava e quei despoti ignorantissimi assisi sul marciume dei loro troni infecondi! Maledetta Italia, ancora divisa in staterelli! Gli staterelli,
gli staterelli! Che un decimo delle Marche abbia prodotto più arte e conoscenza
di intere nazioni non era cosa da rivelare alle nostre fragili menti di
cardellini … le Marche … Ancona … la marca anconetana<span> </span>… ministro Crosetto, Lei sa perché le Marche
si chiamano così? Ministro Piantedosi, può nominarci tre architetture quattrocentesche prodotte nelle Marche che tutto il mondo, silenziosamente, ci invidia?</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Interagisco
quotidianamente con paraguaiani, filippini, peruviani, bengalesi, ma non con
gli Italiani. Gli Italiani sono scomparsi dal panorama produttivo. Incontro
solo vecchi, storpi, pazzi e malati cronici. E il minuscolo patriziato
amministrativo foraggiato con l’erario: impiegatuzzi stitici, gendarmi
bradipeschi, netturbini scansafatiche. Come si regga ancora in piedi il Paese è
inconcepibile logicamente. Evidentemente l’Usura non ha ancora chiuso il
rubinetto. Anche il settore privato sembra frollato per benino. A volte non
comprendo proprio di cosa si parli. Tutti vogliono il briefing … democratico,
non sia mai … per de-cidere … in base al programma … suddiviso in step …
inviato per mail … a cui ognuno potrà apportare modifiche …<span> </span>costruttive, beninteso … onde concrescere a
più alti esiti … che, però, non si vedono mai ... gli alti esiti, intendo … come
mai si vedrà la relazione finale con i positivi apporti … perché gli apporti
vanno persi nello spam, causa antivirus aziendale, o una mail è disabilitata o
il sistema intranet è saltato oppure il cloud s’è inghiottito -
inspiegabilmente - le cicalate digitali d’un mese intero … </span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Il
digitale fa paura al Potere! Il Potere poteva prevedere tutto tranne il
digitale! La rivoluzione passa per Twitter! Come no, gli tremano le gambe … i
migliori li hanno fatti fuori tutti proprio gli alternativi, a cominciare dal Pedante
… Marco della Luna non viene mai citato pur essendo stato il primo a coniare la
felice espressione “governo zootecnico”, il veterano Blondet è oramai circondato
dagli arrampicatori digitali, abili a creare fuffa video … perché comprendere è
aspro e rivela ciò che non vorremmo ci si rivelasse; il tifo, invece, rilascia
gradevolmente i muscoli sfinterici.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">La
guerra è sempre una sconfitta, borboglia Borboglio I. E San Pio V? Doveva lasciare che a Vienna e Roma aprissero ristorantini di tabbouleh.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Nei bestiari medioevali la pantera, accoccolata al centro di fresche radure, apre le fauci. Il suo alito profumato si effonde d'attorno. Lepri, conigli, tassi, ammaliati, seguono irresistibilmente la via di quegli effluvi; quando si rendon conto dell'inganno è troppo tardi: la tigre scatta fulminea, e li divora. Anche l'allettante felino della modernità, la tigre, in agguato nelle foreste della notte, sbrana le prede: "<i>Quale mano fu abile a torcerti i tendini del cuore?</i>", s'interrogherà William Blake; il quale si domanderà ulteriormente: "<i>Chi creò l'Agnello creò anche te?</i>". La risposta di Thomas Eliot arriva un secolo più tardi: "<i>Nella gioventù dell'anno venne Cristo la Tigre ... La Tigre balza nel nuovo anno. Ci divora</i> [<i>Us He devours</i>]": Egli, infatti, ora è Giudice.<br /></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">La
Murgia, Raimo (Veronica), Piccolo, Veronesi, Scurati, Lagioia … ecco i
vincitori del nostro tempo. Altri vincenti, loro pari, li trattano pure da
intellettuali, tanto da chiedergli opinioni, e pareri, sull’attualità e la
storia … Da parte mia li considero di gran lunga inferiori agli sceneggiatori di “Topolino”.
Nel numero 887 del 28 novembre 1972, a esempio, la prima storia è <i>Pippo e il cappello magico</i>. Le prime
tavole sono ambientate nella sede della Tetrannica, “<i>la casa editrice della monumentale omonima enciclopedia</i>”; alcune
deliziose parodie sono il pezzo forte dei numeri di quegli anni ancora felici.
Alla Tetrannica sono in ambasce gravissime: un collaboratore, Flip Lapin, s’è
accorto, infatti, con apprensione, di aver tralasciato una voce. E quale?
Coniglio. “<i>Di solito</i>”, afferma l’agitato
quanto sussiegoso direttore, “<i>la gente
nelle enciclopedie cerca parole come: anturio, carcarodonte, lunula,
platelminti, nittizione … termopolimeri, calastra, endice …</i>”, per cui,
della sparizione del comune coniglio, nessuno s’è accorto … Sì, negli anni
Settanta a un bimbo poteva capitare di tenere in mano un fumetto che elencava
parole come “nittizione” e “carcarodonte”. E “anturio”. Il sottoscritto, a
esempio, rimase folgorato da Paperino che, in una storia, rivolgendosi
sprezzantemente allo zio, usava il termine “tetragono”. Certo, erano altri
tempi; tempi di altri Italiani, irripetibili, e oggi scomparsi.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">A
Roma si prepara minuziosamente il cubicolo. Aumento del biglietto ATAC,
prossima privatizzazione di larghi settori comunali, fascia verde integralista
e centinaia di migliaia di pezzenti costretti a piedi. Pali e paletti, segnali e segnalini
mobili che avvertono del prossimo off limit già ingombrano la città a ridosso
delle periferie. Qualche settimana fa un automobilista in zona Trionfale,
altezza scuola Nazario Sauro, spostò uno di tali stolidi VERBOTEN per parcheggiare
meglio. “<i>Ahò, s’è messo lì d’impegno ah
ah ah … ma lo sai chi era?</i>”, mi fa un vecchio conoscente. “<i>No. Il sindaco?</i>”. “<i>Ah ah ah, quello
c’ha la scorta che je parcheggia … no, era Alberto Angela!</i>”. “<i>Non abita in un palazzetto a Monteverde?</i>”. “<i>Macché, abita dalle parti mie. J’ho pure strillato, ma nun m’ha
sentito! Che forte che è … proprio bravo, come su’ padre! … ma servono ‘ste
zone verdi? … boh, me pare n’artra fregatura!</i>”. Ah, il popolicchio.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">L’unica
etica che conosco e che posso chiedere di rispettare: contrastare il Caos e
l’immane transizione della Totalità nel Caos più abietto: il Nulla. Una nascita
è già un’eccezione, uno sberleffo celeste, il miracolo. Voi stessi, mentre
leggete queste righe, riordinando i vostri pensieri, lo siete; persino io ne
vengo coinvolto, quale artefice di tali modeste impressioni. </span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: center;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;"></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg719ItNLVHMflF7kKCDSOCDq6TY1m-Ce8f9E2CloAqqHFvmeTwY5KYD8nQkziS-bR2AN9hbTuXFFgCTzvpaFWdNm_mYCRboRgHJBfSFMSDwqbauI7uhMQv2lWcqKLJLj4jESTEt58iTTD3GND6zbJYvO5lURa5ixOmP80hS8fuuaP9QkZtb72qoAvswccz/s4096/Adorazione%20dei%20Magi.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1794" data-original-width="4096" height="280" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg719ItNLVHMflF7kKCDSOCDq6TY1m-Ce8f9E2CloAqqHFvmeTwY5KYD8nQkziS-bR2AN9hbTuXFFgCTzvpaFWdNm_mYCRboRgHJBfSFMSDwqbauI7uhMQv2lWcqKLJLj4jESTEt58iTTD3GND6zbJYvO5lURa5ixOmP80hS8fuuaP9QkZtb72qoAvswccz/w640-h280/Adorazione%20dei%20Magi.jpg" width="640" /></a></span></div><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;"><br /></span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Di
una nascita narra anche Jacopo Pontormo, nell’<i>Adorazione dei Magi</i>.</span></span><br /><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Un
italiano, nel 1522, strappa al Caos questi pochi centimetri quadrati di pittura,
che permangono, ancora, fra di noi, a miracol mostrare. Ecco la Nascita del Dio,
somma vittoria della Luce e della Definizione sull’Informe. E la Bellezza,
quale regolatrice del Giusto. La folla degli adoranti scende come le acque d’un
ruscello, forse a prefigurare il Giordano, disponendosi dinamicamente di fronte
al Dio Bambino.</span></span><br /><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Ma
è la parte superiore, spesso inosservata, a costituire la mia personale
meraviglia. Rivedendola, a volte, son preso da un moto di commozione e furia.
Quegli edifici nobili, sulla destra, le torrette, le delicate sfumature di
bruno a sancire le consistenze dell’altura, e gli alberi, più scuri, stagliati
contro il cielo, a costituire i toni più freddi di contro ai panneggi in primo
piano: primari che s'animano luminosi sfaccettati in nuances innumeri: i gialli, i rossi e, più rari, gli azzurri.</span></span></div><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Questo
dipinto è inesauribile, come l’Italia.<br />Al Potere rimangono due vie: o distruggerlo, poiché la sua sola esistenza è un
pericolo, o annichilire il nostro apprezzamento nei confronti d’esso.<br />Per
scongiurare la seconda evenienza ho deciso di scrivere queste ultime righe.<br />Serviranno?
Forse no, ma come uomini-libro, ovvero quali transeunti ordinatori del Caos,
abbiamo il dovere di usare anche tali minuscoli accorgimenti al servizio della
memoria; e di ordinare volgari parole e bit in segreto accordo: a più alte armonie.</span></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"> </span></p>Alcestehttp://www.blogger.com/profile/04852044188872845420noreply@blogger.com99tag:blogger.com,1999:blog-654788918314523587.post-62122249402204163212023-09-29T12:17:00.008+02:002023-09-29T12:33:17.295+02:00La pesca<p style="text-align: center;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="759" data-original-width="1288" height="378" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj3zfp3GHZ1mvTjZHYAQIbpVoctL6To76VtvzhpTS7lNOUzwtmznkU3acOZzu2Yp01WVkY0pA_Bikc0shiCczYKiAxLVbddPF5ZsaHDnv4sOA1KUhx3a0FqWT3d9xjol0QqMNtlqgSHIYVcJqU05U6yDsZCMVTKyEKNrOcJEpiA6KCCH7tbSQv35HGLU_cg/w640-h378/La%20pesca.jpeg" width="640" /></div><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">Roma, 29 settembre 2023</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">Una nota catena italiana di supermercati lancia una campagna pubblicitaria ove compare una bimbetta, Emma, e i genitori divorziati. Emma soffre per la separazione, ma, ingenuamente, cerca di rappezzare i rapporti fra il papà e la mamma col dono di un frutto, una pesca.<br />L'innocente operazione commerciale ha scatenato un prevedibile flame da distrazione di massa, ancorché di proporzioni inusitate.<br />Alcuni allocchi hanno equivocato il consiglio per gli acquisti, ideato al fine di far comprare più prodotti nella nota catena italiana di supermercati, per una svolta in senso reazionario: a favore della famiglia; altri isterici, ben più numerosi, dalla parte progressista della barricata, l’hanno inteso, invece, per una svolta in senso reazionario: a favore della famiglia. <br />Entrambe le fazioni sono composte in larga parte da tecnopueri ovvero da individui i cui unici sentimenti sono mediati dal web; essi esprimono, perciò, al massimo, un vago sentimentalismo digitale ove non hanno campo un vero odio, una reale gioia, un afflato di libertà. I simulacri dei sentimenti animano, perciò, un homunculus dai tratti infantili che, purtroppo, non vanta le emozioni sorgive degli infanti, ma ne rappresenta la raggelante parodia. L’infantilismo di massa, fanatico e sprezzante, specchio deformante del violento e ricco cromatismo delle reali emozioni umane, oggi preterite o represse, forma le quadrate legioni degli armigeri del web: controinformatori, gatekeeper, fact checkers, polemisti calvi, geopolitici in fregola, femministe in pieno arco isterico, checche sfinteriche, decime mas dell’impotenza.<br />Se i reazionari digitali sono, assai semplicemente, degli imbelli, è nel campo sedicente progressista che si rinvengono le reazioni più scomposte e interessanti. È bastata una pallidissima e involontaria evocazione dell’Antico Ordine per scatenare la fase del clownismo chiacchierone: contorsioni, bava alla bocca, coprolalie, insulti sanguinosi, bestemmie, irsutismo lesbico, furore da licantropi al plenilunio: <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2023/09/hysteria.html">ove per clownismo ci si riferisce alla fase acuta dell’isterismo</a>, da sempre identificata con le possessioni. <br />Ma cosa è accaduto davvero per accendere tali dimenamenti da tastiera? <br />La serica trama del politicamente corretto, filata in decenni di propaganda ossessiva che ognuno ha dovuto ingurgitare, a piacere o controvoglia, come le foglie di un gelso venefico, imbozzola oramai l’Italiano, chiuso al suo interno senza alcun contatto con la realtà di ciò che è stato. Quando, per un incredibile accidente, tale insetto, chiuso nel depressivo solipsismo PolCor, entra pur minimamente in contatto con l’evidenza, si crea la reazione isterica. Gli insulti sono vomitati, quindi, per proteggere tale coscienza posticcia, creduta progressiva e, perciò, inconfutabile, contro l’insorgere della verità che, latente, ancora alberga nei cuori.<br />Negare a onta di qualsiasi evidenza, a costo di sacrificare sé stessi. Tali le ondate di fanatismo di massa che stiamo affrontando. E la situazione peggiorerà. I bruchi si trasformeranno, prima o poi, in perfette falene psicopatiche. Gran parte delle nuove generazioni non sembrano toccate da tali accensioni sol perché, in loro, l'anima artificiale è degenerata in ordinaria e seriale complessione psicologica. <br />Questi esseri da villaggio dei dannati saranno, inevitabilmente, i naturali carnefici della residua normalità. </span></span><br /></p>Alcestehttp://www.blogger.com/profile/04852044188872845420noreply@blogger.com62tag:blogger.com,1999:blog-654788918314523587.post-33565414243622559092023-09-02T21:36:00.023+02:002023-09-05T13:22:01.638+02:00Hysteria!<p style="text-align: center;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEip98kokM8Z5msfuO_zlWGHt8tk9fT5E8WmxWHVKXS8aPU7ZXWOu55GJQHYsnnKhbN7HcsUPI4fct3VbBhCjS3qKGN5BZI3as4vffaVfXdO11KgbN_lKx6lWhSuQ3aS7cU4EI1FIlqdmYaXGWeUrLnMNEcRpcpgn7nEgi8gpUuzj-ob3RSDry7QeVvLbwRT/s2048/Isteria.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1335" data-original-width="2048" height="418" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEip98kokM8Z5msfuO_zlWGHt8tk9fT5E8WmxWHVKXS8aPU7ZXWOu55GJQHYsnnKhbN7HcsUPI4fct3VbBhCjS3qKGN5BZI3as4vffaVfXdO11KgbN_lKx6lWhSuQ3aS7cU4EI1FIlqdmYaXGWeUrLnMNEcRpcpgn7nEgi8gpUuzj-ob3RSDry7QeVvLbwRT/w640-h418/Isteria.jpg" width="640" /></a></div><br /><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Roma, 2 settembre 2023 <br /></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">In Niger scacciano i colonizzatori! L’India va sulla Luna! I BRICS non pagano il petrolio in dollari! Crolla il sistema che ha governato il mondo nell’ultimo secolo! Se non più! E tutti a ballare la polka … come se tali avvenimenti non favorissero sfacciati, invece di negarne l’inveramento storico, proprio ciò di cui si celebra l’apparente funerale: la globalizzazione terminale, la <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2018/08/monarchia-universalis.html">Monarchia Universalis</a>. <br /><br />Lacrime su Michela Murgia, altra inessenziale figurina della sedicente scena letteraria e intellettuale dell’ex Italia. Il funerale, né cattolico né pagano, celebrato nella chiesa di piazza del Popolo, una volta dedicata alla Vergine, e oramai mezza sconsacrata, ha rivelato l’essenza dei Nuovi Tempi … a riguardare certi spettacoli trascorro intermittente tra rictus spettrali e facies da umor nero … L’enormità delle eulogie, sproporzionate rispetto al reale peso della Defunta, l’indifferenza al luogo di culto, scambiato dal becerume per una fumosa sezione di partito, le allocuzioni strampalate … ove alcune citazioni da fumetto, commiste ai ricordi più goffi, si induriscono improvvisamente in sconclusionate quanto violente invettive alimentate da un odio incomprimibile, di cui gli autori stessi ignorano la scaturigine reale … tutto induce a uno sbalordimento che sconfina nel malessere. Una di tali Erinni postmoderne, che il Potere ama ingigantire sin al rilievo d’intellettuale, brutta e insecchita dal risentimento, vocia scomposta dal baldacchino della prosopopea: la concione rassomiglia alle registrazioni allucinate carpite da una cella imbottita, ma ognuno la prende sul serio, per carità, dal pretame agli stracciaroli della stampa lì convenuti … eppure indovino, negli interstizi di quei monologhi, a unico conforto, una segreta e divorante disperazione … si può volare assecondati dai venti del Conformismo dei Tempi Nuovi sin a credersi latori della Verità, ma è arduo ingannare la propria natura profonda: da tale duello interiore deriva l’isterismo.<br /><br />Ormai nemmeno leggo più tanto. Mi hanno tolto questo piacere. Infatti, non esistono più libri. L’obiezione principale che mi si può muovere ("<i>E le librerie, allora?</i>") non tiene conto del fatto che le librerie non vendono più libri. Pochi giorni fa sono entrato in una delle ultime operanti a Roma, di una nota catena. L’odore dei disinfettanti, esaltato dall’aria viziata dei condizionatori, quella miscela nichilista di falso pulito, mi ha subito aggredito alla gola. Ormai ogni lupanare delle multinazionali, o di bugigattoli nazionali a esse affini, dalle banche al vestiario, profuma allo stesso modo, di detergenti asettici, anonimi, seriali. Le luci al neon e l’ordinamento meticoloso dei prodotti delle scaffalature reca un senso di smarrimento; l’impressione è che tale ordine celi l’estrema povertà dell’offerta. Cinema e musica sono scomparsi; residua l’attualità di qualche titolo; e l’orrenda moltiplicazione di offerte di libri per bambini, uno peggiore dell’altro, di baedeker da cucina, vademecum new age, ricettari da svago. Come se l’ominicchio attuale dovesse ancora svagarsi … ma da cosa? Le copertine sono necessariamente sgargianti, con titoli vistosi, smerdate da foto o disegni di terrificante stupidità; l’impaginazione è grossolana, la carta mediocrissima, le cuciture inesistenti. Al di là del contenuto, il libro ha perduto del tutto il proprio valore di preziosità. Un libro si stampa e si getta via. Ciò ha praticamente distrutto il settore dell'antiquariato: i libri stampati negli ultimi trent’anni ci si vergogna persino a esporli accumulandoli come spazzatura fuori del negozio, </span><span style="font-family: inherit; font-size: large;">in offerta a pochi euri</span><span style="font-family: inherit; font-size: large;">; la maggior parte viene viene sversata nei bookcrossing o nelle carceri. Dopo pochi minuti ero già disgustato da tutto: difficile nascondere il ribrezzo al contatto di quelle levigature di straziante alienazione; la mancanza di materiali nobili liofilizza anche il pensiero … pure quegli allucinati omaggi alla cosiddetta cultura, le gigantografie di Garcia Marquez e Brecht, scoraggiano all’acquisto ... persino di Garcia Marquez e Brecht ... il povero Bertolt, poi, chi se lo compra più oramai? Quando il PCI e l’Einaudi spingevano per <i>Mutter Courage</i>, forse … ma oggi lo si riguarda come testimonial, al massimo .... a </span><span style="font-family: inherit; font-size: large;">testimoniare l’engagement … ma di chi? Di Saviano, che quello ha da scalare le classifiche di vendita … Anche il settore dei classici rigurgita di orrori. Impossibile (dico: è impossibile) leggere Conrad o Catullo in tali edizioni brossurate … la forma, signori … stupra brutalmente il contenuto … il verso <i>Ancor che l’aigua per lo foco lassi</i>, di cui, in mancanza di maestri, s’ignora la natura e la segreta, intima, bellezza, non può fisicamente leggersi o apprezzarsi sfogliando quelle pagine puzzolenti di colla alla buona … l’utilitarismo straccione sbaglia ancora i calcoli, o meglio: gli Italiani, ancora una volta, si son lasciati infinocchiare da questi imbonitori taccagni, sacrificando ciò che furono ... eppure si comprendeva, sino a pochi decenni or sono. </span></p><a name='more'></a><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Dopo poco, stremato, sono vittima dei consueti miraggi. Nei pressi delle scaffalature di fondo, infatti, mi sembra di sorprendere due figure note, entrambe nell’atto, per me incomprensibile, di rimestare incuriosite nella turca delle offerte imperdibili … è Patrick Zaki quello che vedo? E, più in là, Michela Murgia? Poi mi accorgo, mettendo meglio a fuoco le silhouttes, con la mano che appoggiata al reparto olistica, come a sostenermi dopo un fuggevole e intenso attacco cardiaco, che, certo, sono persone comuni e solo rassomigliano alle celebrities di cui sopra … crespo e barbuto il primo, l’occhialuta faccia da bamboccio, pantoloni jeans al polpaccio, la maglietta ingrigita per i frequenti lavaggi: ghermisce tre o quattro libri … non oso immaginare quali, il bottino idiota che, immagino, dovrà pur leggere; grassoccia la seconda ipostasi, le gambe celate da una gonna a ombrellone, il top delirante appesantito da una mammellatura da frisona pezzata, i capelli unti e riccioluti inchiodati da un cerchietto che ne discopre la fronte picchiettata da un leggero sfogo eczematoso, sintomo, forse, di rari commerci carnali. Decenni di pace e fregnacce libertarie hanno rimodellato fisionomie, attitudini e voci; perduta l’antica varietà, l’Italiano s’incanala oramai in rari tipi antropologici regressivi di cui gli anzidetti modelli sono espressione.<br />Cerco di riguadagnare l’uscita davanti alle casse, cinque, ognuna ricca di un POS; i lacerti di un dialogo fra il commesso dalle spalle a bottiglia e un sinistrato ("<i>Qui può beneficiare del bonus docenti! Davvero?</i>") quasi mi abbatte sulla soglia; resisto, la porta automatica infine si apre; fuori è la consueta plebaglia in ciabatte che, stavolta, accolgo quale salvatrice e amica; alto, caldo e munifico, il sole.<br /><br />La geopolitica scruta, indaga, preconizza; alla fine, stremata, si rifugia, almeno in Italia, in alcuni luoghi comuni da bozzetto regionalista, degni dei film di Lino Banfi: Roma la puttana, il milanese traditore, il losco siculo … a qualcuno si deve dar la colpa, insomma … vero è che la scena attuale sembra tratta di peso da <i>La dottoressa ci sta col colonnello</i> … non manca, poi, il colonnello Buttiglione, diventato generale.<br /><br />Essa deriva parte del fascino dalle puerili ansie di dominazione del Risiko, coi carri armati della Kamchatka e i soldatini a difesa di Madagascar e Sudafrica. Le capacità di predizione di tale sedicente scienza son quasi sempre fallaci poiché non tengono conto dell’implacabile linea di sviluppo dell’umanità diversificatasi, nei millenni, grazie al clima, alla conformazione del territorio e all’accidentale insorgenza di un linguaggio che ha permesso, nei casi più felici, la ricchezza del sentire metafisico e, quindi, lo splendore dell’arte, della religione e della sapienza. Ogni cultura vanta un proprio genio e, per questo, va considerata quale concrezione sacra su cui nessuno ha il diritto di emettere superficiali giudizi di valore. Anche la più ridicola o scostante usanza o consuetudine è sorta per conservare; negarla o sanzionarla equivale a un principio di genocidio. <br /><br />Nella congerie d’innumerevoli permutazioni, distruzioni e arricchimenti che costituirono le singole culture umane solo alcune risultarono, però, decisive, tanto da costituire l’architrave del mondo a venire. La chiave di volta dell’architrave occidentale, per quanto possa sembrare incredibile, son i lembi di terra mediterranea legati all’Italia. È l’Italia, e nessun altra, forse con l’eccezione della Cina, ad aver prodotto inesauribilmente per tre millenni; questa considerazione, ovviamente, può muovere al sorriso, ma solo perché ci hanno lungamente abituati all’autodisprezzo. Per questo motivo, e nessun altro, ogni sforzo si dirige a disseccare la principale fonte della civiltà occidentale: dilapidare in pochi secoli un lascito incalcolabile per far posto al Nulla. Lavare via la civiltà, il magnificente smalto sul Nulla, recherà ognuno al suicidio.<br /><br />Leggo dalla Treccani online, per comodità: “<i>L'isteria è una forma di nevrosi caratterizzata da sintomi sensoriali e motori (accessi nervosi e convulsivi, delirio, amnesie, allucinazioni ecc.). Il termine deriva dal greco ὑστέρα, 'utero', e fu coniato da Ippocrate per indicare una serie di disturbi provocati appunto da quest'organo che rappresenta, secondo il modello della parte per il tutto, l'intero organismo femminile. Lo studio dell'isteria ha svolto un ruolo più o meno centrale in tutta la storia della medicina. È perciò significativo che solo recentemente (1987) questa sindrome sia stata eliminata dall'elenco delle malattie di origine psichiatrica redatto dall'American psychiatric association (DSM-III-R)</i>”. <br />L’American Psychiatric Association agisce nel solco del “Fai quello che ti pare” e non deve stupire.<br />Gli accessi isterici sono preceduti da “<i>palpitazioni e svenimenti</i>” seguiti da una fase epilettoide in cui si susseguono “<i>crisi di riso, pianto e tremori</i>”; indi sovviene la sequenza detta del clownismo (ci si dimena distorcendo la fisionomia naturale come i pagliacci del circo) in cui abbondano urla e contorsioni; segue la trance catalettica ove la vittima “<i>compie azioni inconsapevoli e involontarie, come fare capriole all’indietro e tante altre azioni che in stato di coscienza non sarebbe in grado di compiere</i>”; finalmente si ha il riavere della quotidiana coscienza.<br />Interessanti sono anche le affezioni del tipo isterico: “<i>suggestionabilità; psicoplasticità (tipico delle donne isteriche che attraggono gli uomini e diventano protettive), egocentrismo e tendenza a mettersi in mostra e al centro dell’attenzione con atteggiamenti tipicamente teatrali, con tratti istrionici; depersonalizzazione (distacco dalla propria persona); disturbi sessuali (impotenza, frigidità, dongiovannismo)</i>”: pare di assistere a qualche sfilata universale del progressismo ecumenico.<br /><br />Il frenologo Jean-Martin Charcot associa gli attacchi isterici alle estasi dei santi, ma soprattutto alle possessioni diaboliche. “<i>Tremate, tremate, le streghe son tornate!</i>”, antico adagio del Sessantotto che rivive nelle vaginoforie attuali, potrebbe essere più accurato del previsto. Nelle ossesse postmoderne, però, si annida un demonio differente, apparentemente presentabile, ma non meno devastatore: quello delle false libertà. Le possedute sentono al vivo, nelle loro carni, l’insorgenza di tale Nuovo Ordine. Lo sperma ghiacciato della propaganda totalitaria ha ingravidato i milioni … e non è una novità, anzi: Giorgio Galli nel suo <i>Occidente misterioso</i> pone in corrispondenza l’evoluzione della democrazia e i fenomeni isterico-controculturali: baccanti, gnostici, streghe, hippies.<br /><br />Anche le menadi d’Euripide che, in nome del nuovo dio, Dioniso, profeta dell’invasamento e della follia (<i>mantis</i>, <i>daimon</i>), sbranano a mani nude il re Penteo, sono agite da isterismo compulsivo e allucinatorio. Persino Agave, madre di Penteo, partecipa al massacro “<i>colla bava alla bocca, roteando le pupille stravolte, incapace di recuperare la ragione - il dio la possedeva</i>”. D’altra parte le giugulari gonfie nell’odio, il fanatismo, le rivendicazioni scomposte, il vociare senza freni e pudicizia alcuna non rientrano nelle manifestazioni epilettiche e alogiche dei nuovi tempi progressisti? “<i>Sarebbe un grande rimedio, finalmente, evirare il maschio portatore di fallo fallace a scopo sanitario e ascetico. Allora, questo genere di maschi, ripuliti da superflui pezzi di carne, canterebbero al cielo melodie soavi con le loro voci bianche ...</i>", cicalava qualche giorno or sono una di tali Cibeli del Nulla ... Ma non vorrei passare per misogino ... in tempi di pace, infatti, come ricorda quel dottore a Mishima, il polso maschile e quello femminile battono con lo stesso ritmo. E di pace ne godiamo da quasi un secolo. Di maschi isterici se ne trovano, perciò, a bizzeffe. E cosa c’è di peggio di una femmina isterica? Un maschio isterico; o quel che ne resta.<br /><br />La manifestazione più clamorosa nella fase del clownismo è l’arco isterico, per cui la vittima, puntati i piedi e arrovesciato il capo, s’inarca tendendo spasmodicamente la schiena. La resa più celebre dell’arco isterico può rinvenirsi ne <i>L’esorcista</i> dell’ebreo-americano William Friedkin (<i>The exorcist</i>, 1973). La giovane Regan, posseduta dal demone assiro Pazuzu, è scossa dalle più atroci convulsioni accompagnate da grida, oscenità e bestemmie. Nella celeberrima sequenza nota come “spider scene”, che infonde un immediato e istintivo ribrezzo, Regan cala lungo le scale di casa, silenziosa come un ragno, a testa in su: movendosi, quindi, su mani e piedi, nella sardonica posa dell’arco isterico. La scena è ispirata palesemente dal film di Brunello Rondi, <i>Il demonio</i> (1963): qui è Purificata, sorta di strega di campagna, a inarcarsi durante un esorcismo in chiesa, per poi muoversi innaturalmente sotto lo sguardo agghiacciato d'ognuno. Rondi inserisce opportunamente una soggettiva della posseduta per cui l’altare è osservato al contrario, a sottintendere l’estremo oltraggio anticristiano: il crocefisso rovesciato.<br />Se Friedkin gioca esclusivamente sul versante spettacolare, sommovendo, tuttavia, corde ancestrali, l’Italiano si sostanzia di velleità politico-sociali, fra Carlo Levi ed Ernesto De Martino (il bigottismo della comunità lucana, i praticoni della magia): in entrambi i casi, tuttavia, il Cristianesimo o risalta negativamente o rimane sconfitto.<br />Rondi delega i ruoli dei protagonisti a due eccellenti attori ebrei: la bellissima Daliah Lavi, israeliana, e Frank Wolff, americano, ma di ascendenza tedesca, assiduo sulle nostre scene degli anni Sessanta. Le platee ricordano Wolff nella parte del rude irlandese che aspetta la Cardinale nell’incipit di <i>C’era una volta in America</i>, sebbene egli risalti più in altre pellicole di genere: <i>Gli occhi freddi della paura</i>, <i>La morte risale a ieri sera</i> e <i>Milano calibro 9</i>. <br />Wolff si suiciderà nel dicembre 1971, a Roma, nei pressi di un residence a Monte Mario, tagliandosi la gola con una lametta, forse per una delusione d’amore. Altri uomini e attori, diverse tempre, altri rasoi.</span></p><p style="text-align: center;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="576" data-original-width="1016" height="362" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjGPoJpEgEE0BYt2pitAfcUa5WJz7sEdX0prgIV1T7mU6EOGbHAzbhW5eybCbAxcjj5H4Q92NqEZzwafosWyEN_G_-bCGWz01AsQtZaw-owHUq-_rblOcFhDR4_aIRRq2YhIiBnPqVrY8KJPRs6UkFy6Hu0kfFrhJ3t3mYQGiP3SFBRxvJP9o921QrA7Nj2/w640-h362/Arco%20isterico.png" width="640" /></div><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Anche in <i>The mouth of madness</i> (<i>Il seme della follia</i>, John Carpenter, 1994) una donna subisce una contorsione isterica dovuta a possessione: lovecraftiana, stavolta. Qui è lo scrittore-demiurgo Sutter Cane ad aprire un pertugio (<i>mundus</i>) tra le regioni della follia e il reale che, poco alla volta, gli cede e si dissolve. Quando il protagonista si renderà conto dell’ineluttabilità della sostituzione sarà troppo tardi: sarà allora che la rivelazione lo scuoterà tra scoppi di risa e un pianto disperato: una crisi irrefrenabile, isterica.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Rimedio di Ippocrate per l’isteria femminile: il matrimonio.<br /><br />Durante le epoche celesti, l’uomo non è mai ciò che è, ma ciò che fu. In tempi catastrofici, invece, è ciò che mangia: per guardarsi allo specchio deve indagare il bugliolo.<br /><br />Una volta i ragazzini volevano fare l’astronauta, il calciatore e il cantante. Ora non vogliono fare più nulla. Forse lo sentono a pelle che sono destinati al cubicolo.<br /><br />La sinistra non esiste. Qualche giornalista, sedicente di destra, si premura di individuarla ancora nei pressi della sinistra borghese, salottiera edonista e post-socialista (in modo da estendere pezzi fatui e fintamente sarcastici onde vellicare gl’impulsi dei residui lettori conservatori), ma in realtà permea ogni evento e individuo. Bergoglio, Biden, Meloni … tutto è liberale, liberante, progressista. È lo spirito dei tempi, il marchio della Bestia.<br /><br />Vladimir Luxuria, al secolo Vladimiro Guadagno (1965-vivente), “<i>attivista, scrittrice … opinionista, direttrice artistica, attrice, cantante drammaturga ed ex-politica</i>”, oltre che personaggia televisiva, reca, su di sé, incolpevolmente, uno stigma terribile: quello di riassumere onomasticamente il tipo antropologico del sinistrato da salotto. Vladimiro, ovvero la colatura di un’ideologia non più viva sebbene operante come parodia, e la pagnotta (Guadagno), cui il sinistro accede o pretende di accedere parassitariamente: per cooptazione dall’alto o perché dovutagli in virtù della propria superiorità morale e intellettuale. Ideologia e pagnotta entrano in muta e diuturna corrispondenza fra di loro tanto che il latore a volte reclama la pagnotta in nome dell’ideologia, altre l’ideologia sfruttando le prebende della pagnotta. Difficile, quindi, discernere ove inizi la cooperativa e finisca la migrante maltrattata; e viceversa. Engagement e IBAN: entità fluide e osmotiche.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">I nuovi tempi, ovvero l’estrema e forsennata accelerazione dell’Illuminismo Nero, inizia in Italia con una schermaglia ridicola, quella tra il leader della destra post-fascista, Gianfranco Fini, e l’illuminato (di luce riflessa, però) Francesco Rutelli: radicale, ecologista, liberale: di sinistra, quindi, almeno nell’accezione che delineo. L’elezione a sindaco di Roma (si era nel 1993) servì a raggrumare attorno a tali individui gli schieramenti psicologici che avrebbero dominato le menti degli Italiani per trent’anni. Trent’anni di speranze, quindi politicamente buttati, e regalati all’Avversario che, al coperto da inessenziali baruffe, ha potuto agire indisturbato. Tutti a darsela di santa ragione coi bastoni di sughero: Berlusconi e il conflitto d’interessi, D’Alema e i capitani coraggiosi, il fascismo eterno, la devoluzione, le liberalizzazioni, i femminicidi … guerricciole finte e spendibili al mercatino del prendingiro. Trent’anni. Lo scontro simulato tra Gianfranco Fini (che sapeva di dover perdere) e Francesco Rutelli (che sapeva di aver già vinto) tornò utile per scongelare l’intero arco costituzionale dai rigori della Guerra Fredda e degli anni di piombo; per le dinamiche da innescare nei tempi a venire, infatti, ogni più riposto gaglioffo sarebbe servito, quale servitore. E così fu. <br /></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Perché l’Europa del Nord, altrimenti detta Europa Fredda dal politologo Gianfranco Miglio, pare un manicomio a cielo aperto? Perché la civiltà, ovvero lo smalto sul Nulla, fu, presso d’essa, una patina assai leggera. Un paio di lavaggi ed è tornata la Bestia. Ma, caro Alceste, cosa vuole dirci, stavolta? Che i Finlandesi sono selvaggi? Ma no, solo in-civili. L’irradiazione mediterranea l’hanno vissuta di riflesso per cui, privi di anticorpi, hanno ceduto di schianto rivestendosi di un’apparente civiltà totalmente devota a un ossequio specioso ai diritti civili, dal femminismo al garantismo processuale e carcerario. Questi popolicchi ora possono gonfiare il petto di fronte a Italiani e Greci, creduti inferiori e brutali, pari a colerosi dell’egalitarismo, e addirittura insegnargli a vivere; il loro femminismo e garantismo non è, tuttavia, che la parodia insinuante e deformatrice di nostre conquiste giuridiche antiche di due millenni: e però, forti dello Spirito dei Tempi, danno sulla voce; e i quisling zitti, per carità. Chi vanta Marco Aurelio, Giustiniano, Seneca e Plutarco deve sorbirsi ramanzine sulla giustizia-giusta o tirate ecologiche da animalisti mentecatti che, per rispettare i cavalli, si lanciano in gare ippiche senza cavalli: scalpitando essi stessi come cavalli, dopo aver inforcato un bastone da scopa munito di testa da cavallo: al modo dei bimbi di mezzo secolo fa. Diritti-parodia, reclamati sul filo dell’isteria alogica, non possono che cadere nell’inghiottitoio della regressione. Dilavati della civiltà, e confortati dall’alibi del falso Spirito dei Tempi, mimano azioni infantili senza essere infanti, reclamando arroganti la giustezza dei propri comportamenti, come gl'incurabili della Salpêtrière.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">D’estate, non più bambini, ma non ancora adolescenti, quando i primi friccichi pungevano la carne nei lunghi pomeriggi d’estate, si era dolcemente inquieti. Sotto gli occhi vigili del Super-io genitoriale e pretesco gli sfoghi erano tanto vaghi quanto impossibili. Si organizzavano, perciò, per sfuggire l’afa di quel primissimo celibato, delle inusitate quanto promiscue sessioni di nascondino. A turno, uno contava nascondendosi il volto; il resto si celava agli occhi degli adulti, inconsapevoli. Al riparo di fratte, automobili e steccati si potevano finalmente ammirare anse, smanacciare popliti, e annusare nuche, per qualche attimo, subendo reazioni e rimostranze non si sa quanto sincere. L’istantanea di una caviglia, svelata alla fine d'una gonnellina di leggero e modesto panno bianco, e di un calcagno liscio e levigato sollevato sopra la ciabattina, è ancora presente alla memoria. Il mistero della femminilità si compiace di abbandoni, finte ritenutezze, ansie d’assalto e astutissimi assedii, residuo di comportamenti pleistocenici lentamente addolciti, e poi formalizzati, come mores inderogabili, dal tempo e dal desiderio. Basta studiare il mondo stilnovista europeo per rinvenire tale mirabile congerie di correlativi, scrupoli e minuetti a regolare ciò che nacque come semplice unione carnale; voler oggi sbriciolare questa ragnatela di simboli in nome di una maggiore e falsa libertà equivale al ritorno ad bestias … che nelle attuali stupidaggini cinematografiche ci si accoppi come cani sbraitando insensatezze è inevitabile. Lo scatenamento, però, serve paradossalmente la repressione e il tentativo, in atto, di fugare del tutto l’amore ... Le grandi scene isteriche delle menadi PolCor rientrano in tale quadro psicologico equivocato come “liberante”. I liberti dei diritti civili finiscono sempre per comportarsi come gli schiavi più meschini. L’amore è assicurato dai tabù. Solo all’interno del recinto sacro del divieto il volgare accoppiamento sublima in ierogamia. <br /><br />Una volta Gad Lerner, sensuale e prosaico come la maggior parte dei correligionari, grandi organizzatori di pornografia, affermò che la donna, in fondo, ama essere un po’ sbattuta. Ah, che uomo di mondo!<br /></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">La pornografia, come esibizionismo delle perversione multiforme, ha sfiancato già i lombi di tre generazioni producendo esseri impotenti e frigidi. La pornografia è come Ubik, la si ritrova in ogni cosa … l’importante è sopprimere le forme che ci hanno consentito di vivere, dalla tradizione interpersonale all’istituzione matrimoniale. Vi è una pornografia legalizzata e una pornografia di contrabbando. L’una sono lo specchio dell’altra, ed entrambe fanno capo a una ristretta oligarchia del vizio. A volte credo che sia un monopolio, tanto il materiale esibito si rassomiglia. Anche le piattaforme abusive che rilasciano materiale coperto da copyright (americane, russe, indiane) sono l’una la copia dell’altra; stessa organizzazione interna, eguale mascheratura web; persino alcuni file sono gli stessi, coi medesimi difetti e manchevolezze. Tutti si ricorderanno le stecche di contrabbando in concorrenza con le sigarette del monopolio, anch’esse provvedute, giù per li rami delle violazioni doganali, dalle multinazionali del tabacco; l’importante era tenere vivo il consumo, col facile allettamento del risparmio; lo Stato, grattandosi le trippe, tollerava; e incassava; fingendo di reprimere spalloni e ricettatori col mostrare, ogni tanto, le schiumose scie delle gendarmerie marittime in azione.<br /><br />Friedrich Nietzsche parla dell’Ultimo Uomo immaginando il Super Uomo. Un secolo dopo il Super Uomo tanto agognato si rivela quale caricatura dell’Ultimo Uomo. Storto, credulone, s-passionato, ridicolo. Oltre la linea non c’è nulla.<br /></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Tutti sono ormai persuasi che categorie come Bellezza e Spiritualità non siano che vaghi concetti inafferrabili. E invece sono simboli prodotti dal precipitato dei millenni. L’Uomo si stacca infine dalla Natura, per sopravvivere; crea leggi, comunità, etiche; questo <i>di più</i> lo chiama essenza spirituale, Apollo. Ora l’Uomo è altro dalla Natura di cui, però, rimpiange l’Unità del volversi eterno di cui prima faceva parte. Un tramonto caldo su un cielo di lapislazzuli, una cascata vorticosa, l’accumularsi rapidissimo delle nubi e la pioggia … tutto questo spettacolo sovrastante e mirabile, di cui ora può dirsi spettatore e, a volte, dominatore, strazia il suo cuore con nostalgia indefinibile. Al rimpianto della perduta unità egli dà il nome di Dioniso. Tali polarità, rettamente e sacralmente configurate, costituiscono la sua essenza. L’istituzione apollinea, qualunque istituzione, è in continua tensione con il proprio specchio dissolvitore; Apollo e Dioniso armano il duello, nel tempo; civiltà ed epoche si susseguono, vittime o scampate a tale scontro ineliminabile. Apollo subisce la tentazione dell’Indifferenziato dionisiaco, ma deve vincere. Un suo tentennamento significa rovina così come rovinò il regno di Penteo. Al contempo, nello scontro, Egli si arricchisce, diventa Altro, supera il rischio della Forma fine a sé stessa; le cicatrici più profonde, se sanate, sono le maggiori conquiste.<br /><br />Appare altrettanto inevitabile che ad Apollo e Dioniso si leghino il tragico e il comico. Tre tragedie e una commedia satiresca, questa la combinazione fatale nel teatro greco. Dioniso mostra la finitezza dell’Uomo, ora consapevole e cosciente, perduto nell’immane spettacolo della Natura; al contempo ride di tale suo smarrimento in un empito selvaggio di redenzione. Apollo offre la salvezza nelle forme della civiltà: la città, la guerra, la legge. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">La de-istituzione, intesa come rinuncia all’istituzione ormai avvertita come repressiva, a ogni livello, è l’ideologia unica dell’ultimo mezzo secolo. Prigione, manicomio, caserma, matrimonio, chiesa: ogni parvenza istituzionale è sotto attacco. La libertà da tutto è, però, la schiavitù senza ritorno.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Due delle maggiori colonne dell’Illuminismo Nero mostrano crepe vistosissime dacché prossime al crollo: la longevità e l’assalto al cielo. Sorella Morte è sempre lì, invitta, e, anzi, passa al contrattacco; i vecchi muoiono, e muoiono male, senza conforti, prosciugati da morbi fulminei o da strazianti infezioni; assillati dalla demenza e dalla solitudine, presso corridoi e stanzette d’ospedale in cui consumano il finis vitae privi di coscienza. Le generazioni più giovani, falcidiate da cibo spazzatura e intrugli farmaceutici, creperanno peggio, sprovviste pure del welfare minimo per garantirsi la decenza. E poi le colonie su Marte, su Giove, su Saturno, il balzo nell’iperspazio, l’incontro coi Klingon e i Romulani … sembrava a portata di mano il collegamento Roma-Mare della Tranquillità … entro il 2000, numero fatidico … e invece l’Uomo Liberato e Scientifico batte la testa sul soffitto della propria stanzetta, sempre più angusta. Di tante magnifiche sorti, e progressive, residua l’immagine del premier indiano che agita stancamente una bandierina mentre Chandrayan-3 molesta la regolite del nostro satellite. Un mese e mezzo per far atterrare un modellino da Godzilla a scattare immagini da Polaroid in gita. Il proietto di Jules Verne del 1865 (<i>De la Terre à la Lune, trajet direct en 97 heures 20 minutes</i>) ci illuse diversamente.<br /></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Al TG3 delle 19.00 la giornalista donna rimanda la linea a una collega giornalista che intervista una docente donna sul femminicidio; la palla torna, quindi, alla conduttrice che, stoppatala elegantemente, crossa per un’inviata, abile a snidare una docente che ci intrattiene sulla tossica e meschina mascolinità degli stupratori maschi; ritorno alla base e reportage d’una giornalista con intervista alla comandante dei CC di Pizzighettone di Sotto ove è avvenuto, l’altrieri, l’ennesimo stupro o femminicidio. Dal fondo dello studio, intanto, occhieggiano gli occhi a palla della Meloni e la dentatura della Schlein; servizio sull’Ucraina ove una ragazza c’intrattiene sulla follia della guerra patriarcale; segue un servizio servizievole, poi interviene una prefetta, indi la signorina che tiene il banco - timbro monotono-squillante capace di far cedere il grugno più duro di Guantanamo - ritiene indispensabile deviare il fil rouge verso le ciance di Nadia Urbinati (Rimini, 1955-vivente), “<i>politologa e giornalista italiana naturalizzata statunitense</i>”: della quale nulla ho inteso se non che l’ha detto con labbra di disprezzo; seguono la direttrice artistico-museale di non so cosa e il nuovo disco di non so chi. Sermoncino finale che rimanda a una coinvolgente rubrica interna contro la discriminazione femminile nel mondo del lavoro.<br /><br />Una magistrata di Rovereto, di cui un’intervista a Radio Radicale ci rammenta la tenace difesa delle api, parla di un omicida descrivendone il fisico statuario e la passata attività criminale, poco rilevante; il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida (1972-vivente), cicala, invece, attorno alla superiorità delle libagioni dei poveri italiani rispetto a quelle dei ricchi. Ritualizzazione del disprezzo. <br /></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">La propaganda è tale perché non impone. Essa crea esclusivamente le condizioni; per tale motivo spesso non la si avverte. Come per il tempo meteorologico. Si crede che piova perché le nubi si spostano da Salisburgo a Rovereto sin a Guastalla; e invece a mutare sono le condizioni fisiche dei luoghi, che, perciò, creano le nubi temporalesche. Se creo una Stimmung precisa, una sensazione diffusa che, pian piano, si fa merce comune, ecco che ognuno, contro ogni tradizione e uso, persino contro la propria volontà, accetterà quasi naturalmente ciò che poco tempo prima era inaccettabile. Da qualche tempo, a esempio, i siti pornografici sono allagati da atti sessuali tra fratellastri e sorellatre, patrigni e matrigne: al limite dell’incesto, ovvio. Intanto, però, il veleno dilaga, soprattutto fra i fruitori giovani. Quando si oserà proporre l’improponibile questo sembrerà quasi naturale al micco: in fondo che male c’è?<br /><br />Anche il turismo di massa opera in tal modo. Se fai arrivare milioni di grassi cialtroni con ansie da fast food, è inevitabile che le tue città d’arte si affollino di fast food e bisunte creperie. Napoli, Roma, Palermo si muteranno, quindi, in struscio per sfaccendati coglioni globalisti che, ovviamente, mai comprenderanno Verona e il balcone di Giulietta, affrettandosi, invece, presso i rivenduglioli internazionalisti come Zara et affini. Che Roma rassomigli sempre più a Dubai è un preciso compito luciferino; di questo passo il Colosseo e San Pietro diverranno impacci per il footing.<br /></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Il fruttarolo tunisino sotto casa compie 39 anni: stasera festeggio, mi dice, samba! O divengono edonisti o impazziscono. I loro figli già tradiscono, rincoglioniti come tutti i coetanei. Ricordo distintamente i desideri dei primissimi migranti polacchi e russi post-89: la televisione e la macchina, la macchina e la televisione. Le prime le sognavano rombanti e kitsch, come le BMW degli usurai della Magliana. E la televisione? Rumorosa, rutilante, a cento pollici: non vedo l’ora di comprarmela … nei monolocali che affittavano si rinvenivano spesso questi aggeggi abnormi, mostruosi, che, poi, nei traslochi, si trascinavano faticosamente dietro. Solo qualche Romeno, forse per retaggio dell’antica Dacia, sembrava avvertire qualcosa di sbagliato nell’aria post ’89: l’ululo di corni, lo sfacelo.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Una volta mio padre invitò a pranzo un suo collega di lavoro. Si era nei Settanta, ero un bimbetto. Questo signore, celibe, solido e rotondo, aveva fama di buongustaio. Ne ricordo la capigliatura scura, folta e ordinata, coi capelli ravviati meticolosamente a mo’ di lorica catafratta; e i baffi, altrettanto inoppugnabili. Mi fecero una grande impressione. A tavola, mentre la moglie dell’autore dei miei giorni spignattava apprensiva, egli prese a esaminare tovaglia e tovagliolo, il piatto e anche il bicchiere, cui lisciò l’orlo con le dita. Con garbo e quasi distrattamente, mentre conversava del più e del meno, ma, in realtà, lo scoprimmo dopo, valutando ogni oggetto in relazione alle portate incipienti. Quando soppesò la forchetta facendola ballare leggermente nella mano carnosa fu tradito da una breve smorfia. Mio padre gli chiese cosa non andava; egli rispose: “<i>È troppo leggera. Con le posate leggere si mangia male</i>”. Negli scomparti del saloncino si rinvenne finalmente un servizio d’argento mezzo spaiato, ma bastevole alla bisogna: il Nostro apprezzò l’upgrade. In famiglia l’aneddoto divenne proverbiale; questi immigrati della Tuscia, però, ombrosi, tirati e faciloni, mai colsero la profonda verità di quella richiesta. Con le posate leggere, ovvero: da poco, si mangia male; con quelle di plastica malissimo, con quelle riciclate ancor peggio, pastone da somari al più: la poca cura negli utensili quotidiani è riflesso non solo dello scadere di qualità del cibo, ma di tutta la felicità che, attorno ai riti del mangiare, gli Italiani organizzavano per tradizione: convivialità, certo, ma anche forza e compostezza dell’unione familiare. La merda attrae la merda, anzi: la evoca. La noncuranza per la forma, anche qui spacciata per efficienza casual (“<i>Ci mangiamo una cosa al volo!</i>”), ha via via annientato ogni gioia e sapore aprendo la via alla colonizzazione nichilista anche in questo campo; la progressiva scomparsa di alcuni tipi di frutta, a esempio (ciliegie e fichi), una volta abbondanti, apparecchia inevitabile l’insapore omogeneità delle future razioni da cubicolo.<br />In tale minuscolo episodio è contenuto il segreto che gli uomini sempre attribuirono ai materiali nobili, amorevolmente lavorati: ferro, oro, argento, marmi e legni odorosi. La preziosità si tramuta in durata, mimesi dell’eternità; e la durata simbolizza l’importanza che si dà al rito. Il nitore di una tovaglia esalta il pasto, una cucitura ben eseguita ci fa apprezzare meglio Joseph Conrad, una pisside d’oro la rivelazione del corpo del dio cristiano.<br /></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Sarà <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2017/06/il-campo-dei-santi-libro-profetico.html">Jean Raspail ne <i>Il Campo dei santi</i></a>, a illustrare vividamente questa attitudine occidentale. Il professore Calgués, che simbolizza l’Antico Ordine vicino a esser travolto da una migrazione di massa, si dispone al pasto, ricordando un vecchio amore: “<i>Pane di segale a fette larghe e sottili, prosciutto affumicato della vicina montagna, formaggio stagionato fatto con il latte di capre del villaggio, olive di coltivazioni a terrazza, albicocche dell’orto disseccate al sole e vino leggermente asprigno, prodotto con le uve dei pendii rocciosi. C’era ancora tutto nella casa, a portata di mano: il pane della madia sul cui coperchio era incisa una croce, le olive in un grande vaso di terracotta, il prosciutto appeso alle travi della cucina, i vini e i formaggi al fresco, sotto la scala esterna, sistemati come libri su oscuri scaffali … Il tappo della bottiglia resistette un attimo, ma lo scoppio familiare che fece cedendo all’improvviso riempì tutta la stanza di un’allegria sensuale … Si versò un bel bicchiere per dissetarsi e un altro per il piacere di gustarlo, cosciente del superfluo e leccandosi i baffi con un po’ di ostentazione. Tagliò il prosciutto a fette sottili, che dispose accuratamente su di un piatto di peltro, sistemò qualche oliva, pose il formaggio su una foglia di vite e la frutta in un ampio canestro piatto, poi si sedette davanti alla sua cena e sorrise, contento … Il professore dispose sul tavolo quattro bicchieri e spostò la lampada per illuminarli meglio: scintillavano. Più discosto, una cassapanca contadina enorme, massiccia, inamovibile: quattro secoli di certezza ereditaria … Quella cassapanca conteneva una gran quantità di biancheria ripiegata, tovaglioli, asciugamani, lenzuola, federe, strofinacci, lino inutilizzabile, filati di altri tempi, tutto così spesso e ben pressato per occultare altri tesori domestici profumati di lavanda, tanto che il professore non ricordava di aver mai toccato gli strati di biancheria più interni. Ve li avevano disposti sua madre o sua nonna, tanto tanto tempo addietro. Esse ne avevano prelevato, per donarla ai poveri, solo la biancheria consunta che, accuratamente rattoppata, poteva ancora servire. Care donne dal buon cuore così prudente!</i>”.<br /></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">La più memorabile coppia di mignotte del cinema italiano: Elsa Martinelli (1935-2017) e Antonella Lualdi (1931-2023) ne <i>La notte brava</i> di Mauro Bolognini (1959). Anna e Supplizia. Antonella Lualdi, un'Artemide scesa dal plinto d’un tempio agrigentino; Elsa Martinelli, che il regista acconcia col casco alla maschietta (<i>the bob</i>), memore di Louise Brooks nei film di Georg Wilhelm Pabst, Lulu (<i>Die Büchse der Pandora</i>, 1928) e <i>Diario di una donna perduta</i> (Das Tagebuch einer Verlorenen, 1929): entrambi duramente censurati: dai democratici crucchi e dai fascisti nostri, prima; dai nazionalsocialisti, poi. Bolognini, che ripeterà figurativamente il tipo brooksiano in <i>Senilità</i> (1963), adattandolo a Claudia Cardinale, fu sempre spregiativamente considerato dalla critica di sinistra ai limiti del vacuo formalismo. Ovviamente i compagni sbagliavano. Ne <i>La notte brava</i> il regista riesce a trasfigurare il racconto di Pasolini in qualcosa d’altro, una sorta di realismo magico in cui l’afflato proletario, quasi sempre immaginario nello scrittore bolognese, si risolve in una presenza attoriale forte, ma non divistica, oggi nemmeno lontanamente realizzabile. I personaggi vanno movendosi su una scena che non lascia scampo, entro la città sbrecciata e magnifica: l’orchestra registica ne ordina implacabilmente gli andirivieni. L’eccezionale cast femminile annovera anche Anna Maria Ferrero, Mylène Demongeot, Rosanna Schiaffino; le controparti: Brialy, Terzieff, Interlenghi, uno straordinario Milian, vischioso tentatore. <br /></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Le pietre di viale di Porta Ardeatina, dove Scintillone e Ruggeretto rimorchiano Anna e Supplizia, per recarle controvoglia lungo un prato stecchito del suburbio, assumono, a distanza di più di sessant’anni, un’aura sacrale. Qui tutto irradia ancora bellezza, dalle erbacce alle rovine, si respira ancora l’Italia.<br />Il denaro è il sangue del povero, dirà Léon Bloy; e il povero qui lo spreca in una notte brava; le ultime mille lire Ruggeretto, infatti, le lascerà cadere da un ponte, con noncuranza, a frullare lente nell’aria del mattino come una farfalla ferita. Giusto: solo a tal prezzo egli sa di poter conservare l’anima.<br /></span></p><p></p><p style="text-align: center;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg84cHsJzToS_ehQkoFaY8nBLDtWmdRb-qSpVaJk6Jw7Scnh-C7CDc_BiFszazBHLgQCaZUR9wKYScf5mBdA_FKEYt8dH1cJqWu-_po4qnRNe6-0Iemot4aKBwai4TBLxaFOSUCUoFFuReEWK4uajP7Rws4ZXWTo8Clujs5BKkLGy-TsLuQ-YZIcDoa9w6m/s1280/La%20notte%20brava%201.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="606" data-original-width="1280" height="304" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg84cHsJzToS_ehQkoFaY8nBLDtWmdRb-qSpVaJk6Jw7Scnh-C7CDc_BiFszazBHLgQCaZUR9wKYScf5mBdA_FKEYt8dH1cJqWu-_po4qnRNe6-0Iemot4aKBwai4TBLxaFOSUCUoFFuReEWK4uajP7Rws4ZXWTo8Clujs5BKkLGy-TsLuQ-YZIcDoa9w6m/w640-h304/La%20notte%20brava%201.jpg" width="640" /></a><span style="font-family: inherit; font-size: large;"> </span></span></div><span style="font-family: inherit; font-size: large;"></span><span style="font-family: inherit; font-size: large;"></span><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">In <i>Lulu a Hollywood</i> (<i>Lulu in Hollywood</i>,
1982), Louise Brooks ricorda le perversioni a cielo aperto di Berlino,
nel 1928, in cui dilagava la pornografia. Persino il suo mentore Pabst,
innamorato di lei, ne era ghiotto collezionista. Chi ha orecchie per
intendere, intenda.</span></span><span style="font-family: inherit; font-size: large;"> <br /></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Adolf Hitler riassume nella sua vittoria politica e metafisica non solo il revanscismo per le umiliazioni del 1918, ma lo spirito germanico stesso, l’ansia per Pallida Madre che i Tedeschi sentono in disfacimento. Eppure sarà lo stesso Hitler a recarla a una sconfitta rovinosa nei riguardi di quel Nemico cui ancora soggiace. Qui è l’enigma del nazionalsocialismo, agente inconsapevole della Dissoluzione.<br /><br />Una gazzetta qualunque: “<i>Salario minimo, perché la Meloni dà la regia a Brunetta. Il CNEL contrario e la pensa come lei. Al via la raccolta firme delle opposizioni</i>”. A onta dell’Italiano pericolante, è facile la traduzione: “<i>Meloni, Brunetta, CNEL e opposizioni tutte parteciperanno al convegno ‘Spritz’ sabato pv alle ore 18.00 presso la buvette del Senato. Presiede i lavori il professor Canuto Ottimo Massimo, ordinario di Cannoleria Costituzionale e Aria Condizionata presso la Weight Watcher’s University di Armentario di Sopra</i>”.<br /><br />I turisti trovano la Gioconda troppo piccola, il balcone di Giulietta deludente, il Foro un mucchio di sassi. I turisti sono, appunto, turisti. Se ne stiano a casa. L’Italia è l’unico paese ad aver prodotto cultura ininterrottamente per tre millenni. Depredata, saccheggiata, invasa, bombardata. La grandezza, a volte, risiede integralmente nell’assenza, che solo chi è qui nato, e vanta una particolare sensibilità, potrà ancora avvertire. <br />Anche nel film di Rondi possiamo ammirare la bellezza inesauribile dell’Italia. La chiesa di Matera; le mura scialbate, un dirupo, i cespugli, il torrentello, una grotta, i volti bruniti, gl’interni delle casipole in pietra: gli individui e le cose emanano una propria nobiltà d’essere. E ciò non accade a caso: ci vollero migliaia d’anni di combinazioni, carestie, amore e morte per distillarne l'essenza. Eccola sotto i nostri occhi. E nessuno può ragionevolmente pensare di giudicare questa configurazione sacra o di ricercarvi il giusto o l’errore: “<i>Il suo sguardo si posava su ogni oggetto - e ogni incontro era un nuovo atto d’amore. Talvolta, lacrime gli sgorgavano dagli occhi: lacrime di gioia. Tutto, in quella casa, rivelava la dignità di coloro che l’avevano abitata, la misura, la saggezza prudente, la modestia discreta, il gusto delle tradizioni consolidate che gli uomini sanno trasmettersi, se non hanno smesso di rispettarsi</i>”.</span></p>Alcestehttp://www.blogger.com/profile/04852044188872845420noreply@blogger.com75tag:blogger.com,1999:blog-654788918314523587.post-57247347306932034102023-07-19T21:44:00.023+02:002023-07-21T12:00:53.273+02:00Canicola<div><p style="text-align: center;"> <img border="0" data-original-height="846" data-original-width="1400" height="386" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgvzp5c_eP0ATxWKIZjqjUnhVBKTZmVK0SOB1mhigDWnhMHBMWCHSeHWrmtehD3xzr61I3GZ77zp9J40vusinDWKuZM9IaLxgPUql0z0MQnueHoXc8nQcdCjLhn25AGB2v_IE7KzR5RUhrPmS_cp-sMEt3AdLpnWElPPNAuFYU3myrrXDl_WU6UcuR3-YUk/w640-h386/Canicola.jpeg" width="640" /> </p><p style="text-align: justify;"><!--[if gte mso 9]><xml>
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<![endif]--><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;"><span style="font-family: inherit;">C</span>aldo torrido, caldo
africano, ondata di calore, Caronte, Flegetonte, Stige, fuoco, vecchi bruciati dal
fuoco, l’Italia che arde, incendi, clima torrido, clima africano, rosso fuoco, picco
di calore, temperature a terra, temperature record, caldo record, anomalia
record, Italia bollente, bollino rosso, gran caldo, caldo boom, Fontana di
Trevi, apocalisse. Fa caldo ragazzi, eccome se fa caldo. Un caldo diverso,
però, assai più caldo di quello delle estati passate. A parità di temperatura, ça
va sans dire. </span></span></div>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Sì, signor giudice … confesso
... lo faccio liberandomi finalmente l’anima da un peso insostenibile, e
rimettendomi, al contempo, alla clemenza del Vostro giudizio<span> </span>… confesso: i trentacinque gradi delle mie
estati da ragazzino erano assai più fresche se confrontate coi trentacinque
gradi di oggi. Purtroppo, nato e cresciuto quale plebeo, vissi nell’ignoranza …
ma ora, in attesa della condanna, severa quanto equa, perdonate una minuscola caduta
nel ricordo. Si era a metà degli anni Settanta. Spensierato, come solo i
bambini di allora potevano essere, senza nemmeno il sospetto della crudeltà,
innocente come un uccellino, solevo sdraiarmi all’ombra, presso il balconcino
della nostra cucina: in un palazzo popolare dell’infinito suburbio romano. La
mattina, libero dagli impegni scolastici, che pur mi erano cari, io leggevo.
Giulio Verne, non ancora Jules, fantascienza, Dracula, Frankenstein, Tex, saggi
su Magellano e Cristoforo Colombo (rinvenuti nella sbrindellata e casuale
biblioteca di casa), leggende cristiane, Dumas, Paperinik. Andava di moda, a quel
tempo, il gioco del clik-clak, due palle di legno legate a un filo che si
facevano cozzare violentemente e velocissimamente con un giuoco formidabile dei
polsi. I lunghi pomeriggi, senza televisione, amavano riempirsi di tali ritmici
rintocchi; dalle decine di balconi che davano sull’ampio cortile interno, sorta
di salotto comune, ragazzini e adulti discorrevano amabilmente fra loro; poi, svaporate
le ore più calde, ci si ritrovava fra noi, a inscenare farandole e scherzi
infantili: allora, per qualche ora, tutto prendeva a risonare di schiamazzi e richiami;
l’aria immobile si faceva gradatamente compassionevole; al tramonto
s’avvertivano lieti i profumi della cucina: un fritto, della carne al tegame;
si cenava, a volte, rinserrati come conigli, proprio su quei balconi; dopo, mentre
mia madre risciacquava i piatti, amavo starmene da solo, coi gomiti appoggiati
alla ringhiera scrostata. Aspettavo il consueto miracolo personale: le luci
della sera. Quelle timide accensioni, una dopo l’altra, contro all’azzurrino
del crepuscolo che, dolcissimamente, cedeva il campo alla notte, mi rapivano
irresistibilmente, ogni volta. Soggiogato, riuscivo a dimenticare persino la fetta
di melone, che mi rimaneva in mano, a mezzo sbocconcellata; l’umile spettacolo:
flebili lampadine giallastre, abat-jour, soffusioni al neon, lampadari a goccia
- tutto definiva le sagome di chi avevo pur visto, in pieno giorno. Ma quegli
uomini e quelle donne, e i loro figli - Stefano Elisabetta Enrico Danila -
mutavano, ora, in presenze nuove, fantasmatiche, seppur amiche. Un mondo sospeso,
diverso; in cuor mio (ma lo compresi solo più tardi) speravo che rimanesse per
sempre, gravido del dono dell’eternità. In sottofondo s’avvertiva il ronfare
della città; e il pulviscolo dell’elettrico, lontano, verso il centro
formicolante, da lì sfumato come un miraggio. Poi le tenebre infittivano; inaspettata,
risaliva da terra una brezza fresca, a scuotere i rami dei pinastri del cortile;
allora chiudevo gli occhi, a meglio goderla: il mondo era perfetto.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;"><span></span></span></span></p><a name='more'></a><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Nei tempi ultimi
occorre divenire essenziali; farsi lontani; un sol corpo con un disprezzo
totale, remoto. I lambiccamenti e la minuziosa indagine dell’attualità
sfiancano, movendo al disgusto, tanto da indurre a una pericolosa equidistanza
morale tra carnefici e vittime. È preferibile persino non leggere, smettere di
affastellare minuzie e calembour, uscire dal flusso ininterrotto e terroristico
di dati, freddure; e nozioni; e statistiche. Ecco, fatevi Amleto. La migliore
riduzione cinematografica dell’<i>Amleto</i>
(Grigorij Kozintsev, <i>Gamlet</i>, 1964):
una sala presso il castello di Elsinore; sfarzosa, ricca di luci e d’un brusio
festoso; si celebrano le nozze dell’usurpatore Claudio e della madre Gertrude; dame,
e cavalieri, nobili, cortigiani e servitori inscenano i propri ruoli
intrecciando dialoghi, ossequi, lazzi, blandizie, ordini: è il pulsare
superficiale della vita, dal sottofondo fascinoso e lubrico; una sola figura è
estranea a tutto questo, Amleto. Il principe danese, che pure non ha ancor ricevuto
la rivelazione dallo spettro del padre, la sua voce del destino, la taglia
obliquamente, pensoso e cupo ("<i>Ogni cosa è contaminata</i>"), come risucchiato da un piano d’esistenza impossibile
da comprendere per chiunque; egli non vuole sapere altro, poiché già sa; e ha già
deciso; il soliloquio mentale, muto; le macine della vendetta cominciano a stritolare
il futuro; il padre? Solo un’occasione … fingersi pazzo? Una maschera come un’altra
per affermare la verità … e ora, chi potrà fermare la strage?<span> </span></span></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">La reviviscenza del
mito degli zombi a Hollywood, nelle produzioni mondiali, persino le più
scalcagnate ... cosa significano queste orde spettrali, mutile, smagrite,
depezzate, prive di fini e mai circonfuse dalla razionalità, che brancolano per
città irreali di cui sopravvive solo il ricordo di una civiltà irrecuperabile;
mosse esclusivamente da impulsi ciechi e ferini, incapaci di socialità, saziate
solo da pasti infernali in cui si strappano brani di carne viva dai sopravvissuti?
“<i>A crowd flowed over London Bridge, so
many,</i>/<i>I had not thought death had
undone so many</i>” annota Thomas Eliot parafrasando il passo di Dante
Alighieri sugli ignavi: “<i>dietro … venìa
sì lunga tratta/di gente, ch'i' non averei creduto/che morte tanta n'avesse
disfatta</i>”: disfatta, lat. dis-fare, corrompersi materialmente, guastarsi
oppure sciogliersi, liquefarsi; o rinunciare; detto di esercito, mura, trincea.
La <i>terre guaste</i>, la terra malata del
Re Pescatore, la consunzione morale, intellettiva e carnale di una civiltà
privata del Graal ovvero di ciò che le donava senso: limiti, profondità, forme,
confini miliari. Le città italiane, una volta ancora in corrispondenza
d’amorosi sensi con ciò che furono, sono popolate dalle prime orde
incontrollate, contagiosissime: poveri e déracinées; il ritrarsi progressivo e
totale del welfare, l’immigrazionismo, l’eviscerazione spaventosa
dell’istruzione, il crollo repentino dell’apparato amministrativo: gruppi di ex
umani disfatti, ignoranti, ottusi, mossi da bisogni primari o da aneliti di
repellente stupidità (droga, chincaglieria digitale), deformi e cancerosi, con
un vocabolario fàtico di cento parole, vestiti di stracci import d’infima
fattura, gonfi di cibo d’ipermercato, il corpo profanato da tatuaggi, spilloni,
tinture cinesi o appesantito da bigiotterie pakistane: si muovono senza una
direzione, ignari del tempo e dello spazio loro concessi sulla Terra,
consumando l’esistenza nella forma più bassa: a ciò li hanno ridotti i Draghi,
i Monti, i supertecnici e tutta la risma dei traditori golosamente votata nei
decenni, con la distrazione della sinistra e della destra, del progresso e
della reazione … un esperimento di massa terrificante che ha annientato il
cuore stesso della Civiltà, l’Italia, e muove guerra alle residue fonti
spirituali: per devastare, solo per questo ... onde rendere impossibile il
ritorno all’Ordine Antico, più crudele e sensato, giustamente crudele,
sommamente umano.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Le
folle paradigmatiche ai funerali di Michelle Causo. I novelli revenants plebei,
di cui è facile individuare minuziosamente gli scarti generazionali, si
miscelano ai viziosi esponenti del vario patriziato italico: cascami del clero
vaticano, gendarmi sciattoni, sottopanza della politica in camicia, operatori
televisivi; e giornalisti ovvero le parodie viventi dell’intelligenza. I
maschi, sudaticci e bolsi, a qualsiasi età; barbe mal fatte o mal curate,
immancabili jeans, trippe, cellulari incorporati all’orecchio; solo un
dirigente poliziesco, magro e distinto, giacca e occhiale da sole, vanta un
certo aplomb: egli sovraintende, forse alla sicurezza; di chi, non si sa.
