22 febbraio 2019

Il crollo della Galassia Centrale


Roma, 22 febbraio 2019

La metafora dell’abisso è perfettamente adeguata.
Cadere nell’abisso. Abiezione. Abietto.
La faccenda, credetemi, è semplice. Si cade, ma, privi d’ogni riferimento, non si cerca di risalire; anzi, si prende gusto alla caduta in una sorta di cupio dissolvi. A un certo punto ci si sorprende a esclamare: “Ma sì, tutto è perduto, di più, ancora di più!”: la gioia nell’autodistruzione, di sé e di tutto, persino di ciò che si reputava eminente e bello, è un ragno che ha tessuto la sua tela per anni e anni, all’oscuro, entro le più intime fibre del nostro essere; finché questo animalino, che non degnavamo d’uno sguardo, tale sfuggente e simpatico esserino, creduto innocuo per un lungo tempo negligente, non decide di stringere le fila del lavoro secolare; e allora le trippe si accorgono che la tela è costituita da fili d’acciaio. Stringe cuore e budella in una morsa terribile e ci fa gridare, sempre più forte, in una foia d’annientamento, che la caduta è bella, desiderabile, è ciò che si voleva, è una liberazione, finalmente.
Il superuomo o Ubermensch di Nietzsche è qui fra noi.
Colui per cui il piacere (la Volontà di Potenza!) consisteva persino nella gioia del proprio annientamento: eccolo qua.
E però non scorgo bestie bionde, o signori; e nemmeno una nuova aristocrazia.
Il superuomo del secolo ventunesimo è un omiciattolo cosmopolita, edonista, placido come un bue, indifferente a tutto. Ogni tanto viene locupletato di un elettroshock onde rinvigorirne i morenti umori; in lui è spento proprio lo spirito, l’impulso: si trascina, striscia verminosamente: solo le continue assicurazione del potere ch’egli è il sale della terra lo salvano dal disgusto di sé e dal suicidio.

Dieci, venti, quarant’anni sfuggono via velocemente, davvero tutti eguali. L’homunculus invecchia male; si guarda indietro e si sorprende: possibile siano passati tutti questi anni? Ma non è successo niente! Impossibile, però, uno scarto, un’azione diversa. La culla è dolce, il sopore riprende il sopravvento sulla disperazione. Si continua così, perché l’homunculus tiene alla propria vita ed è terrorizzato dalla morte fisica, privo com’è d’ogni consolazione o prospettiva più ampia del proprio tramestio quotidiano; e continua, anche se la morte spirituale è ormai sulla sua spalla sin dal giorno della nascita. Finché la morte lo reclamerà, decrepito e inutile, e davanti agli occhi non scorrerà un bel nulla perché non vi sono immagini degne di essere ricordate anche in quel momento fatale.

La parabola suicidiaria della civiltà occidentale sta cominciando a contaminare anche il resto dell’umanità. I concetti base dell’Occidente, infatti, sostanziano il mondo, che lo si voglia o meno, tanto che uccidere l’Occidente equivale a condannare a morte l’intera umanità.
L’ampiezza dello sguardo, quello rivolto all’infinito, non ha fatto un sol passo in avanti rispetto alle scarne righe dei presocratici. Parmenide, Eraclito, Democrito hanno già stabilito la cornice e il quadro inscrittovi. Coloro che vennero dopo hanno contribuito, meritoriamente, solo a definire parti di quella concezione: alcuni si sono applicati sullo sfondo (una nuvoletta qui, un uccellino di qua), altri alle figure (una mano, un manto, un riflesso), altri ancora al paesaggio circostante (un sasso, un’erbetta, un’ombra) o alla prospettiva (una linea tirata lì, un breve ridimensionamento di qui), mai riuscendo, tuttavia, a evadere da quel circolo metafisico.
Ci si dovette rivolgere all’infinitamente piccolo per liberarsi da quell’impaccio e consumare il parricidio.
Tutti si sono dovuti adeguare tanto che l’Occidente possiede concettualmente il mondo. Chi voglia pensare, oggi, pensa secondo le categorie mentali e logiche occidentali.

E, però, proprio quel centro d’irradiazione si sta lentamente spegnendo. Si piega l’Asse, le stelle si volgono altrove, i Poli impazziscono. Ecco l’abiezione, l’abietto eletto a norma fondante.
Abiectus: ciò che è gettato via da sé, la rinuncia al proprio ruolo solare, l’ansia per il brago, il rivoltolarsi nel fango del non-senso, la sensazione che il passato è troppo per le nostre esili spalle, il rinnegamento, la caduta, il desiderio di sparire, del senza-fondo. La tradizione santa, morale, eterna è vista ora come qualcosa d’insopportabile, risibile, inutile: la si rigetta in quanto abietta divenendo, inevitabilmente, abietti.
La perdita del centro.
L’occidentale non sopporta più sé stesso. Il ragno ha compiuto la sua opera mirabile. Ci si vergogna di esser stati ciò che si è stati e con tale attitudine si annienta tutto ciò che fu, a qualsiasi livello.

Il crollo della Galassia Centrale è qualcosa di spettacolare. Lo si avverte ogni minuto della propria esistenza. Basta fare un giro a Roma, magari in pieno centro, durante le ore più affollate. È necessario, però, un occhio disincantato per discernere rettamente; un occhio scettico, analitico, capace di scindere la realtà dal desiderio e dalla morale da schiavi che ci hanno propinato per decenni; solo questo organo introspettivo riesce a catalogare, a ogni passo, crepe, smottamenti, crolli, polverizzazioni, disfacimenti. Educare, una volta per tutte, la propria visione alla verità: e la verità non si nutre di nulla se non di sé stessa. Dire, a esempio, che la guerra è essenziale all’uomo non significa essere guerrafondai o psicopatici; equivale, invece, a prendere atto, magari con dolore, di una oggettiva e inscalfibile verità strutturale. Chi possiede un tal occhio non si ferma, certo, davanti alla riprovazione altrui.

