11 giugno 2018

Il declino dell'intelligenza


Roma, 11 giugno 2018

Vivere in un paese in putrefazione ... chissà, forse costituisce un privilegio. Qualcuno di noi si sarà chiesto, per mero esercizio intellettuale: cosa pensavano i popoli in via d'estinzione mentre ogni loro speranza scivolava dalle dita, irrimediabilmente, e ciò che rappresentava una forza più non faceva presa sulla realtà? Gli atti e i sortilegi che legavano clan, genti e uomini venivano derisi e schiacciati con facilità: il compromesso ignominioso, la ritirata, la delusione, la morte della cerchia intellettuale ... tutto questo è già stato provato nella storia. Chi poteva dargli credito qui, da noi, con un passato e un territorio così ricchi? Eppure ecco che un futuro umiliante incombe.
Per distruggere, prima, servivano secoli, fra massacri, pestilenze e decimazioni; genti riottose si rifugiavano nelle catacombe mentali, risorgevano sotto altre vesti, si infiltravano nelle fila del nemico, vivevano una doppia vita, fra ossequio falso e autentica fede. E ora? Son bastati trent'anni per ridurre il nostro giardino a un cumulo di insensate sterpaglie; abbattuti i labili confini, i più volgari ciarlatani scorrazzano per esso, in piena libertà, sradicando alberi, trascurando siepi e orti, lasciando al solleone o al gelo le colture più delicate, mentre eleganti gazebo rovinano su sé stessi, i ponticelli si sbriciolano lentamente e le voliere, una volta chiassose incette dei popoli dell'aria, restano deserte; carcasse qua e là, lezzo di disfacimento; i padroni si disinteressano, come aristocratici preda delle estreme febbri del vizio, garzoni e inservienti sono a ubriacarsi in qualche bettola, scannandosi per un punto alle carte.

L'intelligenza di un Paese può spegnersi: ecco un tema su cui riflettere. 
Rinunciare alla propria lingua è uno dei sintomi del tumore.
Usare un'altra lingua equivale a pensare in quella lingua e, perciò, a operare scelte autodistruttive: nell'interesse esclusivo di chi ha recato quella lingua, come un frutto venefico.
Perdere il controllo dell'Italiano induce, inevitabilmente, alla sciatteria e a pensieri confusi e autolesionisti. Persino la mente si modifica, predisponendosi ad accettare l'inaccettabile. I concetti muoiono, semplicemente, uno dopo l'altro: i crocicchi del pensiero, che offrivano decine di possibilità e sfumature, si riducono alla scelta di pochi sentieri obbligati che, una volta imboccati, ci riservano paesaggi estranei, ostili e irti di trappole: eppure dobbiamo percorrerli poiché incapaci di pensarne altri.
Con il crollo della lingua cade anche la logica, il principio basilare dell'interpretazione della realtà si fa da parte per ospitare l’infinita possibilità, cioè il Nulla. Senza il discernimento, infatti, ogni evento o individuo vale l’altro. Ne abbiamo già parlato: ex falso sequitur quodlibet, ovvero, in assenza di un principio che stabilisca vero e falso, ogni ipotesi pesa allo stesso modo: in tale incubo dell’indifferenziato ha buon gioco il Potere a imporre la propria regola: essa, pur falsa e, per noi, letale, diverrà, tuttavia, desiderabile.
La propaganda instancabile e totalitaria deciderà in nostra vece.
Lo sfascio dell'élite intellettuale è grandioso. Non sussiste, a oggi, un Italiano in grado di padroneggiare la gigantesca eredità del Paese. Il giornalista o il figurante polemico han preso il posto del sapiente, volgarizzando con prosopopea allucinante materie delicatissime e vitali. Personaggi ignorantissimi, venduti, menefreghisti o semplicemente malati arringano da tribune posticce una plebaglia senza scampo o un generone midcult che simula la cultura ricorrendo a trucchi e surrogati. Basti vedere il volto floscio e irresoluto dell'Assessore alla Cultura del Comune di Roma che sfila al Gay Pride, fra pagliacci in latex e minorati mentali: il vuoto che avanza, orchestrato dall'Impero del Nulla, ne ha attaccato i gangli vitali, svuotando di senso l’azione imbottendola di paglia secca. “Cosa pensa questo essere?”, mi sorprendo a pensare. Da costui nulla verrà, è impossibile che venga, manca il materiale per erigere alcunché, manca il retroterra classico, anzitutto, e la curiosità che predispone alle migliori scorrerie nei reami sterminati del pensiero.
Tali reami atterriscono per la loro vastità: basta un pertugio, un segno, un rigo per entrare in pianure ricchissime, variegate, dai colori abbaglianti: questo, però, non vale per gli uomini del Nulla. L'angustia delle loro menti è, almeno per me, una passio dolorosa e senza la redenzione del Golgota. Sono omiciattoli, addomesticati nel tempo a tale piccineria, mansuefatti nelle istituzioni che il Nulla ha predisposto per loro, con le regalie e le piaggerie riservate a tale cursus honorum al contrario, ove viene negata proprio la ricchezza, la fertile ambiguità e il dubbio metodico. Sì, perché il sapiente è un custode severo, ma, nel proprio animo tempestoso, anche un ribelle che si scontra con la pienezza della tradizione, e la ferisce, e ne viene sconfitto: egli conserva e, assieme, mette in gioco, continuamente, a prezzo della vita: un prezzo altissimo che ama pagare perché, secondo la mirabile contraddizione della storia delle idee, le cicatrici costituiscono il segno della battaglia e della ricchezza.
Apollo, la tradizione, uccide il drago Pitone, ma Pitone rivive in Apollo: é il suo manto, ora, ad adornare le spalle del dio, un dio dallo sguardo più vivido e acuto, dolce e terribile, proprio di chi ha conosciuto il terrore di una sfida e, superandola, ha potuto render merito al Nemico che lo ha arricchito rivelando debolezze e forze nuove, dapprima rese occulte dal torpore del conformismo.

