21 maggio 2019

Fratelli a un tempo stesso, Amore e Morte ...


Roma, 21 maggio 2019

Più si avvicinano le elezioni più ci si rifugia nell’afrore delle vecchie tane.
Privi di un empito morale alto e imparziale, e d’una riflessione risolutamente filosofica, quella che scruta, onnicomprensiva, dall’alto, sempre, tutti i fenomeni, estraendone un comune senso denominatore, un evidente nesso logico e metafisico, i controinformatori annusano stancamente le solite vecchie chiappe.
Ogni loro argomentazione, ogni diagramma, qualunque deduzione viene improvvisamente obliterata dal richiamo verso la boscaglia del conformismo. Un istinto ferino e ingannevole che li riporta all’origine della depravazione postmoderna: la democrazia liberale. Gilet gialli, secessione catalana, Trump, Donbass, Greta, centri sociali e Casapound, Marx e Junger, signoraggio e MMT, Houllebecq e Saviano residuano come vignette sbiadite; non significano più nulla questi avvenimenti a fronte del ciangottare tribunizio, dell’appartenenza da cani rognosi: ecco, allora, la dea ex machina, la matita copiativa. Comprendere che tale istinto - l’ansia della croce di Bertoldo - fu instillato sapientemente, nei decenni, proprio per formare ciò che loro son oggi, marionette da urna - comprendere tutto questo è impossibile. Impossibile elevarsi, dimenticare goffi rancori; la campanella suona e tutti accorrono alla lotteria.
La lotteria di Shirley Jackson (The lottery, 1948) rimane uno dei racconti fantastici moderni più belli di sempre. È ambientato in un paesino di trecento anime della provincia americana profonda, al principio dell’estate. Ci si raccoglie assieme, si parla del più e del meno. La prosa della Jackson è piana, non allude, lascia trasparire ciò che avviene. Il lettore, però, avverte qualcosa di inusitato. Gli abitanti del villaggio hanno, forse, un sorriso tirato di troppo? Lo splendore della stagione cela qualcosa di abominevole? Perché i bambini ammucchiano sassi in piccoli cumuli? Si prosegue. Vi è un’estrazione, oggi, 27 giugno, l’estrazione della lotteria. Ognuno è tenuto a partecipare; anzi, a dirla tutta, è un obbligo partecipare, un dovere civico. Chi ha ideato la lotteria? Nessuno lo sa. Qualche paese, forse, l’ha già abolita? Ma ecco, inizia la procedura, coi trecento nomi nella cassetta nera. Ma ecco: abbiamo la vincitrice. Una vincitrice atterrita: perché io? Perché io? La folla, però, non si pone domande. È stato sempre così, in fondo, da quando istituirono, con i suoi doveri inderogabili, la lotteria. Perché rinunciarvi? Esistono, forse, delle alternative al rituale? No. Uomini e donne si chiudono attorno alla signora Hutchinson, la vincitrice:
I ragazzi avevano già preso le pietre, e qualcuno ne aveva dato una anche al piccolo Davy Hutchinson.
Tessie Hutchinson era adesso in mezzo a uno spazio vuoto, e tendeva disperatamente le braccia mentre la gente del villaggio avanzava verso di lei.
‘Non è giusto’ protestò ancora. Una pietra la colpì sulla tempia.
Nonno Warner diceva: ‘Avanti, avanti tutti’.
Steve Adams era tra i primi, e accanto a lui c'era la signora Graves.
‘Non è giusto, non è giusto’ gridò ancora la signora Hutchinson, e poi tutti calarono su di lei”.

Perché le elezioni? Perché tale rituale? Per far vincere le mie idee! Credere che un’associazione a delinquere qualsivoglia (la mia è una definizione tecnica: si sanno  i nomi e i cognomi), di destra o di sinistra, possa far vincere le idee sembra già un motto di spirito sadico. Prestar fede a individui che non lavorano, non producono e passano il tempo a ingannare i propri elettori -  tutto questo lo interpreto come indizio d’un cancro dello spirito apparentemente inestirpabile. L’Italia non declina solo per la pressione di forze esterne, ma in primis per una putrefazione interna delle coscienze logiche.

Se Mani Pulite ha interrotto una pur labile tradizione politica (il crollo dell’aristocrazia precede sempre il crollo della civiltà), è altrettanto vero che le riforme della scuola e delle università hanno minato - scientemente - l’intelligenza del Paese. In numerose occasioni ho rimarcato la differenza tra uomini dell’immediato passato e quelli di oggi. La frattura può individuarsi, a livello globale, alla fine degli anni Settanta.

Alla fine degli anni Settanta l’Unione Sovietica era data per spacciata. Emmanuel Todd licenzia La chute finale. Essai sur la décomposition de la sphère sovietique addirittura nel 1976. E caduta fu. Potremmo anche arditamente supporre: il ruolo geopolitico dell’URSS si era esaurito. La globalizzazione sfrenata comincia a prendere la rincorsa da allora. Leggi e leggine presero a sventolare secondo il novello ponentino, improvvisamente: la distruzione del cinema e del teatro italiani, a esempio, ebbe in quel tempo la propria rovinosa scaturigine. Guerre stellari, quell’impasto facilone di spiritualismo new age e fantasy d’accatto, tipicamente americano, segna la nuova via al blockbuster. La commedia all’italiana, lo spaghetti western e il poliziottesco, ultimi vagiti dell’arte popolare da grande schermo, cedono di schianto, assieme alle seconde e terze visioni, non più protette a livello nazionale. Ricordo ancora lo sgomento d’un mio parente quando gli fu impedito di ri-vedere un film: lui che si abbandonava per ore sulle poltrone di legno dei cinemini di periferia, con un sacco di bruscolini fra le mani. Il progresso avanza: con poltrone numerate, mandrie di clienti ben organizzati, dolby surround, bigonci di pop corn a dieci euro, bolse insulsaggini hi-tech per ogni palato.

L’Italia raggiunge il suo picco produttivo nel 1979. La Germania è a un passo, forse dietro di noi. 1979: si respira benessere. I soldi circolano. In realtà, mentre ogni Italiano è affacendato a comprarsi casa, auto e vacanze di prim’ordine, si comincia lentamente a lucrare sul grasso accumulato. Il nostro destino viene segnato allora. In un paio d’anni ci si libera definitivamente di terroristi e sindacalisti, nell’ordine. Il 28 marzo 1980 l’irruzione di via Fracchia a Genova: quattro brigatisti giustiziati, uno dei colpi decisivi per seppellire quegli insetti molesti che avevano sì servito la causa globale, ma ora, al cospetto del Nuovo Ordine a Venire, dovevano essere tolti di mezzo; il generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, mente dell’operazione, verrà a sua volta eliminato un paio d’anni più tardi. Il 2 agosto 1980 è la volta della strage di Bologna con l’affondamento della destra eversiva: sia stata essa o meno l’organizzatrice della strage, ai fini del corso della storia, non è importante. Giusva, il giovin attore, fu uno stragista? Non interessa al potere la responsabilità, contano gli effetti. Il 14 ottobre 1980 ecco la Marcia dei Quarantamila a Torino che sancisce la disfatta completa dell’ala sindacale operaista. In pochi mesi la disinfestazione italiana è completa. Il PCI è già socialista nel peggior modo possibile, i socialisti una parodia del socialismo. Residuano alcune temibili personalità che, fuori controllo, potrebbero dar fastidio. Per loro si appronta un’ulteriore bonifica, primi anni Novanta, dopo la celebrazione, in diretta, tra finte stragi, carri armati di cartone, muri sbriciolati e statue abbattute, della festicciola di congedo del comunismo.