Attorno gli si muove, scoordinata, una pletora di collaboratori in incognito:
dai volti indefiniti e indefinibili, anonimi, ma con un sottofondo di
arroganza: impossibili da ricondurre fisiognomicamente all’ordine poiché,
almeno nell’immaginario, latori di uno sfacelo casual che nessun questore o
commissario potrà mai più risanare. Le smilitarizzazioni a questo, peraltro,
servirono: proprio a dissipare l’ordine; e l’identificazione delle polizie con
la territorialità e il popolicchio: in vista di una loro sostituzione
progressiva con mercenari privati.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">I
gazzettieri si muovono a gruppi; la dea centrale, in tacchi e tailleurino charmante,
isterica e dalla labbra protruse a mo’ di becco di papera, causa botulino, il
naso tagliato da chirurghi compiacenti, compiacenti alla pazzia, ovviamente,
eccola lì … l’Artemide cavallina … a esigere gesta impossibili ai poveracci
sottoposti (precari esterni prezzolati all’uopo) o a soffiare scuse nell’I-phone
ai propri dirigenti (“<i>Guarda, ho fatto
tutto, non so cos’altro fare … ho beccato pure la madre … il nonno, ottimo … te
lo mandano a breve … Giorgio! Giooorgiooo!! … scusa Carlo, qui si perde il
timing … giooooorgioooo … ma mi vuoi rispondere? Quando arrivano i servizi a
Carlo? Eh, quando … quattro minuti, tre? Sbrigati, per l’edizione, subito …
nooooo, dieci … no, dieci … meno …</i>”; altre, di minore rilevanza, si
limitano a inseguire avidamente qualche proletario per farsi narrare
pettegolezzi o weltanschauung straccioni (“<i>una
brava ragazza, l’ho conosciuta …</i>”, “<i>il
mondo va così perché non ci sono più valori …</i>”, “<i>che te devo dì’, semo abbandonati da tutti …</i>”). Un circo equestre
senza cavalli, una sfilata in cui il cattivo gusto dei nuovi poveri, macerati da
decenni nelle cloache televisive, meschinamente si rivela: la bara bianca, i
palloncini a forma di M liberati verso il cielo indifferente, gli applausi
ripetuti, le lacrime a comando … l’omelia del vescovo è di allucinante banalità,
scipita, in-credibile … egli sbuca da un pertugio delle pareti, non annunciato,
anonimo, insulso: si fa largo tra la folla; nessuno se lo fila, nonostante il
codazzo pretesco sorregga vistosi labari di cui, però, ognuno ha perduto la
memoria e che vengono distrattamente occhieggiati come crittogrammi alieni … “<i>Quello che è successo parla di un mondo
guasto, che brucia la giovinezza, che insegue illusioni, che non conosce quanto
preziosa sia la vita …</i>”, cicala; il tutto recitato in una chiesa
nichilista, praticamente senza croci, dalle colonne squadrate di cemento
grigio, in cui la luce esterna si riversa a fiotti eliminando qualsiasi
soffusione … le sale comunali del Campidoglio, coi gonfaloni tarlati e stinti,
hanno più tono.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Fra
tutte le donne ho contato una sola gonna; le ragazzette tutte eguali, di taglia
simile, le medesime couture, qualcuna graziosa seppur facile da dimenticare,
hot pants, pantacollant, canottiere, scarpe ginniche … regnano il nero e il grigio
… rari i verdi, impossibili da trovare i cilestrini o il rosso estivo, quei
completi di panno leggero che assecondavano dolci i fianchi … i maschi vengono
giù a cascata: fra loro i compagni di squadra del fratello … non parlano …
sembrano collegati telepaticamente a una mente sovrana che li dirige:
magrissimi, i capelli corti, rasati ai lati, magliette, pantaloncini, scarpe
ginniche … formano un circolo chiuso, cupo, inetto alla comunicazione esterna,
afono … antropologicamente invalicabile come il ring della figliolanza dannata di
John Wyndham … non li comprendo, mai li comprenderò … mi separano da loro, più
che una manciata di decenni, la distruzione della lingua comune, e di
consuetudini una volta date per scontate … loro, nonostante tutto, sono il
futuro, e io una leggenda enigmatica; non li riprenderemo certo con i discorsi
e le intemerate, sono già lontani, <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2019/02/la-paranza-dei-bambini.html"><i>prede facili delle guide del tramonto</i></a>. Gli
adulti sono zombi pencolanti: storpi, sdentati, frollati … il corpo sformato da
enfie tumescenze di grasso che crescono a capriccio, come tumori incontrollabili
… i crani afflitti da ricrescite forforose o da bisunte alopecie, braccia e
gambe colorate come guerrieri pitti da fumetto … un lumpenproletariat che non aspira
più alla rispettabilità piccolo borghese, ma, rassegnatosi a sé stesso, solo a
trovare spicci per l’I-phone; ingovernabile ideologicamente eppure mansuefatto,
ammollato dai batticarne della propaganda, pronto alla graticola, a qualsiasi
graticola … i revenants accetteranno tutto per un boccone di transitor …
facendosi persino usare come forza d’urto contro gli ultimi oppositori … in
loro le riserve spirituali sono completamente disseccate: cinicamente si può
sentenziare: sono inservibili.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Il migliore dei mondi
possibili … il sol dell’avvenire … il paradiso della tecnica … da quando l’uomo
si è messo in testa di migliorarsi non fa che cadere … la caduta, infatti, è
degna del portatore di luce par excellence, Lux Ferens; così la dissoluzione
che corre sul web.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Bill Gates vuole
oscurare il sole: onde contrastare il climate change, stavolta nella veste da
clown del <i>riscaldamento</i> globale (a
corto di canicola, vengono di solito approntate le versioni autunno-inverno,
declinate secondo le varie latitudini: bombe d’acqua, grandinate estreme,
uragani, vortici tropicali). La verità o la logica qui non soccorrono e non
devono, perciò, muoverci all’analisi. La partita, reale, viene giocata sui simboli.
La solarità, intesa come definizione apollinea, dorica; il mondo della logica,
della spiritualità, il fuoco: questo preme. Oscurare il sole equivale, quindi,
nel loro basico linguaggio esoterico, a cancellare il tratto limpido della
forma, di qualsiasi forma. Lo scontro fra mondo sublunare, flaccido, liquido,
stregonesco, lunare, anarchico, hippie, democratico: quanto basta per sdoganare
la feccia; e quello aristocratico, legato all’istituzione gerarchica,
all’ordine, all’interiorità e alla guerra. Ma come può un imbecille di Seattle
…? Lui è solo un prestanome. La terminologia usata, id est: la sceneggiatura, non
è certo la sua; egli non fa che condividere i programmi ideologici di un’oligarchia
che vuole soggiogare definitivamente e irreversibilmente l’umanità … quale
ventriloquo parla, quindi, la lingua di Qualcun Altro … non per questo è meno
pericoloso, anche perché, occorre dirlo, è nettamente più intelligente della
media di chi, presuntamente, gli si oppone.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Gli eroi luminosi, da
Perseo a Teseo, sconfiggono il mondo ctonio e lunare, spesso mostruoso. Essi fondano
città, istituiscono rituali. Il Cristianesimo si abbevera a tali miti trasfigurandoli
in una spiritualità nuova: il miglior fabbro di Dante, Arnaut Daniel, espia la
colpa affinandosi nel fuoco purgatoriale (<i>poi
s’ascose nel foco che li affina</i>); l’allievo di Dante, Thomas Eliot,
contrappone il mondo del fuoco e della luce alle sordidezze della deità lunari,
assimilate alle acque stagnanti, al ventre flaccido dei topi sulle rive mefitiche
della città irreale: "<i>Un topo si insinuò
con lentezza fra la vegetazione/strascicando il suo viscido ventre </i>[slimy
belly]<i> sulla riva</i>". La
contrapposizione strutturale fra <i>rats </i>e<i> bones, </i>tra<i> l’umido</i> impuro e la purezza affinata dal fuoco, il <i>secco, </i>sarà ritrovata dal linguista
Alessandro Serpieri in larga parte dell’opera di Eliot. Non è, però, una particolare
dicotomia letteraria, ma una sapienza universale da riesumare: per giudicare con equità. </span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Il ministro Gennaro Sangiuliano
umiliato al Premio Strega da una sciocchina del PD. Giusto: venire a patti,
transare ciò che si è, per salvare la capra e i cavoli, e mantenersi in bilico,
senza fede, ovvero infidi o perfidi … ciò significa consegnarsi al nemico. Ma
forse al ministro piace così.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Il Valdemar di Poe è
tenuto artificialmente in vita dalla mesmerizzazione: quando cede l’incanto,
egli patisce una liquefazione orrenda; l’uomo della folla si discioglie
nell’anonimato poiché ha rinunciato alla personalità; Dorian Gray, come Valdemar,
è uno zombi: cammina fra noi, ma è già disfatto; lo stesso accade a chi sussurra
nelle tenebre (<i>The whisperer in darkness</i>),
altra creatura sospesa orribilmente fra ordine e caos, così immaginata da Lovecraft,
esperto sommo di dissoluzioni socio-antropologiche e metafisiche; le streghe di
Machen sono risucchiate nell’Indifferenziato, come i loro paredri, disperati e
dagli occhi senza luce. I Padri della Chiesa seppero prima di tutti; gl’Inglesi,
però, prima di tutti sperimentarono l’orrore: furono, infatti, i primi
apostati.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><i><span style="line-height: 115%;">Necdum satiata</span></i><span style="line-height: 115%;">:
tale la ventenne Valeria Messalina, imperatrice, moglie di Claudio, nella sesta
satira di Giovenale. Plinio, coetaneo di Valeria, narrerà di come si fece montare
un’intera giornata, sfidando vittoriosamente una celebre prostituta dopo aver
sostenuto venticinque assalti furiosi (“<i>eamque
nocte ac die superavit quinto atque vicensimo concubitu</i>”). Per tale
esuberanza la inserì come fenomeno sessuale nel decimo libro della <i>Naturalis historia</i> dedicato agli accoppiamenti
ferini, tra serpenti e cammelli. Giovenale, più delicato, ne descrive la
voluttà di degrado, impossibile da contenere: alcune complici le recano notizia
che Claudio, più anziano di trent’anni, è addormentato; Valeria, febbricitante
per incontrollabili fremiti, si alza lesta dal talamo imperiale; l’attesa
deliziosa del peccato; un mantello notturno, la parrucca bionda a celarne la
chioma corvina; un’ancella l’accompagna a un lupanare umido e caldo, dietro una
vecchia tenda, in una “<i>stanza vuota,
riservata a lei sola</i>”; e qui s’offre nuda, di fresco rasata, i capezzoli
dorati, “<i>facendosi chiamare Licisca, e
mostrando quel ventre</i>” che già aveva partorito il figlio Britannico, colui
che mai diverrà imperatore. “<i>Blanda
riceveva chi entrasse da lei, chiedeva il suo prezzo; poi quando il lenone
rimandava le ragazze, anch’essa allora partiva, ma triste, lasciando il più
tardi possibile la sua stanza, ancor tutta bruciante per il prurito dell’utero
teso; e ritornava alla sua casa, stancata di tanti, ma non sazia ancora </i>[necdum
satiata]<i>; con le guance sozze, annerita
dal fumo della lucerna, portava il lezzo del postribolo fin nel letto imperiale</i>”.
</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Sarà
Charles Baudelaire, colui che, di colpo, “<i>farà
invecchiare e retrocedere a uno stato di marginalità provinciale tutta la
letteratura italiana</i>”, genio purissimo di ogni nuance decadente, dall’ansia
per le fracidezze erotiche agli afrori malsani della decomposizione morale, a
celebrare l’umido mondo dei lupanari nel suo <i>Sed non satiata</i>:</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><i><span style="line-height: 115%;">Bizzarra divinità,
bruna come le notti,<br />profumata di muschio
misto all’avana,<br />opera di un qualche
obi, Faust della savana,<br />strega dai fianchi
d’ebano, figlia della notte buia,</span></i></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><i><span style="line-height: 115%;">preferisco all’oppio,
alle notti, alla costanza<br />il liquore della tua
bocca, in cui trionfa l’amore.<br />A te i miei desideri si
volgono in carovana<br />e i tuoi occhi sono
cisterne che dissetano i miei tormenti.</span></i></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><i><span style="line-height: 115%;">Da questi grandi occhi
neri, spiragli della tua anima,<br />o demone impietoso,
versami meno fiamme:<br />io non sono lo Stige
che può stringerti nove volte,</span></i></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><i><span style="line-height: 115%;">e non posso, suvvia,
megera libertina<br />per smorzare il tuo
ardore e metterti alle strette<br />nell’inferno del tuo
letto divenire Proserpina!</span></i></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Leggere
Horkheimer e non leggere Baudelaire … e quindi pretendere di capire la
modernità … in Baudelaire, nei versi suoi di squisita turgidezza, è il segreto
perfetto e conchiuso della prima decadenza occidentale. Le lusinghe della droga
(oppio, liquore, vino), gli esotici profumi stordenti (muschio, avana),
l’accenno al versante tenebroso della vita (notte, neri occhi) e alla frenesia
del libertinaggio (l’ardore); gli stillanti umori dell’alcova (cisterne-occhi),
l’estenuata consunzione del retaggio classico (Proserpina, Stige), il demoniaco; qui tutto
parla di rilascio, abbandono, voluttà, sospiro; ciò che sta si discioglie in
languori infiniti, dolcissimi seppur avvertiti come peccati senza ritorno. </span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">E
poi la descrizione della formicolante (<i>fourmillante</i>)
metropoli, civitas nova del globalismo usuraio, rifondata in vista del Nuovo
Ordine, ove “<i>in pieno giorno gli spettri
adescano i passanti</i>”; Baudelaire vive in una Parigi che da città si
acconcia al grande reset del prefetto della Senna Georges Haussmann. <i>I fiori del male</i> escono nel 1857, Haussman
sventra la Parigi medioevale dal 1852 al 1867 organizzandola in lunghi
boulevard per i friccichi ottusi della borghesia. Lo schema per distruggere l’antica
Lutetia è il medesimo adottato per Londinium (1666): lì il fuoco, qui il
piccone; il pretesto: le viuzze medioevali sono strette, malsane, insicure …
l’inurbamento dalle campagne, l’industrializzazione … le solite scuse adottate
anche per il climate change, a ben vedere. L’apostasia di Londra trascina il
mondo: la Francia s’adegua, la colonia americana anche. Le capitali dell’Europa
sacra si vendono al diavolo. L’architetto-prefetto Haussmann, nominato poi
barone da Napoleone III, per i servigi (da servitore dello Stato, ovvio),
vantava forse lontane origini ebraiche? Robert Moses, padrone segreto
dell’architettura di New York, ebreo lo fu di sicuro. Non sapete chi è Robert
Moses? Male: gli antisemiti da bar, invece di perder tempo con le figurine
della Wehrmacht, si dedichino ai veri personaggi apicali della postmodernità.
Gli si riveleranno nemici nuovi.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Roma,
Roma mia! Sventrata anch’essa, dal lontano 1870. Già ricordai, a suo tempo,
l’invettiva di Luigi Pirandello: “<i>Roma …
Roma … era un’acquasantiera, è ridotta a un portacenere</i>”. E ora a un negozio
di souvenir; non si contano, oramai, i cialtroni che sgraffignano pezzi di
Colosseo … decenni di sangiuliani ci hanno confinati al ruolo di straccioni
persino nell’immaginario della feccia turistica. </span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">La per-dizione rinnova
sé stessa in una voluttà insaziabile; l’Abisso reclama con crescente forza
gravitazionale; le prime deformazioni, quindi la disgregazione totale. Il
prezzo sale a ogni stazione di tale lubrico Golgota: 2, poi 4 … 8 … 16 … sino a
trenta … denari … si cedono libbre di carne morale sempre più pesanti e
sanguinose … l’orizzonte degli eventi si fa lontano, insignificante, sin a
scomparire, into the void. Lo stesso Baudelaire, ne <i>Il gusto del nulla (Le goût de néant)</i>, oggettiverà con precisione tale
processo psicologico regressivo: “<i>Spirito
affranto …/per te non han più gusto né l’odio né l’amore …</i>/<i>L’adorabile</i> <i>Primavera ha per me perduto il suo odore! … valanga, vuoi portarmi con
te nella rovina?</i>” (“<i>Avalanche,
veux-tu m’emporter dans ta chute?</i>”) ove la rinuncia, la fradicia neghittosità
e l’intestina volontà di autoannientamento paiono descrivere le decolorazioni
depressive dell’umanità degli ultimi giorni. </span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">La perdizione non è che
il capriccio. L’abbandono della pudicizia … 2 … la preterizione del principio
di non contraddizione … 4 … fa quello che vuoi … 8 … tutto è possibile … 16 …
ogni cosa: pornografia estrema, inversioni, sessualizzazione del mondo infantile,
pedofilia, incesto … perché no, alla fin fine?<span>
</span>Perché no? La verità scacciata in nome del relativismo, la centralità in
luogo dell’eccentrico, l’euritmia aborrita a favore del caos.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">La frase “<i>fa invecchiare e retrocedere a uno stato di
marginalità provinciale l’intera letteratura italiana” </i>è di Pier Paolo Pasolini, in un saggio che potrete
agevolmente ritrovare in <i>Descrizioni di
descrizioni</i>. In esso Pasolini lamenta la miserabile grettezza dell’intelligencija nostrana, più attenta alla mesata che all’arte, tutta avviluppata in minuscoli
giochi di potere per sbarcare il lunario. Pasolini qui definisce la figura
squallida del letterato italiano da salotto, o da riporto, già additata al
disgusto da Federico Zeri nella coda in un’intervista concessa ad Antonio Debenedetti,
segnalatami meritoriamente da un lettore: “<i>L’Italia
dei millecinquecento premi letterari … per cui abbiano oggi in Italia tre
capolavori al giorno da leggere … lei li conosce? Però è il paese che ha fatto
morire Morselli suicida … e che si era dimenticato nel cassetto il manoscritto
de Il gattopardo, poi premiamo tre capolavori al giorno … libri orrendi vengono
premiati … libri da vomito …</i>”. Tutti credono di sapere chi fosse Pasolini …
a sinistra in quanto santino … a destra in quanto detestabile santino … pressappoco
… critico letterario d’eccezione, insuperabile annusatore della contemporaneità
… cineasta rozzo e potente … mediocrissimo, tuttavia, quando sentiva in dovere
di consegnarsi alla stolida contemporaneità … più per non dar uggia agli amici
che per altro … l’omosessualità sadomasochista, di cui conservo testimonianze
di prima mano, fu gioco dissolutorio di cui egli, per primo, avvertiva il fumus
suicidario; tanto che, da ultimo, disgustato e inaridito dalla delusione,
conscio della fine dei tempi, e dell’arte e della creatività italiane, imboccò
la strada del martirio … la parabola intellettuale fu quella, magnificente e
terribile, che individuava il più cocente disinganno … tradito e schifato da
tutti, dal popolo, dal mondo patrizio, dallo Stato, dal partito, dai giovani, Pier
Paolo Pasolini, in odore di nobiltà (ravennate o faentina), si recò come un Cristo
del Mandrione verso l’unico destino che lo risarcisse del tradimento … come in
un duello già perduto … il mare, la spiaggia, il grembo equoreo … a Ostia, ove si
spense Santa Monica, mamma di Agostino; qui fu crocifisso, inevitabilmente.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Il figlio di Georg
Soros, Alexander Soros, eredita dal famigerato papà venticinque miliardi di
dollari. Alexander, già ragazzo scapestrato, tra feste, starlets e amici NBA,
ha messo la testa a posto: pare sia evoluto un uomo d’affari modello;
meticoloso, occhiuto, lungimirante. Il suo cuore batte per la libertà. La Open
Foundation , infatti, organizzazione senza scopo di lucro, è per il progresso,
l’enviromentalism, come la chiamano quelle popolazioni barbare. Di qui il loro
appoggio a tutte le cause più avanzate e sentite da figli del popolo di tal
fatta: negritudine, uranismo polimorfo, diritti green, animalismo et cetera.
Poiché addirittura più radicale del papà su tali questioni, egli si pone in
diretto contrasto con lo spauracchio dell’America progressista: Donald Trump. E
così via. Sin qui le amabili menzogne ripetute, con minime variazioni e qualche
permutazione, non degna di nota, dalle gazzette globaliste nelle loro
multiformi ricadute nazional-stercorarie. Poi qualche verità: Alexander si
batterà per il diritto di voto e l’aborto. Qui siamo al cuore del problema. Il
diritto di voto ovvero l’inganno illuminista par excellence; e l’aborto, il
taglio orizzontale fra generazioni; il taglio verticale nella famiglia; l’odio
instillato nell’unica istituzione che il Potere davvero teme poiché basata su
legami di sangue difficilmente distruttibili. I legami di sangue e l’amicizia
che nasce dalla guerra e dallo scontro contro l’Altro: questi sono i duri
macigni che i dissolutori di ogni tempo si sono<span>
</span>trovati di fronte. La libertà della donna, declinata come femminismo, e
la pace perpetua, defecata in ambito tedesco, furono i primi grimaldelli usati
per lo scasso; seguirono, a pioggia, infinite variazioni sui temi: la donna
vittima, i diritti della donna, il lavoro e la donna, la donna e il divorzio,
il corpo della donna, la soppressione del feto che mina i diritti della donna …
e così via. E poi la pace: pacem in terris, soldato blu, i comunisti e la pace,
la pace dei sensi, facciamo l’amore non facciamo la guerra, fiori nei vostri
cannoni et cetera.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Come ripeto, assai
noiosamente, occorre sfoltire, ridurre ai minimi termini. Non lasciatevi
abbagliare dalla tumultuante attualità. La complessità, di cui amano fregiarsi
alcuni falsi esegeti, è quasi sempre simulata per occultare il cuore dei
problemi. Sono pifferai, a volta persino in buona fede; alcuni ventriloqui,
infatti, credono addirittura alle corbellerie che dicono, non comprendendole
nella loro riposta intimità. La guerra nasce dalla fede cioè dal tratto
esclusivo di ognuno di noi: il contrario della globalità, della transazione con
altre fedi: l’opposto della spersonalizzazione; il sangue quale unico vincolo
in cui riporre senza esitazioni tale fede: di qui l’attacco al ruolo della
madre. Il resto è pulviscolo. Provate a gettare sul tavolo del dibattito tali
asserzioni: io sono ciò che sono e mi definisco contro l’Altro; sopprimere la
propria stirpe è il più grave dei reati. Prima cercheranno di intorbidare il
dibattito: voi rimanete calmi nelle vostre trincee; insistete; poi impazziranno
di rabbia; resistete; vi perseguiteranno. I tempi, infatti, esigono martiri. </span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Leggo sul controverso
periodo seguito alla caduta di Micene e chiamato, impropriamente, Medioevo Ellenico:
“<i>Lunga fase di povertà, ristagno sociale
e isolamento culturale. Scomparsa della scrittura che ricomparirà nell’VIII
secolo</i>”. Anche oggi la scrittura è, di fatto, scomparsa, e con essa la
memoria degli ultimi trent’anni. La dematerializzazione, in combutta con la
decentralizzazione, ha aperto una voragine (der. lat. <i>vorare</i>, divorare) inghiottendo testimonianze e presenze di almeno
due generazioni. E si continua: con i cloud, le mail, i social, le AI. Cosa
resterà di tutto questo? Un pugno di cenere, nel migliore dei casi. Così
vogliono, infatti. Si cancellino memoria e desiderio, pulsioni vitali verso il
passato e il futuro, ci si acconci al presente, sbriciolato in attimi insulsi,
osceni.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Una volta era il
cinema, disciplina minore, i cui picchi, però, lambivano l’arte. Poi arrivò la
massa di telefilm e sit-com, la più ciclopica opera di propaganda mai tentata. Dilatata
artatamente in decine di puntate e stagioni, l’intensità drammaturgica, comica o
tragica, viene a sfilacciarsi, a diluirsi in topoi sempre più triviali; la
serialità cede il passo al nemico par excellence, il didascalismo; lo squallore
degli inserti polcor, reiterati, con accortezze più o meno subliminali, sino a
ghermire il senso stesso dell’opera, condanna ogni cosa alla rilevanza
dell’attimo. Milioni di ore di girato rimarranno inservibili sino
all’inevitabile dimenticanza. D’altra parte chi ricorda più i mille feuilleton
dell’Ottocento i cui autori scrivevano per qualche spiccio a parola? Chi
ricorda i ferri, il tavolo operatorio, gli stracci insanguinati della creazione
di Frankenstein? Perché questa invasione è un esperimento; e la Creatura siete
voi.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">L’università, la
scuola, la cultura … devono aprirsi al mondo del lavoro e della produzione,
degli stakeholders, della vivacità degli attori turboglobali. Sempre più, ci si
apra! E le porte si aprirono, mercé le solite riforme dei noti delinquenti
apolidi. I maestri scomparvero, i diciassettenni, mutati in facchini, furono
travolti dalle casse di merci inutili (se ordino il cuscino da piscina su
Amazon risparmio settanta centesimi!) e le università si acconciarono a
esaudire i committenti miliardari: sino in fondo, sino alla feccia, a negare il
principio di non contraddizione, il secondo assioma della termodinamica e i
trentacinque gradi a luglio eguali ai trentacinque di mezzo secolo fa; a negare finanche
la Realtà, questa importuna bricconcella.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Brucia la Venere degli
Stracci, parto di un tal Michelangelo Pistoletto. Cosa rappresenta? Nessuno lo
sa veramente. La consueta vampirizzazione dell’arte tradizionale (Bertel Thorvaldsen,
in tal caso) che s’accoppia a una sciocca stravaganza, gli stracci: il
risultato dissacratorio (nettezza classica versus cialtroneria da arte povera) vien
poi avviluppato da un’estenuante giro di chiacchiere progressiste, a
giustificare l’ingiustificabile; e il brutto. A Roma, presso il Palazzo delle
Esposizioni, la medesima profanazione: <i>Vita
dulcis, paura e desiderio nell’impero romano</i>. Originali classici, fra cui
non poteva mancare l’ermafrodito addormentato, sbattuti frammezzo a neon e
video epilettici; e copie, probabilmente in gesso o in resina, ridicolmente
bruttate con cosmetici frou frou e maquillage da porno-fetish. Povero Adriano,
già ridicolizzato dall'elefantessa lesbica della Yourcenar. La chiacchiera,
ovviamente, la fa da padrone: “<i>Con queste
installazioni geniali gl’importanti artisti, Francesco Vezzoli e Stéphane
Verger, vogliono significare …</i>”. Importanti? Ma chi li ha mai sentiti … a
occhio sembra di stare nella villa farlocco-neoclassica di un invertito miliardario
di Bel Air … non c’è niente da fare, si potrebbe addirittura diventare
omosessuali (pay for gay), ma ricchioni no: a me, poi, manca proprio la voluttà
del kitsch, la moina del cattivo gusto, la mossetta da Ninì Tirabusciò con la
tutina d’organza rosa, lo scoppio argentino della creatività isterica più
stupida.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Più sai l'italiano più
cose capisci. L’ortografia reca la logica. Per questo mi sto gettando a
capofitto nel mio ultimo progetto: disimparare l’inglese. Aprirò corsi riabilitativi
per disintossicare gli elementi ritenuti più irrecuperabili.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Noto una nuova
effervescenza nei servizietti segreti italici. Fondi illimitati usati come esca
per penetrare nella realtà viva di associazioni, movimenti, anche
apparentemente minuti, in modo da individuare i residui elementi di valore:
onde corromperli (bastano una manciata di monete: una volta accettate si entra
nel gioco e non se ne esce più) o disattivarli (ricatti di varia natura: col
digitale è un gioco da ragazzi inventarsi un’accusa infamante o una cartella
esattoriale impagabile). Si noti, ancora una volta, l’autentica etimologia
costituzionale di servizi e servitori: essi, infatti, sono al servizio; di chi?
Dello Stato. Lo Stato, però, non s’identifica col popolo e men che meno con la
Patria: gli Italiani, in parole povere, ne sono estranei. Essi, perciò, servono
esclusivamente l’apparato statale, un’accozzaglia di ascari ben nutriti, a sua
volta già infiltrato e asservito agli Usurai. Gli “uomini dello Stato”,
arricchiti negli ultimi vent’anni da qualche esuberante gallina in nome del
politicamente corretto, si definiscono, per questo motivo, servitori: qualora
più non lo servano ciecamente o abbiano dei rimorsi verso chi gli paga lo
stipendio (l’anzidetto popolicchio), vengono eliminati: incidenti d’auto e
infarti sono il mezzo usuale; anche le bombe, tuttavia, possono risolvere
l’increscioso problema suscitato dall’eretico di turno. <i>Non esistono</i>, e lo ripeto: <i>non
esistono</i>, servizi segreti deviati o deep state o trame eversive. È tutto
alla luce. L’apparato statale, molto semplicemente, si trova al servizio di
Qualcun Altro: e non siamo noi.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Cosa chiedo a un
interlocutore? Poche cose. Il volo d’aquila, innanzitutto. I particolari mi
sono venuti a noia, così come le pedanterie filologiche. “<i>Ecco</i>”, faccio a un poveretto, una delle mie vittime, “<i>spiegami …</i>”. Oramai sono una macchietta,
giro con riproduzioni e fotografie plastificate che sbatto sotto il naso di
chiunque.<i> “Voglio solo che mi spieghi … e
basta … poche parole, niente rigiri … perché sino all’ultima guerra i
nettasuola, i ferri per pulirsi le scarpe, erano forgiati così … e ora gli
Italiani non riescono a fare a modo nemmeno una forchetta … spiegami, dai …</i>”.
Ma quello non sa spiegare. Dovrebbe rendere conto di almeno due secoli di
diseducazione, e a questo sono pronti i pochissimi. “<i>Cosa spingeva questi Italiani a perdere tempo e soldi così … dimmelo …
ferro battuto, ghirigori, simmetrie … per staccare un po’ di fango dalla suola!
Chissà quanto sarà costato questo oggetto, nemmeno dei più arzigogolati … in un
villino secondario alle porte di Roma … quali esigenze muovevano questi uomini?
Non è nemmeno questione di censo, a casa i miei pezzenti mangiavano con posate
istoriate la domenica … allora? Rispondi! … Dì qualcosa …!</i>”.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;"></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgtNdBGRH-Rg7Jww--C1rt24qQn8-2vQ2nZtSXuQJZ9UW0U8vvxNVEZJDLPJ2CIy9Eloqh_18k8KdaQPa3HqRQCthxlzGtubh-iH8Sbep_4OF85LV3IwEZ5vc9oK0gv2el4bR38iKPWOkecII1p_8Z2ezzNYmF_ciEoLLBz5N9UXS_ojF_LkOUAdhMF-9Yy/s3264/nettasuola.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2448" data-original-width="3264" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgtNdBGRH-Rg7Jww--C1rt24qQn8-2vQ2nZtSXuQJZ9UW0U8vvxNVEZJDLPJ2CIy9Eloqh_18k8KdaQPa3HqRQCthxlzGtubh-iH8Sbep_4OF85LV3IwEZ5vc9oK0gv2el4bR38iKPWOkecII1p_8Z2ezzNYmF_ciEoLLBz5N9UXS_ojF_LkOUAdhMF-9Yy/w640-h480/nettasuola.jpg" width="640" /></a></span></span></div><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;"><br /></span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">La risposta è che, nel
calcolo preciso e inconfutabile che rende dignità alla vita, la Bellezza occupa
una parte non più considerata: e che fa sbagliare i calcoli degli utilitaristi
da salotto. La Bellezza ristora, rinfranca e, soprattutto, è pietra di giudizio
per la Verità. Siamo stati dis-educati a Essa e, perciò, erriamo nei nostri
giudizi. Il ponte di Genova è crollato perché brutto. Ciò che affermo sembra
folle, ma si ragioni: cos’è la Bellezza (l’euritmia, la simmetria) se non il distillato
esperienziale dei millenni che, istintivamente, ci fa propendere per la decenza
di un comportamento e la giustezza di un’analisi o ci fa approvare
immediatamente il volto della fanciulla di Petrus Christus o appagare nell’ammirazione
per le proporzioni dell’arco romanico a tutto sesto? Per tale motivo il popolo
minuto o i bambini, le residue e minoritarie parti incorrotte dell’umanità, non
hanno bisogno di ciarlatanerie per affermare che una cosa è bella: lo avvertono
a pelle, pre-sentendo nel sangue, senza parole, al di là della ciancia che costituisce,
invece, il midollo dell’inganno postmoderno … Senza la Bellezza, che si esplica,
a volte, in un tratto apparentemente inutile e dispersivo, ogni fatto o cosa
muore. Lo sa Bergoglio, ovviamente, da scaltro nichilista. Ridurre il colonnato
e la piazza di San Pietro a un immondezzaio è un piano davvero gesuitico di
distruzione: transenne, barboni, turisti in mutande, dispenser, metal detector,
pulotti con la trippa, vigilesse col tacco 12, laidi madonnari ebrei, baretti e
tavole calde costituiscono il perfetto habitat per svilire, depauperare, lordare,
imbruttire. Quanto potrà resistere l’architettura della Cristianità a fronte di
tanto sfregio, si sarà chiesto, giustamente, il pontefice al contrario,
fregandosi le mani? Ben poco, gli avrà risposto, ridacchiando, la sua ultima
creazione, un macilento uranista suo connazionale, spolpando una bistecca di
filetto sceltissimo.</span></span></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">A un chilometro e mezzo
da San Pietro è la Pineta Sacchetti, già Pineto Torlonia. La pineta è lì da
circa 1500 anni, continuamente curata e ripiantata dai vari proprietari che si
sono succeduti, quasi sempre istituzioni ecclesiastiche o famiglie patrizie.
Qualche settimana fa il competente verdetto di un panzone comunale: ha un anno
di vita al massimo, poi seccherà completamente. Colpa del blastofago, parassita
del pino. Forse è così, ma la spiegazione sa di scusa e non convince.
Riformuliamo: Roma si sta liquefacendo per colpa della democrazia. Sino al 1945
la pineta era folta e in perfetto stato; l’istinto dei patrizi romani (i
Colonna, i Borghese) era quello di conservare: in nome di una tradizione che
doveva pur dirgli qualcosa poiché, al contempo, tutelava loro stessi e il proprio
ruolo. Nel dopoguerra gli apolidi, già infiltrati, ebbero via libera: già dal
1946 si ebbero i primi tagli, poi gli appetiti e il menefreghismo degli uno-vale-uno
iniziarono la lenta erosione: il blastofago è solo l’occasione, l’estremo sospiro.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Al reparto occasioni
del supermercato i primi pezzi sono quelli dei pinoli siberiani: 5 euri a busta;
ogni busta 200 grammi. “PREZZI BASSI”, strilla la targa delle offerte.</span></span></p>
Alcestehttp://www.blogger.com/profile/04852044188872845420noreply@blogger.com80tag:blogger.com,1999:blog-654788918314523587.post-6081336904929888592023-06-05T21:01:00.020+02:002023-06-09T11:01:45.962+02:00È arrivata una cicogna<div><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhIPgx8qiSdotoZCUQLy1BoEfRWQIVNNTUJV1PMeEuPmBf6PnRZ1blL4Sa3KcY5mWm4Ow-PdxXs-LzEsibszcvivtFgNYe6AiQcbSc1ch_kTQTNCoFsbM225B5q6SwCAcyoshBnwwV8xhQZBoMGgmOYSDvQp11i4TIIHjPy3EUWKHJKYOnKIoZR-F0_uA/s1600/Maria%20Pia%20Arrivata%20una%20cicogna.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1129" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhIPgx8qiSdotoZCUQLy1BoEfRWQIVNNTUJV1PMeEuPmBf6PnRZ1blL4Sa3KcY5mWm4Ow-PdxXs-LzEsibszcvivtFgNYe6AiQcbSc1ch_kTQTNCoFsbM225B5q6SwCAcyoshBnwwV8xhQZBoMGgmOYSDvQp11i4TIIHjPy3EUWKHJKYOnKIoZR-F0_uA/w452-h640/Maria%20Pia%20Arrivata%20una%20cicogna.jpg" width="452" /></a></div><br /><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: large; line-height: 115%;">Roma, 5 giugno 2023</span><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: large; line-height: 115%;"><br /></span>
<p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">I tagli lineari … il
taglio delle accise … il taglio delle tasse … il taglio dei boschi … eppure
solo un taglio è centrale per la distruzione, probabilmente l’ultimo per
l’Italia, quello mortale - l’unico colpo di rasoio a cuore agli psicopatici che
comandano a bacchetta la feccia in cravatta e tailleur della dirigenza
nazionale, protetta dal basso patriziato che spera ancora di lucrare qualche
cioccolatino - quello, orizzontale, fra le generazioni.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Il
Sessantotto, rivoluzione coloratissima e psichedelica che iniziò l’operazione
“homunculus”, fu il primo tentativo “radicale” di recidere la tradizione (lat. <i>trā-</i></span></span><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;"><i>dere</i>, dare oltre, affidare, consegnare in mani
fidate id est piene di fede, a cui prestare fede). Non si contarono mai abbastanza
gli eserciti di filmini, le canzoncine, le concioni e le invettive varie contro
i padri, le madri, gli avi, persino i padri della patria, ridotti a lestofanti
e mestatori; la consegna andava sventata ... non una, ma due tre cento volte si
dipinse il mondo del passato coi colori bui di una reazione ferina e depravata,
da rigettare e dimenticare … in nome della falsa libertà, come sempre, si arrivò
alla perversione perfetta dell’etimologia stessa, <i>tradire</i>, fondata sul tradimento supremo e insuperato, <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2022/10/il-ragionier-giuda.html">quello del ragionier Giuda</a>, che consegnò il Cristo.<br />E
ora assistiamo allo spettacolo di tale mondo libero</span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">E poi seguirono altre
rasoiate.<br />Nelle università contro la trasmissibilità del sapere (il diciotto
politico, il trentasei politico, il crollo casual della selezione); nei reparti
di ostetricia onde triturare feti e svuotare il ruolo della madre, quella vera,
simbolo supremo della vita e della gerarchia legata al sangue; nelle scuole in
cui si doveva, da subito, disimparare tutto ciò che ci legava allo ieri, dalla
storia (non si studia la guerra in Vietnam, ma ci rendiamo conto!); nella
religione (e il buddismo dove lo mettiamo? E il giainismo? Vi fa schifo?); nella
lingua (l’inglese vi servirà come il pane! Come troverai lavoro senza inglese?
Meno genitivo da latinorum e più genitivo sassone!); in economia,
disincentivando mercé miriadi di leggine e regolamenti locali, le più sciocche
e gratuite, i piccoli proprietari e il rapporto stesso degli Italiani con la
terra onde favorire il latifondismo da multinazionale, spacciato per efficiente;
nel sociale con l’irruzione del divorzio; nella psicologia fomentando un immaginario
da rotocalco femminile in cui occorreva liberarsi dei tabù instaurati da quei
delinquenti di mamma e papà; e ancora: imposte vertiginose sulla casa e i
servizi locali (il decentramento!) per costringere alla resa gli omiciattoli e
sfarinare lentamente, ma fatalmente, l’asse ereditario (l’eredità è un furto:
così i falsi socialisti di ogni risma già in secoli meno sospetti); nel Cristianesimo, tramite il Concilio, che prevedeva minutamente un’architettura, una
liturgia e una lingua sciatti, falsamente vicini al fedele, brutti, squallidi,
generici - in sostanza un corpus di credenze svalutato come respingente,
insulso, fungibile, e reso buono per quaccheri, hippie e animisti, inutilizzabile; nei
mestieri e nelle professioni, resi, grazie alla tecnica digitale, roba da passacarte
o fenomeno sussunto velocemente dalla sfera seriale; in ogni arte, anche la più
minuta, investita al ribasso da torme di dilettanti cui faceva gioco la
mancanza di selezione (abolizione della terza pagina, della figura del critico
etc).</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Cosa significa tagliare
quei fili? Cosa significa, in ultima analisi, la rinuncia alla sapienza come
tradizione, alla profondità dei secoli?<span></span></span></span></p><a name='more'></a><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Equivale alla resa, definitiva. Anche
la mia generazione, che pure ha annusato, tanto da ricavarne una sottile nostalgia,
tempi quasi normali, è stata devastata da tale mancanza. Perché non vi erano
più maestri. Un maestro, un padre o una madre che ci educhi, o il maestro di
bottega; il maestro nella professione, un professore che istruisca, questi sono
i testimoni in grado di “tradire”. Senza di essi si brancola nel buio poiché
ogni minimo brandello di verità ci porta via decine di anni. L’avevamo a
portata di mano, la verità, quasi d’istinto, grazie ai maestri, ma i maestri
più non sono tra noi. Quanto tempo abbiamo perso a ricercare piccole e mezze bugie,
da soli, senza aiuto? Siamo invecchiati e ne sappiamo ancora poco. Per questo
anneghiamo nella palude dei dati, dei grafici, delle statistiche, e ne
chiediamo ancora, come drogati, senza cavare un ragno dal buco. Chi ci insegna
la gioia della sapienza, ora? La scorciatoia, la via, l’astuzia che lavorava
entro di noi, inavvertita … il circuito, corto, fra chi sa e chi apprende? Quel
filo si è spezzato, come sempre accade alle civiltà morenti. Gli anziani
muoiono ai bordi del villaggio, i padri sono smarriti, i figli passano al
nemico. Già ora gli adolescenti nemmeno sospettano che possa esserci
un’esistenza alternativa, più aspra, più dura, ma piena e viva che la mia
generazione ha solo lambito; questi esserini, né gioiosi né tristi, né
malinconici o iracondi, né mai accesi da una qualsivoglia passione, nemmeno
razionali, di quella lucida razionalità che si guadagna nel placare la
passione; sempre eguali, senza riferimenti, come i visitatori di una pinacoteca
di astrazioni in bianco e nero dove tutto assomiglia a tutto. S-passionati, già
defunti, seriali anche loro, come i prodotti che comprano, il cibo che son costretti
a trangugiare, spaventati dalle parole, dalla ricchezza, dalla multiforme e
vertiginosa corsa alla vita.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Il consueto ritorno
dell’eguale disgusta. Sto parlando di un malessere fisico, immedicabile. Dopo
mezzo secolo, il minuscolo spicchio di storia che ho avuto il meschino
privilegio di sperimentare, e sopportare, c’è ancora gente che si rallegra
della vittoria e della sconfitta di un partito politico. Quando gli dai dello
stupido, questi estremi difensori dello status quo, si risentono pure … o si
rinchiudono in un silenzio sdegnato, o pontificano o ti danno sulla voce con
arroganza. Mai visti simili impiastri in tutta la mia grama esistenza.
Collezionai, nei decenni, traditori, cialtroni, pazzi, criminali … ma tale
impasto di puerilità e protervia digitale supera ogni psicopatologia pregressa
… non che non me l’aspettassi: si tratta del cretino 2.0, il cretino integrale,
l’uomo a prova di qualsivoglia ragionevolezza … colui che si getta a capofitto
nei solipsismi di un pensiero o capriccioso e stolidamente autoreferenziale o
falso poiché le premesse, che l’idiota crede di aver elaborato in proprio, le
ha acquistate surrettiziamente al mercato della miccaggine globalista, come <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2018/11/nexus-6.html">i
falsi ricordi dei Nexus 6</a> o di <i>Total
recall</i>… l’abolizionista del principio di non contraddizione continua a
prendere calci in culo rialzandosi ottusamente ogni volta … dal fango e dalla polvere,
da qualsiasi polvere … lui alla “X” da analfabeta non rinuncia, per carità … la
fede nella matita copiativa è il lembo postremo di terra democratica rimastagli
… al di là c’è il mare aperto della logica e del disinganno … gelido e
pericoloso … meglio restare sulla spiaggetta, i cenci da naufrago, attorno al
fornelletto da campo delle convinzioni indotte: si può cambiare, yes we change,
podemos … sono ossessionati dal cambiamento, non possono stare fermi, come
certi ossessi nelle celle imbottite … andiamo, partiamo, rivoluzioniamo! E poi
le paroline d’ordine al miele che gli hanno sussurrato nell’ombra: se non voto
vince il despota, il fascista, il comunista, il nazista, il bolscevico … se
votano in tre il consiglio comunale si farà comunque, quindi … il solito
ciarpame che sento da una vita, inesausta scusa allo sfacelo della nazione …
non li tange, questi allocchi in brodo, la considerazione bruta della realtà:
che è l’entità della distruzione a rilevare; e solo quella. Una volta di qui,
un’altra di là: l’euro, le trentacinque ora, la secessione, il mattarellum, il
porcellum, la devoluzione, il reddito di sudditanza: a quante esche avete
abboccato confidando che la Testa Tonda avrebbe scacciato col voto la Testa
Quadra … e la Testa Quadra sostituito quella Tonda<span> </span>… quanti milioni di post su tali minuzie, mai
importanti, mentre la distruzione, unica agenda, avanzava a passi da Moloch? Quanto
è stato distrutto dal 1973 in poi? Quanti guappi di cartone avete votato?
L’inesauribile teoria di gaglioffi oscura il cielo della ragione, eppure … e
poi il tifo: le vignette, le parodie, gli attacchi ad personam … quello è
basso, calvo, coglione … quella è brutta, dentona, strabica … e poi la
questione principe, vera: il rifiuto del sistema democratico. Ma come? Come si
permette! Lei è pazzo! La libertà! Siamo liberi! Solo nella democrazia c’è
libertà! I diritti, signor mio, i diritti … il Medioevo … l’oscurità … e poi il
progresso … guardi quanto siamo avanti, oggi! Da allora! Avevamo le pezze al
culo, invece adesso … guardi che ben di Dio! E poi la libertà! Sono libero …
libera … di fare questo e quello … e pure quell’altro … </span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Il sonno della
razionalità, sono d’accordo, genera cretini … soprattutto l’ignoranza di ciò
che si è stati … e la fede nel progresso, ah ragazzi miei, non toglietegli la
fede nel progresso o vi saranno ecatombi suicidarie … questi davvero credono
che Massimo Giannini sia superiore a Tacito … o che nel Medioevo vi fosse
oscurità e mancanza di libertà … e, invece, come sempre accade, vige qui la
regola dell’inversione … a forza di massaggiargli il cranio di sciocchezze, a
scuola, all’università, negli olovisori di ogni risma, si son convinti
dell’esatto contrario, come il cane di Mustafà … contro ogni evidenza,
qualsiasi buon senso … sono automi cui hanno impiantato il sol dell’avvenire …
a tutti: vivono nel Medioevo Ellenico, uno sprofondo culturale che non serberà
traccia alcuna ai posteri, e però cicalano dei tempi oscuri … e poi la teologia
della liberazione … da Freud in poi … ciò che doveva restare incatenato si è
scatenato … la donna, specialmente, è libera, indubbiamente, talmente libera
che a quarant’anni deve infilarsi un pezzo di plastica su per la fica, se non
peggio, onde sentirsi ancor più libera … ha perduto qualsiasi ruolo guida nella
società e però è libera … di far cosa? Di lavorare? Di non fare figli? Di
realizzarsi? Di fumare e bere? Di non essere perseguitata da fischi
d’approvazione per strada? Di vestirsi come al <i>Rocky Horror Picture Show</i>? La poveretta è allo sbando psicologico,
come tutti i liberati. Non gli rimane che scivolare ancor più nell’abisso, di
rilanciare la depravazione … di inorgoglirsi della degradazione … sempre più,
in una spirale che la controlla ormai, <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2018/03/un-tenero-esserino-del-futuro.html">povero esserino del futuro</a> ...</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Il cretinismo dell’<i>into
the wild</i> è uno degli esempi perfetti per capire <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2017/06/breviario-del-cretino-ovvero-perche-non.html">la devoluzione dell’omarino 2.0</a>.
L’esotismo da quattro soldi cominciò a formicolare per l’Occidente durante il
Grand Tour di anglosassoni e crucchi al Sud d'Europa … l’europeo liberato,
illuminista, volteriano, cercava il Colosseo e gli aranceti siciliani, ma
ambiva anche a comprarsi i figli dei poveri o a cercare emozioni forti.
L’europeo <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2018/07/luomo-non-sopporta-piu-se-stesso.html">iniziava a non sopportare sé stesso</a> poiché nel proprio animo
intravedeva la desolazione dell’apostasia dall’Antico Ordine. Strappato alla
tradizione, egli veniva insidiato dal nichilismo più abietto; <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2022/01/la-bestia.html">la Bestia risaliva i precordi</a>; come in Kavafis e Verlaine, la cura consisteva, quindi, nella depravazione dei
bassifondi, nello shock culturale, nelle sanguinose e barbare tradizioni locali,
giudicate arretrate, ma sentite ancora vive. La letteratura fantastica
occidentale, da Stevenson a Machen, da Ewers a Robert E.Howard pullula di tali
impulsi. I liberati cercarono un medicamento al nichilismo in India, in Africa,
in Sudamerica … dappertutto meno che in patria dove avevano tutto negato, in
nome del Nuovo Mondo Mirabile … la liberazione li rese incivili, estranei alla
civiltà … il nepente del colonialismo li calmò per qualche tempo poi la Bestia
del Nulla iniziò nuovamente la risalita … cosa potevano fare questi sradicati
se non distruggere finalmente sé stessi? La colpa dell’apostasia veniva ora
dimenticata grazie a un forsennato escapismo: droga, viaggi alla ricerca di un
sé qualunque, purché non tradizionale: tolkeniani in Irlanda, pedofili in
Cambogia, ristoratori in Messico, kibbuzzari in Israele, caritatevoli in Congo,
anacoreti in Patagonia, gesuiti in Cina, battaglieri in Amazzonia, sciamani in
Mongolia, uranisti alle Figi, indiani a Milano centro, troie a Portofino,
esploratori alle cascate del Ruwenzori, qualsiasi cosa pur di non ammettere che
la liberazione li aveva devastati irrimediabilmente e che la parte recisa costituiva l’unica ragione di un'esistenza piena, a tratti persino felice … il
turismo divenne nel postmoderno la maniera che l’occidentale aveva di sfuggire alla propria
colpa. Con ricaschi di comicità macabra, qua e là: la cinquantenne che sposa il
nigeriano di trenta e, oltre al fannullone, deve accollarsi la sua famiglia
agnatizia; l’idiota inghiottito dalle rapide di uno sperduto fiume venezuelano,
l’autostoppista stuprata a morte nei deserti anatolici, lo scemo americano
morto avvelenato nello scheletro di un pulmann in Alaska, l’antropologo rap
lautamente sovvenzionato per dimostrare che Atena è negra, ma non ci riesce, la
coppia che adotta bimbo brasiliano conflittuale e già drogato a tredici anni …
libertà vo cercando ch’è sì cara, ma questi, al contrario, poiché sono preda
della falsa libertà, vanno raminghi per l’orbe terracqueo alla ricerca della pietra filosofale … condannati a un desiderio inesaudibile,
al modo dei dannati infernali … a gridare, con la bocca muta: come possiamo
compensare questo vuoto nella nostra anima, il bianco delle mappe di <i>Cuore di tenebra</i> … come? La queste del
Saint Graal gira a vuoto, alimenta odio, e furia, che si scarica ancor più nell’abiezione
… è un avvitamento spettacolare, inarrestabile: allo schianto, però, non
assisterà nessuno.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Si fa un gran cicalare
di femminicidio, l’ultima trovata per instillare odio fra generazioni … perché
qui, al centro del circo, non è il rapporto attuale fra uomo e donna, inesistente,
bensì i ruoli che essi hanno sempre sostenuto all’interno della famiglia, nei
millenni: femmine sottomesse e maschi oppressori, eredi d’una malsana
tradizione patriarcale. Quello il bersaglio, non l’omarino attuale. Tutte
menzogne di carta velina, ovviamente, dato che, anche nell’ultimo femminicidio preso
a modello, non rilevo né maschi oppressori e né femmine sottomesse, figuriamoci
il patriarcato. Come nell’episodio di Davide Fontana e Carol Maltesi, si
rinviene la totale gratuità degli atti, persino i più orrendi, recitati da
sonnambuli etici che nuotano senza passioni in un liquido amniotico
autodistruttivo, di letale e pastosa omogeneità. Perché no, avrà detto
l’omicida. Quale morale, quale individuo, quale comunità mi riprova davvero? Le
cose si desiderano e al desiderio non c’è scampo; si coglie il frutto, ci si
annoia, se ne coglie un altro; nessuna vera scelta, però, è presente:
l’esistenza degli esserini è dominata da una condanna, ch’essi scambiano per
piacere, a non trovare mai requie; essi trascorrono i pochi anni terreni in un
Limbo invertito ove l’inconsumabile anelito al Nulla rimane sempre
inappagato; e ogni ostacolo a tale vana cupidigia genera un furore freddo e
omicida. Siamo nei territori postmoderni del mondo al contrario cui fa da
sfondo la piccineria e l’ignoranza, la superficiale quanto agghiacciante angustia
delle ambizioni. Cosa vogliono davvero? A cosa aspirano? Non lo sanno, son solo
esseri perduti. Dissoluti, in senso tecnico. Persino l’omicidio di un nascituro,
carne della propria carne, è sentito come pegno da pagare per liberarsi dallo
stress. Lo stress, sono stressato, voglio divertirmi, scappiamo, andiamo via, i
mari del sud, la spiaggia incontaminata, la vetta desolata, una relazione senza
impegno, un’uscita senza impegno, un libro sì, ma leggero, studiare sì, ma
senza nozioni, voglio diventare ballerino classico, cantante, critico
cinematografico, però con fare leggero, la grand ronde de jambés fatta in casa
assieme agli assistenti di Maria De Filippi, il falsetto senza conoscere
metronomi e solfeggi, per carità, rilasciare recensioni avendo in corpo Quentin
Tarantino e il frullato di generi … no, Alceste no, è troppo pesante,
pessimistico, catacombale, bisogna volare come libellule del pensiero debole,
in un post voglio il tifo, i grafici allusivi, le statistiche false che mettono
in difficoltà l’avversario … anzi, voglio le battute su Biden, sulle
femministe, sulla Murgia, basta coi recessi della storia, le noiose indagine
psicostoriche. Il taglio netto con ciò che siamo stati ha prodotto omuncoli che
volan via a ogni alito di vento, a qualsiasi ruttino. Le loro voci son davvero
come fruscii di foglie secche; vagano sperduti, per inerzia, accesi solo da
brevi spasmi polemici, l’ansia divorante che si libera in gesti mostruosi
oppure li fa implodere su sé stessi gravati da una pressione sociale
insostenibile; annientati già a vent’anni, privi di futuro, defunti, ridotti al
turismo: ché l’ometto postmoderno questo è, un esemplare <i>homo turisticus</i>, col meteo digitale innestato nel cervello: la
voglia per le isole Figi e l’escapismo intellettuale sono volti della medesima
deriva da naufraghi.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Negli allucinanti e
asettici tableaux antropologici, l’uomo segnato dal dolore dei secoli annusa il
fetore della Bestia che più teme, l’Indifferenziato. Si china su tali tragedie,
irte di urla e maledizioni, ben conoscendone la finzione. Liberate dal rumore
di sottofondo mediatico, egli non rinviene che figurine prive di spessore, fungibili;
comparse d’una puntata di “Uomini e Donne” andata male, tutto qui. I
protagonisti sono spinti non dal Male, il che donerebbe una parvenza di
profondità metafisica, ma solo agiti da una mesmerizzazione che li muove con
fare ridicolo e kitsch a commettere crimini mostruosi; in nome di chi o cosa? Né
di un dio e nemmeno d’una passione che, morta la ragione, ammalori l’anima
concupiscibile. La gratuità degli atti robotici, soprattutto, fa orrore: l’aborto
e l’omicidio quali delitti perpetrati entro uno spirito dei tempi caliginoso e tumorale
per cui essi assumono la validità, non solo ai loro occhi, di liberanti scelte
personali.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Mesmerico, robotico,
inorganico: a due opere, di eguale valore, amo riandare per illustrare la fine
dell’umanità così configurata: <i>Der
Sandmann</i> di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann (<i>L’uomo
della sabbia</i>, 1815) e <i>Il gabinetto
del dr. Caligari</i> (<i>Das Cabinet des Dr.
Caligari</i>, 1920) di Robert Wiene. Non lasciatevi ingannare dalle citazioni
di Freud, Hitler e Weimar esalate dai critici superficiali: queste sono
creazioni astoriche, da profeti biblici. Finisterre.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;"></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhxbCdhnSdFzGEJZEnM-418QIhaBTWukA_l2dStihadU_zHal71E_gMj6aGYm-zoXt9CYKPjW0Vx0AOIJUmyUnKfWIfilhWQo-R9FlQXbHM73KWU0IZP-Z9HARnyHnEBIge9-u6KHCS7w4Xk6d28s1rb0ZCPzEwweHgTODRX7ZZFzrlnrv90zto3UWylw/s650/Screenshot%202023-06-05%20at%2020-57-01%20caligari%20film%201920%20-%20Ricerca%20Google.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="462" data-original-width="650" height="284" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhxbCdhnSdFzGEJZEnM-418QIhaBTWukA_l2dStihadU_zHal71E_gMj6aGYm-zoXt9CYKPjW0Vx0AOIJUmyUnKfWIfilhWQo-R9FlQXbHM73KWU0IZP-Z9HARnyHnEBIge9-u6KHCS7w4Xk6d28s1rb0ZCPzEwweHgTODRX7ZZFzrlnrv90zto3UWylw/w400-h284/Screenshot%202023-06-05%20at%2020-57-01%20caligari%20film%201920%20-%20Ricerca%20Google.png" width="400" /></a></span></span></div><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;"><br /></span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Ecco qui un mondo al di
là del bene e del male. Nessuna bestia bionda all’orizzonte, nessuna vera
liberazione. Vi piace? Un deserto senza colori, al mezzodì, attraversato da
legioni di ciechi che gridano inutilmente alla volta chiusa del cielo, o
bestemmiano, graffiandosi l’uno con l’altro: il paradiso in terra della <i>Pacem in terris</i> è il nostro inferno.</span></span></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Kass
Theaz, una ragazzetta sconosciuta, vuole far causa ai genitori per averla messa
al mondo. Arriva, però, il contrordine. Ma no, dicono, si tratta solo d’una presa per i fondelli, uno
scherzo di Kass, goliarda teen da Tik Tok. S’intuisce, però, al di là del caso
particolare, forse addirittura veritiero, la tecnica collaudata: ingigantire ciò
che serve ai propri fini, riesumandolo<span>
</span>dalla pattumiera digitale di ogni dove, e minimizzare o celare ciò che
non vi rientra. La sparata di Kass, infatti, viene da lontano. L’uomo accorto, con
le vibrisse storico-sociali più sensibili, la ritrova già pronta in <i>Indovina chi viene a cena?</i> (<i>Guess who’s coming to dinner?</i>, 1967),
ineguagliato pamphlet sessantottino (a lieto fine) sulle prime coppie
interraziali in America. Johanna Drayton, bianca, liberal e bella, e John
Prentice, negro, liberal e bello, s’innamorano alle Hawaii e decidono per il
matrimonio. Johanna è ricca e buona, John, affermato medico, col ghiribizzo
della filantropia, lo è altrettanto; John, però, decide di sottoporre l’unione all’auctoritas
dei genitori. Le esitazioni, le contraddizioni, le oscure pulsioni e i rimorsi
di coscienza razziale delle due coppie più anziane costituiscono il nerbo del
finto dramma. Il meglio (il succo della spremuta vitaminico-progressista) è
nello scontro fra i Prentice padre e figlio. Il papà-postino Roy Glenn,
granitico e proletario, ricorda al figliolo-altoborghese-modello Sidney
Poitier: “<i>Non ti permettere di chiamarmi
così. Tu non hai il diritto di tapparmi la bocca dopo tutto quello che ho fatto
per te! … Io mi sono ammazzato per guadagnare tutti i soldi che ti servivano
per farti studiare! Lo sai quanta strada ho fatto con la borsa a tracolla in
trent’anni? 75.000 miglia! … Tutte le volte che tua madre aveva bisogno di
qualcosa .. spendeva per te … E adesso vuoi dirmi che questo non conta? E le
vuoi spezzare il cuore?</i>”. Al che Sidney Poitier, negro sì, ma di nuovo
conio, risponde: “<i>Hai già detto quello
che volevi dire. Ora parlo io. Tu non mi devi insegnare come devo vivere. E
finora cosa hai fatto? Mi hai detto quali diritti ho e quali non ho. Quello che
ti devo per ciò che hai fatto. Lo sai che cosa ti dico? Che io non ti devo:
niente! Se con la borsa a tracolla avessi fatto un milione di miglia avresti
fatto quello che dovevi fare. <b>Perché mi
ci hai messo tu a questo mondo</b> e da quel giorno tu mi dovevi tutto ciò che
dovevi darmi come io lo dovrò a mio figlio … ma io non sono tuo! Non<span> </span>puoi dirmi dove né quando sto sbagliando né
puoi farmi vivere secondo le tue regole … tu non sai nemmeno chi sono, papà …
tu non sai quali sono i miei sentimenti e cosa penso … e se te lo volessi
spiegare non ti basterebbe tutta la vita per capirlo</i>”.<br />Questo
capolavoro narrativo (e perciò minore) di un’arte già minore, il cinema, fu
sceneggiato da William Rose e diretto da Stanley Kramer. Quando la limpidezza o
la sovrana e semplice durezza dei rapporti di sangue fra genitori e figli sono
intorbidati da tali mossette - cento, mille, diecimila mossette psicologiste -
allora, quasi sempre, si trova l’Ebreo … l’uomo perfetto per rivoltare le
frittate … i gourmet dell’inversione danno il colpo di polso e la frittata
rotea nell’aria per poi ricadere in padella: dalla stessa parte? Macché, da
quella opposta, ma tutti si son fermati a guardare il gioco di prestigio in cui
il cerchio roteava attorno ad assi invisibili, generando solidi inusitati,
d’inafferabile quanto ineffabile complessità; e non vi hanno fatto caso. Cosa
significa quel dialogo fra Poitier e Glenn? Primo: non esiste nessun debito di
gratitudine verso chi ci ha preceduto: ogni atto, infatti, era dovuto; non
esiste, al contempo, alcuna famiglia, o una più ampia comunità da cui l’individuo può trarre incontrovertibili nozioni etiche o morali; il singolo sorge nuovo
alla terra: è solo; si distacca dall’alveo storico e culturale in cui è nato,
non è di nessuno, incede libero per il deserto, con sentimenti tutti suoi. Che
tali ideali siano del tutto falsi e che, in virtù della loro aura di libertà,
altrettanto falsa, abbiano schiacciato l’umanità in poche generazioni è sotto
gli occhi di tutti e riconosciuto da quasi nessuno; si continua a rimanere
abbagliati dall’evoluzione aerea della frittata come dalle configurazioni
aeronautiche degli storni.<br />Il
Potere esalta, rimpiccolisce, elimina, inventa … il guardaroba digitale è
immenso, e ricco di trovate, basta scegliere l’abito giusto … sempre quello,
però …</span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;"><a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2021/03/reset-666.html">Brucia Londinium, a tagliare i ponti col passato europeo</a>. Nasce Londra. Siamo nel 1666.<br />1602
anni prima, nel 64 d.C., bruciava Roma. L’incendio sorprende il ventisettenne
Claudio Cesare Augusto Germanico Nerone in Anzio. Il rogo dura una settimana,
poi riprende nel Campo Marzio. La Repubblica Romana, la cui ombra virtuosa s’allungava
sulla prima serie di imperatori, finisce qui. <br />Ricostruiremo
tutto, dice Nerone, mentre appronta le prime costruzioni di fortuna per gli
sfollati. S’aggirò mai fra i tizzoni fumanti della ex Roma? Comprese la portata
di quella devastazione?<br />La
Suburra, affollata di Ebrei, fu la prima ad ardere generando l’accusa
anticristiana. Secondo una tradizione, quell’anno verranno giustiziati anche il
primo pontefice Pietro e il formidabile metafisico Paolo di Tarso, entrambi giudei come
Flavio Giuseppe, vittorioso postulante della seconda moglie di Nerone, Poppea
Sabina, e storico eminente.<br />Trent’anni
più tardi i compilatori dell’Apocalisse avranno a transnumerare il nome "Cesare Nerone" nel famigerato 666. Birichinamente, dividendolo a mezzo, troveremo
il 333, anno in cui fu ultimata la basilica di San Pietro, per ordine di
Costantino I. Eretta sopra la tomba dell’Apostolo e sulla necropoli
pagana del Campus Vaticanus, che ne costituì le fondamenta, visibili ancor oggi;
e sui ruderi del circo di Nerone, l’Innominabile, il Piromane.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Ricordi? Ti ricordi
Giucas Casella? Giucas (Giuseppe Casella Mariolo, 1949-vivente) con la mano
sulla fronte, lo sguardo infitto negli occhi dei milioni incollati alla TV,
intimava, senza scoppiare a ridere,<span> </span>di
cercare in casa un orologio fermo … supposto rotto … e di tenerlo ben stretto
nelle mani, dacché lui, grazie al tracimante fluido siculo-mesmerico in
dotazione, trasmesso via VHF al micco nel tinello, l’avrebbe fatto ripartire …
e ripartivano sul serio, i catorci … inoppugnabili le telefonate in RAI: la
patacca della Comunione, il cipollone del nonno, l’elegante tipo a bracciale del
fidanzamento, persino la pendola inchiodata da anni alle quattro e trentasette
nell’ingresso … certo, i cronometri digitali, chissà perché, facevano eccezione
alle guarigioni via antenna, e però … e però come negare il fenomeno? Ma qui
non c’era mica da negare nulla … gli è che il calore delle mani, gli
scotimenti, la prestidigitazione nei tentativi di ricarica, avevano stimolato a
nuova vita i delicati ingranaggi di qualche rottame … e così un banale fenomeno
che riguardava una dozzina di teleutetenti assurgeva a operazione
parapsicologica di massa, mercé l’auctoritas di Pippo Baudo, o chi per lui …
allo stesso modo il <i>climate change</i>:
non vi diciamo <i>se</i> o <i>quanto</i> farà più caldo … o più freddo … stiamo
solo affermando: cambierà … per colpa antropica … cioè per colpa tua …
qualunque colpa, a piacere … mucche, tubi di scappamento, deforestazione,
maschilismo tossico … in un mondo di soggetti marci, babbei e ipocondriaci, una
folata di vento, una grandinata, un’insolazione, qualunque accadimento, una
volta quisquilia da scampagnata, provocherà ansie da apocalisse … ai tempi di
Giucas la gente era meno credula poiché meno informata … oggi, in piena epoca
incorporea, tempestati di notizie, dati e grafici isterici, col meteo che urla
tempesta dagli i-phone di ogni ordine e grado, è quasi naturale scambiare uno
spetezzo per uragano.<span> </span></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Il declino del supposto
impero americano, lento e inevitabile, al di là <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2017/12/aspettando-il-grande-botto-il-potere-ci.html">del mito del grande botto</a>, si
porterà via milioni e milioni di frescacce sulla letteratura, sul cinema, sull’etica
protestante yankee; con tutto lo scemenzario sulle università, i lavoretti degli
adolescenti, il pragmatismo, l’invincibilità bellica, i grattacieli e le case di cartongesso … sarà un crollo dell’immaginario
che lascerà a bocca aperta i più superficiali, tramortiti a fronte a quanto sia
stato ottuso, meschino e piccolo ciò che essi hanno adorato; o meglio: ciò che
gli hanno insegnato ad adorare, ai Nando Moriconi del giornalismo, delle
cattedre, della politica più sdraiata e stracciona … intere biblioteche si
scioglieranno come neve ad agosto, di notte, mentre nessuno vede.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">È l’alto patriziato
istituzionale che si deve temere per primo. Quel mondo praticamente sconosciuto
di silenziari, cancellieri, grand commis, segretari particolari, protospatarii
eunuchi, scansafatiche in gessato blu, lenoni, venditori d’auto di lusso, alti
comandi militari con la tartina sul Risiko <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2017/06/il-colonnello-fa-bella-casa.html">presso il centro ufficiali a cinque stellette</a> - l’intera razzumaglia che, tra una sfilata e una presa per i
fondelli commemorativa, trastullandosi nella vita dolcissima degli ultimi
giorni della Patria, manovra ancor più per intrigare, corrompere, lucrare;
depistaggi, ammuine da guitti consumati e ghiotte prebende, mostruose, a
fronte dell’omertà: venti, quaranta, sessanta, novantamila, centomila euri
mensili per coprire, dileggiare, ingannare - milioni, moltiplicati per dieci,
per cento, cifre inimmaginabili, appalti nazionali, commesse europee, spalloni
internazionali – camerlenghi apicali che sovraintendono alle partite di droga
onde scongiurare episodi imbarazzanti come lo spacciatore preso in castagna
mentre entrava e usciva liberamente dai palazzi istituzionali, brillantina e
anello d’oro compresi; dignitari addetti al Triclinio dei Diciannove Letti che
scelgono, con oculatezza felpata, prostituti e mignotte da smistare con le
Lancia Thesis del Meritato Trastullo … su tale invisibile merda liquida galleggiano i
continenti noti come partiti e sindacati, associazioni private che i gonzi scambiano
per istituzioni … tutti ricattabili, miserabili, stupidi, d’un ignoranza crassa;
ma tenaci, e accortissimi mafiosi, in grado di reprimere sul nascere
l’intelligenza, l’indipendenza, l’amor di Patria. E la gente ci crede, continua
a crederci, inebetita dal tifo: non a caso continuamente rinfocolato tramite attori
da suburra reclutati all’uopo; di cui s’ingigantiscono dichiarazioni, menzogne
e impennate d’arroganza, di destra, di sinistra, di centro, mai a favore
dell’Italia, comunque; e gli Italiani bevono tutto, a garganella, accanendosi a
difendere questo e quello, confidando in una buona fede mai esistita: per quasi
tutti è importante sbandierare i colori di fronte al nemico, le chiappe rosse da
babbuino in mostra, a mimare scherni e seduzioni di parte, per poi rilasciare
il meme urticante o condividere il post che rilancia le consuete idiozie in
inglese dei mille ciarlatani digitali, credendo di far parte di una koiné
avvertita, con la verità sulla fronte.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Qualche tempo fa,
camminando lungo i suburbi della città di confusione, Roma, presso un pratone
di erbacce stitiche ricoperto di rifiuti, ultima diga all’urbanizzazione per
diseredati, scorsi, da lontano, un leggero frullare; m’avvicinai; fra
calcinacci e mattoni sgretolati, un sacco che conteneva immondizie e cartacce:
dallo squarcio, ecco un libriccino che il vento, a tratti, improvviso scompaginava,
come un uccellino ferito che raccolga a tratti la vitalità e non si conceda
alla morte. Lo raccolsi. <i>È arrivata una
cicogna</i>, s’intitolava; una di quelle amabili produzioni anni Cinquanta che
si dovevano proprio avere a commemorazione d’una nascita e d’un battesimo, della
Comunione, del matrimonio. “<i>Il babbo
voleva chiamarti: Carlo, se bambino; Francesca, se bambina. La mamma voleva
chiamarti Carlo, se bambino, Rosa, se bambina</i>”: queste le prime pagine. E
poi, alla successiva, debitamente compilata con grafia incerta dai genitori, la
nascita: la data, l’ora, il luogo, l’altezza, il peso e i capelli (“<i>lunghi, folti e neri</i>”, annotano) e gli
occhi (“<i>blu intenso</i>”); e finalmente il
nome, scelto, forse, dopo un compromesso: “<i>Beatrice,
Bea</i>”, ovvero <i>beatrix</i>, colei che reca la felicità. E poi, seguivano, minuziosamente vergati,
i testimoni, i dottori, gli assistenti, persino gli impiegati dell’anagrafe,
reputati come invitati alla festa; e poi i segni particolari: “<i>Nasino all’insù, colorito roseo e molto
vispa</i>”.<i> </i>Somiglianze?<i> </i>“<i>Come
papà</i>”. Le partecipazioni, i primi visitatori, i primi regalini, la galleria
agnatizia (nonni, zii, cuginetti), gli attributi zodiacali, foto varie; e il
battesimo: data, ora, luogo, chiesa, padrino e madrina, doni (fiori, braccialetti e
collanine) e i presenti alla cerimonia, ancora nonni, zii e cugini, lombardi,
veneziani, calabresi o emigrati in Australia, tutti rigorosamente citati da tali
sconosciuti e popolarissimi amanuensi: Maria, Adelaide, Crispino, Giovanni, Cesare. E
poi la crescita progressiva dell’altezza e del peso, il pediatra, il primo
dentino e il ciuffetto dei capelli; che ritrovo ancora qui, nel libriccino,
intrappolato dopo sessant’anni in una bustina trasparente assicurata con la
colla, come un insetto nell’ambra primordiale. E le parole, graziose storpiature:
Beatrice vede una pecorella e la chiama “<i>caporella</i>”,
Giancarlo è “<i>Caccallo</i>”, il telefono lo
chiama “<i>pronto</i>”; e quindi la scuola,
le prodezze ginniche, i compagni, la maestra, i libri, la prima firma, il
catechismo; e ancora foto: Beatrice a San Pietro con la neve, Beatrice in
groppa a un somarello, Beatrice con la mamma in una pineta, accoccolate su una linda
tovaglietta da pic-nic, il papà un po’ più indietro, pantaloni e giacca scuri,
camicia e capelli lisciati all’indietro, ma senza vezzi, il volto segnato, la
sigaretta mezza consumata stretta fra indice e medio destri; un poco
vergognoso, come tutti i maschi di una volta, estranei a quel minuscolo recinto
sacro ove la donna, signora e sacerdotessa celeste della trasmissione della
vita, celebra la propria funzione eterna di educatrice. Pronto a subentrare, magari,
anni dopo, col figliolo maschio, a definire la virilità da quel primo gineceo,
tramite segreti e accettati riti d’iniziazione, a volte volgari, altre brutali,
cascame antichissimo di un ruolo apollineo da sempre assegnatogli.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Dopo tre millenni a
Roma si scava. Cosa ne esce? Tombe. Ed epigrafi. Migliaia, decine di migliaia.