Sì, l’Italia è irriconoscibile. Pochi decenni, pochi decenni hanno mutato l’hortus conclusus del mondo in una discarica.
Come la vigna di Renzo Tramaglino nel passo, celeberrimo, del XXXIII capitolo dei Promessi sposi: una marmaglia d'ortiche, rovi, vegetazione insensata, informe sotto cui si intravedono, a stento, i “vestigi dell’antica coltura”: 

Viti, gelsi, frutti d’ogni sorte, tutto era stato strappato alla peggio, o tagliato al piede. Si vedevano però ancora i vestigi dell’antica coltura: giovani tralci, in righe spezzate, ma che pure segnavano la traccia de’ filari desolati; qua e là, rimessiticci o getti di gelsi, di fichi, di peschi, di ciliegi, di susini; gramigne, di farinelli, d’avene selvatiche, d’amaranti verdi, di radicchielle, d’acetoselle, di panicastrelle ma anche questo si vedeva sparso, soffogato, in mezzo a una nuova, varia e fitta generazione, nata e cresciuta senza l’aiuto della man dell’uomo. Era una marmaglia d’ortiche, di felci, di logli, di e d’altrettali piante; di quelle, voglio dire, di cui il contadino d’ogni paese ha fatto una gran classe a modo suo, denominandole erbacce, o qualcosa di simile. Era un guazzabuglio di steli che facevano a soverchiarsi l’uno con l’altro nell’aria, o a passarsi avanti, strisciando sul terreno, a rubarsi insomma il posto per ogni verso; una confusione di foglie, di frutti, di cento colori, di cento forme, di cento grandezze: spighette, pannocchiette, ciocche, mazzetti, capolini bianchi, rossi, gialli, azzurri. Tra questa marmaglia di piante ce n’era alcune di più rilevate e vistose, non però migliori, almeno la più parte: l’uva turca, più alta di tutte, co’ suoi rami allargati, rosseggianti, co’ suoi pomposi foglioni verdecupi, alcuni già orlati di porpora, co’ suoi grappoli ripiegati, guarniti di bacche paonazze al basso, più su di porporine, poi di verdi, e in cima di fiorellini biancastri; il tasso barbasso, con le sue gran foglie lanose a terra, e lo stelo diritto all’aria, e le lunghe spighe sparse sparse e come stellate di vivi fiori gialli: cardi, ispidi ne’ rami, nelle foglie, ne’ calici, donde uscivano ciuffetti di fiori bianchi e porporini, ovvero si staccavano, portati via dal vento, pennacchioli argentei e leggieri. Qui una quantità di vilucchioni arrampicati e avvoltati a’ nuovi rampolli d’un gelso, gli avevan tutti ricoperti delle loro foglie ciondoloni, e spenzolavano dalla cima di quelli le lor campanelle candide e molli; là una zucca selvatica, co’ suoi chicchi vermigli, s’era avvitacchiata ai nuovi tralci d’una vite; la quale, cercato invano un più saldo sostegno, aveva attaccati a vicenda i suoi viticci a quella; e, mescolando i loro deboli steli e le loro foglie poco diverse, si tiravano giù, pure a vicenda, come accade spesso ai deboli che si prendono l’uno con l’altro per appoggio. Il rovo era per tutto; andava da una pianta all’altra, saliva, scendeva, ripiegava i rami o gli stendeva, secondo gli riuscisse; e, attraversato davanti al limitare stesso, pareva che fosse lì per contrastare il passo, anche al padrone". 