Ma chi è condannato a "ben vedere", purtroppo, vive (lo costringe il destino) due esistenze parallele: la prima, in cui cerca di accomodare la fatua e futile cerchia delle menzogne e degli affari quotidiani; e la seconda, oscura ai più, persino, in certo qual senso, a sé stesso, laddove la storia del mondo si rivela nelle sue terminazioni basiche e decisive, al di là delle convinzioni transeunti.
Da queste prospettive eccentriche il sapiente comprende la favola dell’uomo immediatamente; tanti nomi sono stati dati alla visione atemporale.
Purtroppo non esiste una pillola rossa e nemmeno un Morpheus che ce la serva con un bel bicchiere d’acqua. 
La dobbiamo guadagnare, da anacoreti, rinunciando a tutto, tranne a quell’esile aggancio alla normalità della Prima Esistenza: i conti da pagare, le relazioni personali, la metropolitana, il condominio, il lavoricchio uno e trino. La Prima Esistenza occupa gran parte del nostro tempo mortale e occorre viverla, a meno di non piantarsi una palla in un orecchio. La si vive, ma in maniera evanescente, come un sogno cui si dà poco o nessun credito. Sì, la vita è sogno, poiché il sognatore, colui che ha compreso davvero il gioco e che sa la struttura recondita di questo mondo ingannevole, pur negli andirivieni del quotidiano, ha sempre ben presente la Seconda Esistenza.
La Seconda Esistenza è il basso continuo, il bordone psicologico che lo domina costantemente: anche quando gioca coi figli, e sembra dimentico di tutto, questo Uomo Rinato sente insinuarsi la tragedia della verità. L’amarezza della rivelazione lo segue dappertutto perché la rivelazione intorbida irreparabilmente la nostra Prima Esistenza. Solo chi ha pelle coriacea riesce a sopravvivere e si inventa la doppia vita. I Greci conoscevano bene tale condanna. L’antica saggezza silenica: “Meglio per te, uomo, non essere mai nato!” a questo allude. 
Eppure i Greci non indietreggiavano.
Il senso della fine, infatti, conviveva, come il cadavere platonico legato al corpo ancor vigoroso, con una filosofia dell’azione e della contemplazione d’eccezionale vigore. Essi sapevano, ma agivano. Conoscere immediatamente la verità sull’uomo non precludeva a questi esseri giganteschi e fatali di essere politici, colonizzatori, artisti e di godere i frutti della natura e della guerra. Marco Aurelio, affermò: “Quanto concerne l’uomo è sogno e vanità, la vita è guerra e soggiorno d’uno straniero, la fama presso i posteri, oblio”, ma ciò non gli impedì di condurre una vita militare di frontiera, alito contro alito, contro i popoli del Nord.
Quale magnifica contraddizione! Eppure è così.
 
Tale miscela fra disillusione e azione è propria all’uomo occidentale, lo permea irresistibilmente. Il senso della morte si scarica in pienezza di vita. Anche il mondo germanico, dominato da un senso fatale imperioso, il Wyrd, è fratello a tale pulsione. Conoscere la morte e vivere: tale il marchio dell’Occidente.
Ma chi è più occidentale, oggi?
Chi conduce più due esistenze per ricreare quell’antico retaggio?
Il superhomunculus si abbarbica alla Prima Esistenza, e in quella unicamente si appaga, privo com’è di fondali di riferimento. La vita è piatta, circolare, monodimensionale, poiché manca proprio il senso della morte, il rischio. La morte donava la via di fuga prospettica per assaporare il presente, ma ora? Liquidare dei e morale ci ha rintanati nella Prima Esistenza, ai tramestii quotidiani, vili e inessenziali, e questi, privi di quella dialettica eterna, si sono addirittura ancor più immiseriti: gli homunculi vegetano, è il caso di dirlo, senza vergogna, rigettando da sé ciò che furono, abietti, appunto, e sempre più vogliosi di abiezione.

E il contagio suicidiario si estende sulle onde di un cosmopolitismo straccione quanto irresistibile.
Qualunque psicologo, anche d’accatto, vi potrà fornire la descrizione dell’abiezione come pozzo senza fine in cui progressivamente precipitare in un desiderio di annullamento. Il Cristianesimo, quando parla di dissoluzione, a ciò allude: i termini teologici dei Padri della Chiesa sono concrezioni verbali perfette che hanno spiegato l’uomo ben prima di Freud. Il viennese si è solo adoperato nel costruire la metafora dell’antica metafora, escludendo l’ingombro della deità.

Il crollo della galassia occidentale lo si avverte palpabilmente, ma in alcuni luoghi viene esaltato sin al parossismo infernale.
Un museo d’arte postmoderna è oggi il dizionario del diavolo di tale discesa ctonia nell’insignificanza.
Zaha Hadid, l’architetta che esornò il Qatar di uno stadio a forma di vagina (i terribili e retrogradi “musulmani”, che tanto inorridivano la Fallaci, non hanno, però, fatto un plissé), ha ordito, fra l’altro, il MaXXI di Roma, sedicente “Museo delle Arti del Ventunesimo Secolo”.
Lo trovo coerente. Se si vuole ridicolizzare il passato ed estirparlo chirurgicamente dalla coscienza degli europei questo è un passo obbligato.
La favilla della stupidità si propagherà, conseguentemente, sin all’incendio generale: le popolazioni della pace, gli europei castrati, sono una selva di stoppie rinsecchite e sterili, ripiegate su sé stesse, che bruceranno senza opporre resistenza; rivi e corsi d’acqua sono prosciugati, il sole batte costantemente, a mezzogiorno, quand’ombra non rendono gli alberi. Non c’è rifugio o scelta se non quello di bruciare.



