07 maggio 2020

Tedeschi vil razza dannata [Giacomo Leopardi]


Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Giacomo Leopardi

"Si ha da dire, caro Alceste, contro quello che a prima vista parrebbe, che le nazioni le più distinte nell’immaginazione, i popoli meridionali insomma, dalle prime tracce che abbiamo della storia umana fino a’ dì nostri, si trovano aver sempre primeggiato nella filosofia, e massime nelle grandi scoperte che le appartengono. Grecia, Egitto, India, poi Arabi, poi Italiani nel risorgimento. La profonda filosofia di Salomone e del figlio di Sirac, non era ella meridionale? L’Oriente non ha primeggiato in tutta l’antichità in ordine al pensiero, alla profondità, alle cognizioni le più metafisiche, alla morale ec.? Confucio non fu meridionale? Donde venne la filosofia tra’ latini? dalla Grecia. Chi si distinse in essa fra tutti gli scrittori latini per ciò che spetta alla profondità? gli spagnuoli Seneca, Lucano, possiamo anche dir Quintiliano, ec. E nella teologia? gli Affricani Tertulliano, S. Agostino, ec.
Nella teologia e filosofia insieme? Arnobio Affricano, e Lattanzio (credo) parimente. Fra i greci quante sottigliezze, quante astrazioni, quante sette, quante dispute, quanti scritti acutissimi in materie teologiche dal principio della Chiesa fino agli ultimi secoli della Grecia. Si può dir che la teologia Cristiana sia tutta greca. E quell’opera profondissima del Cristianesimo donde venne? dalla Palestina. Mostratemi della filosofia antica in qualsivoglia parte settentrionale o antartica dell’Asia, dell’Affrica, dell’Europa. Quanto alle due prime mostratemi ancora, se potete, della filosofia moderna, ch’io ve ne mostrerò non poca nelle loro parti meridionali. Quello che dico della filosofia dico pur della teologia (inseparabile dalla metafisica), a qualunque credenza ella appartenga.
Fra’ moderni, i tedeschi, certo abilissimi nelle materie astratte, sembrano fare eccezione al mio sistema, e son tutto il fondamento del sistema contrario; giacchè gl’inglesi per indole spettano piuttosto al mezzodì, come altrove ho detto.

Ma questi tedeschi ne’ quali l’immaginazione e il sentimento (parlando in genere) è tanto più falso, e forzato, e innaturale e debole per se stesso, quanto apparisce più vivo ed estremo (giacchè questa estremità deriva in essi manifestamente da cagione contraria che negli orientali, il cui clima è l’estremo opposto del loro); questi tedeschi il cui spirito come dice la Staël "est presque nul à la superficie, a besoin d’approfondir pour comprendre, ne saisit rien au vol"; questi tedeschi sempre bisognosi di analisi, di discussione, di esattezza; questi tedeschi sì generalmente e sì profondamente applicati da circa due secoli alle meditazioni astratte, e queste quasi esclusivamente, hanno certo sviluppato delle verità non poche, scoperte da altri; hanno recato chiarezza a molte cose oscure; hanno trovato non piccole e non poche verità secondarie; hanno insomma giovato sommamente ai progressi della metafisica, e delle scienze esatte materiali o no; ma qual grande scoperta, specialmente in metafisica, è finora uscita dalle tante scuole tedesche ec. ec.? Quando ha mai un tedesco gettato sul gran sistema delle cose un’occhiata onnipotente che gli abbia rivelato un grande e veramente fecondo segreto della natura, o un grande ed universale errore? (giacchè la scoperta delle verità non è ordinariamente altro che la riconoscenza degli errori.)