Uomini, donne, bambini, adolescenti; magistrati, artigiani, soldati; nomi,
gentilizi, cognomina, soprannomi; date di nascita, dediche, ammonimenti, parole
d’affetto per i parenti, un maestro, la moglie, un figlio. In alcune zone della città si
potrebbero ricostruire interi nuclei familiari. La scrittura, il ricordo. E poi
cosa esce alla luce? Acquedotti, condotti idraulici, vasche, ninfei, cunicoli
agricoli, peschiere e vivaria, cisterne, aree fluviali di sfogo: italici, etruschi,
romani, protocristiani, altomedioevali. L’acqua, e il tempo. Questi uomini,
semplici e profondi assieme, conoscevano i valori fondanti della civiltà: il
dominio delle acque; e del tempo. Costringere l’elemento indefinito per
eccellenza, l’acqua, potenzialmente distruttore, alla definizione di un giogo ineluttabile e
mutarlo in vita perenne vincendo il Caos; e così per </span></span><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">il tempo,
</span></span><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;"> a scorno dell’Oblio Conquistatore.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><i><span style="line-height: 115%;">Aeliae<br />Maximae fil(iae)<br />dulcissim(ae)<br />q(uae) v(ixit) a(nnos)
IIII m(enses) VIIII d(ies) XX<br />P(ublius) Aelius Maximus<br />tr(ibunus) et<br />Flavia Detelia<br />parentes<br />infelicissimi</span></i></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">(<i>Aemilia</i>, Regio VIII, Ravenna, CIL 11,
00025)</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Tagliar
via tutto questo … quale crimine inguaribile si sta commettendo?<br />Chi
piangerà la piccola Aelia Massima, figlia dolcissima?<span><br /></span></span></span></p>
<p></p>Alcestehttp://www.blogger.com/profile/04852044188872845420noreply@blogger.com91tag:blogger.com,1999:blog-654788918314523587.post-4686039542549977202023-04-22T18:34:00.018+02:002023-04-23T19:50:35.772+02:00Occidente in demolizione controllata<div style="text-align: justify;"><p style="text-align: right;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEidm9eesnVQnzyGcXrICJumYo1d-CdIZDfa72q0D7i_0yqRL2m5V3H19yPJK_-wbAVONUdJYxVyqQbvb8rDktZNTEvbN2faTEWoMCbfAkGbH66e1yKm48q0iYU4WA624I_i_WA4_W6QKY9FOb17F_5lDLs8abtWXAYM2IAwoC4KQCcLsGQ36NIAyW2TbQ/s1200/Goya.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="671" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEidm9eesnVQnzyGcXrICJumYo1d-CdIZDfa72q0D7i_0yqRL2m5V3H19yPJK_-wbAVONUdJYxVyqQbvb8rDktZNTEvbN2faTEWoMCbfAkGbH66e1yKm48q0iYU4WA624I_i_WA4_W6QKY9FOb17F_5lDLs8abtWXAYM2IAwoC4KQCcLsGQ36NIAyW2TbQ/w358-h640/Goya.jpg" width="358" /></a></div><br /><div style="text-align: right;"> <span style="font-family: inherit; font-size: large;"><i>"The tiger springs in the new year. Us he devours</i>"<br /></span><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Thomas S. Eliot <br /></span></div><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Roma, 22 aprile 2023</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Più passa il tempo storico, oramai scandito da malsani scoppi di follia invece che da avvenimenti politici rigorosamente esaminati e classificati, e più pare d’essere precipitati agli estremi fotogrammi di una dittatura africana del dopoguerra. Pochi ricordano Amin Dada e Bokassa, i garzoni messi su dall’Europa per sfruttare quelle lande sradicate al loro tran tran neolitico. Li si chiamava dittatori; erano, invece, lo specchio deformante di un’Europa che si stava liberando da sé stessa. In quanto déracinées, e pertanto privi dei tradizionali ammortizzatori psicologici, i Bokassa solitamente erompevano in orge megalomani d’iperbolico sadismo kitsch; ove la leggenda, s’attenuava, forse, più casta della realtà: oppositori gettati in pozze lutulente ove diguazzavano coccodrilli antidiluviani, troni esornati da centinaia di migliaia di perle, ministri assassinati in pieno consiglio per escinderne ghiotte cervella, amanti depezzate, ceste di diamanti, unzioni messianiche, petti onusti da figliolanze di medaglie da pitocco.<br />Questi golem morirono quasi tutti nel proprio letto perché gli Europei, che ne hanno viste tante, li trattarono, alla fin fine, da figliuoli scavezzacollo. L’ansia da esecuzione sarà propria dei trogloditi yankee, da Gheddafi a Saddam al povero nefropatico rintanato nelle gole afgane.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Sono tempi d’infimo impero, tempi ultimi per questa nazione rabberciata, l’America, ormai a fine missione. A riguardare il postremo Bokassa della Pennsylvania, Joe Biden, sembra di assistere alla finis terrae della razionalità; discorsi sconnessi o da spacconi, gaffe istituzionali, ciangottamenti, vane gesticolazioni nel vuoto; soprattutto un’istintiva e feroce disistima per la delicata impalcatura democratica: a differenza dei predecessori che, almeno, fingevano uno scontro ed erano costretti a vellicare grossolanamente le pulsioni più elementari dell’elettorato di riferimento (tasse, comunismo, eccezionalismo americano). <br />Tale <a href="http://alcesteilblog.blogspot.com/2021/08/barnum-international-circus.html">spettacolo da Barnum</a>, che si ripercuote vertiginosamente giù per li rami istituzionali, dal transmarinaretto alla polimorfa compagine clitoridea che gli si struscia d’attorno, ci ammonisce variamente.<br />La prima cosa che salta all’occhio è che l’America ha esaurito il proprio ruolo, e non per sua scelta. La seconda, evidente, ma ancora ignota al miccus suffragans, è che la democrazia, nella sedicente culla democratica, non esiste più, nemmeno nella finzione scenica: percentuali, sondaggi, conteggi e riconteggi non hanno rilevanza; siamo alla pura pantomima. Il prescelto si insedia direttamente; la manfrina dei gagliardetti, delle convention, dei manichini televisivi, liberali o conservatori, repubblicani e democratici, elefante e asino, blu e rosso, viene mantenuta solo per non allarmare troppo il residuo corpo elettorale: mera questioncella di ordine pubblico. E chi è il prescelto? Un Bokassa qualunque, un prestanome; un subdominante cui si concede tutto, dalla repressione interna alle sanguinose minacce internazionali, poiché il voto, nella sua essenza contabile, più non serve: la manipolazione a posteriori fornirà l’innegabile sostanza (c’è poco da fare, ha vinto!), sancita, poi, dalle vacue e sbrigative formalità costituzionali. Anche governatori, sindaci metropolitani e amministratori locali, la flebile epifania della libera scelta democratica, paiono usciti da una sit-com farsesca; come quel senatore della Pennsylvania (ancora!), uno capace di accendere lampadine con la bocca, forse uscito dai provini de <i>Le colline hanno gli occhi</i>; l’irruzione delle minoranze, poi, gravide delle rivendicazioni più sciocche, ha donato quel tocco di delirante anarchia a tutto il caravanserraglio: perché, ricordiamolo, le apocalissi dei cretini richiamano irresistibili il tono grottesco.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">No, il Potere non s’identifica più con l’America e il mondo che gli fu soggetto; essa non regge il suo ruolo, secolare, di pupazzo da ventriloquo. Si cambia, è davvero tempo di olocausto globale, l'ultimo possibile, privo di ritorno. La metastasi è troppo avanzata e corrode persino l’immaginario. Solo il ridicolo servilismo italiano rimane fermo ancora ai tempi di Kansas City e dell’americano a Roma Nando Mericoni. In cambio di tale filoatlantismo fuori moda, però, l’Italia non riceve prebende, ma, anzi, s’ammala. Basti vedere come alcune nostre città d’arte, ancora splendide sin a cinquant’anni fa, si siano tramutate in pattumiere antropologiche e urbanistiche rassomigliando, gradatamente, ai suburbi più lerci e psicopatici delle big city yankee, formicolanti di un demente sottoproletariato digitale: squatterschlein, pensionati più pulciosi dei loro sacchi di pulci, drogati, zingari stipati in caravan dalle gomme sgonfie, inabili, deformi, pazzi, obesi in canottiera, vecchi che strascinano sporte di plastica appesantite da junk food; i caseggiati popolari lordati dagli spray, le ringhiere divelte, si aprono su prati fulminati da piscia e merda di cane, gli angoli dei cortili spessi per i rifiuti di anni: carte da gelato, plateau da discount, cartoni di surgelati alla plastilina, ma da saltare gustosamente in padella, preservativi rinsecchiti.</span></p><a name='more'></a><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">La geopolitica mi dice poco. Il Potere, direbbe uno dei ventiquattro filosofi, ha il centro in nessun luogo e un raggio invisibile che individua circonferenze altrettanto occulte. Il Potere postmoderno è una sorgente di cellule tumorali. Si muove, nel tempo, disseccando culture, paesi e popoli. Lo si ritrova, sempre, i segni inequivocabili della rinuncia e della sterilità. Sintomi, diagnosi. Un Diagnosta, ecco cosa serve; e un Chirurgo per l’estirpazione. A naso, dico, a naso, dopo avermi letto, dovreste sapere chi seguire e le aree da recidere. Dovete farlo voi, però, rimettendoci la salute e la tasca.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">ITALIA, OPEN TO MERAVIGLIA. Così la frase pubblicitaria dei manifesti governativi. In essi una signorina, la rivisitazione della Venere di Sandro Botticelli (mangia un trancio di pizza, va in bicicletta, è seduta su una scogliera), dovrebbe invogliare a visitare l’Italia et cetera et cetera “<i>Du gust is megl che uan</i>”, così la pubblicità del Maxibon Motta (1995) in cui un giovine Stefano Accorsi cercava di rimorchiare due turiste, credute straniere, leccando allusivamente il dolciume in oggetto. La ministressa Daniela Santanché, evidentemente, con tutto il caravanserraglio ministeriale, subisce ancora il fascino paninaro di quegli anni memorabili (per lei). Nel paese di Pietro Toesca e Mario Praz, tutto ciò che l’apparato milionario della sedicente repubblica è stato in grado di creare è un anacoluto linguistico, supposto addirittura di brillante forza persuasiva; </span><span style="font-family: inherit; font-size: large;">e la cartoonizzazione di un capolavoro rinascimentale</span><span style="font-family: inherit; font-size: large;">. Del livello non voglio nemmeno parlare. La vera domanda, che presagisce una risposta spaventevole, è, però, un’altra. Questa: esiste un Italiano, nelle istituzioni suddette, che li fermi? Intendo: che faccia notare, con galante understatement, che tale modo di proporsi al mondo è umiliante? Ma forse mi sbaglio. Questa la vera domanda: esiste un Italiano, di stampo forte, che abbia ancora un ricordo di ciò che <i>fummo</i>?</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Mi piace questo passato remoto: <i>fummo</i>. Avrei potuto scrivere "siamo stati" e invece ... Una volta un uomo di lettere, per così dire, tal Christian Raimo, scrisse: “<i>Più leggo Moravia più mi fa schifo</i>” allegando, a rafforzare il giudizio, quello di Ermanno Cavazzoni, che, fra le altre mancanze, gli rimproverava l’uso sistematico del passato remoto. Raimo, professore, scrittore, opinionista, giornalista, <i>fu nominato</i>, e ciò gli dona uno spessore inconsueto rispetto al sottoscritto, assessore al III Municipio di Roma; e vanta pure una pagina personale di wikipedia che, come saprete, è riservata solo ai Maggiori. Nel tempo, purtroppo, a onta dei 52.000 followers su facebook, la gloria letteraria gli <i>venne</i> usurpata dalla sorella Veronica (finalista allo Strega, se la memoria non inganna). Cavazzoni, dal canto suo, mi è simpatico sol perché <i>scrisse</i> una <i>Storia naturale dei giganti</i>, libercolino sulle creature immani che si rinvengono nella letteratura cavalleresca. Moravia? <i>Fu</i> - dico: <i>fu</i> - un rilevante narratore novecentesco di cui ammiro la tracotante monotonia nichilista, specchio della propria anima perduta e senza scampo; a differenza di Gadda, atrabiliare maestro di stile; e di Luigi Pirandello, l’intellettuale definitivo del Novecento italiano. Ah, quanto vorrei non aver letto le sue novelle per poterle rileggere ex novo ...<br /></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Ma torniamo alla mia innocua geopolitica da studiolo. <br />Il progressivo declino dell’impero americano, debitamente controllato, si porterà via la patina più gioviale e ottimistica dei miti dell’Illuminismo Nero: il limite del progresso continuamente spostato in avanti, sino al paradiso per tutti, correlativo oggettivo del mito della frontiera. Pari opportunità di carriera, self made men, libertà di movimento, la conquista dello spazio, l’infinita prateria della vita dinanzi a noi … Il Potere si è reso ben conto dell’insostenibilità di tale mitologia; per questo, sotto le false spoglie di un rinnovamento, l’ha progressivamente dismessa sin dagli anni Sessanta. Gli hippies contro la famigliola borghese in Cadillac, le università quale fucina della dissacrazione della homeland, <i>Piccolo grande uomo</i> contro <i>Ombre rosse</i>, il femminismo da suffragette isteriche contro Jean Harlow, Shaft contro Marlowe, Manson vs Tate, lisergico contro razionale, introspezione dei riti orientali contro the black Bible degli white man. Parodizzata, colpevolizzata, umiliata, la cultura bianca americana ha ceduto lentamente il passo a un’umanità fradicia, ritorta su sé stessa, minuscola, meticcia, d’arrogante meschinità vittimista: un impasto perfetto per far circolare il nuovo Verbo del Dominio: la frontiera non è fuori di voi, ma siete voi. Di qui l’immaginario fluido che avvolge l’intero Occidente: perché escogitare fruste per i milioni quando i milioni possono rendersi inoffensivi da sé? L’Illuminismo Nero cambia obiettivo: non più i mari, i tropici, le stelle … qui si è fallito! Sarà l’uomo stesso la terra da dominare, un armento hackerabile cui previamente estirpare il passato, ovvero quell’intrico mirabile che dirige passi, sentimenti e danze … ciò che qualcuno definì “idee senza parole”.<br /><br />Questa tras-valutazione è la diretta evoluzione, intesa come puro spiegamento logico-storico, della liberazione. Gli uomini liberati - liberati dal peso della tradizione cristiana e classica ... via le catene, le greppie, i lacci … in fondo cosa vuol significare la nuova economia liberata, il capitalismo, lo scisma anglicano, l’incendio di Londinium nel 1666: tabula rasa, ripartire, come Prometeo in rivolta permanente verso gli dei … guardare a terra, solo a terra, privi di freni … liberi dalle costrizioni ormai maledette, riguardate come impostura; non c’è più un Dio sopra di noi! La norma morale è dentro di noi! La perfezione dev’essere sbozzata entro l’anima! La luce ci guidi, dopo le tenebre! L’uomo è modello di sé medesimo, anzi Dio stesso è modellato a nostra somiglianza! Lucifero, vieni! Lucifer, rise! <br />Non dobbiamo sottovalutare queste parole, ma saggiarle accortamente. Come sempre, gli innovatori radicali si fanno forza di ciò che distruggono. Id est: l’energia di cui dispongono rispetto al passato e la loro incoercibile volontà rivoluzionaria viene sprigionata unicamente proprio da ciò che hanno distrutto … qui il primo inganno. Fu uno scarto epocale che illuse l’umanità circa una <i>nuova</i> umanità … questa, redenta e affrancata dal divino e dall’ingerenza della tradizione sembrava, perciò, inarrestabile, la chioma indomita fluttuante in una cavalcata selvaggia, invincibile. Verso Giove e l’infinito, dichiarò uno dei tanti profeti al chilo - non avvedendosi che qui si celava la disillusione più totale. I primi tempi furono straordinari, pur a prezzo di genocidi immani. Il mondo anglosassone e protestante, sbarazzatosi di ciò che considerava ciarpame, s’aggirò per la terra con una fame insaziabile; gli homines novi presero a credersi i migliori sol perché più efficaci; e oggettivarono questo loro fallace sentimento creando una letteratura agile e popolare (romanzo e giornalismo), un’arte borghese e didattica, un’etica economica, addirittura novelle utopie! Le loro nervature ideologiche, trionfanti, arrivarono a stringere la Terra in una serie di cappiole: le rotte commerciali, inesauste, dall’Oriente al Nuovo Mondo, ne furono le figurazioni formidabili. La storia accelerò vorticosa, balzando aggressiva come la tigre di William Blake. La tecnica, soprattutto, prometteva l’Eden. La pace durante la Belle Époque, le industrie inesauste, i magnifici ritrovati, le mirabili macchine: radio grammofono cinema … con Semmelweis si cominciò a credere di sconfiggere persino la morte … si armarono le moltitudini … Noi, i liberi! E i felici! Ma i felici, incapaci di conservare, reclamavano nuova energia per andare avanti; si programmarono ulteriori distruzioni; mezzo secolo di guerre fratricide per prolungare l’inganno. Arrivarono anche a noi, definitivi, i liberatori. A liberarci dal fardello del passato. Ciò che residuava dell’Europa fu servita al banchetto cannibalesco dell’utopia. La tigre, sfamata, riprese vigore compiendo un ennesimo prodigioso balzo dalle ceneri della devastazione … l’orizzonte del dopoguerra si aprì più slargato e ricco di promesse: lo spazio, la piena occupazione, la pace perpetua, l’immortalità a portata di mano, il dolce totalitarismo della democrazia ... da esportare surrettiziamente, o da ingerire in capsule da bombardieri … stavolta, però, l’illusione durò ancor meno di prima. La pozione, come insegna Jekyll, si fa meno efficace di volta in volta … la Bestia è di nuovo stanca e affamata e reclama ancora prede! Cosa possono inventarsi i saltimbanchi del sol dell’avvenire da sacrificare ancora? Soprattutto: cosa resta da sacrificare per tenere in piedi la farsa? L’uomo stesso! E sia ... l’utopia tenebrosa dell’Illuminismo, lordato l’intero globo, snidato l’ultimo ragno agli angoli, arriva finalmente a divorare sé stessa, come il serpente alchemico Ouroboros: l'inevitabile. Ma sì, basta orizzonti, c’è da annientare l’anima. E con quale scusa ripieghiamo di fronte ai miliardi? Semplice, inventiamoci i limiti dello sviluppo!</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Capite ora la parabola folle del progresso. In suo nome, in nemmeno trecento anni, liberali e liberisti, socialisti e comunisti, dirigisti statolatri o fanatici del laissez faire, illuminati e ottenebrati, anticlericali e madamine colla tonaca, qualsiasi tonaca, hanno dissolto le fondamenta metafisiche della civiltà occidentale. Fino a costringersi a tale suicidio controllato. Le mani e i cuori che mossero i fili dello sviluppo senza freni, i piani quinquennali, il dominio sulla natura, il libero arbitrio dei flussi monetari, sono gli stessi che ora reclamano pace, diritti ed ecologia; fermiamo la corsa, i panda sono in pericolo! A questo servirono ONU, UNICEF, NATO, UNESCO, FAO ... a frenare la locomotiva … ché i fuochisti sono in sciopero, e ci si divora l’un l’altro nelle carrozze ristorante … Potrà sembrare controintuitivo, ma il Giano progressista ha sempre ospitato sotto lo stesso tetto Hiroshima, <i>Imagine</i>, cosacchi e G.I. Joe, il talidomide e Greta Thunberg ... Che Greta non sappia che la pigione gli è pagata dallo stesso locatore del proprio vicino di casa, magari un magnate del carbone, è normale … solo chi si pone estraneo al gioco, l’Esiliato, può rilevare la paradossale autodistruttività dei tempi ultimi.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Non dobbiamo, certo, immaginare maggioranze ... per tali operazioni bastarono quinte colonne imbeccate da qualche paradiso della dissoluzione: Olanda, Svizzera ... sempre le stesse, poi, basti leggere chi nel 1875 complottava, tra Odessa, Charkiv, Cherson e Kiev, la morte di Alessandro II ... per questo dire: "Russia" o "Italia" in tali casi significa nulla; occorre definire le linee di tendenze secolari che alimentano concettualmente gl'infiltrati e rendono comprensibili i cialtroni, i ciarlatani, gl'ipocriti e i voltagabbana; in sostanza, i traditori d'ogni tempo ...<br /></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Il contrordine arrivò, come detto, nei Sessanta. Al progresso si mutò direzione, al netto dei dominanti che, invece, dovevano restare gli stessi. Da noi, periferia dell’Impero, la risposta al grido di dolore del Potere arrivò un pocolino tardi, così come il segnale di Armstrong, Collins e Aldrin a Houston dalle supposte lontananze siderali (1,3 secondi + 1,3 secondi = 2,6 secondi). Sarà solo nel 1977, infatti, che l’ex jazzista Piero Angela, torinese, di complessione moderata, rassicurante cantore delle sorti progressive, avrà a licenziare l’accorato libercolino <i>Nel buio degli anni luce</i>; in perfetta consonanza, peraltro, con quello del professor Roberto Vacca, di sei anni prima, <i>Il Medioevo prossimo venturo</i>, in cui il ruvido e aitante futurologo, allure da Vittorio Gassman, presagisce il crollo dei sistemi complessi: con relative apocalissi demografiche, urbane e tecnologiche. Diverse psicologie, eguali preoccupazioni e identiche scuole (Club di Roma). E simili boom di vendite, ça va sans dire.<br />Vacca apre le danze: “<i>Mentre scrivo mancano trent’anni al compimento del secondo millennio della nostra era e, per ragion diverse da quelle di mille anni fa, molti si attendono a breve scadenza una tragica catastrofe totale. I profeti di oggi non dicono che dobbiamo temere angeli, draghi e abissi, ma che dobbiamo temere l’olocausto nucleare, la sovrappopolazione, l’inquinamento e il disastro ecologico … Il medioevo coinciderà … con una situazione in cui … si dimezzerà la popolazione dei paese più avanzati … se muoiono 450 milioni di uomini nei paesi più sviluppati, si fermano: il progresso delle scienze, la ricerca tecnologica, le grandi costruzioni civili, le produzioni industriali di grande serie e a bassi costi, il funzionamento dell’intera struttura organizzativa e direttiva della società moderna</i>”.<br /><br />Se tu suoni la tromba, io sonerò le mie campane, pare rispondere Angela in quarta di copertina: “<i>L’Italia si avvia al declino e alla povertà se non trova il modo di riconvertirsi rapidamente … Gli attuali modelli (tecnologici, industriali, energetici, culturali) sono ormai inefficienti nel creare nuove ricchezze … Piero Angela esplora i meccanismi che si sono inceppati e raccoglie idee, proposte, nuove strategie …</i>”. E da chi li raccoglie? Dagli stessi che hanno inceppato il meccanismo, ovvio. Poi, senza perdere l’aplomb, s’imposta sul grave: “<i>Generazioni di scienziati e di tecnici hanno scoperto e inventato innumerevoli strumenti per procurarci un benessere senza precedenti, eppure mai come oggi, nella storia dell’umanità, si è parlato di crisi catastrofiche</i>”.<br />Mai nella storia dell’umanità. Capite? Abbiamo una Ferrari, ma i piloti ci mandano a fratte. Quando si dice la jella. E perché il progresso non progredisce? Perché non è abbastanza progressista. Il fallimento che Angela intravede, devastante, mai visto, non è colpa della tecnica e della scienza, beninteso, ma degli uomini. E alcuni uomini, gli Italiani, per dirne una, sono più colpevoli degli altri: “<i>È infatti importante che soprattutto i giovani possano inserire nella loro formazione umanistica questa componente essenziale</i> [le gravi difficoltà dello sviluppo] <i>senza la quale sarebbero privati della capacità di capire il loro tempo. Cultura classica e cultura scientifica devono oggi fondersi in ogni individuo per creare quella visione binoculare che, sola, permette di dare rilievo e profondità agli avvenimenti</i>”.<br />Meno latino e più economia, meno storia dell’arte e più cacciaviti. Ovviamente Angela cita il “Club di Roma” per cui esiste “<i>una minaccia contro l’umanità, una minaccia oggi</i> [1977] <i>a malapena avvertibile, ma che potrebbe assumere una gravità equivalente a quella di una guerra nucleare</i>”.<br />Le prime tre righe del libro, peraltro, si aprono con una dichiarazione di Dennis Meadows, autore proprio de <i>I limiti dello sviluppo</i>, con un’altra mazzata all’Italia, questo paese di irriducibili coglioni che non sta a sentire la voce della sapienza: “<i>Penso che diversi paesi europei privi di risorse naturali, tra i quali l’Italia, si avviino al declino e alla povertà se non hanno la capacità di riconvertirsi rapidamente</i>”.<br />Insomma, reitera Angela, come il disco di certe bambole anni Quaranta: “[occorre] <i>capire quali sono i meccanismi che regolano oggi la crescita nei paesi industrializzati. Capire anche dove si possono inceppare questi meccanismi … e vedere quindi come si può correggere l’attuale traiettoria di progresso che rischia di lasciarci al buio in quelli che dovevano essere gli anni della luce</i>”. Quindi passa a illustrare la curva a “S” che lo angustia particolarmente cioè quella curva che è prima cresciuta quasi con forza esponenziale (e fin qui, per lui, tutto bene) e che, poi, dato che l’umanità, in fondo, è un sistema chiuso e limitato, decresce e si appiattisce (proprio sul più bello!) sin a declinare.<br />L’illuminista nero Piero Angela, dismesso il camice lindo e ottimista del dottor Kildare, indossa il saio nero della decrescita sfiatando nelle trombe di Gerico: noi occidentali siamo troppo distruttivi, occorre la tecnologia, occorre la scienza … che non ha fallito, per carità, guardate che Bengodi abbiamo … sono gli uomini ad averlo fatto … questi mascalzoncelli … la scienza e la tecnica, infatti, sono neutre … è il dito che pigia il bottone sull’Enola Gay … quello il problema …<br /><br />A riassumere: anche da noi, nei Settanta, arrivò un controcazzo epocale. Per tacere del mondo intero: in cui ebbero a dilagare film catastrofisti (<i>Il pianeta delle scimmie</i>, ma anche gli innocui <i>Inferno di cristallo </i>e </span><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><i>Airport</i>), le distopie più allucinanti (<i>2022. I sopravvissuti, Occhi bianchi sul pianeta Terra</i>) e una letteratura varia e insinuante che ebbe persino un nome: doomwriting; anche l’horror iniziò a vivere una stagione folgorante, che dura ancor oggi, rilasciando nell’aria terrori impalpabili e sensi di colpa generazionali (<i>Non aprite quella porta </i>o <i>Zombi</i>, con quei morti-in-vita eliotiani che bramano l’ipermercato). In generale il progresso ora viene messo in luce totalmente negativa: si vuole disabituare lentamente l’essere umano al futuro. Poi, ragionano gli Übermenschen dal Superattico, gli si toglierà anche il passato. E finalmente, con l’omarino del 2030, avremo via libera una volta per tutte.</span></p><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Si dirà: ma quale entità ha il potere di coordinare un’operazione psicologica di così vasta portata? Ma non c’è mica bisogno di controllare tutto … è solo necessaria la creazione d’uno Spirito dei Tempi, questa sì decisiva … un po’ come fa la coppia di fatto Marx-Engels con lo spettro comunardo sull’Europa … incipit, non a caso, da romanzo gotico … lo Spirito dei Tempi si origina con poche opere cinematografiche, teatrali e musicali minuziosamente mirate, e di largo impatto popolare … assoldando oculatamente giornalisti e intellettuali e accademici di chiara fama. In tale bolla venefica ogni azione o pensiero, anche i più innocenti, puri e indipendenti tenderanno nella direzione voluta … evocare lo Spirito dei Tempi equivale, infatti, ad annettere persino il dissenso … quello falso e, suo malgrado, anche quello genuino; il resto lo fa l’ansia di conformismo, la puttana dell’istinto di sopravvivenza, come nel caso del Covid19 quando insulsi cittadini si trasformarono in sicofanti pur di compiacere l'apparato mediatico. A esempio: da quando si cicala di gender equality e consimili castronerie, anche le pubblicità di detergenti e detersivi sono cambiate. Prima spazzolone e ferro da stiro erano in mano a una piacente casalinga media, ora agli omarini maschi. Un coglione si struscia sul pavimento lindo e pinto, ah che frescura! E la figlioletta sgambetta felice assieme al mammo; un altro branca il novello liquido per lavatrice e il figlio (maschio) approva … non c’è mica bisogno che il Grande Vecchio Massone controlli le quisquilie delle multinazionali del pulito, dal Perù a Pizzighettone … occorre evocare lo Spettro adeguato e questi si aggirerà per l’Europa, o l’Asia, o l’America quale <i>Matrice Universale</i> cui la mente d'ogni propagandista, anche il più idiota e scalcagnato, adeguerà, vaselineggiando, il proprio beneplacito. </span><br /></div><div><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Si liquida l’Antico Ordine occidentale. Festa indiavolata. Rivoluzioni. Progresso. Scienza e tecnica. L’Occidente, ora nichilista, attacca ogni residuo tradizionale, arrivando a contagiare ogni terra, a eliminare interi popoli. Poi liquida le utopie stesse, per la maggior parte false o fallaci, utili per i sistematici genocidi fisici e culturali. Gli attori, vestiti con panni sgargianti e vistosi, si preparano all’ultima scena della commedia degli errori, fra entrate e uscite perfettamente sincronizzate, con gran sbattere di porte ed equivoci funebri. Non c’è pubblico. Spente le ultime luci, l’umanità inizia silenziosamente a spolpare sé stessa.<br /></span></div><div><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><br /></span></div><div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">La liquefazione definitiva del retaggio classico e umanistico, la tecnicizzazione coatta imposta a tutti, la liquidazione dell’Occidente stesso in nome della nuova utopia.</span><br /><span style="font-family: inherit; font-size: large;">I secoli superbi e sciocchi hanno prodotto un dominio sterile sulle rovine di ciò che siamo stati, per decine di millenni. Come si vorrebbe distruggere ora? Cosa è rimasto da distruggere a tali insaziabili condottieri del nichilismo? Siamo alla negazione pervicace, totalitaria, di tutto, alla libidine da tabula rasa. Le guerre in Mesopotamia e Afghanistan hanno vaporizzato le ultime trincee … non resta che sacrificare, per conservare il dominio, l’umanità stessa. Di qui il nuovo trans-umanesimo.</span><br /><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Otto miliardi per il tritacarne apocalittico.</span><br /><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Tanto da chiederci, anche qui controintuitivamente, cosa lega l’apparente liquidazione dell’ordine occidentale a guida illuminista in favore di un altrettanto apparente riequilibrio geopolitico. Per dirla in termini cabarettistici: quale il trait d’union tra la faccia da imbecille di Biden, i disastri della ginecopolitica alla Sanna Marin, l’estremismo anarcoide PolCor di ogni ordine e grado, da una parte; e le intemperanze di Lula, l’astuta impassibilità di Xi e Putin, i maneggi dei califfati, dall’altra parte? E poi: la perdita di centralità del dollaro, le asimmetrie economiche europee … quale insondabile filo di sutura possiamo notare qui? E perché il riequilibrio? Perché l’Occidente avrebbe rinunciato al proprio ruolo di leader col 90% del PIL in sua mano, come afferma, senza capire il retrogusto della storiella, Ettore Gotti Tedeschi? Perché l’africanizzazione, la cinesizzazione? Perché la denatalità da noi e non negli altri paesi? Perché il nostro suicidio, da ultimo, nonostante i motivi prima addotti? … perché … perché … perché … forse il riequilibrio, inteso come de-crescita, de-culturazione, de-industrializzazione occidentale, assieme alla sua smobilitazione concettuale e metafisica - lo spettacolare suicidio dell’Occidente, insomma, ridotto a ground zero spirituale, è necessario per attuare la <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2018/08/monarchia-universalis.html">Monarchia Universalis</a> senza più apparenti e individuabili centri imperialisti? E per consentire, quindi, un definito e pieno dominio dei corpi e delle anime tutte, otto miliardi, irreversibile e globale, in un mondo finalmente livellato al grado zero? Il Totalitarismo Assoluto, privo di storia e radici, non poteva che nascere con l’olocausto europeo cui stiamo assistendo. Anzi, questa apocalisse, per inverarsi, non doveva simulare una guerra, uno scontro fra blocchi? Al fine di un’umanità sedata, finita, priva di moto e ambizioni, hackerabile, come peraltro sostiene Yuval Noah Harari, l’Uranista Ebreo del Jesus College di Oxford (il grottesco, come dissi …). Un’ammuina epocale per arrivare proprio al culmine dell’Utopia. Che l’Utopia illuminista passi per la propria negazione non deve fare scandalo ... son passi verso l’Illuminazione finale, dal primo al trentatreesimo gradino …</span><br /><br /><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Ma dev’esserci una soluzione! C’è sempre una soluzione! E certo, chiedetela al professor Vacca, ancora fra noi. Il capitolo 18, quello finale, reca, infatti, l’ambizioso titolo: <i>Progetto di comunità monastiche atte a conservare cultura e a favorire un nuovo Rinascimento</i>. Per resistere al cataclisma occorrerebbe, secondo il Nostro, individuare alcuni monasteri di sapienti che conservino la conoscenza e il saper fare, cioè la tecnica sottesa a quella sapienza … in attesa dell’auspicata resurrezione dalla calcina dei crolli apocalittici … Non a caso lo stesso Vacca darà alle stampe, nel 1986, seppur con minor successo, <i>Il Rinascimento prossimo venturo</i> … Anche qui, però, siamo alle solite, come nella sedicente scienza illuminata: i falliti (è in liquidazione sulle bancarelle globali l’intero patrimonio occidentale) nominano il presidente del tribunale fallimentare che troverà rimedio al fallimento nominando gli stessi falliti quali curatori fallimentari. Di errore non si parla poiché l'errore, per i positivisti senza dubbi, è concime fertile per altri e più nuovi errori.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Le
comunità resistenziali come conservazione dell'esistente sono l'unica possibilità rimastaci perché, lo giuro, non ho mai visto una frittata trasformarsi in
uova. Per mio riguardo ho già approntato una
bolla personale, ricca di qualche vario migliaio di volumi, scatolame, emergenze
medicinali e giuochi da tavolo. Parva sed apta mihi, potrà ospitare
un’altra mezza dozzina di scampati. Il mio aiutante, Doctor Strangelove,
provvederà agli ulteriori, necessari, vettovagliamenti.</span><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><br /></span></div><p></p></div>Alcestehttp://www.blogger.com/profile/04852044188872845420noreply@blogger.com74tag:blogger.com,1999:blog-654788918314523587.post-81924697521278722562023-03-27T21:21:00.002+02:002023-03-27T21:59:32.533+02:00Il dovere di essere reazionari<p style="text-align: center;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjKrVgWQ_7DkxMqLGhrnP6YSRxsnPNwlWP5w5MGPMoupohZtLrUDCOUUvj3wOP6wkIOwPgSTFKOo8qvS58WSctVpCgshzpHRoDgS2dIvudYQWyyKullM9Gsb1Aq_TTG1WCqhPsv9dP1IQ2F357sToBcxKaWngUWgy7uKQcgHR3M5Xa3nwveOncX58Bymw/s3596/Nina%20Levi%20modificata.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3596" data-original-width="2234" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjKrVgWQ_7DkxMqLGhrnP6YSRxsnPNwlWP5w5MGPMoupohZtLrUDCOUUvj3wOP6wkIOwPgSTFKOo8qvS58WSctVpCgshzpHRoDgS2dIvudYQWyyKullM9Gsb1Aq_TTG1WCqhPsv9dP1IQ2F357sToBcxKaWngUWgy7uKQcgHR3M5Xa3nwveOncX58Bymw/w398-h640/Nina%20Levi%20modificata.jpg" width="398" /></a> <br /></div><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">Roma, 27 marzo 2023</span></span> <span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><br /></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">I funerali … il dovere
di andare ai funerali … e sia! Poi, sbiaditi i commenti, i saluti insinceri, le
stupidaggini sullo scorrere del tempo, ci si divide con un sospiro di sollievo.
Parenti, amici, sodali sono ben contenti d’essere ancora in vita … rispetto al
salmone appena interrato, s’intende … in realtà, lo annuso, assolutamente disperati
quali gli eviscerati omarini postmoderni sono. La loro ansia di sfuggirsi l’uno
con l’altro non è che la testimonianza di una asocialità e psicopatia indotta
dal Potere cui pochi riescono a contrastare. Finita l’esibizione di cravatte e
tailleur, le insinuazioni sulla vita privata altrui mascherate da premurosa
cortesia (voglio proprio vedere come se la passa ‘sto coglione!), lo sbattere
delle portiere, estremo fuoco artificiale del me ne frego, annuncia la
smobilitazione delle mascherine. Le auto ibride scivolano senza suono, come le
automobiline da scontro negli anni Settanta; i volti, intuiti dietro le
trasparenze dei parabrezza, già riacquistano la normalità scipita e disperante
dei giorni, cucchiaini da caffè che consumano esistenze prive di significato.
Per conto mio, me ne scappo a piedi (dov’è la tua macchina? ... non c’è, sono venuto
col 19 ...t’accompagniamo a casa? ... no, no... Alla fermata? ... no). Sgombrato il capannello,
deposte le corone, già indistinguibile ciarpame, il cimitero del Verano
riprende la consueta anomia. Lunghi viali rettilinei, desolati, edifici deserti fitti di loculi abbandonati, le luci tremolanti o spente del tutto, la vegetazione incolta,
i larghi prati malmessi o circondati da transenne presso tratti di architetture crollate. Mi immetto in un largo viale che reca all’uscita sulla
via Tiburtina. Sulla destra è l’altopiano del reparto Israelitico, anch’esso privo di alcun visitatore. <br />A livello del terreno alcune tombe dei primi del Novecento. Marmi, memorie, cippi. Così
dovevano apparire ai viaggiatori le antiche consolari romane, affiancate da
epigrafi e ammonimenti. Le vie che si dipartivano da Roma, l’Eterna, così perfette
nella manutenzione e nella posa dei basoli, e simbolo della potenza e
dell’organizzazione imperiale, si costituivano come straordinari memento mori.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Una teoria di nomi,
date, speranze, afflizioni. Immagini di volti, alcuni conservati perfettamente
a distanza di secoli. A ridosso della collinetta che risale verso i campi meglio tenuti, una lapide: Nina Levi, 1878-1899. <br />Nina. Forse Antonina? <br />Non posso rimanere indifferente. Ecco, ella mi osserva, da due
secoli addietro; è fra noi. L’acconciatura gozzaniana, il collettino
d’antan … la pudica ritenutezza, e il liquido scuro degli occhi che annulla le distanze;
con noi discorre, ancora, familiare come i ritratti romano-egizi del Fayyum. L’amore
dei genitori per la figliola, il dolore per la perdita: “<i>Riposa Nina, riposa, caro angelo nostro, nel grembo dell’Eterno, tu,
gioia strappata ai nostri giorni sulla Terra, riposa, gentile e casta fanciulla</i>”.
Le lettere incise con maestria, debitamente simmetriche, con ragionevoli sbalzi
di dimensione fra i caratteri, a esaltare virtù della giovane defunta e
invocazioni celesti. E quell’inciso, CONCORDIA DISCORS, tratto dall’epistola
oraziana a Iccio: onde ammonirlo a non abbandonare la filosofia per la scabbia
del lucro e dimenticare “<i>quae mare
compescant causae, quid temperat annum/stellae sponte sua iussaene vagentur et
errent,/quid premat oscurum lunae, quid proferat orbem,/quid velit et possit
rerum concordia discors</i>”: cosa e chi governi il mare, le forze regolatrici
delle stagioni o degli astri, perché s’oscuri la luna, quale il fine o la
natura <i>dell’armonia discorde delle cose</i>.
<br />Una famiglia ebraica cita un Romano imperiale che allude a un greco di Sicilia
che anticipa di due millenni i concetti del cristiano Eliot: “<i>reconciled among the stars</i>”: poiché
unica è la lingua, e occorre amarla a fondo per non infangarla, per
comprenderne la portata.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">In questa immagine purissima
è condensato tutto ciò che occorre sapere sulla resistenza, sulla nostra etica,
semplice e inflessibile. Opporsi al transeunte, alla sciatteria, all'oblio canceroso, al
livellamento, alla globalità che spiana le differenze e il patrimonio dei
popoli; selezionare, selezionare; rendersi indipendenti dalla moda, dai tempi;
rigettare la moda e i tempi, continuamente definire, scavare nel senso delle
parole, infinitamente adeguarle a una realtà di ricchezza infinita.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Henry
Gee è un genetista, un evoluzionista darwiniano. Questo non mi disturba. Se
proprio dovessi trovare qualcosa di scostante in lui, lo rinverrei
nell’adesione, adombrata più che dichiarata, all’antispecismo e nel
tributo (inutile quanto goffo poiché non richiesto) a un vago ateismo. Sono peccatucci da poco, tuttavia, quasi
delle tangenti che un autore scientifico deve pagare per non farsi squalificare
alla partenza. La scienza attuale, infatti, è quanto di più intollerante sia
mai apparso nella fugace storia del pensiero umano. <br /></span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Ma torniamo a noi. Cosa
dice Henry Gee nel libretto <i>La specie
imprevista</i>. <i>Fraintendimenti sull'evoluzione umana</i>?</span></span></p><a name='more'></a><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"> Sostanzialmente questo: “[L’]<i>eccezionalismo umano … la tendenza a considerare noi stessi come il
culmine inevitabile del cammino ordinato e progressivo dell’evoluzione </i>[è]<i> una concezione insostenibile … ammettere
solo un percorso unilineare, in cui gli esseri umani moderni guidano una fila
singola di progenitori, coerentemente ordinati in un crescendo progressivo di
umanizzazione … </i>[tale]<i> concezione del
progresso come processo orientato – da una pulsione innata, dalla superiorità
di alcuni esseri o dal destino – si riduce a un nonsenso</i>”.</span></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Secondo Gee non esiste <i>necessariamente</i> un’evoluzione che rechi
dalla semplicità alla complessità. A rilevare è esclusivamente una
trasformazione dettata da una legge cieca e impersonale che induce o favorisce un
essente a lucrare un guadagno minimo derivante dal rapporto costi-benefici: “<i>Nei calcoli dell’evoluzione l’unica cosa
importante è che i guadagni superino i costi, anche marginalmente – il che
significa che se i guadagni saranno abbondanti, i costi saranno inferiori, ma
solo di poco</i>”.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">E
c’è di più. Molte volte questa trasformazione prevede <i>una perdita</i>. Un
batterio, a esempio, si organizza in un’entità più complessa chiamata biofilm. Tale
accrescimento di complessità dell'insieme, tuttavia, reca a una
diminuzione di indipendenza del singolo oltre che a <i>propria minore complessità</i>, con relativo impoverimento rispetto a ciò che si era prima: "lo spirito dell'alveare" vanta anche i suoi svantaggi. I benefici e i costi sono
in equilibrio delicatissimo: basta che i secondi superino i primi e <a href="http://alcesteilblog.blogspot.com/2020/09/regressione-universale.html">si avrà,
logicamente, una <i>devoluzione</i></a>; se i primi superano i secondi, invece, come nel
caso degli uccelli che perdono la facoltà di volare, una "evoluzione" che contempla una perdita. Spiegare le ali, infatti,
reca vantaggi, ma è assai oneroso; quando l’onere supera l’incasso evolutivo ci
si libera volentieri di tale maestosità: “<i>Che
la forma degli uccelli sembri essere stata subordinata ai bisogni del volo è
una prova dell’enorme dispendio energetico di questa abitudine. Non dovrebbe,
quindi, essere una sorpresa … che gli uccelli s’industrino a perderla non
appena se ne presenti l’opportunità</i>”.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Non è un caso che la
stragrande maggioranza degli enti siano unicellulari; non è un caso che le
forme di vite maggiormente vittoriose siano parassiti o virus: “<i>Queste creature … sono ridotte a pochi geni
inseriti in una copertura di proteine. Non hanno enzimi digestivi, nessuna
prospettiva di potersi procurare elementi nutrienti e assimilarli e nessun modo
di riprodursi. Sono, in effetti, totalmente inerti, sino a quando non riescono
a infettare una cellula <span> </span>… o … qualcosa
di più complesso, il che li mette in condizione di sequestrarne l’apparato
biochimico per poter produrre altri virus</i>”. I parassiti perfetti, i
cosiddetti SINE, sono addirittura parassiti di parassiti; privi di geni, si riducono a
quid inerti che s'attivano solo per chiedere d'essere accolti dall’ospite da parassitare; la
complessità del SINE è, di fatto, pari a zero. Il SINE, metafora nemmeno troppo lasca dell'ometto futuro da cubicolo, tutto reddito di sudditanza e digitale, ci ammonisce sui destini
dell’umanità. <br />A meno che non siate già condiscendenti alla vostra morte.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">In ogni caso la linea della
cosiddetta evoluzione, cioè della continua <i>trasformazione non progressiva</i>, è
quella della minor resistenza: basata su banali calcoli <span> </span>da economia di scala. Sbagliare tali calcoli
equivale a estinguersi. Un SINE o un virus, ma anche una quercia o un bue non
sbagliano: si adeguano, lasciandosi recare dalla corrente rapinosa. L’uomo, invece, ha l'onere della scelta, e
la spada di Damocle dell'errore sulla propria testa. Decisioni sbagliate recano alla catastrofe, all’autoannientamento.
L’essere umano vanta il privilegio di accedere volontariamente alla propria apocalisse.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">E
quale legge governa tale linea di minor resistenza? Una sola, la degradazione
costante. L’universo, le costellazioni, la Terra, le virtù, ogni cosa procede
verso la uno stato di minor forza e potenzialità; la dissoluzione. La vicenda cosmica,
come intuì la Sapienza nata sotto il sole benigno del Mediterraneo, è la storia
immane di una forsennata riorganizzazione<span> </span>per la sopravvivenza in un mondo sempre più spento.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Come
può fare eccezione <a href="http://alcesteilblog.blogspot.com/2018/09/un-serraglio-di-disperati-biathanatos.html">il nostro serraglio di disperati</a>? Avere a disposizione e
gestire un corpo e un encefalo permette certo d’intronarsi a signori di questo mondo; come ricordava, però, Eldon Tyrell a Roy Batty: voi consumate la candela della vita alle due estremità! Per questo brillate di luce doppia! L’essere umano,
quindi, per far quadrare gli onerosi conti evolutivi, viene risucchiato continuamente
dalla devoluzione e dalla semplicità: dall’Indifferenziato, dalla Bestia. Capite?
Solo considerando questo si comprende l’eterna lotta che strazia gli uomini da
sempre. Non è il Male a insorgere, né la Morte a ossessionarci davvero, ma
questo richiamo ancestrale e cosmico che tutto vuole distruggere, livellare,
devastare. La Bestia ci richiama dai cieli che abbiamo agognato per
sprofondarci ancora nella melma. Essa sussurra: basta manie di grandezza, basta
anfiteatri e fontane scintillanti; fatevi di nuovo piccoli, ominicchi,
parassiti; faticherete meno, sarete felici, rinunciate alle guerre, alla
lettaratura, alla scienza, all’arte! Basta sprechi, siate green anche
nell’animo, eviratevi, cancellate il passato, rendetevi amorfi, vegetali o un paio di
ruvide chele trascinate sul fondo dei mari; oppure arrendetevi a quella voglia
che risale l’abisso: suicidatevi! </span></span><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Dice, infatti, l'ominicchio: b</span></span><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">asta dolore, contraddizione; pace, pace,
pace! Siate uno, siate poco, siate nulla, finalmente! <br /></span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Per
contrastare il richiamo di Chtulhu, l’uomo escogitò, nel tempo, vari
accorgimenti. Delegò la Sapienza ai pochissimi; assegnò le chiavi del fortino
ai Santi; creò l’Arte e la Bellezza come motivo per restare nel cerchio di
chiara luce dell’Essere. </span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">La
definizione, la solarità, ma anche la vitale barbarie son positive. La
piattezza, il grigiore, la mancanza di gerarchia, l’indefinito: questo ci
riconsegna al Nulla.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">La
lotta contro <a href="http://alcesteilblog.blogspot.com/2022/01/la-bestia.html">il richiamo della Bestia</a> lo si può arguire in filigrana in ogni ambito
dell’esistenza, persino il più sciocco. Il linguaggio. Umiliare le lingue
nazionali a favore di un pidgin bastardo e poverissimo, annientare la ricchezza
dei dialetti, <span> </span>avvilire l’arte della
scrittura – tutto questo equivale a una devoluzione verso l’Indifferenziato e
la Bestia. Combattere invece per la maggior definizione dei concetti, per le
sfumature, le nuances; incidere marmi tombali secondo le regole dei migliori
scalpellini; rendere onore ai maggiori della tradizione letteraria; tutto
questo consente di comprendere oggetti e fenomeni, di analizzarli con cura, di
respingere l’assalto della Bestia che gorgoglia negli spazi interstellari.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Azathoth,
il dio cieco e idiota, che gorgoglia demente al centro dell’universo: una
metafora lovecraftiana assai azzeccata …</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">
Piero Della Francesca, Omero e Alessandro Magno, secondo Henry Gee, sono il
risultato di una evoluzione che è puro <i>dispiegamento
della vita, privo di fini, obbediente esclusivamente alla selezione naturale e
sessuale che ricerca il miglior beneficio al minimo costo, acefalo, inconscio e
senza la pur minima cieca ambizione di miglioramento</i>. Il progresso,
insomma, non esiste. Anzi,
come suppongo, illuminato dal meschino cono di luce della mia abat-jour, credo
ch’esista solo il regresso: la <a href="http://alcesteilblog.blogspot.com/2020/09/regressione-universale.html">Regressione Universale</a>. Eppure, eppure ... Piero Della Francesca e Omero ... come non vedere il miracolo possente prodotto dall'uomo per rimanere vivo tra i flutti ... rari nantes in gurgite vasto. <br /></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Vorrei, poi, liberarmi
da un’impaccio goliardico. Qualcuno dirà: Darwin! Intelligenza col nemico ...
sotto, sotto … agent provocateur … insinuantesi … non me la conta giusta … legga
Sermonti! … anche Blondet estese … creazionismo … al che posso gentilmente
obiettare,ora e una volta per tutte: Charles Darwin, l’inglese Charles Darwin,
l’hanno letto in pochi ed equivocato in molti. I maggiori travisatori di Darwin
coincidono, a volte, coi più accesi tifosi. Ciò accade perché gli hanno
attaccato, al Darwin, suo malgrado, le palle di Natale dell’Illuminismo
Progressista a cui il Nostro non pensava di certo. Palle, festoni e luminarie
che l’hanno reso, decenni dopo la sua morte, accettabile dalla sedicente comunità
scientifica. È, infatti, il luogo comune del progresso ad aver reso Charles Darwin
una delle colonne concettuali del postmoderno. Si dice: “<i>Darwin!</i>”<span> </span>e subito viene alla mente la stupidissima
processione simbolica, disegnata e ridisegnata su ogni sussidiario della
Monarchia Universalis, in cui un irsuto scimpanzé arriva all’Erectus e quindi
al Sapiens (sorta di energumeno barbone) e poi all’omarino attuale. Altri film
positivisti esacerbarono ancor più l’equivoco: chi non ricorda <i>2001</i>, film ispirato all’opera del
pedofilo Arthir Clarke, in cui uno scimmione spacca crani su suggerimento del
monolite del progresso … ove è incisa un’altra processione: 1 4 9 … come a
dire: qui si avanza, ragazzi, secondo le magnifiche sorti e progressive … di
Voltaire, e degli amici di Voltaire …</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">La verità è l’esatto contrario
di ciò che afferma l’Illuminismo Nero. La vita sulla Terra, dal batterio al <i>Cenacolo</i> di Leonardo, da un atto
luminoso di coraggio all’idea metafisica più raffinata, è un acquario di pesci
boccheggianti che trasformano abitudini e comportamenti, o creano idee,
abitudini e comportamenti, per sfruttare al massimo un futuro che ha sempre
meno potenzialità. Si va avanti come un rivoletto d’acqua che trascorre lungo
una superficie porosa: esso procede alla cieca, cerca di resistere più a lungo che
può, improvvisando deviazioni, travolgendo piccoli ostacoli, dividendosi,
riappacificandosi con altre linee. Finché, stremato, muore. Il disegno che ha
creato in una questa sua breve, futile e disperata esistenza è il suo albero
della vita. Né più né meno. L’uomo non fa eccezioni.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Cos’è l’uomo! Un essere
complesso? Certo. Fornito di razionalità? Sì, indubbiamente. E il suo albero
della vita qual è? Eccolo: un affresco di 35.000 anni fa in una grotta,
cunicoli idraulici neolitici, pali di capanna pietrificati, piramidi verso la
volta celeste, città turrite, un grido di guerra, la rotazione nelle
coltivazioni, una colonna dorica, una rotonda mela, l’anelito all’invisibile,
noi felici pochi; questo verso: “<i>Dolce
color d'orïental zaffiro</i>”. E poco altro. Ogni passo in ciò che crediamo
progresso (ce l'hanno venduto per tale) non è che l’ennesimo chiodo sulla
bara. Solo il congelarsi dell’attimo eterno può salvarci dalla dannazione.
Conservazione, rigetto del nuovo, reazione al cambiamento, cura delle ferite,
adorazione della nuova cicatrice.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">La vita, qualunque tipo
di vita, dalla più meschina alla più complessa, nasce, si sviluppa e corre con il Nulla alle calcagna. Ogni suo rantolo, canto, sotterfugio, superfetazione,
concrezione, è un cieco e disperato tentativo di sfuggirLe – tentativo lungo la
linea di minor resistenza che, inevitabilmente, origina una perdita, pur
nell’apparenza d’una gloriosa vittoria. L’atto della Creazione è perfetto; un
infinitesimo dopo si degrada lentissimamente per l’opera del Verme
Conquistatore. </span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Dici sempre le stesse
cose! Sicuri? Ma la Verità è una. La Sapienza accorta variazione su un
medesimo tema.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Nel resistere, quindi,
sussiste l’unica etica. Resistere, creare bolle statiche, conservare, riandare
al passato, accettare la novità con un’accortezza rapace. Essere sé stessi, in
fondo, ciò che si è sempre stati, onorare la terra e il sangue. Sembra di
sentire un fascista, un nazionalsocialista? No, è l’eterna ansia di
sopravvivenza, non altro, che assume sempre forme diverse; colorita di
fascismo, revanscismo, nazismo, sciovinismo, patriarcato tossico … da chi? Dai
progressisti ubriachi di ogni risma, in sostanza dagli eterni eretici, dai
dissolutori, i nani, i pazzi, la plebaglia scientista. Comprendere, ora, 2023,
che la dialettica politica è totalmente vana … comprendere che ci si sta
giocando la pelle, definitivamente: questo solo è importante.</span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">E perché Dio ci avrebbe
condannato? L’uomo, dunque, non fa eccezione? No, seppure si incarnò, fra noi,
secondo le Scritture, 2000 anni fa, per ammonirci. Lei, dunque, caro Alceste, è
cristiano? Sì, e anche di più di questo: mostro il terrore in un pugno di
polvere, come ogni sapienza vera del mondo, e la perfetta consonanza fra le
varie creazioni umane, l’una lo specchio dell’altra, biologia medicina
filosofia teologia … comprendete che nulla vi salverà se non questa constatazione ultima? </span></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Fra le insorgenze
dell’evoluzione umana che cerca di sfuggire la distruzione ha grande parte la
Bellezza. Se il Sapiente ha nascosto la Verità celandola nei recessi sublimi
del misticismo; se il Santo l’ha cerchiata di difese celesti, è stata la
Bellezza a salvare. Persino il povero Nietzsche, alla fine della sua danza
sull’orlo dell’abisso, si arrese: la giustificazione estetica dell’esistenza.