All’entrata del MaXXI le prime avvisaglie del cretinismo eletto ad arte: un bel peschereccio di dieci metri. E, a poppa, nella rete, cosa reca? Un'Audi un po’ ammaccata. Cosa vuole comunicarci tale composizione? Niente, ovviamente. Non c’è materia o senso, solo distruzione del senso. Come nella roulotte esornata da lampadine colorate, su cui è vergata la nobile scritta: “Little Fun Palace”: laidi cascami sessantottini.


All’ultimo piano troviamo una mostra di Paolo Pellegrin, fotografo pluripremiato.
Essa viene introdotta, concettualmente, dalla proiezione, a tutta parete, di un bagnasciuga; il fruscìo della risacca, gloglottante come un renitente tubo di scarico del lavello, è la melliflua colonna sonora dell'installazione. A cosa si allude qui? Inutile scervellarsi: ai migranti.

Le fotografie, tecnicamente impeccabili, sono, infatti, un trionfo del non-occidentale.
L’unico bianco nella collezione di migliaia di scatti è un poveraccio degli slum americani, male in arnese, tatuato come un Maori rincoglionito.
Ma non vorrei che mi si fraintendesse, per la millesima volta: per me anche il Solimano e la regina nubiana degli Egizi è Occidente. Mi si comprende? L’Occidente è uno stato d’animo sostanziato da millenni di scontri e incontri: una cultura, appunto.
Ma qui la cultura occidentale è presentata, attraverso la preterizione, quale colpa; e tale colpa è necessaria che vada espiata sino all’ultima goccia della feccia del vaso della vendetta. Africa, Medio Oriente, America: migranti africani, palestinesi, iracheni, messicani al confine. I popoli non–occidentali reclamano il banchetto del risarcimento. Pellegrin non è un fotografo, ma un facitore di affidavit da recare al processo millenario per danni contro l’Occidente; o meglio: contro chi ha costruito l’Occidente: la filosofia e l’arte, il Cristianesimo, la Classicità, il terribile patriarcato. Il conto da pagare è salato, salatissimo: e lo stiamo pagando con l’estinzione. “Uomo bianco, meglio per te non essere nato!” è il riadattamento dell’antico adagio. Ogni corpo, ogni movenza, ogni migrazione, ogni grugno qui circostanziato vale come prova contro di noi, inutile protestare. Per questo Pellegrin ha successo: l’autoannientamento occidentale va per la maggiore e necessita di premi.


Il migrantismo, le coste libiche, gli annegamenti; il muro trumpiano; volti piangenti e gementi; tutto si tramuta negli indici tesi nell’accusa. Anche le nostre “case calde” sono un atto d’accusa. “Le avete comprate col sangue di questi uomini le vostre case calde!” sembrano dire tali scatti; pensavo di averla comprata col mutuo del Monte dei Paschi, e invece …
Ma questa è polemica spicciola e contemporanea. Un documento.


Il cuore della ripulsa dell’Occidente è, difatti, al secondo piano. Una mostra: La strada. Dove si crea il mondo
Vi prego di credermi: se c’è un’ipostasi dell’inferno di cui avere paura è questa. Una cacofonia da Astarotte martella le orecchie sin dal primo minuto, una congerie di immagini epilettiche, invece, gli occhi: si può resistere per pochi minuti nella bolgia. Il video d'un piede che schiaccia una Coca Cola, in rotazione instancabile, carcasse d'auto, neon, graffiti in serie da latrina omosessuale, un cumulo apocalittico di rifiuti, tre ombrelloni sdraiati a mano manca, un gruppo idiota di videocamere dorate, una stella a cinque punte rovesciate a parodiare la Crocifissione o l'Uomo di Vitruvio; suoni e tonfi reiterati, espettorati da fonti maligne, aggrediscono il visitatore; e poi vecchie insegne del PCI e del McDonald’s, puzzle giganti di poster e fotografie sul Sessantotto, luminescenze pazzoidi: l’effetto è claustrofobico, demenziale, spossante. Il padiglione è la concrezione del cervello d’uno schizofrenico visionario: impossibile cavarne un senso che non sia di allucinazione o depressione; oppure trarne appagamento qualsivoglia. E, però, tutto questo esiste, è goduto da migliaia di spettatori, contribuisce a entrare nel circolo del senso comune, riprodotto infinitamente nelle produzioni fraudolente e fordiane della pubblicità e della propaganda: è un sintomo e un’arma allo stesso tempo. L’ululo di corni e lo sfacelo montaliani sono qui, epifanie di una tabula rasa irreversibile, avendo noi perduto l’uso della lingua, della razionalità. Si cerca scampo nel piano inferiore dove troviamo le solite, sciocche, variazioni della trans-aggressione: un gruppo di tronchi ammassati e bruttati a caso con spray colorati, un fantoccio, fotografie pop art che riciclano scandali e truffe consunte.


Abdel Abdessemed, Chto Delat, Marcela Armas, Chen Shaoxiong, Surasi Kusolwong, Momoyo Kaijima, Kimsoojia. I nuovi artisti provengono da ogni recesso del globo. L'Occidente, nella sua massima forza espansiva, ha prima conquistato il mondo, quindi l'ha infettato con le cellule cancerose più letali. India, Giappone, Cina, Medio Oriente, Russia, Mongolia gravitano oramai attorno al sole spento della nostra civiltà, sull'orlo del collasso; il buco nero risucchierà lentamente ogni cosa. Globalizzare, in tal caso, equivale a distruggere tutto, in sol colpo. Una legge dell'evoluzione, peraltro: senza diversità genetiche un evento avverso si trasforma sempre in catastrofe totale per la specie.