Sono almeno trent’anni che si vota un partito unico, ma i controinformatori non sono ancora sazi. Spiace vedere vecchi leoni da tastiera - con gli occhi iniettati di sangue - prestar fede a cialtroni o caporioni del malaffare come se fossero i futuri salvatori della Patria. Mi si rivolta lo stomaco a guardare lestofanti che agitano simboli aviti dai palchi del prendingiro; un disgusto addirittura superiore a quello che mi attanaglia quando vedo i katanga vaticani distruggere quel che resta di noi. È tutto un teatro, una barzelletta, una manfrina ignobile.

La speranza in tali figuri è grottesca. Che venga da individui che si presumono informati o forgiati dalla storia recente mi risulta inspiegabile. Deprivati della vera cultura, allevati come polli in batteria, semianalfabeti, o tecnici, di quella tecnica che ha imperio su minuscoli e inessenziali settori dell’esperienza e della vita, gli Italiani credono a ogni fanfaluca che gli venga dal peggior proscenio di guitti. Per quanto possa sembrare incredibile c’è gente che ha fede in Giorgia Meloni. Sì, è così. A fronte di tale rivelazione non posso che alzare le mani. Oppure limitarmi a scrivere tali sciocchezzuole che leggeranno in due. Ma perché scrivi, mi dice una conoscente? Per non imputridire del tutto, rispondo. Cerco di tenere alta la bandiera dell’Italiano. Ho l’arroganza di presumere una mia personale resistenza.

Il mezzo è il messaggio. Riformuliamo: il mezzo è il dominio. Accedere a PC e social equivale a essere dominati nei cuori e nelle menti. Un qualsiasi I-phone serve strutturalmente il potere. Confondere accenti e apostrofi, trascurare la punteggiatura intermedia (i diesis e i bemolle della scrittura), indulgere negli anacoluti, tutto questo è dominio delle menti e dei cuori. Annientare la scuola e il pensiero critico, questa l’altra metà della disfatta. Uomini e donne con la quinta elementare han creato ricchezze che oggi i loro figli laureati dissipano nell’insipienza.

Questa, però, è solo la versione semplicistica della disfatta. In gioco c’è altro. Ed è la preterizione della nostra cultura. La cultura non è solo studio oggettivo bensì culto assiduo, rispettoso e cauto di ciò che fu. Un diciottenne d’oggi è solo un involucro di basse nozioni tecniche che ha poco o nessun rapporto con la lingua materna (si esprime con pericolanti lessemi fàtici e luoghi comuni agghiaccianti) e con l’Italia stessa. Nulla di Italiano gli è davvero presente. Il rapporto col territorio, anche col passato recentissimo, è in lui atrofizzato. Non sa, l’omettino, manipolabile e pronto a vergar croci a casaccio, che essere qualcosa significa essere Italiani.

La Commedia dantesca, a esempio, non è il rapporto confidenziale di un fiorentino sulla geopolitica del tempo, ma il correlativo oggettivo di un’anima eterna. Se Dante parla di torri e boschetti vuol parlarci di certe torri e di certi boschetti italiani. Comprendere quelle torri e quei boschetti, smaltati nelle miniature medioevali, ci rende Italiani; ovvero - è dura da accettare - uomini e donne completi. Fiumi, boschi, pietre fanno già parte di noi; occorre recuperarli alla coscienza.

Rainer Maria Rilke: “Per i nostri avi una casa, una fontana, una torre, perfino i loro vestiti, il loro mantello erano più familiari che a noi; ogni cosa dava ricetto all'umano. Ecco che premono verso di noi, venute dall'America, le cose vuote, indifferenti, apparenze di cose, simulacri di vita ... una casa nell'accezione americana, una mela americana o una vigna di laggiù non hanno nulla in comune con la casa, il frutto, il grappolo nei quali erano compenetrati le speranze e la meditazione dei nostri avi ... Le cose dotate di vita, ammesse alla nostra confidenza, sono in declino e non possono essere sostituite. Siamo forse gli ultimi che avranno conosciuto tali cose. Abbiamo la responsabilità di conservare non solo il loro ricordo, ma il loro valore umano e larico (nel senso dei lari, divinità della casa)”.
Si può dileggiare quanto si vuole tale attitudine; la sua inosservanza la si paga, però, con l’inessenzialità.

L’homo novus è fungibile. Egli è privo di individualità. Rileva nel peso e nella misura. Si può ammucchiare a piacimento. Trasportare a piacimento. L’homo turisticus o l’homo ludens, epifenomeni dell’ominicchio, vanno gestiti - è un termine tecnico - a pacchetti. Intercambiabili. In nemmeno quarant’anni siamo passati dai trionfi campanilistici a tale ciarpame omogeneo da statistica. Ecco il Nuovo Ordine. Ecco perché era necessario bonificare il passato. Ecco perché vi fanno votare.

L’homo turisticus si lamenta. Piove. La pioggia rovina non so quali sue necessarie escursioni durante lo Shabbath o la domenica. La realtà, che sia ancora primavera e che l’Italia abbondi di poesie sulle piogge primaverili, non lo tange. Egli ha in mente il depliant sulle Maldive, ergo: ogni territorio che, purtroppo, lo ospita deve conformarsi al nuovissimo immaginario esotico costellato da ombrelloni e daiquiri a bordo piscina: a partire, almeno, da aprile. Il sillogista turistico sfoga la propria ira a vedere i cieli abbrunati e gonfi di tempesta: è aprile e ancora non c’è il sole!
Aprile dolce dormire, mercé le festività e quegli astuti collegamenti tra le festività: i ponti.
D’altra parte non trova, forse, l’ometto, la stessa frutta tutto l’anno? A cosa servono le stagioni? Lui ha da trovare sul banco pesche e angurie anche a novembre nonché il sole tropicale, a Capocotta City, al principiare della primavera.

Una conoscente mi rampogna: tu non piangi mai, non ti commuovi mai. Ma, essendo lei una conoscente, evidentemente poco mi conosce. È vero, amo ostentare, non saprei perché, una tetragona indifferenza. Mi viene naturale. I rovesci della vita o alcuni lutti mi hanno spesso sorpreso nell’impassibilità. Alceste è di ghiaccio! Colui che sa, però, non può stupirsi. Mostrare il dolore o la felicità è per chi non sa. Solo per lo sciocco il sole è nuovo ogni giorno. D’altra parte, lo ripeto ancora una volta, la disperazione quale basso continuo dell’esistenza fa parte dell’autentico occidentale. L’Occidente nasce nella tragedia, ovvero nel coniugare una feroce voglia di esistere con la consapevolezza dell’inevitabile. Sapere di dover morire eppure creare il bello, appagarsi del bello e vivere di tali consolazioni: una vita normale, apparentemente quieta, che non impedisce, tuttavia, slanci e sacrifici folli, impensabili per l’omarino attuale.