Renzo Tramaglino, che non è più padrone a casa sua, torna al paese natale e trova fantasmi e macerie. Tonio istupidito del tutto ("A chi la tocca la tocca!" ripete catatonico), Don Abbondio pallido e smagrito. Conoscenti e intere famiglie sono stati spazzati via dalla guerra e dalla pestilenza. Sparuti superstiti si aggirano circospetti.
Anche la casa, che ospita il tanfo degli invasori, è in rovina:

"Al rumore de' suoi passi  ... uno scompiglio, uno scappare incrocicchiato di topacci, un cacciarsi dentro il sudiciume che copriva tutto il pavimento: era ancora il letto de' lanzichenecchi".

E Renzo prende una decisione. Liquida il passato. Una punturina di dolore, un ammicco di nostalgia. È tutto.

"In quanto al suo proprio podere, non se ne occupava punto, dicendo ch'era una parrucca troppo arruffata ... e non ci metteva neppure i piedi; come né anche in casa: chè gli avrebbe fatto male a vedere quella desolazione; e aveva già preso il partito di disfarsi d'ogni cosa, a qualunque prezzo, e d'impiegar nella nuova patria quel tanto che ne potrebbe ricavare".

Nella nuova patria non tutto, però, va per il verso giusto. Lucia non è accolta granché bene; Renzo si fa duro, sarcastico, amareggiato. E allora si cambia, di nuovo, una nuova patria, ancora; stavolta gli affari vanno bene, anche se, pure lì, qualche fastidiuccio lo si trova, ma, è noto, la mediocrità reca piacere ... la mediocrità soddisfatta è una coperta ben calda.

Dibattito infuocato sui migranti. Nella pentola delle streghe si butta di tutto, anche l'uccisione del “sindacalista” del Mali, Sacko, sorpreso a prelevare un pezzo d'alluminio in un terreno abbandonato per la propria fatiscente casetta. L'atto, circonfuso dall'incenso dell'esproprio proletario, diviene eroico. 20.000 euri son raccolti in pochi giorni per rimandare (in patria) la salma; l'amico dell'espropriatore, invece, vede spalancarsi le porte del Consiglio comunale, se non provinciale o regionale … forse sarà vicesindaco o deputato; glielo auguro, al più presto, che se c'è una cosa che non sopporto è lo stillicidio dell'attesa.
Intanto una giornalista della RAI, cui contribuisco a stipendio, indennità e pensione, ripercorre con l'occhio umido l'intera vicenda; alla fine del servizio, col groppo in gola, si chiede: “Riuscirà a ottenere giustizia il sindacalista malese?”.
“Malese”, come gli scagnozzi di Sandokan, i salgariani “tigrotti della Malesia”; il cui raggio d'azione, però, sapevo fosse nelle contrade dell’Asia sud-orientale: qualche par di migliaia di chilometri di distanza dai maliani del Mali, connazionali del predetto Sacko. Chiediamoci, però: conta qualcosa la cultura e la preparazione a fronte del novello Tremal-Naik che lotta per il Bene contro il Male della regressione al fascismo?

Frattanto il terribile Salvini tuona: chiudo i porti! Il concerto di risposte varia dal piagnisteo alla pernacchia. Accorinti, De Magistris, Nogarin, Orlando son pronti al sacrificio: li accogliamo noi! Per fortuna Piemonte e Lombardia non son lambite dalle acque sacre del Mediterraneo altrimenti il grasso legnaiuolo si troverebbe pure i traditori in casa. Ravasi, invece, cita San Matteo; Ravasi, il biblista, più buono per il Jesus Christ Superstar che per altro. D'altra parte Aquarius è la canzone più famosa di Hair: Ravasi non fa che cavalcare a pelo il ronzino dell'accoglienza sessantottina. È stupefacente come la psicologia dell'uomo europeo si acconci, ormai, a quella del romanzo di Jean Raspail, Il campo dei santi.
Il presente che copia una distopia letteraria.
Come lo sbarco del modulo lunare nel 1969 che, incredibilmente, ricalcava fedelmente, a livello emozionale visivo e scenografico, un filmino girato due anni prima: 2001: odissea nello spazio.
La vita deride e irride le nostre flebili speranze con implacabile cattiveria.
Intanto, a Roma, un assessore del M5S si sposa con il suo compagno. Devo ammetterlo, questo governo plaude alla Reazione più reazionaria.

