30 dicembre 2017

I passi di un uomo (mangia caca mangia)


Roma, 30 dicembre 2017

In una breve nota al suo divertimento, Lo specchio degli enigmi, contenuto nella raccolta Altre inquisizioni, J.L. Borges scrive:

Che cos’è un’intelligenza infinita? domanderà forse il lettore. Non c’è teologo che non la definisca; io preferisco un esempio. I passi che muove ogni uomo, dal giorno della sua nascita a quello della sua morte, disegnano nel tempo un’inconcepibile figura. L’Intelligenza Divina intuisce tale figura immediatamente, come quella degli uomini un triangolo. Quella figura (forse) ha la sua determinata funzione nell’economia dell’universo”.

Nel Poema congetturale si legge:

"A questo fatale pomeriggio mi ha condotto
il labirinto molteplice di passi
che i miei giorni hanno architettato fin da un giorno
dell'infanzia. Alla fine ho scoperto
la recondita chiave dei miei anni,
la sorte di Francisco de Laprida,
la lettera mancante, la perfetta
forma che seppe Dio fin dal principio.

Spogliamo della teleologia i due passi. Ne consegue che solo Dio può avere contezza immediata e luminosa del ghirigoro immane che i passi che un uomo tratteggiano lungo l’intero corso della sua esistenza.
Dio oppure uno smartphone.

Una ragazzina di dieci anni, l’altro giorno, mi ha chiesto il cellulare. "Certo", ho detto, come sempre. So che le piace giocare a Angry Birds, una sorta di sfida catastrofica per cui uccelli di varie razze e attitudini distruttive provano a demolire alcuni rifugi per maiali malvagi. Nel ridarmelo mi ha chiesto, innocentemente, se nella via in cui ero passato stamattina (e mi ha fatto il nome) ci fossero addobbi natalizi. “E tu come fai a sapere che ero lì?”. “C’è scritto sul cellulare …” mi ha detto, con sbalordita aria di compatimento, sgranando, con fare da attrice naturale qual è, gli occhi celesti. In effetti nel mio smartphone (Huawei da 140 euri) c’è quasi tutto della mia vita, dei miei spostamenti, dei miei gusti. Nonostante la nota resistenza del sottoscritto alla pubblicità; e a mia insaputa, almeno fino a pochi giorni fa. Sì, sono stato lì, appena alzato, dopo aver preso l’autobus X e la metro sino alla stazione Y. E così via. Localizzazione satellitare, condivisione … i passi di un uomo … l’intera scarpinata quotidiana, debitamente registrata … solo per aver comprato un catorcio cinese.
Se Jorge Luis Borges fosse vivo si accorgerebbe che i confini della sua intelligenza divina si restringono sempre più. L’uomo discaccia le nebbie olimpiche. Il sogno gnostico di farsi Dio, a partire dalla breve scintilla racchiusa nell’anima, è alle porte. Solo la Morte resiste. La terribile, dolce, amata Morte … la sola apparizione che fa ancora tremare i polsi dei guerrieri scientisti nel loro finale assalto al cielo. Farsi Dio, essere divini, finalmente dismettere Dio … è un’ansia che attanaglia l’ultimo pontefice della Storia, l’ignorantissimo Jorge Bergoglio, l’ateo con la tiara, una sorta di rovescio del suo quasi omonimo connazionale, lo spiritualista bibliotecario in cravatta. L'altro quasi omonimo e suo rovescio, Francesco d'Assisi, non poteva che scrivere, inevitabile:

"Laudato si' mi' Signore per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò scappare ..."

Sono gli scherzi onomastici della Storia. Molto più maligni di quelli quelli preconizzati da Sergio Quinzio in Mysterium iniquitatis (Pietro II è l'ultimo pontefice, suicida) o di quelli organizzati dal destino per liquidare l'Impero Occidentale (Romolo Augustolo). Il diavolo, infatti, ama divertirsi; distruggere, per lui, è dissolvere nel contrario: scherzi da imbonitore, prevedibili, almeno per chi li sa distinguere.