Furore, cenere: tanto gli rimaneva. E la verità, infitta nel profondo del
cuore, a rivelarsi come un’accensione bruciante. Filosofare col martello, la
bestia bionda, la gaia scienza … e tutto questo cosa contava oramai di fronte
all’attimo perfetto? Sì, la vecchia Testa Matta comprese, infine: la
circolarità che consente la persistenza nell’Essere … la definizione apollinea,
severa, liturgica … la sospensione di tale stato per la lacerazione temporanea
nel dionisiaco: Dioniso, ovvero l’Indifferenziato, il richiamo ancestrale che
ci perde. A ricordare il pericolo sommo. La tragedia greca questo fu: la
simulazione della caduta nell’Indifferenziato, il ritorno alla quotidianità,
ora ben accetta, addirittura anelata. La liberazione folle dai lacci civili e
umani, poi l’anabasi; Nostos, la Patria. Ulisse, Perseo, Teseo: uccisori dei
mostri nel profondo. Quindi il ritorno in Patria, la Terra dei Padri, la
fondazione della Città, la Riconquista, la Comunità, l’Arte. </span></span></p>
<div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">E perché hai messo
un’ebrea come immagine principale? Così, per dare fastidio ai reazionari da
social. Quelli, come i liberalprogressisti d’ogni risma, non servono più,
occorre gente di profondità metafisica, classicamente ben temperata, affinata
da anni di fuoco purgatoriale, indifferentemente pronta per l’anacoresi
metropolitana o la gola delle Termopili ... fascisti, liberisti e libertari, nazionalsocialisti
da tinello, sinistrati, coristi da stadio parlamentare, democratici, non li
sopporto più; è che mi stanno sulla strozza proprio i termini: lei è un
fascista, un retrogrado, uno statalista! E cosa significa, di grazia? Nulla,
non significa nulla. Per avanzare occorre perdere. Liberarci del ciarpame
novecentesco così come dell’istinto rovinoso di considerarci migliori …
estirparlo tale istinto, chirurgicamente, e suturarlo a filo triplo … non siamo
migliori d’un vasaio di Samo che si affaticava sulla creta nel VI secolo a.C. …
più organizzati e complessi, lo concedo, ma non migliori. Forse, a considerare
la riuscita della specie nel suo complesso, addirittura peggiori. Se tale
rivelazione risulta inaccettabile o controintuitiva è perché non la si
considera abbastanza. Se il 2023, secondo gli illuministi da tinello sempre
meno illuminati, è incontrovertibilmente un progresso rispetto al 1931 – bene
questo, è un errore. Farsi più complessi non equivale a migliorare; ci si
trasforma, sì, ma a costo di perdere alcune virtù che prima si possedeva; ci si
riorganizza al ribasso: forse è tale la storia dell’evoluzione umana, il
battito di ciglia dell’eternità. Bisogna anche liberarci del falso profumo di
questa parola nefasta, evoluzione, dato che qui non evolve un bel niente, al
massimo si trasforma … al ribasso come detto … e convincermi che Sanna Marin è
più intelligente o felice o scaltra di un’ancella al servizio di Anna di
Costantinopoli è difficile; impossibile, direi.</span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;"> </span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit; line-height: 115%;">Anche il termine reazionario, a ben intendere, venne coniato per la fortuna dei qualunquisti a venire. Dimenticarlo è doveroso; vivere come tale essenza rimane, invece, doveroso. </span></span><!--[if gte mso 9]><xml>
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Si lagnano, fanno finta di urlare la gioia o il disinganno, accendono gli special della derisione, ma sono scenette di raro squallore, quadretti di gente desolata che si rigira nella desolazione cercando di ravvivare una fiamma languente. Gli rimane un po’ d’acrimonia, o di bile, al massimo … la visceralità delle vittorie e delle sconfitte dei propri beniamini in mutande non li tange, dato che, spesso, nemmeno esiste più il campanilismo da contrada che contraddistingueva i primi tifosi … essi solo puntano le fiches residue di una disperata umanità su quei milionari apolidi, così, giusto per vilipendere, la sera, il presunto avversario, chiunque egli sia, soli, irrimediabilmente soli, la luce azzurrina dei computer a rischiarare quei volti tutti eguali.<br /><br />Rispetto di più gli hooligans inglesi che, almeno, cercano di strappare i labari altrui con qualche scontro fisico. Chiediamoci perché è stata lanciata una guerra totale contro il tifo da stadio … cosa significasse, in realtà, il DASPO, il controllo, la digitalizzazione ossessiva anche in questo settore … ovviamente tutti diranno: per colpa dell’Heysel, quei poveri morti! A causa degli pseudo tifosi che mettono a ferro e fuoco gli autogrill, le piazze italiane, gli autobus! Ma questa è solo l’occasione che motiva l’intervento, anzi l’operazione. Il problema, vero, è che il Potere rinviene in tali comunità, estrema barbara propaggine di quelle di sangue, la potenziale fucina di un dissenso organizzato assai pericoloso; poiché basato sulla complicità, l’onore, l’appartenenza, l’identità. Non a caso il fascismo è stato sempre accostato strumentalmente al tifo … e non solo perché se ne temono le quadrate legioni, ma per la connessione spirituale fra i suoi membri. Che tale spiritualità sia di quart’ordine è, qui, irrilevante. Ciò che risulta decisivo per il Potere è lo scioglimento de vi degli stati intermedi che si frappongono fra il Moloch statale, ormai diluito nella Monarchia Universalis, e l’individuo. Solo tale duello deve sussistere: Ominicchio vs Moloch, un mezzogiorno di fuoco dall’esito più che scontato. Un individuo deprivato, piccolo, stupidamente immemore e ottusamente nemico proprio di quelle istituzioni (famiglia, partito, compagnia, monastero) che, sin dagli albori della civiltà, hanno sempre attutito le varie e imperfette forme di totalitarismo escogitate. Che questa sia la questione sul tappeto, e non l’ordine pubblico, si nota dall’indifferenza sbadigliante che il medesimo Stato riserva ai tagliagole metropolitani e alle guerriglie urbane di anarchici e compagnia cantante: mezzi idioti che giustificano l’unico fine.<br /><br />Si dice: vedi tutto nero. Ma chi può essere ottimista? Distruggere è facile. Le configurazioni, dalle più delicate alle più resistenti, vanno in mille pezzi sotto la spinta di una furia dissolutrice che attacca anche le istituzioni dapprima ritenute intangibili; così, senza vergogna, senza opposizione. Gli stessi mi dicono: ricostruiamo!<span></span></span></span></p><a name='more'></a><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"> Obietto: per ricostruire occorre un residuo di energia che più non possediamo. Serve un esempio, l’ennesimo? Supponiamo di gettare nel fuoco un quadro di paesaggio d’un pittore a cavallo fra Cinquecento e Seicento: una veduta della campagna romana con scene di caccia e ruderi, di Paul Bril. Secondo voi cosa si è appena verificato? Una dissacrazione, certo. In tal senso: che tale dipinto, d’un fiammingo minore che pochi conoscono, non era solo un’opera d’arte bensì la fase finale di un albero evolutivo che ha richiesto centinaia di migliaia di anni. Apporti insospettabili, in un lasso di tempo interminabile, nel campo della tecnica del colore, dello sfumato, della prospettiva, dell’intensità atmosferica; un gusto incantevole del memento mori (le rovine), il “<i>Fermati, sei bello!</i>” nei riguardi di un luogo, la campagna romana, ricca di silenti sovrapposizioni millenarie di civiltà. E tutto questo è lì, possiamo ammirarlo; esso attira a sé ogni conquista pregressa, così come qualche perdita, si badi (la debolezza del simbolismo metafisico). Se tale quadro viene, quindi, spazzato via, come rimpiazzarlo? Di quali forze, sapienze, energie dovremmo riappropriarci prima di arrivare a tale vetta? Impossibile, per ora. La distruzione del passato, quindi, è distruzione dell’umanità poiché ogni tradizione è stata interrotta e noi possiamo vivere solo in contemplazione di quel passato che oggi ci è impossibile replicare. Siamo in pieno Medioevo ellenico, incapaci pure di disegnare un albero secondo la maestria di Paul Bril; o, forse, dovrei dire: secondo quella miracolosa configurazione umana e artistica che fu Paul Bril, redentore celeste, per ciò stesso, dall'eterna dissoluzione.</span><br /></div><div><span style="font-size: large;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Ethel Elena Schlein si rimpiatta nelle tane di un sinistrismo apparentemente irricevibile. Ella incarna tutto ciò che <i>un Italiano dovrebbe naturalmente detestare</i>. Si dimena ai margini dell’arengo di partito, rimane sullo sfondo. In primo piano i soloni, gli astuti manovratori, i sottopanza. Poi, improvviso, il maremoto. Prima donna segretario del Partito Comunista d’Italia. Tutti si chiedono: cos’è successo? Ma non c’è niente da chiedere. È sempre così. False piste, manfrine, proclami, quindi il Potere mondialista, tramite qualche suo esecutore locale, piazza il colpo di mercato. Ed ecco l’impensabile: una lesbica, per un terzo italiana, che l’Italia la conosce per sentito dire, e viceversa, fedele al politicamente corretto più oppressivo e ottuso, si ritrova nelle mani adunche l’ultimo cascame del socialismo nazionale. Si dice: macché socialismo, è il Partito Democratico! Certo, ma appropriarsi di un simbolo storico, benché decaduto, è necessario per lanciare l’ennesima operazione magica sull’Italia.<br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Ci sono stati i brogli! Impossibile che, dopo l’astensione alle regionali, un milione si sia fiondato ai gazebo! Così sbotta il micco da tastiera. E se anche fosse? Vi sono, nelle elezioni nazionali e locali, brogli allucinanti, di massa, per dirigere il voto verso la spartizione concordata dai partiti; e poi ci si lamenta di questi? Un poquito di coerenza, ragazzi …<br />Ah ah ah … è la classica ebrea internazionale … e allora? Cosa avete prodotto di italiano, voi, in questi anni? Lo chiedo sommessamente, con calma, le mani intrecciate sul ginocchio sinistro accavallato sulla gamba destra … cosa-avete-prodotto-voi? … ripeto … vi recate in massa a guardare i blockbuster, giocate tutta la notte, vi spippate coi trans, fate i video su tic e toc, disprezzate chiese, anfiteatri, paesaggi e letteratura, e poi cosa? La dottoressa Elly si farà, sotto i vostri occhi ...<br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Eh eh eh … è brutta … ma questo è bodyshaming della peggior specie … brutta, poi, non direi, andante, via … <i>come vedremo</i> … povera di culo e davanzale, certo, ma in alcune foto, ritoccate da prestigiatori voodoo, trasmette un’intrigante ambiguità … questo dell’aspetto fisico, perciò, è un non argomento, roba da latrina, l’ultimo rifugio delle nullità.<br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Ih ih ih … ma che ne sa lei della vita … vissuta negli agi, ricca, disimpegnata, radical-chic, non ha fatto nulla … sì, perché i Salvini e Meloni e D’Alema che hanno smosso le decine di milioni con la matita copiativa lo sanno? Le speranze della controinformazione, pure? Chiedo, rispettosamente, come sopra. Voglio una risposta chiara: indicatemi un solo alternativo di rilievo che abbia mai onorato l’Italia, o un simbolo italiano, o una meravigliosa propaggine italiana. Aspetto nei commenti.<br />Oh oh oh … è LGBT, tontogreen, scioccamente antifascista … sì, certo, come Meloni, Crosetto, Lollobrigida, Tajani … son tutti programmati per eseguire i balletti del padrone … diciamo che Elly almeno lo dichiara a chiare lettere …<br />Uh uh uh … vedrai … ha l’apparato contro … i Peppone del partito, i mestatori … vedrai, dura minga … ma lei non deve durare, ha solo da svolgere un compito da liquidatrice. Vedrete come indurirà le sembianze nelle prossime settimane … non sarà facile liberarsene … anzi, è probabile che alcuni suoi oppositori dovranno addirittura cercarsi un lavoro negli anni a venire. Come Sandro Bondi, ex sindaco comunista della ridente Fivizzano, cui prospettarono una carriera da procacciatore assicurativo all’Unipol … e lui inorridito: sono un intellettuale! Il Nostro, di cui ricordiamo l’eulogia per Dell’Utri, dovette traslocare armi e bagagli chez Silvio, perché lui voleva sì il pane, ma anche le rose …<br /></span></div><div><span style="font-size: large;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Purtroppo Ethel Schlein, da cui mi distanziano dieci gradi di separazione, è molto più intelligente dell’internauta sbraitante, di solito un povero coglione astioso che, al massimo, tifa coi gagliardetti digitali a latere; e assai più scaltra, ovviamente, rispetto all’Italiano medio, almeno per come questi è stato ridotto da almeno ottant’anni di occupazione usuraia. Inoltre vanta spalle coperte dalla totalità dei media avendo ricevuto il via libera per mettere all’incanto ogni cosa che profuma d’Italia. Elly è l’accabadora del Paese, del socialismo, della destra, dei monumenti, della chiesa, della latinità, di ogni cosa. Finalmente si va al redde rationem. Se regge il globalismo (e dovrebbe farlo, anzi si sta divertendo un mondo, mi si scusi il calembour), Elly darà il fatale colpo liberatore al cranio del Paese agonizzante, da vera femina accabadora. Una botta secca, e via. L’espressione geografica sarà divisa come una torta di compleanno dagli amici degli amici, più amici degli altri amici … mai nostri amici, comunque. E questo avviene nel vuoto raggelante di qualsiasi opposizione o scatto d’orgoglio … così, come si stesse giocando a <i>Tomb raider</i> … perché opporsi e dire no è sostanzialmente un fatto spirituale … e per spirito non intendo uno sbuffo da medium, voi lo sapete. Spirito è consonanza con quanto si è trasmesso sino a noi; consonanza immediata, cioè fede, in grado di regalarci prospettive e sguardi da cui poter giudicare senza il minimo tentennamento … si vuoti il sacco: quanti ce ne sono in Italia di tali individui? Pochi, assai pochi … tutti relegati nelle cantine, poi, negli sgabuzzini più fetenti … esiliati, ammazzati dal silenzio, censurati … io sono un individuo pieno di difetti e contraddizioni e però sono stato costretto ai margini, a meschini andirivieni; lo sentivo, sin da adolescente, di avere una maledizione sulla capoccia, ero l’outsider, il mostro … lo affermo senza orgoglio e senza rivendicare un merito: ero così e basta; e, per ciò, ho vissuto nelle catacombe a respirare il salnitro dell’emarginazione mentre si ballava sulla tolda del Titanic. Pure ‘sto blog da quattro centesimi è un modesto epifenomeno di tale connaturazione intima, al di là del bene e del male, distillata in regioni dall’aria rarefatta: prive di compensi, incoraggiamenti, conforti. Nemmeno nella morte avrò un conforto, sicuramente mi sorprenderà male, come uno sberleffo … nell’ultima ora - omnia ferunt ultima necat - mi verranno alla mente solo sciocchezze … oppure, in quel momento fatale, e questo lo temo sopra ogni altra cosa, ciò che reputai importante mi si svelerà nella sua più incredibile futilità: morirò, come tutti, senza aver graffiato d’un nulla la superficie neghittosa dell’eternità. Presto sarò tutti, Cesare e Alessandro mi faranno compagnia.<br /></span></div><div><span style="font-size: large;"><br /><div style="text-align: justify;">“ ‘Acabar’, in spagnolo, significa finire. E in sardo ‘accabadora’ è colei che finisce. Agli occhi della comunità il suo non è il gesto di un’assassina, ma quello amorevole e pietoso di chi aiuta il destino a compiersi. È lei l’ultima madre”. Così recita la quarta di copertina del romanzo Accabadora, di Michelina Murgia. E se lo dice lei, fungibile mystes dei nuovi tempi, c’è da crederle … Eh sì, il romanzetto, super premiato a destra, e pure a manca, senza dimenticare il centro … campiello, sottocampiello, supermondello … così va la Fama … la Strabica per eccellenza che, però, ama dirigersi sempre in un solo punto …</div><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Elly ci appare oggi strana, irricevibile, ma non sottovalutiamo gli ex Italiani, questa sciocca parodia di un ex popolo. Una mesata di comparsate e a lei ci si affezioneranno, addirittura, come gli spettatori pian piano si affezionarono a Guglielmo Bertone, “Il Dentone” de <i>I complessi</i> (1965). E però, dai … parla bene … e sul tema ci prende, inutile negarlo … e questo, su, non si può non condividerlo … meglio lei che quell’altro … meglio lei che quell’altra … ma perché, ci sono alternative? Guarda, l’ho sentita l’altra sera ospite alla piazza pulita, da mentana, da iacona, da myrtamerlino, in presa diretta, alla cavalla e la torre … e così via. La mitridatizzazione di Elly … in Italia ci vuole poco … anch’io, poi, la trovo quasi simpatica. Perché? È un fenomeno ricorrente, anche nei liberi e nei forti; o nei supposti tali: dopo aver passato la vita a rinsaldare la zattera nella tempesta si guarda alla mareggiata fatale come a una liberazione. Vieni amica, in te posiamo.<br /></span></div><div><span style="font-size: large;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Ragazzi miei, gl’intellettuali italiani … lodi, lodi e poi ancora lodi. Applausi, articoli, lauree honoris causa, comparsate, celebrazioni. Una vita al massimo. Poi crepano. Da vivi, perciò, passano a salme ovvero a salme importanti: salmoni. Li si beatifica una decina di giorni, sciorinando aneddoti e rimembranze, vere o inventate … a rimpinzarsi sin all’indigestione … le prefiche a pagamento che, inastati i turiboli, procedono a stracciarsi le vesti graffiandosi il volto … ah, quanto ci mancherai! ah, la sua arguzia … oh, lo ricordo, fermo, lo sguardo rivolto al futuro … oh, la salacità … generoso! Generoso, sì, era generoso! … la bonomia, l’altruismo … era buono, capite? … solo che non lo faceva intendere a nessuno … un cuore grande così, guardi, pari al girocollo … poi, lentamente smiagolati gli eulogi un tanto al chilo … ché, pare indubbio, i cadaveri cominciano da subito a puzzare d’irrilevanza, li si getta nella differenziata, a dimenticarli al più presto, ‘sti rompicoglioni … perché, signora mia, se lo lasci dire da me che l’ho conosciuto da vicino, era una carogna … tanto intelligente, per carità … un pozzo de scienza, era … però … una canaglia come pochi ... Tale il destino delle futili colonne della nazione. Quanti giganti passati a peggior vita si rinvengono nei cassonetti della smemoratezza … best seller, luci della ribalta … poi arriva l’accabadora e il castello di carte cade, a rivelare la pochezza e l’insignificanza di tanto fracasso. Un gigante della cultura … come, no … fra un par di mesi ci si chiederà pure come si chiamava … il pantheon repubblicano è pieno di questi ciclopi rattrappiti a nani di carta straccia. I migliori, invece, tutti in esilio, in terra sconsacrata, mort’ammazzati dal piombo amico … o d’inedia … o tutte e due.<br /><br />Alla data 5 aprile 1882, Guy de Maupassant verga il racconto <i>Magnétisme</i>. L’avrà scritto in poche ore, come i veri maestri della narrativa sanno fare. L’ennesimo capolavoro. Egli parla di magnetismo, alludendo alle ricerche di Charcot; in realtà parla di un incantesimo; di magia:<br />“<i>Fra le mie frequentazioni mondane c'era una ragazza che mi lasciava piuttosto indifferente, che non avevo mai guardato attentamente, mai calcolato ... La mettevo tra le insignificanti ... mi pareva che avesse due occhi, un naso, una bocca, capelli qualunque, un aspetto ordinario: era uno di quegli esseri su cui la curiosità viene attirata per caso, senza soffermarsi, che non aveva niente di attraente.<br /></i></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><i>Una sera ... prima di andare a coricarmi, sentii balenarmi, in quell'arruffio di idee, in quella processione di immagini che affiorano alla mente quando per qualche minuto si resta imbambolati, con la penna in mano, una specie di soffio leggero, un brivido quasi impercettibile nel petto; e immediatamente, senza motivo, senza capo né coda, vidi chiaramente, quasi potessi toccarla, la vidi dalla testa ai piedi completamente nuda, quella ragazza a cui non avevo mai pensato per più di tre secondi di seguito ... e di colpo mi accorsi che aveva ... un fascino discreto, una dolce malia: e mi venne quella frenesia strana che ci fa pendere dalle labbra di una donna... quella notte sognai ... chi di noi, durante quei sogni angosciosi, concitati, affannati, non ha afferrato, stretto, toccato, posseduto, con i sensi eccezionalmente affinati, la donna cui pensava un istante prima?Avrete fatto caso a quali indicibili delizie procurino simili conquiste fatte in sogno! In quali folli ebbrezze ci gettino, con quali violenti spasimi ci scuotano ... la violenza con cui sentii tutto questo lasciò nella mia mente tracce indelebili. Quella donna fu mia, così mia che il dolce tepore della sua carne si insinuò nelle mie dita, l'odore della sua pelle nel cervello, il sapore dei suoi baci sulle labbra, il suono della sua voce nelle orecchie, la stretta del suo abbraccio serrata ai fianchi, e il fascino ardente della sua tenerezza in tutta la mia persona ...</i>”. Il giorno dopo il protagonista, stregato, con l’odore della sua pelle, dapprima sconosciuta e mai desiderata, nel cervello, la va a trovare. Tremante, come scosso da un demone: “<i>All'improvviso mi gettai su di lei, stringendola fra le braccia; e il mio sogno s'avverò così in fretta, così facilmente, così follemente, che mi chiedevo se stessi sognando oppure no ... per due anni fu la mia amante ...</i>".<br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">L’incantesimo, la succuba, l’amore per due anni … magnetismo o magia? Cos’è il magnetismo se non la metafora d’una operazione magica? Una donna sgraziata, quasi brutta, che ci è indifferente; poi, da recessi sconosciuti, la lingua d’una fiamma, un ardore impossibile da definire. Il volto muta sotto la nostra considerazione, certe scialbature s’accendono di significato. Un’insenatura, la dolce curvatura d’un braccio. Si è presi nell’incubo dell’estasi, più non si ragiona. Tale la magia. Credete che fosse cosa da Inquisizione? Eccola qui fra noi, in piena vista. Ne siete tutti vittima. La maggior parte, però, s’atteggia a comandante della propria nave … non sa che, fieramente, fa vela verso gli scogli più aguzzi.<br /><br />L’operazione Covid19 non è difficile da spiegare, ma è impossibile da comprendere a pieno poiché in-concepibile. La grandiosità e spudoratezza del crimine sono talmente evidenti, vasti e micidiali da renderlo, per ciò stesso, inintelligibile alla maggior parte delle coscienze italiane. Queste, abituate da sempre a considerare lo Stato un accozzaglia di personaggi inefficienti, pasticcioni e corrotti, e però, alla fin fine, padri (e madri) di famiglia, ritengono in-concepibile, che gli stessi padri (e madri) siano stati capaci di spingersi alle bassezze del male quotidiano.<br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Liquidare ciò che è avvenuto è per loro fondamentale poiché, altrimenti, verrebbero precipitati nella considerazione dei reali tempi a venire per loro progettati, di concentrazione totalitaria.<br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Infermieri, gendarmi, impiegatucci, medici .. . figure familiari che ripugna considerare pedine di un crimine lungamente studiato a freddo e imposto proprio con la forza coercitiva delle residue istituzioni repubblicane. L’intero corpo statale, coadiuvato dal conformismo e dalla codardia delle cosiddette corporazioni di mezzo, dalla stampa ai sindacati, ha fatto muro contro i propri stessi cittadini uccidendo, mentendo; e, ora, assolvendo. Non vi è stato niente d’improvvisato benché i più possano discolparsi con la manfrina dell’obbedienza. La psicopatia dell’intero arco costituzionale, che ha trovato ulteriore combustibile nell’ignoranza becera e vigliacca dei propri rappresentanti, a qualsiasi livello, si è reso gioiosamente manipolabile. Eravamo tutti in pericolo, lo siamo tuttora. E a cosa è servito tutto questo? A sperimentare, ovvio, per future operazioni, ma anche a ferire, irrimediabilmente. Se ogni atto d’allora, dal più incomprensibile al più gratuito, ora ci sembra un ingannevole miraggio, non è così per l’anima. Siamo cambiati, ormai, indifesi, esposti, sacrificabili - pronti a chinare il collo alla lama d’ossidiana.<br /></span></div><div><span style="font-size: large;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Gli psicopatici vogliono rendersi immortali. Falliranno, su questo non ho alcun dubbio. Miseramente, battendo la testa contro il principio di non contraddizione, contro l’inevitabilità della loro finitezza e meschinità. I loro calcoli sbagliati risultano evidenti: intestardirsi li recherà alla rovina. E noi con loro? Forse. Vedete come programmano il futuro che li attenderà al varco, con le sue tagliole mortali. Tutto ciò che è stato da loro donato è fumo, cenere, pietrisco. Il digitale, poi .. cos’è? Questa conquista mirabile … nient’altro che un’emanazione di grado minore, nata già corrotta oltre che precocemente corruttibile. I pazzoidi credono di sovvertire Dio e la Morte; il loro lascito, però, sarà un regresso ferino; macerie, follia, lutti. Le loro rose rosse più sgargianti, ecco che al loro tocco essiccano veloci, come il fiore di Wells, l’ennesimo progressista fallito. Squarciare il velo di Maya, fermare il tempo, recarsi ai limiti dell’universo … ma ciò che avranno in cambio è solo la Bestia che risalirà gli eoni per divorargli il cuore.<br /></span></div><div><span style="font-size: large;"><br /></span></div><div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Michela Murgia potrebbe trovarsi al secondo gradino dell’Ordine Femminista Scozzese Antico e Accettato delle Artiste … una pedina, sacrificabile, come tante. Più su, fra le italiche, chi potremmo trovare? Forse Emma Bonino? Oltre il trentesimo forse Madonna; e Marina Abramovich. E, al vertice, Yoko Ono. Una musa, un genio. Una tizia che andava avanti a trovate, non sapendo manco disegnare una casetta con gli alberi intorno. La sua pellicola più celebre, <i>Bottoms</i>, mostrava culi; in <i>Cut pieces</i> si faceva tagliare le vesti dagli spettatori sino a rimanere nuda; il parto più geniale, <i>Apple</i>, consisteva in una mela (200 sterline) che il collezionista avrebbe poi visto appassire lentamente: una vanitas, insomma, fuggevole come la vita. Una parecchio sveglia, o, forse, una risvegliata. Yoko, figlia d’un banchiere, aveva già sepolto due mariti. L’incontro col proletario Lennon non ho mai capito quando avvenne, se il il 6.11.1966 o il 9.11.1966 … il micco di Liverpool, un semplicione di periferia imbevuto, quale goffo parvenue, dell’estroversione luciferina della swinging England, abboccò subito all’amo, comunque … presso la galleria “Indica di Mason’s Yard” - galleria che chiuse già l’anno seguente, come se fosse stata ideata solo per quell’incontro. E John inclinò il proprio talento verso il progressismo, l’irenismo, l’ecumenismo … e lei dietro, senza età, silente, inespressiva come le tsantsa dei Jivaros. Di donne così rigurgita l’arte moderna, nei pressi d’ogni rivoluzionario o apostata c’è una di loro, a dirigere o a comprare o a rivendere, spigolosa, scialba, affascinante, mesmerica ... una succuba.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"> </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><i>Tortured.<br />When the bridegroom smoothed his hair<br />there was blood upon the bed.<br />Morning was already late.<br />Children singing in the orchard<br />(Io Hymen, Hymenaee)<br />Succuba eviscerate.</i> <br /></span></div><p></p></div>Alcestehttp://www.blogger.com/profile/04852044188872845420noreply@blogger.com39tag:blogger.com,1999:blog-654788918314523587.post-63783668853137908632023-02-17T20:11:00.006+01:002023-02-19T11:52:26.559+01:00Hyde<p style="text-align: center;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi5xYMLovc_gjjnryap7PtRKP69hbexOvQjPZC2SYm-61Kp4qRdezJJfKbCswoFMhZ39meJTbbBIbO--nGvBX_xoFm1qxNbeiFua0H5PLGbr9NqvdNQBqD51hXcaLZYiwHJ29TpLzksAeMoxD608yXCGN_jGwaosHYFCJF8XZ4RMhEQc1-te__ZCFm2Rw/s836/Fussli.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="828" data-original-width="836" height="634" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi5xYMLovc_gjjnryap7PtRKP69hbexOvQjPZC2SYm-61Kp4qRdezJJfKbCswoFMhZ39meJTbbBIbO--nGvBX_xoFm1qxNbeiFua0H5PLGbr9NqvdNQBqD51hXcaLZYiwHJ29TpLzksAeMoxD608yXCGN_jGwaosHYFCJF8XZ4RMhEQc1-te__ZCFm2Rw/w640-h634/Fussli.jpg" width="640" /></a></div><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Roma, 17 febbraio 2023</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">La farina di insetti tostati costerà di più, venti euri al chilo, e, poiché ricca di proteine, sarà destinata al mondo degli atleti e degli sportivi et cetera. Anche un giovane fornaio mima la manfrina: sì, il prezzo è alto perché … notevole livello ... digeribilità ... è che noi, incessantemente, sperimentiamo … siamo agli inizi … si è capito il gioco? Presto gli insetti verranno reclamati come un privilegio … già vedo noti babbei forzuti in canotta a ingurgitare tavolette e integratori … e il popolicchio invidioso: perché noi no? Vogliamo pure noi il pan di merda: ne abbiamo diritto … e allora il mercato, chissà perché, si piegherà alle loro esigenze … con la tecnica a limare i costi e la domanda, incredibile, ad abbassare i prezzi … così, accortamente vaselineggiando, senza il minimo sentor d’intrallazzo ... loro sperimentano, capite? La coltivazione del grano ha ventimila anni alle spalle … un imponente apparato di norme e cautele dalla Persia a Roma … centinaia di selezioni e accortezze … addirittura il privilegio di aver favorito la stanzialità, ma loro sperimentano … nel cucinino di un imbecille con la barbetta … in un paio d’anni … e la gente ci crede, anzi vedo già le prime sgomitate da Black Friday stregonesco … tutti con lo stampino, in serie, come matrioske in una catena fordiana … gli accademici casual multicolori con la gargozza anglizzata a timbrare col bollo del progresso.<br /><br />A fronte di ciò che ci attende comprendo e perdono il revanscismo più brutale, alcune rivendicazioni d’ignoranza … persino la ruvidità dello Strapaese … l’alterigia del provincialismo italiano, che pure odio … tutto è preferibile a questi minuetti psicopatici in nome delle magnifiche sorti e progressive …<br /><br />“<i>La prima definizione di coma irreversibile fu elaborata nel 1968 da un comitato creato ad hoc dell'Harvard Medical School …</i>”. Nel 1968 … presso Harvard … da un comitato creato all’uopo … L’hic et nunc mettono da subito in sospetto; è quella locuzione latina, ad hoc, a far scattare gli special del flipper della sopravvivenza. Certo, la riga viene da wikipedia.it … e però sento di prestarle fede. Non voglio nemmeno approfondire. I favolosi anni a cavallo fra la devastazione e la dissoluzione … in cui il corpo, l’ultimo nostro regno, fu espugnato: in nome della libertà del corpo, beninteso! Sempre così, al contrario! L’ipermercato degli organi nasce anche da qui. Legale, esatto, scientificamente inoppugnabile. Scientifico, signori! L’ha detto la scienza! È scientificamente provato! Certo, è scientifico, a esempio, che laddove si ravvisino alcune evidenze tumorali (inglese, anni Sessanta, università, casual) ci siano in ebollizione gli alambicchi e le storte fumanti dell’inversione … che i più, la massa dei micchi, equivoca ovviamente come arricchimento della storia … relegando i Pochi, il contrario del contrario, alla Gehenna della Reazione … ma per te sono tutti stupidi! Sei l’arroganza in persona! E così i cretini son sempre gli altri! Così vengo rampognato … è il basso continuo della mia vita … e però quando dico che proprio gl’Inglesi s’inventarono l’habeas corpus, o meglio: l’incipiente borghesia inglese strappò alla monarchia la conquista del corpo intangibile, nessuno sa oppormi gran che. Come mai tale contraddizione? Si potrebbe impetrare consulto a Silvanina Sciarra: come mai? Solo i membri della Corte Costituzionale, infatti, masticano queste materie con la dentiera della sicumera; i Nostri volano talmente alto, in regioni così eteree della logica, che possono dimostrare tutto e il suo contrario … nel nostro caso ci spiegherebbero che l’habeas corpus si è talmente raffinato che, proprio per affermare pienamente sé stesso, viene negato al cittadino. A furia di liofilizzarsi, insomma, sentenza dopo sentenza, ha raggiunto la suprema astrazione giuridica: è scomparso.</span></p><a name='more'></a><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Il “Bosco Verticale”, progettato dallo studio d’architettura di Stefano Boeri, fratello di Tito, ha urgenza di manutenzione. D’altra parte fu inaugurato ben otto anni fa, non gliela diamo una riverniciatina? Vincitore di numerosi premi, il nostro palazzo ecologico, ricco di duemila specie arboree, è “<i>un ambizioso progetto di riforestazione metropolitana che attraverso la densificazione verticale del verde si propone di incrementare la biodiversità vegetale e animale del capoluogo lombardo, riducendone l'espansione urbana e contribuendo anche alla mitigazione del microclima</i>”. Minchia! Ostrega! Puttana Eva! … così potremmo esclamare, all’unisono con la meraviglia dei tre personaggi del giornalino osé “Lando” (o era “Il Tromba”?) … la “densificazione verticale” … pomidoro al quarto piano, una foresta di lecci sull’attico e cipollotti al mezzanino … però, quale colpo di genio … si poteva salvaguardare l’agricoltura italiana, e con essa la vera diversità, anziché puntare su centinaia di ipermercati confezionamerda … e invece ecco la trovata … gli anarchici si confermano la solita massa di allocchi, avevano l’occasione giusta per sovvertire la capitale morale d’Italia e se la sono lasciata scappare. Altro che bombe, quella è anticaglia … bastava espiantare basilico e licheni lituani e sostituirli con stramonio e aconito … prima o poi a qualche ospite del Bosco sarebbe venuto in mente di farsi un bel decotto ed ecco lì … dirigente dell’Agenzia delle Entrate muore dopo una lancinante agonia … star dell’haute couture trovata con la testa nella coppa del cesso e le unghie nere … si sarebbe creata una fama sinistra, è il caso di dire, che avrebbe spopolato il centro stesso della gentrificazione modaiola … un colpo da maestri, pulito, di rara potenza simbolica … il boicottaggio del sistema d’irrigazione, poi, avrebbe provocato in poco tempo antiestetiche macchie d’umido e infiltrazioni esiziali per la struttura … le Torri Gemelle, maledette e abbandonate dal Dio della Manutenzione, sarebbero rovinate nella calcina della sconfitta postmoderna … e invece gli insurrezionalisti sempre qui, sbraitando insensatezze ottocentesche … col Cospito pannelliano a mostrare la gabbia delle costole: il Moloch statuale ci opprime, compagni! E giù a berciare per le strade di una Milano oramai distrutta.</span><br /></div><div><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><br /></span></div><div><div style="text-align: justify;"><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Nanni Moretti colse il ridicolo della propria parte politica con più intelligenza di ogni altro. La sua trilogia (<i>La messa è finita</i>, <i>Bianca</i>, <i>Palombella rossa</i>) mostra l’avanzata delle tenebre nell’area socialista con vivezza spietata. Presso l’istituto (sperimentale, ovvio) “Marylin Monroe” il preside accompagna il professor Apicella ad assistere a una lezione: furtivi, essi colgono l’attimo in cui il docente spiega alla classe il retroterra romantico contenuto nella ballata di Gino Paoli <i>Il cielo in una stanza</i>: che prende a effondersi da un juke box accanto alla lavagna; o in luogo della ex lavagna. Il preside assente, dolcemente rapito. Si era nel 1984. Il casual e il disimpegno logico irrompevano nella vita educativa e culturale italiana, s’iniziava a impastare farina d’insetti e acqua distillata.</span><br /><br /><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Il ridicolo, a questo veniamo spinti incessantemente. Lazzi, orge, bestemmie gargantuesche, il compiacimento dell’illogica, tanto più goduto quanto più razionalmente insostenibile, l’offesa diuturna ai mores più discreti … annientare, cioè ridurre a niente ciò che siamo stati … un compito immane di erosione e prostrazione delegato a clown, faccendieri, buffoni di corte, venduti, strapagati pezzi di merda … a questo si assiste, ogni maledetto giorno, sul corpo sacro del Paese. L’essere costretti a tali spettacoli come il drugo Alex legato sulla sedia della tortura, eyes wide shut … questo sfinisce. Si rientra a casa straziati dall’orrore di una stupidità onnicomprensiva … persino le innocui bacheche dell’associazionismo svelano questo cabotaggio miserabile: musicoterapia, tai chi da Federcasalinghe, profumo di poesia, nutrirsi di luce, qua la zampa … i poveretti, defraudati della cultura popolare e di quella reale, che, inevitabile, attinge al metafisico, brancolano come idioti negli scantinati del manicomio mondiale: orientalismi, filantropismi, poeticismi, ecologismi … emanazioni gnostiche di quarto o quinto livello, da mestatori del pensiero, sarabande disperate di chi non possiede più nulla.</span><br /><br /><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Il ridicolo, un sommesso ghigno spettrale, accompagna ogni notizia … le migliaia di informazioni che il Potere riversa, a mo’ di martello, sulla chiave di volta mondiale: l’Italia. La seconda Roma, Costantinopoli, è distrutta; la terza, Pietroburgo, strangolata dagli usurai che hanno inscenato una guerra in cui nessuno sembra vincitore. Le propaggini antiche di Roma, intesa come grumo di civiltà, la civiltà delle civiltà, sono le estreme barricate prima della fine. Italia, Persia e Russia si frappongono sempre più stancamente all’imperio di Edward Hyde.</span><br /><br /><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Notizie, menzogne, verità deturpate, invenzioni pubblicitarie nichiliste … questo kipple immondo, assassino dell’antico buon senso, permea ogni cosa trasfondendovi pervasivo un senso di precarietà e di follia ottusi, arroganti. Passo per una via di periferia e vedo aiuole affogate nel cemento; aiuole che fanno parte di un novissimo comprensorio ecosostenibile, ideato in consonanza ideologica col bosco di Stefano Boeri: “<i>Moderno, energeticamente sostenibile e colorato … in quel lotto dove prima sorgeva un edificio vecchio e fatiscente … è nato uno stabile di sociale housing bioclimatico. Un intervento costato alle casse della Regione Lazio 2,2 milioni di euro … il nuovo edificio … è pensato con una forte attenzione alla sperimentazione fruitiva e percettiva … il rapporto</i> [con la] <i>città è mitigato sul fronte principale da una grande parete verde: un filtro al tempo stesso artificiale e naturale composto da un sistema schermante a lamelle colorate, con arbusti e piante rampicanti … un vero e proprio Landmark verde per il quartiere …</i>”. Così si spetezzava al tempo dell’inaugurazione, nel 2019 … un singolo palazzetto più di quattro miliardi di lire … tuttora incompleto nell’attuazione delle direttive frou frou (la grande parete verde si sarà persa per strada), ma perfetto per deprimere inquilini e passanti … di una bruttezza inemendabile, stupida e innegabile; quindi, secondo Alceste, per cui estetica e ingegneria statica si coavvincono inestricabili, rivelatrice sia di occulti peccati spirituali che di prossime magagne strutturali e manutentive … le aiuole sopraddette, blocchi di cemento grezzo colorati in grigio, soffocano lo sbuffo di qualche povera rosmarinacea … anch’essa in fase di suicidio … la patina dei blocchi, poi, va sfaldandosi, lenta, a mostrare la lebbra tipica di tanto postmoderno fanatico. Uno scempio. E questo, dopo l’arraffo, solo per affermare: abbiamo sostituito le case di Mussolini con questa avanguardia futuristica bio-libertaria-social che tutto il mondo c’invidia … certo, a ristrutturare ciò che v’era prima avremmo speso meno della metà, ma ora abbiamo un gioiellino … totalmente incongruo rispetto all’architettura circostante, già fatiscente, orrendo alla vista e al cuore … ma gli architetti nostri devono pur lavorare per diffondere il verbo del nuovo mondo a venire; e pagarsi le ferie a Maratea.</span><br /><br /><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Dopo circa due mesi dal devastante terremoto del 1997, Federico Zeri si reca alla chiesa di San Nicolò, a Fabriano. Morirà di lì a un anno, il 5 ottobre 1998. La chiesa è visitata per la prima volta dopo il sisma; la ingombrano ancora i calcinacci, la volta è semicrollata; quadri, statue e suppellettili sacre sono alla mercé degli elementi, i piccioni svolacchiano scacazzando tutto. Il <i>San Michele Arcangelo</i> del Guercino è ancora lì, assieme agli impolverati Gentileschi e Salvator Rosa: nessuno si è curato di spostarli. Si attendono le gare d’appalto. Zeri esclama: “<i>Poveri noi … spaventoso, semplicemente spaventoso … incredibile, è incredibile</i>”. Son parole vane, tuttavia. Nemmeno il Bastian Contrario, con le sue caustiche rampogne, previde mai l’Ambizione della Bestia a cancellare l’Italia … troppo ricca di pericolose suggestioni, saliscendi metafisici, ripostigli spirituali. In lui, incancellabile, seppur debole, sopravviveva la speranza. </span><br /><br /><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Sì, il secol superbo e sciocco ci illuse, indicando cieli senza limite; e gl’infiniti universi.</span><br /><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Seguì un sottile, lunghissimo disinganno; i primi dubbi. </span><br /><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Ci si trincerò nella fortezza del metodo laddove l’errore equivale al progresso.</span><br /><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Poi si batté la testa: oltre non possiamo andare!</span><br /><span style="font-family: inherit; font-size: large;">È la velocità della luce? disse qualcuno.</span><br /><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Forse il soffitto, rispose uno spettatore.</span><br /><span style="font-family: inherit; font-size: large;">E, fra le risa, iniziò il Carnevale.</span><br /><br /><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Alcune locuzioni mi mettono di buonumore. Fra le preferite: “Costituzione della Repubblica Italiana”.</span><br /><br /><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Mettiamola così … assai piatta e semplicistica, ma in tema con le inutili elezioni regionali testé concluse: non esistono la destra e la sinistra, e nemmeno il progresso … al pari della reazione ... non esistono le fughe in avanti … le meraviglie futuribili della scienza che, proprio perché futuribili, non possono vedersi … non esistono male e bene quando si parla di umanità … l’unico (e ripeto: l’unico) movimento dell’anima da assecondare è la tenace conservazione … tutto ciò che si oppone alla conservazione va eradicato ferocemente … in tal senso: gli eretici, gli apostati, i prometeici, vanno combattuti e ridotti al silenzio ... così come la polis greca fece con Socrate. Solo le ferite inferte da tali personaggi sono importanti e vanno curate con attenzione e rispetto impedendo alla conservazione di ristagnare e implodere su sé stessa; l’eresia è utile sol perché consente quella dialettica interna per cui il corpo centrale della tradizione sopravvive e si arricchisce dopo ogni assalto. I nostri tempi sono tempi ultimi perché vige l’inverso: sono le baccanti, le streghe, i pazzi furiosi, gli eccentrici, gli Icaro ad aver prevalso sul corpo vivo della civiltà … le ferite, invece di cicatrizzarsi, sono andate in suppurazione … il Re è morto … e un branco di giullari nani fa festa sul suo cadavere … la ferita del Re Pescatore, stavolta, s’è incancrenita alla morte. Con lui muoiono gli ultimi eroi, a tradimento: il padre di Amleto avvelenato dall’essenza di tasso, Teseo straziato al centro di un labirinto dialettico di imposture … </span><br /><br /><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Il nostro immaginario purtroppo è inquinato da Hollywood, per cui si crede che Frankenstein fosse un gigante con elettrodi conficcati nelle tempie, Dracula un latin lover e il signor Edward Hyde un neandertaliano dalle sopracciglia cespugliose. Stoker, Mary Shelley e Stevenson, però, alludevano a ben altro. Hyde, a esempio, è giovane mentre Jekyll, dottore in medicina e in legge, un solido cinquantenne borghese; Hyde è piccolo, Jekyll ben formato. Diversi fra loro, per inclinazioni, gusti e temperamenti eppure Hyde non è il puro contraltare negativo di Jekyll: “[Hyde] <i>non è facile da descrivere. C’è qualcosa che non quadra nel suo aspetto, qualcosa di sgradevole, di assolutamente respingente. Deve avere qualche deformità, insomma, ti dà la netta sensazione di qualche deformità, ma non si capisce dove. Una cosa è certa: quell’uomo ha un aspetto fuori del comune, eppure non saprei indicare un solo dettaglio anormale. Non so che dire, mi arrendo, non son in grado di descriverlo. E non per un vuoto di memoria, perché vi assicuro che lo vedo come se lo avessi di fronte a me in questo momento</i>”, dice il pragmatico Enfield all’avvocato Utterson, “<i>cultore della sana normalità della vita</i>”. Qual è il vero peccato di Hyde? La sua reale deformità? Sempre a Hollywood risolsero la faccenda con il consueto ammicco. L’ebreo Robert Mamoulian insinuò per primo, anche abbastanza sfacciatamente (si era nel 1931), la repressione sessuale. Jekyll vuole sposarsi, il matrimonio tarda, i coglioni protestano: irrompe il lato oscuro. A Londra e nelle colonie sono istintivamente nominalisti e, perciò, individualisti; l’astrazione li turba: di qui la loro ossessione per il colore generalissimo, il bianco. E il problema Henry Jekyll è risolto sul lettino pornografico dello psicanalista. Ma qui a liberarsi non sono le interiora della passione venerea, ma la Bestia ovvero il Nulla. Stevenson attinge alla verità quando al giovane Hyde, cui non si rinvengono difetti evidenti, contrappone il mondo solare di Utterson, Lanyon, Enfield; e dello stesso dottor Jekyll. Sbaglia solo nell’attribuire a Mister Hyde la patente di malvagità. Male e Bene, infatti, sono egualmente necessari al sano sviluppo della civiltà. Hyde, quindi, il Nascosto, l’autentica physis dell’umanità, la Verità Terribile e sempre taciuta, è la dissoluzione venuta su dai precordi notturni dell’Essere per annientare, null'altro. Per questo a Enfield riesce assai arduo circoscrivere la propria ripugnanza; egli la addebita al Male, perché vedo in pericolo il decoro contingente, ma è il Nulla che qui opera. Il Fango. Che tale Nulla, come in Dracula, venga a dissolvere e mettere in pericolo una particolare e definita civiltà, quella inglese ottocentesca, borghese e irta di minuetti, è irrilevante. Stevenson, Stoker, Wilde, Shelley e Machen parlano tutti del medesimo orrore: l’irruzione della devianza e il contagio della dissoluzione. L’Inghilterra fu, ed è, il laboratorio principe del nichilismo. L’America e l’Europa ebbero testimoni più tardi, consapevoli o meno: Lovecraft e Melville, Baudelaire, l’espressionismo più cupo. La pandemia origina al Nord, si propaga; impossibile da fermare poiché sia gli untori che i contagiati che i monatti poco si distinguono dai sani. Di più: la maggior parte dei malati si crede sana ovvero portatrice di sana libertà. I Liberati sono i veri Lebbrosi, i Repressi i Resistenti. Totem e tabù costituirono da sempre i sigilli inviolabili del vaso di Pandora … quindi la pozione fumante di Jekyll liberò Hyde.</span><br /><br /><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Date queste avvertenze, leggiamo alcuni brani della confessione finale di Henry Jekyll: “<i>Cominciai a percepire … la tremula immaterialità, la nebbiosa consistenza di questo corpo che ci riveste ... l’irradiazione di certe facoltà intrinseche al mio spirito … sapevo bene di mettere … a repentaglio … la fortezza stessa dell’identità … bevvi d’un fiato la pozione … seguirono … una nausea mortale e un orrore dello spirito … </i>[poi] <i>qualcosa di indicibilmente nuovo e, per la sua stessa novità, di incredibilmente dolce … mi sentivo felice, più giovane e più leggero nel corpo, mentre avvertivo un’inebriante irrequietezza che mi invadeva e un flusso di <b>immagini sensuali</b> che turbinavano <b>disordinate</b> nella mia mente. E, nell’anima, uno scioglimento dalle <b>costrizioni dei doveri</b>, e una sconosciuta, ma <b>non innocente libertà</b></i>”.</span><br /><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Liberarsi del fardello della civiltà è inizialmente piacevole. Libero! Si vola leggeri perché la Bestia è ancora nella sua prima fase di risalita: “<i>Quando lo specchio mi rimandò per la prima volta la sua orripilante immagine, non provai ripugnanza, ma piuttosto il desiderio di accoglierlo con slancio</i>”. Capite gli entusiasmi dei figli dei fiori? Alla lunga, però, è impossibile contrastare l’Abisso: “<i>Se questo stato di cose si fosse protratto a lungo, l’equilibrio della mia natura alla fine ne sarebbe rimasto sconvolto … e la personalità di Edward Hyde diventare irrevocabilmente la mia</i>”. Ciò cui noi assistiamo ogni giorno: legioni di Hyde, assieme compiaciuti e terrorizzati dalla possessione del Nulla: odio per il Giusto; e paura. Finché si arriva al punto di non ritorno: “<i>Lui … non aveva nulla di umano. Niente sopravviveva in lui se non <b>odio e paura</b> …</i>”. Ricordate queste parole quando andate sui social: odio e paura. Ed ecco la resa: “<i>Lo stupefacente egoismo di Hyde e la sua capacità di <b>vivere solo l’attimo presente</b> forse risparmieranno queste pagine dalle sue <b><a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2017/09/leta-della-scimmia_23.html">ripicche di scimmia</a></b>. In realtà, la maledizione che sta per abbattersi inesorabile … ha già mutato e stremato anche lui</i>”. L’Antico e il Nuovo Ordine sono condannati in solido. L’uomo liberato è destinato non solo all’infelicità, ma anche all’autodistruzione. Demiurghi, maghi e idolatri. Perché? Perché hanno sbagliato i calcoli. Anche i sali usati da Jekyll sono sbagliati: “<i>Mi son persuaso che la mia prima scorta dovesse essere impura e che proprio a <b>quell’ignota impurità</b> era dovuta l’efficacia della pozione</i>”. I calcoli sbagliati, l’errore illuminista, così festoso all’inizio … e ora? E ora niente, il veleno è già in corpo, la necrosi delle zone periferiche evidente. Al paziente restano poche ore di vita.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"> </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">En passant: le migliori riduzioni del capolavoro di Stevenson sono due, l'una francese (<i>Il testamento del mostro</i>, <i>Le testament du Docteur Cordelier</i>, 1961, di Jean Renoir), l'altra italiana (<i>Jekyll</i>, 1969, di Giorgio Albertazzi).<br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;"> </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Nella Commedia dell’Arte al contrario fa la sua comparsa l’Italiano Deforme. “<i>Dio mi perdoni, è veramente un uomo?</i>”, così esclamai alla vista del direttore di uno dei più noti e rispettabili quotidiani liberal degli ultimi cinquant’anni. Un’apparizione circense. Il capo s’innestava su un tronco quasi privo di spalle, inguainato da una camicia senza giacca – un mozzicone concepibile solo nei carrozzoni di <i>Freaks</i>. La testa, soprattutto, enorme rispetto a quel ciocco di carne, rivelava uno sguardo di fissità mostruosa: solo il labbro inferiore, sensualmente enfio e pendulo come uno scroto, si moveva, alter ego d’un ventriloquo infernale, a declamare enormità apocalittiche. Eppure quanti sono a capire questo? Solo la consuetudine con l’euritmia estetica e logica, infatti, può ingenerare il sospetto che molti, fra noi, non siano quasi più umani. Quanti Hyde ogni giorno inscenano queste pantomime godendo del nostro Golgota? Funebri recite testamentarie: dell’Italia, di ciò che vi ancora di naturale e degno d’amore.</span><br /><br /><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Sono lealista, tradizionalista, conservatore, dogmatico e non perché cattolico, monarchico, sanfedista. La mia è una scelta metafisica … o meglio: biostorica … sono antignostico perché in me non ravvedo scintille divine bensì il fango da cui fu tratto il Primo Uomo; sono contro gli psicologismi poiché il maggior dono è la dimenticanza delle proprie origini meschine … città, monumenti e libri sorsero perché la spaventosa verità sulla Caduta fu custodita in ogni tempo da una aristocrazia di accorti sapienti che parlarono esotericamente per allegorie ai loro Pari … o tacquero, a pena della vita.</span><br /><br /><span style="font-family: inherit; font-size: large;">La Santa Inquisizione. Sorprendente come alcune parole desuete e dimenticate, rimesse al centro di un periodo storico particolare, si animino secondo la loro valenza pristina … santa poiché difende il Sacro cioè il cuore stesso della Civiltà che ci trattiene benigna presso il crinale dell’abisso … l'Inquisizione, uno dei tanti istituti sorti per contrastare gli outsider … i borderline … i folli … persino i geni … al pari dell’ostracismo. Sì, gli Efesini furono nel giusto quando esiliarono il migliore fra loro, Ermodoro; quell’uomo era troppo per la città ... e avrebbe significato la fine se avesse continuato ad amministrarla a lungo … meglio per lui andare ramingo per il mondo, e magari approdare sulle sponde del Lazio ove alcuni trogloditi l’avrebbero accolto come primo e brutale normatore delle XII Tavole. Eraclito la prese sull’agro: “<i>Gli Efesini meriterebbero di morire tutti … poiché hanno esiliato Ermodoro, il migliore tra di loro</i>”. Sbagliava. In ciò, purtroppo, risiede l’equilibrio, il nulla di troppo, l’aurea mediocritas e la magnifica contraddizione in cui si risolve l’enigma della parabola umana.</span><br /><br /><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Sì, Ermodoro era troppo e, alla lunga, fu di troppo … avrebbe sconvolto gli equilibri della bolla stazionaria della civiltà efesina … in cui le tutte le spinte contrastanti assommano a zero quando l’equilibrio domina energie e pensieri … la conservazione dell’energia interna: a questo bada l’aristocrazia … permettendo accortissimi scambi, tutelando i mores e la lingua, erigendo mura, istituendo controlli liturgici negli atti più delicati della vicenda umana: nascere, crescere, riprodursi, morire … i Custodi sono soprattutto domatori di mostri.</span><br /><br /><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Qualche giorno fa osservavo due signore quarantenni, abbastanza piacenti (tipo anonimo seppur lisciato e curato; probabile sponda sinistrata), tenersi mano nella mano in un negozio di scarpe. Si consigliavano amorevolmente su una scelta ardua: un elegante accenno di tacco oppure la costosa ciocia femminista? Ecco qui una discreta coppia tribadista, mi son detto, ovviamente priva di quell’allure masturbatorio generato dall’immaginario pornoglam. Saranno felici? Generalizzo: forse no; probabilmente no. Infelici gli altri, ancor più infelici loro. Cos’è che dona la felicità, allora? Confessiamolo: rimaniamo di sale a fronte delle immagini, di solo qualche decennio fa, di inossidabili coppie ottantenni; o a riguardare tombe e cenotafi in cui i coniugi s’abbracciano persino nella morte. Certo, di tutto questo oggi si ride. Perché se ne ha paura. Ricordiamo: siamo degli Hyde, imprigionati dall’odio e dalla paura; di qui il ghigno, i cachinni, lo sberleffo social che liquida il nostro recente passato. Quale inferno si è evocato per annientare questo? La libertà, ovvio, la falsa libertà. Essere gettati nella vita, senza morale e legge, la responsabilità della scelta interamente sulle nostre spalle: ecco la ragione del dileguarsi della felicità. La scelta di un marito, d’una moglie, d’un figlio, d’una dimora … questi atti non lasciavano scampo nella società che ancora manteneva una parvenza di tradizione … si entrava nell’età degli amori costretti entro certi sentieri. Anche qui le eresie che ci si concedeva (la prostituzione, la ninfomania, le scappatelle adolescenziali) venivano tempestivamente esecrate: a riconfermare i mores. L’equilibrio tra un complice e oculato permissivismo e l’imperio pesante, ma rassicurante, del perbenismo, ungeva i binari dell’esistenza. </span><br /><br /><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Ho visto decine di parenti sposati morire uno appresso all’altro, di consunzione del cuore. Dove sei marito mio, moglie mia?<br /> Così il mio nonno paterno, gli ultimi anni della sua vita terrena, perduto fra la catalessi della demenza e la nostalgia che riaffiorava nei rarissimi e, forse, casuali, sprazzi di lucidità. Lo accudii anch’io, per qualche giorno, riuscendo persino a recarlo in piazza San Pietro, lui che non si era quasi mai spostato dalla campagna e che liquidava con scetticismo l’esistenza di scale mobili sotterranee. </span><br /><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Davanti alla finestra della casa di città egli sedeva, composto sulla carrozzella, le mani dure incrociate sul grembo, immobile come un re azteco detronizzato dagli invasori. Al suo sguardo, oltre la vetrata, si spalancava un panorama di antenne, palazzine in cortina e solai, le cui sagome risaltavano con nitidezza impressionante sullo sfondo di un cielo ialino, di sorprendente purezza. Sul far della sera, nell’ora azzurra delle rivelazioni, la camera si abbuiava lentamente, celando progressivamente il mobilio, e quel composito florilegio di cianfrusaglie che ogni famiglia accumula negli anni caricandolo di un’intima potenza apotropaica. </span><br /><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Egli, solitario, su quel sedile alla buona fornito dalla ASL locale, godeva di una solitudine ora assoluta, immedicabile; stava; cosa attraversava, allora, la sua mente, dimentica dei giorni che furono? Lampi, scaglie della gioventù? Una volta sfuggì al nostro controllo. Lo ritrovammo nei pressi un vecchio cancello oramai serrato, a guardarsi intorno, la mano destra ad accarezzare spaesata i disegni dell’inferriata: l’accesso a un fazzoletto di terra che anni prima amava coltivare a orto, terminate le fatiche sui campi più grandi. </span><br /><span style="font-family: inherit; font-size: large;">La luce morente filtrava ad avvolgere morbida la scena. Spiavo dalla soglia quell’uomo estraneo, esitando tra rassegnazione e premura: avrebbe gradito, forse, un bicchiere di tè? D’un tratto vidi sommuoversi le labbra. Ne uscì un sospiro, poi un sussurro; a mezzo dei denti, come il mozzicone d’una preghiera indecifrabile che, però, riconobbi subito. Le sei lettere di un diminutivo, a storpiare amorevolmente il nome della moglie, mia nonna, la donna con cui ebbe confidenza sessantaquattro anni. Un lampo, una figura casualmente evocata da una scarica elettrica dell’encefalo; definita, viva, dai contorni reali, come certe ipnagogie che ci prendono nel dormiveglia, ricche di colori e suoni e profumi. La moglie amata era davanti a quegli occhi che non vedevano quasi più il mondo; o già oltre il mondo. </span><br /><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Quella flebile invocazione, entro una cameretta anonima al limitare della città, rivolta in un momento irrilevante del tempo, mi torse subito il cuore, a eccitare incontrastabili e vertiginosi pensieri sull’affetto, la morte, la nostalgia, il decoro e l’amore. Tutto il controllo che avevo esercitato nella vita … contro ogni sommovimento, improvvisamente cadde. Un groppo alla gola; a denti stretti cercai di dominare quella corrente impetuosa. Sì, la vita mi si presentò senza veli. Era la verità in persona che irrompeva in me dichiarando la nuda e inoppugnabile futilità delle cose umane; mentre quest’uomo, immerso in un mondo di tenebra, presentava all’eternità incombente il proprio personale pegno d’amore. Mai lo sentii bestemmiare o ingiuriare; la sua esistenza: un giorno dopo l’altro, teoria scadenzata da un Ordine che avvertiva immediatamente inderogabile; ignorando il calcolo differenziale, le Termopili e l’eliocentrismo; quasi senza passione, in quello stato d’inconsapevole felicità che può fare a meno dell’autocoscienza e delle parole.</span><br /><br /><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Bazàrov, l’Edward Hyde del nichilismo letterario russo, muore. Un banale incidente nell’assistere un contadino malato di tifo. Bazàrov! Ateo, irridente, rivoluzionario, algido, sprezzante e anempatico, tale il dottor Evgénij Bazàrov! Sì, egli muore, dopo aver sbagliato i calcoli. Forse l’amore … forse … e se non l’amore per Anna, quello di Vasilij e Arina, i suoi premurosi genitori ... come negarlo? Come negare l’amore, ecco la quintessenza del maggior libro di Turgenev, come escluderlo dalle sottili equazioni della vita? E, se lo si ammette, pur come variabile minima, come negare che faccia saltare ogni fredda predizione? Fosse anche uno smalto sul nulla, concedo anche questo … non potrebbero l’amore di un vecchio padre e di una vecchia madre per il figlio costituire il sasso nell’ingranaggio perfetto che oggi ci stritola?<br />Il sacrificio, la perseveranza, la devozione inestirpabile verso la memoria:</span><br /></div><br /></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit; font-size: large;">“<i>Vi è un piccolo cimitero di campagna, in un angolo remoto della Russia. Come quasi tutti i nostri cimiteri presenta un aspetto molto triste: i fossi che lo circondano si sono da un pezzo riempiti d’erba, le croci grigie di legno si sono inclinate e marciscono sotto i loro tettucci un tempo verniciati, le lastre di pietra sono tutte smosse, come se qualcuno le spingesse di sotto, due o tre alberelli striminziti danno appena una misera ombra, e le pecore vagano indisturbate in mezzo alle tombe. Ma fra queste ve n’è una che l’uomo non tocca e che l’animale non calpesta: soltanto gli uccelli vi si posano all’alba e cantano. Una cancellata di ferro la circonda, due giovani abeti sono piantati ai suoi capi: Evgénij Bazàrov è sepolto in questa tomba. Ci vengono spesso, da un villaggetto poco lontano, due vecchietti già cadenti, marito e moglie. Sostenendosi a vicenda, vanno col loro passo appesantito; si avvicinano alla cancellata, si stringono ad essa, si mettono in ginocchio, e piangono amaramente e a lungo, e a lungo guardano con attenzione la pietra muta, sotto la quale giace il loro figlio; si scambiano brevi parole, spolverano la pietra, aggiustano un ramo dell’abete, tornano a pregare e non possono abbandonare quel luogo, dove par loro di essere più vicini al figlio, alla memoria di lui … Possibile che le loro preghiere, che le loro lacrime siano infruttuose?</i></span><br /><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><i>Possibile che l’amore, l’amore santo e devoto, non sia onnipotente? Oh, no! Per quanto appassionato e turbolento sia il cuore nascosto in una tomba, i fiori vi che vi crescono sopra ci guardano serenamente coi loro occhi innocenti: non dell’eterno riposo soltanto essi ci parlano, di quella gran pace della natura indifferente; essi ci parlano anche di un’eterna riconciliazione e di una vita senza fine …</i>”</span><br /><br /><span style="font-family: inherit; font-size: large;">Chi ha orecchie per intendere, intenda.</span><span><!--more--></span></div><span><!--more--></span><p></p></div>Alcestehttp://www.blogger.com/profile/04852044188872845420noreply@blogger.com59tag:blogger.com,1999:blog-654788918314523587.post-10320096289475111352023-01-29T20:53:00.014+01:002023-02-17T22:11:38.002+01:00Kali Yuga<div><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEit6B9UbZixuWbuh7G5OkK-6Lwa6padPJm9GPeamzUsnklB5ZbqYAOEgEgZZO42-GLwO0wlsT11sdmNfSN-cqwm-MhqfwXluDhjYxeNpwvrObxupOZMbgDoelYsC5yGnG-s_w8xOuacncx-OGMo7HezY33-qUkvi7kcPCzC0dx1ma57xvKxl3R5n4GnvA/s1600/Kali%20Yuga.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1150" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEit6B9UbZixuWbuh7G5OkK-6Lwa6padPJm9GPeamzUsnklB5ZbqYAOEgEgZZO42-GLwO0wlsT11sdmNfSN-cqwm-MhqfwXluDhjYxeNpwvrObxupOZMbgDoelYsC5yGnG-s_w8xOuacncx-OGMo7HezY33-qUkvi7kcPCzC0dx1ma57xvKxl3R5n4GnvA/w460-h640/Kali%20Yuga.jpg" width="460" /></a></span></div><span style="font-size: large;"><br />Roma, 30 gennaio 2023</span><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">Come può la sinistra sostenere un comico ebreo appoggiato da milizie e gruppi apertamente nazionalsocialisti? I vaccinatori sono fascisti? Come è possibile che il comunismo, morto nel 1989, risorga e venga recato avanti da turbocapitalisti? Se la Prima Repubblica fu anticomunista, e sostenuta da ambienti NATO, perché tali ambienti procedettero alla distruzione dei partiti anticomunisti e insediarono sul trono, dal 1992, i comunisti? Perché la fascista Meloni è concettualmente solidale con Enrico Letta in politica estera? <br />Come può accadere tutto questo, si domanda disperato il micco online. Non ha senso! L'avrebbe se si smettesse di giudicare per categorie e secondo il tifo. Ogni cosa, allora, tornerebbe a una terrificante ragionevolezza. Il nazismo, il fascismo, il comunismo, il liberalismo … non esistono … o, se son esistiti, in una fugace contingenza, hanno goduto il rilievo della moda delle borsette arancio mattone presso le borghesotte col tacco 12 … Ma non è possibile! Non è possibile! Tutto è possibile, se è logico … i protagonisti della storia novecentesca, apparentemente conflittuali, obbedivano evidentemente a Qualcosa d’Altro … qualcosa di radicato e definitivo che li inchiodava a certi comportamenti e non ad altri … ciò non toglie che i milioni si scannarono in buona fede, come in buona fede sembra l'omuncolo online ...<br />L’Uomo calpesta la Terra da milioni di anni: volete che siano cambiate le sue losche attitudini da quando roteava ossa di bufalo? Per tacere di categorie da ier l’altro, fascisti socialisti liberali dirigisti antidirigisti … pallide carnevalate dell’Usura …<br /><br />Pian piano, come ratto dalla fessura d’un impiantito prossimo alla marcescenza, fece capolino l’Economista, maschera da commedia dapprima relegata negli stambugi dei dipartimenti tecnici. Novelle inaudite. L’Italia - Egli affermò - ha troppe piccole imprese. Molte agnatizie; o addirittura strettamente familiari: papà mamma e figli. Come possiamo, dunque, reggere l’urto delle multinazionali in una prossima era globale? Occorre aprirci. A favorire le grandi concentrazioni. I giganteschi flussi monetari. Lubrificando l’orifizio d’entrata nei riguardi dei mercati internazionali e transnazionali e sovrannazionali et cetera. Solo così sopravviveremo. Insomma, poppolo mio, mi rivolgo a Te direttamente: dobbiamo aprirci. Come? L’ho già detto? E allora lo ribadisco. E così sia. <br />Dai giornali, dalle televisioni, dalle radio, da Bolzano a Capo Maluk s’iniziò lentamente a martellare: siamo troppo piccoli, provinciali, sparsi sul territorio, si deve privatizzare, crescere, inglobare, concentrare, ingrandire … e aprire … Gli squittii, da cacofonia assordante, si composero finalmente in un coro angelico d’entusiastica asseverazione. I primi supermercati, ipermercati, centri commerciali … i primi trust, svendite, fusioni … gli approcci, dapprima timidi, poi via via più spinti, in pochi lustri ci trasformarono, a forza d’aperture, nella baldracca d'Europa. Trent’anni riassunti in step motion: la multinazionale induce il povero bottegaio all’elusione fiscale. La multinazionale rilancia, tagliando spese, costi ed esseri umani. Il bottegaio contrasta come può, riducendo qualità e fregando il prossimo ovvero il cliente. La multinazionale, che tiene il banco, getta sul piatto offerte dumping da capogiro. Il bottegaio sconta, si restringe, licenzia garzoni e commesse, vende peltro per argento, lucra meschinamente negli angoli del microcapitalismo bottegaio, erige trincee fiscali, bara sul resto a nonno Gianni che da mezzo secolo va da lui a prendersi il caffè. Muore nonno Gianni. Il digitale esentasse cala la ghigliottina finale. Il negozio chiude. Gl'Italiani erompono: “<i>Era ora! Il futuro è veloce, sicuro, economico! Ho ordinato le ciabatte da mare, le mutande di Armani, il libro della Littizzetto e mi è arrivato in giornata! C’era un difetto e mi hanno rimborsato subito! Una mail di scuse gentilissima! I cuscini da piscina li ho presi su Lady Godiva a 2,99 … meno male … da Marisa lo sai a quanto stavano? A 4.00 … sembra poco, ma …</i>”. Intanto l’Economista, che assomiglia un poco a nonno Gianni, si gode i milioni delle multinazionali, sistema la famiglia nell’Apparatčik nazionale e va in pensione ammonendo i nipoti su quanto siano insensibili gli Italiani. Altri e nuovi economisti, pagati con ciabatte da mare e mutande di Armani a prezzo scontato, certificheranno il fenomeno della sparizione delle microimprese quale “<i>inevitabile conseguenza di un inevitabile sviluppo storico-economico</i>”.<span></span></span></span></p><a name='more'></a><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">Il piccolo patriziato impiegatizio, gendarmi infermieri passacarte e mezzemaniche, involontario carnefice del Paese, nemmeno si rende conto del processo innescato: lo svuotamento di senso dello Stato. Lo Stato nazionale aveva già usurpato il ruolo spirituale dell'Italia; ora residua, a pochi decenni dalla creazione, a puro guscio di un’entità aliena che ne sfrutta esclusivamente i tentacoli repressivi. Polizia e fisco ovvero gendarmi e burocrazia … verboten verboten verboten … Usura e Repressione … ovvero, in neolingua, Democrazia e Libertà, a questo è ridotto il cosiddetto libero cittadino nel libero Stato … che, già nella formulazione massonica, il cittadino veniva implicitamente considerato un non-italiano poiché cittadini possono diventarlo tutti, a differenza dell'Italiano ... <a href="http://alcesteilblog.blogspot.com/2021/02/la-ballata-dellabusivo.html">un espatriato, quindi, un esule in casa propria, un abusivo</a>. E pensare che c’è chi invoca più Stato … dov’è lo Stato … ci serve lo Stato … i terremotati son ancora sotto la neve: lo Stato che fa … citrulli über alles … non s’accorgono che è proprio questo lo Stato ... cioè lo stato delle cose attuali … è lo Stato a far saltare in aria i magistrati veri, a crivellare gli ultimi statisti, a lasciare col culo al freddo i propri con-cittadini … e ci gode pure.</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">“<i>A mio avviso, a grattare la questione sin ai fondamenti, l’evasione fiscale nemmeno esiste … intendo: una volta che hai abolito le eterne pietre miliari come l’oro e i metalli preziosi … la moneta ritorna sempre al banco … in qualsiasi forma vogliate … allo Stato, forse … se non peggio …</i>”. Così, una volta, osai … durante un sonnacchioso incontro sulla letteratura inglese dell’Ottocento … Una menade ivi presente, di cui manco rammento il nome (Mariaelena Fagiolini Dell’Orto?), abbandonato momentaneamente il territorio d’elezione (genere: "La Fregna Martire ovvero il femminismo come reazione all’ingiustizia patriarcale connaturata alla nascita dell’uomo: dall’ameba a Trump") aprì da subito i fanali mascarati dell’indignazione: ma come! ma cooomeee! … lanciandosi, poi, la giugulare debitamente rigonfia, lungo i prestabiliti sentieri dell’evasione del fabbro, del dentista e del leguleio. Lasciai perdere. Le vie dell’economia non mi va di trattarle convenientemente poiché le ritengo secondarie. Posso annotare questo: presto non vi saranno né avvocati né commercialisti; e nemmeno dentisti: almeno non nell’accezione data dall’isterica. Fabbri e falegnami? Già spariti. Andiamo verso l’evasione 0 … e, poiché il denaro non controllato, almeno negli ultimi trent’anni, pareva l’unico in grado di smuovere l'economia interna, si avrà, inevitabile, la morte d'essa. In un mondo gestito come un alveare automatizzato a cosa potrebbero servire commerci, spostamenti, proprietà, soldi e transazioni se non <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2018/08/monarchia-universalis.html">a infastidire la Monarchia Universalis</a>?</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">La signora Liliana Segre si lamenta: “<i>Una come me ritiene che tra qualche anno sulla Shoah ci sarà una riga tra i libri di storia e poi più neanche quella</i>”. Sì, inevitabile. Si tratta dello Spirito dei Tempi, quello vero e subdolo, che gonfia le rane e le ranocchie della storia a proprio piacimento. L’Ebreo Addolorato servì, ora non serve più. I bugigattoli del Potere sono pieni di tali cianfrusaglie. Ne accennai in <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2018/07/lolocausto-in-soffitta-segnali-dal.html">L’Olocausto in soffitta (segnali dal Mondo Nuovo)</a>, ma, evidentemente, i piagnistei alla Spielberg erano ancora troppo cocenti: si aveva paura persino a nominarlo, l’Olocausto. Il Mondo Nuovo, però, non sa che farsene né dei piagnistei né della storia né degli Ebrei Addolorati né, presto, degli Ebrei tout court: sono serviti, alcuni di loro serviranno ancora, visto il loro genio nell’invertire le frittate psicologiche, presto non serviranno più. Il cappottino rosso di <i>Schindler’s list</i> farà la fine del cane impagliato de <i>Il Gattopardo</i>. Nei decisivi trapassi storici ciò che fu utilizzato strumentalmente si butta via: “<i>Battista, mi liberi di questo ciarpame!</i>”.</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">Le pagine finali de <i>Il gattopardo</i> sono il grumo concettuale del capolavoro di Tomasi di Lampedusa. Il potere si riorganizza sotto altre spoglie; ciò che prima lo rappresentava viene, perciò, liquidato. Gli antichi simboli, i lares, i capisaldi: tutto al macero. <br />“<i>Il prelato anziano che la mattina del 14 maggio si recò a villa Salina era quindi un uomo buono ma disilluso che aveva finito con l’assumere verso i propri diocesani una attitudine di sprezzante misericordia … fu cortese ma freddo e con troppa sapiente mistura seppe mostrare il proprio rispetto per casa Salina e le virtù individuali delle signorine unito al proprio disprezzo per la loro inettitudine e formalistica devozione</i>”.<br />Qui si ritrova l’altrettale disprezzo di Jorge Bergoglio, oramai lanciato verso la religione del Mondo Nuovo, ecumenica e insulsa, contro gli antichi fedeli in Cristo. Per lui quell’Ebreo che rovesciava i tavoli nel Tempio ha un che di fastidioso: tanto da apparirgli un Cristo per caso: ben altri Unti, oggi, gli premono …<br />Il prelato anziano non sa che farsene della fede delle tre sorelle Salina. Le rispetta, come oggi il CEO di Pfizer può rispettare Liliana Segre, ma il Potere ha cambiato casa: sono arrivati Garibaldi, l’Unità d’Italia, the new world. Egli procede, quindi, coerentemente, alla messa in liquidazione dell’armamentario simbolico di quel mondo in dissipazione: “<i>A mio parere l’immagine della Madonna di Pompei occuperà degnamente il posto del quadro che è al disopra dell’altare, il quale, del resto, potrà unirsi alle belle opere d’arte che ho ammirato traversando i vostri salotti. In quanto alle reliquie lascio qui don Pacchiotti, mio segretario e sacerdote competentissimo … e quando deciderà sarà come se lo avessi deciso io stesso … </i>[Don Pacchiotti] <i>era stato allievo della Scuola di Paleografia Vaticana, inoltre era piemontese … Dopo tre ore ricomparve … con un’espressione di serenità sul volto occhialuto … ‘Sono lieto di dire che ho trovato cinque reliquie perfettamente autentiche … le altre sono lì’ disse mostrando il cestino … ‘E di quel che c’è nel cestino cosa dobbiamo fare?’ ‘Assolutamente quel che vogliono … conservarle o buttarle nell’immondizia; non hanno valore alcuno</i>”.<br />Don Pacchiotti, già nel nome un sazio rappresentante dello scetticismo massonico montante, avvia la liquidazione. L’Antico Mondo della famiglia Salina non ha più senso: al pari di credenze ritenute fin lì indiscutibili: persino uno degli amati Lari di famiglia - Bendicò - è sentito come inservibile; il futuro preme, e il passato, che più non protegge coll'esangue sua apotropaica, non fa che suscitare sensazioni di sconfitte inguaribili: “[Concetta] <i>continuò a non sentire niente: il vuoto interiore era completo … financo il povero Bendicò insinuava ricordi amari. Suonò il campanello. ‘Annetta’ disse ‘questo cane è diventato veramente troppo tarlato e polveroso. Portatelo via, buttatelo’. Mentre la carcassa veniva trascinata via, gli occhi di vetro la fissarono con l’umile rimprovero delle cose che si scartano, che si vogliono annullare … quel che rimaneva di Bendicò venne buttato in un angolo del cortile che l’immondezzaio visitava ogni giorno: durante il volo giù dalla finestra la sua forma si ricompose in un istante: si sarebbe potuto vedere danzare nell’aria un quadrupede dai lunghi baffi e l‘anteriore destro alzato sembrava imprecare. Poi tutto trovò pace in un mucchietto di polvere livida</i>”.</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">Quante strida, quanti clamori … ora, però, la Shoah se ne va nell’inghiottitoio della dimenticanza. Si avvertano cineasti, storici, turiferari e sguatteri fabbricanti di lacrimatoi. Sarà uno spettacolo incredibile, silenzioso e colossale. La sparizione dell’Olocausto avverrà sotto gli occhi di tutti senza che tutti - a eccezione di una manciata di eletti, mi si perdoni il calembour - se ne accorgano. La senatrice Segre annusa l’aria e si fa pessimista. Per sua sfortuna - è una mia illazione, però - attribuisce il fenomeno, impossibile persino a concepirsi sino a qualche anno fa, alla causa sbagliata. Non vorrei che se la prendesse con l’indifferenza degli Italiani (Gramsci), col fascismo innato degli Italiani (Eco) o addirittura con l’antisemitismo degli Italiani che mai è esistito per un semplice fatto: che gli Ebrei sono fra noi da prima di Cristo e, dopo un par di millenni di persecuzioni, ancora sono fra noi, spesso in luoghi eminenti del Paese, a concionare da par loro sulle fanfaluche a (loro) congeniali. L’antisemitismo è l’ombra portata degli Ebrei stessi, se ne rendano conto fuor del delirio vittimistico hollywodiano che li pervade: a meno di non voler concepire un complotto mondiale di popoli e nazioni che li hanno sulle scatole da millenni: un po’ difficile da dimostrare, però. Complotto che, a sua volta, ha indotto qualcuno a pensare che vi sia un complotto speculare di rabbini con le pulci nelle barbe ... per fortuna tutto questo vociare si sta lentamente spegnendo. L’Illuminismo Nero volge alla fine, ora <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2018/05/totalitarismo-casual.html">siamo nel Totalitarismo Casual</a> che non sa che farsene di tali accensioni. Anche Israele prima o poi dovrà capitolare. <i>Una</i> presidente alla Knesset è l’ideale per lo scurdammoce ‘o passato … anche la partecipazione della Palestina ai Giochi Panasiatici, con un bel bronzo simbolico, sarebbe un bell’acchiappo … il tifo spiana le montagne … certo, ora son macigni, ma con la buona volontà diverranno sassetti.</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">Non vorrei, però, che mi si prendesse per nemico di Liliana Segre. Per mia costituzione - è indizio di salute morale - odio la vana petulanza quanto amo le vittime; come lei, Liliana. <br />L’avventuroso nostos da Ravensbrück di Liliana avvenne, infatti, in compagnia di un’amica, Graziella. Liliana Segre, di alto lignaggio e censo, e Graziella Coen, una semplice ragazza di borgata, anche lei appena adolescente. Le due rimasero in contatto per anni, condividendo ricordi e parte della vita adulta durante la pace dolcissima; poi, forse, il divario di classe si fece sentire. E il tempo sgretolatore prese a lavorare animi e vicende. Graziella si trasferì fuori d’Italia, in Sudafrica. Il papà, la mamma e tre fratelli s'erano spenti nei campi tedeschi. In borgata, a Roma, i Coen avevano abitato in una casetta minima, accanto alla locale Casa del Fascio. La famiglia subì le discriminazioni delle leggi del 1938, peraltro abbastanza lasche in periferia, ma nessuno si sognò di torcergli un capello. Andò peggio agli Americani di origine giapponese dopo Pearl Harbour. Solo l’armistizio e l’occupazione germanica della città dal 10 settembre 1943 originarono la persecuzione mortale. <br />Con tale episodio non voglio significare nulla. <br />E nemmeno spiegare l’Olocausto in quella piccola porzione d’Italia che è Roma; solo dire qualcosa sul corpo secolare degli Italiani nonostante gl’inevitabili delatori, i sicari nell’ombra, i sicofanti e gli assassini. <br />Oggi sei pietre d’inciampo ricordano la famiglia Coen. Dopo 78 anni chi avrà dato l'impulso ad apporle? Forse un Giusto?<br />Ho sempre amato risiedere nell'inattuale. E fare il contrario del contrario. <br /></span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">Anche la mafia s'acconcia alla fine di Bendicò. Prima serviva, ora non serve più. Evidentemente la sua posizione, come quella d’una colf cingalese, si sta lentamente regolarizzando. L’arresto di Matteo Messina Denaro, uomo integerrimo e latore di bancomat, greenpass e identità digitale, sta lì a dimostrarlo. Dopo una latitanza dorata, la dolce consegna ai gendarmi: un po’ dimessa, in verità, rispetto a quella, assordata da tricche-tracche e putipù, del vecchio Totò Riina. Allora si era in fase di spettacolarizzazione, oggi la recita è sotto gli occhi di tutti e va avanti con la pura forza dell’incanto. Un mondo si chiude, se ne apre un altro. I furori, i libri, le accuse, i morti: ogni massacro dimenticato, quale sogno fuggevole. I simboli antimafia, poi … vedrete che risate. Li avvieranno, come rifiuti cimiteriali, al debito compostaggio della storia. I cortei, le lacrime, i filmini, il giudice ragazzino … gli Occupanti hanno spedito l’Anziano Prelato e i Don Pacchiotti d’ordinanza … presto anche i pasdaran si acconceranno al nuovo corso, in fondo fanno parte della medesima risma solo che, fedeli alla consegna, aspettano diligenti le indicazioni per l’uso.</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">9 maggio 1978: in una Renault è rinvenuto il cadavere crivellato del presidente del Consiglio della Repubblica Italiana Aldo Moro, sequestrato il precedente 16 marzo. Le Brigate Rosse, autrici dell’assassinio, sono all’apice della potenza. <br />28 marzo 1980: i Carabinieri coordinati da Carlo Alberto Dalla Chiesa fanno irruzione nel covo genovese dell’organizzazione. Lo scontro a fuoco lascia per terra Dura, Panciarelli, Betassa e Annamaria Ludmann. L’inizio della rapidissima fine, al netto di qualche anarchico colpo di coda. Le Brigate Rosse servirono, ora non servono più. <br />3 settembre 1982: Carlo Alberto Dalla Chiesa, prefetto antimafia di Palermo, è massacrato assieme alla moglie. Servì, ora non serve più. Di qui la macabra locuzione: servitore dello Stato. A quel tempo il PCI è già defunto, così come la DC. Il PSI è temporaneo partitino casual.<br />1992: viene liquidato l’intero corpo amministrativo-economico d’Italia. Servì, ora non serve più.<br />2023: l'Italia stessa è posta all'incanto, i cartelli del prezzo scontato appiccicato sulle vetrine. Nei social ci si indigna per gli antisemiti, l'omotransfobia e gli evasori fiscali.<br /></span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">La legge recita, spietata: più facile trovare un cumulo di merda che una colonna corinzia. I due stati della materia, nettamente evidenti a chiunque, non vengono, però, ben compresi dalle moltitudini nella loro intima natura. Il primo è talmente facile da osservare che, a qualsiasi livello d'esistenza, sia fisica che spirituale, non facciamo che ritrovare merda; tanto che gran parte del creato è in sospetto d'esser così costituito. Poi vi è il miracolo della colonna corinzia (è un esempio banale, da liceali; mi si perdoni). La distillazione di tale forma ha richiesto centinaia di migliaia di anni, millenni di prove e selezioni, la nascita di un genio e di un gusto e poi quella, decisiva, di una bottega che non lasciasse sfiorire tale orchidea. Prove, selezioni, millenni: combinazioni che hanno una probabilità minima di inverarsi, al limite dell’infinitesimo. E tuttavia noi possiamo vederlo, di fronte a noi: il toro, la rastrematura, le foglie d'acanto ... Siamo degli eletti posti di fronte a uno spettacolo formidabile. Per questo le colonne corinzie furono un tempo custodite nei musei e la merda relegata in fondo alle turche. Ma la merda dilaga. La si trova dappertutto, anche nei musei, per la nota legge dell'inversione postmoderna. L’Arcinemico ci si rivoltola dentro come un cinghiale negli acquitrini delle fogne comunali: “<i>Palazzo Strozzi torna al contemporaneo con Ólafur Elíasson … uno dei più originali e visionari artisti contemporanei … che nei suoi progetti coniuga fotografia, pittura, scultura e media digitali … Ólafur Elíasson vuole mostrarci l'invisibile. Vuole farci sapere che esistono arcobaleni nell'oscurità, che l'orizzonte muta continuamente. Non gli basta farci capire la crisi climatica, ma - più pragmaticamente - ci spinge ad avvertirne l'urgenza</i>”. Elíasson, ovviamente danese, cioè una nullità, propone installazioni immersive e altre trovate mirabolanti: un pezzo di ferro di cantiere in Val Senales (land art) che nessuno visiterà e di cui nessun assessore alla paesaggistica gli renderà conto, un poliedro colorato che nemmeno il peggior Swarovski oserebbe proporre al pubblico, una palla riflettente, bande di luce colorata traverso una nebbia da fumogeno Champions League, una cascata artificiale, dodici pezzi di ghiaccio in circolo. Opere costosissime, insulse, pronte per l'immediata dimenticanza. Eppure i mecenati fanno la fila. Lui, ex breakdancer, è costretto ad accettare solo l’1% delle commissioni. Un divo dell’arte postmoderna. <br />Ma da chi è ammirato? Da nessuno, ovvio, a chi potrebbero piacere questi accrocchi? E allora perché il successo? Perché <i>deve</i> averlo, è un paladino del climate change. E i critici entusiasti? Non ve ne sono. Certo, esistono alcuni enigmisti abili a girare in tondo alcune insensatezze come questa: “<i>Trascendendo i confini e i limiti fisici dello spazio, le opere di Olafur Eliasson consentono di mettere in discussione la distinzione tra realtà, percezione e rappresentazione. Palazzo Strozzi diventa così un luogo di incontro tra l’architettura e la sua storia, le opere e le persone, lo spazio e il tempo</i>”. E che significa? Niente. Potremmo divertirci a commutare parole e brani della frase a caso (Es. “<i>Trascendendo la realtà e la percezione dell'architettura, le opere a Palazzo Strozzi di Elíasson consentono alle persone di aprirsi alla realtà storico-temporale oltre i confini e i limiti fisici</i>”) e nulla cambierebbe. Voi direte: ma sarà un fiasco! Evidentemente non avete capito nulla. I soldi non contano. Sola la distruzione conta. Può darsi che questo tizio si senta davvero un artista. Di allocchi è pieno il mondo. I mecenati, le mostre, il successo, gli articoli, le recensioni entusiaste … nulla esiste, è tutto fittizio, ogni cosa costruita. Il risultato, però, la distruzione dell’apprezzamento della colonna corinzia, ripagherà di tanta commedia. <br /></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: inherit;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEicTRTPtKf75v5Jg130kvpBNdcpsHkTwymlgFWgTum5eqlhpwgYi-n5hmJTkTYlgz2cB7Soh3wrMirUcsnB8-NiTnpOBGJKTJsQcYc5AK9jXykjuhscRJMEA1kSlL2aqtX-3eibFJ0St4UjIRLgNp_lHkSnppKeCtu9S9KzNBhFxX9zOyOLXOQQ4b5d-A/s800/Olafur.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="480" data-original-width="800" height="384" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEicTRTPtKf75v5Jg130kvpBNdcpsHkTwymlgFWgTum5eqlhpwgYi-n5hmJTkTYlgz2cB7Soh3wrMirUcsnB8-NiTnpOBGJKTJsQcYc5AK9jXykjuhscRJMEA1kSlL2aqtX-3eibFJ0St4UjIRLgNp_lHkSnppKeCtu9S9KzNBhFxX9zOyOLXOQQ4b5d-A/w640-h384/Olafur.jpg" width="640" /></a></span></div><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">Oggi mi son seduto all’interno d’una hamburgeria mondialista; in attesa del caffè. Il caffè, infatti, è quasi bevibile, migliore di alcuni bar. Mi son posto in osservazione dei dannati buttati lungo i banchi incrostati dal crassume delle passate orge. C'era nell'aria un che di malsano che permeava uomini e cose, a mezzo fra una nostalgia senza oggetto, d'amara indeterminazione, e l'afflizione di chi sconta una pena. Una Malebolge senza dolore fisico, ma di devastante orrore spirituale come chi osservasse allo specchio una propria allucinata parodia. Le bocche s'allargano, smisurate, stravolgendo l’intera fisionomia facciale: occhi strabuzzati, naso da aborigeno australiano, il capo chino, la schiena ingobbita onde avvicinare la dentiera stralunata a quel boccone flaccido che conviene spingere dentro come a un tritacarne psicopatico: a impedire che il poltiglioso ripieno coli in brani, di macinato insalate e melassose misture, su vassoi di plastica, tovagliolini, tavolinetti. E poi lo strappo del boccone, cogli incisivi a tranciare beati quella conquista: la famelica masticazione, le gote enfie, ripiene di quel pastellato indefinibile; e gli occhi furtivi, a saettare qua e là, come palline da flipper, da pazzi … a constatare cosa? Che non vi siano ladri di cibo nei dintorni? Hanno davvero fame questi poveretti? Arriva il caffè, un marocchino col fondo alla nocciola. Euri 1,70. La ragazzetta che me lo serve, un mucchietto d’ossa di vent’anni con l’apparecchio ortodontico, prima mi sorride pietrificata, come d’ordinanza, poi, allontanandosi, si rabbuia scorata. La badessa del posto, intanto, anch’ella minuta come uno scricciolo, dirige l’orchestra a mezzo fra tavoli e cucine, forse credendosi una top manager del bisunto: un cappellino blu, da cui sbuca la coda di cavallo, le movenze esagitate, gli sguardi fulminei, da kapò della piastra elettrica, la man destra a posizionare microfono e blue tooth, ella governa uno stanco drappello di condannati intenti a cucinare e servire ad altri condannati piatti colanti grascia postatomica; a spillare dagli alambicchi qualche intruglio di micidiale effervescenza zuccherosa; donut, ciambelline, big snack, medium e magnum menu, offerte family. E sia! Un due tre! Alla vista di quel fordismo esasperato quanto futile, ecco la vertigine. Son pochi secondi in cui ogni suono e parola vien meno … una bolla racchiude l'umanità di fronte a me, rallentata come in una pantomima spettrale: “<i>No. Non può essere vero. Forse non sono nemmeno qui. O magari sono qui e mi è preso finalmente un infarto liberatore. Impossibile, questa è una recita. Ricavi, guadagni, forniture, personale, pane, carne, cibo, pubblicità, imposte, tasse, partita doppia. Pura mascheratura. Ciò che importa è solo la distruzione, non altro. La distruzione delle abitudini ... del gusto ... persino del galateo a tavola. Impossibile che tale baraccone abbia trentamila punti vendita nel mondo … impossibile che vi sia un'economia che funziona in tutto questo … forse ... forse all’inizio fu così, ma non dopo … solve et coagula ... la merda. Il capitalismo è una serie di atti mimetici, vuoti … non c’è capitalismo oramai, né padroni o dipendenti o sindacati ... merce, valore, prezzo, son tutte fanfaluche ... queste sono industrie del Nulla, a tal fine finanziate. E basta. Servono per questo, come El</i></span></span><i><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">í</span></span></i><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><i>asson. Presto non serviranno più</i>". </span></span><br /></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">Pure il calcio è finito. Dopo la sentenza Bosman, che liquidò le ciabattate d’antan, quelle che l’Italianuzzo ascoltava alla radio ogni domenica alle 15.00 in punto, si provvede alla dismissione di quello turbo capitalista delle pay tv e compagnia. Il servizio, peraltro, sempre più scadente, lascerà progressivamente luogo a un calcio mimato, digitale, da attori. Lo spettacolo conta, non la competizione. Finché, un bel giorno, senza che nessuno se ne accorga, arriverà il calcio digitale cioè la finzione pura. I tifosi, che, appunto, tifano, senza amare lo sport, si acconceranno presso olovisori postmoderni a seguire le vicende di ipertrofici quanto anonimi gladiatori: in attesa degli automi che li sostituiranno definitivamente.</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">Mi fanno notare un tizio sui social che così si presenta: “<i>Chemist, science writer, comics lover, scientific amateur cook. Non rispondo a quelli sdraiati sulla coda sbagliata della gaussiana</i>”. L’autopresentazione è precisa: fumetti e tecnoscienza, amatorialità e sedicente superiorità intellettuale: la consueta mescola degli eredi del ’68. Il tale irride chi non si apre ai nuovi cibi ricordando che nel Sei-Settecento patate e pomodori furono visti con sospetto dai medioevali mangiatori di rape. Egli, ovviamente, dimentica il feroce processo di selezione di cui furono vittime i pomi-doro, piccola e succosa bacca giallastra strappata in terra azteca da Hernán Cortés. Usata come pianta ornamentale, la pianta del pomodoro subì incroci ed esperimenti sino a rendersi commestibile ai piani bassi della società. Le cavallette e i grilli, invece, sono con noi ab immemorabili e mai ci venne in testa di ingoiarli in luogo di lepri e fagiani. Ma queste sono argomentazioni a latere. Quella principale, che nessuno vuole considerare, è che l’ecologismo e l’economicismo son solo recenti e artificiosi strumenti congegnati per la nostra dissoluzione. Non vi è ragione pratica o morale per mangiare l’immondo, solo antispirituale. La spiritualità, come l’aspirazione naturale alla bellezza, non è vaga idea fluttuante nella regione del relativismo: è una concrezione precisa, storica, ottenuta per stillicidio a prezzo di sacrifici e sangue, la sola in grado di mantenerci nella benigna regione solare dell’esistenza. <br />La convinzione che Bellezza e Spiritualità siano fumosi argomenti da verginelle pronte a entrare nella Congregazione delle Suorine della Carità di Santa Giovanna in Cosmedin ... questo è ciò che vogliono farvi credere ... al pari dell’altro fanatismo indotto: che la sciocchezza qualunque d'uno scientific writer nel 2023 sia superiore alle considerazioni della casalinga di Efeso nel 321 a.C. … è la <i>convinzione del progresso che dovete estirpare dalla mente</i> e che, purtroppo, ancora domina tutti noi ... </span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">I crucchi, questi ragazzoni intemperanti e massimalisti che cominciarono a scribacchiare nel Quattrocento … ne hanno combinati di guai … e pensare che l’Olocausto fu reso possibile da Cassio e Bruto … vedete voi come la storia possa esser birichina. Giulio Cesare aveva già preparato il piattino … un giornalista di Dagospia, Gaio Svetonio Tranquillo, riferisce, infatti, come Cesare, questore nella Spagna Ulteriore, fosse inviato a ispezionare le sedi dei tribunali locali: “<i>In una di quelle occasioni, a Cadice, vide presso il tempio di Ercole una statua di Alessandro Magno, e ne fu molto rattristato. Si accorse di non avere compiuto, alla sua età, nulla di importante: alla stessa età, Alessandro aveva già conquistato tutto il mondo. Si sentì disgustato dallo spettacolo della propria inerzia e poco dopo chiese un congedo, per potere trovare a Roma, il più presto possibile, le occasioni di segnalarsi</i>”. L’imitatio Alexandri dominò la sua intera esistenza. Così agisce l’utopia. Vercingetorige, Crasso, Ariovisto, Farnace … sotto il lucido e spietato imperio della volontà tali uomini si trasformarono in comparse di un appressamento alla divinità. Il riflesso di un sogno. Era forse tutto pronto a Roma? Legioni, testudines, masserizie, costruttori di burgi, fabbri, mignotte, tibicines ac cornicines … verso l’Oriente magico ... ecco il sogno: dalla Grecia arrivare nella terra dei Parti, distruggerli, annettere Persia e Mesopotamia, Babilonia … e l’Asia sin all’India! E poi ritornare, come una risacca oramai invincibile, lungo il Caspio e il Caucaso, piombare alle spalle delle tribù germaniche e definitivamente annientarle … e quindi i trionfi, le rime, il vociare mitico che si sarebbe ripercosso nei millenni: e quel nome, Cesare, echeggiato nelle lingue remote e barbare dell’ecumene, e ancora più lontano, nei dialetti e negli impasti balbuzienti e timorosi delle genti: timore di quel nome, plasmato e rimodellato come il flatus della divinità perché “<i>il dio è giorno notte, inverno estate, guerra pace, sazietà fame, e muta come il fuoco quando si mescola ai profumi e prende nome dall’aroma di ognuno di essi</i>”. Ci saremmo evitati i Sassoni, Enrico VIII, Lutero, Metternich, Churchill, l’idealismo trascendentale, Hitler, Marx, Alberto da Giussano, la Scuola di Francoforte, la Segre Piangente e pure Goethe colle sue nostalgiche manfrine romane … poiché non ne avrebbe avuto bisogno, già lui romano … e magari, ma son dettagli, avrebbe ereditato per altro sangue l’impulso tutto nostro a sciacquarsi più spesso id est a una toilette più curata di piedi e ascelle invece d'incipriarsi come Platinette.</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: inherit;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiWGZ4j3lMs_41ZFy4AHnL1b4RC0ECQ4J-XZBAsfofS5Z6iprQf5VKMSIkCGQqVIADAN5vMkTDU_a7mooGebUkOrUtt_NUBgww_FHUbW7ZzW_-8UMlU6ycp4c3s9r-4lot8xx5-2Uh5txPdU_ffbJgLG3UZxTMGKfn5oA6b1bV0Ce8nn_nPChndtzc2Yg/s1200/Virgin%20Radio.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1200" height="384" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiWGZ4j3lMs_41ZFy4AHnL1b4RC0ECQ4J-XZBAsfofS5Z6iprQf5VKMSIkCGQqVIADAN5vMkTDU_a7mooGebUkOrUtt_NUBgww_FHUbW7ZzW_-8UMlU6ycp4c3s9r-4lot8xx5-2Uh5txPdU_ffbJgLG3UZxTMGKfn5oA6b1bV0Ce8nn_nPChndtzc2Yg/w640-h384/Virgin%20Radio.jpg" width="640" /></a></span></div><span style="font-family: inherit;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">Virgin Radio tappezza di manifesti le città. Le solite sciocchezzuole. Un modello a torso nudo, le ali d’angelo, che tira fuori la lingua; una bella suora con le cuffie dallo sguardo smegmatico. Tralasciamo il simbolismo della lingua di Kali (morte, purificazione e cambiamento), accantoniamo la stanca volgarità della dissacrazione ai danni del Cristianesimo: nemmeno i pubblicitari si rendono più conto di cosa combinano maneggiando certa nitroglicerina del profondo. Tali patetiche effervescenze ci dicono, tuttavia, di più. Svelano una decadenza e un inevitabile e tragico fallimento. Questo: che gli iconoclasti si nutrono esclusivamente di ciò che dissacrano. I baffi alla Gioconda, l’informale polimaterico, il cubismo, gli scherzi dadaisti, l’espressionismo, l’astrattismo più bieco … si è stati indotti, più o meno in malafede, a credere che avessero un rilievo e, invece, sono cenere. La cenere dei roghi. La fiamma generata dall’atto di distruzione fu equivocata come nuovo fenomeno artistico; si nutriva, invece, solo della dissoluzione della forma antica. L’intera epoca postmoderna, in tutte le sue diramazioni, dalla letteratura alla tecnica, dall’arte al culto, ha dato l’impressione di costituirsi quale libertà: i suoi bagliori, però, vivevano solo di profanazione. Consunti dal fuoco gli ultimi ceppi della tradizione ci si muove nelle tenebre. Cosa ci è rimasto da bruciare?, tale l’invocazione degli assassini. Dateci una tavola di Vladimir, un pancale da chiesa, un sonetto caudato, un trattato di retorica - abbiamo fame! Vogliamo annientare, deglutire, defecare quell’ordine che ci è odioso! Ma non è rimasto più nulla! Come faremo?</span></span></div><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">Anche a Roma non è rimasto più nulla. Come disse Pirandello: “<i>Roma fu un’acquasantiera, l’hanno ridotta a un portacenere</i>”. Nicchie con statue che hanno resistito quattro secoli sono state polverizzate. Il reggente di una casa generalizia una volta mi disse, en passant, come a rivelare una verità che ognuno dovrebbe possedere: “<i>A Porta Pia sono entrati i massoni. Ci hanno resi schiavi e spianato tutto. Il loro sogno è parcheggiare sotto l’obelisco del Vaticano</i>”.</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">Per un cambio di residenza sono costretto a recarmi presso un ufficio comunale. Alle 09.12 una giovane sovrappeso, pantacollant e scarpe da ginnastica del LIDL, mi porge un ticket con su scritto: “Sportello 1. 12.20”. Appena tre ore. La digitalizzazione, qui, celebra il suo trionfo. Nell’attesa sfrutto la macchina del caffè. Mi concedo persino uno snack da centesimi 70 presso il parallelo marchingegno automatico. Appoggio le scartoffie su una sedia; rimesto il liquame nel bicchiere di cartone ecologico con un bastoncino di legno, altrettanto green; scarto la brioche apocalittica in cui la lingua indovina una melma alla nocciola. Pare cartone; e forse lo è, spero biodegradabile. Faccio buon viso, però, come sempre che la compunzione non l’abbandono mai, come Chaplin ne <i>La febbre dell’oro</i> che s’acconcia ridente a masticare la scarpa. L’orgia di prodotti thunberghiani lascia sul campo un paio d’etti d’immondizia. Intanto, siamo alle 10.40, i visori annunciano il prossimo fortunato allo sportello 1.</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">A che serviva il telefilm Netflix <i>La regina degli scacchi</i>. A educare i deboli di mente, legione fra noi, oltre a rendere comprensibile agli stessi questa suggestione antipersiana: “<i>Sono due le scacchiste iraniane che hanno partecipato al Campionato mondiale 2022 in Kazakistan senza indossare l'hijab obbligatorio. Oltre a Sara Khadem, la cui vicenda è divenuta nota, anche Atousa Pourkashiyan ha gareggiato a capo scoperto, come riferisce il sito web di informazione antiregime IranWire</i>”. A suo tempo diffidai; mi si rispose che era solo il volgarizzamento d’un racconto di Walter Tevis ... ma non esiste spontaneità, è tutto falso e preordinato a <i>quel</i> Fine. Ogni evento è esclusivamente puro e sistematico sabotaggio dell’Immaginario Profondo. Come i panini e la land art.</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">Ci aggiriamo nel castello dell'isola d'Alcina. Miraggi e finzioni ingannano gli stanchi occhi nostri, tenebrosi. Quando finalmente vedremo, faccia a faccia?</span></span><br /></p>Alcestehttp://www.blogger.com/profile/04852044188872845420noreply@blogger.com88tag:blogger.com,1999:blog-654788918314523587.post-56208569557262968092023-01-05T14:21:00.028+01:002023-01-09T15:20:07.774+01:00La modernità come cancro terminale<p style="text-align: center;"></p><p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;"></span></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgFlMlBhoGsa9XRHZkWnn4IxuslZFHJnaitueWkYYeqyRbHf9xemyPGKNx2VH5cLU90rwwuHmnktAfQ-PQZWevqi-_wwsDohhjS9AUrVAxfv419WUSbUpkuRWTmvcc1vsZG3Ia-_K8M29mmiUxvsGnJmNQ73So7WcExXcsDPzyXqMXaz6rvgybIxvWAPg/s800/Francis%20Bacon.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="800" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgFlMlBhoGsa9XRHZkWnn4IxuslZFHJnaitueWkYYeqyRbHf9xemyPGKNx2VH5cLU90rwwuHmnktAfQ-PQZWevqi-_wwsDohhjS9AUrVAxfv419WUSbUpkuRWTmvcc1vsZG3Ia-_K8M29mmiUxvsGnJmNQ73So7WcExXcsDPzyXqMXaz6rvgybIxvWAPg/w640-h640/Francis%20Bacon.jpg" width="640" /></a></span></div><p></p><p></p><p></p><p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Roma, 5 gennaio 2023<br /></span></span></span><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">“<i>Una cellula. Una sola, tra migliaia di
miliardi … che, a caro prezzo per la salute del collettivo di cui fa parte,
cioè il nostro corpo, va a prendersi il sogno proibito dell’immortalità … Il
rompicapo del cancro è una folle corsa verso l’illusione dell’immortalità.