Un tizio su Internet fa il saputo … medita, insulta, sfoggia ipotesi, azzardi … tutto sulla punta di una prosa circonvoluta e supponente … ponderosa … su non so più quale argomento … che, il sottoscritto, a leggere tali papponi, si arena alla quarta riga. Alla fine, però, noto, con la coda dell’occhio, un qual'e' … qual’e’ … Può essere che Darwin e Heisenberg sbagliassero l’ortografia? Non saprei … molti rivoluzionari non erano in grado di tenere la penna in mano, d’altronde. Ma qui di quale rivoluzione si parla, precisamente? Posporre il predicato al soggetto, quello sì, sarebbe davvero rivoluzionario.
Questo soggetto psicologico, assai frequente oramai, rassomiglia un pochino a don Ferrante, anch’egli un protagonista del romanzo nero I promessi sposi: Don Ferrante, quello della mirabile biblioteca, dotto e cretino allo stesso tempo, convinto che la peste fosse opera di costellazioni e galassie e si disinteressò, quindi, della realtà, questa volgare puttana, e di peste morì, con urgenza inevitabile, mai ravvedendosi, mentre malediceva stelle e pianeti.
E i suoi libri, sorgente d'un così implacabile credo? Dispersi sui muriccioli dell’usato, a disposizione del miglior offerente, o del passante distratto, oppure a spettinarsi al vento e alla pioggia, incolpevoli testimoni di un tempo morto e sepolto.

29 commenti :

  1. Mi fai tornare in mente il "Tassinaro" di Sordi:
    "You're a dirty bastard! That's what you are! A dirty bastard!
    Un little precisation, America. Voi americani dite sempre la parola bastardo, lo sai perché? V'o dico io. Perché c'avete una lingua molto, ma molto povera. Perché se io mi volessi abbassare a rispondere al tuo bastard, che a noi ce fa proprio ride, io ti potrei dare del figlio di madre ignota, del rotto nel posteriore, ti potrei mandare a fare nel medesimo, potrei fare appello anche ai tuoi morti, con eventuale partecipazione de tu' nonno in carriola opzionale e coinvolgere tua sorella, notoriamente incline allo smandrappo e all'uso improprio della bocca, e allargà il discorso a quel grandissimo Toro Seduto de tu' padre, a sua volta figlio di una città di cinque lettere cantata da Omero, che tu 'n sai manco chi era perché sei ignorante. Are you ignorant!".

    Caro Alceste, dalle mie parti un ragazzo è morto per colpa di alcuni zingari. Lo hanno ucciso con l'auto mentre stava andando a lavoro di domenica ad un incrocio semaforico. Loro si stavano inseguendo per un regolamento di conti, lui aspettava il verde al semaforo con il motorino. Andava in centro a lavorare part time come commesso per pochi euro l'ora. Gli zingari vivevano a poca distanza in un campo nomadi che ci costa due milioni e mezzo l'anno. Che lavoro facciano gli zingari per campare non è dato di saperlo, ma non importa. Il presidente della regione prima delle elezioni si era fatto la foto con gli zingari (stile Boldrini).
    Beato te che stai a Roma, agli zingari pensa la Raggi...

    RispondiElimina
  2. Il "problema" degli zingari ... diciamo la verità: chi sopporta gli zingari? Nessuno. Trovatemi qualcuno che, in tutta onestà e sanità mentale, ama la cultura zingara ... Per apprezzarla a pieno occorre un bell'appartamento in centro e un lavoro di tutto riposo ... E però c'è il "problema" degli zingari: e qui la colpa non è degli stessi, ma degli Italiani ... gli stessi che, politicamente, permettono i lavoricchi a pochi euro, investono nelle cooperative, hanno un bell'appartamento in centro e un lavoro di tutto riposo. E questi chi li odia?

    RispondiElimina
  3. Sul problema del linguaggio sono pienamente d'accordo, in realtà credo sia attualmente il problema maggiore. Ovunque. Riguardo all'Italia personalmente non pretendo l'Ariosto, mi basterebbe al momento il recupero di senso, e se mi posso permettere questo non dipende dal vocabolario...
    Quindi io parlerei di problema del lnguaggio, più che di lingua, perchè molti professori universitari che formano le menti della futura classe dirigente le virgole e i congiuntivi li usano bene...sul come, però, vale la pena di soffermarsi. Come ben sai la maggiorparte di quelli che oggi gridano al lutto per Sacko (che se non c'era Salvini al governo rimaneva lui ignoto, e la salma in Italia) hanno una o due lauree e leggono anche parecchio. Aveva ragione Eduardo nel dividere il mondo in uomini in malafede e uomini in buonafede? Fondamentalmente si, la maggiorparte sono in malafede, c'è poi un linguaggio che corrompe anche gli uomini in buona fede, e c'è poi l'istinto di sottomissione suicida degli occidentali post-moderni. Un mix letale.
    Ciò non toglie che un vocabolario vasto ed è sempre un bene (noto spesso che usi parole desuete di proposito, mi sono ripromesso di rileggerti col vocabolario, prima o poi).
    C'è da dire poi una cosa: in Italia esistono tanti linguaggi (verbali e fisici) più la lingua ufficiale, in un numero così variegato che penso quasi che la nostra sia una situazione in cui l'uso di un linguaggio improprio sia tollerato, perchè tollerato storicamente, e assimilato in modo molto più naturale che altrove rispetto all'estensione del paese. La scomparsa improvvisa e l'introduzione repentina di certi vocaboli è un fenomeno talmente frequente da noi che si fatica a stargli dietro. L'intelligenza di un paese può spegnersi? Non saprei, certo può spegnersi ma più ancora può corrompersi, questo sì.
    C'è anche un altro fatto, a monte: in Italia si parla tanto, troppo, forse.
    Che questa deformazione abbia delle grandiose origini, non dubito.