Il colpo d’occhio de’ tedeschi nelle stesse materie astratte non è mai sicuro, benchè sia liberissimo, (e tale infatti non può essere senza gran forza d’immaginare, di sentire, e senza una naturale padronanza della natura, che non hanno se non le grand’anime.) La minuta e squisita analisi, non è un colpo d’occhio: essa non iscuopre mai un gran punto della natura; il centro di un gran sistema; la chiave, la molla, il complesso totale di una gran macchina. Quindi è che i tedeschi son ottimi per mettere in tutto il loro giorno, estendere, ripulire, perfezionare, applicare ec. le verità già scoperte (ed è questa una gran parte dell’opera del filosofo); ma poco valgono a ritrovar da loro nuove e grandi verità. Essi errano anche bene spesso, malgrado il più fino ragionamento, come chi analizza senza intimamente sentire, nè quindi perfettamente conoscere, giacchè grandissima e principalissima parte della natura non si può conoscere senza sentirla, anzi conoscerla non è che sentirla. Oltrechè a chi manca il colpo d’occhio non può veder molti nè grandi rapporti, e chi non vede molti e grandi rapporti, erra per necessità bene spesso, con tutta la possibile esattezza. L’immaginazione de’ tedeschi (parlo in genere) essendo poco naturale, poco propria loro, ed in certo modo artefatta e fattizia, e quindi falsa benchè vivissima, non ha quella spontanea corrispondenza ed armonia colla natura che è propria delle immaginazioni derivanti e fabbricate dalla stessa natura. (Altrettanto dico del sentimento). Perciò essa li fa travedere e sognare. E quando un tedesco vuole speculare e parlare in grande, architettare da se stesso un gran sistema, fare una grande innovazione in filosofia, o in qualche parte speciale di essa, ardisco dire ch’egli ordinariamente delira. L’esattezza è buona per le parti, ma non per il tutto. Ella costituisce lo spirito de’ tedeschi; or ella o non è buona o non basta alle grandi scoperte. Quando delle parti le più minutamente ma separatamente considerate si vuol comporre un gran tutto, si trovano mille difficoltà, contraddizioni, ripugnanze, assurdità, dissonanze e disarmonie; segno certo ed effetto necessario della mancanza del colpo d’occhio che scuopre in un tratto le cose contenute in un vasto campo, e i loro scambievoli rapporti. È cosa ordinarissima anche negli oggetti materiali e in mille accidenti della vita, che quello che si verifica o pare assolutamente vero e dimostrato nelle piccole parti, non si verifica nel tutto; e bene spesso si compone un sistema falsissimo di parti verissime, o che tali col più squisito ragionamento si dimostrano, considerandole segregatamente. Questo effetto deriva dall’ignoranza de’ rapporti, parte principale della filosofia, ma che non si ponno ben conoscere senza una padronanza sulla natura, una padronanza ch’essa stessa vi dia, sollevandovi sopra di se, una forza di colpo d’occhio, tutte le quali cose non possono stare e non derivano, se non dall’immaginazione e da ciò che si chiama genio in tutta l’estensione del termine. I tedeschi si strisciano sempre intorno e appiedi alla verità; di rado l’afferrano con mano robusta: la seguono indefessamente per tutti gli andirivieni di questo laberinto della natura, mentre l’uomo caldo di entusiasmo, di sentimento, di fantasia, di genio, e fino di grandi illusioni, situato su di una eminenza, scorge d’un’occhiata tutto il laberinto, e la verità che sebben fuggente non se gli può nascondere. Dopo ch’egli ha comunicato i suoi lumi e le sue notizie a de’ filosofi come i tedeschi, questi l’aiutano potentemente a descrivere e perfezionare il disegno del laberinto, considerandolo ben bene palmo per palmo. Quante grandissime verità si presentano sotto l’aspetto delle illusioni, e in forza di grandi illusioni; e l’uomo non le riceve se non in grazia di queste, e come riceverebbe una grande illusione! Quante grandi illusioni concepite in un momento o di entusiasmo, o di disperazione o insomma di esaltamento, sono in effetto le più reali e sublimi verità, o precursore di queste, e rivelano all’uomo come per un lampo improvviso, i misteri più nascosti, gli abissi più cupi della natura, i rapporti più lontani o segreti, le cagioni più inaspettate e remote, le astrazioni le più sublimi; dietro alle quali cose il filosofo esatto, paziente, geometrico, si affatica indarno tutta la vita a forza di analisi e di sintesi. Chi non sa quali altissime verità sia capace di scoprire e manifestare il vero poeta lirico, vale a dire l’uomo infiammato del più pazzo fuoco, l’uomo la cui anima è in totale disordine, l’uomo posto in uno stato di vigor febbrile, e straordinario (principalmente, anzi quasi indispensabilmente corporale), e quasi di ubbriachezza? Pindaro ne può essere un esempio: ed anche alcuni lirici tedeschi ed inglesi abbandonati veramente che di rado avviene, all’impeto di una viva fantasia e sentimento. V. p.1961. capoverso ult.