In fondo sono cinque le pulsioni impellenti che animano l’essere umano
-mangiare
-bere
-dormire
-cagare
-scopare
Se il soggetto riesce a soddisfare efficacemente tutte e cinque le pulsioni potrà affermare di avere una vita soddisfacente …”.
Tali inaspettate perle vengono da un controinformatore che, poco prima, coerentemente con tale etica del basso ventre, se la prende con la morale cristiana. Essere contro e militare nelle stesse fila dell’informazione di regime non sembra costituire una subdola incoerenza. Dileggiare il passato, analizzarlo quale complotto (in tal caso il complotto morale del Cristianesimo), assomiglia tali materialisti di nuovo conio ai biglinatori, ai Rousseau del migrazionismo, ai libertini, ai destitutori più accesi: chi sembra contro in verità condivide le idee del presunto nemico.

Per i riduzionisti del materialismo gaudente le costruzioni di mill’anni che hanno permesso il pensiero e la vita sono fastidiose costrizioni che impediscono la realizzazione dell’autentico Libero Sé.
Michel Houllebecq, l’antislamista col ticchio dell’orgia, e Michel Onfray, l’epulone col ticchio dei Gilet Gialli, appartengono a tale genia del basso ventre.
Siamo alla controinformazione intestinale e uretrale.
Non ci si stupisca, poi, se tale gente svanisce nel nulla. Perché no, dato che è schierata con chi, a parole, combatte?

Il potere, questo è sicuro, può dormire sogni tranquilli. Stiamo tornando precipitosamente, travestiti da epicurei straccioni, alla pozza protozoica, all’ominicchio aborrito da Leonardo da Vinci, transito di cibo e aumentatore di sterco: un bugliolo semovente.
Ma qui, ecco la novità, siamo oltre l'uomo-bugliolo schifato da Leonardo e persino al di là del moralismo cristiano di Thomas Eliot che fa dire al laido Sweeney: "Nascita, e copula e morte/Tutto qui, tutto qui, tutto qui/Nascita, e copula e morte/E se tiri le somme è tutto qui/Nascita, e copula e morte".
Siamo alla tenia.
Tale è l'uomo postmoderno, una tenia, parassita perfetto che il Potere relega nella poltiglia lattiginosa del chilo intestinale della dissoluzione civile.
A un passo dalla merda.
La tenia, nella sua apocalisse in poltrona, ha persino rinunciato a una bocca e un proprio apparato digerente. Anche il trangugio gli è di troppo. Essa galleggia alla fine dei tempi, in una poltiglia già masticata e acidificata da altri, assorbendo ed espellendo; è meno d'un lombrico: più il fantasma d'un umanità credutasi assolutamente libera.
Sciaguatta, la tenia, rivoltolandosi su sé stessa: mangia beve dorme caca e addirittura si riproduce. È in pace con l'universo.
Tale il destino dell'Ultimo Uomo.
Ecce homunculus.
Che alcuni dissidenti ambiscano questo dice tutto sulla fecondità del dissenso controinformativo italiano.

Eppure, a volte, mi commuovo.
Ho fra le mani la riproduzione d’una mappa antica, cinquecentesca. Minutamente dettagliata. Acquerellata con cura: bruni, verdi, gialli. I caratteri, neri, sono ben scanditi. Spiccano, aureolati da chiazze smeraldo, i corsi dei ruscelli. Da nord scende il fiume principale, cui si legano gli affluenti maggiori e i loro fossetti secondari che terminano la propria irruente corsa dopo poche centinaia di metri.

Ogni punto di riferimento gode di un nome preciso che si nutre delle particolarità del territorio.
Stampo, quindi, una schermata di google maps dello stesso territorio, oggi, 2019.
Sovrappongo le due immagini: coincidono, ad annullare il mezzo millennio.
Certo, dove l’urbanizzazione è più fitta i contorni antichi sono perduti, o solo malamente intuiti. Laddove la mano dell’uomo non ha ancora imperio, tuttavia, il passato riemerge e ci parla con gli antichi nomi. Un’osteria a capanne, le acque sorgive, un muraccio romano, il fontanile. Ecco, il fontanile. Esisteva nel Cinquecento: avrà lasciato traccia dopo cento lustri? Dopo rivoluzioni popolari, rivoluzioni tecniche, guerre, massacri, terremoti, devastazioni?
Mi inoltro, un pomeriggio domenicale, nella campagna romana. Il sole è pallido: “The sun is spent, and now his flasks/send forth light squibs, no constant rays”. I pianori si accendono di luce e si rabbuiano velocemente in un alternarsi ricco e stano. Solo in un quadro di Rembrandt ritrovai tale Stimmung, a mezzo fra crepuscolo e giorno, fra primavera e autunno. La campagna romana: desolata, brulla, viva.
In essa pulsa l’assenza.
Ciò che fu e non è più grava sulla coscienza, a ogni passo; un dosso, una pietra qualsiasi, possono occultare rivelazioni.
Scorgo i ruderi di un casale novecentesco attorniato da fichi selvatici: essiccatoi, l’abbeveratoio, le stalle, una torretta. Le pareti scialbate.
Nella valletta a destra ancora scorre l’acqua del Cinquecento. È lei, lo so. Il fontanile era al principio di tale ramo secondario. La carta è assolutamente precisa.
Un roveto gigantesco, intoccato dalla mano dell’uomo, s’intreccia a una vegetazione spontanea e scarmigliata: queste acque, che rigano la terra da tempo immemorabile, la nutrono lentamente.
Mi apro la strada, a forza. Per fortuna sono da solo, mi scambierebbero per un pazzo.
Dopo un’ora sono avanzato di tre o quattro metri nella macchia: intravedo alcune pietre grigie.
Tendo la mano, nell’intrico. Le tocco. Tanto mi basta. 

Amore e Morte fratelli a un tempo stesso ingenerò la sorte. Non c’è bisogno delle interpretazioni al contrario di Freud per comprendere. La repressione non è repressione: è civiltà. La repressione ha generato la civiltà. E noi dobbiamo venerare essa, per sfuggire al Nulla e capire. Toccare le pietre di un fontanile cui si abbeverarono armenti e genti che vivono, inevitabili, in noi.
Questo è amore, tale il patriottismo.
Io sono una forza del passato. Solo nella tradizione è il mio amore. Vengo dai ruderi, dalle chiese, dalle pale d’altare, dai borghi abbandonati sugli Appennini o le Prealpi. Dove sono vissuti i fratelli.
E così sia.

Amore e Morte, la morte fisica, amica, francescana. L’Amore per noi stessi, il culto che ci dona sapienza e vita inesauste.