    RispondiElimina
  4. "Chi parla male pensa male e vive male"(Nanni Moretti, se ben ricordo!).
    Un caro saluto da Hermannus Contractus

    RispondiElimina
  5. Per Anonimo, il primo commentatore, la prima citazione di Sordi è una perla, ma devo dirti una cosa, se pensi che il problema siano gli zingari toppi alla grande, vorresti vivere a Roma?
    Fai una cosa, vai su google, e scrivi semplicemente: roma today via del mare. Renditi onto che la via del mare in alcuni periodi credo faccia più morti della guerra in siria. Se vuoi avere un brivido maggiore scrivi: pedoni morti roma

    E chi è che fa i morti a Roma? Gli zingari? Macchè... ti investono i ragazzetti pippati di cocaina, gli ubriachi al volante, le donne col cellulare, gli incazzati, i repressi, tutti ITALIANI.
    Riguardo gli zingari: il "Problema" viene mantenuto in vita proprio da chi dovrebbe occuparsene perchè ci mangiano pure li a cascata. Che poi la loro cultura (che è fondamentalmente parassitaria in una metropoli) si presti a stare sul culo a tutti, possiamo essere d'accordo.
    Anche qui però, attenzione al linguaggio che ci propinano.
    Perchè non so nella tua provincia, ma a Roma il rapporto di incidenti è di uno a duemilacinquecento(italiani:zingari), di più, quando dei delinquenti zingari hanno investito, con modalità simili a quelle del ragazzo di cui parli, una poveraccia che aspettava l'autobus (una straniera, incinta) i giornali hanno tuonato. I destrosi si sono scagliati, i sinistri hanno taciuto... poi però la realtà è questa: https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/16_gennaio_07/rapporto-ania-strade-killer-roma-provincia-un-anno-245-morti-incidente-5d374ef8-b4ab-11e5-b7e0-5cea02412f89.shtml
    1817 investimenti in un anno (e guarda ho linkato il primo articolo che è uscito. Milleottocentodiciassette investiti l'anno.
    Io non sono razzista, e lo dico qui, perchè ai sinistrati imbecilli che stanno rovinando questo paese dico invece che sono razzista, perchè è inutile instaurare un minimo ragionamento con tali farabutti (o ritardati nel migliore dei casi).
    Ma il razzismo bieco, grasso, satollo, ignorante non per condizione, ma per scelta, in una parola: fascista, che è tipico di molti italiani, e non da oggi, mi fa semplicemente schifo.
    Ci ho avuto troppo a che fare...e quindi non ci voglio avere niente a che fare. Quello appartiene allo stesso linguaggio che, in malafede e all'opposto, usa la cosiddetta sinistra.
    Tanto per chiarire.

    RispondiElimina
  6. Gli "zingari", ormai una categoria dello spirito, sono un affare e un'ideologia ben precisa.
    Lo "zingaro" a Roma c'è sempre stato: il giostraio, il circo ... con gli zingari ci giocavamo sui prati di via Pasquale II, a Primavalle, dopo la scuola, era una realtà passeggera, zingara, appunto, naturale per la storia europea e italiana.
    Ora è cambiato tutto, inutile giudicare l'oggi col razzismo e l'antirazzismo di ieri.
    Lo "zingaro" e il "diverso" in generale sono divenute categorie mistiche, intoccabili. Perché? Perché sono, volgarmente, un affare, e di quelli pesanti, visto che assorbono il 10% del bilancio del Comune di Roma.
    E sono, ideologicamente, ad alto livello, non a livello dei ladri di polli delle cooperative e delle ONLUS, il grimaldello per far saltare l'identità popolare.
    Una volta ottenuto questo gli "zingari" verranno buttati nel cesso ancora una volta. Per ora servono, poi ...
    Scusate la brutalità.
    Sul razzismo becero posso dire che dà fastidio anche a me, come tutto il becerume italiano di questi tempi. Canzone, architettura, televisione ...
    Però ogni cosa, anche la più becera, nasconde un messaggio da cogliere. Se accade questo c'è un motivo, dobbiamo interrogarci su quel motivo che origina il "razzismo": evidentemente si sono rotti i limiti sopportabili da una società. Recentemente uno "zingaro" dalle mie parti ha ucciso una ragazzetta in un incidente stradale: a sentire i commenti di ogni giorno si rizzano i capelli. Altro che razzismo, c'è voglia di pogrom.