Illusione, perché l’aggressore, il sovvertitore dell’ordine, non ha altra
prospettiva che il perire insieme al sistema di cui è parte …</i>”.<br />Sono
le prime parole d’introduzione di Telmo Pievani al saggio di Pier Paolo Di
Fiore, <i>Il prezzo dell’immortalità. Cosa sappiamo del cancro e come possiamo sconfiggerlo</i>. Pievani, di cui
temporaneamente dimenticheremo certe ottuse intemerate scientiste, così
prosegue:<br />“<i>L’edificio <b>complessivo</b> dell’organismo poggia sempre sul filo di un <b>equilibrio dinamico</b>, in un gioco di
interazioni, di segnali e di meccanismi molecolari che tengono a bada le <b>spinte anarchiche</b> e le tentazioni di <b>perversa libertà</b> delle cellule … se per
qualche ragione <b>i controlli e i vincoli</b>
saltano, una <b>forza primordiale silente</b>
si <b>sprigiona</b> e semina lo scompiglio</i>”.<br />Noteremo,
en passant, come lo scientista Pievani usi termini metafisici; o teologici. Di
fatto sta parlando della civiltà umana degli ultimi centomila anni con la lingua
di un predicatore medioevale. E però, per tutti, chiacchiera di cellule; e allora:
è scienza!<br />Ma
torniamo a noi.<span></span></span></span></span></p><a name='more'></a><p></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">L’Ordine,
insomma, è infranto per la volontà di autoaffermazione di una singola cellula;
la quale, ebbra di voluttà (vuole farsi Dio), cerca di eternarsi; e però,
ignorando che è il corpo di cui fa parte a consentirgli l’esistenza, prolifera a
danno di tutto l’organismo; replicando la marcescente ansia di dominio e infinito: sino alla catastrofe.</span></span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">E
donde arriva tale cupidigia di libertà che, a ben vedere, è solo desiderio di “liberarsi”
dei propri simili, dei lacci e lacciuoli, dell’intima e stupefacente
sottomissione gerarchica a un Fine celeste, il mantenimento dell’organismo?<br />“<i>Quell’impulso di egoistica immortalità</i>
[della cellula deviata] <i>è molto antico.
Risale a un tempo evolutivo ancestrale, prima di 600 milioni di anni fa, quando
esistevano soltanto organismi unicellulari o coloni di essi. Noi creature
multicellari siamo tutto sommato un’eccezione nell’evoluzione, un’insorgenza
tardiva che riguarda soltanto un settimo della storia della vita sulla Terra …
fare copie di sé stessi è l’imperativo darwiniano … le centrali di
rigenerazione interna dei nostri organi … garantiscono il ricambio cellulare
continuo e invecchiano più lentamente delle altre cellule … dividendosi queste
‘api regine’ </i>[chiamate Regine Nere, se deviate a livello genetico]<i> danno origine ad altre cellule staminali e
poi a una schiera di cellule figlie che si differenziano nei vari tipi
cellulari necessari a un determinato organo … se deviate a livello genetico …</i>
[innescano e alimentano] <i>i tumori</i>”. </span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Cosa
si nasconde, quindi, dietro questa prosa innocua che cerca di riassumere il
saggio divulgativo di un patologo, professore ordinario a Milano, tale Pier
Paolo Di Fiore?<br />Come
detto: l’intera storia dell’umanità moderna.<br />Osiamo:
ogni fenomeno, a qualsiasi livello ontologico, ci parla della verità.<br />Non
fatevi ingannare dalle specializzazioni, dalle divisioni tecniche, dalle
minuzie, dalle argomentazioni da leguleio.<br />Pievani,
a esempio, crede di parlare del cancro. Quelle sue notazioni, tuttavia,
divengono metafora della società, della vicenda umana, delle supreme cose della
gloria eterna.<br />In
ogni stella, affermò Plotino, sono contenute tutte le altre.</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Le
lutulenze genetiche dell’evoluzione sono metaforizzate dalla teologia; la
spiritualità è specchio della biochimica; la fisica spiega, in termini
matematici, ciò che Anassimandro conosceva per intuizione al vivo, nella carne;
i rivolgimenti cosmici, innervati dal Logos Termodinamico che li conduce alla Dissoluzione
Finale (ciò che atterrì i razionalisti Lovecraft e Leopardi), non sono che il risvolto
materiale dei miti di fondazione di ogni tempo.<br />La
Filogenesi della Totalità è ricapitolata, per allusioni e allegorie, nei
maggiori testi filosofici e sacri.</span></span></span><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"></span></span><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"></span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">L’Uomo
nasce dal fango, dalla polvere, dall’apeiron primordiale. Egli ascende
lentamente. Come tutti gli esseri al culmine della forza, ignora il concetto di
felicità; è il Tempo che dona la sapienza della Morte e quella sottile angoscia
che si ritrova nell’elegia pagana e, più tardi, nel romanticismo più alto.
Persino Nietzsche, al principio della Seconda Inattuale, si lascia andare nella
descrizione del rimpianto per un tale Adamo: “<i>Osserva il gregge che ti pascola innanzi: esso non sa cosa sia ieri,
cosa oggi, salta intorno, mangia, riposa, digerisce, torna a saltare, e
così<span> </span>dall’alba al tramonto e di giorno
in giorno, legato brevemente con il suo piacere e dolore, attaccato cioè al
piuolo dell’istante, e perciò né triste né tediato. Il veder ciò fa male
all’uomo, poiché al confronto dell’animale egli si vanta della sua umanità e
tuttavia guarda con invidia alla felicità di quello – giacché questo soltanto
egli vuole, vivere come l’animale né tediato né fra dolori, e lo vuole però
invano, perché non lo vuole come l’animale</i>”.</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">E
però Adam, il Primo Uomo, viene avvelenato dalla Sapienza. Conosce il dolore e
la Morte. La razionalità fa irruzione nella sua esistenza. L’imprevedibile
mutazione, entro di lui, l’encefalo, lo allontana progressivamente dalla creazione
di cui fu parte: egli è, ora, il Maledetto.</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Il
Segnato sa di essere un predestinato alla distruzione. Eppure in lui la
scintilla della preservazione non è spenta; e reagisce. Come Sapiente cela la
Verità affidandola solo a individui di provata fede; come Artista risana grazie
alla Bellezza; come Santo difende i circoli sacri in cui ha disposto
benevolmente la Creazione. Verità, Bellezza e Guerra si equivalgono in tale
nuova trincea opposta alla Regressione che richiama l’Uomo verso l’Indifferenziato
e il Vuoto originari.</span></span></span><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Eppure
il Nulla è dentro di lui. Si agita come una Bestia furiosa nei recessi
dell’anima, reclamando la vittoria. Per quanto reggeranno i lacci e le catene?
Avranno ancora forza i vincoli sacri della Bellezza?</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Le
ribellioni sono innumeri. Giorgio Galli, nel suo <i>Occidente misterioso</i>, rendiconta quelle degli ultimi tre
millenni. Le prime (baccanti, streghe, dalit d'ogni specie), ch’egli collega alla democrazia, verranno
soffocate nelle persecuzioni; come è giusto. Le mura, i valli e le trincee,
però, ne risulteranno indeboliti. Sempre più sentinelle sono assassinate da
traditori nell’ombra; gli agguati si moltiplicano; le fortificazioni più solide
sembrano sbrecciarsi; la Bestia reclama il suo trono. L’antica Via è smarrita.
Alcuni uomini, come cellule maligne, accecati dalla protervia, anelano
all’immortalità; la progettano abiurando il timore divino. Il loro numero è,
ora, legione così come i nomi con cui verranno conosciuti. Non li cito: sono
inessenziali e fuorvianti. <br />In Europa si approntano i reset: Londra (1666), Bisanzio,
Pietroburgo, Roma, Parigi. Ci si libera del passato come di un vincolo all’oscurità.
È una menzogna, ovviamente, ma il veleno entra in circolo. Ci si lancia nella
modernità, sicuri di assaltare il cielo, una volta ospite di armonie celesti;
s’infrangono gli antichi idoli profanando ogni cosa in nome d’una ragione
meschina. I ritmi della storia accelerano. Ciò che prima richiedeva cento anni
lo si fa in uno. Si addita il vaso di Pandora: vedete cosa nascondevano
nell’oscurità! Beni inestimabili! Per fortuna ci siamo liberati di loro!
Irrompe la tecnica, la velocità, la prassi, l’introspezione da tinello. </span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"></span></span><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"></span></span><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Gli
eretici moderni balzano come tigri a impiantare l’Ordine Nuovo:<br />“<i>Oh Tigre</i></span><br /><i><span style="line-height: 115%;">quale fu l'immortale
mano o l'occhio<br />ch'ebbe la forza di
formare la tua agghiacciante simmetria?<br />In quali abissi o in
quali cieli<br />accese il fuoco dei
tuoi occhi?<br />Sopra quali ali osa
slanciarsi?</span></i></span></span><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"></span></span><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><i><span style="line-height: 115%;"><br />E quale mano afferra il
fuoco?</span></i><span style="line-height: 115%;">”</span></span></span><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"></span></span><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">In
una società, quella inglese, che è scossa dai sussulti della rivoluzione
industriale, frenetica come le bielle d’acciaio delle locomotive, l’occhio
clinico di Percival Pott esamina i morbi causati dal nascente industrialismo. L’avanzamento
della tecnologia reclama da subito olocausti.<br />Giorgio Cosmacini, ne <i>Il male del secolo: per una storia del cancro</i>, c'informa, a esempio, del
sistema inventato da Abraham Darby che “<i>consiste nel fondere il ferro con il coke anziché col carbone a legna </i>[e]<i> fa superare di slancio all’industria siderurgica inglese le strette produttive
indotte dall’esaurimento di legame seguito dai disboscamenti</i>”. I vari
mestieri legati all’estrazione, manipolazione e distillazione del carbon
fossile producono, di conseguenza, nuovi malati. Malati di tumore, stavolta; ai testicoli. La
fuliggine dei forni innesca un cancro divorante che “<i>si sviluppa di solito su cute alterata … con una placca a superficie
rossa-bruna, verrucosa, crostosa o ulcerata … Più tardi la lesione può
diventare vegetante con aspetto a cavolfiore e invadere i tessuti sottostanti,
aderendovi. Il decorso invasivo e distruttivo, assai doloroso, è abbastanza
rapido</i>”.</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Perché
questo? L’abbandono della sacralità rende il mondo una distesa fruibile di puri
oggetti. L’uomo classico che, di fronte a un bosco, cerca di propiziarsi i
favori dei Lari che lo abitano è un residuo di cui ridere. Un bosco è una somma
di alberi e gli alberi assicurano un preciso tonnellaggio di legna: da
rendicontare a partita doppia. Quando tale brama di distruzione non reca più
vantaggi, il Progresso, proprio perché tale, escogita altre soluzioni. Esso, che si sente necessariamente e inconfutabilmente nella ragione, non s’interroga
sui calcoli, quasi sempre sbagliati, ma rilancia. È pronto a rilanciare,
all’infinito, che si abbia moneta o meno perché la moneta, ora, la si crea
inesauribilmente. Sterminati i boschi? E allora ben venga il coke! Cento, diecimila, centomila
morti! Si rilanci!</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Usura,
Tecnica, Democrazia e Libertinaggio si legano a filo quadruplo. Le migliori
menti dell’eversione si riuniscono nei paradisi universitari per teorizzare
l’eternità dell’Uomo. L’Uomo è immortale, onnipotente e assolutamente,
incondizionatamente, libero. I cenacoli intellettuali dei primi
paesi d’Europa scristianizzati sono le Regine Nere che replicheranno sé stesse:
a metastatizzare il nuovo credo, a infettare il mondo.</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">La
tecnica, sempre meno scienza, riesce a dare persino un nome alla copula
autodistruttiva: metodo sperimentale. Fallisco, dunque ho ragione.<br />Il
cancro della modernità, infatti, cura sé stesso per poi attecchire ancor più
rovinosamente. </span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Come la tigre o il lupo ammantato di pelle d'agnello nello stemma dei Fabiani, si propaga con doppiezza: l’insania, l’arroganza, l'homo homini lupus, l’obliterazione
della Sapienza, la derisione della Bellezza, la
liquidazione del Sacro sono celati dall'apparente comprensione per l'umile, dallo slancio verso la democrazia, dalle speranze per il dominio inesausto sulla Natura.<br />L'Usuraio Massimo è davvero un bel mattacchione.<br /></span></span></span><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Il tesoro dei millenni lo esige con noncuranza, in cambio di specchietti coloratissimi.<br />I gridolini d'entusiasmo li sentiamo ancora ... seppure, qualcuno, senza osare dircelo, si sta accorgendo che qualcosa, nello scambio, non ha pienamente funzionato ... ma ormai è tardi. Senza nulla in mano, l'ominicchio non può che divenire fanatico del Nulla o suicidarsi. Da tragico re a straccione, credendosi un imperatore. </span></span></span><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"></span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Solo i retrogradi hanno scampo dalla furia dei Lumi. Non
a caso, per quanto riguarda il morbo di Percivall Pott, l’Italia ne è
indenne. Ciò che viene chiamato sottosviluppo (in realtà l’adesione all’Antico
Ordine) salva intere generazioni dalla distruzione: “<i>Invano cercheremmo nella casistica clinica dei settecenteschi chirurghi
nostrani la presenza di qualche spazzacamino …</i>”.<br />I
paesi arretrati, ancora non attaccati dalle Regine Nere della Dissoluzione, riescono
a ritagliarsi un minimo di spazio vivibile.<br />La
metastasi, però, è divorante, irrefrenabile.</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Nell’Ottocento il morbo di Pott, sintomo del sol dell'avvenire, invaderà anche l’Italia. Operai, spazzacamini. In Inghilterra la piaga sarà
debellata in due generazioni: solo in attesa di altri orrori, beninteso. Come detto, la
cura, spacciata per progresso, prepara recidive sempre più devastanti. </span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Il
fascino del progresso tecnologico e a-scientifico si basa soprattutto su tali
falsi avanzamenti che, a loro volta, traggono forza da calcoli sbagliati. I
calcoli sbagliati conducono all’estinzione spirituale e fisica; come un
giocatore che, a prezzo dell’anima, compri da un usuraio diabolico sempre più fîches
da gettare sul piatto di una partita giocata da bari; la cui posta è la vita
stessa.</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Non
è il progresso il mito fondativo che ci permetterà di sopravvivere. Anzi, in
verità, l’Uomo, dall’insorgere dell’encefalo, vive in un continuo e
inarrestabile Regresso. Suo unico compito, questo sì titanico, è di creare
bolle di equilibrio all’interno di un flusso di decadenza inarrestabile. Tale
equilibrio, divino, vive di leggi morali, identità e rituali risanatori. In tal
modo si è Qualcosa. In queste miracolose nicchie scavate a prezzo di massacri e
sacrifici lustrali, l’Uomo è in equilibrio; resiste; erige mura e pone cavalli
di Frisia contro la devastazione. Tali mirabili civiltà trattengono sé stesse
nella corrente impetuosa della Dissoluzione rigettando l’abominio. Ne abbiamo
vari esempi lungo la Storia. Il mondo classico e il Cristianesimo sono i due
cicli in cui l’Occidente si è perpetuato e rinnovato a onta della Bestia che
voleva travolgerlo. Censure, divieti, tabù, limiti; Prometeo incatenato, la
Sfinge annientata, il Minotauro scannato al centro del labirinto, Ulisse contro
le Sirene, Pandora. Il mito classico, quello più nascosto e profondo, allude
sempre alla perdizione e all’eroe che l’ha vinta fondando città, colonie,
culti. Ma anche <a href="http://alcesteilblog.blogspot.com/2017/06/quando-morira-lultimo-italiano.html">i Kaweskar e gli Uru-Eu-Wau-Wau</a> costruirono pervicacemente il
loro katechon; un totem o un feticcio sudamericano assolve il medesimo compito
di una deità dorica o del Crocifisso. <a href="http://alcesteilblog.blogspot.com/2022/01/la-bestia.html">La Bestia, però, è insonne</a>. La sua voce assume toni
diversi: languidi, irosi, suadenti; Ella bussa, implora, circuisce; risale gli
Eoni; convince: no, lasciamo il passato, ecco il futuro; e l’Uomo lascia il
miracolo di quel circolo eterno per proiettarsi verso la catastrofe.</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">La
dissacrazione, ottenuta attraverso l’inversione, domina l’Illuminismo. Tutti,
da Voltaire a Locke a Hume, cominciano a sparare ad alzo zero. Contro tutti e
tutto? Così sembrerebbe, ma il bersaglio è sempre e solo uno: il Cristianesimo
nato dal disfacimento dell’età Classica. La cellula eretica, progressista, vuole
farsi immortale; i geni purulenti delle Regine Nere iniziano a replicarsi,
costantemente, sotto le spoglie di uno spettacolo per allocchi.
Sulla scena balzano gli Invertitori più geniali, gli Ebrei, ripescati dai Lumi
nei recessi dei ghetti: forniranno menti e cuori<span> </span>per la più vasta e sistematica operazione di
pervertimento mai tentata. Alcune nazioni si fanno ospiti delle prime Regine
Nere: il Belgio e l’Olanda protestanti, la Svizzera, l’Europa Fredda. Qui
incuba l’Illuminismo radicale che taglia quei ceppi che avrebbero dovuto rimanere</span>
<span style="line-height: 115%;">serrati.
Lordare, deridere, sconciare: queste le parole d’ordine. L’Arte risanatrice, il
Corpo, una volta hortus conclusus della divinità, il Cosmo, l’Ordine; ogni
organo è attaccato. La degradazione è spacciata per luce, la Forma
attaccata in ogni sua declinazione. L'alterità si divide, si sfilaccia, si deforma
esasperandosi sconciamente in particole dapprima regolari, poi sempre più laide,
occultata da pasticci di colore e materia; infine è suicidata dall’astrazione
più estrema. Si perde la profondità, sin da Caravaggio: la Vergine è il
cadavere di un’annegata: tanto basta. Il Cristo di Emmaus un popolano: Caravaggio è
un narratore, nonostante gli artifizi e quell’iperrealismo che ancor oggi abbacina le menti più superficiali devota all’unica estetica possibile. La fissità bizantina di un’icona
dice molto di più: è un codice, un rito, una teologia. Il moderno astrae,
repellendogli la figura e il simbolo ovvero la larghezza del cuore e la
profondità dell’intuizione. Per gradi arriva al Nulla. Si aspira, segretamente, all'opera somma: la tela bianca.</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">La
scrittura elimina gradatamente la poesia, impossibile; si prepara il romanzo,
sorta di pastone per menti deboli. E pensare che al liceo i professoricchi (di
Italiano!) si flagellavano, poveri loro, istruiti con la melma dell’invasore:
non abbiamo un romanzo nazionale! Gli Inglesi sì che ce l’hanno! I Francesi! Pure i
crucchi! E gli Americani, poi … il romanzo di formazione, quello generazionale
… tutti impacchi psicologisti … passatempo iperrealisti … indicativi, certo,
del tumore in espansione metastatica, e perciò importanti, quali pinacoteche
della sintomatologia: DeFoe, Zola, Flaubert, Dickens … </span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Elémire
Zolla colleziona tali disfacimenti nella prima parte del suo <i>Eclissi dell’intellettuale</i>, <i>Letteratura e industria</i>. Ecco un brano ch'egli cita, tratto dall'<i>Israel Potter</i> di Herman Melville:<br />“<i>Dovunque l’occhio si volgesse, non un
albero, non un lembo di verde, come in una forgia. Tutti i lavoratori, d’ogni
sorta, erano tinti come gli uomini delle fonderie. Le nereggianti
prospettive di strade erano come le gallerie delle miniere di carbone, i
selciati, come tombe prive della consacrazione dell’erba, erano calpestati da
un triste transito, simili alle rocce vitree delle isole Galapagos, le
maledette, nelle quali s’aggirano le tartarughe prigioniere</i>”.</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">L’inferno
del progresso, che ha invertito i poli della sapienza, lo si ritrova anche nell’altro
racconto di Melville, <i>Il tartaro delle
fanciulle</i>.<br />Un
commerciante di sementi, antesignano dei globalizzatori (“<i>I miei semi venivano ormai distribuiti in tutti gli stati del nord e
dell’est e cadevano perfino nel lontano suolo del Missouri e delle due Caroline</i>”),
si spinge a una lontana cartiera per negoziare più lucrose condizioni per le confezioni.<br />Il
suo viaggio, circa sessanta miglia, assume i contorni d’una catabasi.
All’inferno, appunto. L’aspro e selvaggio itinerario in slitta si snoda fra
toponimi di dannazione: La Segreta del Diavolo, Fiume di Sangue, Tacca Nera,
Mantice della Vergine Folle, Monte Woedolor, pena e dolore.<br />Il
primo essere umano cui il protagonista si rivolge è una ragazza, la “<i>faccia pallida di fatica, bluastra di
freddo, uno sguardo di inesprimibile afflizione che possedeva qualcosa di
sovrannaturale</i>”. La cartiera, illuminata “<i>da lunghe sequele di finestre che
riflettevano all’interno il biancore della neve fuori</i>” ospita le dannate,
sottoposte al supplizio della Macchina, o del Moloch, silenti in un
ininterrotto, soverchiante battito degli animali di ferro, lungo stazioni
dantesche: la Stanza degli Stracci, della Piegatura, della Ruota ad Acqua e delle Spade: "<i>Le ragazze non sembravano tanto rotelle accessorie del meccanismo
generale quanto semplici denti di quelle medesime rotelle</i>".<br />Sapete come giudicava l'ebrea socialista Anna Kuliscioff, ricca rampolla ucraina, studentessa a Zurigo, tali inferni? Migliori della famiglia. L'indipendenza economica, i piccioli ... sì, questi avrebbero recato finalmente la donna verso l'uscita da tutto: dal patriarcato, dal matrimonio, dall'obbligo di sfornare figli. Preferibile girare un canceroso impasto di stracci invece che legarsi a un tanghero! E poi una fabbrica, debitamente sindacalizzata, avrebbe favorito il proselitismo marxista, altrimenti impossibile da porgere ai contadini, ancora legati alla terra, al sangue, alla superstizione ... Ecco il mistero della ripulsa comunista per essi; e la causa delle deportazioni di massa dalle campagne agli opifici illuministi: la riduzione a nexi postmoderni, altro che forza lavoro ...<br />E
la Macchina</span></span></span><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">, chiede il protagonista</span></span></span><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">: “<i>Non si ferma mai, non
s’inceppa mai?</i>”. “<i>No, <b>deve</b> andare avanti</i>”, replica il piccolo usuraio, uno dei tanti.<br />Sì,
<i>deve</i>, perché andare avanti, a qualsiasi costo, come invasati, è l’unica
direzione consentita. Non ve ne sono altre. Into the void.</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">È
il colore bianco a dominare nel racconto. La vallata “<i>abbaglia di bianco</i>”, le montagne si ergono “<i>avvolte nei loro sudari; un corteo di cadaveri alpestri</i>”. Il
villaggio, poi, è bianco come la neve, raggelato come un sepolcro; la cartiera
imbiancata a calce. Il Bianco, l’agghiacciante non colore, il blank delle mappe
che affascinava il Marlow di <i>Cuore di
tenebra</i>, è inseguito follemente<i> </i>da
Achab, presagito dal Gordon Pym di Poe nell’ultima stazione del naufragio.<br />Il
Bianco, cioè il Vuoto, la Thule del Nuovo Ordine.<br />Una
corsa sfrenata, irrazionale, che si concluderà con l'estinzione.</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">La
possessione diabolica che ha ghermito l’umanità rende efficienti ed efficaci,
perfetti. Nella battaglia di Omdurman (1898), in Sudan, le truppe inglesi del
generale Kitchener affrontano le soverchianti forze del Mahdi. Gl’Inglesi, però,
attrezzati con cannoniere, mitragliatrici e fucili a ripetizioni muniti di
pallottole dum dum, forgiate a prezzo di generazioni distrutte, non se danno cura e si diportano, a poche ore dalla
battaglia, come a un pranzo di gala. Il corrispondente del “Morning Post”,
Winston Churchill, aspira a pieni polmoni il profumo della vittoria imminente
(fra morti e feriti, i Dervisci lasciarono sul campo 25.000 uomini; gl’inglesi
poco più di 400). L’asimmetria dell’armamento, la mancanza di remore morali, il
gusto dell’antisportività, infonde un’ebbrezza sadica:<br />“<i>Una quantità di bottiglie dall’aspetto
invitante e grandi piatti con carne di manzo in scatola e sottaceti misti.
Questa piacevole visione comparsa come per incanto nel deserto immediatamente
prima della battaglia mi colmò il cuore di una gratitudine che di gran lunga superava
quella che abitualmente si prova quando si recita il Benedicite. Attaccai la
carne in scatola e le fresche bevande con concentrata </i></span><i><span style="line-height: 115%;">attenzione. <br />Tutti erano
su di giri e dell’umore migliore. <br />Era come un colazione di gara prima del
Derby.<br /></span></i></span></span><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><i><span style="line-height: 115%;">‘</span></i></span></span><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><i><span style="line-height: 115%;">Ci sarà veramente una
battaglia?’, domandai.<br /></span></i></span></span><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><i><span style="line-height: 115%;">‘</span></i></span></span><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><i><span style="line-height: 115%;">Fra un’ora o due’
replicò il Generale</span></i><span style="line-height: 115%;">”.</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Una
gioia che sarà negata al generale Baden-Powell, fondatore dei boy
scout, durante la seconda guerra degli Ashanti<span>
</span>nel 1896. Il Nemico, infatti, si sottrae alla battaglia strisciando
sino a lui in atto di sottomissione. Farsi leccare gli stivali ... un buon inizio, avrà pensato Powell, e un peccato: avremmo
potuto divertirci.</span></span></span><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;"> </span></span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">La
morte da lontano, senza rischi, grazie ai ritrovati della tecnica, è ben
accetta. La certezza della distruzione dei nemici, the Heathens, al riparo del
palvese della tecnologia, lontane le suggestioni dell'eroismo e del valore, è tipica del soldato moderno, sin all’Enola Gay o ai
massacri orditi via satellite in Iraq e Afghanistan. E pensare che il Concilio
del 1139 proibì l’uso delle balestre fra Cristiani … ma cos’è quella
paccottiglia, direbbe Churchill, si è nei tempi nuovi!</span></span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">A
Omdurman the Heathens “<i>si rifiutavano di
arretrare. ... Non era una battaglia, ma un'esecuzione. ... I corpi non erano
ammucchiati ... anzi, non erano neanche corpi; ma si spargevano per acri e acri
di terreno. Alcuni erano stesi compostamente con i propri pantaloni sotto la
testa come per un ultimo riposo; alcuni in ginocchio, interrotti nel mezzo di
un'ultima preghiera. Altri erano fatti in pezzi</i>”.<br />A
pezzi, sbudellati, schiantati.<br />Il
corpo, d’altronde, una volta specchio delle armonie celesti, è sempre più
oggetto per tecnici, una massa ribollente di umori e merda. Nel quarto libro
del <i>De sedibus</i> di Giovanni Battista
Morgagni si legge: “<i>A una nubile di
vivace ingegno … insorse un tumore canceroso nel lato destro vicino
all’ascella. Qui crebbe poco di spessore, ma molto in lungo e in largo. L’arto
finitimo si gonfiò per edema. Sopravvennero tosse, catarro, difficoltà di
respiro, molta sete e infine la morte … tagliando l’arto interessato fluì molto
siero giallastro che s’era raccolto negli spazi cellulari dell’adipe. Il siero
riempiva anche tutto il cavo toracico dello stesso lato … e le pleure erano adese
alle pleure. I polmoni erano così retratti che a prima vista sembrava</i></span>
<i><span style="line-height: 115%;">che non ci fossero. Il cuore era
piccolo … Le ovaie biancheggiavano e, sebbene conservassero forma e mole
naturali, tuttavia erano moto indurite</span></i><span style="line-height: 115%;">”.</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Lo
scrigno sacro della vita è un immondezzaio. Reni, budella, intestini sono
vivisezionati separatamente: si ottengono alcuni successi provvisori, quindi
arrivano i primi fallimenti. Il fallimento, però, come detto, è per i moderni
concime sicuro d'un nuovo successo: che arriverà, prima o poi. Intanto la
persona si derubrica ancora, a sacco di stracci. Uno vale l’altro. La morte si
fa statistica, si deprezza. L’omicidio ben mirato, quindi, diviene, alla luce
dei grafici, un metodo di cura: aborto, eutanasia, buona morte. </span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">I
defunti, intanto, scivolano alla considerazione di pattume, preterito il
ricordo e la pietà di chi rimane nel cerchio dell’esistenza. Ora li si avvia al
compostaggio: onde tornare alla natura; id est: al Nulla cioè al cassonetto
metafisico dell’Indifferenziato: alla Bestia.</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Non
vi è pietà perché la “social catena”, l’unica possibile, si allenta sempre più.
Ognuno è estraneo all’altro così come si rende estraneo a sé stesso. Il moderno
<a href="http://alcesteilblog.blogspot.com/2018/07/luomo-non-sopporta-piu-se-stesso.html">non sopporta più la propria immagine allo specchio</a> che rimanda un orrore di
Francis Bacon. L’uomo si fa piccolo, inessenziale; fungibile, come una zolla o
un pacco Amazon. L’implosione di tale stella alla fine del ciclo risucchia ogni tipo di luce e
vitalità. Già oggi la maggior parte degli esseri umani si preoccupa solo di
pascolare; sono già morti; qualche occasionale scossa galvanica - una perversione, magari - ne
certifica il persistere nella quotidianità.</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">L’aspirazione
all’immortalità e alla libertà infinita, covate nell’inversione, hanno prodotto
esserini rosi da un cancro inestirpabile, dannati dall’anempatia e avidi di scomparire.<br />Tale il lascito di tanto strepito, di infinite speranze: siamo di troppo. La realtà ci sovrasta, non la comprendiamo più! Deboli, miseri ... <br />Il suicidio diverrà la moda del 2030.<br />L'uomo moderno vorrebbe gridare, ma non ha bocca. Gli mancano, perciò, le parole. Il suo abbozzo di grido rimarrà senza eco. Inascoltato.<br />Solo
i poveri di spirito e gli ultimi sopravviveranno.<br />Come fu rivelato.</span></span></span></p><p></p><p></p>Alcestehttp://www.blogger.com/profile/04852044188872845420noreply@blogger.com46tag:blogger.com,1999:blog-654788918314523587.post-83495547344079443602022-12-25T10:56:00.009+01:002022-12-27T09:07:29.289+01:00Non lamentatevi (sconsigliato ai deboli di stomaco) [Il Poliscriba]<p style="text-align: center;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"></span></span></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><img border="0" data-original-height="562" data-original-width="750" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7RsD6qhYDVOz2PD5qxeLwcKPO3wv4cBovnYpsY50RAy-oodsyBCyWoaJ97uoiiZ60klJ8v2cxhLG2Rnz7igTiWiTb_vOCyxAkrhB7fwgc9G1ZzxB4O3UIZHErA4KxjQar4IjLFGBQ7eVIKAnQ2sZqfrp9yt8KM4YkyIWIRGRddUkSBd75-5QzoC1IaQ/w640-h480/DJ%20Aniceto.jpeg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;" width="640" /></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">"Gesù è la vita" sullo sterno e il greenpass sul cuore. Contraddizione? Assolutamente no. Il Cristo, infatti, viene declinato in gergo barbaro, postscespiriano: apocalittico.</td><td class="tr-caption" style="text-align: center;"></td><td class="tr-caption" style="text-align: center;"></td><td class="tr-caption" style="text-align: center;"></td></tr></tbody></table><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><i> </i></span></span><p></p><p style="text-align: center;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><i>Ottimo Natale e buon 2023 a tutti i venticinque lettori</i> <br /></span></span></p><p style="text-align: center;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"> <br />Il Poliscriba<br /></span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">Io scriverò politico quando starete zitti … per parafrasare una splendida canzone di Bruno Lauzi.<br />Per ora scriverò ai ventri molli di tutti coloro che blaterano d’Italia e di italiani, ma del paese reale e della gente in carne e ossa non gliene frega niente.<br />Cosa si deve ancora subire per prendere una decisione forte, coerente in direzione di un vero cambiamento di costume, di pensiero e conseguentemente di azione?<br />Quando pensiero, parola e azione saranno coerenti e sulla coerenza il popolo sceglierà i suoi governatori e i governatori rispetteranno il popolo che li ha eletti?<br />È stato tutto uno scherzo?<br />La gente scesa in piazza contro la dittatura del greenpass, contro le reclusioni forzate in nome di una scienza impazzita a scopo di lucro, dov’era il 25 settembre?<br />I quando interrogativi sono ormai impregnati di eternità, mentre il desiderio di mutare la condizione esistente, resta sullo sfondo, un ricordo incatenato ai rumori forti di manifestazioni assordanti, che sembrano appartenere ad un’altra eternità declinata al passato remoto.<br />Per farla semplice, in seguito alla tempesta pandemica cavalcata senza ritegno dai padroni spietati dell’informazione e della sanità, e alle speculazioni economico-finanziarie innestate prima e dopo la guerra fratricida in Ucraina dalle stesse consorterie proprietarie anche del sistema energetico globale, il popolo ha preferito il veleno all’antidoto.<br />E se domani, per restare nell’alveo sicuro della canzone, verrete marchiati come bestie da macello, non lamentatevi.<br />Se le promesse elettorali che vi hanno adescato, sventolate come carote, saranno disattese, non lamentatevi.<br />Se la violenza politica si abbatterà su di voi senza ritegno alcuno, non lamentatevi.<br />Se l’insicurezza economica e sociale vi renderà insonni, non lamentatevi.<br />Se sarete obbligati alle transizioni più disumane in ossequio all’agenda maltusiana che vi vuole concime per piante o cibo liofilizzato per i sopravvissuti all’ecatombe energetica o nucleare, non lamentatevi.<br />Se perderete la casa per i debiti estorti da uno Stato aguzzino, connivente di un’ alta finanza diabolica, non lamentatevi.<br />Se non potrete garantire un’altra istruzione ai vostri figli e un miglior accesso al mondo del lavoro, che non sarà certo oggetto di una sana riforma, non lamentatevi.<br />Se i soffitti delle scuole cadranno sui vostri figli, non lamentatevi.<br />Se interi paesi sprofonderanno nel fango a causa del dissesto idrogeologico, non lamentatevi.<br />Se le mafie continueranno a fare loschi affari con la pubblica amministrazione, non lamentatevi.<br />Se i rincari delle materie prime, dell’inflazione, dei mutui vi schiacceranno privandovi del futuro, non lamentatevi.<br />Se la sanità pubblica sarà interamente privatizzata, non lamentatevi.<br />Se finirete ai margini della società, in una spirale discendente verso povertà e malattia, derubati delle minime garanzie di accesso alle fonti di sostentamento per voi e i vostri cari, non lamentatevi.<br />Se sarete valutati come un peso per il progresso acefalo che premia soltanto immoralità e ricchezza, non lamentatevi.<br />Se crederete a qualunque fandonia, perché avete perso il credo della liberazione dai vessatori senz’anima, che vi vogliono schiavi dei loro brand, della rappresentazione social delle loro splendide vite vissute rubando le vostre, non lamentatevi.<br />Se vi affannerete per tre pasti al giorno, in coda davanti agli sportelli della distribuzione di una mera sopravvivenza contraria a qualsiasi immaginazione al potere, non lamentatevi.<br />Se malgrado le sofferenze, le calamità che vi hanno investito negli ultimi anni, non annusate l’odore di morte nell’aria, non lamentatevi.<br />Siete prede senza speranza, pecore impaurite ricondotte all’ovile dal primo pastore che passa, un pastore sadico che si è accordato con i lupi per farvi sbranare.</span></span></p>Alcestehttp://www.blogger.com/profile/04852044188872845420noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-654788918314523587.post-21027086300870162192022-12-03T20:19:00.016+01:002022-12-04T19:57:26.199+01:00Taci, il nemico ti ausculta<p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;"></span></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi_xiDbRqyPnv01aNqesWkv5P60f7pC5-9UlAZrhHDXe2ASzMyG_AGFjr8mx-0EDfv5cMbpIHzBfAcZrt2tSihPcNCkNjuhkYkdbglRBS_fwRXrHEKPMGKBsNec5dK-IVgGmAQSStWP1GcZBjMVWl7tUGp7fzc7flKTFAr1URzPtn5CoGhtcKfmxIijkQ/s1920/Taci,%20il%20nemico%20ti%20ausculta.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1034" data-original-width="1920" height="344" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi_xiDbRqyPnv01aNqesWkv5P60f7pC5-9UlAZrhHDXe2ASzMyG_AGFjr8mx-0EDfv5cMbpIHzBfAcZrt2tSihPcNCkNjuhkYkdbglRBS_fwRXrHEKPMGKBsNec5dK-IVgGmAQSStWP1GcZBjMVWl7tUGp7fzc7flKTFAr1URzPtn5CoGhtcKfmxIijkQ/w640-h344/Taci,%20il%20nemico%20ti%20ausculta.png" width="640" /></a></span></div><span style="font-size: large;"><br />Roma, 2 dicembre 2022</span><p></p><p style="text-align: justify;"></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Ben
prima del pronunciamento della montagna sull’obbligo vaccinale, ho gustato la Silvana
Sciarra in una minuscola dichiarazione di riscaldamento. Viso magro, ma non
smagrito, candida messa in piega, talmente inappuntabile da apparire scolpita,
un taglio cesareo per labbra, la Nostra recitava un cibreo burocratico in
quell’anti-italiano (di cui si lagnò a suo tempo Italo Calvino, pace all’anima
sua) cui la giustizia ricorre quando deve sentenziare senza far capire nulla
di ciò che accadrà. <br />La commedia all'italiana ha ricavato varie scene comiche da tali sgranate di rosario; come quando l'imputato si rivolge
all’avvocato chiedendo lumi: “<i>Ma quanti
anni mi hanno dato, dottò’?</i>”, “<i>Ma
quali anni, Mericoni! Lei è assolto!</i>”; oppure: “<i>Allora l’abbiamo sfangata, dottò’!</i>” “<i>Ma che sfangata, sono cinque anni, Mericoni!</i>”: perché il sentenziese è a doppio taglio significando tutto e il contrario di tutto all'orecchio volgare.<br />Solo che qui la
Silvana ci ha sorpresi. A dir la verità non mi son reso conto, a causa della
mia struttura inconfutabilmente plebea, se fossi ancora in me oppure sprofondato
in un fugace deliquio cui spesso soggiaccio a fronte di autorità così autorevoli.
Già raccontai di quando fui ghermito <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2019/01/terre-piatte-e-alieni-di-capodanno.html">da un soporoso stato psichedelico</a> durante
un discorso di fine anno del Presidente della Repubblica. Probabile
che sia stato così anche stavolta. Le fattezze della Sciarra, già di per sé
aristocraticamente riconducibili al fenotipo mattarelliano, presero a
circonfondersi d’un aura indefinita, da suffumigio rituale; quella
robotica tefillah in una lingua insensata, priva di toni e cesure, un pocolino incespicata e appena sommossa da bollicine tecniche (“a quo”), m’indusse, perciò, da
subito alla rivelazione. Sembrò, insomma, e parlo per me, che la nostra
Presidente, ogni tanto, interrompendo fugacemente la litania, si microaccendesse d'un sorrisino dolcemente estrogeno, labbra serrate e commessure lievemente increspate: da amica d’infanzia; e che, al contempo,
promuovesse tale empatia, </span></span></span><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">quasi inavvertibile, mercé </span></span></span><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">alcune birichine alzatine di
spalla, come a render ancor più complice l’uditorio. “<i>Sebbene nulla comprenda e voglia comprendere ... da questa donna non potrà
venire nulla di male …</i>”, avrò pensato, già assuefatto alla pipa da crack che il
potere mi concedeva: "<i>Questa non è una mia superiore, è la Marina Morgan dei
costituzionalisti, ci vuol bene, tanto … tanto bene … sono gli altri a sbagliare ... io in particolare ...</i>".<br />Qualche ora dopo mi svegliai allucinato, con qualche linea di febbre
nelle ossa.<br />Ero pronto a rigettarmi nei vicoli plumbei della città.</span></span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Se,
nell’inferno più sudicio della postmodernità, esistesse un girone riservato a
chi cercò di imitare vanamente l’intelligenza, questo verrebbe comunque negato ai
giornalisti italiani, troppo in basso per qualsiasi idea di nequizia. Il modo
in cui, tronfi, essi citano questa locuzione latina (“<i>a quo</i>”), cicalando di
“<i>via incidentale</i>”, merita il nostro disprezzo più lutulento. D’altra parte, ma
questo vale per tutti, il giornalismo germinò di pari passo all’Illuminismo
ideologico e tecnico. “The Tatler” e “The Spectator” di Addison & Steele
nacquero ai primi del Settecento, in Inghilterra, dove dell’ideologia non
sapevano che farsene. Rimase la tecnica, l’efficacia, che, proprio per esser al
massimo operativa, aveva da far regredire nella dimenticanza lo stile, la
cautela, l’evocazione poetica. Germinava l’informazione, moriva la verità. In
tre secoli questo rogo ha consumato tutto. Non restano nemmeno i tizzoni
esausti. Solo una fine calcina postatomica, a coprire ogni cosa, ogni granello
fungibile all’altro, all’infinito.</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Sulla
punta della lingua del parassita vi è sempre questo disprezzo antropologico per
chi produce la ricchezza; che il parassita a sé annette, per diritto di casta,
come se questa fosse prodotta da una cornucopia di folletti; <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2022/09/la-casetta-di-marzapane.html">nella casetta di marzapane</a>.<span></span></span></span></span></p><a name='more'></a><p></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Il
parco di quartiere, abbellito da un’epigrafe commemorativa in onore a Giovanni
Paolo II, recatosi in visita presso la vicina parrocchia, è ridotto a una
porcilaia. I rigonfi bidoni dell’immondizia sventrati, a mostrare le viscere.
Merde di cani accortamente randomizzate da padroni vittime di un culto idiota.
Altalene, scivoli e girelli, invece, sono assenti, forse sequestrati dalla
magistratura competente, per motivi che nessuno saprà mai; o fatti sparire dal
Municipio, per motivi che nessuno saprà mai. Al centro, prossima a una parodia d'anfiteatro in ghiaia e cemento (si avevano in mente spettacoli popolari?), sta lei,
la panchina rossa. Pitturata di fresco. L’onore municipale, insomma, è salvo.</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Qualche tempo fa, cinque o sei anni, moltiplicati dalla realtà accelerata della
dissoluzione, posi nel piatto due pietanze apparentemente lontane dalla considerazione
di chiunque: la psicopatia dei dominanti e la mancanza del maschio quale base per l'azione.<br />Sulla
prima credo che, oggi, nessuno abbia da obiettare.<br />La seconda ci si sta rivelando oggi. Addosso al maschio (bianco) vediamo accanirsi il Potere con ogni mezzo. Dalla castrazione chimica
si è passati a quella digitale da infoitment. A meno che non lo si infili negli
orifizi di qualche altro maschio, lo stennarello o il batocco sono membri
dell’anatomia umana riguardati con forte sospetto. E, per la nota figura
retorica della sineddoche, il disdoro stinge sui portatori degli stessi. Più o
meno sani. “<i>Cazzo, diavolo!</i>”, direbbe
l’Ebreo Barabas - in bell’Italiano – nel <i>Jew
of Malta </i>di Christopher Marlowe. Impossibile contrastare l’ondata di ripugnanza
verso il maschio bianco e i fenomeni che, prima, modestamente causava: procreazione, normosessualità, l’ansia purificatrice dello scontro. Nel 2023 occorre sacrificare a Cibele coglioni
e tutto altrimenti non si va avanti. Le relazioni fra maschio e femmina sono
oramai impossibili. A forza di iniettare nelle teste di rapa delle Italiane la
psicologia spicciola da periodico popolare, ci si ritrova un trentacinque
milioni di potenziali Camille Paglia che ragionano come sciroccate. I fogli
degli appunti legali si riempiono di locuzioni come “negare il mio spazio”,
“controllo da stalker”, “repressione della vitalità”, “carriera interdetta” e
così via. Chi nega questo è un potenziale femminicida, un bruto; nonostante il
reato di femminicidio, almeno a cercare in ogni pandetta d'ogni ordine e grado, sia impossibile
trovarlo. Certo, esistono uomini che uccidono le donne, uno su trecentomila
(Italiani?), la percentuale più bassa del globo terracqueo, eppure la tarantella
del reato d’odio viene ballata come se proliferassero i Donato Bilancia. L’unica soluzione, pare, consiste nel
recidere quel filo che ci lega al cromosoma Y come fa Gerard Depardieu in <i>Ciao maschio</i>; festoni di organza celebreranno l'avvenuto rito della novella fertilità.</span></span></span><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;"> <br /></span></span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Dalla
Gazzetta dello Sport: "<i>‘Cinque anni
di squalifica, più una richiesta di radiazione da ogni rango e categoria della
Figc’. È quanto si legge sul comunicato del giudice sportivo, che ha punito un
giocatore della Juventus Domo, Niccolò Falcioni, reo di aver colpito al viso
con una gomitata un avversario che esultava per un gol segnato dalla propria
squadra, la Dufour Varallo. Durante la partita l'arbitro aveva soltanto
ammonito Falcioni, non avendo compreso la gravità del suo gesto. Nel
supplemento di rapporto l'arbitro ha però scritto che si trattava di ‘condotta
violenta e non antisportiva, ma di non aver proceduto con l'espulsione del
giocatore non avendo veduto direttamente né lui né i suoi assistenti il gesto’.
A sopperire, però, ci hanno pensato i telefonini degli spettatori in tribuna. E
per la prima volta in Promozione ci ha pensato la ‘prova tv’ ad aiutare il
giudice sportivo</i>”.<br />Quando
Andoni Goikoetxea, il 24 settembre 1983, frantumò in tre punti la caviglia di
Diego Armando Maradona si prese la nomea di giocatore più cattivo della storia;
rimediando ben otto giornate di squalifica, un’enormità per i tempi che
vedevano numerosi altri assassini a scarpino libero (come Vinnie Jones).<br />Caro
Falcioni, è capitato male. Ha sbagliato epoca. Sotto tiro non è Lei, bensì
il testosterone. È lo Spirito dei Tempi a travolgerLa. Ci pensi, Falcioni, le
prossime domeniche della sua vita, mentre si allenerà tirando alla serranda del
garage.</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Queste
parole disgustose, le mie intendo, fanno di me un potenziale omicida, me ne
rendo conto. Anzi, ora che mi ricordo (il reflusso gastroesofageo della
scrittura riporta alla luce le vergogne più riposte), una volta spaccai il
mignolo d'un mio compagno di scuola. Nel senso che il dito si ritorse
innaturalmente all’indietro, ad angolo retto. Come feci non lo so. Una gara di
calci? Vostro Onore, il mio fu un atto non intenzionale, chiedo perdono al
mondo, avevo quindici anni! Sì, certo, comprendo. Mio dovere è però inviarla
presso una struttura dell’Attis e Cibele Inc. per una revisione dei meccanismi
ormonali. </span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Un
sacerdote, stavolta spagnolo, si infervora<span>
</span>nella predica: “<i>Il diavolo ci fa
cadere nel peccato per poi accusarci davanti a Dio!</i>”. Dopo il missa est,
chiedo conto di tale comportamento diabolico, da agent provocateur della Digos,
non del tutto perspicuo. “<i>Ci accusa
davanti a Dio perché ne è uno strumento. Il Male, inveratosi nel Maligno,<span> </span>è parte e succube del Bene che necessariamente vince</i>”, azzardo.
La risposta, in mezzo madrileno, un po’ bofonchiata, un po' orecchiata, la riassumo così: "<i>Ma no, il Bene, cioè le opere che Dio pone in essere non
possono essere toccate dal Male; Somma proprietà, che solo a Lui appartiene, è trarre il Bene anche dal Male</i>”. “<i>Ah, ecco!</i>”, gli dico. E me ne vado,
anche per non inquinare la sua sacrosanta ansia da
caffellatte. Ma non sono soddisfatto. La teologia è la suprema razionalità. Far quadrare qui gli
ingranaggi spiega noi stessi. Questo diavolo, vittoriosamente tentatore, che va
a farsi bello col Principale come un Tajani qualunque poco mi
persuade. Ecco, invece, il mio dysangelium: Dio è la Totalità. Opera stragi, instilla follie, reca
infelicità. Il diavolo è un Suo strumento, uno dei tanti, l'Impensabile. Il Male, così accortametne generato,
permette all’umanità di resistere nella pienezza della Vita. Si tratta di un
affinamento. Della sfida immane lanciata da chi ci ama senza residui. Egli
stesso patì il Male, nella carne terrena. Come potrebbe aver compiuto questo,
altrimenti? </span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Allora,
questi tempi ultimi, sono scaturigine di Dio? No, perché qui non opera il
Male, ma il Nulla. Il Nulla protozoico<span>
</span>risale le viscere degli eoni per riportarci all’inorganico. Una grande
battaglia dovrà, quindi, prima o poi, avere luogo.</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Gli
unici maschi che vanno bene son quelli del PD. Ne ho incontrati a migliaia
negli ultimi vent’anni. Essi sono i democratici. Non alzano la voce, non
prevaricano, lasciano briglia sciolta ai figli, vanno alle danze antifasciste,
magnificano l’Altro, sempre, qualunque esso sia, purché la presenza di tale
Altro dia torto all’Italia tradizionale. Sono esserini infelici, perduti. Il
guinzaglio delle proprie convinzioni gli pende come un membro floscio dal
collo; resi informi loro stessi. L’occhio, soprattutto, sempre indeciso e
lattiginoso; i lineamenti che annuiscono alla mannaia, l’arroganza delle
argomentazioni, sempre le solite, a negare la razionalità e l’evidenza, una
volta principi cardine della verità. Voi penserete: questo ce l’ha con la
sinistra … Ma il sottoscritto per sinistra intende altro. Giorgia Meloni, a
esempio, è di sinistra. Quello che l’accompagna spesso, Fratel Sarchiapone, pure. Berlusconi, una volta certo dell'impunità, è divenuto di sinistra tanto che una sua ex
fiamma è apertamente lesbica. La destra sopravvive a stento in qualche recita, alquanto
goffa peraltro, utile a intortare chi ancora crede nelle leggende aliene: il tetto al
contante, il tetto al bancomat, la ricostruzione nazionale, il caro bollette … una scarica
diarroica di scemenze, già scoperte come bluff, a nemmeno tre mesi dal voto …
eppure c’è chi spera. Oltre il 60% degli Italiani spera. Il mondo è di
sinistra, come previde l’Illuminato John Lennon in <i>Imagine</i>, o il demonologo invertito Kenneth Anger. La cornucopia di
sinistra vomita il suo bene ogni giorno che Lucifero, Re del Nulla, manda in
terra. La libertà, soprattutto, la libertà. Liberi tutti, ben presto. Per
assenza metafisica e giuridica di colpa, figuriamoci di pena! La pedofilia
arriva a grandi passi, come previsto, la depenalizzazione dei reati di sangue
è, di fatto, tra noi, anche se i fessi credono che esista una magistratura
giudicante; il suicidio è una conquista cui si può ricorrere in ogni momento;
si celebreranno nozze con cani e gatti, fra tre, cinque, dieci persone. Le orge
sono la libertà, la libertà assoluta è un’orgia. Lo spegnersi dell’umanità è
dietro quell’orizzonte che nessuno più scruta. <i>La fin absolue du monde</i>. E
non sarà sparizione che farà posto ad altro poiché, ancora una volta, si sono sbagliati i
calcoli. E che oggi, a mondiali di calcio in corso, viviamo <i>la</i> catastrofe, l'attesa gnostica della fine, nessuno lo dice apertamente. Mi tocca
dirlo a me.</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">In
tempi aridi come questi occorre una disciplina sovrumana. Le tentazioni sono
molte, per chi è contro. Bisogna rifiutare la <i>lectio facilior</i>. La coprolalia dell’insulto,
la goliardia, il compagnonismo. Bisogna distillare la razionalità dell’odio
altrimenti si perde progressivamente il rapporto con la realtà. Selezionare,
sempre e comunque. Letture, scritti, bersagli. <span> </span></span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Inevitabile
che ci scatenassero contro <a href="http://alcesteilblog.blogspot.com/2018/03/un-tenero-esserino-del-futuro.html">i teneri esserini del futuro</a>. Di solito in lingua
inglese, coi capelli rosa, il piercing e un’ignoranza senza pari per ciò che
li ha preceduti. <a href="http://alcesteilblog.blogspot.com/2020/05/la-grande-opera.html">I senza ombelico</a>, allevati in reparti specializzati nelle Università
del Nulla, concionano senza requie sul passato, la vita, l’audacia, la follia.
Si preparano a distruggere tutto. Il loro fanatismo è radicato naturalmente: ne deriva un istinto di devastazione assoluto mai incarnatosi prima nella stirpe di Giapeto. Sono come i Nexus 6, ma privi di ricordi impiantati.
Tabulae rasae all’attacco. Imbratteranno il mondo.</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Come
siamo arrivati a questo? Basta compulsare gli inserti femminili de “Il Corriere
della Sera” e di “Repubblica”. Si tratta di una biblioteca del disprezzo
indotto. Gl’Italiani mammoni (in America a diciotto anni vanno fuori di casa!
Al college!), il patriarcato mediorientale (per fortuna le donne iraniane si
fanno i tatuaggi e il piercing al clitoride! Resistete!), le casalinghe
disperate (ammirate, invece, l’indipendenza di Nara Stabocchi, che a vent’anni
già guida un’azienda di cento dipendenti!) … e poi la grande attrice hollywoodiana
contro le molestie (sexual harassment in the workplace), il reportage antimafia
con l’eroina antimafia, il magistrato antimafia, il femminiello antimafia, il
ritorno del grande cantautore e le sue schitarrate per la libertà dei popoli
prigionieri della non libertà (Nordcoreani? Africani?), la trans albina che
lotta contro le discriminazioni in Angola, il grande, grandissimo, autore
israeliano col suo romanzo generazionale. Tutti a trangugiare questo veleno,
per anni. Perché si era di sinistra, o di centro sinistra, o moderati, ma sempre a
questo trogolo si pappava. Solo l’Italiano faceva la figura dell'imbecille in tali pagine
patinate, in cui, accanto alla fame nel mondo, apparivano pubblicità di Rolex e
haute couture, così, senza rimorso o cesura. L’Italiano, invece, risultava sempre
ultimo. Qualunque statistica sciorinata da questi delinquenti dello spirito ci
vedeva fanalini di coda, assieme a Grecia e Portogallo. Riciclo dei rifiuti:
terzultimi; libertà delle donne: penultimi; tempo di lettura medio: ancora
penultimi; preparazione matematica: ultimi, di sicuro; comprensione del testo:
penultimi; traffico metropolitano: ultimi; lunghezza del membro: quartultimi,
seppur migliori di giapponesi e andamani (i cinesi non si sono prestati alle
misure; gli americani tra i primissimi, forse perché quasi tutti circoncisi.
Non ci credete? Recuperate D-Donna e fatevi una cultura sui cazzi mozzi). Ci
hanno rimpinzato di merda, inevitabile che si sia diventati un popolo di merda.</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">“<i>Ma
dove diavolo sei finito?</i>”, esordisco al telefono appena sento la comunicazione
attiva. Un’esitazione all’altro capo. “<i>Sono finito male</i>”, mi risponde una voce
stanca. Si tratta di uno dei miei interlocutori privilegiati che soprannominai,
<a href="http://alcesteilblog.blogspot.com/2017/06/il-banco-del-pane.html">circa cento anni fa, il Sellin Fuggiasco</a>, poiché si diede a chiappe levate dall'allora caravanserraglio di Nicola Vendola. Lavora a non più di un chilometro di distanza eppure
era sparito letteralmente dal radar. Lo ammetto, non sono socievole, ma
neanche un orso grigio, almeno coi vecchi sconfitti. Lo aspetto in un bar lungo via Cicerone. Sono già lì,
seduto a un tavolino interno. Da fuori lo vedo arrancare sul marciapiedi.
Smagrito, invecchiato. Anzi "anvicchiuzzito". “<i>Tu non cambi
mai, eh</i>”, mi fa, cadendo sulla sedia come un sacco floscio. “<i>Ma no, sono
cambiato anch’io. Uso un altro dopobarba. Insomma che combini? Vuoi qualcosa da
mangiare?</i>".<br />Non risponde e si mette a giocare col dado di legno segnaposto. Comincia a prenderla
alla larga, poi snocciola il cahiers de doléances. Attenzione, non politico,
com’era solito fare. Ma della sopravvivenza quotidiana. Le pagliacciate di
partito le ha abbandonate definitivamente, ora mira al cuore del problema:
scapolare il presente. A tratti recupera il sarcasmo, un baluginio verbale di pochi
secondi; poi riprende il rosario di sventure … lavoro, famiglia ...
mentre parla mi guardo nel retro metallico del portatovagliolini che rimanda la parte
sinistra della mia fisionomia; mi accorgo, ancora una volta, di quanto sia invecchiato
anch’io. Sono alla fine della pista. Dal barbiere le ciocche cadono grigie. In fondo sono stanco:
“<i>Gli uomini come me - possessori del
passato - vivono in uno stato tale di frustrazione: il non vincere mai, e
l’essere votati alla sconfitta, inaridisce. Ecco dunque la decisione che si
deve prendere: o lottare veramente per ottenere qualche vittoria
(nell'orizzonte mentale della nostra vecchia cultura), o accettare di rendersi
complici di ciò che consideriamo 'sacrilegio', ma che la storia stessa sta
compiendo</i>”. E si era nel 1969. D-Donna era ancora di là da venire.