Il frutto marcio dell'Occidente induce alla putrefazione tutto il mucchio. E perché? Perché si va dalla bassa entropia all'alta entropia e mai viceversa. Le leggi fisiche si possono ben applicare alla storia delle civiltà. Non ho mai visto una patata ritornare sana, come ben sapeva mia nonna che, ogni tanto, andava a rimestare il mucchio alla ricerca della colpevole. Ne basta una, diceva. Mai una patata tornò sana e mai una cultura risorse dalle proprie ceneri. Prima, certo, ci si poteva affidare ad altre civiltà affini: la latinità assorbì etnie e culture ricomponendosi continuamente nell'unità. Ma ora di cultura ce n'è una sola: non è difficile trarre conclusioni.

23 commenti :

  1. Penso scriverai presto perché si vede che hai altro da dire..della risposta al commento del precedente scritto ho capito solo la prima frase,ur lodges?comunque in questa pagina divergo dalla tua certezza della patata sana:se infatti porti via il marcio e attendi spunteranno dei cerri, se porterai via anche quelli e al loro germogliare avranno terra che dà frutto potrai avere patate più belle di belen, ora bastaabasta non so se mi sono spiegato, congratulations too again sir!

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  2. Forse dai lavandini di casa tua scorre l'acqua di Ippocrene, o non mi spiego proprio come diavolo fai.
    Ps: certo però che con le tue invettive riesci sempre a farmi sentire un povero stronzo!

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  3. "Ah, l'orrore, l'orrore!" (Kurtz)
    Hermannus Contractus

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  4. COME SI SA, FUNZIONE PROPRIA DEL GENIO E' FORNIRE IDEE AI CRETINI VENTI ANNI DOPO
    (parte prima)

    https://www.youtube.com/watch?v=ZgaGPuLDBG4
    Mio fratello è figlio unico Rino Gaetano
    UIFGYIGI

    Il commento di Valerio (di un anno fa):
    "Mio fratello è figlio unico perché:
    - non ha mai trovato qualcuno che gli facesse capire l'importanza di aver cura di lui, ed è morto per aver evitato una banale operazione al fegato;
    - non ha mai vinto un premio aziendale, ma se ne meriterebbe 100 per l'onestà con cui si procura denaro per mandare avanti la sua famiglia e per l'amore che prova per sua moglie;
    - non ha mai viaggiato concedendosi quelle piccole comodità, perché gli hanno fatto pensare che fossero cose da privilegiati e non per uomini comuni;
    - non è condizionato da mezze culture fatte di approssimazione, aspetta di vedere un film prima di giudicarlo;
    - non concepisce un mondo dove Chinaglia passa al Frosinone, perché certe piccole cose non possono e non devono cambiare;
    - è convinto che con l'alcol non si risolvono i problemi, perché capisce il valore e l'importanza di tutelare la salute;
    - ha capito che la cultura deve essere a servizio degli altri, e chi non la ha può comunque vivere felice per 100 anni;
    - prova ancora amore e solidarietà per chi è vittima delle ingiustizie di questo mondo, e per questo viene isolato.
    Per tutti questi motivi mio fratello viene oppresso, deriso, picchiato, umiliato, odiato. Mio fratello è figlio unico perché ha perso la solidarietà e l'amore del prossimo, perché il suo buonsenso non viene riconosciuto come un valore da proteggere, in quanto questo significherebbe ammettere che anche nelle tradizioni ci sono cose positive da tramandare, ed il passato non è soltanto un qualcosa da svecchiare e sostituire con il nuovo, ma il sistema di consumismo che si autodistrugge e si rinnova sempre questo non lo può tollerare.
    Mio fratello è il popolo, e per guidare un popolo bisogna amarlo, capirlo, correggere le ingiustizie e riportare la serenità nei focolai familiari."

    Questo scritto è estemporaneo (come tutti gli altri del resto): avrei voluto pubblicarlo sul tema "Fatemi una faccia da guerra", ma poi ho pensato che era tempo, per questo tema, di morire. Queste righe prendono spunto dall'altrui genio, al quale sempre mi abbevero, ma casualmente, compulsivamente, senza un ordine strutturato o Benedettino. Questo è il mio limite. La tecnica che uso normalmente è quella del "ready made", "ready made" di scrittura, scrittura agita come una lama da combattimento, che non eviscera come il bisturi, ma monca, penetra, decapita grezzamente.
    (continua)

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  5. COME SI SA, FUNZIONE PROPRIA DEL GENIO E' FORNIRE IDEE AI CRETINI VENTI ANNI DOPO
    (parte seconda)

    Leggo da Wikipedia:
    "Duchamp utilizzò per primo in ambito artistico il termine ready-made nel 1913 in relazione alla sua opera Bicycle Wheel[1] (categorizzabile come ready-made rettificato, in quanto si tratta di una ruota di bicicletta imperniata su di uno sgabello tramite le forcelle del telaio). Il primo ready-made puro è Bottle Rack ("Lo scolabottiglie", del 1914[8]), semplicemente firmato. L'originale dello scolabottiglie non esiste più. Esso fu semplicemente buttato via dalla sorella di Duchamp (alla quale lui regalò nel 1914 il Readymade Infelice — Unhappy Readymade —[14]) mentre questi, nel 1915, era negli Stati Uniti ed ella aveva compiuto una "pulizia generale" dello studio del fratello. Ma lo stesso Duchamp lo sostituì poi con un altro esemplare.
    Nonostante i ready-made siano carichi di una forte componente ludica ed ironica, molti critici non escludono che Duchamp, fortemente interessato all'alchimia, abbia inserito nelle sue opere simboli tipicamente alchemici. Un esempio sarebbe dato da Lo scolabottiglie che richiamerebbe il simbolo dell'albero. Un secondo esempio sarebbe dato da Fontana che simboleggerebbe l'utero femminile e non a caso Duchamp l'avrebbe firmata con lo pseudonimo "R.Mutt", che traslitterato evoca fonicamente il sostantivo francese "muter" che significa "mutare", cambiare, defunzionalizzare e rifunzionalizzare appunto".