    RispondiElimina
  7. Assolutamente d'accordo, su tutto. È cambiata la percezione e tutto porta alla esasperazione. Ma questa è colpa soprattutto di chi indica ad esempio salvini come razzista. Torniamo al linguaggio. Ma quali estremismi? Chi è che soffia sul fuoco ora? Chi fomenta l'odio sociale? La gente vorrebbe hitler, altro che salvini, ed è in buona parte comprensibile...hai visto l'ultima di quel genio di preside che ha imposto l'ora di rumeno a Ladispoli...interviste alla gente. Fra cui una rumena che saggiamente lo ritiene sbagliato e afferma "ma chi glielo ha chiesto..." ma la gente è gente. Il responsabile li è solo uno ed è il preside, con una spocchia tremenda non si cura di fomentare l'odio...sarei curioso di sapere se abita li il genio...qualcosa mi dice di no.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Questa del preside non la sapevo.
      Sono i soliti idioti, verrebbe da dire, che impongono la morale che amano a tutti.

      Elimina
  8. eh il problema è che gliela lasciano imporre...non dovrebbe poterlo fare, semplicemente. Dovrebbe essere ripreso, a livello statale, dall'alto, e fatto tornare sui suoi passi, invece è talmente sicuro del fatto suo che si permette di dire, alle televisioni: "chi non gli sta bene CAMBI SCUOLA" capisci? Cioè in Italia non si trova il tempo, nè i soldi, di fare ore extra di musica, di arte, di iniziative sociali, ma l'ora di rumeno, in un posto ad alto impatto sociale (20 percento della popolazione è rumena) si.

    RispondiElimina
  9. ...gia', il modulo lunare era quello usato per Odissea 2001. Anche il regista era lo stesso. Per il resto, vedo solo catacombe nel futuro: e' uno sbaglio usare "i social". Nelle nuove catacombe si tornera' all'oralita' e al foglio scritto. Nascosto e protetto segretamente. Nelle nuove catacombe pochissimi sopravvissuti (braccati da AI) terranno viva la memoria. Alla luce del sole, useranno il linguaggio "autorizzato". Quei "pochi" saranno come i soli sopravvissuti di un naufragio in un mondo alieno. Popolato di froci cannibali. Anonimo di nome R

    RispondiElimina
  10. Si no però razzismo e contrasti a parte, quello che io chiamo "becero" non è tanto il razzismo ma l'ipocrisia...mi sono espresso male, è l'ipocrisia che condividono gli "schieramenti" apparentemente contrapposti, perchè come ci sta la sinistronza che all'occorrenza cita lombroso (solo per salvini, chiaro), ci stanno quelli che vogliono il pogrom per lo zingaro che ha investito la ragazza...guarda sono d'accordo, facciamolo questo pogrom, però lo facciamo allora pure pe "er mi fio" ch "porello ha ammazzato na vecchia" quando stava strafatto di cocaina? Quanti casi ci sono? Er "mi fio" magari di qualche notabile...Ah no, a quello gli pagano fior di avvocati alla povera stella, eh porello ha sbagliato oh nella vita si sbaglia no? E la passano liscia, lui e lo zingaro,
    il problema alla fine, è solo questo.
    L'ex pugile che ha sdraiato per sempre quella infermiera ad anagnina perchè gli era passata davanti sulle scale mobili sta già fuori eh...ha ammazzato na donna co un cazzotto, un ex pugile...ambienti di destra ma sostanzialmente un ragazzo di periferia, non mi pare fosse figlio di nessuno, pochi anni, già sta fuori...

    RispondiElimina
  11. Per Anonimo di nome R:

    i social sono la morte dell'Italiano e della socialità in generale. Mi sono spesso chiesto se anche un blog come questo inquini le teste più che chiarire certe idee (che sono le mie, poi, non certo quelle di Tocqueville ...)

    Sitka:

    Se è l'ipocrisia che intendi allora nei quartieri come Monteverde ne trovi a tonnellate ... la signora di sinistra-sinistra col cane e il filippino al guinzaglio che regge la borsa della spesa è uno degli spettacoli che mi lascia sempre sbalordito ...