Esistevano uomini con del sangue nelle vene, gente disposta a sacrificare sé
stessa. Ma ora? Mi ritrovo con questo rudere in un bar del mezzo-centro di Roma a
parlare di IMU. Perché a questo l’assalto del Potere ci ha ridotto: a parlare
di imposte. Hanno gradatamente occupato tutti gli spazi vitali, regolamentato
ogni minimo dettaglio dell’esistenza. Siamo prigionieri d'una ragnatela.
Qualche tempo fa diedi una mano allo stand di un’associazione di bimbetti
che si occupano di pittura e modellato. Vendono le loro cosette, ci fanno
qualche soldo, ricomprano il materiale (colori, creta), a volte donano qualcosa
all’associazione di ragazzini affetti da sindrome di down della loro stessa
scuola. Eppure il presidente dell’associazione era un po’ deluso. “<i>Ci hanno fatto un esposto</i>”, mi dice. “<i>Un esposto?</i>”. “<i>Perché non possiamo vendere … solo ricevere offerte … non abbiamo
partita IVA, a dire la verità non siamo neanche registrati all’Agenzia delle
Entrate</i>”. La cosa mi sembrava lunare. Non riuscivo a connettere il fisco ai
cani di creta colorata e ai quadretti con gattini. Chiesi lumi a un esperto. “<i>In effetti non rischiano nulla … forse …
però se è accertato un introito possono divenire … intendo i membri …
aggredibili fiscalmente …</i>”. “<i>Non
credo d’aver ben introiettato la notizia… Arrivano le raccomandate agli scolari?
Fammi capire</i>”. “<i>Ma no, non arriva
nulla. Però è meglio che si mettano in regola … la gente è invidiosa …</i> <i>il Presidente … i genitori, insomma … è
meglio che si registrino all’Agenzia … con un trecento euro sbrigano tutto … e
poi redigere i bilanci … piccole formalità … meglio così, no? E poi adesso ci
sarà un cataclisma nel mondo del volontariato e della promozione sociale … con
il RUNTS … il Registro Unico Nazionale del Terzo Settore … è un gran casino …
l’upgrade, come al solito, coinvolgerà anche le realtà più minuscole … presto
ci diranno dove pisciare</i>”. <i>“E chi
l’ha voluto il RUNTS?</i>”. “<i>Nessuno l’ha
voluto. Quindi tutti</i>”.</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">“<i>Una società che restringe a tal punto
l’ambito paradisiaco<span> </span>dei comportamenti
non pesati del diritto è non soltanto, come ritenevano i giuristi arabi, una
società ingiusta, ma è propriamente una società invivibile</i>”, così l’incipit
di Giorgio Agamben dal suo ultimo scritto: <i>Il
lecito, l’obbligatorio e il proibito</i>. L’Italiano sfinito, depresso,
infelice nasce proprio di qui. L’invadenza e l’invasione dello Stato in ogni
ambito del vivibile. Per monitorare, regolare, insinuare la propria presenza.
Dappertutto. Persino nelle mance dei camerieri. Ovviamente il fine non è regolare o monitorare, bensì sopprimere. Tutta la storia del contante e del
tetto al bancomat, una sciocca parodia in cui ogni deputato o senatore si
trova d’accordo, ma fa finta d’esser disaccordo, è qui riassunta. Non c'entrano i soldi. Non c'entrano le banche. Il succo è: l'Italiano <i>non deve, mai, essere libero</i>; <i>s-pensierato</i>; devono essere spazzate via, e mai più esistere, le riserve di
caccia. Ogni metro quadro di terreno vivibile ha da essere inquinato da
una leggina, da un regolamento, da una dichiarazione firmata, una PEC. Il risultato ambito, ambitissimo, consiste nell’immiserimento creativo di una nazione fra le più creative di ogni tempo. Oggi
l’Italia è bloccata, di fatto e di diritto, costretta in una camicia di forza
terrificante. Persino vendere i giornaletti sul muretto risulta impossibile. Sono sicuro che, prima o poi, arriverebbe qualche scansafatiche col cappello a
cicalare di occupazione di suolo pubblico. Per tacere delle limonate e dei
pasticcini che, da ragazzini, si offrivano al mercato rionale, al principiare
dell’estate, una volta che la scuola era finita, per racimolare qualche mille lire: probabilmente oggi chiamerebbero
la ASL per verifiche. <br />E tutti quegli articoli, saggi, intimidazioni, prese in
giro sul laissez faire, il liberalismo capitalista, i “lacci e lacciuoli”
confindustriali, la superiorità del mondo protestante … come la mettiamo?
Dieci, venti, trent’anni a cianciare di libertà per ritrovarci a fare
autodichiarazioni di esistenza in vita? A vergare, per l’ennesima volta, il
nostro stramaledetto nome e cognome e data di nascita all’ennesimo bugliolo
nazionale? Quante volte lo volete questo nome? Chi diavolo volete che sia a
fare questa richiesta? Codice fiscale, firma digitale, PDF, PEC, SPID per controfirmare,
ancora, la decimillesima istanza che si potrebbe ottenere in tre secondi?
Questo laissez faire allora dove si trova? Sotto il letto di Milton Friedman?
Evidentemente il liberismo non è mai stato tale, ma solo un sistema farlocco
per annientare. Ottenuto il risultato, si è rivelato per quello che
è, sopraffazione <a href="http://alcesteilblog.blogspot.com/2018/08/monarchia-universalis.html">da Monarchia Universalis</a>. Un mondo interamente ritmato da
regole impalpabili e ferree in grado di demolire ogni anelito di autentica
libertà e creatività. Così è. Il 99% dei saggi e delle monografie di questi
ultimi trent’anni sono inganni e prese per i fondelli. Italiani o
angloamericani che sia, essendo i primi delle timide traduzioni dei secondi.</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Scendo
le scalette di un mercatino dell’usato. Non ho ancora perso, purtroppo, il vizio
della lettura. Un tizio mi fischietta dietro, tutto allegro. Ma chi diavolo è? Mi
faccio da parte, mi supera. Il classico tipo del bibliofilo sciroccato, mi
dico, di quelli comunque impaccati di soldi e che accatastano dieci o venti
libri. Pieni di richieste sciocche<span>
</span>(“<i>Dove posso pagare questoooooo ….!</i>”, inalberando un dei tomi prescelti.
“<i>E dove vuoi pagarlo? Magari in quel luogo sovrastato da un cartello 2x1 dove
c’è scritto ‘cassa’?</i>”) che rompono i coglioni a tutti e verso cui tutti, però,
chissà perché, sono deferenti. Ma dove l’ho già visto? 1,65, vestitazzo casual,
barba e baffi ingrigiti, un’epa di formidabile rotondità e consistenza in grado di esiliare a pertinenza la restante persona.
Il tizio pare seguirmi, ubiquamente. Scelgo un buon volume su Balthus,
della Skira, pago una miseria (6 euri) e scappo. Per poi ritrovarmelo all’entrata. E
allora m’illumino. Ora che lo osservo di fronte … ma certo, trattasi nientemeno
che di Luca Telese! Ma sì, è lui! L’uomo dei cuori neri. E poi dei cuori rossi.
A piangere i morti destri del terrorismo e poi i morti sinistri del terrorismo.
Il comunista che scriveva su “Il Giornale” del perfido destrorso Silvio
Berlusconi! Il giornalista sposo di Laura Berlinguer, figlia di Enrico! Il
cognato di Bianca! Bianca Berlinguer, che, a trent’anni, fu chiamata da Sandro
Curzi al TG3! Inaspettatamente!</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Narra
la sorella Laura che, allorquando Bianca rivelò al Papà la sua intenzione di
fare la giornalista, questi, dopo un breve silenzio berlingueriano, le disse di
cominciare dall’arabo. Impara l’arabo, un giorno verrà tutto di là. E Bianca,
giudiziosamente, cominciò a faticosamente rovistare nell’ABC dell’Aquila di
Saladino. I risultati furono magri, chiosa Laura, ma il sogno di Bianca si
realizzò lo stesso. Ella, infatti, fu chiamata.</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">A
distanza di tanti anni, mi chiedo spesso,
calpesto e deriso, chi abbia mai chiamato me. Forse l’Italia? Ho chiamato tante
volte l’Italia, ma non mi ha mai risposto. L’Italia chiamò! Sì, ma quando? Ai
tempi dell’Aeronautica Militare, certamente. 200.000 lire al mese. Poscia, quando ebbe a furoreggiare Equitalia, una decina di volte. E quindi ... l'Italia chiamò ... quando? O forse era l'Agenzia delle Entrate? Perché
pure questa, non si sa perché, avendo il tenore di vita di un canarino, mi chiama
con frequenza. Vero è che rispondo solo con pernacchie, però … l’unico filo che un
cittadino intrattiene con il proprio paese sono i timbri di qualche impiegatico
psicopatico, di quelli che chiedono il bancomat per pagare euri 1,50 alla Casa Comunale di Roma.</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Questa
mania della bibliofilia, però, deve smettere. È una malattia. Per fortuna ho fatto fuori quasi tutto il Novecento. Sopravvive poco. Calvino, Moravia, Fenoglio, Pavese, Eco e compagnia li bruciai qualche anno fa. Mi rimane una raccolta di Buzzati (i racconti fantastici), l’opera omnia di Gadda, il Pasolini degli scritti sulla
società, poco di Papini e Malaparte. Ho tenuto Federico Zeri. A
vent’anni sei diverso dai trenta; superati i cinquanta entri in terra aliena.
Gli scaffali dei libri mutano. Da vivaci impalcature sempre in movimento
degenerano in necropoli d’insofferenza. I Francesi … a che pro? Dopo Baudelaire
mi tengo Céline, Cau e Raspail e altre briciole. I crucchi mi danno,
oramai, ai nervi. Letteratura americana? Solo Philip K. Dick e la trilogia di McCarthy, oltre ai
finti americani: Eliot, Lovecraft, Bierce, Hawthorne, Poe. Ambrose Bierce …
l’avete mai letta <i>The damned thing</i>?
No? Sapete qual è la miglior resa filmica di Bierce? Di un regista serbo.<br />Sudamericani? Solo Borges, Bioy Casares e affini. <br />Cortazar? Mi fa venire
l’orticaria. Marquez, Vargas Llosa. Per carità.<br />Solo la classicità mi rasserena. A esempio l’<i>Halieutica</i>
(<i>Sulla pesca</i>) di Oppiano di Anazarbo (oggi in Turchia); un’operina in esametri sulla fauna
marina che il Nostro compose in onore di Marco Aurelio durante un soggiorno
presso l’isola dalmata di Melite. Dell’<i>Halieutica</i>
venni a sapere da un trattatello, se non ricordo male, di Marcel Detienne ove
si citava il poeta cilicio riguardo il comportamento difensivo della seppia:</span></span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">"<i>Su queste astuzie ancor stanno le seppie: <br />hanno esse ne’papaveri racchiuso<br />un negro sugo, più scuro di pece,<br />d’un’umida caligine, rimedio <br />invisibil, che in lor si nutre, schermo<br />di morte ...</i>" </span></span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Questi uomini …
la loro deferenza nei riguardi della natura, il rispetto della forma letteraria
per cui il rigore dell’osservazione scientifica si sposa benigno con quella
della versificazione ... e poi i nomi ... il dolce accenno, sempre presente, a mari e terre che ci videro
nascere - la nostra patria.</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Ci
si deve liberare dei miti. Un gendarme non ha un Don Matteo che ne diriga la
filantropia e nemmeno Salvo Montalbano nell’organigramma. Egli esegue gli
ordini. Se questi contemplano la distruzione dell’Italia egli esegue. Il medico
esegue, il chirurgo anche; e così il finanziere, l’impiegato allo sportello,
l’addetto cimiteriale, l’infermiere, il dirigente scolastico. È lo Stato,
signori, quella macchina svuotata di senso di cui subiamo la potenza residua. Un
basso patriziato che non ci farà sconti perché siamo Italiani e una volta si
tifava assieme Paolo Rossi; nessuno risponderà agli appelli. Questa gente la
notte dorme saporitamente. O sono psicopatici oppure eseguono gli ordini. Se
anche ammazzassero milioni di noi continuerebbero a ronfare. Nel loro sogno di
giusti l’IBAN frinisce come un’incandescente locusta metallica.</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Ci
dobbiamo sbarazzare di qualunque santino. Persino di quelli apparentemente
innocui e amichevoli. Se sono tempi di rifondazione ideologica lo saranno anche
per noi. Il santino di Sandro Pertini. Immodificabile, con la pipa, l’entusiasmo
al Santiago Bernabeu, la partitella a tressette sull’aereo con Bearzot, gli appelli
ai giovani. I giovani. I giovani. I giovani. “<i>Valerio </i>[Verbano]<i> era morto
da pochi mesi </i>[22 febbraio 1980]<i>. Io e Sardo </i>[Carla e Sardo Verbano, i genitori]<i> ricevemmo una telefonata: era il
Campidoglio. Ci chiesero se desideravamo partecipare alla commemorazione delle
Fosse Ardeatine </i>[il 24 marzo]<i>… La macchina del Campidoglio venne a prenderci davanti
al portone, lì dove c’è la lapide … ci portò alle Fosse Ardeatine. Quel giorno
pioveva. Ci fu la cerimonia, sul palco insieme con noi c’erano il sindaco </i>[Luigi Petroselli]<i> e il presidente della Repubblica, Sandro
Pertini. Mio marito aveva una vera passione per lui,<span> </span>una stima inesauribile, quasi un’adorazione.
Alla fine delle celebrazioni, il sindaco si rivolse a Pertini, accompagnò le
parole con un gesto della mano, da lui a noi: 'Posso presentarle i genitori di
Valerio Verbano?' Pertini diede un colpo sulla mano del sindaco, si voltò e
andò via. Il sindaco lo seguì ossequioso. Nostro figlio era morto da pochi
mesi. Io e mio marito rimanemmo sul palco, a guardarci, soli com’eravamo ogni
giorno</i>”.<br />Qualche
anno prima (1973), in un’intervista a Oriana Fallaci, Pertini parla dei
fratelli Pippo e Eugenio. Pippo, il milite fascista, iscritto al PNF dal 1923 (“<i>Ci togliemmo reciprocamente il saluto. Se
per caso ci incontravamo per strada, io guardavo da una parte e lui dall’altra.
Se io andavo da mia madre, lui non ci andava. Se lui andava da mia madre, io
non ci andavo. Per non vederci</i>”); ed Eugenio, fucilato come resistente
comunista nel campo di Flossenburg, il 25 aprile 1945. “<i>Mio fratello Eugenio e …
prima Pippo e poi Eugenio e …Oriana… mi creda … abbiamo pagato… Oddio!</i>”.<br />L’impressione
è che Pertini, anche quando parla degli altri, parli di Sandro Pertini. Pertini,
infatti, fu anche questo. Un egocentrico, e pure un combattente dal fegato d'acciaio, l’uomo sprezzante che rifiutò il saluto ai genitori di
un giovane assassinato e al proprio fratello, colui che trovò il coraggio di votare contro l’adesione dell’Italia alla NATO, nel
1949; tutto questo. Ma chi mai ci ricorda tale impasto umano? <br />Ognuno canticchia Toto Cutugno. </span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">L'omicidio del diciannovenne Valerio Verbano è uno dei tanti casi insoluti degli anni di piombo. </span></span></span><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Pochi giorni dopo
il delitto la Procura smarrì il cruciale dossier da lui assemblato in cui poteva rinvenirsi il movente; ne fu ritrovata in seguito una copia, ma, come dire?, si trattava d'un sunto depurato del meglio. Anni dopo, nel 1989, il magistrato competente ordinò, invece, la soppressione di
fondamentali elementi di prova (il passamontagna, la pistola): il tutto a termini di
legge, sia chiaro. Altri elementi, invece, scomparvero qua e là, senza un motivo. Non si trovano, dissero. Quando, negli anni Duemila, un altro magistrato fu sul punto di scoprire qualcosa si trovò davanti il muro della smaterializzazione delle prove. In ogni caso tutti dormono bene. <br />Carla
e Sardo Verbano, comunisti, non trovarono aiuto neanche dai compagni. Il Partito, infatti, non si fece mai
vivo con loro. Quando lei, morto il marito, andava a rinnovare la tessera in sezione, manco la guardavano in faccia.<br />Solo due uomini mostrarono un poco di insperata solidarietà. </span></span></span><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Il primo fu Giampaolo Mattei, fratello
di Stefano e Virgilio, i figli del segretario MSI di Primavalle, morti bruciati in un attentato di Potere Operaio. Il secondo, che li mise al corrente </span><span style="line-height: 115%;">dei pochi spicci che lo Stato aveva
previsto per i familiari delle vittime del terrorismo: Luca Telese.</span></span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Occorsero
decenni a Carla Verbano per scoprire la verità essenziale sullo Stato, sull’assassinio
insoluto del figlio e sul patriziato che decide la vita e la morte dei
cittadini, ogni giorno. L'essenza cristallina del Potere, quella che colpiva Walter Kurtz in piena fronte, fra gli umidi afrori del Nung: “<i>Io odio i film
sulle BR e sul terrorismo rosso e nero, perché … li mostrano come eroi
sbagliati, i protagonisti e i coprotagonisti, ma li fanno sempre avventurosi ed
eoici anche quando vogliono metterne in evidenza la pochezza; li raccontano
sempre con ques’aura di fascino, di esattezza rivoluzionaria, di piani studiati
nel dettaglio. Invece a me quegli anni, a volte, sembrano più le comiche …. Uccidere
qualcuno perché lo si scambia con un altro, solo perché il passante ha il cappotto
dello stesso colore del bersaglio, non è una cosa seria</i>”.</span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Sì,
non è una cosa seria. Come nei due anni COVID. Abbiamo letto e visto e
ascoltato tutto e il contrario di tutto, a caso. Come allora, non è stata una
cosa seria, ma un’operazione di psicopolitica dettata da palazzi di cui si
intravedeva a stento il mezzanino. Il patriziato di casa nostra ha solo
eseguito. Farsescamente. Se qualcosa rischiava di deviare dal corso prestabilito
degli eventi, intervenivano i servizi devia(n)ti (a raddrizzare la devianza). Niente
di più, niente di meno. Lo Stato avrebbe potuto schiacciare il comico
terrorismo rosso e nero in pochi mesi. Come dimostrò Dalla Chiesa, peraltro.
Però non l'ha fatto perché il terrorismo serviva ad Altro. Lo Stato avrebbe potuto svelare la truffa del Coronavirus in
pochi giorni. Però non l’ha fatto perché la recita ne preparava di ulteriori, più importanti. Quanti giovani Italiani si sono scannati? Quante madri hanno pianto? Quanto dolore è stato sparso? Quello necessario,
risponderebbe Qualcuno. <span> </span><span> </span></span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Passo
in Prati, a via Faà di Bruno, verso le 16.30. Una merceria: “Da Graziella”.
Un’anziana signora siede all’interno, le spalle un po’ ingobbite rivolte alla
sede stradale, la testa canuta rischiarata da un neon da negozietto anni Settanta.
La scritta “Da Graziella” è composta da scotch colorato in rosso, un grossolano
restauro, forse, d’una più ambiziosa che ornava la vetrina nel passato. Un paio
d’ore dopo ripasso. La gola mi fa male, l’aria si è fatta umida. La signora è
sempre lì, nella stessa identica posizione, solo il capo è fisso, chinato al
pavimento e rivolto, come prima, verso l’interno. La stanzetta, che il neon ora
rischiara con più forza, è vuota. Non so cosa si aspetti Graziella, ammesso che
sia lei. Una lady caduta in disgrazia, ma ancora in ghingheri, che abbisogna
d’un orlo? Una vedova dai polpacci erculei in cerca d’un rocco di filo da
imbastire? La vecchina ottuagenaria che elemosina un nastro dalla sua vecchia
amica di quartiere? Più avanti un’edicola coi suoi periodici impilati, i
fumetti accatastati mentre la proprietaria, sfinita dalle alzatacce, guarda fisso il marciapiede e la strada, completamente sgombri dai
clienti.<br />Mi
chiedo quanto ci vorrà ancora.<br />Perché
se c’è una cosa che detesto, e la detesto da sempre, è lo stillicidio. Se una cosa deve esser fatta che sia presto
fatta.</span></span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Ciò
che davvero odio nel Potere che ci domina non è l’averci cacciati in un vicolo
cieco tramite le centinaia di traditori eletti, cooptati o nominati nelle istituzioni decisive dello Stato, ma averlo fatto spegnendo
lentamente il genio degli Italiani: l’improvvisazione bruciante e creativa che
reagiva ai rovesci della Storia cioè, in ultima analisi, la forma suprema di
intelligenza. Da questo punto di vista si era inaffondabili. Invece si è deciso
di lentamente avvelenare il sangue, di immiserirlo, di esporci al ludibrio
continuo, incessante; all’autodenigrazione ridanciana. <br /></span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Esce
l’ultimo film con Alessandro Gassman, <i>Io
sono vendetta </i>(2022). Per strada noto il manifesto: sullo sfondo s'intuisce un bosco; lui col muso ingrugnito assieme a una ragazzina, probabilmente in fuga ... “<i>Minchia, che fantasia … in ventotto anni non
gli è saltato in mente manco di cambiare il taglio di capelli alla bimba</i>” …
che, infatti, rassomiglia a Natalie Portman (<a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2018/04/umanita-al-guinzaglio-natalie-portman.html">prima o poi Presidente d’Israele, ricordiamolo</a>) in <i>Léon</i> (1994), filmetto
d’azione di Besson che ebbe almeno il merito di lanciare il buon Jean Reno. Il solco
fra il cinema attuale, diciamo così, e l’action italiano dei Settanta si è
fatto talmente profondo da superare la fossa delle Marianne. Non stiamo
parlando di Fellini, Risi o Visconti, bensì del cinema popolare dei Settanta,
quello di Castellari, Bava e Di Leo che si gustava nelle fumose sala di
borgata, sui sedili di legno. I volti, anzitutto, i volti, soprattutto dei
figuranti, dei comprimari: volti introvabili, oggi, pure a cercarli nelle
carceri o nelle banlieu più estreme. E poi il mestiere, il mestiere. Il saper
fare. I ralenty di Castellari, gli inseguimenti e le sparatorie, che hanno
fatto scuola in tutto il mondo e si mangiano John Woo con tutte le scarpe. Ma
quella era l’Italia creativa, improvvisatrice, che i traditori, già ampiamente forniti di
mazzette, col loro eloquio da Yale o da attico in Trastevere, presero a
demitizzare e irridere come Stellone; perché i loro mediocri padroni, di cui si compiacevano d'esser sguatteri, erano atterriti dai nostri tre millenni
di costruzione culturale. <br />E poi: Enzo G. Castellari (1938-vivente) fu davvero
un artigiano? Gli toccò girare <i>Cipolla
Colt</i>, è vero, perché i soldi mica venivano dal ministero della merda
pubblica, però è suo anche un noir psicologico come <i>Gli occhi freddi della paura</i> (1971) …
qualcuno l’ha visto?<br />Il
mediocre Quentin Tarantino ne ha riconosciuto segretamente la statura ospitandolo
per un cameo in non so quale sua sciocca produzione polcorretta. <br /></span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"></span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Quante
cose abbiamo date per scontate. Anche Marina Morgan (Marina Meucci,
1943-vivente). Ma l’avete mai vista bene? No, dico … perché Kim Basinger e
Farrah Fawcett hanno un loro perché, ma non come la Meucci … a guardarla per
bene, dico. Anche perché la Fawcett, benché vistosa, era troppo costruita ... in "Charlie’s Angels", a dirla tutta, pencolavo per Kate Jackson ... Certo, pure gli Americani, poi, stanno messi male ... basti vedere con chi hanno
sostituito nel 2010 il terzetto originale … pure loro c'hanno le paturnie ... oltre a dover obbedire a certe esigenze transnazional-uraniste ... <br /></span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"></span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">A
girare per Roma ci si accorge con evidenza sempre più innegabile della
deformità fisica degli Italiani. Si crede, forse, che la pace porti donne e uomini
belli? Au contraire. La caduta inesorabile del welfare inclina già alcune
ragazze a incurvare le gambe, il minor reddito reca la sciatteria. Le classi
vedranno riaffiorare negli angoli le racchie, le bollose, le storte. Com’era
una volta. Già adesso si vedono poche vere bellezze in giro. Le ragazze son carine
seppur di un grazioso anonimo. Dei maschi sarebbe giusto tacere. A furia di
castrarli c’è rimasto poco. Esserini snervati ed esangui, neanche buoni da tritare per la
sbobba del junk food. Gli tocca fare i gradassi da palestra. Gli steroidi, però, non
restituiscono l’onore perduto. <br /></span></span></span></p><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;">
</span></span><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"></span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">“<i>Ma,
insomma, quale libro mi consigli da leggere?”. “Stavolta mi supero. Si tratta
di un saggio fondamentale, benché misconosciuto, per comprendere
onnicomprensivamente l’Italia del dopoguerra. Essenziale, compatto. Come si diceva a suo
tempo: propedeutico a qualsiasi rivelazione</i>”. “<i>Ah, bene. Onnicomprensivamente,
addirittura! Sei in forma, oggi! E qual è ‘sto capolavoro?</i>”. “<i>L’armistizio. Leggilo. Senza mediazioni. </i></span></span></span><i><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;">Sta su Internet</span></span></span></i><span style="font-size: large;"><span style="font-family: inherit;"><span style="line-height: 115%;"><i>, è gratis</i>”<span style="font-family: inherit;">.</span> </span></span></span></p><p></p>Alcestehttp://www.blogger.com/profile/04852044188872845420noreply@blogger.com68tag:blogger.com,1999:blog-654788918314523587.post-2365034718136739192022-11-07T17:50:00.005+01:002022-11-07T17:50:50.727+01:00Suppliche laiche [Il Poliscriba]<p style="text-align: center;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjke9UpiJEublFVKzcChbIeRQPvMrSsSuzyos3h-UOoyJ_KgA27ci-AEPRZfQlEHmByUHlpF21zaS1x0RugTbBRZIzBY_On8FY__Q2akQQs-5HOQLMII6Y15TJhrHdqAyygYKdmSDR3evv5GHGz4L6FACohmlXHnbDwR_Fnjp-broO8M-9saPml1Ys7Wg/s990/Suppliche%20laiche.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="542" data-original-width="990" height="350" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjke9UpiJEublFVKzcChbIeRQPvMrSsSuzyos3h-UOoyJ_KgA27ci-AEPRZfQlEHmByUHlpF21zaS1x0RugTbBRZIzBY_On8FY__Q2akQQs-5HOQLMII6Y15TJhrHdqAyygYKdmSDR3evv5GHGz4L6FACohmlXHnbDwR_Fnjp-broO8M-9saPml1Ys7Wg/w640-h350/Suppliche%20laiche.JPG" width="640" /></a><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"> <br /></span></span></span></div><p></p><p style="text-align: center;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">Il Poliscriba<br /></span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><br />Ho visto persone schiacciate da una pressione idraulica contro il cemento, affermare il dissenso contro criminali negazioni.<br />Alcune di loro indossavano abiti da lavoro, altre stringevano rosari tra le dita, sacralizzando oltremisura il disfacimento dei fondamenti costituzionali, altre ancora, araldi di una normalità vinta dal quotidiano esistere, urlavano a divise insensibili il disperato bisogno di comunità e giustizia terrena che ci costringe separati, accartocciati negli invisibili angoli dell’egoismo di comodo. <br />Guerra tra stipendiati e salariati, tra redditi protetti e disoccupati, tra sani e presunti malati, tra vecchi e giovani, tra controllori e controllati, tifoserie inventate ad ogni nuovo giro di giostra dell’ opinionismo d’accatto … ‘ma il cielo è sempre più blu’.<span></span></span></span></p><a name='more'></a><span style="font-size: large;">I prodromi di questi plurimi divorzi facevano sorridere: l’italianuzzo inconsapevole prostrato al cospetto di format costruiti tutti intorno a lui, randellato dalle pirotecniche abilità oratorie di conduttori coadiuvati da oscuri autori, maestri occulti nel maneggiare le pericolose contraddizioni in seno al popolo.<br />Né avanti, né indietro tutta, ma ... a tutto sprofondo! <br />Ci sono suppliche laiche che meriterebbero di essere ascoltate, sospinte fino agli altari “sacri” della democrazia, se veramente la sovranità appartenesse al popolo.<br />Ve ne sono altre che turbano la stabilità stessa della vita e in genere invocano una ridda inesauribile di diritti e respingono anche i più semplici e sensati doveri.<br />Il sospetto che questa sovranità appartenga da lungo tempo ad un’oligarchia autoreferenziale dei peggiori, è divenuto certezza, un granitico disincanto schiaffeggiato da manganelli, respinto da scudi di plexiglass, crivellato da leggi inique, appoggiato da professionisti della statistica e dell’algoritmo: golem teleguidati, gelidi traders dell’anima, esecutori diretti o indiretti di una mattanza sociale eseguita giocando al rialzo, scommettendo sul default economico, nervoso, emotivo, mentale della società liquida, ormai in via d’ evaporazione... il future più redditizio che ci sia.<br />Una società strattonata da talk politicamente disambigui, satura di strilli che intossicano il libero pensiero, immunizzata contro il sano cambiamento di facce e colori, quando la matita cala nel frammentato silenzio della cabina elettorale e, lo stare con se stessi, un’abitudine persa da secoli, terrorizza la sicura tranquillità del non rischiare. <br />In difesa di tale pericolosa stilla delle viscere, l’espressione più docile si manifesta nel porre quel graffito sul simbolo già visto e conosciuto, incastonato in neuroni aggrovigliati in modalità risparmio cognitivo, ignari della propria conformista schiavitù brandizzata.<br />Quelle resistenze contro violenze d’acqua e istituzionali, pensavano in molti, promettevano un riscatto, anche se con i ricattatori non bisogna mai scendere a patti.<br />Oggi, dopo mesi di astrazioni fondate su oceaniche adunate di piazza, i nuovi adulatori del popolo, scelti nel segreto di migliaia di laici confessionali, eletti a possessori dei consessi collinari della Capitale, si ritrovano a fronteggiare vecchi problemi con vecchi strumenti e solite, solide rendite di posizione corroborate da mensilità a cinque zeri. <br />Rivoluzione è parola confinata nel sidereo astronomico, nell’anfratto storico rispolverato, di quando in quando, da professori di storia attratti dal facile like e dall’incetta di visualizzazioni sul tubo.<br />Tutto molto trasgressivo, come fumare nei corridoi durante le lezioni più noiose, in genere le più importanti, corridoi oggi ridotti a poltrone ergonomiche davanti a schermi piatti in ossequio a piatte esistenze.<br />Alla fine, dilagano i divertimenti di massa, e forse, smuovere i glutei in direzione contraria, verso i creatori e i distributori di illusioni, non è solo un esercizio ginnico da un’ora al giorno o scambiare un divano col sellino di una superbike, ma mettere in pericolo la convinzione che, se non ti prendi in faccia, sulla schiena, nello stomaco gli strali del potere dominante, le tue suppliche laiche non otterranno risposta, perché, in altri luoghi e in altri cieli, la sovranità appartiene a Dio.<br />Il resto è libero arbitrio, un arcaico modo di definire il dominio della coscienza, anch’essa un arnese arrugginito e in disuso che, prima o poi, occorrerà riutilizzare per non usare a sproposito il termine responsabilità e non essere ricordati da psicologi del tempo post-apocalittico che verrà, involucri senz’anima.</span><p></p>Alcestehttp://www.blogger.com/profile/04852044188872845420noreply@blogger.com11tag:blogger.com,1999:blog-654788918314523587.post-15269492457134436412022-10-23T11:36:00.024+02:002022-10-23T13:39:57.702+02:00Il ragionier Giuda<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><img border="0" data-original-height="794" data-original-width="653" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEirKU41LxuF7B6BH9o0To9B4DV8k22op9UriFBZkbTPMuEkwuLJuuxgz86XZaW6MXpW5QYxwmwTEeyS41YmVF-HlmILuhGLucetUd-C84V0sU9anj91xwp53BbAId_nXBnQEN1kH4FS-g9vNwZfUiu2KP7p3D5imRcjpGLcCB6VvroO1jO1zt4eavnG_A/w526-h640/Quentin%20Massys,%20Gli%20esattori.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;" width="526" /></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Quentin Massys, <i>Gli esattori</i><br /></td></tr></tbody></table><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">Roma, 21 ottobre 2022</span></span></p><p style="text-align: justify;"></p><p style="text-align: justify;"><!--[if gte mso 9]><xml>
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</p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">La
destra ha vinto! Infatti comincia a rendersi ridicola. Predato il bottino
clientelare, spingerà sempre più per la propria dissoluzione sino a
riconsegnare l’Italia alla gang progressista internazionale di cui, peraltro,
fa parte da almeno vent’anni. Giorgia
Meloni ha un compito difficile, una parete di sesto grado spalmata di vaselina:
occupare le furerie con tutte le locuste disponibili e recare al fallimento il
proprio governo in tempi ragionevoli. S’intenda: ragionevolmente lunghi per far
digerire all’elettore-tifoso la nuova disillusione; e il nuovo tecnico che ci
salverà.</span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Il
lascito più pericoloso dell’ingannevole democrazia 5S è stato quello di far
credere che la corruzione consiste nelle tangenti, nelle valigette zeppe di
contanti, nelle buste rigonfie di pezzi da venti euro. Instillare nel
popolicchio l’idea che il politico sia un rubagalline, insomma, così come
l’imprenditore, mentre invece il ladrocinio avviene strutturalmente, sotto gli
occhi di tutti, con atti ineccepibili o per mezzo di atti omissivi talmente
difficili da dimostrare che le indagini, ammesso che partano, non possono che
arenarsi nelle sabbie della prescrizione. Il popolicchio vive in una casetta di
marzapane, al riparo della verità. E la verità è che il patriziato ormai fa blocco
al di là del bene e del male. L’intero affare dei tamponi, a esempio, così come
quello dei ricoveri COVID, è stato progettato a tavolino, durante cene ricche
di leccornie e vinelli, presenti imprenditori sanitari, magistrati, altolocate
sezioni della gendarmeria italiaca e, ovviamente, alcuni legislatori, a livello
locale e nazionale. Queste locuste non si preoccupano certo delle indagini,
delle inchieste o delle cimici di Report; gli unici loro timori sono gli
avversari politico-mafiosi: solo quelli possono fargli le scarpe. Un ex
presidente regionale, tanto per fare un altro esempio, si scavò la fossa con le
proprie mani allorché, in qualità di giornalista, mise in luce alcune anomalie;
le locuste se la legarono al dito, lo fecero addirittura eleggere per poi
sfruttare i suoi vizi; risultato: scomparso dalla circolazione. Ma
l’Italianuzzo crede ancora a Mario Chiesa o <a href="https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1991/09/06/roma-cosi-vive-nel-terrore-quell-onesto.html">al democristiano romano con i venti milioni di lire del barista Pancino nelle mutande</a>.</span></span></span></p><a name='more'></a><p></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">La
chiave per comprendere i tempi è di una semplicità accecante: l’inversione.
Nessuno, però, accetta le conclusioni di tale blanda operazione interpretativa.
A esempio: se posto una foto della Meloni Giorgia sottosopra, a richiamare
trivialmente l’esecuzione di Benito Mussolini, per chi sto facendo il tifo? Per
la sinistra? No, quelli son già malati da par loro, inutile sperare di
convincerli. La destra? Ma no … per i motivi anzidetti. E allora? Sto facendo
il tifo per il sistema. Riattizzare le spente braci dell’ideologia spinge nella
cabina elettorale; e, quindi, alla tenuta del gioco. Operazione non dissimile
da chi posta Fabio Fazio e i miliardari col Rolex … credendo di far quale
operazione-verità … e si taccia su chi, ancora, parla di nazismo, o fascismo, o
comunismo. Ne ho sentite di tutti i colori in questi ultimi due anni … Zelenski
e il battaglione Azov sono nazisti … Putin fascista … il Covid cova … cosa? Ma
il comunismo! … mi sarei aspettato, da gente eccentrica, ovvero che riguarda la
Storia da posizione fuori dai punti focali predeterminati, una maggiore libertà
… libertà persino dalle proprio idee, intendo … e considerare questa svolta
epocale, mai vista, per quello che è, una autosoppressione dell’umanità residua
… e invece tutti, prima o poi, si attaccano al biberon della nostalgia … i
comunisti i nazisti i fascisti i bigotti …</span></span></span><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"></span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Vogliamo
alzare il tiro? Il comunismo il nazismo il fascismo il bigottismo … non
esistono … esistono configurazioni umane, eterne rispetto alla struttura
dell’anima, che chiedono di <i>durare</i>
… non esistono bigotti che impediscono alle proprie figlie di farsi inculare a
quindici anni nell’androne del condominio … bigotti scaturiti da una Centrale
Cattolica Internazionale del Bigottismo come crede Michelina Murgia … la
pudicizia, signori, è un’incrostazione stalagmitica costituitasi nei millenni
onde preservarci dalla dissoluzione … che oggi chiamino libertà la porcilaia
(lo fanno tutti) è un segno isaiaco dei tempi … pudicizia e ritenutezza inveratesi a
chiazze lungo la storia, per cause più o meno da sposare - con la regina Vittoria, il primo puritanesimo, Savonarola,
Marco Aurelio, Adamo ed Eva, con l’anima dei mortacci vostra, con chi volete …</span></span></span><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;"> </span></span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;"><a href="http://alcesteilblog.blogspot.com/2017/09/i-diecimila.html">Come i Diecimila di Senofonte</a>, uno dei simboli della resistenza è Ulisse. Portato in
una guerra non sua, lontano dalla patria, egli vede lentamente decimare i
compagni lungo la via aspra del ritorno, fra mille insidie; rimasto solo, fra
Scilla e Cariddi, trascinato dai gorghi, alle soglie della morte, Ulisse si
aggrappa a un umile fico che sporge dalle pareti rocciose; resiste, nudo e
apparentemente inerme; placato il maelström, si lascia andare in acqua aggrappandosi al
fasciame sconvolto della nave. Altre avventure, la resurrezione alla spiaggia
di Nausicaa, la Luminosa; a Itaca (lui! Il re!) nessuno lo riconosce se non il
cane; e la nutrice, la madre; sanato il corpo, rinfrancato nel cuore, egli
muove alla strage, benevolmente posseduto.</span></span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Capisco.
Vi sentite indifesi, perduti. Nudi di fronte a forze troppo grandi. Occorre
resistere, nonostante questa tenacia appaia vana e degna di riso. Lo sberleffo
fa parte del Golgota che ci aspetta. Resistiamo. A tempo debito, ci caleremo
in mare dove il fasciame sconvolto della tradizione ci porterà inevitabile alla
spiaggia risanatrice. Aspettare, ancora. Pochi ci riconosceranno. Sconosciuti,
tenderemo l’arco. La vendetta durerà secoli.</span><i><span style="line-height: 115%;"> </span></i></span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><i><span style="line-height: 115%;">Se, frantumati i loro simulacri,<br />noi li scacciammo via
dai loro templi,<br />non son morti per ciò
gli dei</span></i><span style="line-height: 115%;"></span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Hai
letto McLuhan? No, ragazzi, trovo più istruttivi i siti pornografici. Per
tacere di quelli pervertiti. Un di questi, <a href="https://www.bigo.tv/it/">Bigo Bigo Live</a>, è rivolto a ragazzine
e ragazzini. Ci si scambiano giochi, video, immagini … a coprire il grosso:
sorta di vetrina da prostituzione per tredicenni. Le icone son quelle da
ipermercato della Monarchia Universalis, una festosa celebrazione della finta
verginità: la nordica statuaria, l’asiatica, la negretta, la musulmana col
velo, la moretta col labbro deliziosamente enfio … a chiudere la pubblicità (la si trova nei videogiochi da Ipad), di solito, due
ragazzine in minigonna, una biondina, l’altra castana, a simulare arrapamenti
da Lolita e a far intuire, fra loro, un cedimento saffico … tutto alla luce,
tanto chi controlla? Altro che Humbert Humbert, qui<span> </span>si raschia la gromma più fetente alle brame
che risalgono i lutulenti e subliminali crepacci del Cenozoico …</span></span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Il
pallettaro Roger Federer si ritira. Al suo fianco Nadal, il grande avversario.
Non v’è Pindaro accanto a loro a forgiare epinici. Il postmoderno è sempre di
un casual deprimente, goffo; la nettezza che vi si avverte è solo mancanza di
spessore, di animo; il grigiore avvolge tutto. I due si tengono per mano come
due invertiti di Saint-Tropez, ricchi e annoiati, che scambiano il sentimento
per sentimentalismo: appiccicoso, peraltro; ottuso; i volti deformati dal
piagnisteo, arrossate maschere puerili, rassomigliano a quello di Fedez, l'influencer zelenskiano coi tacchi a spillo, anche lui avant- garde della lacrima polcorretta. Per
vent’anni gli aficionados del tennis hanno tifato questi; tifo è il termine
giusto. Si tifa. Non qualcuno o la propria squadra; si tifa, senza passione,
senza nerbo, con la bibita gassata in una mano e i croccantini nell’altra, per due figuranti cacati e debitamente sponsorizzati dalle multinazionali più fetide; ecco tizi a noi alieni, privi di personalità; Nadal e Federer sono e furono,
due cyborg del consumismo soft, attento al green della farina di grilli e ai
diritti delle donne iraniane con le ciocche ribelli, vestiti, risuolati e
pettinati con i paludamenti anonimo-chic che i multimiliardari oggi ostentano. La
vacuità predomina; mai sentito uno di loro prendere una posizione sul mondo, la
vita; palleggiano; frignano, girano per il jet set del nulla; il miccame
approva, quindi si commuove, poi celebra urbi et orbi sui social. È gente
perduta, pronta per lo scannatoio.</span></span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Per
selezionare il personale aziendale han preso a utilizzare filosofi. Id est: dei venticinquenni laureati presso le Facoltà di Filosofia.
Non capisco il perché di questa scelta. Forse anche gli imprenditori, per le
vie segrete del loro cuore, ambiscono al fallimento. Dev’essere così. Predare
di qualche spicciolo lo Stato residuo (credendosi furbi, di una furbizia
eccezionale), svendere tutto al peggior offerente e svernare alle Canarie con l’amante
botulinizzata/o; o palestrato/a, fate voi. In tutti si riconoscono le stimmate degenerative
dei tempi. Affermava Ugo Tognazzi in <i>Cattivi pensieri</i>: <a href="http://alcesteilblog.blogspot.com/2019/04/cattivi-pensieri.html">“<i>Le cose in Italia vanno male perché nessuno ha più voglia di lavorare</i>”</a>.
Già nel 1976 (anno cinematografico di svolta, quello del Fantozzi che irride Éjzenštein
e propedeutico al “film” antiartistico par excellence, <i>Guerre stellari</i>), uno dei migliori artisti italiani azzecca la
diagnosi. Il lavoro pesa, alienante: e non per le masse oppresse che,
debitamente sindacalizzate, non esistono più; lo è anche per i padroncini che,
aizzati dalla fregna facile e dallo Zeitgeist turistico, vogliono
progressivamente disimpegnarsi. E così sarà. Ignorano che il consumismo altro non
è che il grimaldello per distruggere proprio il lavoro ovvero la creazione
reale di ricchezza; e di spiritualità. La pubblicità di spiagge assolate, la
CGIL, l’antinozionismo scolastico ed Ezio Greggio congiurarono tutti al cretino
2.0, l’homo turisticus, il topo che si mangia il cacio accumulato in dieci
generazioni. La Confindustria, collezione di parassiti statali, ne è l’epifenomeno
più evidente. Anche il nerbo della nazione, però, i piccoli imprenditori, gli
artigiani, i liberi professionisti, sono contagiati dal morbo della dolce vita.
Pause lunghissime, menefreghismo, sciatteria, parcelle esose … cercano la
scorciatoia mentre ammirano il poster dei mari del sud sul salvaschermo: “<i>Sole, whisky e sei in pole position</i>”, declamava Guido Nicheli. Altri
intuirono la verità. Il Nanni Moretti pre-politico fece esclamare a sé stesso
contro un compagno che ripete frasette da rivoluzione post-atomica, a pappagallo: “<i>Ma siamo seri … ma che ci frega a noi dei desideri delle masse?</i>”. E
si era al 1973. Giusto. Ma che ci frega a noi. Si era agli inizi, ben lontani
dai filosofi che giudicano dei poveracci avidi di ottocento euri al mese. I
filosofi, gli aspiranti sfruttati e, soprattutto, signori miei, i datori di
lavoro, con la loro efficienza linda e asettica, gli uffici col computerino, le
segretarie che si credono amministratori delegati, il sottofondo da finis
terrae … e quel profumo, inconfondibile, di fregatura … e che facce … volevo
dire: che musi … disfatti, annientati … o arroganti, di quell’arroganza che cola
giù dall’ignoranza dal misconoscere il tritacarne più apocalittico di sempre … Cesare Lombroso,
a segnarne i punti salienti del cranio colla sanguigna, <span> </span>avrebbe difficoltà a classificarli: di fatto
qui non siamo in presenza di folli creativi, di isterici o mattoidi, bensì di
omuncoli … che la devoluzione fosse così rapida, tanto da esser golosa di
annientamento, non poteva prevederlo manco lui, ebreo sefardita, e perciò
maestro della malattia europea.</span></span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">M’inviano
un tweet, che suppongo ironico, a proposito del sacrificio umano del Belgio: “<i>Ragazzi non scherziamo! L'eutanasia è una
manna per le finanze pubbliche e per i risparmi privati.</i></span><br /><i><span style="line-height: 115%;">Questa povera ragazza,
avrebbe mai potuto lavorare con continuità e produttività? Aveva solo 23 anni,
quanto avrebbe speso lo Stato belga in sussidi di disoccupazione e indennità di
malattia? E le sue lunghe terapie negli ospedali pubblici, quanto sono costate?<br />Così pure, ma più su
larga scala, quanto costa alla sanità (e/o alla famiglia) una persona in coma?
E un malato di Alzheimer? O una persona cui è stato diagnosticato un tumore
ormai incurabile?<br />Ben venga dunque
l'eutanasia, scorciatoia dorata verso il risparmio</span></i><span style="line-height: 115%;">”.<br />Obietto
a tale simpatica provocazione, ammesso che lo sia.<br />La
quantità è sempre una falsa traccia. Così come per il Covid. Inutile star lì a
conteggiare i morti, gli infarti, i colpi apoplettici. Basta con i numeri, i
soldi, le tangenti, i grafici. A chi fa frullare sotto il naso le statistiche,
rispondete con un diretto. Se lo merita. Non fatevi confondere con la massa, le
masse, la grossolanità. Il Diavolo ambisce non al vostro denaro, o ai soldi di
chicchessia; Egli, come scrissi, è il Disinteressato per eccellenza, delle
granaglie umane non sa che farsene; se le maneggia è solo per confondervi. Il
Diavolo non ha portafoglio; non vuole fare il Ministro, o il Presidente
Democratico; e nemmeno il Re. Ride degli Imperatori, figuriamoci. A suo tempo
rise di Dio. Il coraggio diabolico è eterno, eternamente riproponentesi; non
teme castighi poiché ne ha uno sulle spalle, il Massimo; egli gioca, voi
evitate, quindi, di giocare; egli dissimula, voi, perciò, mostratevi in piena
luce. Egli abita gli anfratti, i corridoi, le quinte: eppure è il Re di questo
Mondo! Suggeritore, intrallazzatore, attor comico di terza fila; solo il “No”
lo fa infuriare, e allora mostra il vero volto, di agghiacciante fissità
omicida. Domina sul Cocito dove i traditori sono infitti, giustamente, a testa
in giù e i tre maggiori (Giuda, Bruto e Cassio) dilaniati dalle sue bocche. Ma credete forse ch’egli abbia subornato Bruto e Cassio con del vile
denaro? No, solo con delle speranze vane. In vista del bene della Repubblica …
credete ch’egli sussurrasse miele alle orecchie dell’Iscariota per i trenta
denari? No, quelle monete apparvero agli occhi del
ragionier Giuda aureolate di speranza … fondi per la comunità … Iscariota, il primo
ingannato della Storia cristiana … abbindolato con il politicamente corretto. È
lui a lamentarsi del nardo sprecato per il Cristo: avremmo potuto farci questo
e quest’altro … e quest’altro e questo … lui non vede mai il di più, l’inutile
bellezza … in realtà decisiva per la vita … i suoi calcoli, da ragioniere con
la cassa sonante, sono sempre sbagliati … non calcola il giusto, a differenza
del Cristo per cui quel nardo rappresenta il <i>di più</i> che rende la vita degna di esser vissuta, così come i
capitelli corinzi o i ramoscelli sbalzati sulle posate d’argento (ah, se non
fossero istoriate! Ah, se non fossero d’argento! I ragionieri di ogni epoca
ambirono le forchette di plastica per l’Ultima Cena) … Giuda, il traditore, col
malloppo sempre appresso, a raschiare il fondo del barile, l’oculato Giuda …
gli mancarono i grafici e le statistiche per dimostrare che i pani e i pesci
furono, in fondo, uno spreco …<span> </span>ah, li avessimo
dati al Lidl … a quest’ora potremmo costruire un ospedale, caro il mio Yeshua,
sprecone palestinese … per fortuna ci sono io dietro le quinte … con la partita
doppia …a salvare questa banda di hippie nullafacenti … no, signori, il Diavolo
non vuole<span> </span>i vostri soldi, egli ama solo
pervertire lo Spirito dei Tempi … gratis, ovvio … per cui l’appeso dei Tarocchi è in piedi,
come una gru … if six was nine … e come se la ride … e voi vorreste combatterlo
con le formule sull’inflazione, la bilancia dei pagamenti, il cuneo fiscale,
1936, 27 ...</span></span></span><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"></span></span><span style="font-family: inherit;"></span><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Marco,
14, 3-5; 10-11: “<i>Gesù si trovava a
Betània nella casa di Simone il lebbroso. Mentre stava a mensa, giunse una
donna con un vasetto di alabastro, pieno di olio profumato di nardo genuino di
gran valore; ruppe il vasetto di alabastro e versò l'unguento sul suo capo. Ci
furono alcuni che si sdegnarono fra di loro: ‘Perché tutto questo spreco di
olio profumato? Si poteva benissimo vendere quest'olio a più di trecento denari
e darli ai poveri!’. Ed erano infuriati contro di lei ... Allora Giuda
Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai sommi sacerdoti, per consegnare loro
Gesù. 11 Quelli all'udirlo si rallegrarono e promisero di dargli denaro. Ed
egli cercava l'occasione opportuna per consegnarlo</i>”. Il volto deformato
dall’ira … in nome del bene … si poteva darlo ai poveri … siamo in piena zona
green … maledetti occidentali, luridi italiani … basta con gli sprechi, voi
nelle vostre case calde … mentre i poveri del mondo razzolano nel fango … e i
migranti rischiano la pelle … maledetti, mille volte maledetti … insomma, si è
compreso. Il muso delle indemoniate polcorrette, agite diabolicamente dal di
dentro (lo sperma diabolico ne ha ghiacciato le ovaie) è proprio quello dei ragionieri
evangelici … lo zelo nell’accusa, nel recare il Giusto davanti a Pilato … con
il labaro del bene sempre inalberato … tutto ciò che è divino deve essere
sacrificato, ogni bellezza lordata … per i poveri … una scusa buona come
un’altra. </span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">L’unica
consolazione è che proprio loro finiranno tutti appesi, neri e rinsecchiti come gl'impiccati di Villon … pazzi come Lady Macbeth, altro medium infernale, i trenta
denari a terra, anzi: dissolti a terra come acqua poiché quei denari furono un miraggio, in verità … il denaro è polvere, fruscio nel deserto, nulla … è
solo un medium maligno evocato per mesmerizzare gli assassini più fanatici
contro le vittime, i migliori, le colonne dell’umanità. I trenta denari non esistono tanto che Giuda, pentito, non riesce a ridarli indietro. Sbagliò Pasolini a ritrarre l'Iscariota con labbro avido; sbagliò Zeffirelli; del pari Jewison e Scorsese, borgesianamente eretici; solo Mel Gibson, un australiano, sfiora la verità dei fatti; il suo Giuda horror-kitsch ha le stimmate della vera disperazione.<br /></span></span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Perché
i negri in America si gonfiano come bestie all’ingrasso? Perché il loro
metabolismo millenario è tarato per altri cibi. Allo stesso modo si
destabilizza la salute mentale: fuori del proprio recinto atavico ognuno
impazzisce, prima o poi. Vi propongo un nuovo tipo di razzismo</span></span></span><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"></span></span><span style="font-family: inherit;"></span><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">, convenientemente egalitario.
</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">M’intrattengo
con un appartenente all’extraparlamentarismo di sinistra, oramai agée. Lo
stuzzico sulla Meloni, ma, al contrario della rana galvanica, il frizzo non
sembra smuoverlo. Cerco, quindi, di portarlo alla confessione ovvero a rivelarmi con cosa ha
sostituito la fede. “<i>O ha una perversione nascosta o pratica il fanatismo
green</i>”, mi dico. Ma la Thunberg l’esalta poco. “<i>Forse un cripto-uranista?</i>”: anche quella è una crociata che merita
una fede. Poi, lentamente, nelle more del discorso … “<i>i fratelli … via Tiburtina … centro buddista …</i>”. Ora è
tutto chiaro. Mi ero preoccupato per nulla! Un poveretto, insomma, coi suoi Nam-Myoho-Renge-Kyo e fregnacce assortite … forse era più rispettabile in "Lotta Continua"
… ma ora è sicuramente innocuo. Sul letto di morte sarà, forse, disperato …
brama la pace interiore, lo vedo. Una consapevolezza lo rode, ma non riesce a
guardarla in pieno volto … la sorprende sempre con la coda dell’occhio, come un fantasma … fare i
conti con la verità sconvolge … addio Che Guevara, Lenin, Mussolini! La verità
… morire cretini è un diritto, lo riconosco. Ancora oggi c’è chi si mobilita
per il 28 ottobre, data della marcia su Roma … a radunare gli antifascisti, a
vigilare … comprendete il dramma? E chi, invece, comincia a vedere qualcosa
d’altro … non perché ravveduti, ma per una sorta di incontrollabile resipiscenza dello spirito …
Qualcosa D’Altro … ma questo tizio non vuole ammettere la resa poiché questa significherebbe
l’insensatezza dell'esistenza pregressa … settant'anni au cabinet ... qualcuno si rifugia nel veganesimo,
nel buddismo, nella militanza green; altri s'immolano all’analità del bene … surrogati
alla cicoria di ciò che si tiene alla porta … ma i più accorti sanno che
il redde rationem li coglierà, prima o poi … magari sul catafalco dell'ultio espiro quando il pensiero indotto vien meno, la carne rinuncia all’unità e l’assoluto
irrompe conficcandosi come un chiodo nella coscienza … </span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">A
Roma, quando, improvvisamente, vediamo addensarsi il lerciume del vandalismo urbano
e l’idiozia grafica, si ha la certezza d’essere nei pressi di un’università.
Gli ex opifici del sapere sfornano oramai o depresse parodie della
controcultura hippie o perfetti deficienti. La percentuale residua di chi non
rientra in tali categorie, infiacchiti quarantenni e marci carrieristi,
s’aggira come un’ombra nelle cattedrali dell’inversione.</span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Annuncio
pubblicitario: “<i>Questa domenica 9 ottobre
alla Casa del Cinema proietteremo la storia di Pepsi, militante transgender
filippina, di fede musulmana, alla ricerca del riconoscimento di un diritto
universale. La proiezione di </i>Shelter - Farewell to Eden<i> avverrà all'interno di EMISFERI/Rassegna cinematografica …</i>”. Militante, transgender, musulmana, filippina: una fucilata, quattro morti.<br /></span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Come
si fa a coordinare un’agenda mondiale che si articola per centinaia di migliaia
di eventi, luoghi, occasioni, manifestazioni? Perché gli eventi, i luoghi, le
occasioni e le manifestazioni sono promosse da poche decine di multinazionali
che fanno capo a una sola Monarchia Universale, di prossima attuazione. <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2017/10/qualcosa-su-anna-frank.html">Come
per <i>Il diario di Anna Frank</i></a>. Non solo
qualunque biblioteca, a qualsiasi livello, dalla Vallicelliana alla Comunale di
Roccacannuccia Inferiore “Ambra Angiolini”, doveva possederne almeno un
esemplare, ma, nei decenni, qualunque spazio che ospitasse libri,
dall’ipermercato di periferia all’autogrill più sudicio, aveva a mostrare,
apodittico, accanto a Gramellini e Camilleri, la stramaledetta copia de <i>Il diario di Anna Frank</i>. Frugate in
cerca dello zampone, fra il settore latticini e quello delle offerte di pizza
surgelata al supermercato "Green Time" di Roma nord? Sicuramente sarete passati
davanti al reparto giornali e riviste. Dopo i periodici di Cairo e Signorini,
in un angolino, nei pressi del bestseller di Benedetta Parodi su come cucinare
gli stuzzichini più stuzzicanti, troverete lui: <i>Il diario di Anna Frank</i>. </span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Il
grigiore. La distesa di automobili in un parcheggio. Tutte eguali. L’uscita dei
liceali: una fiumana di neri, grigi spenti, volti anonimi. La colata di
democrazia da parte degli stradini della Storia ci ha asfaltati. Persino il
Colosseo sembra più anonimo, come infiacchito. D’altra parte la maggioranza
aspetta che imploda su sé stesso.</span></span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"></p><p></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><!--[if gte mso 9]><xml>
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</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Federico
Zeri espone il proprio amore per la Divina Commedia. La amo per i suoi colori,
egli dice, per i suoni. Colori e suoni, infatti, sono chiavi per orientarsi
nell’enciclopedia spirituale dell’Italia. Per me sono i nomi. Nomi propri: di
uomini, città, castelli e fiumi; di montagne, cammini monastici, boschi,
pietre; strade, ponti, acquedotti. I nomi racchiudono un tesoro. La Testa Matta aveva in parte ragione: solo i filologi conservano un minimo di salute. Golgota, dall'aramaico gūlgūtā, teschio. Tutti vi diranno: perché la collina era rotonda e desolata come la sommità d'un cranio. Altri, the happy few, riveleranno: è il luogo di sepoltura di Adamo, il Primo Uomo. Il sangue, copioso, sgorgato dalle ferite di Cristo (i polsi, i piedi, il costato, le spine sul capo; la piaga sulla spalla, profonda sin all'osso, quella originata dal peso della Croce - la piaga più ignorata), bagna il legno e imbeve la terra, penetrandola. Tinge il cranio di Adamo, redimendo per sempre l'umanità. <br />Volete la verità storica o la fiaba, berceranno gli Odifreddi. <br />Vogliamo salvarci, rispondetegli.</span></span></span></p>Alcestehttp://www.blogger.com/profile/04852044188872845420noreply@blogger.com55tag:blogger.com,1999:blog-654788918314523587.post-67646639576424158062022-10-01T11:30:00.016+02:002022-10-01T21:35:02.734+02:002 + 2 = 5<p style="text-align: center;"> <img border="0" data-original-height="1564" data-original-width="2500" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjvgg4TqKskeeLwkRcQ6EaM8buwOhcqOXT5diVLKM8rWK-YRW3n1Szhu-oArlLXxeAU6YvQtMqRn_8NHCUa-5I2XpEsIrh7PELz6ozHNqXG6bo8Yno9Ge4_v6IZB-eihAWqkqpUd1UGWxNgmW7gdSHTQHSgyhgXgj0mN7r_Lb2Yv5yMDE4NERrNII9P3w/w640-h400/Airplane.jpeg" width="640" /></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span><span>Roma, 1 ottobre 2022</span></span><!--[if gte mso 9]><xml>
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</p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; line-height: 115%;"><span style="font-family: inherit;">Ho
provato, con tutto il cuore, a parlare con una sedia, ma quella - niente - non
mi ri</span>sponde. <br />Non
va meglio con cani e gatti.<br />Nei
pesci d’acquario, con quegli occhi eternamente spalancati, il ritmico
boccheggiare, rinvengo tratti psicologici prossimi a quelli dell’Italiano Medio. E però non va bene; ché il pesce dà l’aria (scusate il motteggio), se lo
fissi almeno un quarto d’ora, d’un baluginio di comprensione: assente, invece,
nell’abitante d’Ausonia.<br />Con
l’Italiano Medio, non più tanto medio poiché vasta e implacabile maggioranza,
l’incomunicabilità è totale.<br />L’Italiano
Medio, il Cretino 2.0, ha vinto, risucchiando nella propria sacca i cretini tradizionali
e gli ex-intelligenti in una sconfinata prateria alogica e nichilista dove
l’alto e il basso si equivalgono.<br />Per
questo mi ritrovo a disperatamente interrogare caffettiere, lavatrici,
barboncini e soriani e canarini: alla ricerca d’una luce di umanità ed empatia.
Niente da fare, si sono rincoglioniti pure quelli: d’altra parte anche
elettrodomestici e animali da compagnia, al pari del Cretino 2.0 (ora
maggioritario: 90% della popolazione, almeno) sono mansuefatti. Gli dai lo
zuccherino e la crocchetta o la carota e quelli ruminano. Credendosi degli
strateghi, dei furbi di tre cotte. Che spettacolo. Mai avrei creduto di
attraversare un cambio epocale in cui 2+2=5 e la normalità è un mostro da
rifuggire.</span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; line-height: 115%;">Una
volta chiesero a Bertrand Russell: “<i>Se
2+2=5, allora dimostri che Lei è il Papa</i>”. Russell accettò: “<i>Se 2+2=5 allora 4=5. Da entrambi i numeri
sottraiamo 3 e avremo 1=2. Io e il Papa siamo 2, ma se, come premesso, 1=2 ne consegue che io e
il Papa siamo la stessa persona</i>”. Ineccepibile, no? Ciò condensa, in una
goliardata, la logica degli avvenimenti europei e mondiali. Ex falso sequitur
quodlibet. Da una premessa falsa (2+2=5) consegue qualunque cosa passi per la
testa. E chi ha formulato questa premessa falsa? E, soprattutto, qual è tale
falsa premessa? La felicità che consegue a una libertà infinita. Una menzogna
luciferina. Ci siamo liberati di tutto per lo zuccherino della felicità. Un
classico scambio diabolico, da leggenda cristiana, come se ne leggevano a
bizzeffe sui libri di lettura degli anni Cinquanta e Sessanta. Ci tengono
prigioniere! Liberiamoci! Distruggiamo tutto! Bruciamo tutto! Le streghe son
tornate! Diritti! Diritti! Verso la felicità! Ma la falsa premessa e la falsa
promessa luciferine hanno solo generato delle isteriche; e delle stupide di
massa. Una stupida come la Boldrini è difficile rinvenirla in ogni epoca. Ma
questo è solo un esempio, non vorrei passare per misogino.<span></span></span></span></p><a name='more'></a><p></p><span style="font-size: large;">
</span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; line-height: 115%;">Il
Benefattore, Mario Draghi, ha socialmente rinverdito la simpatica figura
dell’umarell, il pensionato che, mani dietro la schiena, ama seguire i lavori
in corso, spesso in gruppo con altri complici con cui scambia consigli e
massimalismi politici. Proprio ieri osservavo una coppia di pensionati, marito
e moglie; ingobbiti; lui con le braccia intrecciate, nella
posa proverbiale, lei, occhialuta, con le mani stancamente appoggiate al manico
del carrello semivuoto. Scrutavano il banco dei formaggi, sorta di
inaccessibile Bengodi della Nuova Età Digitale. Caciotte, ricottine e provoloni riposavano
nelle frescure del settore di competenza: nitidi, ordinati, ostili. 5,45 euri,
4,90 euri, addirittura 6 euri per un tocco di gruviera. Separare i destini dei
produttori (gli Italiani) da quelli dei consumatori (gli stessi Italiani): in ciò
risiede, in sintesi, l’ideologia della globalizzazione. Che si basava,
evidentemente, su una falsa premessa; e una conseguente falsa promessa. 2+2=5. E quante
volte siamo stati umiliati, derisi, offesi poiché si faceva notare questa
menzogna? Quante università sobillate, quanti accademici, economisti,
politicanti, fiancheggiatori istigati a dichiarare il falso, sempre e comunque,
negli olovisori d’ogni ordine e grado? Vi ricordate? La globalizzazione … così
come l’Europa … la libertà … la felicità … quante menzogne, che bolgia di
stupidità … quanta arroganza si è dovuta sopportare … soprattutto da parte
delle stesse vittime! I carnefici più spietati! Volete ledere i nostri diritti!
Oscurantisti! Volete tornare indietro! Solo aprendoci … solo diluendo … solo
rinunciando a noi …</span></span></p><span style="font-size: large;">
</span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; line-height: 115%;">La
guerra russo-ucraina è la continuazione del COVID con altri mezzi. Mi accorgo
che molti arpeggiatori alla Dugin si stanno facendo perplessi. Et pour cause … </span></span></p><span style="font-size: large;">
</span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; line-height: 115%;">Cosa
aspettano i padroni del mondo? The Second Coming, ovviamente: l’Anticristo.
Cosa sono in fondo Cristo, Lucifero, Apollo e Dioniso, l’anima e la carne se
non i simboli disperati della nostra dannazione eterna d’uomini? Se io dico
Cristo dico salvezza, ma non necessariamente mi riferisco all’Ebreo di 2000 anni
fa. Cristo e Lucifero sono la concrezione storica di un’opposizione metafisica
fra un’umanità viva e accorta e una lanciata verso la dissoluzione e
l’estinzione. Due opposte pulsioni: la prima difficile da conquistare e
mantenere, una fede, una lotta, una resistenza; la seconda più facile, e perciò
demoniaca, che vuole tutto: ed essere il recipiente di tutto per godere del
piacere supremo: l’autoannientamento. Già circolano sui videogiochi, nei
telefilm, in qualche accorto filmino, le sagome del Nascituro: un neonato con
le corna e la coda forcuta, il Bimbo delle Stelle del <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2019/02/la-paranza-dei-bambini.html">pedofilo Arthur Clarke</a>,
la Creatura nella Culla Nera di Polanski … The Second Coming: non chiedetevi se
è falso o meno, poiché è proprio la menzogna a fondare i nostri tempi.</span></span></p><span style="font-size: large;">
</span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; line-height: 115%;">In
cosa mi riconosco? Perché mi dichiaro Italiano, occidentale e
desossiribonucleicamente superiore? Poiché m’incarno in una contraddizione.
Questa: la certezza della morte che spinge all’azione. Per questo Nietzsche
amava i Greci: la saggezza silenica sulla finitezza umana conviveva
incredibilmente con una vitalità straordinaria. Questi uomini camminavano sul
ghiaccio sottile dell’esistenza eppure non rinunciavano all’amore, a fondare
città, a creare bellezza, spesso inavvertitamente. Tale contraddizione sublime
che, in trasparenza, può scorgersi in ogni epoca artistica, è, di fatto,
l’Occidente, ovvero l’Europa. Per questo motivo l’Europa deve morire. Per tale
causa, ben chiara nelle mente del Distruttore, soprattutto l’Italia, cuore
dell’Europa e, quindi, del mondo, deve perire irreversibilmente. Una volta
spenta questa luce, le tenebre dilagheranno. Negri, gialli, andini, esquimesi e
patagonici non salveranno nessuno; non possiedono i mezzi metafisici per
contrastare l’Avversario. Solo noi conserviamo la forza del katéchon. </span></span></p><span style="font-size: large;">
</span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; line-height: 115%;">All’angolo
di una strada di periferia scorgo due tizi ai lati d’un cartello pubblicitario.
Offrono corsi biblici. Pioviggina, ma quelli non demordono. Dopo un’oretta son
sempre lì, tetragoni. Non fanno manco proselitismo. Non parlano o fermano
nessuno. Sono lì. Stanno. Non li smuoverebbe una scarica di fucileria. Al
pomeriggio ripasso: vi sono altri due, un cicciottello e una bionda lungagnona.
La policy è immutata: non si muovono, non fiatano: testimoniano. Se avessi
dieci divisioni di uomini siffatti i nostri problemi qui sarebbero finiti da
tempo.</span></span></p><span style="font-size: large;">
</span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; line-height: 115%;">Apocalypse now</span></i><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; line-height: 115%;">
è un film pacifista! Ragazzi, quante ne ho dovute sopportare!</span></span></p><span style="font-size: large;">
</span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; line-height: 115%;">Quando
regnava Berlusconi, mille secoli fa, un funzionario apolide disse che l’Europa
guidata dall’Italia sembrava l’autobus dei Fratelli Marx. Cosa è ora, invece?
Forse rassomiglia all’aereo più pazzo del mondo, pupazzo gonfiabile alla cloche
e Ursula Von der Leyen nei panni dell’hostess fellatrice.</span></span></p><span style="font-size: large;">
</span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; line-height: 115%;">Col
Miccus Italianensis occorre abbassare il livello, sempre e comunque, altrimenti
non capisce o si adombra o ti accusa d’esser pieno di boria; o, addirittura, si
spaventa. <br />Dopo
le elezioni, poi, sicuro della maggioranza, è gonfio di speranza e a
stuzzicarlo si rischia il rilascio improvviso delle sue certezze gassose: a
spetezzare tutto il rosa che si aspetta al sorgere del sol dell’avvenire.<br />No,
meglio non parlare con l’Italiano dopo le elezioni.<br />Quello
deluso, all’opposto lato del ponte, è ancor peggio: ora vede nero. Prima,
invece, era lui a trovare il rosa dappertutto, persino nei letamai o nelle
fogne più incrostate di Calcutta. Ma ha perso. E ora tifa contro. Si è tolto le
lenti color confetto e ha inforcato quelle da iettatore.<br />La
prossima scadenza elettorale avverrà il contrario: quello che scorreggia ottimista
ritornerà cupo, quello or nero seppia reinforcherà l’occhialetto tutta gioia.<br />E
allora?<br />Allora
parlo con le sedie. Educate, posate; vantano una benemerita compunzione.</span></span></p><span style="font-size: large;">
</span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; line-height: 115%;">Il
tifo. Tifare. A questa è ridotta la democrazia. Il congiunto è giù di corda.
Perché? Perché Salvini ha perso. E Bagnai pure, di rimando.<br />Abbattuto,
malinconico.<br />Teme
il futuro, la guerra mondiale, la scomparsa dell’Italia, la morte dei
primogeniti?<br />Macché,
è triste perché la squadra ha perso. Milan - Napoli 1-2. Milanesi in lutto,
napoletani in festa.<br />Tutto
qua.<br />Le
analisi del dopo voto importano meno.<br />Ciò
che importa - la natura della malinconia, intendo - è che la squadra ha perso.<br />Il
tifo innanzitutto.<br />Il
tifo giustifica ogni corbelleria dei propri giocatori. L’importante è vincere:
col doping, l’arbitro corrotto, la morte del centravanti avversario. Che il
campionato, poi, sia irrilevante o una farsa: non gliene frega niente.<br />L’importante
è esclamare: abbiamo vinto, Calboni ha fatto goal.</span></span></p><span style="font-size: large;">
</span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; line-height: 115%;">Al
cavallo scemo con la matita infilata nello zoccolo han dato lo zuccherino. E
così sia. Per due anni siamo a posto. Quando la situazione si farà
insostenibile psicologicamente, il lenone urlerà a tutta la sala: “<i>Cambiare la dama!</i>”. E nuove coppie di
ballo si formeranno illudendo lo spettatore d’una mobilità sconfinata, d’una irrefrenabile
vitalità. Espirazione, inspirazione. Politico-tecnico-politico-tecnico. Ma
sempre la stessa aria viziata si respira, medesimo il minuetto da ballare
forzatamente ché il ritmo lo impone l’altoparlante da fuori.</span></span></p><span style="font-size: large;">
</span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; line-height: 115%;">Hai
visto? È aumentata l’astensione e cos’è cambiato? Avevi torto.<br />Questo
è un nuovo tipo di micco. Il micco-tutto-e-subito. Per arrivare sin qui forze
epocali hanno impiegato decenni: corrompendo, distruggendo, aizzando; per
invertire il flusso, in condizioni ideali, servirà un secolo. Questi credono ai
videogiochi: due colpi di kung-fu e il nemico è a nanna. Non abbiamo patito
ancora nulla. Ci stanno togliendo i regali di Circe; fra poco, molti si
accorgeranno di essersi tramutati in maiali. Poi cominceranno a grufolare.