Ho detto che nessuna veramente strepitosa scoperta nelle materie astratte, e in qualsivoglia dottrina immateriale è uscita dalle scuole ec. tedesche. Quali sono in queste materie le grandi scoperte di Leibnizio, forse il più gran metafisico della Germania, e certo profondissimo speculatore della natura, gran matematico ec.? Monadi, ottimismo, armonia prestabilita, idee innate; favole e sogni. Quali quelle di Kant, caposcuola ec. ec.? Credo che niuno le sappia, nemmeno i suoi discepoli. Speculando profondamente sulla teoria generale delle arti, i tedeschi ci hanno dato ultimamente il romanzo del romanticismo, sistema falsissimo in teoria, in pratica, in natura, in ragione, in metafisica, in dialettica, come si mostra in parecchi di questi pensieri. Ma Cartesio, Galileo, Newton, Locke ec. hanno veramente mutato faccia alla filosofia. (Vero è che ora e dopo che la letteratura è divenuta generale nella nazion tedesca, e ha preso forma ed indole propria, queste grandi, strepitose e generali mutazioni vanno gradatamente divenendo più difficili, per natura de’ tempi, de’ costumi, e de’ progressi dello spirito, per la soppressione delle scuole, o delle fazioni scolastiche, le quali non esistono omai che in Germania, dove tali mutazioni forse ancora accadono.) Macchiavelli fu il fondatore della politica moderna e profonda. In somma lo spirito inventivo è così proprio del mezzogiorno, riguardo all’astratto ec. come riguardo al bello e all’immaginario.

Il sistema detto di Copernico, potrebbe riguardarsi come una grande scoperta e innovazione, anche in ordine alla metafisica; ma è noto che quel tedesco non fece altro che colle sue meditazioni lunghe e profonde, coltivare e stabilire ec. una verità già saputa o immaginata da’ Pittagora da Aristarco di Samo, dal Card. di Cusa ec. Questo è ciò che sanno fare i tedeschi".

16 commenti :

  1. Per queste perle, ripescate dagli abissi della conoscenza, vale la pena aprire l'ostrica del blog misantropo almeno tre volte al dì, sia prima che dopo i pasti!
    Cosa aggiungere e con che cuore?
    Che la regola del genio recanatese non viene smentita neppure dai due filosofi postumi, sempre che entrambi sia concesso considerarli tali: Marx e Nietsche, le facce diverse della medesima teutonica medaglia. Entrambi, in palese contraddizione aristotelica, tentano non di capire ma di cambiare il mondo, l'uno con la materia, l'altro con l'antimateria, l'uno con cultura imparaticcia e anglofila, l'altro quasi filologo.
    Ma l'epilogo è paragonabile, alla tedesca: fallimento individuale per il secondo, quando a Torino abbraccia il famoso cavallo, fallimento collettivo per il primo, nella storia,
    E dire che la differenza di levatura fra i due non permetterebbe neppure di avvicinarli;
    a favore di chi, superfluo dire.
    Mancava in uno il colpo d'occhio (quel di Treviri), l'altro ne aveva troppi e troppo acuti.