    RispondiElimina
  12. E' terribilmente dura, ferocemente e insopportabilmente dura questa vita; quest'ultima parte della vita.
    Gruppi di dementi di idioti, che venti, trenta anni fa non sarebbero potuti neppure esistere tanto alto era il livello " dell'intelligenza comune" che non avresti mai ma proprio immaginato di ritrovarteli oggi davanti che decidono come dobbiamo quotidianamente vivere; sindaci, assessori, giornalisti delle reti locali, professori/sse, ratti mortiferi che ti fanno schifo solo a guardarli ma che si sono impadroniti della città dei paesi dei borghi; non c'è più salvezza, a nessun livello, da nessuna parte. Averlo saputo prima, nel fiore degli anni, che avrei/avremmo vissuto in questo mondo di merda, non avrei perso tempo dietro ai sogni agli ideali alle illusioni. Meglio bisognava se avessi fatto il trafficante, il pappone ...l'eremita.
    Quanto tempo ancora bisognerà sopportare tacendo, tutto questo?
    In quale lurido cencioso ricovero finiremo abbandonati alla mercé di spietati aguzzini che si impadroniranno delle quattro cose che ancora ci restano, quando non ci saranno più neppure le misericordiose badanti rumene russe ucraine che hanno accudito con amorevole dedizione i nostri poveri vecchi?
    Che ne sarà di me, di noi, degli ultimi italiani?

    RispondiElimina
  13. A Monteverde non ci arriva la metro...i supermercatoni sono praticamente assenti...centri commerciali neanche a dirlo, un quartiere tranquillo...i bangla stanno bene a Torpignattara... la stessa signora avrà probabilmente una villa a Marina di San Nicola, hai presente com'è tenuta? Se hai i soldi a pacchi in Italia, la vita ti sorride...



    RispondiElimina
  14. Giuseppe:

    il pappone negli anni Settanta non se la passava male. Contanti, donne, belle auto, spiagge, night club ... anche la galera era lieve ... Che ne sarà di noi? Camperemo rodendoci il fegato.

    Sitka:

    Marina San Nicola (comune di Ladispoli) un gioiellino, ci sono stato recentemente a vedere la villa di Pompeo sul mare ... tutto gestito dal consorzio, non una cicca a terra, parcheggi a pagamento, aiole, poco rumore ... Ladispoli, invece, un suk arabo ... un autentico bordello con bar, pizzerie, ristoranti e kebab house buttati alla rinfusa ... d'infima qualità (in un bar non ho finito un caffé tanto era schifoso) ... il futuro vedrà lo schianto del pubblico e l'instaurarsi di oasi private.

    RispondiElimina
  15. Esattamente, tutto gestito dal consorzio gestito e pagato dagli abitanti, patriziato altissimo, con un opportuno obolo...mare abbastsanza pulito...un po asettica in verità, è il prezzo di essere un mondo a parte. Non ci ferma neanche il treno...
    Oasi private, esatto, in Brasile già esistono, ti consiglio il film non nuovo "tropa d'elite", fatte le dovute distinzioni, ci sono dei paralleli piuttosto sbalorditivi.

    RispondiElimina
  16. Per Alceste, da anonimo di nome R. Non frequento nessun "social". Solo sul tuo "foglio" scrivo qualche scritto un po' corsaro. Grazie per l'ospitalita'! Non credo che i "social" siano la morte dell'italiano o della socialita'. Penso che i "social" siano la morte e basta. Come quella pozza d'estate piena di girini: sono vivi, ma sono gia' morti. Penso a questi tempi come ad un setaccio a maglie finissime. Pochi semi passeranno. Ci vogliono ibridare con l'africano perche' il nostro patrimonio genetico fa paura. La nostra lingua fa paura. Il linguaggio appartiene ai geni (intesi come patrimonio): anche se ibridato, come un fiume carsico riaffiorera'da qualche parte. Loro non vinceranno. Certo, avranno l'illusione della vittoria, ma solo quella. Confido inoltre nelle sacche di resistenza. Il linguaggio e' espressione del divino, qualsiasi cosa esso sia. E "loro" cosa possono contro il divino? Facebook? Twitter? Google? Elon Fuck? Guardali bene: sono terrorizzati. Solo chi e' terrorizzato (del proprio se') ha bisogno di questo controllo folle e ridicolo, di tutte queste menzogne impiantate nei cervelli dei semplici, semplicemente per sostenere l'inganno di essere loro gli "eletti"... Ma da chi? E dopo? Il baraccone sta crollando e loro lo sanno bene. Frequento questo "foglio" perche' e' misantropo, perche' tu e il Poliscriba (nome sublime) scrivete in modo elegante. Un'italiano, colto, complesso, demode'. Raro da incontrare. Ho sempre amato scrivere (qualcosa ho scritto anche nel passato) e riconosco il fine lavoro di cesello. Per il resto, la lotta e' sempre la stessa da quando siamo venuti al mondo: la stirpe del serpente contro quella di Sem. Il linguaggio, va preservato. In ogni modo possibile. Anche con questo "blog" misantropo e pacifico (ma le idee non sono mai pacifiche, e la lingua puo' tagliare piu' di una spada). E' anche bello appartenere ad un "ordine" (che e') monastico e appartato, dedito all'inconprensibile (oramai) esercizio della scrittura. Perche' qualcuno deve pur accettare il compito ingrato di scrivere, senza alcun compenso, a sconosciuti e solo per onorare i propri geni! A volte passa anche qualche "visione" sul mondo (o presunto tale) qui e la. Bene. Per chi ha orecchie... Riguardo alla socialita', sempre disponibile per un incontro. Un caro saluto a tutti.