    Nel 1913 fu eletto Wodrow Wilson, il quale subito emanò il Federal Reserve Act che istituì la Banca Federale degli Stati uniti D'America, che non è federale. Di li a poco, coincidenze, scoppia la Grande Guerra e l'arte si trasforma in una latrina perversa e compulsiva.
    Cadere nell'abiezione: non è necessario. Meglio avere fede e pregare la Madonnina.
    L'entropia dei sistemi è un tema seducentissimo, quasi meglio dell'eros. Un po come la conversione della Koll e il suo culo.
    "...e Berta filava, e filava con Mario, filava con Gino e nasceva il bambino, che non era di Mario, che non era di Gino. E Berta filava, filava dritto e filava di lato e filava filava e filava la lana e filava (ripet.) l'amianto del vestito del Santo che andava sul rogo..."
    Se rientro dal mio viaggio nella galassia del Tritone, scriverò qualcosa di entropico ma meno "ready made", anche se è impossibile oggi produrre qualcosa di veramente originale. Forse solo i figli rappresentano l'ultimo "unicum universale". Per questo sono così odiati dal potere farlocco universale, che ci rifila invece il "ready made". "Che bel "ready made": un black boy migrantes con machete gigantes" disse il Kardinal al Kamerlengo, con tono volutamente allusivo ma accoglientes...
    In questa navicella spaziale dove ora mi trovo, priva di crocifisso, in questa tuta pressurizzata che assorbe i miei umori e mi tiene tiepidamente in vita, il tempo si dilata viaggiando alla velocità tripla della luce. Fotoni mi balenano davanti agli occhi quasi fossero nel cervello. Il cesso di Duchamp, i volti di Antonello da Messina, i volti di donne a cui non ho mai chiesto il nome.
    “Ma sì, tutto è perduto, di più, ancora di più!”.
    Anonimo R

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  6. L'arte contemporanea è una cagata pazzesca. Ce l'hanno propinata insieme al mondialismo , alla globalizzione terzomondista, ai negri, agli islamici , ai giudei, al sinostronzismo politicamente scorretto.Ci hanno detto che era per il nostro bene. Ci hanno detto che siamo ignoranti, razzisti , fascioleghisti.
    E allora tutti ai posti di combattimento. Frittatona di cipolle, Peroni di ordinanza e che un colossale rutto libero collettivo possa spazzarli via tutti.

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  7. Tutto notevolmente vero e ben descritto, gentile Alceste.
    Ma forse l'epilogo era già nelle premesse.
    Se si parte dal "panta rei" e dal "polemos è padre a tutte le cose" non si può finire che al MaXXI. L'Occidente è infatti la bad company dell'umanità.
    Esiste altro, però. Il filo rosso che va da Aristotele a san Tommaso.
    La Cristianità ovvero l'Europa.

    La via occidentale è quella della morte. Ma solo fingendo che essa non esista, questa via può essere percorsa.
    È la strada della schizofrenia, insomma; morale e materiale.
    Poi c'è l'altra via, come insegna la Didaché.
    La via stretta. La via della vita.
    Lungo la quale il primo fatto da accettare è che la morte esista, che ad essa ci si debba conformare ogni giorno. "E ogni giorno, immancabilmente, dobbiamo considerarci morti. È questa l'essenza del Codice del Samurai."

    Qualcuno dirà che, nel migliore dei casi, queste siano ceneri fredde di tempi lontani. Mica vero.
    Cinquant'anni fa, o poco più, qualcuno scriveva che "Non si è sulla terra per mangiare in orario, dormire a tempo opportuno, vivere cent'anni ed oltre. Tutto questo è vano e sciocco. Una sola cosa conta: avere una vita valida, affinare la propria anima, aver cura di essa in ogni momento, sorvegliarne la debolezza ed esaltarne le tensioni, servire gli altri, spargere attorno a sé felicità ed affetto, offrire il braccio al prossimo per elevarsi tutti aiutandosi l'un l'altro. Compiuti questi doveri, che significato ha morire a trenta o a cento anni, sentir battere la febbre nelle ore in cui la bestia umana urla allo stremo delle forze?"

    Una patata marcia, pur che un suo minimo spicchio abbia ancora una stilla di vita, non ritorna sana; ma può fare di meglio.
    Messa nel terreno a tempo e modo opportuno, ne dà tante altre. Non sono quella di partenza, ma sono sempre patate. E in numero maggiore.
    Lo so perché, ogni anno, alla fine metto nella terra anche le cassette coi marciumi. A volte necessita la pala, tale ne è lo stato. Eppure qualcosa ne nasce sempre.
    Perché l'entropia non può che aumentare solo se il sistema è isolato...