Mi son visto due film sulla guerra.
Ouranos (Il cielo, 1962) di Takis Kanellopoulos e Voskhozhdenie (L’ascesa o Ascensione o Elevazione, 1977) di Larisa Shepitko.
Sono opere sulla Resistenza. Nel film greco si ravvisa un registro antitaliano (con citazioni da inni e marcette contro Benito Mussolini e i mangiaspaghetti), in quello sovietico uno antitedesco. La buccia polemica, però, si esaurisce qui. Anzi, si può affermare, a distanza di mezzo secolo, che questa patina, importante, forse, ai tempi dell’uscita nei cinema, oggi è solo l’occasione per parlare d’altro.
Un’opera d’arte è tale perché si rinnova continuamente anche contro sé stessa.
E tale “altro” risiede nel rapporto, necessario e costante, dell’uomo con la Morte.
La Morte fisica, amica, Sorella Morte.
Ouranos
Il cielo.
Il soldato greco Stratos esce di mattina dall’avamposto, composto da altri quattro commilitoni e dal sergente; il  narratore dice: “Eravamo quasi una famiglia”. Stratos si dirige verso il fiume. Dopo una forte pioggia, il silenzio posa su tutto. L’alba, umida, rivela il paesaggio, limpido: ne fanno parte gli uomini e le cose, indistinguibili all’occhio della Natura tutto volve: un casale, le moontagne, i sentieri, le pietre, i filari dei pioppi, il largo incedere delle acque. Il soldato raggiunge la riva; dall’altra parte è una ragazza. Lava dei panni. Egli la chiama, vuole conoscere il suo nome, si strugge d’amore; Stratos grida, intende conoscere la famiglia, sposarla; la ragazza, Sophia, rimane muta, ma ascolta. Si confiderà poi con un’amica. L’amore sboccia, timido. Cosa sarà dei due amanti, separati dal fiume e dalla guerra?
L’esercito greco, intanto, a prezzo di immani sacrifici, riconquista le posizioni perdute. Si muore, si spera. Improvvisa, però, la disfatta. La rotta. Come i Diecimila di Senofonte. Nell’esercito in ritirata c’è anche Stratos. Un drappello si soldati si accampa, lungo un fiume, ancora. Ma è un altro fiume. Stratos guarda un compagno che si disseta, a un antico fontanile; forse un dolce ricordo lo punge; la speranza perduta miscelata all’onta della sconfitta; la sensazione di non poter più cambiare il corso degli eventi; egli carica il fucile; la detonazione; i compagni accorrono.
La vita fugge lontana.

Stratos, l’Armata, la Guerra; e Sophia, la Sapienza. 

Ascensione.
Due soldati russi, Sotnikov e Rybak, combattono gli invasori tedeschi nella neve. L’incantata e sospesa purezza della Natura sovrasta la flebile voce dell’uomo. Ramaglie bucano il manto candido e immenso della terra.
Si rifugiano in un villaggio. Vengono fatti prigionieri. Sono condannati a Morte.
La Morte, ancora una volta, rivela l’uomo a sé stesso, ne fa un personaggio completo. Di fronte alla Morte c’è chi si aggrappa alla vita, a costo di rinnegare, meschinamente, il compagno: il Giuda Rybak; Sotnikov, invece, sublima nell’Amore. Non un amore carnale, stavolta, ma l’eterna trasfigurazione d’esso in una elevazione totale, incomprensibile ai più. Sotnikov distilla una nuova conoscenza a contatto con la Morte, si fa Santo; di fronte al cappio omicida ora Egli sorride. Asceso il Golgota assieme ai centurioni tedeschi, a fianco del Caifa russo, ha ricevuto il bacio di Giuda; ora, sul Monte del Teschio, Egli sorride.
La comprensione totale dell’universo è in lui; da tali altezze perdona: vittorioso.
È lo stesso sorriso che trovammo in ogni tempo: Dioniso uccide col sorriso sulle labbra, gli sposi etruschi sorridono, la Monna Lisa sorride, Cristo, prima del dolore e delle tibie spezzate, sorride. Tale è la tradizione dell’Occidente, classica e cristiana, che sorride: la conoscenza della Morte crea l’Amore per la Vita.
Amore e Morte, fratelli a un tempo stesso, creano il Santo, l’Artista e il Sapiente.

La fede in ciò consiste: rimanere fedeli a ciò che si è sempre stati, resistere ai subornatori, ai sobillatori, a chi vuole la vita facile, resistere alla sconfitta, al tutto è perduto, vivere nonostante trionfi la lectio facilior. Avere fede nel sangue: tale dichiarazione, benché il Potere l’abbia circonfusa d’un alone doloso di regressività, è vera.

Due tipi d’uomini forma la guerra, entrambi tragici: chi ha orrore di sé stesso poiché più non riconosce sé stesso; chi persiste, a ogni costo, a prezzo di tutto, per vincere.

L'Imitatio Christi è ormai il libretto rosso dei rivoluzionari.

Il Santo sorride delle minuzie della Vita. Egli, da altezze imperscrutabili, ama; l’Artista oggettiva la bellezza, trasfonde sé stesso e la propria civiltà transeunte, Egli ama, con riso leggero e profondo, tutte le cose; il Sapiente sorride a sua volta, riguardando la propria anima: l’Eterna Notte lo schiaccia con la Verità, il Cielo, Ouranos, ne eleva lo Spirito, nella Gioia.

39 commenti :

  1. Ho perso la scheda elettorale , non andrò a votare perchè mi fa fatica rifarla. Qualcuno però andrà e deciderà del mio avvenire. Almeno si potesse eleggere un altro duce o un altro re. Ci tocca eleggere omuncoli di nessuno spessore. Volgarotti ladri di galline dalle uova d'oro 18 carati senza sangue blu o camicia nera lucida. Almeno l'occhio vuole la sua parte. Un qualche catechismo. Invece nisba. Beccati l'euro d'Europa con un po' di Soros in punta di negri con sinistra burocrazia. E grazie.

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  2. Ancora grazie! Grandissimo articolo, Alceste.
    E se qualcuno non ha capito ancora nulla di te significa solo che non è degno di appartenere a questa "aristocrazia del dolore", ultimo appiglio al disfacimento occidentale.
    Sai benissimo che non scrivi solo per te. Al di là della commozione per le "cose", stai cercando empatia con le "persone", quelli che ancora possiedono un "Io".
    E farlo dolorosamente ti nobilita oltremodo.
    Vogliamo credere che il mondo non si raffredderà allo spegnersi di un sole ma diverrà esso stesso un Sole, quello giovanneo dell'Apocalisse.

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    1. Un po' dura trovare empatia oggi.
      A me piacciono le persone che sottilizzano. Non è facile trovarle oggi. Si va all'ingrosso, per tifo. Infatti non si capisce nulla.
      Se penso a quanto tempo abbiamo sprecato dietro al conflitto di interesse.
      La salvezza c'è, basterebbe chinarsi a raccoglierla.
      Si chiama Italia; noi, in poche parole.

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  3. Gentile Alceste, religione e "democrazia" sono le invenzioni più geniali che il potere ha ideato per perimetrare rabbie, frustrazioni e perversioni dell'uomo.
    Non è un caso che tramontato il cattolicesimo, dal dopoguerra si sia imposto il dogma democratico, ed è altrettanto evidente e clamoroso, per chi ha occhi e mente ricettivi, che l'apparato monarchico/finanziario/economico/sinarchico/multinazionale/massonico, non abbia nessuna intenzione di accettare ostacoli o contrattempi al progetto di nuovo mondo che hanno in mente, soprattutto se questi provengono dalla pancia del popolo cavernicolo, ignorante, superstizioso, incompetente, insensibile, belluino;
    Quindi si sono inventati il concetto di voto giusto o di voto sbagliato oppure in altri casi (vedi brexit) di fronte all'imbarazzo di un referendum andato come non doveva andare, si pensa bene al rivoto.
    Intanto, tutto intorno a noi si ammassano macerie umane e nel mio piccolo osservatorio assisto al tracollo trasversale di persone sempre più allucinate e disadattate;
    Ragazzi, allievi, adolescenti, giovani adulti, colleghi maturi, anziani, preda di attacchi di panico, depressioni, disforie (sic!) sessuali, famiglie devastate e devastanti.
    Persone incapaci di qualsivoglia reazione e forza morale ed emotiva che crollano miseramente di fronte ai fisiologici sinistri dell'esistenza.
    Altro che rivoluzioni, speranze, partiti e partitini....qua stiamo vivendo gli ultimi giorni di Pompei
    Un caro saluto

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    1. Sono appena reduce da un incontro con un individuo che si definisce "contro": si è lanciato in una filippica a favore dell'Europa Unita "inevitabile". Credo che ogni commento sia superfluo.
      Ma (e di co "ma") se anche o seppure ("se anche" o "seppure") vi fosse un individuo che abbia compreso la logica della gabbia, tale individuo non avrebbe né la forza morale né la forza fisica di affrontare alcunché.