    Non per uscire dall'argomento "metafisico" ma mi domando: a cosa si deve la tempistica del "Tedeschi vil razza…"?
    Mica in riferimento al Mes o alla sentenza di Karlsrue, vero?
    Perché in tal caso sarebbe un sacrilegio scomodare Leopardi… saremmo a un altro livello.
    E a quel livello scelgo sempre la kulona inchiavabile al contorto professorino pugliese e la patriottica Corte Costituzionale tedesca alle reticenze impotenti di quella nostrana! Loro almeno ci provano a essere indipendenti.

    Meglio parlare o sparlare, come me, per una volta di filosofia...

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    1. A proposito di Nietzsche: sembra un personaggio di Dostojevskij.
      Da Stavrogin a Raskolnikov, fino a Ivan Karamazov.
      Nietzsche segue precisamente il copione fino alla follia.

      Sul fallimento collettivo del bolscevismo devo dire pero' che e' un po' presto per cantar vittoria.

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    2. Loris, per miglior chiarezza, il ritratto a 41.30:
      https://www.youtube.com/watch?v=EN58Cl35xQQ

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  2. perché Noi Sudici abbiamo "La Fantasia", che si rinnova e cesce in continuazione.

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  3. Nietzsche, però, disse: "I Tedeschi non hanno mani, solo zampe".
    In generale devo dire che noi Italiani dobbiamo riprendere a qualsiasi costo le redini del pensiero perché le rimasticature degli altri non fanno bene né a noi né agli altri. Che un finlandese mi venga a fare lezione nel 2020 è cosa ridicola. Lo stesso dicasi per danesi, svedesi e gente simile. Sono bravi ragazzi, ma si limitino a ripulire gli oggetti del nostro museo.

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  4. Grazie a Leopardi per le sue sempre attuali parole e visioni da professionista del "colpo d'occhio".
    E' generalmente vera la distinzione che fa. Sarebbe pure normale che i due "modi di essere" si compensassero, se non fosse che noto spesso che uno (il bisognoso di analisi e di esattezza) invidia segretamente l'altro ("l'uomo infiammato" da immaginazione, passione e sentimento), di qui la grande insicurezza personale dei primi e la volonta' perversa di portare i secondi al loro livello di miseria, per sentirsi meglio o per simulare una superiorita' inesistente. Non sempre, ma a volte ho notato questa tendenza, che invece non ho mai riscontrato nel verso contrario.
    Non mi addentro nel campo filosofico tedesco, di cui ho solo conoscenza scolastica, ma dai pochi indizi qui descritti sembra quasi trattarsi della solita "speculazione" (ahah termine piu' che filosofico direi), ossia, intendendolo non come attivita' teoretica ma piuttosto in termini commerciali o di "profitto", uno sfruttamento di idee originali preesistenti, da cui si trae profitto grazie ad un meticoloso lavoro di sistematizzazione e di divulgazione.
    Nel mio piccolo devo ammettere che stare in compagnia di tedeschi mi ha sempre dato quella sensazione di pignoleria (dalle mie parti si direbbe che essi sono un poco "piticciosi"), con l'aggravante che appunto spesso la esercitano in modo dispregiativo verso chi guarda ad altro. I giapponesi pure sono "piticciosi", ma dovreste vedere come si rilassano e se la godono quando sonp in compagnia di persone meno pignole. Non a caso da molti giapponesi amanti dell'Italia, dopo Firenze, la citta' piu' amata che ho sentito nominare e' Napoli. Alcuni somo fatalmente attratti dal caos. Un'amica me lo ha anche confessato proprio con queste parole: il caos, la spontaneita', i forti contrasti, anche di colori, che a loro mancano, fanno si' che siano attratti dai paesi come l'Italia. Poi c'e' la bellezza certo, che la rende la favorita.
    Questa per Alceste a proposito della legge Basaglia: un giorno, mentre eravamo a una sorta di gita, la mia insegnante di giapponese che ancora non mi aveva mai rivolto la parola personalmente, mi prese da parte e mi disse: "Sai, io credo che gli italiani siano molto umani, molto umani. Come fate ad essere cosi' umani? Ho visto un film italiano (che narrava la storia della legge Basaglia, ora non so quale film nello specifico perche' credo ce ne sia piu' di uno sull'argomento) e mi sono commossa, anche i film italiani sono cosi' umani, cosi' diversi da quelli americani. Sai, noi i pazzi li nascondiamo, per non rovinare l'armonia sociale…"
    Un caro saluto,
    Ise