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  8. BLACK OPS READY MADE
    Non ce la fo' a starmene buono e tranquillo.
    Ho trovato sto' video su youtube che vi dona una settimana di vita in piu'.
    Da Vinci Leonardo non era nessuno: meglio della NASA! Il futuro e' definitivamente l'Africa!

    https://youtu.be/0h_cqTCT5g0
    African Airplane Compilation - African Aviation
    BAD GOY

    Par di vedere le "opere" della Biennale di Venezia.
    Anonimo R

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  9. Alle volte sono colto da esperienze passive di quasi completa derealizzazione, per esempio ieri. All'incirca mezzogiorno, faccio due passi tornando a casa. Attraverso un parchetto della cittadina in cui vivo e incrocio prima un giovane cinese che mangia un kebab e subito dopo due africani (nigeriani quasi sicuramente) che bevono birra e ingurgitano pizza al trancio. Il cielo, solcato da strisce lattiginose che van pian piano allargandosi, è azzurro come quello di maggio e le temperature quasi. Vengo colto da un torpore mentale al limite dello smarrimento: ma non siamo a febbraio? Chi sono le persone appena incontrate? Che fanno? Perché stanno li? Tutte le potenziali risposte ai suddetti quesiti fornite sia dall'informazione mainstream che da quella cosiddetta alternativa si stratificano nella mente come una spessa, indecifrabile nebbia costellata di cifre, dati, nozioni. Mi coglie una vertigine mentale, concettuale direi. Ciò che conoscevo e in cui mi riconoscevo lo ritrovo completamente stravolto, nullificato. Ne rimane qualche scarto, gusci d'uovo sparpagliati qui e la, patetici quasi. E' possibile tutto questo? La ragione, quella luce che dissipa il buio figlia del Logos si pronuncia nel No. Eppure la realtà dei fatti, ormai una irrealtà concretizzantesi, dice sì, vuole sì, è sì.

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    1. Bello..continua a passeggiare e quando trovi cose interessanti continua a raccontare

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    2. Per umbe ciauri:
      molto bella la tua descrizione. Credo che rispecchi la sensazione di molti. A me fa tornare in mente lo stato di trauma in cui molti si trovano una volta realizzato l'inganno...l'incapacita' di ammettere che si e' stati ingannati fin nelle minime cose crea questa necessita' di derealizzazione (rifiuto di realizzare quale sia la realta').
      Provo a spiegarmi, stravolgendo un po' il tuo scritto:
      "incrocio prima un giovane cinese che mangia un kebab e subito dopo due africani (nigeriani quasi sicuramente) che bevono birra e ingurgitano pizza al trancio...Chi sono le persone appena incontrate? Che fanno? Perché stanno li?"
      La risposta la sai benissimo ma ti e' proibito pensarla perche' la tua mente vuole conformarsi al pensiero dominante, non si fida di se stessa ma solo di quel che pensano gli altri, la maggioranza in particolare (ah la democrazia!). La risposta giusta sarebbe: sono invasori, non certo immigrati, stanno li' pronti per la guerra-tensione contro gli autoctoni prossima a venire.
      "Il cielo, solcato da strisce lattiginose che van pian piano allargandosi,..."
      Anche qui bisognerebbe chiedersi: "Che fanno le strisce? Perche' stanno li?" E darsi l'unica risposta plausibile: per squilibrare il clima e forse per avvelenarci. Se fossero a fin di bene ne vedremmo i risultati positivi e ne saremmo anche informati. Noti dei cambiamenti dopo che le strisce si diffondono? E come ti senti fisicamente nei giorni piu' intensivi? Fidati del tuo intuito e osservazioni.
      Infine c'e' da porsi la domanda finale: "Che faccio io? Perche' sono qui?" Nel senso: una volta che hai preso atto che si stanno portando avanti azioni contro di te, bisogna che dai voce al richiamo della sopravvivenza. Chiama le cose col loro nome e vedrai che tutto quadra, compresa la tua legittima reazione.
      Saluti,
      Ise

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    3. Per Hermannus:
      Introduco qui Lu Xun, che mi sembra quasi in tema col post.
      Mi scuso per il ritardo caro 'zio', ma e' iniziata l'alta stagione degli impegni e manca il tempo libero. Se come penso avrai piacere ad approfondire la lettura, sono sicura che il tuo tempo si allunghera'!
      Lu Xun non fu un intellettuale (e disse pure cose divertenti sugli intellettuali) ma un osservatore impietoso del suo tempo. Visse nel periodo a cavallo tra la fine dell'impero e quella che poi sarebbe stata la Repubblica Cinese, periodo di caos e vuoto, morale prima che politico, qualcosa di simile all'abisso odierno in Italia: classe dirigente fiaccata dalla droga e piegata da poteri esterni, cittadini che vegetavano come 'omunculi sempre piu' vogliosi di abiezione' per dirla alla Alceste.
      Egli fu infine 'santificato' a posteriori e quindi manipolato dal comunismo cinese, sebbene non ne fu mai membro e mori' prima che questo trionfasse. Qualcosa in italiano sulla sua parabola si trova qui
      http://www.inchiestaonline.it/politica/ivan-franceschini-leggere-lu-xun-quanto-e-importante-e-perche/
      Io lo trovo attuale per la sua visione della societa'. Fu contro la tradizione confuciana, ovviamente vista come lo strumento massimo della corruzione e abiezione...come potremmo vedere noi la tradizione cattolica basandoci sulla chiesa attuale. E' difficile riassumerne la personalita' complessa, sempre pronta a mettersi in discussione, aspirando a rara onesta' intellettuale. "Fidati solo di colui che ha dubbi" potrebbe essere il suo motto distintivo.
      I suoi racconti meritano la lettura, vi e' sempre la sensazione di fondo che la storia sia un meccanismo fuori dal nostro diretto controllo.
      I piu' famosi sono "Diario di un pazzo", dove usa la metafora del cannibalismo per indicare la tragica realta' della societa' del tempo (ad es. il medico che tasta il polso del protagonista per vedere secondo lui quanto e' in salute per poter essere mangiato mi fa pensare ai medici vaccinatori odierni), "La vera storia di Ah Q", per descrivere la debole psiche del cinese medio, forte coi deboli e debole coi forti, e che nonostante tutto si ritiene sempre superiore a tutti senza mai mettersi in discussione (ricorda non poco la psiche italica!).
      Purtroppo online c'e' poco in italiano, qui si trova la traduzione inglese di alcuni suoi racconti: http://www.coldbacon.com/writing/luxun-calltoarms.html
      Credo che la lettura possa interessare anche Alceste, nell'introduzione Lu Xun parla molto della solitudine che lo attanaglia quale testimone del suo tempo, e vi e' anche un racconto intitolato "Il misantropo".
      Un caro saluto a te e ad Alceste,
      Ise