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    2. Confermo parola per parola e io ne sono la prova.

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    3. Caro Marco
      "tutto intorno a noi si ammassano macerie umane e nel mio piccolo osservatorio assisto al tracollo trasversale di persone sempre più allucinate e disadattate".
      Da parecchi anni, e penso di essere più vecchio di te, osservo questo "fenomeno" (e non mi limito allo stretto ambito professionale, ove mi viene richiesto aiuto) e ne resto desolato: come ci siamo ridotti così?
      Purtroppo non vedo soluzione ed è per questo che, come avevo già scritto in precedenti post, mi risuona spesso in mente il "Dies irae, Dies illa, solvet saeclum in favilla..." che anche l'amico Loris mi ha appena ricordato (riconfermo di essere ateo ma "religioso "!).
      Un caro saluto
      Hermannus Contractus

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    4. Stavo pensando a Pompei proprio in questi giorni, mi dicevo: pensa che magnifico supporto tecnologico che e' la natura, a Pompei fece uno screen-shot che neanche un computer avanzato riuscirebbe a immortalare e conservare cosi' bene per millenni.
      Chissa' se si riuscira' ad avere uno screenshot che immortali anche quest'epoca a futura memoria come a Pompei, che mostri bene il tracollo trasversale di cui parli e di cui noi siamo testimoni e protagonisti allo stesso tempo.

      Delle tre grazie di cui ho a volte parlato, due mi han confessato di essere profondamente depresse. Una qualche giorno fa mi ha lasciato un messaggio con questa domanda: tu sei felice almeno al momento?
      Non ho risposto, mi ha proprio spiazzato, che rispondere? Che domanda e'? Felice? Al momento? Io almeno...?
      Anche io mi pongo spesso l'interrogativo di "zio" Hermannus C.: come ci siamo ridotti cosi'?!
      Un caro saluto,
      Ise

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    5. Per Hermannus,
      Credo che la liquefazione di questa società sia iniziata parecchi decenni or sono, come lei aveva giustamente citato, Pasolini ne intuì il copione che tragicamente si sta avverando, analizzandone cause ed effetti con straordinaria lucidità mantica.
      Il programma è avviatissimo e Alceste ne ha colto perfettamente la dinamica svelando il trucco del prestigiatore.
      La democrazia grande illusione, il voto che diventa rito collettivo, sfogatoio, recinto del gregge, con tutti i suoi attori, perché di questo si tratta.
      Resta solo il coltivare una proprio forma di resistenza personale attraverso la ricerca di ciò che è bello e giusto, il kalos kai agathos che ci indica la strada del bene per l'anima.
      In questi settimane ho ripreso in mano Monteverdi con il suo meraviglioso "Orfeo" e ritrovo Erasmo che ci racconta del grande inganno dell'esistenza con tutte le conseguenti miserie umane.
      Un caro saluto a lei e a Ise
      Ps. Con colpevole ritardo ho risposto ad un suo commento in merito ad un mio scritto nel post "cattivi pensieri" che spero abbia visto

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    6. Caro Marco,
      sono subito andato a controllare il post da te citato e ti ringrazio della risposta.
      Il link che mi alleghi è un vero e proprio abominio sotto ogni aspetto: veramente disgustoso scenograficamente, vocalmente e strumentalmente! Povero Puccini...
      Cerchiamo comunque di resistere.
      Hermannus Contractus

      PS. Non darmi del lei, per favore: mi fa sentire troppo importante e questo potrebbe darmi alla testa!

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  4. "...Houllebecq e Saviano residuano come vignette sbiadite;..." in quanto a Saviano stendiamo un velo pietoso. Houellebeq invece meriterebbe un discorso un po più approfondito. In "Estensione del dominio della lotta" e soprattutto "Le particelle elementari" ci sono molte delle tematiche da te discusse, soprattutto il nichilismo di fondo della società occidentale. In seguito, negli altri libri, questa tematica si è un po persa, forse per il semplice fatto che non aveva più niente di significativo da dire.

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  5. Splendido scritto, ancora una volta grazie. Mi ha ricordato un commento di Romano Guardini, a proposito di lotta, Imitatio Christi, altezze imperscrutabili...

    "Il regno dei cieli è simile a un mercante che cercava belle perle; quando trovò una perla preziosa, vendette tutto ciò che aveva e la comperò". (Mt 13, 44-46).

    Il mercante ha i suoi affari: compera e vendita; ordinati secondo il rapporto tra utilità e legalità; spinta al nuovo guadagno e alla conservazione della proprietà.
    Qui egli vede la perla e l'eccedenza della sua preziosità fa cadere ogni sua esitazione. Ciò che possiede gli pare esiguo, e da via "tutto" per acquistarla.

    Quanto dunque porta la lotta non è un mero comando, ma il farsi visibile di una realtà che è più grande, il balenare di un valore che è più prezioso di ciò che c'era finora, del mondo. E non grande e prezioso nel senso di un puro "più", cosicché il nuovo faccia proseguire la scala dei gradi, che, all'interno del mondo, ascende all'indefinito, ma più alto di "tutto". La direzione, a partire dalla quale "perla" e "tesoro" portano lo sconvolgimento, si pone trasversalmente rispetto a tutte le gerarchie di valori nell'ambito del mondo. Essa tocca la cascina e il palazzo, i legami umani fugaci e il grande amore, il lavoro compiuto per bisogno e l'opera creativa. Che la preziosità del "totalmente Altro" baleni, che l'appello della magnificenza gloriosa del Regno di Dio venga percepita - è questo a portare la lotta. (R. Guardini - Il Signore, pag.248).