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    1. Sulla legge Basaglia ti ho interpellata perché c'è questa storia della delegazione giapponese a Roma che risulta assai curiosa.
      Gli Italiani erano molto avanti nella considerazione della malattia mentale. Si era notato subito come la "follia" avesse subito un'impennata negli anni Cinquanta, cioè all'inizio del periodo del Boom. La malattia procedeva di pari passo alla disintegrazione della struttura familiare. Il "matto" di casa non è più accudito; il "matto" diviene parte estranea nel circuito di produzione assieme agli anziani; in più vengono creati ulteriori "matti" ovvero coloro che rifiutano lo stato delle cose. Nelle città il fenomeno diviene tangibile, meno in provincia dove l'assetto familiare resiste meglio.
      Quando gli psichiatri italiani vennero in contatto coi Giapponesi questi riscontrarono la perfetta similitudine con lo sviluppo nipponico. Morale: il "benessere" consumista (usiamo queste deboli parole) distrugge l'antica organizzazione sociale che, a suo modo, includeva i "matti".
      La risposta italiana di Basaglia fu: in realtà sono tutti matti, in misura diversa, quindi aboliamo i manicomi. Sbagliando. Ma su questo mi esprimerò.
      I Giapponesi, almeno gli studiosi presenti, condivisero questa impostazione anche se in Patria poi non se ne fece nulla.
      Sulle differenze rimarcate da Leopardi: credo che la diversità tra culture risieda nella classicità. Col termine classico s'intende la capacità d'astrazione massima (favorita dal linguaggio) che, proprio perché tesa agli estremi confini del mondo conoscibile, deve "rientrare" per vivere degnamente. La saggezza biblica, le intemerate di Eraclito, i grandi secenteschi inglesi e spagnoli, la tradizione medioevale, i Padri della Chiesa, la apparente leggerezza della poesia greco-latina si fonda su questo.
      Il satiro che dice: "Meglio non essere nati. L'uomo è fatto per l'infelicità e la morte" deve rientrare subito da tale disposizione ingannandola con la creazione della sublime menzogna (fra cui è il Partenone, tanto per fare una citazione da quattro soldi). La dicotomia ormai comune tra dionisiaco e apollineo questa è. Per tale motivo la commedia e la tragedia convivevano nel teatro greco. La certezza dell'infelicità era riscattata dall'ansia di vivere: per il bello, la patria etc
      Leopardi è contagiato da questo sentimento totale. Il pessismismo universale non impedisce la vita. La visione della verità, che annienta l'individuo, non impedisce all'uomo di continuare a sopportare stoicamente la pena esorcizzandola continuamente con le illusioni. Alla fine Giacomino arriverà anche a una forma di socialismo esistenziale: la "social catena".
      Egli, in quanto uomo classico, come i Greci e i lucreziani, conosceva il labirinto per intero; i crucchi ne conoscono due curve e gli sembra di dominare l'universo.

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    2. Interessante, posso chiedere una cosa a Ise? Mi risulta che i giapponesi non hanno bisogno di visto per andare in Germania, é vero? E perché? (L'altra possibilità é che non ne abbisognano per l'intera Europa, ma ti chiederei sempre se ti risulta e perché).