Quindi verrà l’età delle patate marce e del fango. Le vacanze a Ibiza, il mutuo
facile, le discoteche, du gustis is megl che uan … credete che non avessero un
prezzo? Tutto ha un prezzo. Ecco, l’unico consiglio economico che posso darvi:
ogni vostra scelta ha un prezzo da pagare. Siate accorti. Il progresso c’ha il
cartellino attaccato. Anche i termosifoni lo hanno. Lo sbattitore elettrico,
l’asciugatrice, le bottiglie di plastica, il tetrapack. Sebbene Greta voglia
convincervi che tale prezzo risieda nell’inquinamento, non dovete crederle. Il
prezzo siete voi rammolliti. A brani, a tranci di carne sanguinosa avete pagato
lo sbattitore elettrico, l’asciugatrice, le bottiglie di plastica, il
tetrapack. E altre facilitazioni: l’aborto, il divorzio, il disimpegno nella
scuola, nella patria, in famiglia. Era tutto facile. Bastava allungare la mano
e staccare i pomi più succosi. Volete voi … sì, lo vogliamo! E giù sul banco
dell’usuraio la moneta d’oro più sonante. Ma ora il micco piange … cos’è
accaduto? Ti sei venduto, caro mio, per un piatto di lenticchie. Non ti
piacciono più le lenticchie ora? No? Cosa vorresti … la normalità? La serenità?
La stabilità? Ma se tu stesso le hai portate al mercato delle vacche! Mi sa che
ti devi arrangiare, bello …</span></span></p><span style="font-size: large;">
</span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; line-height: 115%;">Sì,
tutto ha un prezzo. Il difficile, nelle transazioni col diavolo, è accorgersi
di ciò che c'è veramente in ballo. Lui è il Generoso per eccellenza, per questo
sta tanto simpatico. Ma sì, dammi un paio di cento euro … ma no, neanche
quelli, lo sai che mi frega … guarda, te lo regalo, prendilo e portalo via …
non mi interessa, non voglio nulla ... Tu non credi alle tue orecchie, e ti
metti sotto il braccio quel regalo insperato. Ma i regali del diavolo sono come la
famigerata scacchiera del mercante. Ti spogliano di tutto.</span></span></p><span style="font-size: large;">
</span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; line-height: 115%;">“<i>Cosa vuoi per compenso?</i>”, disse il re al
mercante che l’aveva divertito con l’invenzione degli scacchi. “<i>Un chicco di grano sulla prima casella, due
sulla seconda, quattro sulla terza … mi accontento di poco, son solo
sessantaquattro …</i>”, fece il mercante, falsamente modesto. E il re
acconsentì entusiasta: “<i>Così sarà!</i>”.<br />Computisti
e reggenti dell’Annona ebbero un fremito involontario.<br />A
metà scacchiera si era, infatti, a 4.294.967.296 chicchi.<br />Fu
allora che un matematico entrò balbettando a corte, l’occhio umido, il cappello
a cono di traverso. S’inginocchiò, deglutì e cominciò a biascicare : “<i>Sire, Nostra Grazia … Soave Immensità … calcolando
che 25 chicchi equivalgono a un grammo … ecco … saremmo già … anche a metà
percorso, Nostra Meraviglia, trentadue caselle … saremmo già a … a 171798692
grammi … ovvero … ovvero a 171798 chili di grano che … Voi ben sapete tali miseri
calcoli … equivalgono a 172 tonnellate … più o meno … ergo … per cui … alla quarantottesima
casella … ecco … saremo a circa … circa 11.272.192 tonnellate di grano … che … certo,
saprete anche questo, eccede di 3 milioni di tonnellate l’intero raccolto
annuale della nostra magnifica Ausonia … possiamo anche dar fondo alle scorte …
ma … non arriveremo … mai arriveremo … nemmeno … alla quarantanovesima casella
…</i>”. E qui il Nostro, abbandonata ogni ritenutezza, si mise a piangere.<br />Il
re, insomma, sbagliò i calcoli. Il mercante gli offrì un occulto 2+2=5 e lui,
minchione, accettò.<br />Come
aveva potuto? Quando si accorse che, invece d’un banale compenso, c’era in
ballo la sopravvivenza del regno e dei sudditi decise il necessario e l’inevitabile:
mozzare la testa al mercante.<br />E
decise questo perché era un buon re.<br />Diffidate
sempre delle scacchiere. Non hanno alto e basso, capite? Come quando Iago
insinua sospetti in Otello. Cassio? Quello è pericoloso … quello, lo dico e lo
nego, si è già fatto Desdemona … ma come, come?, urla il Moro di Venezia …
davanti dietro … sopra sotto … come volete voi, replica placido Iago. Perché una
volta che si è accettata la premessa sbagliata, vale tutto … l’inganno occulto
del falso amico, il 2+2=5.</span></span></p><span style="font-size: large;">
</span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; line-height: 115%;">Grande
fu la passione dell’uomo per i viaggi spaziali. Del popolicchio, anzitutto, il
cui immaginario rovente prefigurava città selenite e avamposti marziani ben
prima del 2000. Le <i>Cronache</i> di Ray Bradbury
risalgono al 1950, <i>Il sorpasso</i> di
Dino Risi al 1962. Nella scena presso l’autogrill lungo la via Aurelia, Vittorio
Gassman (1922-2000) prima rifiuta il passaggio a una autostoppista negra (“<i>Vattene via, pallidona!</i>”), quindi
risponde ai dubbi di Jean-Louis Trintignant (1930-2022), studente di
Giurisprudenza … diritto processuale? Ma quella è roba vecchia di cent’anni …
io avrei studiato diritto spaziale … sì, diritto spaziale … quando due
astronavi si scontrano di chi è la colpa? I terreni sulla luna sono lottizzabili?
Poi prende per i fondelli Chruščëv, allora Segretario del Partito Comunista Sovietico:
quando arriverà lui sulla luna ci saranno già i palazzi dell’Immobiliare … il
futuro, per il Bruno Cortona di Gassman, è sconfinato; la scienza assiste la
tecnica, le stelle sono a portata di mano, il politicamente corretto non esiste.
Dopo sessant’anni siamo all’inversione perfetta: una società repressa nella
libertà e creatività dal puritanesimo polcorretto, l’utopia ridotta al tinello
delle speranze. Quell’ansia di assaltare il cielo, materiata di certezze
indefettibili, si è derubricata, almeno dalle nostre parti, alle vignette
quotidiane dell’ISS (International Space Station) condotte dall’ISS (Importuna
Strega Siderale) Samantha Cristoforetti (1977-vivente). La capellona fa yoga,
conciona sugli scarafaggi, bisboccia, viene eletta comandante (il
demansionamento rispetto a James Kirk è, però, evidente): le mirabilie della
scienza e della tecnica, sua ancella, giacciono sullo sfondo del cubicolo
interstellare. La reductio ad tinellum è evidente, l’inganno palese. Talmente
palese che spariscono dai libri e dagli atlanti popolari le immani <span> </span>proporzioni del sogno spaziale … gl’infiniti
mondi … i vortici galattici ... the wild blue yonder ... l’utopia, intatta,
riposa oramai sulle copertine polverose di “Amazing Stories” o “Fantastic
Adventures”, qui siamo all’avanspettacolo per tonti … manca solo la Littizzetto
e siamo a posto … una sceneggiata napoletana (<i>Esso,</i> <i>ISS e ‘o malamente</i>)
giusto per placare gli animi dei micchi e provvedergli ancora la litania del
progresso: “<i>Guardate! Siamo ancora noi!
Ammirate cosa siamo capaci di fare! Oltre Giove e l’infinito!</i>”. Vaglielo a
spiegare, al ragioniere di Pizzighettone che la Cristoforetti, con quel suo facciotto rotondo alla Romano Prodi, <i>non è</i> nello spazio ...<br /></span></span></p><span style="font-size: large;">
</span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; line-height: 115%;">Terra-Marte
- <span> </span>254.000.000<br />Terra-Sole
-<span> </span><span> </span>149 600 000<br />Terra-Mercurio
77.000.000<br />Terra-Venere
<span> </span>38.200.000<br />Terra-Luna
<span> </span>384.400<br />Spazio
<span> </span>> 10.000<br />Esosfera
<span> </span>640-10.000<br />Termosfera
<span> </span>85-640<br />ISS
e ISS <span> </span>370<br />Mesosfera
<span> </span>58-85<br />Stratosfera
<span> </span>15-58<br />Ozono, strato d'<span> </span>15-35<br />Troposfera
<span> </span>0-15<br />Everest
<span> </span>0-9 chilometri</span></span></p><span style="font-size: large;">
</span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; line-height: 115%;">…
poiché l’ISS, intesa come Strega, cicala dall’ISS in media da 370 chilometri
(5,5 volte il Grande Raccordo Anulare di Roma); a due passi da noi, insomma, in
piena miccosfera, ben lungi da quello spazio che, nel 2022, avremmo dovuto
solcare come turisti, e assolutamente remota da Luna e Sole; per tacere di
Marte.<br />E
questo perché a ogni Bruno Cortona ammannirono, a suo tempo, il 2+2=5 … con i calcoli
sbagliati da sognatore che quelle false promesse e premesse racchiudevano: il
nepente di tre generazioni, almeno. </span></span></p><span style="font-size: large;">
</span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; line-height: 115%;">Il
metodo principale per portare via tutto all’uomo è la comodità. Tutto gratis,
tutto comodo. La parola d’ordine del neocapitalismo demoniaco. Perché studiare
il violino, perché studiare il tango, perché coltivare le rape, perché pagare tutto
e subito, perché fare i conti a mano, perché leggere su carta, perché studiare
lo sfumato a olio o la partita doppia o la compravendita nel diritto romano
quando puoi, in tutta comodità, e gratis per giunta, addivenire agli ultimi
ritrovati della tecnica e dello spettacolo, al Bignami demoniaco che con due
saltelli ti proclama artista, dottore e santo?</span></span></p><span style="font-size: large;">
</span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; line-height: 115%;">Ricordo
quando mio nonno, commerciante di vini, mi fece vedere la prima calcolatrice
tascabile. Mi pareva incredibile. Quasi mezzo secolo fa. La prima operazione
che tentai – lo ricordo come fosse ora – fu un banale 2 + 2. Il 4 che ne seguì
fu uno shock. Diceva la verità! Certo, si era agli inizi. </span></span></p><span style="font-size: large;">
</span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; line-height: 115%;">Dopo
quasi mezzo secolo abbiamo alcune quindicenni che non sanno scalare una cifra
fissa da un numero assegnato. “<i>1131.
Scala tredici a ritroso almeno venti volte. Dai!</i>”. La moretta ci prova,
incespica, qualcosa azzecca; ma alla lunga desiste, si annoia; protesta. La
mano va subito alla calcolatrice del cellulare. “<i>Cretina! Ma com’è possibile?</i>”. La protesta sale sui delicati toni
della mia inattualità: “<i>A che serve … è
superato … ora abbiamo …</i>”. Le solite fregnacce. Il fatto che il medesimo
esame lo eseguano per accertarsi delle prime avvisaglie dell’Alzheimer al Centro
Demenze dell’Ospedale San Filippo Neri non la turba. Le tabelline? Sparo a
caso. Le prende, ma la risposta non è immediata. Alzo il livello con numeri a
due cifre. “<i>Non sono tabelline, queste!</i>”.
Farfuglia, si sforza, poi, alla lunga, desiste. Per noia, inadeguatezza all’attenzione,
ottusità. Eppure il rendimento è medio-alto. Ma che diavolo studiano questi
somari? E soprattutto: quale prezzo invisibile e inavvertito hanno pagato?<br />Questi
sono esempi, facili, domestici. Potrei replicarli decine di volte.<br />La
pittura, a esempio.<br />Perché
non abbiamo più pittori?<br />Per
la comodità.<br />I
colori? In tubetto! Così te li puoi portare in giro e ritrarre dal vero!<br />Le
tele! Le compri già fatte!<br />Le
mestiche? Le compri già nella boccetta!<br />I
fondi? A che servono?<br />Le
velature? Ma quali velature, si dà a corpo!<br />Il
grasso su magro? Non c’è problema, si secca subito! In due giorni il quadro è
bello e fatto!<br />Chissà
perché si spendevano anni per un dipinto. Chissà perché occorrevano altri
artisti, dietro l’artista, per triturare i colori, approntare le mestiche,
apparecchiare tele e tavole con fondi a base di gesso puro e colla … per tacere
degli affreschi … ma a noi il progresso piace … un chicco di grano dopo l’altro
… il progresso comodo, gratis … perché il prezzo non si vede … anche se, poi, vai
alla Galleria d’Arte Moderna di Roma e, ai piani superiori, è una sequela di
risate, almeno per l’uomo avvertito. Anche il Van Gogh e il Monet lì presenti
sembrano quel che sono: croste.</span></span></p><span style="font-size: large;">
</span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; line-height: 115%;">Sono
il primo diagnosta della demenza giovanile. I sintomi ci son tutti. La chiamerò
Sindrome di Alceste o Demi (De-mentia Mi-norum). </span></span></p><span style="font-size: large;">
</span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; line-height: 115%;">Non
credete a una sola parola. Tutto è menzogna, inversione. Il cretino 2.0 abbocca
subito: l’animalismo, l’ecologismo. Sapete in quale dipinto si rinviene l’amore
sconfinato, totale, avvolgente, per la natura, gli animali e il Creato tutto?
In <i>Cacciatori nella neve</i> di Bruegel. Cacciatori,
animali; affratellati in una recita destinata al sipario, eppure sublime. Bruegel
riesce a coavvincere la raffinatezza del dettaglio alla calda accensione popolare.
Il quadro può vedersi nella scena della levitazione di <i>Solaris</i>: assieme all’altro capolavoro di Bruegel, <i>Giornata buia</i>. Forse ve ne ho già
parlato. Tendo a ripetermi, in effetti. Questi non sono quadri, ovviamente,
bensì testimonianze di ciò che l’uomo europeo fu. Procuratevi una buona copia
di entrambi. Meditateli. Un brano alla volta. Come i grani d’un rosario. La
muta dei cani e dei cacciatori contro il nitore della neve, la casa, anch’essa
delicatamente definita dall’elemento atmosferico, il focherello, gli sterpi sopravvissuti alla
stagione fredda, le ramaglie e il cielo livido, l’orizzonte invernale, brumoso,
il gruppo dei monti, i corvi, e il villaggio sottostante, coi pattinatori
sull’acqua ghiacciata, il ponticello. Qui vive la contraddizione feconda
dell’Europa di cui l’Italia è cuore: l’uomo immerso nella maestosità della
creazione, che si ciba della consapevolezza della morte, simboleggiata
dall’eternità dei cicli stagionali, eppure non rinuncia alla vita, la consacra,
la celebra sino a ritagliarsi la felicità: i pattinatori di Bruegel non sono
diversi dal tuffatore nell’eternità degli affreschi etruschi; la gioia di Keats
nella descrizione dell’autunno non differisce dal dolce color azzurro
lapislazzulo dell’orizzonte dantesco. Nell’apeiron ognuno trova nascita e morte
secondo Necessità; l’eternità, tuttavia, si rispecchia in questa tragedia
maestosa; ne afferriamo a stento solo qualche barbaglio poiché nunc per
speculum videmus, ma presto vedremo faccia a faccia. </span></span></p><span style="font-size: large;">
<span style="font-family: inherit;">Abbiate speranza vera,
siate testimoni.</span></span><br /><p></p>Alcestehttp://www.blogger.com/profile/04852044188872845420noreply@blogger.com73tag:blogger.com,1999:blog-654788918314523587.post-33367644108934385542022-09-18T17:02:00.029+02:002022-09-18T21:57:11.137+02:00La casetta di marzapane<div><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjGchvRnkc5JxBL0a8HEYIFPjsvD8tH_86ZIG94Csf3NTKZdv8Qw_1hB7XSulTt3kp_UifnKwIfdgPV0xVzeDa0XTYe6l5X_eHB6WRibrmBMPs102MdVTEewaAi_Mqy70dbrBpT7Nci10gJ291tKcGp0T7LdgsfEwFgy_FcAWk_uLHqBmS2oCD3CjCQ7Q/s800/Giorgia%20Meloni.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="632" data-original-width="800" height="506" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjGchvRnkc5JxBL0a8HEYIFPjsvD8tH_86ZIG94Csf3NTKZdv8Qw_1hB7XSulTt3kp_UifnKwIfdgPV0xVzeDa0XTYe6l5X_eHB6WRibrmBMPs102MdVTEewaAi_Mqy70dbrBpT7Nci10gJ291tKcGp0T7LdgsfEwFgy_FcAWk_uLHqBmS2oCD3CjCQ7Q/w640-h506/Giorgia%20Meloni.jpg" width="640" /></a></div><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">Roma, 18 settembre 2022 <br /></span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">Ho letto, con attenzione un po’ distratta per la verità, le obiezioni anti-astensioniste del professor Andrea Zhok (chi volesse leggere integralmente il breve testo, ripreso dal suo profilo social, <a href="https://www.mediafire.com/file/yfqk45tf0vhqsng/Andrea_Zhok%252C_Considerazioni_sull%2527astensionismo.docx/file">può scaricarlo da qui</a>).<br />Zhok esamina undici tesi favorevoli all’astensionismo e le decapita con brevi colpi d’ascia: inferti con attenzione un po’ distratta, per la verità.<br />Cercherò di rispondergli. <br />Non a lui direttamente, ovvio, poiché egli “<i>è un filosofo e accademico italiano, professore di Antropologia Filosofica e Filosofia Morale presso l'Università degli Studi di Milano. Si laurea in Filosofia Teoretica all'Università degli Studi di Milano con una tesi su Max Scheler, discussa sotto la supervisione di Carlo Sini, di cui è allievo</i>: il che lo pone parecchi gradini di autorevolezza sopra di me. Cosa potrei opporre a “Milano”, “Max Scheler” e “allievo di” se non un minuscolo “Roma”, “Guido Cavalcanti” e “omo di nullo savere”? È soprattutto Max Scheler che mi turba … avessi mai letto una riga … e sapete il motivo? Perché egli è autore che, a priori, detesto … non l’ho letto e non mi piace, come disse qualcuno … come Benjamin, Derrida, Barthes, Adorno … mai sfiorati in vita mia … a me si confà l’accamparsi, vita natural durante, presso altri macigni di granito: “<i>l’essere è, il non essere non è</i>”, a esempio; oppure: “<i>La natura ama nascondersi</i>” o “<i>Nell’illimite gli esseri … pagano l'uno all'altro la pena e l'espiazione dell'ingiustizia secondo l'ordine del tempo</i>”. Frasi di cui non occorre venire a capo … è fruttuoso, invece, meditarle … l’arricchimento consiste nel girarci attorno, spesso vanamente …<br />E veniamo a noi.<span></span></span></span></p><a name='more'></a><span style="font-size: large;">Alle tesi:<br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">1. <i>le elezioni sono un gioco del sistema, se sei antisistema non devi prestarti a ciò</i>. </span><br /><span style="font-size: large;">3. <i>non dobbiamo essere complici del sistema, votando si legittima il sistema</i>.</span><br /><br /><span style="font-size: large;">Zhok risponde: “<i>Brillante … nella stessa ottica suggerirei di rifiutare la complicità con il sistema capitalistico non ritirando lo stipendio; di rifiutare di sostenere la globalizzazione non frequentando più negozi, ma fabbricandosi in casa tutto ciò di cui abbiamo bisogno; di rifiutare l’organizzazione statale curandoci in casa se ci spacchiamo una gamba per non dimostrare complicità col sistema recandoci ad un Pronto Soccorso</i>”. Qui il professore gioca a equivocare il concetto di “Sistema” ch’egli assimila a quello di “Stato”. Per “Sistema” intendo, infatti, l’estrema degenerazione del progressismo illuminista, non il concetto di Stato o di organizzazione statale o, meglio, di organizzazione comunitaria. Il boccheggiante negozio di alimentari di Boccea non partecipa certo della globalizzazione così come il concetto di assistenza sanitaria ha radici più profonde di quelle ordite da Speranza o Fauci o Kamala Harris. Le reti di protezione a favore di coloro che hanno gambe rotte esistono da millenni; la Chiesa ne è lampante esempio. Persino il buon re Ine, dopo aver convertito gl’Inglesi al Cristianesimo nel VII secolo, volle costruire una rete di assistenza per i pellegrini che si recavano a Roma (futuro Santo Spirito in Sassia); fiorivano gli xenodochia: una gamba rotta ha sempre trovato un cerusico, dai tempi di Asclepio; le sculture votive etrusche che rappresentano arti, mammelle e occhi sanati (come nel santuario del Divin Amore sulla via Ardeatina) son lì a dimostrarlo.</span><br /></div><div><span style="font-size: large;">Il “Sistema” è altro.<br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Il “Sistema”, mondiale e totalizzante, ha infiltrato e svuotato da dentro proprio i singoli stati nazionali; tanto da ridurli a puro apparato repressivo e burocratico, da distorcere verso i propri fini. Il Carabiniere e l’Agenzia delle Entrate rappresentano i cascami dell’ex Stato Italia, da riplasmare in funzione della riduzione <i>ad nexum</i> di ogni singolo Italiano. Cos’è il nexus? Andate a vedere <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2018/11/nexus-6.html">cosa scrive Alceste sul <i>per aes et libram</i></a> … il “sistema” debitorio del nexus lo si rinviene ne <i>Il mercante di Venezia</i>, tanto per fare un ulteriore esempio … ma sì, la dolceamara commedia sulla libbra di carne e su quell'usuraio che, guarda il caso, ambiva a utilizzare le leggi veneziane per umiliare e uccidere un veneziano.<br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Secondo Zhok è impossibile uscire da tale Sistema dacché “<i>puoi solo provare a cambiarlo dall’interno</i>”. Eppure le rivoluzioni illuministe, quelle del “Sistema” attuale, quelle che hanno cambiato la Storia, dall’Inghilterra alla Francia alle Americhe, dall’Italia antipapalina all’Ucraina antizarista, mai cercarono di cambiare dall’interno: tesero, invece, giustamente, a teste rotte e nasi sanguinosi. Solo un sovvertimento violento e una ricomposizione di forze, infatti, ha mutato il corso prestabilito degli eventi. Come è sempre stato. Che tale sovvertimento non possa oggi avvenire per motivi antropologici e psicologici è altra cosa.<br /><br />Alle tesi:<br />2. <i>le forze antisistema si schianteranno e non supereranno la soglia del 3%</i>.<br />4. <i>non bisogna votare perché il parlamento non conta nulla, i poteri forti stanno altrove</i>.<br />7. <i>votare non ha mai cambiato nulla</i>. <br />8. <i>lo Stato, il Deep State, il Leviatano non è riformabile</i>.<br /><br />Secondo Zhok queste tesi “<i>sono variazioni dell’argomento che possiamo chiamare ‘sconfittista’: è tutto inutile, tutto fallirà, il sistema è inscalfibile, dominano i poteri forti, votare non ha mai cambiato nulla’. Naturalmente questo tipo di posizioni sono semplicemente tesi autorealizzantesi: se vi aderisci contribuisci a rendere le loro previsioni vere. Sono espressioni umorali, depresse, di autocompatimento, che hanno il grande vantaggio di non dover fare assolutamente nessuno sforzo per sostenere le proprie ragioni. Se tutti fanno come me, la sconfitta è sicura. <br />E avrò avuto ragione! <br />Con la stessa forza e legittimità vale però la conversa: se tutti invece si sbattono perché le cose cambino puoi stare sicuro che cambieranno</i>”.<br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Purtroppo, afferma il sottoscritto, l’argomento sconfittista si autorealizza poiché ha piena ragione; la vedo inverarsi, tale ragione, con accecante evidenza, guarda nuovamente il caso, il 26 settembre 2022. Lo sconfittismo ha ragione, una ragione umorale e depressa, dato che scorge la verità, anche riguardo alla tesi principale: le elezioni non servono a nulla. Dovrebbe essere Zhok a dimostrarci che le elezioni contano qualcosa: nel dopoguerra le percentuali di votanti hanno sfiorato cifre altissime eppure il decorso della malattia europea è proseguito, sotterraneo e indisturbato; viceversa, mai si è avuto in Italia un astensionismo forte e radicato.<br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">E poi: l’epoca democratica (quella in cui vige il suffragio universale, intendo) è un battito di ciglia nella più vasta storia della civiltà. Per quanto possa sembrarci incredibile, democrazia e libertà sussistono anche senza elezioni. Sotto il Fascismo (lo dico pour épater les crétins) un artigiano o un professionista erano assai più liberi di oggi; e così un operaio; forse addirittura più felici: di quella felicità che insorge quale mirabile stato sospeso fra la disperazione e la tragedia; tanto più piena, tale felicità, proprio perché v'era la possibilità della disperazione e della tragedia, momenti psicologici oggi impossibili. E che dire del venditore di olive della Calcedonia? Dell’orefice longobardo di Spoleto? Della mungitrice di vacche di Coblenza? Erano tutti sottosviluppati, tutti infelici, tutti trogloditi? Miliardi di esseri umani vissero il teatro del mondo privi di democrazia ed elezioni. Erano prigionieri, vessati, citrulli, repressi, depressi? Siamo noi, e solo noi, la spremitura favolosa della civiltà, la crema di milioni d’anni di evoluzione? Noi, con la "X" di Bertoldo e una matita? Cos’è la libertà? Chi ha forgiato l’oro, coltivato il grano, allevato cavalli ai margini dei fiumi … chi erano coloro che ci hanno preceduto? Alieni, pazzi …? O si può vivere senza democrazia, persino schifarla se <i>qualcosa</i> <i>d'altro</i> garantisce la libertà … non una libertà psicopatica come quella d’oggi, fomentata dalle idiozie televisive, ma una libertà che allarga il cuore perché ci inserisce in un più vasto disegno sovrumano ... <br />A nulla serve dire che pur se nell’antica Roma si votava, la democrazia era assai lontana … per tali goffe suggestioni (per tacere di Pericle e della democrazia in Grecia) consiglio le lezioni del professor Salvatore Tondo sulla storia costituzionale romana ... a partire dai comitia curiata … si dovrebbero rintracciare nell’antiquariato o su qualche bancarella fuori de "La Sapienza" … <br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Urge, tuttavia, una spiegazione ulteriore. Ed è questa, centrale: la democrazia del suffragio universale non decide nulla; essa si limita ad assecondare <i>pulsioni secondarie</i> o <i>d’infimo ordine </i>o <i>addirittura completamente insulse </i>(poiché create dal Sistema stesso)<i> </i>interne al farsi storico; le direttrici fondamentali, infatti, sono la risultanza ultima di brutali rapporti di forza (guerre e rivoluzioni per intenderci). Esempio: l’Italia perde la guerra. I vincitori le concedono, per puro opportunismo, un modello di sviluppo capitalistico adatto al loro clima compassionevole: CC. I partiti (comunisti, democristiani, fascisti) si contendono il voto elettorale solo per assecondare il CC, con riforme di seconda fascia, inessenziali, non altro. Cosa potrebbero fare con centinaia di basi militari sul territorio e le maggiori istituzioni infiltrate dal nemico? Essi (tutti) sanno che deviare da tale corso imposto con la forza (e formalizzato da elezioni truffa: repubblica vs monarchia, il suffagio del 1948) è impossibile; si azzuffano, quindi, su quisquilie; l'elettorato li segue, confortato dal fatto che fra esso e i suoi rappresentanti vige un filo ideologico che ancora li lega; frattanto l’agenda esterna impone una progressiva secolarizzazione (divorzio, aborto: queste sì riforme di primaria importanza) che si attua lentamente per mezzo di agenti ben remunerati (radicali, frange dei socialisti e dei comunisti, indipendenti di varia natura). Dal 1989, tuttavia, il CC è interrotto per far posto al capitalismo pauperistico PolCor; sono liquidate le ideologie per l'anomia onnicomprensiva; in parallelo vengono eliminati, come pericolosi testimoni di un'epoca da censurare, i partiti del dopoguerra e le loro tradizioni: da un mattino all’altro, sempre per mezzo di agenti ben remunerati o creati per l'occasione oppure inconsapevolmente utilizzati (magistratura in primis); si riassemblano formazioni di ascari con quarte e quinte linee dei partiti defunti: in vista del nuovo sol dell'avvenire: che non è il nostro. Le direttrici fondamentali, anche qui, sono condivise, poiché imposte dai vincitori, da tutto l’arco costituzionale (anche se il PD e frattaglie tengono il ruolo del croupier al banco truccato); nessuna deroga; chi deroga o è un attore o è morto (se si tratti di morte civile o fisica non importa: di cadaveri ne abbiamo avuti sin troppi). Le elezioni, anche in tale secondo scorcio del dopoguerra, decidono, quindi, aspetti secondari della vita economica e sociale. Le trombe di Gerico (Bagnai, Salvini, 5S) si rivelano, dopo alcuni mesi di avanspettacolo, delle trombette di Carnevale. Inevitabile. Il Salvini che proclama la crisi di governo in mutande ne è l’emblema ridicolo. Per comprendere cosa sia una questione intangibile imposta dal Sistema e cosa un affare di seconda fascia (cui possono metter mano, con cautela, i liberamente eletti), basti citare l’aborto: l’aborto è intangibile, di altro, invece, comprese le adozioni per lesbiche psicotiche, si può parlare; sulla creazione di moneta è vietato aprire un dibattito, sul reddito di cittadinanza sì; la leva militare per un esercito nazionale? Es ist verboten, per i trans nell’Aeronautica si apre uno spiraglio; di insegnare matematica e italiano no, non più, di diritti civili se ne ciarli a sazietà; salario e scala mobile, per carità, argomento nemmeno concepibile, sui tripli bagni nelle fabbriche e negli uffici, invece, è giusto scontrarsi durante il vaudeville serale addomesticato sui media a panzana unificata.<br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">I punti nodali sono tabù (vae victis!), le fregnacce impegnano, invece, centinaia di ore di dibattito inutile … come l'affaire 35 ore … se qualcuno ancora ricorda la patetica pagliacciata.<br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">La vera storia politica è, come detto, la risultante di forze contrastanti in un sistema chiuso; dopo gli scontri si creano aree di stabilità fra vincitori e vinti; in tali aree cresce la finta democrazia; sino alla prossima instabilità che la riconfigura, e così via. Solo la forza decide gli esiti. Il voto popolare s'illude di decidere delegando a una manciata di rappresentanti che, in cuor loro, già conoscono i limiti della loro azione (pena: la morte civile o fisica anzidette). Ricordiamo, a tal proposito, le cantilene sui servizi deviati che fecero gemere i torchi di centinaia di stamperie ... Moro, Ustica, il bandito Giuliano, piazza della Loggia ... i servizi deviati ... che, però, sempre dritti erano, mica deviati ... solo al micco elettore apparivano deviati perché egli, da buon citrullo, crede che quelli stanno lì per difenderlo e non difendere gli interessi dei vincitori ...<br />In altre parole: solo una rottura violenta dello status quo può metterci al tavolo dei negoziati per contrattare, in nostro favore, una porzione futura di stabilità. Ma, per il momento, ciò è impossibile. Le forze antisistema potranno anche assommare un insperato 10% … ma che dico 10%, persino il 30% non basterebbe … traditori e incapaci infiltrati verrebbero subito allo scoperto per boicottare … nelle elezioni precedenti, d’altra parte, i potenziali antisistema assommarono oltre il 50%: tecnicamente il Potere era alla loro mercè … e invece cosa accadde? Qualcuno ne serberà il ricordo ... ma l’elettore micco non ne ha mai abbastanza, il cuore ricolmo di speranza …<br /></span></div><div><span style="font-size: large;"><br />Alle tesi:<br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">5. <i>bisogna organizzare un movimento di resistenza al di fuori delle elezioni</i>. <br />6. <i>noi ci dobbiamo dedicare ad altro, dove siamo liberi, sfuggendo al potere, dedichiamoci a diventare più maturi</i>.<br /></span></div><div><span style="font-size: large;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">egli risponde che “<i>[sono] perfettamente condivisibil[i] salvo per un punto decisivo, ovvero l’idea di potersi tenere estranei alle istituzioni … L’equivoco … è di pensare che queste forme di associazionismo territoriale siano esentate dall’onere di rapportarsi alle istituzioni e di obbedire alle loro ingiunzioni</i>”.<br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Ma cosa sono le istituzioni? E, soprattutto, cosa sono <i>oggi</i> le istituzioni? Le istituzioni consistono, in parte, nella concrezione formale indotta da una guerra rovinosamente perduta … e nel 2022? Nella continua degenerazione (operata nei decenni dai partiti politici liberamente votati) di quelle istituzioni già a noi in parte aliene. A cosa si è ridotto il dettato costituzionale se non a barzelletta? Minato ripetutamente dallo stato di eccezione? Stato d'eccezione, di per sé, ampiamente ed eminentemente anticostituzionale … Cosa sono la Corte dei Conti, il TAR, le magistrature, le polizie e le gendarmerie assortite, i reparti militari, se non pallidi riflessi di un potere che più non risponde alla sovranità popolare? E noi, secondo Zhok, dovremmo sottostare a questi ascari perché “<i>senza voci di difesa solide nelle istituzioni la capacità di autoorganizzazione dal basso è sempre sotto la spada di Damocle di interventi ostativi che possono vanificare gli sforzi di anni</i>”; e porta questo esempio: “<i>nel luglio dell’anno scorso in Francia, nel bel mezzo della situazione emergenziale ‘anticovid’, il sistema delle scuole parentali è stato stroncato con una legge del Parlamento che di fatto ha abolito il ‘sistema dichiarativo di educazione familiare’ … sostituendolo con un sistema di autorizzazione preventiva, subordinata a condizioni estremamente restrittive e arbitrarie. Di fatto il sistema delle scuole parentali è stato decapitato da un giorno all’altro</i>”. In altre parole: dovremmo avere voci nelle istituzioni perché altrimenti lo Stato vanificherà sempre i nostri sforzi extrasistemici … come se la Kuliscioff o la Zasulic, faccio un esempio a me caro, a fronte di una repressione zarista che esiliò o giustiziò centinaia di rivoltosi, si fossero presentate alle elezioni del 1870 a Cherson e Kharkiv ... in modo che il contadino russo con le pezze al culo avesse a vantare una voce nelle istituzioni … e però, chissà perché, quelle insistevano, si davano alla macchia, campavano da fame, contrabbandavano macchine tipografiche a pezzi per stampare volantini sovversivi, lucidavano canne di pistole, sopportavano arresti, prigioni e processi, studiavano classici … ed erano due femmine … e, pensate un po', alla fine vinsero ... sui proiettili nella nuca dei Romanov c'era anche la loro firma. <br /></span></div><div><span style="font-size: large;"> </span><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">Alle tesi: <br />9. <i>in alternativa al voto potete rifiutare la scheda, registrandosi però come votanti, per simbolizzare il proprio dissenso</i>. <br />10. <i>in alternativa al voto è possibile cambiare lo stato con dei referendum propositivi (senza valore istituzionale)</i>.<i><br /></i><br />Zhok risponde, ma io faccio fatica anche a leggerle.</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">Aggiungo qualche notazione a margine.<br />- Lo stesso Zhok consente: “<i>Certo, se ritengo che tutte le alternative a disposizioni siano repellenti, non votare è l’unica opzione (se mi dicessero di scegliere tra Letta e Meloni io voto Paperino, siamo d’accordo). Se uno è convinto che tutte le opzioni disponibili siano inaccettabili, ok, quello fa bene a non votare</i>”. Lo ringraziamo per tale sua stringente deduzione.<br />- Il partito in cui Zhok si candida (“Italia Sovrana e Popolare”) non sembra la miglior tribuna per un sereno giudizio filosofico sull’astensionismo.<br />- Essere professore, poi, cioè uomo delle istituzioni, insinua il dubbio che il quieto vivere, garantito, non bendisponga verso l’empatia popolare. Pare un argomento ad hominem, ma è considerazione di indole generale.<br />- Ma ciò che davvero sorprende, in Zhok, e agghiaccia, nella classe intellettuale italiana, è la sensazione che essi vivano nella casetta di marzapane, come Hansel e Gretel. La strega si prepara a mangiarseli al forno, ma loro non notano nulla di strano, mentre sbocconcellano canditi e zucchero filato. <br />La puerile ignoranza che il voto democratico non sia il ponderato parto di un libero individuo, bensì un dono da consegnarsi a pacchetti attraverso una delle tante associazioni vendute ai partiti e, quindi, al nemico: sindacati, corporazioni industriali, corporazioni militari, lobby ministeriali: in cambio di favori limitati a quell’associazione, a quella corporazione, a quella lobby - il sospetto manco li sfiora. Comprendere che la politica, oramai, è metapolitica, consistendo in un ceto autoreferenziale che prospera come un tumore nei gangli della stessa amministrazione locale e nazionale; e che si riproduce per cooptazione avendo come solo fine la propria stessa sopravvivenza. I convegni, le riunioni, persino i gruppi social sono composti unicamente da questo personale parassitario che si augura la sopravvivenza del corpo da parassitare: i residui brandelli dello Stato italiano.<br />- Sorprende, del pari, in Zhok e compagni, l’assenza di un’analisi sulla potenza delle forze verso cui ci si oppone, almeno in tale fase. Signori, qui siamo di fronte a un Moloch in grado di far parlare con voce unanime, in breve volgere di tempo, la pubblicità delle multinazionali e Barbara D’Urso, l’ONU e il festival del cinema di Venezia, le associazioni culturali di Pizzighettone e il Gay Pride di Vienna … dalla Disney al Times a Repubblica alla Treccani tutti ballano lo stesso identico motivetto … secondo voi quale balleranno dentro il miserabile parlamento italiano? ... le lacrime di un inviato Mediaset alle esequie della Salmonessa londinese dovrebbero far riflettere sulla nostra condizione di sudditi … e, ora, di impotenti eunuchi … sperare, poi, che tipi come Paragone, uno che ha cambiato tre partiti in tre anni come Fregoli, possa disarticolare questa presa da constrictor … qualche dubbio almeno, via … <br />- Agghiaccia, poi, come l’etica e l’educazione vengano preterite nel discorso politico. Perché a decidere è il comportamento tenuto da chiunque di noi … ogni giorno che Dio manda in terra. Trovar maestri, questo è essenziale, ricordare … sentire ripugnanza per una scuola ridotta a mera propaganda con infarinature tecniche. Sorprende, insomma, la mancanza totale, assoluta, di un richiamo all’Italia, a ciò che fu l’Italia; e di un richiamo alla bellezza, intesa non nel banale senso spiritualistico, ma quale criterio di scelta quotidiano ... del meglio … tanto che oggi si fa a gare per non selezionare, o per selezionare il peggio …<br />- Per cambiare le cose è propedeutico uno stravolgimento nel modo di vivere, la creazione di una comunità che si opponga con fede e violenza … per far ciò occorre, però, abituarsi alla macchia … o essere consueti con l’esilio … solo individui forgiati dall’esilio all’interno di una folla … solo degli appestati possono comprendere.<br />- Questo ci porta alla considerazione finale: nulla è possibile, ora. Si può solo riunirsi attorno a una convinzione, farsi libro, tramandare, resistere. Rendersi tenacemente disperati.</span></span></p></div>Alcestehttp://www.blogger.com/profile/04852044188872845420noreply@blogger.com44tag:blogger.com,1999:blog-654788918314523587.post-84475646707784746852022-09-11T21:51:00.017+02:002022-09-12T20:47:18.757+02:00Il sapore della ciliegia<div><p style="text-align: center;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="430" data-original-width="750" height="366" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi0qcG58Qh3WS5H197K03vQMa5R5pTGh5Er743IqLynSh_1BquRw8h3s_34xzolZJ0ozBbethfvFvX-WZznthe2uuAokCMuqqk6ES0aQ3QNZLCI_-yClJp9fd-c0sbkitYd5lFuPGi2_bBcLfn4tuJwsU9-2jUjAi4ASF_nloRoPkuBfFvbCE4tMaNOew/w640-h366/Liz%20Truss%202.jpg" width="640" /></div><p></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><!--[if gte mso 9]><xml>
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</xml><![endif]--></span></span></p><span style="font-size: large;">Roma, 22 settembre 2022</span></div><div><span style="font-size: large;"> </span></div><div style="text-align: left;"><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Jorge da Burgos, trasportato al 2022 come lo stilita di Luis Buñuel, rimarrebbe disgustato dalla clownerie dilagante, a ogni livello; organizzata, compiaciuta, devastante: uomini vestiti da donna, bagascioni, drag queen, negri biondi, rapper delinquenti, invertiti psicopatici e pedofili formano, oramai, la classe dirigente occidentale del Nuovo Millennio. Le femmine, poi, hanno un che di indefinibilmente deforme: abbronzature da mulatte, pelli tirate come tamburi apocalittici, acconciature da mignottone di Tor di Quinto, occhi sbarrati, movenze lardose, dentature isteriche. Osservando l’<a href="http://alcesteilblog.blogspot.com/2021/08/barnum-international-circus.html">International Barnum Circus</a>, giorno dopo giorno, riesco a intimamente comprendere la profonda razionalità dell’Inquisizione spagnola, altro che repressione. Questi uomini operavano per contenere the overwhelming chaos … e li han fatti passare per semplici reazionari! Reazionari lo erano di sicuro, come il sottoscritto, peraltro … ma, incredibile dictu, agivano sulla base di norme distillate nei secoli … per durare, ecco il succo, per durare! … per difendere l’umanità dalla dissoluzione … ma cosa sta dicendo! Ma lei è folle! Difendere l’umanità! Ma cosa dice! Eppure è così. Finalmente libero dalla destra, dalla sinistra, dalle prudenze, dai retaggi e dai vincoli del perbenismo … come Marlow, come Kurtz … libertà persino dalle proprie opinioni … vi dono la verità in un pugno di polvere: la storia universale, del più minuscolo e insignificante pertugio della Totalità, di cui l’uomo è parte ancor più insignificante, è un galoppo sfrenato e ineluttabile verso la distruzione. La legge divina par excellence … la dissoluzione … di cosmi, pianeti, sentimenti … metaforizzata da qualche povero trombone quale Seconda Legge della Termodinamica … tale la dannazione cui solo Dio può sottrarsi, fuori delle coordinate della mortali … resistere, ecco la legge divina cui dobbiamo attenerci … durare … costruire confini, trincee e palizzate contro la corrente che ci travolge eternamente: ciò è l’etica che ci attiene. Conservare, durare, definire. Il primo Pontefice si chiama Pietro. Immortalare, rendere eterno, opporsi al cambiamento in ogni sede dell’anima … opporre il rifiuto … rimanere sé stessi, per sempre! Ecco la gravitas, quella mozione in cui la lugubre certezza della fine si sposa allo stoicismo della resistenza.</span><br /><span style="font-size: large;">La ridda stregonesca, il sabba, il Carnevale della logica … la mutevolezza e l’ambiguità dionisiache, ecco cosa temevano i Greci … hanno dovuto sussumere quel cialtrone ubriaco e transessuale nel loro Olimpo, per neutralizzarlo … così come l’Inquisizione dovette bruciare, taglieggiare, torturare … l’Arcinemico voleva cambiare, sempre, devastare la forma e quindi assumere, scriteriatamente, ogni forma, a piacere, proprio per irridere la Forma … ciò che si era concepito in ogni epoca escogitando i multiformi vestimenti delle figure sempiterne del Santo, dell’Artista e del Sapiente …</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"> </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Il nuovo primo ministro inglese (in assenza d’Inghilterra, beninteso) ha il nome d’una glam rocker (Joan Jett, Suzi Quatro) e la faccetta bruttina d’una comprimaria da serial TV anni Settanta. <br />Ricordate <i>George e Mildred</i> (<i>George & Mildred</i>, 1976)? Così.<br />Possiamo immaginare la scena: <br /></span></div><span style="font-size: large;"><span><a name='more'></a></span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Interno giorno. Casa dei coniugi Roper. George seduto sulla poltrona, la coperta sulle ginocchia, un bicchiere di birra nella destra. Suona il campanello. Mildred, già contrariata dopo una serie di punzecchiature col marito - a rinfacciargli la scarsa vitalità sociale e matrimoniale - accorre alla porta in un abito multicolore, largo e svolazzante, il foulard stretto al collo. Gli squilli si fanno insistenti.</span><br /></div><div><span style="font-size: large;">Mildred: “<i>Arrivo!</i>”<br />Ancora squilli in serie, petulanti.<br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Mildred: “<i>Ma chi diavolo …</i>”. Apre bruscamente la porta per sorprendere l’importuno seccatore. È la vicina. “<i>Liz …! Quale piacere</i>”, dice sarcastica.<br />Liz: “<i>Miiiildred … yuhuuu … come va …</i>”, ride, roteando il palmo della mano destra in segno di saluto, il sorriso da inglese bislacca.<br />Mildred: “<i>A cosa dobbiamo l’onore?</i>” domanda sgarbatamente.<br />Liz, indifferente all’ironia: “<i>Oh Dio … Dio, Mildred … Dio … non sto più nella pelle!</i>”. Si torce le mani, rotea gli occhi, saltella. “<i>Devo dirvelo, devo dirvelo!</i>”.<br /></span></div><div><span style="font-size: large;">Mildred: “<i>Prego, entra pure</i>”, fa contrariata, perché Liz ha già invaso l’ingresso.<br />Liz: “<i>Oh Dio! … C’è anche George?</i>”.<br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Mildred: “<i>E dove vuoi che sia? Eccolo là!</i>” e lo indica come un soprammobile detestato, sorpreso nell’atto di bere, uno sbuffo di spuma sul naso.<br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Liz. “<i>Devo fare un annuncio incredibile, sensazionale! Oh, che gioia, che felicità … Gni gni gni!!</i>”.</span><br /><span style="font-size: large;">George, fintamente cordiale: “<i>Siamo tutto orecchi!</i>” e poi, bofonchiando sottovoce per il pubblico: “<i>Purché te ne vada in fretta!</i>”.</span><br /><span style="font-size: large;">Risatine preregistrate in sottofondo.</span><br /><span style="font-size: large;">Liz: “<i>Allora ve lo dico, eh!</i>”. Si rivolge a entrambi, il sorriso stampato in faccia. “<i>Voglio dirvelo! Ve lo dico!</i>”.</span><br /><span style="font-size: large;">Mildred: “<i>Diccelo Liz, ti prego, non tenerci sulla corda … siamo elettrizzati …</i>” concede esasperata.</span><br /><span style="font-size: large;">Liz: “<i>Allora … allora …</i>”.</span><br /><span style="font-size: large;">George: “<i>Allora cosa?</i>” e riprende annoiato a vuotare il boccale.</span><br /><span style="font-size: large;">Liz: “<i>Io e Klaus ci sposiamo!</i>”.</span><br /><span style="font-size: large;">Mildred: “<i>Coooosa?!</i>”, quasi grida, con gli occhi sbarrati per la rivelazione.</span><br /><span style="font-size: large;">Liz: “<i>Sabato prossimo!</i>” e prende a saltellare e a emettere ritmici gridolini di gioia.</span><br /><span style="font-size: large;">George, cui è andata di traverso la birra, incredulo: “<i>K-K- Klaus? ... Quel Klaus?</i>”.</span><br /><span style="font-size: large;">Liz: “<i>Sììììììììì …</i>”.</span><br /><span style="font-size: large;">Scroscio di risate preregistrate, insistenti.</span><br /><span style="font-size: large;">George e la moglie si guardano a bocca aperta, costernati.</span><br /><span style="font-size: large;"> </span><br /><span style="font-size: large;">Me ne giro per il fantasma dell’ex Roma. A via Condotti, via Frattina. Non vi mettevo piede da qualche anno, se non per un rapido passaggio. È tutto involgarito, sciatto, sporco. Solo barbagli della gloria edonista che fu. Ma ciò che respinge, o attrae, se si è degli entomologi della disfatta, è il materiale umano che si trascina per le vie luride. Gli Italiani sembrano usciti dal <i>Trionfo della morte</i> di D’Annunzio: grassi, storti, gozzuti, pelati; acciabattati, quasi tutti, gli stramaledetti tatuaggi da galeotto a marchiare avambracci e popliti; ragazze candide sfregiate da rutilanti idiozie: un nome, una data, un fiore; tredicenni con hot pants e chiappe debordanti, culturisti in canottiera, invariabilmente calvi, aggraziati come pachidermi; occhiali da sole, anche in assenza di sole, barbette, pizzetti, mèches ordite da un tricologo omicida, mendicanti a piedi nudi, squatter coi soliti cani pulciosi, i piercing fetidi, sacchetti della spazzatura a vista che penzolano come preservativi usati, confezioni da hamburgeria, bicchieri di carta e cannucce abbandonate agli angoli, e ancora ciabatte, da suk: calcagni in vista, dita aperte come mazzi di asparagi; e poi: camicie aperte su trippe flaccide, visi rossi per la calura, mal rasati, cinquantenni con sgargianti fuseaux pastello che sagomano cosce lardose e femori disallineati; sono brutti gli Italiani, per tacere dei turisti da banane che ancora si spingono da noi; “anvicchiuzziti”, cioè malamente e rapidamente invecchiati, in seguito a occulta malattia che sbianca capelli e indebolisce la muscolatura; persino le ragazze, di cui una volta si era ghiotti di occhiate, sono meno in salute, più goffe, meno libere nei movimenti: più bruttine, a dirla tutta; al massimo graziose, d’una grazia prestampata, favorita da eyeliner e fondotinta mondialisti in offerta online, da Calcutta a Palos: a livellarne le sembianze peculiari; e poi il lardo, signori, il lardo: bozze tumorali che crescono asimmetricamente sulla figura un tempo umana, insensibili a qualsiasi dieta, deformità da cibo trash; mammelle mostruose, da tempo consenzienti alla forza di gravità, chiappe cementate dal sudore e dai trigliceridi sin a densità da stella nana: metri quadri di pelle, nemmeno buona per la conceria, ulcerata dalla cellulite; e poi i selfie, le foto inutili, le borsette inutili; e il vano andirivieni da e verso luoghi oramai estranei alla sensibilità europea, come un monolite lunare: a che pro affaticare con piedi ingombranti e aliti pestilenziali le delicate navate di San Luigi dei Francesi?</span><br /><br /><span style="font-size: large;">Una giovane coppia di giapponesi sembra uscita da un gore psicopatico: lei, trentacinque chili per centotrenta centimetri, di cui cinquanta inguainati in stivaletti di pelle sadomasochistici, ricchi di lacci e incipienti fetori, hot pants lillipuziani e toppino rosa shocking, il collo esile appesantito da una Nikon, lo sguardo allucinato volto verso Trinità de’ Monti: che la riguarda indifferente; l’altro muso giallo, altezza media e una dozzina di chili in più, si diporta con un parasole bianco (di cui solo gode i servigi), mocassini, bermuda e camicia fiorata: forse rinvenuta frugando nel backstage di Takeshi Kitano; occhiali da quadro impiegatizio, sguardo spaesato da nerd: due esserini, evidentemente, ripuliti dall’igienismo montante, e psicologicamente confezionati per qualche Soylent Green di Osaka.</span><br /><br /><span style="font-size: large;">Il circo continua, è una processione inarrestabile; a volte si ha un mancamento, per l’impossibilità a fermare gli occhi su un centro di gravità permanente, solido, normale. Anche le insegne congiurano alla deriva da avanspettacolo postmoderno: la pizzeria è “Gnam Gnam”, il bar per ludopatici “Barlotto”, la panineria “Porcadella”, a mezzo fra una bestemmia mariana e l’invito a uno sfilatino ipercalorico.</span><br /><br /><span style="font-size: large;">I Måneskin scandalizzano: Damiano, infatti, il sedicente frontman, mostra le pallide terga durante un live. Alla nostra generazione, che ammirò David Lee Roth davvero col culo glam di fuori (1983-1984), vien da ridere e piangere, alternativamente.</span><br /><br /><span style="font-size: large;">I giornali italiani: sul delitto X l’ombra della mafia. Nel 2022. L’ombra. Come se qualche cavernicolo siciliano con la doppietta armeggiasse nel buio della cospirazione; contro lo Stato italiano. La mafia è l’ombra dello Stato, semmai; così come l’antisemitismo è l’ombra dell’Ebreo.</span><br /><br /><span style="font-size: large;">A questo giro si sparano tutte le cartucce possibili: portuali di Trieste, gilet gialli, novax, leghisti pentiti, grillini pentiti, sovranisti, monetaristi, dannunziani col diploma. Il loro ruolo è far aumentare la percentuale di votanti differenziando fraudolentemente l’offerta. I partiti candidano, invece, le mogli e i parenti. Un bel gruzzoletto in famiglia fa sempre comodo. Chi vinca, poi, è indifferente purché il sistema regga. Per tale motivo Salvini se la ride a Venezia nonostante i sondaggi disastrosi. Chiunque vinca, va bene; l’importante è la tenuta della truffa nella credulità popolare. Vincitori e vinti, alla fine, quello devono fare: e faranno. Se si presentano alle elezioni sono dei loro; se vanno in televisione sono dei loro. Difficile? Non sembra, eppure … eppure la delegittimazione non arriva, il crollo dell’affluenza nemmeno; così come nemmeno si pensa che l’arma è un’etica diversa, vivere al contrario: il contrario del contrario: in modo giusto.</span><br /><br /><span style="font-size: large;"><i>Sangue di condor</i> (<i>Sangre de cóndor</i>, Jorge Sanjinés, 1969) è un bel film boliviano che si amava citare (nessuno l’aveva mai visto, in realtà) quando sopravviveva ancora qualche comunista: “<i>Il film racconta la storia di una comunità indigena boliviana che riceve cure mediche dal Peace Corps, un'agenzia americana che segretamente pianifica una sterilizzazione delle donne locali</i>”.</span><br /><span style="font-size: large;">Proprio questa estate un novantenne mi raccontava del pisciaiuolo. Tale figura biancovestita, a simulare il candore igienizzante del medico che raccoglie sempre empatia fra gli strati più umili del contado, si aggirava nei paesetti dell’entroterra viterbese, fra i Sessanta e i Novanta: raccoglieva, appunto orina; orina delle femmine dei trogloditi, quelle in menopausa. Di solito lasciava una bottiglia sterile e ritirava quella piena; il giallino in controluce lo soddisfaceva parecchio. In cambio, a fine mese, regalava posate e bicchieri di vetro da quattro soldi che gli aborigeni continentali accoglievano come tesori, forse saziati dalle rilucenze metalliche delle forchette inox.</span><br /><br /><span style="font-size: large;">Ogni tanto, per ritemprarmi, devo salire fra i redneck, ancora immuni dalle fole del cambiamento climatico e di sesso. A prima vista sono persone infide; ingrate, tirchie, ipocrite. Solo a contatto per qualche tempo (prima devono annusarti), ci si accorge che quella patina non è altro che un secolare vestimento per la sopravvivenza. La cosa notevole è che ogniqualvolta si fa ritorno al villaggio, la procedura di riconoscimento parte da zero, come se il sottoscritto, mezzo cavernicolo per sangue pure lui, fosse un estraneo. I cani hanno più memoria. Un di questi neandertaliani possiede, in uno scantinato lercio, centinaia di decespugliatori. Non sono mai riuscito a capire dove li piglia. Li conserva accatastati come scopettoni, d'ogni marca e cilindrata. "<i>Se ti serve un pezzo, te lo posso trovare</i>". Trentenne, un figlio piccolo, la moglie sboccata e lardosa. Esile, l'occhio sfuggente, una tuta da lavoro grigia annerita sulla patta; gli dico: "<i>Efco, da 33. La testina</i>". E lui s'illumina, è nel suo campo, va a colpo sicuro. Ne prende uno, lo pone cautelosamente su un banchetto come una fanciulla che dorme e prende a smontarne il pezzo con leggiadra delicatezza; le viti seguono docili l'ipnotico lavorio delle dita; ed eccola, la testina, escissa come il fegato sul tavolo autoptico di qualche obitorio ghiacciato. Prende l'EFCO e la monta pazientemente, scrollando i capelli lerci raccolti in una coda di cavallo. Non è che sia sporco, però; è così e basta, come lo ero io a queste latitudini, quarant'anni fa, da ragazzino: inattuali.</span><br /><br /><span style="font-size: large;">Presso una vietta secondaria di via Gregorio VII ammazzarono, non molto tempo fa, un cinghiale. Sceso probabilmente dalla spalletta del Gelsomino dove ancora sopravvive una macchia abbastanza estesa. Nemmeno il tempo di far raffreddare le spoglie che era partito il can can animalista. Sul luogo del massacro si eresse un cenotafio: mercé il lavoro dei bimbetti d'una scuola vicina che, al defunto, diedero pure un nome. I fogli multicolori vergati da atti di dolore postmoderni popolavano una rete metallica; fiori e bigliettini vari ingombravano, invece, parte della sede stradale: maledizioni all’assassino, viva la natura, viva i cinghiali, siamo tutti sorelle e fratelli nell’universo. Se gl’infanti in tal caso furono scusabili (in vita loro han visto solo gatti e cani), è difficile, per chi non è avvezzo all’esame quotidiano della distruzione italiana, comprendere i moti emozionali dei genitori quarantenni. Gente che ormai intrattiene con gli animali da compagnia rapporti paritari (generatori, in occasioni non residuali, di soddisfazione maritale) se non di sudditanza assistenzialista (Fuffy ha fame, Rover ha le pulci, Blackie si gratta, Isidoro piscia troppo, Rover ha la cacarella); mentre d'altre umili creature del creato vanta esclusivamente una conoscenza per interposto supermercato (bistecchine di collo di suino, coscette di pollo, filetto di scottona: chi di loro sa com'è fatta una vacca o un maiale?); a ignorare, poi, la fauna selvatica nel suo insieme: chi, delle numerose prefiche del cinghiale, ha mai visto un serpente, un barbagianni, una volpe, una spinosa? A parte alcuni d’essi spiaccicati sulla sede stradale, intendo. Il loro animalismo è puramente ideologico, cioè televisivo. Non per questo meno feroce. Il cinghiale morto è un’offesa, ovviamente; come se avessero mollato un calcio a Rover. I cani, d’altra parte, ascendono la scala sociale, gli umani la discendono: e ciò, tuttavia, è spia di una crescente disumanizzazione dell’umano, completamente scollato dalla vita nel suo farsi incandescente, lutulento, contraddittorio. I rapporti con la carne, e con la terra, con i frutti ubertosi della terra, sono, di fatto, inesistenti. Anche in provincia il capolavoro democristiano della distruzione dell’agricoltura (in vista di una industrializzazione promessa e non mantenuta) ha prodotto legioni di statali tripponi, pensionati e percettori indebiti di invalidità inventate dal generoso moloch burocratico: in nemmeno una generazione. Lo schianto della provincia, inabile a metterci in tavola carne, pane e frutta, ci ha conseguentemente assoggettati ai ricatti del mercato internazionale, generato decine di migliaia di supermarket e preparati, annientando la multiforme profondità del gusto, alla farina di grilli. L’esserino del futuro che compiange il cinghiale non ha mai assaporato nulla, non ha la forza di cacciare un topo di casa (dato che il gatto domestico è, oramai, un sacco di pelo viziato da scatolette proteiche) e vive di idioti luoghi comuni sullo stato di natura felice che farebbero arrossire un Rousseau all’ultimo banco. L’uomo da ipermercato ha perduto la profondità dei sapori tanto che ne ha orrore, dei sapori: il fetore d’un formaggio stagionato, un uovo lordato, un quarto sanguinolento lo mettono in subbuglio; ne fugge via atterrito. È troppo per lui, troppa esperienza, troppa vita; troppa lingua, naso, tatto; le rugose superfici delle trippe, le timide efflorescenze muffose, le cotenne e il grasso, le verdure terrose … egli anela la confezione, l’ordine psicopatico e, soprattutto, l’igienismo da operetta del sottovuoto … oramai prosciutti, mozzarelle, hamburger e insalate han tutti lo stesso sapore: ma lui dice: che buoni! Come quelli che s’ingozzano in via Frattina: sbracati per strada, a frugare confezioni di cartone ripiene di patate lorde di ketchup rossastro: che buoni! E addentano quel pane da insetti con la misera carne insapore, e gli sembra di stare in paradiso, che buoni! Li ho sentiti io, i ragazzini, con le mie orecchie: che buoni! Probabilmente una delle droghe del futuro sarà il gorgonzola verace ordito in qualche fattoria clandestina del Biellese: solo il profumo dovrebbe far sballare questi eunuchi. L’igienismo, inteso come livellamento continuo di gusti, sapori, maniere, è il contrario dell’igiene. E tutto è stato ottenuto in una generazione! Da adolescente ricordo ancora la tavolata di parenti dopo lo scannamento del maiale: le enormi zuppiere di fagioli fumanti in cui sciogliere il grasso, con olio d’oliva e aromi: e i trogloditi intorno, ognuno col suo cucchiaio, ad affondare i colpi in quel trogolo comune: a rievocare, nella testa di chi sapeva, il contadino di Bruegel che se ne veniva alla festa di matrimonio solo col cucchiaio infilato nel cappello. … chissà quando cominciammo a diventare schifiltosi: forse quando iniziarono a inondarci di surgelati. Ah, i surgelati … così comodi … li tiri fuori e son pronti subito! Comodi, ragazzi, adesso che i nonni sono in campagna, i figli in città e anche la donna lavora! Mica ha tempo di farci la zuppa! La donna si emancipa, l’omarino pure, i figli non ti dico: quest’anno vanno al liceo … a imparare tanto: come diventare i coglioni del futuro innanzitutto.</span><br /><span style="font-size: large;">Il bello è che più scompare una cosa maggiore è la feticizzazione d’essa. A esempio il vino. Un mio parente prossimo, un aborigeno della Tuscia gonfio d’orgoglio, mi mostra botti, serbatoi, passatoi, cannelle, bottiglie, etichette: se la ride, lui: vedi come ti frego il prossimo! Il vino produce, questo Bertoldo in via d’estinzione, ma il vino, quello vero, se lo beve in famiglia, agli altri (i micchi) somministra oculate porzioni distillate dagli alambicchi del malaffare gastronomico; a regola di legge: perché lui rispetta la legge! Solfiti, incroci, percentuali d’alcool, bevete fratelli e sorelle! E lo applaudono tutti, anche i cretini nordici che han preso la voga del vinello italico; e sciamano da Svezia e Norvegia per pagare a peso d’oro quei distillati; non solo, ma anche l’olio congelato dell’anno scorso, purificato per l’occasione e servito a cinque euro il quarto di litro; con i fiocchetti colorati, però. Il vino scompare dalle tavole, dalla cultura, dalle libagioni familiari e, per puro processo psicologico postmoderno, proliferano gli intenditori, gli enologi, i sommelier, le trasmissioni sul vino, sul gusto, sull’anima dei mortacci loro; così come, in assenza di leoni e gorilla, si moltiplicano documentari su leoni e gorilla: inesistenti. E li vedi, i coglioni, che non sanno manco come è fatto un tralcio o un grappolo, seduti nei bar del centro, ai tavoli, tavoli di plastica come loro, ma ambiziosi e sofisticati, in mezzo al luridume da Malagrotta che si insinua fra le pietre secolari, di un secolo straniero, farsi l’aperitivo: sono dei coglioni a tutto tondo, davvero; non puoi dirgli nulla, son esseri superiori, hanno i soldi; agitano con le man destre i calici, vetrini da discount, ma a loro sembrano i cristalli della corte di Boemia; aprono la mano come ungulati, anulare e mignolo da una parte, medio e indice dall’altra, e stringono, le dita arrovesciate, il gambo del calice in cui brilla porpora o giallino: e agitano, con fare destrogiro, a volte antiorario, e annusano, poi sorbiscono a millilitri: buono il piscio? Ma gli piace così, vecchi gaglioffi, maturi viveur, matrone rintronate, zoccoloni in libera uscita, supporter del buon gusto e tifosi del turismo lento e parassiti del residuo stato italiano. Han tutti il ticchio d’emulare Vissani o Borghese, e discorrono … parlano … con la convinzione dell’essere superiore … di nulla, rimettendosi l’un l’altra le flatulenze sentite mille volte al mercato della vacche dei telegiornali … mentre figli e nipoti s’ingozzano di non so cosa, mezzi e mezzi, mezzi maschi e mezzi femmine.</span><br /><span style="font-size: large;">Il sapore della ciliegia, chissà qual è. Dei fichi, delle mandorle, delle castagne, dei cachi, delle pere coscia-di-monica, delle melette verdi … che la cornucopia delle campagne italiane produceva un po’ di tempo fa, non molto … quanti adolescenti ignorano il sapore della ciliegia? E altri barbarici gusti, oggi impensabili: dei ficarelli, quelli piccoli, tagliati a metà, spurgati e ripassati in padella con aglio e olio; dei tarli, cioè delle escrescenze dell’aglio, da intrugliare con le patate più farinose, sempre in padella; delle loffie o vesce di lupo, funghetti del bosco da infarinare leggermente, una volta lessati. I sapori perduti, vien da dire, sentendosi per l’ennesima volta dei passatisti; la verità, purtroppo, è sempre banale. Son tempi monocolori, in grigio sbiadito, unilaterali, gli stessi tempi asettici provati sulla pelle dalle razze in estinzione, private di gerarchie e spiritualità, e incapaci di generare, di creare: parassitarie, domate, le loro campagne devastate dall’abbandono.</span><br /><br /><span style="font-size: large;">Ne <i>Il pendolo di Foucault</i>, i protagonisti (Belbo, Casaubon, Diotallevi), gravitanti attorno a una piccola casa editrice, s’inventano una nuova storia dell’Europa basata sul complotto: il Piano. Stimolati dalle sciocchezze che alcuni saggisti esoterici propongono per la stampa, ordiscono, poco alla volta, una trama fitta di Illuminati, Massoni, Templari, Rosacroce, Bogomili, tesori di Rennes-le-Chateau. Umberto Eco chiude la vicenda con una svolta da pensiero debole (ognuno ha i propri limiti), ma ci dona la chiave del post-postmoderno: la gratuità dell’argomentazione (di cui fu sanguinoso complice), non più tenuta dai vincoli della logica classica bensì dall’associazione di idee. Dal falso (leggi: da premesse non vagliate dal rigore logico-storico) segue tutto, a piacere. Nel romanzo (si ricordi: 1988) fan le propria timida apparizione i computer. Proprio il computer simboleggia, da macchina pervertitrice, la gratuità alogica che, oggi, infatti, domina il mondo; i collegamenti che i tre lentamente costruiscono, da veri goliardi della controinformazione, sono, infatti, il Carnevale della logica; affascinanti, appetitosi, ma falsi. Ne segue, come detto, non solo il falso, ma qualsiasi cosa si voglia. A un certo punto uno dei protagonisti attribuisce, fantasticando, una simbologia esoterica alla patente B … perché no? Tutto ora è possibile. Le combinazioni sono innumeri, la storia si dispone a piacere, come i pezzi del Lego, e quando nulla s’incastra lo si fa a forza, abbandonando la blanda causalità per la similitudine o l’associazione tra fenomeni: operata per capriccio o per la fascinazione che esercita sull’interlocutore. Ciò è peccato e predispone alla rovina: l’ebreo Diotallevi s’ammala. Tumore. Cellule impazzite: “<i>Sto esperimentando nel mio corpo quello che noi abbiamo fatto per gioco nel Piano ... Che cosa hanno fatto le mie cellule? Hanno inventato un Piano diverso, e ora vanno per conto proprio. Le mie cellule stanno inventando una storia che non è quella di tutti. Le mie cellule hanno ormai imparato che si può bestemmiare anagrammando il Libro e tutti i libri del mondo</i>”.</span><br /><span style="font-size: large;">I computer, la gratuità, la bestemmia contro Dio, google. Google ci riserva miliardi di miliardi di combinazioni seppur mai la verità. La verità, la natura delle cose, ama nascondersi. Invece noi permutiamo, instancabilmente, parole, locuzioni, in un gioco continuo che perverte la vita e ci convince della menzogna. I corpi e le anime seguono tale vano azzardo. Le perversioni multiformi, la follia che dilaga, i ragionamenti fuori di senso son lo specchio della nuova bestemmia digitale.</span><br /><br /><span style="font-size: large;">Per tale motivo i figuranti dominano il discorso politico. C’è ancora chi crede che Oriana Fallaci e Maria Giovanna Maglie abbiano azzeccato tutto sull’Islam Cattivo … ma, di grazia, cosa ne è dell’Islam Cattivo: per curiosità. Dove sono i minareti, le moschee .. ci invadono con i gommoni, attentati a raffica … Isis, Al Qaeda … il nemico, l’arcinemico … gli asciugamani in testa, le ciabatte, le bombe, i poveri coloni ebrei … spariti … come nel burlesque … dove le donnine e i Fregoli appaiono e scompaiono alla voce del domatore, il cono di luce che lo circonfonde … siore e siori! Ecco la donna serpente, Mary Lou, Lily Itsi, la drag queen Darla … e tutti applaudono … roteando i calici di piscio … siamo in piena Weimar, con tale differenza: la vogliono rendere strutturale.</span><br /><br /><span style="font-size: large;">Non avete ancora letto <i>Pabst e Lulu </i>di Louise Brooks? Male.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><i><br /></i></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Per il citrullo medio l’intellettuale è Sgarbi, il riparatore di torti il Gabibbo, lo Scienziato un doppiatore di documentari inglesi recentemente defunto, l’avventuriero salgariano un’astronauta coi capelli in aria, il campione sportivo un portoghese con le sopracciglia passate al setaccio dell’estetista. E tale allocco dovrebbe subodorare qualcosa sul proprio destino?<br /><br />Si suicida un tredicenne. Lo bullizzavano via whatsapp. Comprendo. Questo poverino era vuoto; il primo colpo di vento l’ha portato via. Accade quando si rinuncia alla tradizione in nome della finta libertà. Scavato dal di dentro, un guscio leggero recato via da un alito di scirocco, come la muta essiccata d’un serpente ormai estinto. Una piccola spinta, un calembour, una battuta: basta questo. La prudenza, il bigottismo, la scaramanzia, la vergogna, quel retaggio considerato medioevale, e di cui ci si è fatti il vanto di liberarci, ancorava tutti noi alla terra. Perché non di bigottismo e scaramanzia si trattava, ma di un insieme di accortezze per la sopravvivenza. Il bigottismo si incrostò nella nostra anima, per difenderci. Ora non lo si è più bigotti, si è liberi: liberi di suicidarsi in effetti. Il pulviscolo di credenze, regole interne di comportamento, pruderie, aveva la magica facoltà di pensare in nostra vece liberandoci (liberandoci!) da un fardello che oggi appare troppo oneroso per noi. Gli esserini del futuro non riescono a sopportarlo, la vita gli è di troppo: eppur si dicono liberi. Moriranno a migliaia.<br /><br />Nel 1995 uno Stefano Accorsi fintamente giovane (ventiquattro anni suonati, in realtà) simula un adolescente che cerca d’accalappiare due ragazzette in spiaggia. Trangugia un Maxibon Motta: “<i>The best del mond … very mitic … mitic … granel … stracciatel … du gustis is megl che uan …</i>”. L’elogio dell’ignoranza c’è già tutto, si era agli inizi, certo, un po’ rozzi e perdonabili … da allora montò un compiacimento luciferino … una rivendicazione crassa e potente dell’ignoranza … il giovin attore, ebbe una qualche notorietà postuma, interpretava il prototipo dell’esserino. C’era ancora la lira, si era in fase di lancio del cretino 2.0 … <br /><br />Il Festival di Venezia se la spassa fra Coppe Volpi a una botulinata (interpreta la prima donna direttrice d’orchestra; in un mondo dominato dai pregiudizi del patriarcato e via sbadigliando), registi iraniani perseguitati (registi americani o francesi perseguitati non esistono, secondo loro) e la consueta infornata di parafilie variamente assortite. Eppure manca il guizzo. Il colpo da maestro. Che, invece, io ho in mente da lungo tempo. Eccolo qua: l’assegnazione a una donna della migliore interpretazione maschile. Ci pensino, lorsignori, è una botta geniale, in contemporanea con la Treccani, peraltro, che pospone al genere femminile quello maschile: in aggettivi e sostantivi.<br /><br />Studio Aperto inneggia al camper. Un servizio entusiastico sulle vacanze in libertà, senza prenotazioni, senza hotel, senza scadenze. Dopo le parole inutili di una tizia, brand manager della manifestazione (scrivere direttrice non è à la page), ecco tre dichiarazioni - di tre allocchi lì convenuti - che mettono davvero a fuoco il problema. Perché il camper? Risposte: “<i>Così abbiamo una maggiore libertà</i>”, “<i>Una vita senza limiti</i>”, “<i>Dobbiamo ridurre gli sprechi</i>”. Decodifichiamo: in futuro vivremo tutti nei camper, come nei suburbi della colonia inglese oltreatlantica. Minori consumi, niente casa, niente lavoro, niente carne; la domenica, invece del suono delle campane, il trillo del microonde: ad annunciare lo sformato di grilli.<br /><br />Venezia, la Treccani, Studio Aperto. Com’è possibile la sincronia anche di tali insulsi subdominanti? Esiste una sola risposta: anche le multinazionali si sono ridotte a un centro direttivo di poche unità. Qualche manager, chi ne conosce il nome?, dirige il mondo. Ogni suo spetezzo ideologico, quindi, si ripercuote plotinianamente a cascata su vassalli valvassori e valvassini planetari. Nulla è lasciato al caso.<br /><br />Un uomo muore soffocato. Causa: un boccone di carne. Avesse mangiato la soia … Ripeto: nulla di ciò che trapela è lasciato al caso.<br /><br />La mediocrità distrugge. L’utilitarismo annienta. Nemmeno trent’anni di lezioni commerciali anglosassoni su come vendere libri e il libro è sparito dalla circolazione. Non ingannino i finti numeri, gonfiati, fino a ieri, anche dagli inserti da edicola. Ridurre il libro al puro testo (id est: le nude parole di <i>Padri e figli</i>) ha prodotto l’estinzione anche del testo. Il libro si compone di elementi apparentemente inessenziali al testo: preziosità e sobrietà della copertina, legatura, impaginazione, carattere, qualità della carta. <i>Padri e figli</i> in una edizione del 1950 sono un libro di Turgenev; la brossura di <i>Padri e figli</i> del 2022, goffamente rutilante e di mediocrissimi materiali, non è che il testo scritto del romanzo. La gradevolezza della grana della pagina al tatto, la pulizia della struttura, persino l'odore delle colle, tutto questo forma <i>anche</i> la bellezza del libro, oltre al testo. È impossibile leggere <i>Padri e figli </i>oggi: si rischia di odiarlo e di equivocarne la profondità. Per colpa di elementi che i più ritengono estranei. Ma i loro calcoli sono sbagliati, come sempre. Il direttore del Salone del Libro di Torino ne sa meno, sul libro, di un rilegatore. Scrittori falliti, lesbiche superciliose e raccomandati di partito hanno reso la letteratura un cimitero.<br /><br />La casa calda, questo il rimprovero dei sinistrati più ottusi nei caldi anni Ottanta. Voi, nelle vostre case calde … gli Altri (i poveri: emarginati, proletari, barboni) al freddo. La casa divenne il simbolo della iniquità capitalistica. Come se un pugno di Italianuzzi, per il semplice fatto di aver lavorato in un periodo della storia patria fortuitamente favorevole, avesse sviluppato il germe della sopraffazione. Sottinteso: dovete lasciare le vostre case calde ai nostri fratelli più sfortunati. Tale seme maligno crebbe a dismisura. Col tempo proletari ed emarginati lasciarono il campo al Migrante Metafisico: qualunque belinone accampasse diritti in nome d’una presunta povertà causata dall’Occidentale Medio. Questo fino a ieri. Oggi nemmeno il Migrante Metafisico basta più. Soccorre, quindi, la Terra Malata. La Terre Guaste … la ferita a Gaia … una colpa da sanare … con il ritorno alle pezze al culo. Il sinistrato oggi s’è evoluto: Macron, Trudeau, la Truss ragionano con le stesse modalità da pilota automatico. Colpa, espiazione. Come i sinistrati d’allora, essi non dicono che se un tale possiede la casa calda è perché dietro d’essa ci sono decine di generazioni affamate e al freddo che, quella casa, l’hanno strapagata mille volte. Perché i Trudeau d’ogni tempo, oltre che invertiti, son pure parassiti: l’inversione, infatti, la usano in ogni declinazione del bispensiero. Chi lavora deve dare, i parassiti ricevere. I sinistrati nostrani ne sono paurosa e goffa parodia: minacciano come anacoreti pauperistici, incassano in quanto moralmente superiori. Non a caso le più esplosive trombette residuano negli scantinati statali: l’impiegatuzza ministeriale ciacola contro le case calde, fonte d’inquinamento e della morte dell’Amazzonia; quindi pretende tasse e imposte (via Draghi o chi per lui), indi le ingoia a stretto giro di posta il 27 di ogni mese: esimendosi, in nome d’una pretesa pulizia morale, alla stretta pauperistica che invoca, sobillata dai media di regime ormai a spetezzo unico. </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Nel passaggio da Autonomia Proletaria a Liz Truss ci sono meno gradi di separazione di quanto sembri.</span><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><!--[if gte mso 9]><xml>
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<p></p></div>Alcestehttp://www.blogger.com/profile/04852044188872845420noreply@blogger.com20tag:blogger.com,1999:blog-654788918314523587.post-38316050989875546722022-08-24T20:21:00.008+02:002022-08-25T23:18:06.717+02:00www.saretepoveri.it<div><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgjN2KJFOWPCMpZBEhFNDJ5lRYSmTwMaxUToyJn-OnvU60FbKUMgH2FMourLe5xHRxBQWPBkARzqoH8cm9_-ZTadZWonaxE_sqb2Qbu7FefMPKxq_vXYqYo3W-tWxMDEgITlK7mBynTLO1dNlG0pPN3OTJOJs-Thh2Suu5FZaugitSF5rhj7ZxZvg5qcA/s4032/IMG_9118.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3024" data-original-width="4032" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgjN2KJFOWPCMpZBEhFNDJ5lRYSmTwMaxUToyJn-OnvU60FbKUMgH2FMourLe5xHRxBQWPBkARzqoH8cm9_-ZTadZWonaxE_sqb2Qbu7FefMPKxq_vXYqYo3W-tWxMDEgITlK7mBynTLO1dNlG0pPN3OTJOJs-Thh2Suu5FZaugitSF5rhj7ZxZvg5qcA/w640-h480/IMG_9118.jpg" width="640" /></a></span></div><span style="font-size: large;"><br />Sermugnano, 23 agosto 2022 <br /></span><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">All’altro capo del telefono, alle 7.58 d’una mattina già asfissiante per l’umidità e la calura, capto singulti e voci spezzate. Una conoscente. Temo per una disgrazia. Incidente stradale, morte per elettrocuzione o banale sindrome IPL (Infarto Post Lockdown)? “<i>Ma come si fa … ma come si fa …</i>”; annuisco, d’una costernazione, però, non ancora libera dai fumi d’un sonno popolato da incubi mediocrissimi. La mia partecipazione è totale, accorata: ovviamente. Tanto che mi sta per uscire di bocca un commiserevole: “<i>Ma era ancora così giovane … se non sbaglio, se non ricordo male …</i>” quando la mia innata prudenza (un demone socratico) scarica un fiotto di adrenalina; mi sollevo sulla sponda del letto stropicciato, un poco più lucido, schiarendomi la gola. “<i>Scusa Clara, puoi ripetere … stento a crederci … un duro colpo, ma vorrei capire …</i>”. “<i>18.000! Hai capito …? Era sempre 3000 ... 3.500 al massimo ...</i>”, frigna l’interlocutrice. Niente morto, quindi. Taccio. “<i>18.000 euro! 18.000!</i>", continua lei, "<i>ma come si fa … ma come si fa … dobbiamo chiudere … arrivata ... oggi ... come si fa … come si fa …</i>”. La luce rischiara i recessi, finalmente. Le nuove bollette o una stagionata cartella esattoriale raccattata dal fondo usurario dell’incompetenza nazionale? “<i>18.000 euro di luce! Un baretto del c… ma io dove li trovo?</i>”. Un baretto non proprio baretto; al limitare del pieno centro storico romano; modesto, tuttavia, a conduzione familiare, che regala pane diretto a sei o sette individui più a fornitori e quant’altro. Una microimpresa, l’ossatura dell’Italia, quella che dava tanto fastidio a Prodi e compagni di Prodi (“<i>In Italia le imprese sono troppo piccole … multinazionali ci vogliono, perbacco! Altrimenti ci mangiano!</i>”). Alzo la voce inducendo la signora a calmarsi; definisco i limiti del novello Ground Zero (euro 18.000 per fornitura di elettricità nel mese di luglio più eventuali conguagli) e consiglio di inviarmi (per whatsapp!) gli scartafacci che attestano la catastrofe.<br />Scrivo alla società che ha partorito l’infamia, una delle tante.<br />Apprendo che l’esercizio ora gode di tutele crescenti; prima d’inoltrarsi nel mercato libero vero e proprio; e dopo aver reciso finalmente i legami col mercato tutelato, quello dei nostri genitori e nonni, in cui uno Stato ancor benigno s’interpolava fra cittadini e Moloch internazionali.<br />Arriva la risposta.<span></span></span></p><a name='more'></a><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">“<i>Pregiatissimo Alceste, dalle opportune verifiche effettuate è emerso che la bolletta di chiusura contratto … emessa il … con scadenza il … </i>[si tratta del mese scorso] <i>di € 17.801,00, oltre ad addebitare i consumi effettivi e le quote fisse per il periodo dal … al … mai fatturato prima</i> [il mese precedente a quello in esame=due mesi di fatturazione]<i>, ricalcola le competenze per il periodo dal … al … </i>[i sei mesi ancor precedenti]<i>, applicando la costante K pari a 25, precedentemente fatturata con un valore pari a 1, secondo quanto trasmesso dalla suddetta società di distribuzione.</i></span><br /><span style="font-size: large;"><i>Vi informiamo a riguardo che tale costante è un dato tecnico del contatore: il corretto valore dell’energia elettrica prelevata dal Cliente si ottiene infatti moltiplicando il dato numerico registrato dal contatore (differenza delle letture) per la costante di trasformazione K (ogni misuratore di energia elettrica ha una propria costante K, che generalmente è riportata tra i dati di targa del contatore stesso). Nel caso specifico la costante deve essere applicata a tutti i registri di misura.</i></span><br /></div></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><i>Evidenziamo che quanto sopra esposto è altresì riportato nella lettera allegata alla bolletta stessa, lettera che Vi inoltriamo insieme agli elementi di dettaglio per ogni Vostra opportuna verifica … La costante K uguale a 25 è stata applicata dal … data di decorrenza del contratto di fornitura in oggetto nella nostra titolarità.</i></span><br /><span style="font-size: large;"><i>In virtù di quanto sopra dettagliato, Vi confermiamo che la bolletta n. 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Traggo dal sito www.nuova-energia.com: “<i>La costante K è il coefficiente moltiplicatore per il quale devono essere moltiplicate le eventuali grandezze adimensionali lette dal contatore per ottenere le grandezze dimensionali moltiplicando tra loro KA (costante amperometrica, propria del trasformatore di corrente TA, posto all’interno del misuratore) e Kv (costante voltmetrica, propria del trasformatore di tensione TV, anch’esso posto all’interno del misuratore)</i>”.<br />Avete capito qualcosa? Ovviamente no.<br />Dallo stesso sito: “<i>Uno dei più importanti aspetti per un’azienda è sicuramente la certezza che quanto le viene addebitato nell’arco della fornitura sia rispondente a quanto prelevato e non vi siano sorprese, intese come conguagli più o meno consistenti a cui far fronte al termine della fornitura. Capita però che, anche dopo diversi anni, l’azienda si veda recapitare ingenti rifatturazioni dovute a ricalcoli effettuati sui consumi di energia elettrica da parte del distributore, che si accorge tardivamente di aver mal calcolato i prelievi da assegnare al cliente a causa o di guasti al misuratore non rilevati per tempo o a veri e propri errori materiali (applicazione errata della costante di conversione dei volumi – costante K)</i>”.<br />In soldoni: dapprima si fatturava con K=1, ora con K=25 ovvero (è solo un esempio) si è passati da un consumo 1000 KWh x 1 = 1000 KWh a 1000 KWh x 25 = 25.000 KWh. E questa costante K chi la determina? Il gestore? Il distributore? Forse il distributore. E come la determina? Con quali criteri? Quale la razionalità e l'equità sottesa? E, soprattutto, chi vigila? Forse ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente)? E quali sono i testi di riferimento? Forse TIME (Disposizioni per l'erogazione del servizio di misura)? Oppure TIT (Disposizioni per l'erogazione dei servizi di trasmissione e distribuzione)? Lasceremo forse indietro il TIS (Regolazione delle partite fisiche ed economiche del servizio di dispacciamento)?<br /></span></div><div><span style="font-size: large;">Confesserò a Clara, e per primi a voi, che non ho nessuna intenzione di fare alcunché.<br /></span></div><div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Come muovermi? Dovrei forse assoldare periti e un ingegnere di parte per contestare una bolletta?</span><br /><span style="font-size: large;">D'altra parte, da quel che si capisce, la signora potrebbe persino aver torto marcio; anzi, essere considerata una privilegiata (le abbiamo applicato per anni un favorevolissimo K=1, birbantella di una bottegaia!). I furti migliori son quelli a fil di norma. Di una norma confezionata per i ladri con tanto di nastro e carta da regalo. <br />L</span><span style="font-size: large;">e consiglierò di tergiversare e prepararsi a pagare; e poi di chiudere: è ancora in tempo. Basta nostalgie!</span><br /><span style="font-size: large;">Lockdown, costante K, aumento del costo vivo, astruserie tecniche: è solo una danza per ridurci in povertà. Altrimenti perché ora, contemporaneamente, tutti assieme?</span><br /><span style="font-size: large;">Ecco la verità: quando si invocano sacrifici non ci si riferisce allo stringere della cinghia, ma a sacrifici veri e propri. Sacrifici umani; in tal caso di Italiani.</span><br /><span style="font-size: large;">Se la piccola e media impresa è l'ossatura dell'economia italiana ... se ciò è vero ... allora siamo alla soluzione finale.</span><br /><span style="font-size: large;">La plebaglia equivoca sempre.</span><br /><span style="font-size: large;">Finalmente si avverano le condizioni di uno dei miei primi post: <a href="http://alcesteilblog.blogspot.com/2017/05/litaliano-ribelle-forse-quello-in_13.html"><i>L'Italiano ribelle? Forse quello in mutande</i></a>. Vedremo se impugnerà la spingarda; più facile si ritiri sotto i ponti.</span><br /><span style="font-size: large;">Il caro energia … il caro energia … esiteremo timorosi stimolando la fiamma sotto la padella delle uova strapazzate, nel pigiare il bottone dell'abat-jour … il caro energia … il caro energia … razionamenti. Così, dall’oggi al domani. Per la guerra! Una guerra assai strana … in cui non si distinguono i contorni. Per il fatto, lapalissiano, che si sta svolgendo da noi, mica in Ucraina. Una guerra a cecio, verrebbe da dire: cosa possiamo inventarci per rendere l’ex quarto paese più ricco del mondo un’accozzaglia di nuovi pezzenti? Certo, per dargli la mazzata fatale occorrerebbe una finta guerra … oddio, cosa vedo! … Zelenski, Putin, la Finlandia! Uh, che fortuna! Le bombe, l’avanzata cosacca! Avanti Goldmann, avanti ragazzi, giù le borse, su le borse, costante K, grilli a colazione, pederasti a pranzo, usurai a merenda, transgender a cena! Riforma del catasto, flat tax, imposta tripla sui beni di lusso (la doppia camera a Fregene ereditata da zia Nicoletta), decuplicare le mazzette sulle successioni, fondazioni per il dopo morte! A chi le case dei nonni! A noi! A chi il mezzanino di mamma e papà! A noi! Il Nuovo Mondo! Pedalate! Destra, sinistra, rilancio al centro! La pseudo moglie di Silvio, la moglie vera di Fratoianni, il disinformatore capellone filorusso, biobblu, cucù, il medico dei pazzi, il cocainomane eretico, il sovranista dai cinque partiti, il radical-liberista col fard, il generalissimo dei caramba che intemera a vanvera, il doroteo del reddito di sudditanza, il sinistrato degli appalti canini, la moglie del sinistrato degli appalti canini, la zoccola centrista, il frou frou progressista, il reazionario cattolico che applaude l'abortista, meglio la fiamma trifase che trifascista, il comunardo puttaniere, il futurologo beatificato.</span><br /><span style="font-size: large;">Un Barnum squallido, irricevibile.</span><br /><span style="font-size: large;">L’assurdo, quale sinolo di Usura e Politicamente Corretto, è fra noi. Farine di insetti, pedofili col patentino, primi ministri che ballano epilettici, semianalfabeti candidati per seggi di primo piano nel Parlamento nazionale. E un mondo sempre più oscuro, farraginoso, truffaldino; impossibile da fronteggiare; come animali braccati non si ha che una via di scampo: la povertà tecnologica.</span><br /><span style="font-size: large;">Oggi ho visto cos’è la povertà tecnologica: un ventenne per via Nazionale, a Roma, a correre a perdifiato su una bicicletta ecologica, col fardello di Glovo sulle spalle; e un cellulare ultima generazione saldato al manubrio: a donargli indicazioni su strade e indirizzi di clienti. Scarmigliato, la barbetta impiastricciata, la camicia a quadri che si gonfiava al venticello africano, l'avambraccio bruttato da un tatuaggio. Un esserino perduto, un insetto, anche lui.</span><br /><span style="font-size: large;">Una casta di affaristi e legulei, corrotti e conniventi con chi dovrebbe difenderci, ecco chi domina le nostre esistenze. H24. Togliendo serenità, riposo, voglia di vivere, creatività. Il Paese più importante del mondo ridotto a una mandria di debitori; a nexus cui strappare una libbra di carne in cambio della sopravvivenza da Ciandala.</span></div><p></p></div>Alcestehttp://www.blogger.com/profile/04852044188872845420noreply@blogger.com72tag:blogger.com,1999:blog-654788918314523587.post-17273487827648085652022-07-18T16:55:00.037+02:002022-07-18T23:11:48.501+02:00Le scarpe rotte<p style="text-align: justify;"><!--[if gte mso 9]><xml>
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</p><p class="MsoNormal" style="text-align: center;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;"></span></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhmBHPavdu5YhtAC3fBKMtNUrybavxiPXdTyAzy43zaI4kILWnthjcIlqyzwxnUiH_lpVKc9QMlkLUIVyvLHCebiqNYpGpD_RRtAXebHqvnxBF3pstGtCtGw-6KlVc71hnij77hP61qClDPeHDF47pzOWUCKPZEPWG-YAl6z_zliLGX3hmkjQEOJ-g-NQ/s600/Le%20scarpe%20rotte.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="499" data-original-width="600" height="532" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhmBHPavdu5YhtAC3fBKMtNUrybavxiPXdTyAzy43zaI4kILWnthjcIlqyzwxnUiH_lpVKc9QMlkLUIVyvLHCebiqNYpGpD_RRtAXebHqvnxBF3pstGtCtGw-6KlVc71hnij77hP61qClDPeHDF47pzOWUCKPZEPWG-YAl6z_zliLGX3hmkjQEOJ-g-NQ/w640-h532/Le%20scarpe%20rotte.jpg" width="640" /></a><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;"></span></span></span><br /><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;"></span></span></span></span></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Roma, 18 luglio 2022 <br /></span></span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Qua viene giù tutto! La
Lagarde il 19 luglio alza i tassi! È finita! Le sanzioni faranno il resto! Si
soffrirà, ma saremo liberi, finalmente! Mi chiedo sempre perché l’apocalisse è
immaginata dai complottisti come un evento da blockbuster americano.