    RispondiElimina
  17. anonimo di nome R.....un'osteria come quelle di una volta, nella zona della provincia di Roma, se ne esistono ancora...: pranzo d'estate dei misantropi

    RispondiElimina
  18. http://kelebeklerblog.com/rom-o-zingari/ Mi han fatto cambiare idea. Una delle poche cose per cui noi italiani abbiam veramente colpa, vedi D'Alema!

    RispondiElimina
  19. Per Anonimo di nome R

    Grazie. Pensa che non fui io a scegliermi lo pseudonimo Poliscriba, fu mia moglie, ancora più imbevuta della sacra cultura classica del sottoscritto. Lo scrittore della polis o lo scrittore polivalente; sembrava una palindromia lessicale e mi allettò immediatamente. Qualcuno vorrebbe conoscere la nostra "vera" identità, mia e di Alceste, quando è evidente che lo scrivere, questa missione ormai suicida, che addolora più che alleviare, non è conseguente all'anagrafico esistere, ma all'umano comprendere nell'incomprensione generale, nella confusione di geni e linguaggi nei meandri scomposti di questa babele diroccata, espressione di macerie cognitive, emerse dopo l'insanabile frattura tra l'esperienza diretta della vita e il silenzio ricolmo di grazia che connette osservatore e osservato.

    RispondiElimina
  20. Per Giuseppe e tutti: quando sono dalle parti di Roma avviso. Vale anche per Voi, naturalmente: io sono veneto e vivo a Treviso. Saro' felice di bere del buon vino in qualche sacra osteria, discettando di cose semplici. Per il Poliscriba, tienti stretta tua moglie... oltre a lei l'inferno, e questo per sperimentazione diretta e spericolata dell'inferno... Delizia e punizione. Scherzo (non tanto). Un saluto a tutti. Anonimo di nome R

    RispondiElimina
  21. Non è necessario che tu esca di casa. Rimani al tuo tavolo e ascolta. Non ascoltare neppure, aspetta soltanto. Non aspettare neppure, resta in perfetto silenzio e solitudine. Il mondo ti si offrirà per essere smascherato, non ne può fare a meno, estasiato si torcerà davanti a te...

    RispondiElimina
  22. Ha ragione chi dice che c'e'voglia di Hitler e di pogrom cosi come sietesiete degli Zombie massacrati Materialmente moralmente e Spiritualmente il Duce diceva che una parte di italiani discende dagli schiavi e'Vero schiavi che se avessero avuto una X sul capo per riconoscerli gli avrebbe sterminati all'istante ,e'gia' un inizio prima di prendersela con l'invasore bisogna pensare ai traditori che vegetano e cospirano in casa propria I massoni e gli Ebrei subito da scaraventare subito su navi destinations Madagascar e guai se si muovono,de maledetti Elkann saviano Mentana Ferrara Ecc ecc ecc , che se ne vadano in africa a ricostruire I'll loroadorato tempio di Salomone

    RispondiElimina
  23. http://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/biotech/2018/06/13/figli-meno-intelligenti-dei-papa-scendono-i-punteggi-del-qi-_55973642-1f16-4e64-a414-04b04b960032.html


    Un abbraccio a tutti 😇


    Ps
    Idiocracy !

    RispondiElimina
  24. ...i nipoti voteranno Macron e si fidanzeranno con una 80enne... un saluto da anonimo di nome R

    RispondiElimina
  25. Alceste, scusa la domanda indiscreta (puoi anche non pubblicare il commento se lo ritieni opportuno): hai figli? (non sono riuscito a capirlo dagli scritti).

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Certo, sarà la mocciosa a pagarmi la pensione ...

      Elimina

Siate gentili ...