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    3. Ciao Sitka.
      Il Giappone sembra abbia uno dei passaporti "piu' forti" quanto a possibilita' di visitare altri paesi senza visto. Quel che dici e' vero riguardo il classico visto turistico di 90 giorni, ma e' vero per gran parte della zona UE (non so in dettaglio le eccezioni, ma in Europa occidentale, che sia Germania o altro la procedura e' la stessa), per il Regno Unito hanno addirittura 6 mesi a disposizione per turismo. Comunque e' vero anche il contrario, anche noi italiani non abbiam bisogno di visto e possiamo andare in Giappone e starci per 90 giorni senza bisogno di fare il visto anticipatamente, ma solo procurando la prova che entro i 90 giorni si torna a casa (biglietto aereo di ritorno). 

      Invece una cosa curiosa che scoprii ai tempi del disastro di Fukushima, e' che "in teoria" per i giapponesi sarebbe ancora valido un vecchio trattato stipulato con gli olandesi (loro principali e poi unici partner commerciali storici dal XVII secolo) che offriva condizioni favorevoli per chi voleva trasferirsi in Olanda. Dico "in teoria" perche' poi sembra che, sebbene sulla carta tale trattato sia legalmente ancora valido, non e' stato mai applicato ed e' stato relegato nella sfera delle "leggende". Tale cosa la appresi da questo sito (riporto un post, ma ne aveva parlato in piu' di uno):
      https://fukushima-diary.com/2014/03/column-i-just-found-what-i-was-exactly-looking-for-in-netherlands/

      Il sito e' di un ragazzo giapponese che all'indomani di Fukushima, capito che il mitico governo nipponico era solo una banda di criminali eterodiretti, decise di lasciare il Giappone (credeva che altrove vi fossero ancora governi non criminali) e di cercare di "salvare" quanti piu' giapponesi poteva dall'apocalisse che si prospettava. 
      Lo seguivo perche' era l'unico che forniva informazioni fresche da fonti giapponesi tradotte in inglese. Era interessante anche leggere la sezione "Column" del suo sito dove metteva note personali e a volte si dilettava a dare la sua visione critica della psicologia e della societa' giapponese che secondo lui portava i giapponesi all'autodistruzione (ma dipende, devo dire, a volte nel lungo termine certe caratteristiche si sono rivelate anche strumenti di autoconservazione) piu' di altri popoli.

      Sui rapporti tra Giappone e Olanda ho trovato un sunto in inglese qui:
      https://www.netherlandsandyou.nl/your-country-and-the-netherlands/japan/and-the-netherlands/dutch-japanese-relations
      Sembra proprio che li' (cioe' qui) nella "lotta" esterna tra i meridionali portoghesi e i settentrionali olandesi, abbiano prevalso i secondi.
      Saluti,
      Ise

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  5. Tempo e strumenti (il mio PC è a riparare e ogni tanto uso quello di mio figlio) permettendo, dico volentieri la mia in questa scuola, dove un buon maestro sparge continuamente semi di riflessione.

    L'atto del pensare è infinito, ma, essendo noi esseri finiti, comprendiamo limitatamente.
    Nel nostro tentativo di comprendere usiamo la ragione filosofica, cioè esploriamo quell'intimo sentire che sgorga dal silenzio e fa nascere il desiderio di conoscere.
    Nel silenzio si sta in ascolto (bisogna stare attenti a come si ascolta), la mente si placa e si ha la sensazione di trovarsi in un mondo aspaziale e atemporale ed il nostro essere, cioè l'atto dell'esistere, tende al Bene Supremo.
    Sono momenti di pace, di beatitudine e di gioia.
    La mia sequenza é: silenzio - ascolto - sentire intimamente - desiderio di conoscere - ragione filosofica.
    La filosofia aiuta noi, esseri limitati, ad esplorare quel Bene Supremo, al quale tendiamo infinitamente.