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  10. Per Emilio: cose del genere ne vedo ogni giorno conducendo la mia vita quotidiana come tutti. Eppure provo un senso di estraniamento disturbante, alle volte. E vivo in una cittadina che non arriva a 20.000 abitanti. Eppure pare tutto così normale… è questo che sconvolge. C'è scontento che serpeggia qua e la ma a un livello sotterraneo, qualche battuta scambiata in famiglia, sui luoghi di lavoro etc... E poi ora al governo c'è Salvini (vivo in Piemonte), ci pensa lui ai moru. SE devo dirla tutta su Salvini mi esprimo con un esempio quasi allegorico: mi da l'idea che ai piani alti sia stato valutato il fatto che, per ora, in Italia l'afflusso di africani sia sufficiente, per cui s'innesta la marcia del populista che chiude i porti per un po'. Quando verrà ritenuto bastevole (un anno, due, tre, quel che può essere) questo modello, s'innesterà un'altra marcia. E' una spiegazione piuttosto grossolana ma ho idea che sia verosimile.
    L'osservazione dell'odierno mi porta a pensare che i criteri di altezza e bassezza, ascesa e discesa non descrivano più esattamente ciò che ci appare come una caduta. Il criterio è stato sovvertito e si concretizza nell'orizzontalità. Nell'orizzontalità nulla ascende e nulla cade, non ci sono più abissi nietzscheani in cui specchiarsi e rischiare di perdersi. Nietzsche lo considero uno dei miei maestri ma la storia, almeno quella degli ultimi 60 anni, lo ha smentito, come smentì Marx ancora prima. Ciò non inficia assolutamente la grandezza dei due pensatori, piuttosto dimostra come spesso i posteri non siano degni dei maestri che li han preceduti. D'altronde il '900 è stato molto di più, anche se in modo meno roboante, il secolo di Karl Popper, un filosofo che ha fatto del piattume logico e scientifico la sua bandiera.

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  11. La morte animica di una nazione ricca di storia come quella italica dovrebbe per assioma assicurare uno spettacolo apocalittico..il dubbio è solo vedremo orizzontalmente, in poltrona e ciabatte o in piedi, da protagonisti..o forse ci saranno tutti i tipi di atteggiamenti, tutti coesi nell'indifferenza, annientati da tg, porno e cellulari, immemori della potenziale grandezza dell'umano genere, immersi in questa merda liquida quotidiana chiamata globalismo fluido, età dell'abbandono abbondante, del lupo che coccola l'agnello, della fine dei tempi e dell'inizio degli spazi non luogo, dove l'uomo sarà sempre fuori posto

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    1. Per Umbre Ciauri ed Emilio Solfrizzi

      Bello! Ci pensavo da un bel pò ma non mi venivano le parole giuste. Si vede che l'ascolto dell'intera Tetralogia di Wagner (favorito, finalmente, dall'aver smesso di lavorare a 78 anni), mi ha messo nella condizione di recepire il senso del tutto e di farlo mio! Aggiungerò, riferendomi a qualche post più vecchio, che ho avuto anche tempo di leggere Biglino più estesamente e di trovarmi d'accordo con lui: musica, anche questa, per le mie orecchie di vecchio agnostico anticlericale.
      Cari saluti
      Hermannus Contractus

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  12. Una scomoda verita': ecco perche' gli invasori sono uomini!
    METAPOLITICS
    https://youtu.be/rb0mFLMI3-M

    L'entropia di un popolo passa forzatamente tra le cosce delle femmine e dipende dallo sperma dei maschi. Quelli piu' intraprendenti (o feroci) s'intende.

    Anonimo R

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  13. AMBASCIATOR NON PORTA PENA

    Leggo questo esilarante scambio di idee tra commentatori del video su youtube:

    Una scomoda verità: ecco perché gli invasori sono tutti uomini!
    https://www.youtube.com/watch?v=rb0mFLMI3-M
    METAPOLITICS

    Che riporto più sotto così come è “ready made”, semplicemente come “reperto socio entropico” di ciò che il maschio italiano autoctono attuale pensa della sua corrispondente: la donna italiana autoctona.
    Ambasciator non porta pena.
    Anonimo R

    Commenti
    Fabio Grasta2 mesi fa
    Molte donne europee sono stupide....comunque si chiama piano kalergi

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    Francesco Fabio1 mese fa
    nessuno se le pija e convergono sul cazzo nero

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    Fabio Grasta2 mesi fa
    @Francesca Fabio io però non intendo chi si prende un nero é stupida...ma che chi sottovaluta la cultura diversa

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    IL Patriota2 settimane fa
    @Francesca Fabio, esatto, ormai le donne italiane sono in gran parte femministe frigide e indottrinate (spesso pure cesse), e se le pigliano solo gli africani, inoltre vanno con gli africani per fare un dispetto agli italiani dopo tutta la falsa propaganda televisiva che fa credere che gli italiani maschi siano assassini, stupratori e altre stronzate ... Infatti a noi ci tocca andare con le donne dell'est mentre loro sostituiscono il popolo italiano ... Sono proprio delle stupide ignoranti e spesso sono stronze e in malafede ...