Borges scrisse Lo specchio degli enigmi nel 1952.
Avrebbe mai immaginato tale resa in neanche mezzo secolo?

Ci troviamo nelle condizioni dei luddisti. Pochi decenni prima v'era un mondo. Ora un altro, completamente diverso.
Vi ricordate? Lo spossessamento delle terre, l'inurbazione coatta, la miseria delle periferie, la rivoluzione tecnica industriale, la miseria, il meretricio dei bambini, Oliver Twist ... e il barbuto ebreo che si precipita a Londra per studiare la situazione ... 
Ci fosse un Fabio Traversa (l'attore di Nanni Moretti) esclamerebbe beffardo al mio orecchio: "Ti ricordi ...  ti ricordi ... ricordi ...".
Il futuro è dietro l'angolo: rivoluzione tecnica, cambio di paradigma in neanche trent'anni, spossessamento della roba che la media borghesia ha accumulato, cacciata della stessa ai margini della metropoli, nuovi Oliver Twist ... senza il conforto di Marx e Dickens, stavolta.

Gli anni Settanta sono il mio Ancien Régime.

μεσσηγυδορποχέστης, ovvero "mangia caca mangia". Un frammento del giambografo Ipponatte. In giorni in cui ognuno s'accapiglia per zamponi, Huawei e pandori mi è venuto irresistibile alla mente. Fulmineo, ancor più della sentenza leonardesca sugli uomini come tubi per la merda (cfr. Idioti in marcia. La merde); e, come tutte le sentenze greche, carnali e profonde, scevro d'ogni puritanesimo.

Eraclito: "I porci godono del fango più che dell'acqua". Non malaccio.

Di fronte a tutte le cose passate, anche le più sciocche, a ogni concrezione storica, sia essa la più irrilevante, a ogni comportamento o etica, persino il più assurdo o apparentemente idiota, il ribelle non può che porsi in atteggiamento d'ascolto. Ciò che innerva ogni fatto umano ha radici profonde: doveroso è seguirle sin alle ramificazioni sottilissime, seguendo intrecci, branche cieche, viluppi, polloni ... sin alla mostruosità. Anzi, la nervatura più esile o dimenticata cela verità inattese, forse decisive. Lo scopo di questi naturalisti del pensiero, liberi, scettici e ridenti di fronte all'insulto, è saggiare i limiti dell'umano e ricondurlo alla propria scaturigine.
Ai cretini il compito di rifiutare e inscatolare la vita nelle categorie di destra o sinistra, secondo il tifo in voga.

Così Ray Bradbury in Fahrenheit 451: "Voglio presentarti Jonathan Swift ... e quest'altro è Charles Darwin, e questo è Schopenhauer, e questo è Einstein, e questo al mio fianco è il signor Albert Schweitzer ... qui ci siamo tutti, Montag: Aristofane, il Mahatma Gandhi, Gautama Buddha e Confucio, Thomas Love Peacock, Thomas Jefferson, Lincoln ... Siamo anche Matteo, Marco, Luca e Giovanni siamo tutti pezzi e bocconi di storia, letteratura, codice internazionale, Byron Tom Payne Machiavelli o Gesù Cristo ...".

Bradbury immagina una società oppressiva e superficiale in cui i libri sono banditi. E bruciati in roghi dimostrativi. Solo una piccola parte dell'umanità si ribella: non mettendo al sicuro i libri, ma divenendo essa stessa un libro. Un tale riterrà a memoria l'Organon di Aristotele: diverrà, perciò, egli stesso l'Organon; una ragazza Cime tempestose; un bambino tre racconti dei Grimm, un altro La toponomastica di Roma nell'anno 1931.
Io sceglierei La nascita della tragedia oppure un libro di ricette. Anche I dialetti dell'Alta Tuscia mi andrebbe bene.