    Anna

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  6. W l'Aise.

    https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2020/05/09/conte-silvia-romano-e-stata-liberata_c78eaa2c-ba11-48be-988a-af46cac7504c.html

    Bubba

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  7. I Tedeschi: vil popolo coraggioso.Migliaia di tedeschi stanno protestando nelle loro città contro le restrizioni imposte dal lockdown.Noi continuiamo a credere alle favole senza il lupo cattivo.Riconoscono le avvisaglie di una dittatura prima degli altri.Perché’ abituati ad una vita più dura?Perché’ più razionali di noi?

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  8. Caro Alceste,
    Ora intendo meglio quel che volevi dire. 
    Molto interessante la breve ricostruzione del dilagare della "follia" fino al sovvertimento della normalita' a favore della prima. In effetti sembra lo stesso percorso intrapreso in Giappone con l'aggravante (o forse il vantaggio, non so), che qui la malattia mentale e' poco riconosciuta, ossia non viene comunque subito additata e medicalizzata… forse, come fai notare, anche perche' molto estesa, quindi forse realisticamente poco contenibile. Ne parlavo in questi termini anche con altri stranieri che vivono qui e che notavano quanto sia estesa ma quanto poco oggetto di "cure". Vedi persone parecchio "stravaganti" che vengono tollerate senza battere ciglio. Magari solo dopo molto tempo, qualcuno tra i piu' schietti (raro), ti confessa che quella persona ha qualche problema di testa. In pratica, i pazzi non nocivi e che non danno troppo nell'occhio non vengono considerati pazzi, gli altri vengono nascosti (ma anche i disabili se e' per questo). Se poi pensi che certi disturbi mentali iniziano nell'adolescenza, soprattutto alle scuole medie, capisci che il problema e' a monte ed e' ormai insormontabile. Posso dire che ho vissuto in due citta' del nord del Giappone e c'era davvero da mettersi le mani nei capelli, ma da quando ci siamo trasferiti nel profondo sud, tali problematiche non sussistono piu'… piu' sole, piu' natura, diverse contaminazioni culturali, meno stress da lavoro e da prestazione (in teoria siamo in una zona economicamente 'depressa'), piu' tradizione viva… 
    In una cittadina del nord (non metropoli), nella scuola media di mio figlio (ancora scuola dell'obbligo) vi erano cosi' tanti casi di abbandono che la scuola aveva creato una classe speciale per cercare di richiamare e far recuperare i "fuggitivi" scomparsi, ma nessuno rispondeva agli appelli. I casi, molto evidenti, di "wrist cutting" (Risuto katto in giapponese), l'autolesionismo compiuto provocandosi dei tagli sul polso e sull'avambraccio, erano molto numerosi. Mio figlio mi riferiva della sua vicina di banco "wrist cutting girl", e poi di un suo compagno del club del dopo-scuola (i cui allenamenti obbligatori erano quasi piu' stressanti della scuola stessa) che era praticante di "wrist cutting". Un giorno, in una delle gare fuori citta' con soggiorno del fine settimana, essendo nella stessa stanza d'albergo, questi gli aveva mostrato tutto il procedimento. Tutti, mi diceva mio figlio, ignoravano quei segni sul braccio e, se proprio qualcuno osava chiedergli cosa avesse fatto, il ragazzo rispondeva che era stato il gatto di casa e la cosa finiva li' (capivano che non era la verita' ma non osavano indagare oltre). Nessuno si preoccupava per lui, men che meno cercava di fornire al ragazzo una consulenza psicologica come credo si farebbe in Italia. Le cause? Come ben dici, la famiglia distrutta e' tra le prime (anche quel ragazzo non aveva un padre "fisso"), la seconda sembra sia il bullismo tra ragazzi (ma esiste anche quello tra mamme, me lo disse mio figlio dopo che glielo avevano spiegato a scuola, ed in effetti poi ho capito molte cose ahah). 
    Saluti,
    Ise

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Siate gentili ...