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  6. Uno scritto bellissimo, come al tuo solito. Grazie Alceste, sei grande. In questo mondo di nani fa piacere vedere che esistono ancora i giganti :)

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  7. Caro Alceste,
    Di nuovo complimenti per le tue parole sentite. A piacermi è il passaggio dalle contingenze della nostra Italietta di oggi, a un discorso di più ampio respiro, che tocca vette, o profondità se vogliamo, notevoli. Quasi da lacrime la tua ricerca del fontanile, stai certo che almeno io e pochi altri non ti avremmo preso per pazzo. Annoto i film che consigli.
    "L’Occidente nasce nella tragedia, ovvero nel coniugare una feroce voglia di esistere con la consapevolezza dell’inevitabile." Oso dire che qui sta il fondo del tuo pensiero, non molto dissimile da ciò che penso io, eppure, arriva sempre qualcosa che ci fa dubitare anche delle nostre convinzioni, e questo, almeno per me, è un bene; per questo voglio permettermi di consigliarti due letture al riguardo molto interessanti:
    - Maledetta civiltà, di Doris Lessing. In pratica addita proprio la civiltà, e i principali monoteismi, come prima causa del distacco dell'uomo dal suo stato naturale; la nascita dello spirito avrebbe astratto l'uomo dalla vita, giudicandola. Da lì la vita come sofferenza, e il bisogno di redenzione.
    - Cospirazione contro la razza umana, di Thomas Ligotti. Partendo da Zappfe, un filosofo norvegese antinatalista (dovresti trovare qualche sua pagina spulciando su internet), stigmatizza la coscienza come errore evolutivo, come eccessiva lucidità che mette di fronte al "cadavere", all'insostenibile condizione dell'esistenza, mentre la nostra carne ne fa pienamente parte. Da qui il paradosso. Per rendere appunto ciò sostenibile, l'uomo ha escogitato una serie di autoinganni e di autosuggestioni, che riguardano ogni fede, speranza, cultura, ottimismo, ogni costrutto umano, la più elaborata delle quali è la sublimazione nell'arte. In pratica un compendio del pessimismo, non molto dissimile da Schopenhauer, ma senza illudersi di vie d'uscita.
    Ovviamente questi sono degli spunti per magari incuriosirti, potrebbero arricchire di molto le tue considerazioni. Se hai già letto, chiedo venia per la nenia. E sono ovviamente consigliati anche ai frequentatori del blog.
    P.s. Non illudiamoci, Alceste e quei pochi che ancora resistono interiormente, con tutte le loro contraddizioni, sono destinati all'estinzione. Quest'epoca di "progresso" deve compiersi fino in fondo. Scienza è il nuovo Dio, la Tecnica il suo profeta, il Nulla interiore il suo esercito. Coltiviamo quel poco di bellezza che ci rimane e siamo grati a Sorella Morte per non dover assistere al futuro.

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    1. Ho quel libro di Ligotti. Anzi, devo ammetterlo: li ho tutti. Mi sembra abbia influenzato anche lo sceneggiatore della prima stagione di True detective. Leopardi, illustrato da Emanuele Severino in due libri, dice le stesse identiche cose, ma le illumina con la speranza del genio. Lo sguardo del genio - ci dice il Recanatese - vede la verità e tale sua visione sublima nell'arte rendendola tollerabile.
      Tutti i grandi del pensiero, proprio perché arrivano ai limiti del pensiero, dicono la medesima cosa.
      Ciò che li differenzia è il grado di bellezza che riescono a ricreare. In tal caso Verità e Bellezza coincidono, come intuì Keats.

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  8. Esatto, la prima serie di True detective prende molto dal suo pensiero. Un'altra lettura per me spartiacque fu Karl Lowith, il senso della storia, che partendo da Nietzsche, marca la differenza nella concezione del tempo, da cui nasce ogni visione d'insieme della vita, tra il mondo classico e il Cristianesimo. E forse fu quella la prima pietra della concezione del Progresso indefinito che spianó la strada alla modernità, a differenza della ciclicità del tempo e della vita.
    Leopardi, colpevolmente ancora mi manca, il suo Zibaldone mi guarda da anni nella libreria, ma la sua mole e il linguaggio arduo mi fanno paura. Certo, sembra uno di quei pochi ad "aver capito". Si, forse anche la sublimazione nell'arte è un autoinganno, ma se proprio deve essere, non ne trovo migliori per dare un senso all'esserci.
    Certo non può esserci arte senza tensione, senza tragedia, senza sofferenza e superamento del reale. Sublimare l'informe con la forma, il fango col fuore, il caos con l'ordine, dionisiaco con apollineo, parte tutto dalla Grecia, il meglio e il peggio (ne parla con tesi interessantissima Severino) del nostro Occidente. A tuo modo, hai il pregio di renderlo chiaro.

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    1. Ahò Alcè! Mi deprimo. Il blog del misantropo, non certo per tua colpa, si trasmuta nel blog delle geremiadi. L'Italiano dondola per aria nell'enfasi di chi ha visto troppo o creduto di vedere. E perviene alla menzogna. Se per dire che la vita è sogno ci vuole molto carattere, per ammettere che è finzione basta invece averne poco.
      E della, tutta italiana, finzione il grande Recanatese è emblema. Lo amavo a 15 anni tanto da mandarlo a memoria e lo reciterò, quasi preghiera, sul letto di morte. Ma quando il carattere, appunto, si rese necessario per affrontare la vita attiva, ne compresi l'inganno.
      I pastori erranti che vedeva Leopardi, in spadino pendulo, naufrago, attraversando gli stagni piceni non erano quelli dell'Asia. Costoro usavano la frusta corta di betulla per affrontare i lupi, senza neanche calare da cavallo, in ben altra vitalità. E vidi il mondo popolato da Silvie diversissime dalle sue, lui che innamoratosi a Firenze della Fanny Targioni Tozzetti, donna di appetiti gagliardi alla quale si attribuivano quattro contemporanei amanti, noleggiò un ragazzo e lo vestiva come lei per dirgli quanto a lei non aveva il coraggio di dire (Carducci).
      Finzione per raggiugere vertici di poesia: "Silenzi, e profondissima quiete / io nel pensier mi fingo, ove per poco / il cor non si spaura…"
      Se avesse capito tutto senza viverlo è enigma. Né capiremmo dallo Zibaldone.
      Ma rimane il grande mistero della lingua:
      "Cos'è la lingua? E' cosmico comporsi di consonati e vocali in favole di cui si sente l'eco appena i sentimenti si confermano della materia dei sogni, e si respirano in grazia di virtù senza brama, non più nostri, in un sonno desto ascoltato, che ci emana tra Venere e la Luna."
      Che dici? Non male per un economista...

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    2. Emily Bronte, la Dickinson, Lovecraft, Nietzsche, Cantor: chi si spinge ai limiti del pensiero, logicamente o con la sensazione innata della poesia, ha difficoltà a contatto col mondo. Quasi sempre ama, però.