Ancora Bradbury: "Tutto quello che vogliamo fare è conservare intatta, al sicuro, la cultura che pensiamo ci occorrerà. Non abbiamo intenzione per il momento di incitare o infuriare chicchessia. Perché se saremo uccisi la cultura sarà distrutta forse definitivamente".

Il programma di Bradbury è ingegnoso: una Jane Austen, un Omero, un Isaac Newton. Dalle ceneri della civiltà ecco la Fenice dell'uomo nuovo.
Bradbury, però, non tiene conto d'alcune cose. Un libro lontano dal tempo umano che lo generò è incomprensibile. Per questo occorre salvaguardare non solo i libri, ma anche le cose, soprattutto quelle apparentemente inutili come i linguaggi, i cibi, le preghiere o gli utensili. Il circolo materiale di ciò che fu informa la spiritualità: sopprimere anche una pietra equivale a perdere parte dell'anima. Tali considerazioni offrono spietatamente il fianco al dileggio; tuttavia hanno dalla loro parte quella dolce verità che si impone nel tempo.

Non ho mai sentito con tale urgenza la poesia dell'inutile. Tutto ciò che viene tenuto oggi per superfluo, antico, sorpassato è sistematicamente bello, ricco, nobile, eminente, gioioso, felice.
Anche Bertolt Brecht, comunista, è felice:

Fra tutti gli oggetti i più cari
sono per me quelli usati.
Storti agli orli e ammaccati, i recipienti di rame,
i coltelli e forchette che hanno di legno i manici,
lucidi per tante mani: simili forme
mi paiono tutte le più nobili. Come le lastre di pietra
intorno a case antiche, da tanti passi lise, levigate,
e fra cui crescono erbe, codesti
sono oggetti felici.
Penetrati nell’uso di molti,
spesso mutati, migliorano forma, si fanno
preziosi perché tante volte apprezzati.
Persino i frammenti delle sculture,
Con quelle loro mani mozze, li amo. Anche quelle,
vissero per me. Lasciate cadere, ma pure portate;
travolte sì, ma perché non troppo in alto stavano.
Le costruzioni quasi in rovina
hanno l’aspetto di progetti
incompiuti, grandiosi; le loro belle misure
si possono già indovinare; non hanno bisogno
ancora della nostra comprensione. E poi
han già servito, sono persino superate. Tutto
questo mi fa felice.
 

Occorre trovare uomini-libro, subito.
Allo stesso tempo servono, in questi tempi di immane distruzione, uomini che ricordino ciò che si è stati. Tramandare, anche a parole, una sfumatura del gusto significa puntellare le mura da un assalto senza precedenti. Mai nella storia si è tanto annientato, con una volontà così demoniaca, e in nome del Bene.

Un contadino mi ricorda il sapore delle focacce di paese: pasta pomodoro mentuccia sale pepe acqua. Perché non esistono più tali sapori? Già, perché? Il grano? L'inquinamento? No, i forni, mi fa lui. I forni di paese, comuni a tutti, che raggiungevano la cottura ideale alla temperatura ideale: 450 gradi. Chi è l'uomo-libro in grado di ritenere questa verità?

Il Corano, l'Evangelo di Marco o il libro di Mani sono testi sacri. In essi si ritrova un mondo. E tuttavia ogni testo è sacro. Se da un'unghia, secondo il noto adagio, si può ricostruire il leone, allora qualsiasi opera va bene: da un verso di Cavalcanti il sapiente può estrarre l'universo.

C'è una speranza, Santità? "Non pensare, non preoccuparti: mangia caca mangia".

10 commenti :

  1. Bada bene: tutti lo cercano uno che scrive, tutti gli vogliono parlare, tutti vogliono poter dire domani «so come sei fatto» e servirsene, ma nessuno gli fa credito di un giorno di simpatia totale, da uomo a uomo.