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    Francesco Fabio1 mese fa
    @Il Patriota sono partite per la tangente. siamo alla frutta

    ...Ambasciator non porta pena

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  14. http://ivoltidigiano.tumblr.com


    Laura

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  15. Bossetti, il bianco italiano, buon padre di famiglia e gran lavoratore ma sotto sotto mostro stupratore e assassino di minorenni (come tribunali e media sostengono), un caso di entropia giudiziaria italiana?
    Vi segnalo un video quasi obbligatorio da vedere e far girare, e su cui meditare.

    Yara e' morta in palestra ecco il video. Bossetti libero!
    https://youtu.be/iVR4vtE_NxM
    Andrea Porta

    Anonimo R

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    Risposte
    1. Ormai sono molteplici gli
      ambiti dove gli italiani
      sono soggetti ad apartheid,
      chi ha occhi per vedere...

      Laura

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    2. Laura... Tu sei una luce in un mondo di tenebre...
      Anonimo R

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  16. READY MADE TV: Svezia: comico curdo chiama i patrioti svedesi "scimmie"


    https://www.youtube.com/watch?v=neuzRa5p790
    Metapolitics


    Sempre nell’ottica entropica del “ready made” e senza prendere posizione, ma solo per fornire uno spaccato croccante e non intellettual-chic dell’Italia che dorme sotto le ceneri, riporto questo scambio di commenti al video segnalato, commenti a cui io, ovvio, mi dissocio.
    Attenzione: quanto più sotto riportato non aderisce ai dettami PolCor, quindi potrebbe scandalizzare anime sensibili tipo snowflakes, proaliens, prodiversity, più Europa ecc.

    Troglodo il bello3 mesi fa
    Chissà se questo signore direbbe le stesse cose in Turchia, dove sono iper nazionalisti.
    35
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    Andrea Y3 mesi fa
    Stiamo assistendo ad uno stupro etnico. L'uomo svedese e femminilizzato, gli manca la virilità e la mascolinità necessaria per fronteggiare questi barbari invasori.
    47
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    gigi ermusica3 mesi fa
    MI SEMBRA CHE LUI ASSOMIGLI A UNA SCIMMIA SENZA OFFESA X LE SCIMMIE
    36
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    Antica Guerriera3 mesi fa
    Che vergogna essere il re di Svezia..
    26
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    Andrea Hakim3 mesi fa
    Un giorno dovremmo combattere armi in mano contro questa feccia non rispettano niente del paese ospitante la prossima guerra sarà in Europa contro questi bastardi negri e anche sinistroidi
    21
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    Claudio Atzeni3 mesi fa (modificato)
    Questo stronzo curdo senza nazione e senza paese non è un cazzo era povero mendicante e così resterà , riusciranno i turchi a sterminarli , non sono mai serviti a nessuno sono come dei polli da sbattere nel muro
    20
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    Raschier3 mesi fa
    Quando sento queste notizie, mi sento ancora più orgoglioso di essere italiano.
    21
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    soledad montemar3 mesi fa
    Dopotutto gli sta bene agli svedesi:avevano la possibilita ' di votare diversamente, non lo hanno fatto e allora tenetevi pure i vostri africano che oltre tutto vi chiamano scommie
    13
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    Maria Malentacchi3 mesi fa
    E te sei una merda negra!
    9
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    danni collaterali3 mesi fa
    Guarda che FACCIA da CA@@O HA QUESTO STRONZO BARBUTO!!!!..SIGNORI....ALLE ARMIII NN C'È ALTRO DA FARE...SALVIAMOCI DA QUESTI MERDOSI (scusate il francesismo)..PEZZI DI MERDA VI RIMANDIAMO NELLE FOGNE....AVETE STRAROTTO LE PALLE!!!!


    READY MADE TV: una voce cinica ed asettica dentro la gabbia della plebaglia europea.
    Anonimo R

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  17. READY MADE TV "MORTE CELEBRALE"

    ENTROPIA MASSIMA: TI SQUARTANO VIVO PER PRELEVARTI GLI ORGANI, O NEGLETTO ED IGNORANTE DONATORE
    Gettiamo uno sguardo sul mondo, che e' rotondo (???
    Ironico. Licenza poetica nel senso di "sferico"???) delle "donazioni di organi". Molti cervelli, invero ancora non nello stato giuridico di "morte celebrale" ma nello stato ancor piu' mortifero di "stupisismo funzionale", sono incapaci di comprendere la natura predatoria ed ingannatrice del proprio (apparentemente) simile, cinicamente e mentalmente piu' evoluto ma moralmente privo di qualsiasi etica cristiana.
    L'agghiacciante finzione giuridica del concetto di "morte celebrale" ad uso e consumo dei gonzi, che pero' amano discettare su "piu' alti" concetti umanitari o umanistici o filosofici o sportivi. Un'altra strage nascosta di bianchi autoctoni? Un'altro businness mortifero spacciato per "grande gesto umanitario"?
    La bonta'... Povera e cogliona razza umana, vile, ignorante, vittima predestinata.

    https://youtu.be/8wvZNWG-c3Q
    La "morte celebrale" e' una finzione - parte 1
    Antipredazione

    https://youtu.be/aTCf0IjiiSA
    La "morte celebrale" e' una finzione - parte 2
    Antipredazione

    https://youtu.be/uCotVHeQO1I
    Il nuovo ordine morale. G P Pucciarelli e Giorgio Vitali
    Ubaldo Croce

    La terza testa dell'idra: "L'inferno non esiste", ovvero, "il principio di autorita'" a cui con automatismo riflesso, il cervello gregario e stupido funzionale del gonzo si sottomette.

    READY MADE TV: una voce cinica ed asettica dentro la gabbia della plebaglia europea, viva carne da cannone.
    Anonimo R

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Siate gentili ...