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  9. Lo sapevate che nel regno borbonico le imposte erano soltanto cinque, contro le 22 introdotte dai Savoia?

    https://youtu.be/kqTWi7AWFFo

    Pino

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  10. Per Alceste:

    https://www.mori.bz.it/De%20Mauri%20-%20L%27amatore%20di%20cose%20d%27arte%20e%20antiche.pdf

    Pino

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  11. Caro Alceste,
    non ti preoccupare di sembrare un pazzo per il fontanile. Mi hai ricordato mio padre che aveva il vizio del viaggetto della domenica. Nel suo caso voleva portarsi tutti. Mia madre acconsentiva, anche se a volte si vedeva che avrebbe preferito restare a casa. I miei fratelli disertavano piu' spesso che non. Io andavo volentieri non so perche', anche solo il viaggio in macchina, con le sue pause e deviazioni, mi piaceva molto. Le mete erano solitamente chiese, chiostri e abbazie dell'Italia centrale. Minuzie quasi sconosciute o semi abbandonate, a cui spesso si accedeva solo tramite strade brecciate di campagna, e di cui lui sapeva storia e miracoli. Raramente pero' sapevamo qual'era stato l'elemento che l'aveva sedotto fino a portarci li'. L'esplorazione di queste chiesette isolate era un'avventura in se'. Spesso erano chiuse, il custode non si trovava. Allora si sbirciava dai pertugi, si indovinava il contenuto dalle ombre, si cercava un'entrata alternativa. Oppure era chiuso il cancelletto che portava alla cripta, e in tal caso eravamo invitati a scavalcarlo senza indugio. Se c'era un custode, lo si interrogava su tutto.
    Fatto sta che ogni domenica si andava ad esplorare il passato vicino casa, si praticava la contemplazione, si toccavano con mano le vestigia del passato, un rituale in memoria di... Qualche volta si andava piu' lontano, due giorni. Ricordo bene la visita al sito della Sibilla cumana e quella a Montagnana.
    Di queste che allora ritenevo delle banali gite settimanali ora non posso che ringraziarlo per quello che mi hanno lasciato, oltre ad avere anche alimentato un certo gusto per l'avventura.

    Altra cosa di cui lo ringrazio, credo suo malgrado, e' l'avermi dimostrato che la cultura puo' essere tossica quanto l'ignoranza...almeno se non si bilancia il nutrimento della mente con egual nutrimento per il cuore, l'anima e il corpo, con lo sperimentare direttamente la vita molto piu' che viverla nelle parole degli altri. Tutti quei libri e quelle letture per poi finire col diventare sempre piu' cupi e scettici. Non so, puo' darsi che sia dovuto all'aver colto la tragedia dell'uomo, ma credo che ci sia anche un eccesso di melanconia, anche detta bile nera, umor nero.
    Un caro saluto,
    Ise

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    1. La cultura può essere tossica e Machiavelli in un suo celebre passo mostra l'antidoto: di giorno si ingaglioffa giocando a carte, la sera, condecentemente vestito, studia gli antiqui huomini. TUtto ciò lo trovo umano, perfetto: anche il gioco delle carte, le bestemmie, gli amorazzi fanno parte della vita; a contatto con Omero e Ovidio e Tacito anch'essi sublimano. Talete, il primo filosofo, ha bisogno della servetta, altrimenti sragiona e cade in un fosso. Tuo padre era un bravo Italiano. Io, a differenza di lui, scavalco e forzo serrature.

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    2. L'antidoto mi sembra ottimo, basta non diventare poi machiavellici.

      30 anni fa c'erano custodi che s'inferocivano realmente se si forzavano le serrature dei loro gioielli. Ma erano tutti anziani, dubito che abbiano avuto successori. Oggi probabilmente mio padre farebbe come te!
      Ise

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  12. Oggi tutti a votare.
    Io punto su Bonino, cavallo vincente, scommettiamo?
    Ci sono un paio di cose che ho gradito di queste elezioni: la prima e' che per la prima volta non mi e' arrivata alcuna scheda elettorale per posta. Buon segno, fosse la volta buona che per lo stato italiano ho smesso di esistere; la seconda e' che in questi giorni ogni tanto la tv si metteva a parlare da sola in italiano. Sogno o son desta? Era il solito spezzone delle news sul risorgere della destra in Europa, simboleggiato dal raduno di Milano. Quindi venivo colta di sorpresa, dalla cucina, sentire voci e urla in italiano. Che spettacolo! The show must go on. Vedere Salvini fare la sua walk of fame. A un certo punto si e' lasciato andare di peso a un abbraccio alla folla gaudente. Pensavo che salisse sul palco per prendere la rincorsa e buttarsi a pesce sulla folla come fanno i grandi. Invece e' riuscito a farlo dal basso inclinandosi a 45 gradi supportato dalla gravita' stile Pisa, per poi tornare eretto con le sue sole forze, incredibile.
    Ma la cosa piu' incredibile e' che per combattere una battaglia contro l'Europa chiede di diventare membro nel parlamento europeo. E insieme a lui tanti altri leaders e rappresentanti. Che meraviglia, che paese delle meraviglie!

    Intanto il cronista giapponese si diceva preoccupato per il risorgere della destra in Europa. Volevo dirgli di non preoccuparsi che e' normale amministrazione. Si preoccupi piuttosto del suo paese che sta prendendo una brutta china.
    Questi giorni sto viaggiando presso localita' periferiche. Nei due piccoli aeroporti locali in cui sono arrivata, ho trovato ad accogliermi tre targhe belle grandi sul muro d'ingresso: Rotary club, Lions club e Soroptimist (che nomen!) vi danno il benvenuto!
    Ma che ci fanno questi qui? Mi son detta. Soroptimist poi non lo conoscevo, seppure mi suonava sinistramente familiare...sembra sia un'organizzazione globale di volontari (muhaha) per il women empowerment, human rights, bla bla bla, hahaha
    Ise

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    1. La resurrezione la trovo impossibile causa mancanza di materiale umano.
      Il Giappone è cotto, Taiwan pure, ma la stessa sorte toccherà a Cina, Russia e mondo arabo-musulmano. Per questo non vedo invasioni islamiche. Se accetti di giocare a briscola inutile mostrare settebello e primiera a fine partita. Le invasioni servono a distruggere noi e loro assieme. L'Iran resiste. Ma cosa può fare?

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    2. La resurrezione e' impossibile finche' non si finisce di cadere in basso.
      L'Iran potrebbe starsene zitto zitto, quatto quatto, fino a che il resto del mondo si e' autodistrutto. Ma sembra che non gli sia permesso, come non lo e' a nessuno di noi evitare uno schermo, una telecamera, un attimo di notorieta', un like o un dislike globally correct. Ogni tanto il radar capta l'immagine assente dell'Iran e lo rimette nel tapirulan della visibilita' e dei motori di ricerca per il tempo che serve per consumarlo gradualmente.
      Ise

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  13. Thomas à Kempis era il mio nick su FB; qualcuno mi ha chiesto l'amicizia, gli ho risposto inviandogli l'Imitatio Christi; mi hanno bannato, perché era in latino o perché in formato pdf, non saprei.
    'la conoscenza della Morte crea l’Amore per la Vita' mi ha chiarito tantidubbi attuali, grezie

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    1. Evidentemente il loro algoritmo è settato per il laicismo a ogni costo. Il solo linguaggio permesso deve essere quello della poltiglia. Altri linguaggi, definiti, storici, ricchi, non sono ben accetti. Risvegliano domande e simboli.

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  14. Varata la nave "Trieste" della marina militare, costo un miliardo/cento milioni di euro, ed abbiamo servizi che fanno schifo, scuole che crollano in testa agli alunni, mesi di attesa per fare un'esame, pensioni minime e assegni sociali da fame, autostrade che cadono in testa alla gente, carceri strapiene...

    Votate polli, votate, errare è umano ma perseverare è da stronzi.

    Pino

    https://www.anteprima24.it/napoli/mattarella-nave-trieste-militare/

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    1. "Navigare necesse est"
      Et cetera.

      Comunque le unità militari sono maschie :-D
      Quindi "il" Trieste.

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    2. Ma sei sicuro ?
      Hanno una poppa; una sola, ma ce l'hanno.
      E "pappafico" è una inascoltata esortazione gender free
      dopo una notte al trinchetto ? :-)

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    3. Sandro:"Hanno una poppa; una sola, ma ce l'hanno."