    RispondiElimina
  2. http://lyricstranslate.com/it/sorrow-tristezza.html#ixzz52mtba8bq

    Il dolce profumo di un'immensa tristezza si distende sulla terra
    pennacchi di fumo si alzano e confluiscono nel cielo plumbeo:
    un uomo giace e sogna campi verdi e fiumi
    ma si sveglia una mattina senza alcun motivo per svegliarsi

    È perseguitato dal ricordo di un paradiso perduto
    nella sua gioventù o da un sogno, non sa precisarlo
    è per sempre incatenato a un mondo che è defunto
    Non è abbastanza, non è abbastanza

    Il suo sangue si è ghiacciato e si è arricciato con lo spavento
    le sue ginocchia hanno tremato e hanno ceduto nella notte
    la sua mano si è indebolita nel momento della verità
    il suo passo ha vacillato

    Un mondo, un'anima
    Il tempo passa, il fiume scorre

    E parla al fiume di amore perduto e dedizione
    e silenziose risposte che mulinano inviti
    scorrono scure e agitate verso qualunque mare oleoso
    un triste accendo di cosa sta per accadere
    C'è un vento incessante che soffia in questa notte
    e c'è polvere nei miei occhi, che acceca la mia vista
    e il silenzio che parla molto più rumorosamente delle parole
    di promesse infrante

    RispondiElimina
  3. Conosci te stesso non significa: Ossèrvati. Ossèrvati è la parola del serpente. Significa: Fàtti padrone delle tue azioni. Ma tu lo sei già, sei padrone delle tue azioni. Questa frase, pertanto, significa: Ignòrati! Distruggiti! Dunque una cosa cattiva. E solo chi si china profondamente ne ode anche il messaggio buono, che dice:
    "Per fare di te stesso quello che sei".
    Franz Kafka - Quaderni in ottavo

    RispondiElimina
  4. Non mi piace la finta allegria
    Non sopporto neanche le cene in compagnia
    E coi giovani sono intransigente
    Di certe mode, canzoni e trasgressioni
    Non me ne frega niente.
    E sono anche un po' annoiato
    Da chi ci fa la morale
    Ed esalta come sacra la vita coniugale
    E poi ci sono i gay che han tutte le ragioni
    Ma io non riesco a tollerare
    Le loro esibizioni.

    Non mi piace chi è solidale
    E fa il professionista del sociale
    Ma chi specula su chi è malato
    Su disabili, tossici e anziani
    È un vero criminale.
    Ma non vedo più nessuno che s'incazza
    Tra tutti gli assuefatti della nuova razza
    E chi si inventa un bel Partito
    Per il nostro bene
    Sembra proprio destinato
    A diventare un buffone.

    Ma forse sono io che faccio parte
    Di una razza
    In estinzione.

    La mia generazione ha visto
    Le strade, le piazze gremite
    Di gente appassionata
    Sicura di ridare un senso alla propria vita
    Ma ormai son tutte cose del secolo scorso
    La mia generazione ha perso.

    Non mi piace la troppa informazione
    Odio anche i giornali e la televisione
    La cultura per le masse è un'idiozia
    La fila coi panini davanti ai musei
    Mi fa malinconia.
    E la tecnologia ci porterà lontano
    Ma non c'è più nessuno che sappia l'italiano
    C'è di buono che la scuola
    Si aggiorna con urgenza
    E con tutti i nuovi quiz
    Ci garantisce l'ignoranza.

    Non mi piace nessuna ideologia
    Non faccio neanche il tifo per la democrazia
    Di gente che ha da dire ce n'è tanta
    La qualità non è richiesta
    È il numero che conta.
    E anche il mio Paese mi piace sempre meno
    Non credo più all'ingegno del popolo italiano
    Dove ogni intellettuale fa opinione
    Ma se lo guardi bene
    È il solito coglione.