Evidentemente, nei decenni, anche l’immaginario collettivo dei più sensati ha
subìto un veloce riaggiustamento: sin a una sconcertante puerilità. Tecnica e
puerizia, segno distintivo dei tecnopueri, vanno a braccetto in una
considerazione della fine quasi sempre ricca di esplosioni, carestie,
detonazioni e invasioni di sabbiodonti. Son fatti così, inutile contrastarli.
Vano farli ragionare in tal modo: “<i>Cari
ragazzi, ammettiamo anche che avvenga uno sconquasso finanziario-economico … ma
questo è solo il risultato di una lunga preparazione … di un processo
autodistruttivo di decenni … siamo già finiti … come potete confondere il
crollo finale col vero lavorìo da ratti che ha roso fondamenta che parevano resistere altri mille anni … col vostro beneplacito, peraltro …</i>”. Ma a questi
piace il botto; tifano, anzi, per il botto ché la palingenesi, secondo loro, ha
da avvenire con la dinamite. La ricostruzione delle cause dell’apocalisse, cui pure
loro hanno contribuito, non li tange nemmeno un pocolino … i colpevoli son
sempre gli altri … colpa di Prodi, di Carli, di Garibaldi … mica di chi si faceva le
vacanze in Costa Azzurra accendendo il mutuo … perché, poi, a ben vedere non è
PIL pure questo?</span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Un paio
d’anni fa mi decisi un investimento a lungo termine: l’acquisto di ben quattro
paia di scarpe. Mi rivolsi, quindi, a una nota catena di abbigliamento di
qualità medio-alta che vantava modelli e marche fra cui operare una scelta
ampia e rilassante. Spesi circa 500 euri risparmiandone, poi, almeno altri 100
grazie a una serie di saldi, offerte, sconti e combinazioni da scioglilingua
(sempre a tuo favore: se ne prendi tre paia abbatti il costo del paio che costa
meno: meno 50%!).<br />In realtà
odio fare compere; l’accumulo costituisce, quindi, solo uno dei modi per
eliminarne la frequenza. Il raptus da shopaholic si concretò, almeno quella
volta, nell’acquisto di tre paia di calzature invernali (scarponcini etc) e d’uno
primaverile (mocassini).<br />Il primo
paio, invernale, durò circa sei ore.<br />La scarpa
sinistra, in particolare, iniziò subito a ricoprirsi di una serie di macule
chiare; la destra, invece, s’abbrunò sulla punta, a farsi quasi corvina.<span></span></span></span></span></p><a name='more'></a><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Al negozio
della nota catena, di qualità medio-alta, presero la cosa con irrefrenabile
nonchalance: “<i>Succede. Gliele cambiamo
subito</i>”. “<i>Non voglio cambiarle. Rivoglio
i soldi</i>”. “<i>Non si può … al massimo si
può sostituire il paio difettato con merce di pari valore</i>”. E così feci,
arricchendomi di una cintura e di una felpa inutili.</span><br /><span style="font-size: large;">Il problema
della calzatura da 110.00 euri (scontati) è che consisteva di cartone pressato
e colorato. L’imperfezione della colorazione era entrata in simbiosi negativa,
a quanto mi disse un ciabattino, commiserandomi, con la naturale traspirazione
del piede. “<i>Ma come si fa a cucire il
cartone pressato alla suola?”. “Ma quale cucitura … è tutto incollato. Alle
prime piogge si stacca tutto</i>”.</span><br /></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">La scarpa
destra del secondo paio si aprì, invece, poco meno di un anno dopo.
Un’improvvisa frescura … il sospetto … la ricognizione podalica. Suola e tomaia
stavano lentamente divorziando sul davanti, alla Charlot.<br />I mocassini
opposero una resistenza eroica, per circa due anni. Poi anch’essi videro la
rinuncia all’unità d’intenti da parte della suola e della tomaia, come sopra.<br />L’ultimo
paio, i mezzi stivaletti, pure loro tennero duro, ma, sfiniti nei tacchi e
usurati nella suola, parevano l’oggettivazione della rinuncia.<br />Decisi,
però, di salvare le ultime due paia. Me ne andai, perciò, con un patetico
fagotto al ciabattino di cui sopra, confidando in una riverginazione dei
pazienti. “<i>Si può fare</i>”, disse conciliante. “<i>Ti chiedo trenta euro, è un prezzo
onesto</i>”. Acconsentii.<br /></span></div><div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Fare il
barbone in un mondo brillante di luci fashion costa un sacco di soldi.</span></div><p></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Tratto
distintivo degli esseri superiori è l’equanimità.<br />Per tale
motivo, pur a malincuore, riconosco che il caffè del McDonald’s è superiore
alla media dei caffè dei bar romani. Dispiace solo che un rito come quello della
tazzina si debba consumare tra il lezzo dell’olio bruciato, su tavoli e sedili
ricoperti da un leggero crassume, inattaccabile persino dai detergenti più
aggressivi.<br />Nonostante
questo, il McDonald’s sta divenendo uno dei luoghi preferiti per analizzare e
comprendere la realtà corrotta imposta dal Potere; così come le chiese, gli uffici
pubblici, i siti erotici, gl’ipermercati. <br />Questi ultimi, a esempio, li ho
visitati quasi tutti, dalla Casilina alla Magliana all’Eur, da Boccea a
Fiumicino. Amo passeggiare sotto quelle volte predestinate alla distruzione, e toccare,
con mano, l’entità di ciò che si è distrutto: in Italia, la terra decisiva
dell’Occidente e, forse, della storia umana. Solo qui, osservando gli zombi, questi
corpi sformati, tali sguardi accecati, l’abbandono loro d’ogni modestia
consueta; la volgarità, in ultima analisi, che si è fatta moneta corrente; i
bermuda, i polpacci tatuati, i capelli strinati, le barbe incolte, le rasature
radicali; oppure, al contrario, l’eccesso di igiene personale, da eunuchi; e
poi i ciabattii, la stolidità, il debordante cretinismo dei figli, e dei
nipoti, sorta di vesciche di grasso dai desideri insoddisfatti - desideri di
cui né loro né gli ascendenti conoscono la vera scaturigine poiché questi vengono indotti dalla
propaganda direttamente su per il culo: a personalità già debilitate psicologicamente, da deracinées
postmoderni. E io vago, a volte la domenica, preferibilmente un giorno feriale,
a seconda di dove faccia naufragio per il residuo lavoricchio, sempre più scarso ed
eventuale. Sono luoghi di perdizione poiché solo esseri perduti vi si possono
consegnare; luoghi precisi di dissoluzione … tale parola, “dissoluzione”,
equivocata, al solito, dal miccume progressista per una ribalderia da bigotti,
è invece un termine tecnico di rara potenza: dissoluzione - dissolversi,
insomma, tagliate via le radici dalla Totalità, in uno stato in cui regna la
Suprema Indifferenza. La dissoluzione per via erotica, nella perversione, o
quella cannibalica, del consumismo, o la più pericolosa, la digitale … ove la
vera personalità umana è dapprima replicata in un simulacro sterile e folle e
quindi soppressa a favore di questo … simulacro che reggerà la parte assegnata
come un automa, un golem maligno, sino ad accasciarsi del tutto, liquidata
l’ultima stilla di umanità in esso. I dissoluti li vedo a frotte entrare ed
uscire, uscire ed entrare; Eliot fu meno poeta di Yeats, ma le sue diagnosi
sono confermate con precisione; a mutare solo la classe economica: dalla vacua
borghesia che discuteva di Michelangelo all’irrealtà della massa che va e viene
ripetendosi il motivetto del carillon maligno in essi installato: ognuno parla
di tutto e niente … di niente soprattutto, poiché l’unico rilievo dei loro
discorsi consiste nella programmazione totale, certosina, spietata della parte
più superficiale della coscienza. Una patina appiccicosa e inconcludente con
cui tutti lordano tutti, vicendevolmente; a nulla vale negare: negare, infatti,
in tal caso, equivale a sporcarsi di tale collante mellifluo, inservibile;
l’Ucraina, il Gay Pride, la Guerra, il Tracollo dell’Euro. In un film o in una
serie qualunque trasmessa dagli olovisori si assommano centinaia e centinaia di minuti
di propaganda; per tacere di quella, più o meno occulta, e ancor più debordante, annidata
nei visori portatili; è questo miasma canceroso che, pian piano,
inavvertitamente, prende il posto del ragionamento; migliaia di ore di
flatulenze, menzogne, calembour, coprolalie hanno atrofizzato gli strati
profondi della coscienza, quelli emozionali e logici, per sostituirvi una
personalità posticcia, aliena: il simulacro, appunto, che agisce e parla in
vece umana. Questi uomini perduti che incontro, a frotte, tali epicurei da
discount, sono sostanzialmente dei posseduti. Non ne faccio una questione di
cultura, pur se questa riveste un ruolo fondamentale nella costruzione di un
essere umano normale; li ritengo, invece, dei malati, d’una malattia dello
spirito che, con altro termine tecnico altamente equivocato, può chiamarsi, come
detto, possessione; milioni di Italiani hanno bisogno dell’esorcista, in
effetti, per liberare il cuore da tale demone (in tutto e per tutto eguale a
loro) che pensa e agisce in nome loro, mentre lo strato più vero dell’IO giace
schiavo e gemente nei sopravviventi recessi dell’anima. La fiaba massonica di
Pinocchio gli calza a pennello, insomma, sebbene Collodi la intenda, da
invertito qual era, al contrario.</span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">“<i>Ti trattano bene, qui?</i>”. Rivolgo la
domanda a una ventenne modesta, piccolina, capelli corvini, cappello Mac e
mascherina tirata su fino agli occhi. “<i>Sì</i>”.
Aggiunge: “<i>Poi … alla fine … siamo pure
privilegiati</i>”. “<i>Non per farmi gli
affari tuoi … quanto ti pagano?</i>”. E qui, ovviamente, scatta l’omertà,
scusabile. Farfuglia: “<i>Non mi posso
lamentare, proprio no</i>”. Ma Alceste sa quanto la pagano: quanto la rata di
un mutuo decennale per un monolocale; più altri spicci. Ma a lei va bene perché
imposte e bollette ancora possono bancarle mamma e papà. A lei va bene, ora,
seppure è nei fatti, evidenti e preclari, che tale paga - a Roma - la
getterebbe nella miseria più squallida in capo a pochi mesi, se fosse sola. E
però lei è libera, è indipendente, può mangiare la pizza il sabato sera, magari
ha un coglioncello che la affianca; guardate che vi dico: si toglie persino
qualche sfizio, ordinandolo direttamente presso i portali <span> </span>delle multinazionali. Lo ritengo giusto. Il
banco - lo Stato e le multinazionali - vincono sempre: prima o poi, in forma di
IVA, IRPEF, IMU, oppure di vibratore multivelocità chez Amazon, i soldi tornano
sempre al banco; che, una volta riacquistati, li dispensa nuovamente sotto
varie forme di sussidi e assistenza pelosa, con l’accortezza usuraria di uno
Shylock. Ma lei non sa questo, manco ci pensa, così come non sa che le
multinazionali (che son sempre meno e sempre più planetarie) stanno via via
sostituendosi allo Stato. E prima o poi, il vibratore multivelocità, inteso
come spesa voluttuaria, costituirà una delle poche voci a defalco dal reddito
di sudditanza poiché, in assenza di proprietà, l’individuo sarà liberato
(sarete liberi!) da qualsiasi fardello di imposte e tasse. Non possiederete
nulla e sarete felici, ciò significa; almeno in un primo momento di
dominazione; poi arriverà l’estinzione progressiva, anelata dagli stessi felici
e liberi di poco prima: ai centri suicidarii faranno la fila firmando, en
passant, pure la liberatoria (quando si deve esser liberi lo si sia fino in
fondo) per utilizzare le proprie spoglie funebri quale concime nelle centrali
idroponiche di soia transgenica.</span></span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Ciò che colpisce negli ambienti che uniscono politicamente corretto e hi-tech (o quello che spacciano per hi-tech) è la velocità del decadimento. Nei grandi ipermercati e nelle hamburgerie planetarie, appena inaugurati, fanno bella mostra di sé monitor levigati, spazi per i bimbi, olovisori interconnessi, aiuole donate dall’associazione no-profit “Salviamo gli eucalipti di Alghero”, ascensori parlanti, rivoluzionari tappetini per non-vedenti. La gente arriva e si bea di tale Bengodi avveniristica. Dopo un anno appena tutta questa chincaglieria per Aborigeni rintronati giace in uno stato di abbandono prossimo al kipple, la spazzatura di Philip Dick che risulta da un impasto di tecnica ormai inutile e insipienza. I monitor giacciono abbuiati, legati da nastri di carta da pacchi, gli ascensori, muti anch’essi, funzionano a singhiozzo, gli spazi per bimbi sono ricettacoli di cartacce ove i cavalli a dondolo guardano con occhi da psicopatici. E soprattutto è il lerciume agli angoli che insidia tutto, inattaccabile persino dagli acidi molecolari … anche l’olio di gomito più tenace nulla può contro tale luridume postapocalittico … il kipple avanza, le sorti progressive si rivelano per quelle che sono: esche per gonzi. Mezzi. Mezzi per conseguire il fine della desertificazione umana. Come per il digitale. Oggi, davanti a me, in un luogo di spedizioni private: cellulare del cliente sul codice del pacco, cellulare della commessa sul medesimo QR code, che a sua volta è decifrato da ulteriore smartphone, sempre in mano a lei, dea Kali del Progresso, che li avvicina come due piastre da defibrillazione; quindi la ricevuta che viene approvata entusiasticamente dai due ordigni, del cliente e della ragazzotta … “<i>Tutto a posto!</i>”, ella cicala. E certo, tre cellulari, spreco di energie e tempo ... tutto per spedire un vibratore multivelocità … il digitale, la tecnica, i social, il COVID, l’ISIS, la guerra … solo vaselina per scivolare meglio giù verso il Cocito.<br /><br />Le scarpe rotte, anzi: bucate, le aveva anche il magistrato Mario Amato, il 23 giugno 1980, alla fermata del 391. Se ne accorsero poi tutti, di quelle scarpe, mentre stava riverso a terra, il volto recline, perso nella fissità della morte, le suole esposte alla pubblica pornografia della curiosità giornalistica. Mario Amato, a quel tempo, era il titolare unico delle indagini sull’eversione nera, a Roma. Chi dice fosse uno dalle maniere forti, chi una mite vittima sacrificale, chi un rosso vendicativo. E chi lo sa? Qualche tempo prima di morire fu sua la volontà d'arrestare il NAR Alessandro Alibrandi, figlio del giudice istruttore Antonio Alibrandi, uno che lavorava due piani sopra e con cui intratteneva rapporti burrascosi proprio a causa della sua attività antieversione. L’arresto del giovane Alibrandi, ponderato a lungo, gli costò la pelle. Amato divenne il bersaglio numero uno dei NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari). Del suo omicidio Francesco Mambro e Valerio Fioravanti incaricarono Gilberto Cavallini; è lui quel “<i>giovane alto circa un metro e settantacinque, età 30-35 anni, capelli bruni e vestito nocciola con giacca e cravatta in tinta …</i> [che appare] <i>all’improvviso … alle spalle del giudice …</i> [che] <i>tira fuori una calibro 38, l’avvicina alla testa di Amato fin quasi a sfiorarla e spara un colpo solo, alla nuca … Amato è steso a terra, supino, il viso reclinato da una parte. Le immagini impietose scattate dai fotografi ritrarranno le suole delle scarpe bucate in primo piano, perpendicolari all’asfalto di viale Jonio</i>”.<br />L’estratto è di Giuseppe Bianconi, che scrive a dodici anni di distanza. Sono pochi anni, dodici, ma grassi e soddisfatti, col potere di illanguidire la livida forza eversiva degli eventi. Nel racconti di Bianconi i protagonisti sono ormai ricoperti d'una leggera patina di umanità; indecisi nella vendetta, forse già pentiti dell’enormità di ciò che stanno per commettere. Cavallini, a esempio: vede Amato con la figlioletta, ha dei dubbi, posticipa una settimana dopo l’altra; ma il giorno maledetto arriva, alla fermata del 391, a Montesacro. Una Honda a tutta velocità, la materializzazione improvvisa dell’assassino, lo sparo; Amato cade a terra, è finita; la pozza di sangue si allarga, lenta, qualche urlo, la confusione, le volanti che sgommano, i flash, le indagini, le indignazioni: la solita storia; i NAR si ritroveranno fra loro festeggiando lieti. Alla notizia dell’omicidio Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, infatti, si precostituiscono un alibi, poi comprano cozze, ostriche e champagne - tutte cose che piacciono tanto a Cavallini, familiarmente detto Gigi. Per una volta non mangerà pane e mortadella come un poveraccio, pensa Valerio: “<i>La sera li raggiunge Cavallini, cenano con le ostriche e lo spumante, Gigi mangia la parte di Valerio e poi si sentirà male. Sono tutti euforici, soprattutto Cavallini, ma si vede che è una reazione nervosa. Racconta dell’emozione quasi mistica che ha avuto quando ha sparato, rievoca la vampata della pistola, i capelli della vittima che si sono aperti volando via. ‘Ho visto il soffio della morte’, dice pensoso</i>”.<br />Bianconi umanizza l’azione criminosa, inavvertitamente.<br />Così come nel fastidioso finale dove si racconta come la brigatista rossa Anna Laura Braghetti divenga amica intima della rivoluzionaria fascista Francesca Mambro ed entrambe - Francesca e Anna Laura - amiche di Adolfo Bachelet, il fratello gesuita del professor Vittorio Bachelet, assassinato proprio dalla Braghetti il 12 febbraio 1980, sulle scale di Scienze Politiche, di fronte agli occhi atterriti di Rosy Bindi che ne accoglierà il corpo insanguinato fra le braccia, quale Madonna inconsolabile, gli occhi umidi verso il Maestro. <br /></span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"></span></span><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"></span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">La storia
scritta dagli uomini ritaglia figurine e le sposta a piacere, rivergina
assassini, inabissa vittime, confonde ruoli e meriti. È sempre stato così. Noi,
anche oggi, potremmo riverire dei perfetti delinquenti. Dante elevò questa
attitudine ad arte, riguardando la Totalità sotto la luce d’una Giustizia inconfutabile;
Shakespeare insinuerà dubbi, nella penombra di un nichilismo livellatore; Léon
Bloy svilirà addirittura gli eroi a favore di comparse decisive della storia: chi ha detto che lo sconfitto in Russia fu Napoleone? Forse la disfatta fu operata per mezzo di una prostituta ... chissà ... solo Dio ha coscienza totale e immediata ed è in grado di riconoscere immediatamente le vere cause e i veri effetti.</span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Possiamo
dire che i ruoli di eroe e vittima sono assegnati, a volte, a caso. Charles
Spencer Chaplin (1889-1977), a esempio, il vagabondo dal cuor d'oro e con le scarpe aperte, è ritenuto inventore
della celeberrima gag della ballerina, ottenuta infilzando i panini con due forchette
(<i>La febbre dell’oro</i>, 1925); ma questa
aveva già un artefice cioè il quasi coetaneo Roscoe “Fatty” Arbuckle (1887-1933)
che la consegnò alla storia nel 1917, all'interno del cortometraggio <i>Rough house</i>. Ma chi si ricorda del povero Fatty, crepato in
solitudine e rovinato dalla giustizia che l’accusò di un falso stupro? <br />E poi:
chissà chi l’ha inventata quella danza bislacca … magari un papà qualunque per
rallegrare i suoi figlioli, durante un pranzo che nessuno mai conoscerà.</span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">La fama è
una puttana e dei morti non importa più nulla a nessuno, sostituiti dalla
vanità di chi resta. Solo Dio assegna le parti, i permalink metafisici. Ma
questi chi può conoscerli?</span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Cosa penso
di quegli anni?<br />Due cose.<br />Una è questa:
che il mai pentito Valerio Fioravanti, arrestato nel 1981, “<i>fu condannato a 8 ergastoli 134 anni e 8
mesi di reclusione” </i>e che nell’aprile 2009 fu reso uomo libero dopo
ventotto anni. Otto omicidi nonché “<i>furto
e rapina, violazione di domicilio, sequestro di persona, detenzione illegale di
armi, detenzione di stupefacenti, ricettazione, violenza privata, falso,
associazione per delinquere, lesioni personali, tentata evasione, banda armata,
danneggiamento, tentato omicidio, incendio, sostituzione di persona, strage,
calunnia, attentato per finalità terroristiche e di eversione</i>” per ventotto
anni.<br />Pensate che
odi gente come Fioravanti o la Braghetti?<br />No, per carità,
come potrei.<br />Credo,
invece, che gli uomini da poco assegnino ruoli e colpe, nel tempo. A quel tempo
Amato non serviva, ma serviva Fioravanti; poi non servì neppure Fioravanti. E
si chiuse il sipario. Good night ladies, liberate Fioravanti, è tutto finito,
l’opera al nero è riuscita, dimentichiamo. Ma Amato come lo si risarcisce, è
morto! Dedicategli una bella via, magari dalle parti della Procura! Se la
merita!</span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">La seconda: i
NAR, Nuclei Armati Rivoluzionari, ebbero più fegato di noi. Ne sopravvissero pochi.
A quei pochi diedero in regalo delle ottime granaglie per l’inconsapevole
compito svolto.<br />I
NAR sbagliarono bersaglio, al solito.<br />Il
fatto che Giusva Fioravanti si effondesse in elogi per Marco Pannella, uno che
"<i>l’aveva aiutato per davvero</i>", dimostra come egli non avesse compreso un bel nulla
della girandola di sangue nel quale fu immesso.<br />Ma chi sono io per giudicare? <br /></span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Nella
quiete estiva di Castelgandolfo Giovanni Battista Montini, Papa Paolo VI, si
prepara alla morte.<br />Dapprima
rende onore al suo antico maestro, il cardinal Giuseppe Pizzardo, presso il
cimitero delle Frattocchie; quindi incontra l’appena eletto Presidente della
Repubblica, Sandro Pertini.<br />Questi
pur deboli strapazzi si concretano in un veloce peggioramento delle sue
condizioni. Il cuore è malandato.<br />Il
segretario, don Pasquale Macchi, lo sorprende a mormorare: “<i>Adesso viene la notte</i>”. Un sonno
agitato, una breve tregua; gli si impartisce l’estrema unzione; forse saluta,
alzando la mano. Ben presto, però, cade in deliquio ripetendo ossessivamente il
paternoster: <i>Pater noster qui es in
coelis</i>.<br />Si
avvicenda un inutile corteo di medici.<br />La
fine è inevitabile.<br />Chiosa
don Macchi: “<i>Il suo colloquio era già
diretto a Dio, e si spense con serenità; e al momento in cui cessò di battere
il suo cuore, il volto si rasserenò e divenne quasi giovanile</i>”.<br />Questa,
però, è una considerazione accomodante.<br />Ne
ho una diversa: Paolo VI fu invaso dalla paura. La Morte, padrona e unica legge
della Totalità, gli si presentava dinanzi, smisurata; la vastità inconcepibile
di quella regione lo atterriva. Anche il Cristo ebbe paura della Morte, della
Notte interminata, sino a invocare il Padre Celeste, così come, più di
diciannove secoli dopo, l’avrebbe invocato, in una sorta di trenodia
spaventosa, il suo vicario in terra - terra imperiale romana anche qui. Dopo
diciannove secoli.</span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">La
Morte induce alla paura, occorre farci amica la Morte.<br />La
Morte è complementare alla Vita così come il Bene e il Male lo sono fra loro.<br />Rinnegare
la Morte equivale a rinnegare la Vita; rinnegare il Male, espungerlo dal
circolo delle nostre misere esistenze, annienta anche la Bontà, l’Altruismo, la
Magnanimità.<br />Un
Papa ebbe paura, anch’io ne ho.<br />Il
timore della fine si compenetra col sentimento della fede cioè dell’oltreumano;
inevitabile anche questo.<br />Rinnegare
la Morte, escluderla dal quotidiano, dai punti salienti della nostra fugace
comparsa, rende invivibile il transito terreno, lo riduce a meno di zero.<br />La
Morte è spaventevole, viva Sorella Morte!</span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">L’uomo
si è sempre rivolto a tale mistero con una serie di mirabili accorgimenti:
pietà, culto degli antenati, ricordo, poesia. Color che restano ne risultano
ingigantiti, vivificati, come germogli che sbocciano da una pianta ancor verde.</span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Il
rapporto con la Morte, così fecondo, è all’origine <i>dell’unica etica possibile</i>,
la gravitas, un impasto di sentimenti e mozioni quasi del tutto inesprimibile a
parole: dignità, fermezza, imperturbabilità, devozione. Un essere umano che si
sia fatto amico della Morte è, di fatto, invincibile. Il suo sguardo non si
abbassa mai, la sconfitta si ritorce contro il nemico, la vittoria è celebrata
con le cautele di chi sa. Nulla di troppo. Nulla di troppo. La misura. Il
freno, la pudicizia. Il rifuggire dal materiale, il concedersi alla carne colla
sensazione della sua passibilità. </span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">L’homo
novus, quello dei nostri tempi, l’omiciattolo, l’homunculus, il tenero esserino,
non vuole sentir parlare della Morte, dell’oltremondano. Tale figura
degenerata, <b><i>posseduta dall’impulso potente</i></b> a deridere qualsiasi gravitas e
ogni anelito celeste, la si ritrova, in maggioranza schiacciante, in tutti gli
ambiti del quotidiano. Si tratta di omiciattoli e galline incapaci di profondità,
intenti a nulla prendere sul serio, diuturnamente, nei media e sui social, agili
a rivoltolarsi nelle minutaglie, nella barzelletta, nel calembour più sciocco;
radio e televisioni sono resi inascoltabili da tali intrattenitori del nulla, avidi
di piccinerie, di battutine: inesausti dicitori della facezia più inutile.
Ridacchiano, si rimpinzano, vagano: per quel deserto che sono divenuti. Nulla
pare turbarli superficialmente; fosse per loro la giornata si passerebbe a
cicalare di niente, tra uno spuntino e un sonnellino, magari sdraiati al sole
come rettili mesozoici; un bicchiere, una cantatina, un silenzioso spetezzo a
liberare l’intestino, promosso ormai a autentico direttore d’orchestra
dell’esistenza postmoderna, onde facilitare la deiezione degli scarti
inassimilabili di cui ci si è gonfiati, come buglioli da cella. Perciò l’esserino
si rifugia nel divertimento psicopatico, nella goliardia senza sosta, disperatamente
riaccesa, nell’abisso della distrazione: droga, pornografia, letteratura grigia.
E però questo suo scansare <b><i>l’unico</i></b><i> </i>elemento fermo della propria esistenza, la Morte, lo conduce
all’impoverimento, alla vecchiaia precoce, all’avvizzimento. L’uomo nuovo nasce
già vecchio, decrepito, nonostante i paludamenti casual e il rilancio ossessivo
della felicità, la felicità dietro l’angolo, per tutti … the brave new world. E
tuttavia egli sente intimamente di essere dannato. Si riguarda allo specchio e
trova crepe, sfregi; la voce affievolita in un sussurro inidentificabile, la
memoria insecchita, il futuro ridotto a vizioso giro di cui si conosce ogni
svolta:</span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">“<i>Siamo gli uomini impagliati</i></span><br /><i><span style="line-height: 115%;">che appoggiano l’un
altro<br />la testa pien di
paglia. Ohimé!<br />Le nostre voci secche,
quando noi<br />insieme mormoriamo<br />sono quiete e senza
senso<br />come vento nell’erba
rinsecchita</span></i><span style="line-height: 115%;">”.</span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">La
svalutazione della Morte benigna si accompagna, durante la decadenza, con
l’orrore non solo per il discorso alto, ma persino per la pietà verso i defunti,
i cari estinti.<br />Non
sorprende come la città dei morti, a nord di Roma, ovvero il Cimitero Flaminio,
sia in uno stato di abbandono quasi totale.<br />Il
futuro chiede altro, sentenzierà ben presto un solone europeo, uno dei tanti: id est,
cremazioni di massa, chiusura dei campisanti, riutilizzo dei cadaveri in
funzione ecologista. <a href="http://alcesteilblog.blogspot.com/2020/01/merda-eris.html">Ne abbiamo già parlato</a>. Desacralizzare il corpo è una tappa
fondamentale; irridere la Morte e, quindi, il Cielo, un punto programmatico
irrinunciabile. Con il consenso de’ quelli “<i>cor
barbozzo inchiodato sur breviario/com’e ttanti cadaveri de morti</i>”, ovvio. </span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Qualche
giorno fa mi prese il ghiribizzo di andare a trovare qualche conoscente. Al
Cimiterio Flaminio. The beloved ones.<br />All’ora
di pranzo, forse un giovedì se ricordo bene; all’ora meridiana, quella non già dei demoni, ma delle
apparizioni. <br /></span></span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Eccomi arrivato, uscito dalla via Flaminia. <br />Il
sole, a picco, arroventa il cemento e l’asfalto.<br />Il
bordone sonoro mi accompagna da subito; lo si identifica, tuttavia, a poco a
poco, quando, nel silenzio assoluto, esso emerge a confortare la solitudine
definitiva: lo sgocciolare d’un rubinetto malmesso, il ronzio dell’elettricità
a bassa tensione dei lumini, lo schiocco secco e improvviso dei metalli deformati dalla
canicola.<br />E
il tubare dei piccioni, a centinaia, nascosti fra le sporgenze gessose delle
cappelle, sui parapetti, nei sottotetti.<br />Silenziosi
come assassini, le pupille prive di palpebra sbarrate verso un universo a loro
indifferente, appallottolati negli anditi; il frullio
dei loro brevi voli rompe l’aria immobile.<br />La
Morte, qui, fra gli intestini dei palazzi fitti di loculi e piani e scale
labirintine, assume un tono desolato, da burocratico abbandono metropolitano.<br />Per
chi sa vedere, però, questo è uno dei luoghi d’eccellenza per comprendere il
degrado italiano. La sporcizia, il menefreghismo, dominano sovrani. Cumuli di
terriccio, lapidi schiantate, vasi vandalizzati, lumi divelti e fitte cascate
di guano lordano corridoi e settori.<br />L’esitante incedere del visitatore risuona ingigantito. Lo sciacquìo
d’una cannella, dal pomello spaccato, l’improvviso aprirsi, a destra e
sinistra, dell’infilata dei fornetti.<br />In
fondo a tali corridoi, contro i finestrini giallini, si indovina spesso la sagoma atterrita
d’un Cristo o d’una Madonna, le braccia rivolte al cielo. Nell’Indifferenza
meridiana, tuttavia, il gesto ecumenico sembra più che l'invito
a constatare l’abominio della desolazione. Gesù lordati dalla merda, Madri
Celesti dai nasi infranti, le dita spezzate, con rosari polverosi di gesso
sfarinato stretti alla vita: epifanie improvvise e deliranti.</span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Ogni
tanto, altre incongrue apparizioni: una sedia di plastica, isolata tra le file
dei morti: una di queste, verdina, sta di fronte allultima dimora di Michele e Antonietta,
o, forse, di Giulio e Maria Teresa. Un parente si siede, ricorda, pensa; oppure
assolve all’ufficio formale dei fiori, di una presenza necessaria.</span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Nel
palazzetto dell'Ossario, dalla bislacca pianta di stella a sei braccia, sorta di vortice di cemento a tre piani, raccordato internamente da scale di servizio, la
quiete si fa addirittura più pesante. Posa ogni mozione del cuore, persino
l’ansia. Ogni passo incede nell’abbandono protervo, prolungato, inemendabile.<br />Ciuffi
di erba vetriola, persino minuscoli fichi selvatici negli angoli esterni; infiltrazioni
maligne a scarificare soffitti e pareti, macchie di forma immaginifica, sorta
di Rorschach della rinuncia; a terra, in corrispondenza d’alcune sgocciolature,
il rilievo d’alcune stalagmiti, di pochi centimetri. Gobbe muffose, la rete
elettrica dei lumi scoperta in più punti, o esposta come un ciuffo d’asparagi
presso i fornetti ancora vuoti.</span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Fra
i tanti riconosco il volto di Francesca Bertini, al secolo Elena Vitiello, eroina
del cinema muto italiano; esso si confonde alla fisionomia di mille altri -
presenze iconografiche destinate a soddisfare il ricordo dei parenti ancora in
vita, ma già insidiate dalla macchina burocratica che li vorrebbe espungere
anche da quest’ultimo fortilizio. Bei volti, quelli dei nati d’anteguerra, in
bianco e nero, ricchi, questi sì, di gravitas; volti seriosi, che ebbero strade
tracciate dalla tradizione e nulla aspettavano fuori d’essa, al netto di una
personale e legittima ambizione. La vita, anche dura, ma priva di quelle
ansie che svuotano l’anima ai postmoderni. La fronte piana, giacche e cravatte,
camicette fiorate, tailleur, mogli e mariti, a volte i figli, morti in giovane
età. La storia d’Italia è qui, iscritta con nomi e cognomi e modeste icone.
Cognomi sconosciuti, di quelli che mai si odono negli olovisori; di un’Italia
profonda che ne ha costituito lo scheletro. Gli incroci della razza in una
cultura unica: il siciliano dallo sguardo arabo, l’ebreo anconetano dalla testa
sumera, magri greculi dall’aria sveglia, signore dagli occhi scuri e liquidi
come nelle immagini del Fayyum, giovinette acconciate con cura, un fermaglio nei
capelli biondi, il naso diritto; e poi Luisa, una delle mie preferite, i capelli neri, lo sguardo che vola fuori campo, la bocca socchiusa nel
sorriso, a scoprire la chiostra superiore dei denti bianchissimi. Spensierata,
bella come poteva esser bella un’Italiana che conosceva la propria strada,
prima<span> </span>che fossimo gettati nell’inferno.</span></span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Al
centro del labirinto una cappella esagonale, quasi del tutto spoglia, a parte
l’altare triangolare apparecchiato alla bell’e meglio con un panno e qualche
vasetto oblungo da cui spuntano fiori finti. Una statua di Padre Pio benedice il Nulla da un
angolo. A sinistra un'apertura che dà su un breve corridoio cieco, buio e
puzzolente di muffa. </span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Nei
decenni vari morti, i cui sguardi mi divennero nel tempo così familiari, sono spariti,
inghiottiti o dal menefreghismo o dalla dimenticanza dei congiunti, strappati dalla burocrazia
cimiteriale persino a tale angusto altare della memoria.<br />Una
coppia, specialmente, mi era simpatica. Le date di morte coincidevano: forse un incidente. Sui trent’anni, normali, figure anni Settanta: lui
col borsello da autoradio, occhiali a goccia, jeans, giubbetto di pelle aperto sul davanti a mostrare un maglione scuro dal collo alto; lei
con una gonna fiorata e una giacca di lana chiara: ride, mentre si dondola attaccata a un albero.<br />Dove
siete, Anna e Roberto?<br />Mais ou sont les neges
d’antan?<br />Una
vespa, da qualche parte, sta costruendo il proprio nido: il ronzio furioso non s’interrompe
quasi mai.</span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">All’aperto
il sole è ora implacabile; il frinire ominoso delle cicale sovrasta ogni cosa
come un concerto di auloi in una cerimonia pagana di fine millennio.<br />Un
aeroplano da turismo, nel cielo interminato di un celeste purissimo, rivela la
presenza col suo ronzio. Va e viene, aprendomi alla rivelazione. Così è
sempre stato, infatti. Quel lieve bordone, ricorda altri momenti, altri fatti,
sepolti nella memoria, unici, e che spariranno presto assieme a me così come
l’Italia che hanno conosciuto questi uomini e queste donne, inattingibile,
addirittura inimmaginabile. <br />Mais ou sont les neiges d’antan?</span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Nella
camera scura della borgata, un ragazzino fa i compiti. Le equivalenze. Gli
piace la matematica. Solo in casa, al tavolo di legno, ricoperto da una pesante
coperta di lana, a preservare uno dei pochi pezzi buoni del mobilio; il profumo delle matite temerate, la penna, il libro degli esercizi aperto sul davanti; e la certezza,
inscalfibile, che cm. 50,2 = dam. 0,0502. Le ombre della sera, benedette. La
finestra dai vetri sottili, ricoperta di una leggera brina; il fiore della luce
che s’accende in uno degli appartamenti del palazzo di fronte; il ragazzino
s’avvicina a scoprire le vite degli altri; Elisabetta, anche lei è lì, la
testolina bruna sui quaderni, un piano più sotto. Davide, di fronte a me, sarà
sicuramente agli allenamenti di calcio. Siamo a novembre? Dapprima trascurato, ecco
il ronzio di un aeroplano. Viene col vento invernale, a tratti, ingrossandosi
ogni tanto, e riuscendo a fermare, come un memento, questo attimo che mi
accompagnerà per sempre.</span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Ma
che ne sarà di noi? <br />Che ne sarà dei miei poveri morti quando non ci sarò più?<br />Cosa
ne sarà di me?</span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"></span></span><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">E
quel momento, come farà a sopravvivere?</span></span></span><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;"><br />Non
voglio che vada perduto.</span></span></span><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Intanto
un fastidio nel tallone.<br />Un
sassetto si è fatto strada nella para sfondata della scarpa.<br />Lo tolgo, lo getto via.<br />Mi sovviene, chissà perché, una frase proibita di Robert Brasillach:<br />"<i>Non importa quanto tempo ci sarà concesso. Ma che importa il tempo quando si hanno degli amici?</i>".<br /></span></span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Poi
me ne vado, con le scarpe rotte.</span></span></span> <br /></p><p></p></div>Alcestehttp://www.blogger.com/profile/04852044188872845420noreply@blogger.com55tag:blogger.com,1999:blog-654788918314523587.post-41037581451566426272022-06-27T22:03:00.036+02:002022-06-28T09:50:34.343+02:00CRAC! (qualche banale considerazione sulla farsa elettorale)<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><img border="0" data-original-height="2448" data-original-width="3264" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiRwzz4nkoKggO70Ozc2O_lz32psDZR_2qRLc6IlmtU6ePGBl1caBLlTP8dqIEk0wndXgd5UUds5G5NXTHfCyRaZ_3jWb4mMT3cWmkR1yxtRjU-HIw10c_RjQ-6KLYqAJ0Cry9Z9v6BQJwLo-ArslHKkfQDJqrT7uyMZXyw1jbR9366_a3ogME5qBOsuQ/w640-h480/IMG_2216.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;" width="640" /></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Quanto studio, quanta malafede e dedizione, quale puntigliosa strategia ... e soprattutto quale disgusto verso sé stessi per arrivare a questo. Un autentico capolavoro in cui sadismo, inettitudine e ansia di vendersi convivono simbiotici.<br /></td></tr></tbody></table><p style="text-align: center;"><!--[if gte mso 9]><xml>
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</p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Roma, 26 giugno 2022<br /></span></span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">L’amara
verità: nessuno, in una colonia, qual è quella italiana, perde o vince le
elezioni. Le elezioni, infatti, servono unicamente a decidere della temporanea
spoliazione di una parte della colonia stessa. <br />Il
Potere Vero, invece, inteso come sottopotere concesso dal colonizzatore, è <i>sempre</i> nelle mani del traditore di
fiducia. <br />Tali
le due premesse. <br />Se non le avete ben comprese le posso ritradurre in termini
elementari: 1. le elezioni definiscono chi deruba temporaneamente una regione,
una città, una parte dell’apparato industriale; 2. Il potere reale, concesso
dal padrone globale, risiede, invece, sempre, a onta di apparenti rivolgimenti elettorali,
nelle mani di fiduciari prestabiliti. <br />Da
tali premesse il sillogismo principe: lo Stato Italiano, nella sua interezza
indivisa, è concesso agli eredi di spezzoni moderati di alcuni partiti (PCI,
brandelli di DC et alia) variamente denominati negli ultimi trent’anni. È tale <b>Entità</b>, che si serve dello scheletro e dei poteri residui dello Stato, a stabilire, di volta in volta, di comune accordo col colonizzatore, la <i>reale</i> direzione politica.</span></span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">La stessa,
da trent’anni a questa parte. <br />Credere
che le elezioni cambino la rotta è, perciò, una sciocca illusione. <br />Chi
è al di fuori di tale Entità ha la piena libertà di concorrere alle cosiddette (inutili)
elezioni, persino di governare larghe fette del Paese, ma non di decidere;
infatti Lega, 5S, Fratelli Italiani e ciarpame vario non hanno assolutamente
voce in capitolo sugli indirizzi essenziali dell’espressione geografica ancora chiamata Italia:
programmazione energetica, welfare, scuola, politica estera et cetera et cetera <br />Si
può dire, in parole povere, che il nucleo di riferimento del colonizzatore, l’Entità
(di cui è amministratore delegato il PD), manterrà sempre il potere datogli dal
colonizzatore - in barba a qualsivoglia tipo di risultato elettorale. L’Italia,
insomma, andrà dove è deciso che vada, anche quando</span> <span style="line-height: 115%;">l’Entità
otterrà percentuali di voti meschine (e sembrerà, agli occhi dei micchi, sull’orlo
della crisi e della dissoluzione).</span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">La
controparte elettorale dell’Entità, dalla Lega a Forza Italia ai Fratelli
dell’Italia, conosce benissimo tali dinamiche. Per questo si limita esclusivamente
al piccolo cabotaggio, depredando alcune risorse locali a favore delle proprie fameliche
clientele. La politica nazionale, infatti, non è affar loro, come stabilito da
almeno trent’anni, a chiare lettere di fuoco; tanto che, appena il blocco di
centrodestra rischia una maggioranza chiara e preponderante (tale per cui l’elettorato
non comprenderebbe eventuali esitazioni al governo), sono gli stessi capi e
sottopanza del medesimo blocco a escogitare finte schermaglie e scontri interni
tesi all’autoboicotaggio. Il loro elettorato non lo saprà mai, ma nelle
riunioni essi dicono: “<i>Ci siamo spinti troppo in là … il padrone potrebbe
adontarsi … occorre, quindi, dividersi e far riguadagnare ossigeno al banco …
cioè alla centrale usuraria e polcorretta cui è stato assegnato il ruolo del
manovratore occulto: l’Entità …</i>”. Da tale punto di vista si hanno chiari certi
episodi altrimenti inspiegabili come l’opposizione interna al Berlusconi
debordante o le sparate del Trippone in mutande agostane: in effetti Lega e 5S
si erano spinti troppo in là, sull’onda dell’elettorato … necessitavano alcune
scuse per dilapidare il patrimonio di voti e consensi … ed ecco l’episodio del Minchione col Mojito … <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2017/08/il-grasso-da-tagliare.html">minchione già segnalato per tale alle nostre scettiche latitudini</a>. </span></span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Simbolo
dell’Entità inamovibile è il presidentato della Repubblica che, negli ultimi
sedici anni (16) è stato garantito da due (2) individui scialbi e spietati (due!)
dell’Entità stessa: con la disponibilità piena e ossequiosa dell’arco
costituzionale tutto. <a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2017/06/il-fardello-di-mario-monti-lunico-che.html">Quando segnalai questi due individui segretamente coavvinti
nel potere</a></span><a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2017/06/il-fardello-di-mario-monti-lunico-che.html"> </a><span style="line-height: 115%;"><a href="https://alcesteilblog.blogspot.com/2017/06/il-fardello-di-mario-monti-lunico-che.html">profondo</a>, qualcuno mi scambiò evidentemente per un
qualunquista a cinque stelle … dato che, allora, tali soggetti segnavano una moda
irresistibile …<span></span></span></span></span></p><a name='more'></a><p></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Questa
visione rende conto non solo dell’inamovibilità del PD e dei satelliti, veri
ascari del potere transnazionale, ma degli squilibri di fedeltà nei diversi
elettorati. Se il votante medio del PD (e satelliti) vede almeno soddisfatti alcuni suoi privilegi (statali nullafacenti, sindacati e CAF, personale della
scuola e dell’università, cantantucoli, scrittorucoli, televisionari), la finta
opposizione, costretta dalla ragion di Stato dell’Entità a ingoiare rospi
sempre più grassi e variopinti, si trova a disagio nel ribadire una linea
politica contraddittoria che, a parole, fa fuoco e fiamme liberali e in
concreto conculca libertà basilari: economiche, sociali e, come nel caso del green
pass, di elementare umanità. Ciò non toglie che il Potere globale, per
salvaguardare il teatrino politico, conceda di tanto in tanto anche a questi
traditori degli zuccherini (“trionfo al Nord”, "quota 100" e altre fregnacce
irrilevanti).</span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Notazione:
sui temi davvero divisivi, poiché simbolici di un sentire comune universale, l’arco
costituzionale dei traditori (Entità e finta opposizione) è segretamente
compatto (aborto, qualità dell’insegnamento, sanità inclusiva, cultura et
cetera). Solo qualche manfrina superficiale a increspare la calma piatta della perfidia epocale.</span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Riassumendo:
le elezioni sono inutili poiché, al massimo, certificano, nel tempo,
rapporti di forza inamovibili.</span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Ancor
più inutili, e dannosissime, le elezioni locali cui gli sprovveduti recano fede; spesso invocando, poi, categorie assolutamente fuori luogo: la sinistra e la
destra, il progressismo e la reazione. <br />Nessuno,
nemmeno il concerto delle migliori intelligenze del secolo, potrebbe
giustificare le elezioni comunali o regionali ovvero il sondaggio di una massa
semianalfabeta che mira a nominare una rappresentanza impreparata, laida, edace;
sulla base di una dicotomia anacronistica … già nata morta duecento anni fa.
Una buca è di destra o di sinistra? La raccolta differenziata è progressista?
Il traffico è reazionario? Sebbene vogliano vendervi queste scelte puramente
tecniche come un duello metafisico tra libertari e oscurantisti, il senso
comune grida come, dalla scomparsa della generazione nata dalla guerra, alle
amministrazioni locali si son succeduti capiclan, dispensatori di tangenti o
perfetti imbecilli. Imbecilli al pari degli elettori residuali che, con una “x”,
tragico correlativo oggettivo della propria insignificanza, credono di cambiare
le sorti amministrative di territori e città complesse, stratificate, di
delicata architettura umana e urbanistica. Ma, nonostante le loro speranze,
sempre rinnovate a ogni scadenza, com’è rinnovata la speranza del micco che
assiste alla truffa delle tre carte, regioni e città persistono in una spirale
di dissoluzione e sbriciolamento intellettuale senza precedenti. Persino un
semaforo che fa le bizze sembra oramai divenuto un problema insormontabile
contro cui si rompono gli assalti di elettricisti, ingegneri e squadre tecniche;
tutti inetti e raccomandati, ovvio; la burocrazia, peraltro, scientemente
ammaestrata, soffoca ogni iniziativa o tentativo di miglioria, tanto che gli
apparenti mutamenti dei quadri politici locali e le baruffe partitiche giammai riguardano
lo stato comatoso delle città, ma esclusivamente la lotta per il controllo
mafioso degli ultimi gangli amministrativi degni di generare clientele o
tangenti. “<i>Immondizia, oggi si cambia!</i>”,
cicala il “Il Menzognero” o “Il Corriere della Serva”; e ciò significa
unicamente questo: “<i>Si cambia! Finalmente
anche noi abbiamo un sottopanza tutto nostro che ci garantisce un ritorno in
voti o in tangenti!</i>”. Tutto qui. Infatti, come l’elettore micco constaterà
a breve giro di realtà, il problema immondizia (o quello semaforico) non subiranno
miglioramenti di sorta, se non inessenziali o di largo maquillage (segreto responsabile,
quest’ultimo, di rialzi pirateschi di tariffe e imposte).</span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Nella
mia proposta costituzionale, a esempio, non esistono elezioni locali. Le Regioni sono abolite a favore dell’assetto provinciale. Si riesumano i
governatorati, con poteri quasi monarchici, tenuti da personale scelto formato
presso scuole amministrative speciali cui non pare indegno sottoporre i
candidati a giuramenti di fedeltà et similia. Un geometra di paese o un pupazzo
di partito, insomma, non possono e non devono avvicinarsi alla patina verdastra
della laguna di Venezia, alle colonne della cattedrale di Palermo o ai
costoloni presbiteriali di Cefalù: ne sono indegni; loro compito, al massimo, è
la minuscola amministrazione: spazzare diligentemente le piazze fiorentine,
innaffiare le palme di Villa Pamphilj o provvedere alla tinteggiatura (con
vernice ecologica) delle panchine del belvedere di Lubriano.</span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">All’elettore
medio, secondo la mia personale utopia, sono riservate le elezioni dei membri del Parlamento e quella del Presidente
della Repubblica; oltre al bersaglio grosso: la nomina delle magistrature e dei
maggiori direttori ministeriali. Il procuratore di una città di tre milioni di
abitanti, a esempio, non può essere un bofonchiatore con la prostatite che, a
fronte di una città impazzita, continua a sorbire cappuccini senza
responsabilità saltando, se gli va male, da un incarico lucroso all’altro; deve
mettere la faccia e dichiarare con quale strategia e chi intende colpire onde liberare
la cosa pubblica da parassiti, mosche della merda e criminalità assortita. Il
capoccia dell’Agenzia delle Entrate (altro esempio) non può dire, <i>dopo</i> che è stato nominato da chissà chi, ma non dal popolo, che
19.000.000 di Italiani sono evasori. Tale dichiarazione, se ha fegato, deve
porgerla prima all’elettorato: “<i>Carissima plebaglia,
secondo me 19.000.000 di voi sono evasori. Vi manderò, perciò, il conto: appena
mi avrete votato</i>”. E <i>dopo</i>, solo <i>dopo</i>, conteggiare quanto riscontro ha avuto tale esibizione di esuberanza sulla percentuale di voti plebei in suo favore.</span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">In
tale frangente, 2022-2030, il voto è inutile sotto ogni punto di vista. Locale
e nazionale. <br />Purtroppo
l’Italiano è difficile da convincere. Gli hanno sabotato l’immaginario
collettivo. Senza quella “x”, cui si è fatto a meno per millenni felici, l’italianuzzo
declinante crede che non esista più una forma di governo; si è addirittura
convinto, il fesso sottovuoto, che senza la pagliacciata da matita copiativa
nei loculi di legno, perisca la democrazia; e con essa la libertà! Il voto è un
diritto! Come se democrazia e libertà prima del Novecento non esistessero. C’è
democrazia, secondo l’italiano con un cecio nella scatola cranica, solo se
tutti gli analfabeti e i cialtroni da Aosta a Siracusa sono mobilitati. Non uno
di meno! Le più ottuse cretine, i deficienti più esagitati, i minus habentes, i
pazzi - tutti devono apporre la “x”! C’è da scegliere il sindaco, il
governatore, la guida dell’Italia! Certo, come no … e la fanno scegliere a voi
imbecilli … non gli basta, all’Italiano, vedersi preso regolarmente per i
fondelli a ogni tornata, ne vuole sempre di più, di sbobba … perché oramai, è una
perversione alogica indotta, gli gira in testa tale falso mito angloamericano …
che è la massa ebete a determinare guerre e paci, carestie e opulenze, progressi
e regressi … e che il governo di pochi, sapiente e aristocratico, è, invece, illiberale
… meglio, insomma, permettere a un ex mediano di amministrare la città di Romeo
e Giulietta o issare sullo scranno più alto di una città d’arte un leccaculo di
partito … altrimenti si diventa illiberali, fascisti …</span></span></span></p><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
</span></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Si
dice: l’astensione avanza, non sei contento? <br />No,
perché alla prossima tornata basta un citrullo qualunque a rivitalizzare le
truppe smarrite della finta opposizione … e allora ecco il quorum che s’impenna
di nuovo! Oh, quanto vorrei un olovisore che in tempo reale riattualizzasse l’uragano
di endorsement a favore del grasso Salvini, colui che sbatteva il rosario sui
banchi della Camera come il pesto di cipolle o quelli fanatici a favore del Di
Maio … per tacere del Foa liberatore della RAI … eravate gli stessi che si
lamentano oggi, o sbaglio? Non eravate voi? Io no di sicuro … basta andare indietro
di qualche anno e leggere i post … in chi sperate, nel prossimo capitano? Nel
gilet giallo d’assalto? Nel grande sindaco verde?</span></span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Per
mettermi di buonumore rileggo spesso certi resoconti degli anni Settanta
dove le linee di tendenza della dabbenaggine erano già chiarissime. Nello
scorrere una lista degli scontri del 1977, a esempio, m’imbatto in una sequela devastante
di resoconti tragicomici: “<i>6 febbraio, l’università
occupata diventa nel pomeriggio un punto d’incontro per tutto il proletariato
giovanile, con una festa a cui partecipano … gruppi musicali e di ‘Teatro Emarginato’
… fanno la loro comparsa gli Indiani Metropolitani … 10 febbraio, la Poizia
indossa uno scafandro antiproiettile di nove chili e un casco di un chilo e
mezzo … il segretario della Federazione dei Giovani Comunisti Italiani, Walter Veltroni, all’Università ‘La Sapienza’ invita alla mobilitazione tutti gli studenti … 14
febbraio, all’ospedale ‘San Giacomo’ si verificano incidenti tra la Polizia e
un centinaio di femministe militanti del <b>CRAC (Comitato Romano Aborto e
Contraccezione)</b> … 27 febbraio, l’assemblea nazionale del movimento: nel
pomeriggio un gruppo di femministe lascia l’aula protestando contro la
sopraffazione subita, seguite dagli Indiani Metropolitani … 23 aprile, durante
i funerali di un agente ucciso due donne anziane cominciano a urlare ‘assassini,
ammazzateli tutti’ … poco dopo altre due vecchie provocano un tafferuglio … 12
luglio, venti giovani a viso scoperto fanno una spesa proletaria al
supermercato NOR. Rubano prosciutti, formaggi e bottiglie di Johnny Walker …</i>”</span></span></span><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;"> </span></span></span></p><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="line-height: 115%;">Quanto tempo sprecato,
quanta stupidità!</span></span></span></p>Alcestehttp://www.blogger.com/profile/04852044188872845420noreply@blogger.com46