      Controlla se e' quella sinistra, in tal caso potrebbe trattarsi di amazzoni.
      Ise

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    4. Cara Ise,
      è un argomento che scotta;
      al Navy Pride qualcuno aveva notato che il bompresso era agghindato con un gran pavese un po' troppo frou frou: ammorbidiva la maschia possanza;
      la conferma è arrivata dall'agugliotto, immerso si nella femminella, ma inequivocabilmente murato allo specchio di poppa, insomma un bozzello equivoco che regge lo specchio alla poppa !!
      era maschio, una mano di terzaroli poi, qualche nodo acconcio alla galloccia, e si trasformata in una ghiotta ghinda.

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    5. Ma no Ise, le Amazzoni erano normodotate:
      http://storia-controstoria.org/personaggi-e-miti/amazzoni/
      Mi dispiace, niente freakslimpiadi per loro :-D

      Per il resto, sì, sono sicuro.
      Per motivi piuttosto ovvii (eh eh eh...) le unità della Marina Militare premettono l'articolo maschile: il Cavour, il Garibaldi, lo Scirè, il Trieste appunto.

      Evidentemente di scuole non ne crollano abbastanza, per cui giornalisti, politici, attrici e intellettuali usano l'articolo femminile.
      Terrazzani ermafroditi.

      P.S.: la marina imperiale giapponese annoverava una nave da battaglia Ise, poi trasformata - nell'ultima fase della II GM - in uno strano ircocervo mezzo portaerei e mezzo corazzata.
      Inguardabile!

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  15. Sandro e Luigi,
    non metto in dubbio quanto dite, non ho cultura in merito eheh.
    Esiste anche un Navy Pride?!

    La nave a cui ti riferisci Luigi e' per caso LO Izumo?
    Di questo ne ho sentito parlare quando di recente LO (ok?) hanno trasformato in un portaerei per gli F35B acquistati dal rigattiere Sam.
    Per la cronaca: ieri Trump e' venuto a trovare il suo amico e se n'e' andato tutto soddisfatto dicendo che e' riuscito a rifilargli di nuovo un numero sorprendente di F35 che fanno del Giappone l'alleato con la piu' grande flotta F35. L'acquisto avviene a tre settimane dalla scomparsa nel Pacifico di un F35 giappo, si parlo' di difetti di produzione che ne avrebbero provocato l'esplosione...poveri noi.

    Per non parlare delle altre considerazioni che la visita di Trump ha scatenato, scontate cela va sans dire... Leggere ad esempio il NYT, portavoce del globally correct in Japan per capire.
    Per non annoiarsi, adottare il formato settimana enigmistica: trova le differenze con la realta' dei fatti, oppure, trova la o le frase/i stonata/e, e infine, unisci i puntini e dimmi cosa vedi...
    https://www.nytimes.com/2019/05/27/world/asia/japan-empress-masako.html
    Ise

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    1. Ise, grazie per la ventata di buonumore.
      La nave da battaglia cui mi riferivo si chiamava appunto... "Ise" :-)
      Ovviamente non sopravvisse alla fine del Giappone. Danneggiata a Leyte, fu poi affondata per bombardamento aereo.
      Aveva anche una gemella, la Hyuga. Stessa sorte.
      Moriva il Giappone con le sue antiche province.

      Ora, se non ti sei già annoiata forse ti domanderai perché scriva la Hyuga.
      Perché come precisavo la tradizione onomastica al maschile è propria delle unità navali italiane. Del resto del mondo francamente non so.
      Vedo che "Uchū senkan Yamato" è sempre tradotta al femminile, però non ci metterei la mano sul fuoco (la cinematografia e la letteratura sono piene di tanks trasformati in serbatoi). Magari è la Izumo, magari no.
      Per cui nemmeno io ho cultura in merito. Se il circolo Mario Mieli è in ascolto...

      Poiché però "La cultura non è solo studio oggettivo bensì culto assiduo, rispettoso e cauto di ciò che fu" (cit.), mi ero permesso di segnalare che, pure in epoca di facili cambi di sesso, il "Trieste" rimaneva maschio.
      Quanto agli F35, il solo fatto che esista ancora una (un?) Kaga nella marina giapponese implica che tale unità debbaalmeno portare un mazzo di simili catorci (la Kaga "storica" era infatti una delle sei portaerei della Kido Butai a Pearl Harbour).

      Ho provato ad aprire il collegamento.
      Mi si è impallato il PC...

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    2. Caro Luigi,

      Hai un ottimo computer, che ti protegge dalle notizie nocive ideate per deviare i pensieri, che pezzo raro!

      Che ci fosse stata anche una nave di nome Ise non lo sapevo!
      Sul come giudicarla, nella lingua giapponese, la risposta potrebbe essere: neutra.
      Non esistono differenze di genere per i nomi eccetto quelli di persona. Poi esistono parole usate solo dagli uomini ed altre dalle donne ma e' un'altra storia.
      Presumo che se in italiano usano dire LA Yamato, e' perche' per tradurre si servono della logica di genere italiana (la nave nome femminile) ignorando quanto tu dici sulle unita' navali...

      Comunque per fugare ogni dubbio ho chiesto a un giapponese: se dico Izumo pensi che sia femmina o maschio? Risposta: nessuno dei due, Izumo e' un posto, e' il sito del piu' antico santuario shinto. Domanda: e se dico Ise? Risposta: uguale, e' un posto del Giappone, il piu' grande santuario shinto. Domanda: ma non ti evoca nulla di piu' femminile o piu' maschile? Risposta: no.
      Neanche quando sono usati per le navi militari? No.
      Ultimo tentativo: se dico Yamato? Risposta: e' maschio, sicuro. Si usa anche come nome per i maschi. Trasmette l'idea di forza.
      Anche Hyuga puo' essere un nome da uomo.
      Lo Yamato quindi, aggiudicato!
      Un saluto,
      Ise

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    3. Grazie davvero per questa bella analisi dal Sol Levante (e per la gentilezza di aver fatto domande!)

      Nel caso dello "Yamato" penso conti anche il fatto che la prima serie dell'opera di Matsumoto arrivò in Italia via Nord America, dove era diventata "space battleship" e, perciò, femminile secondo le regole là vigenti.

      La cosa poco nota è che arrivò in Italia anche con le annesse censure, prima fra tutte quella del taglio della sequenza dell'affondamento "storico" nella II GM, con il comandante dell'unità che si fa legare al timone per affondare con essa.

      "Addio ciliegi in fiore" :-(

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    4. E' stato un piacere e interessante anche per me fare domande. Inoltre sono in debito, dato che mi hai fatto conoscere Hiroo Onoda, l'ultimo samurai a me pervenuto, con somma gioia e meraviglia:).

      Quello spirito non e' ancora perso in queste lande, nonostante le lugubri ombre con cui lo si vuole avvolgere. Esiste ancora la memoria del passato e il sacrificio continuo di tanti, onorati senza sosta. Soprattutto, manca in molti la predisposizione ad essere sedotti dal nulla e a compiacersi della propria mediocrita', come ormai avviene in gran parte del globo.

      Un saluto e grazie.
      Ise

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Siate gentili ...