    Ma forse sono io che faccio parte
    Di una razza
    In estinzione.

    La mia generazione ha visto
    Migliaia di ragazzi pronti a tutto
    Che stavano cercando
    Magari con un po' di presunzione
    Di cambiare il mondo.
    Possiamo raccontarlo ai figli
    Senza alcun rimorso
    Ma la mia generazione ha perso.

    Non mi piace il mercato globale
    Che è il paradiso di ogni multinazionale
    E un domani state pur tranquilli
    Ci saranno sempre più poveri e più ricchi
    Ma tutti più imbecilli.
    E immagino un futuro
    Senza alcun rimedio
    Una specie di massa
    Senza più individuo
    E vedo il nostro Stato
    Che è pavido e impotente
    È sempre più allo sfascio
    E non gliene frega niente
    E vedo una Chiesa
    Che incalza più che mai
    Io vorrei che sprofondasse
    Con tutti i Papi e i Giubilei.

    Ma questa è un'astrazione
    È un'idea di chi appartiene
    A una razza
    In estinzione.

    RispondiElimina
  5. cazzo Alceste...siamo rimasti in due...

    RispondiElimina
  6. No: siamo almeno tre. Bravo Giuseppe ad aver riportato un pezzo dell'immenso Gaber. Un artista del genere è proprio quello che ci vorrebbe oggi. L'unica fortuna è che non dobbiamo chiederci "cosa avrebbe detto di oggi" perché aveva già detto praticamente tutto.

    RispondiElimina
  7. http://www.conflittiestrategie.it/buon-natale-dalle-multinazionali
    leggi questo articolo Alceste (se hai voglia). Noi "Pierpaolini odierni" (ma l'autore dell'articolo avrebbe dato del cretino anche a Pasolini se fossero stati contemporanei) che percepiamo il disastro epocale e la brutalità del nostro tempo saremmo degli impostori. E dire che quel fesso del sottoscritto ha pure acquistato l'ultimo libro di La Grassa-Petrosillo. Intendiamoci, nell'articolo ci sono anche delle verità, ma quello che manca all'articolista (ne ho preso uno che considero intelligente ma nel web è pieno di analisti di questo tipo) è il senso dell'umano. Sono contento che certe persone si accontentino di sopravvivere, però se è vero che è necessario sopravvivere per vivere è altrettanto vero che a volte se non si vive non si vuole neanche più sopravvivere (e per capire che non sono parole al vento basta vedere il numero di depressi e suicidi in Giappone, uno dei paesi più avanzati al mondo). Sono d'altra parte persuaso che non ci sarà nessuna possibilità di decrescita "felice" (per infiniti motivi che è inutile spiegare) e che anzi andremo incontro a conflitti inimmaginabili (chissà se ci sarà ancora qualcuno che parlerà di frontiere aperte e gay pride). Comunque, per concludere in bellezza: un tizio che ha vissuto infanzia e adolescenza negli anni '40-'50 in una comunità quasi autonoma di un centinaio di abitanti nelle valli piemontesi (non proprio un salottaro dunque) mi ha detto, senza che gli dicessi nulla di particolare, una frase che sintetizza molte cose ( e che chi è impegnato solo ad un'analisi "oggettiva" considera un'eresia). Il tizio era mio nonno e la frase era "si stava meglio nel Medioevo".

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Hai ragione da vendere.
      D'altra parte il "si stava meglio quando si stava peggio" è ormai d'uso comune.

      Elimina
    2. Sull'articolo: evidentemente esistono i comunisti a una dimensione. Su questo ha ragione Fini: comunismo e capitalismo condividono lo stesso sciocco ottimismo nel futuro. Che il "rutto della Sprite" avvenga in cambio della umanitá e di una felice compostezza dell'animo manco li sfiora. Complici dell'angusto, della bruttezza, della piccineria morale.

      Elimina

Siate gentili ...